Sulla pubblicità dei lavori:
Migliore Gennaro , Presidente ... 2
Audizione del prefetto di Roma, dottor Franco Gabrielli:
Migliore Gennaro , Presidente ... 2
Gabrielli Franco , Prefetto di Roma ... 2
Migliore Gennaro , Presidente ... 7
Chaouki Khalid (PD) ... 7
Gabrielli Franco , Prefetto di Roma ... 7
Chaouki Khalid (PD) ... 7
Marazziti Mario (PI-CD) ... 7
Migliore Gennaro , Presidente ... 8
Marazziti Mario (PI-CD) ... 8
Migliore Gennaro , Presidente ... 8
Marazziti Mario (PI-CD) ... 8
Migliore Gennaro , Presidente ... 8 9
Brescia Giuseppe (M5S) ... 9
Gabrielli Franco , Prefetto di Roma ... 9
Brescia Giuseppe (M5S) ... 9
Migliore Gennaro , Presidente ... 9
Brescia Giuseppe (M5S) ... 9
Gabrielli Franco , Prefetto di Roma ... 9
Chaouki Khalid (PD) ... 9
Gabrielli Franco , Prefetto di Roma ... 9
Chaouki Khalid (PD) ... 10
Gabrielli Franco , Prefetto di Roma ... 10
Migliore Gennaro , Presidente ... 10
Gabrielli Franco , Prefetto di Roma ... 10
Migliore Gennaro , Presidente ... 11
Gabrielli Franco , Prefetto di Roma ... 11
Marazziti Mario (PI-CD) ... 11
Gabrielli Franco , Prefetto di Roma ... 11
Palazzotto Erasmo (SEL) ... 14
Gabrielli Franco , Prefetto di Roma ... 14
Palazzotto Erasmo (SEL) ... 14
Gabrielli Franco , Prefetto di Roma ... 14
Palazzotto Erasmo (SEL) ... 14
Gabrielli Franco , Prefetto di Roma ... 14
Palazzotto Erasmo (SEL) ... 15
Migliore Gennaro , Presidente ... 15
Gabrielli Franco , Prefetto di Roma ... 15
Beni Paolo (PD) ... 15
Gabrielli Franco , Prefetto di Roma ... 15
Palazzotto Erasmo (SEL) ... 15
Gabrielli Franco , Prefetto di Roma ... 15
Chaouki Khalid (PD) ... 16
Gabrielli Franco , Prefetto di Roma ... 16
Migliore Gennaro , Presidente ... 16
Gabrielli Franco , Prefetto di Roma ... 16
Palazzotto Erasmo (SEL) ... 17
Gabrielli Franco , Prefetto di Roma ... 17
Palazzotto Erasmo (SEL) ... 17
Marazziti Mario (PI-CD) ... 17
Migliore Gennaro , Presidente ... 17
Marazziti Mario (PI-CD) ... 17
Gabrielli Franco , Prefetto di Roma ... 17
Marazziti Mario (PI-CD) ... 17
Migliore Gennaro , Presidente ... 17
Palazzotto Erasmo (SEL) ... 17
Gabrielli Franco , Prefetto di Roma ... 17
Beni Paolo (PD) ... 18
Gabrielli Franco , Prefetto di Roma ... 18
Marazziti Mario (PI-CD) ... 19
Gabrielli Franco , Prefetto di Roma ... 19
Migliore Gennaro , Presidente ... 19
Gabrielli Franco , Prefetto di Roma ... 20
Migliore Gennaro , Presidente ... 20
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GENNARO MIGLIORE
La seduta comincia alle 13,50.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, ove necessario, i lavori della Commissione potranno proseguire anche in seduta segreta.
Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
La richiesta di proseguire in seduta segreta può essere formulata tanto dai commissari che dagli auditi, ove lo ritengano opportuno.
(Così rimane stabilito).
Audizione del prefetto di Roma, dottor Franco Gabrielli.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del prefetto di Roma, il dottor Franco Gabrielli, che è accompagnato dalla dottoressa Clara Vaccaro, viceprefetto vicario.
Li ringrazio molto per la loro disponibilità, visti i comprensibili e noti impegni che hanno in questo periodo particolare e in generale in una città come Roma.
Ricordo che la presente audizione rientra nel ciclo di audizioni deliberate dall'Ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi, funzionali a ricevere informazioni sulle questioni connesse alle procedure di affidamento dei centri di accoglienza, oggetto delle note vicende giudiziarie di questi giorni, nonché sulle forme di partecipazione alla gestione del sistema di accoglienza dei migranti da parte dell'ente comunale e delle relative forme di controllo.
In tale ambito, per le parti di rispettiva competenza, è stato già audito il procuratore di Roma, il dottor Pignatone, ed è altresì programmata l'audizione del sindaco di Roma, il dottor Ignazio Marino.
Do la parola a Franco Gabrielli, prefetto di Roma, per lo svolgimento della sua relazione.
FRANCO GABRIELLI, Prefetto di Roma. Grazie, presidente e onorevoli commissari.
Ovviamente non vi sfuggirà la circostanza che le questioni di cui vi parlerò in massima parte sono cose de relato, nel senso che attengono alla mia funzione che, essendo pro tempore, si colloca in un tempo definito, a partire dal 3 aprile.
Siccome in ogni caso porto la responsabilità dell'ufficio, che è impersonale, io vi riferirò le cose che ritengo di dovervi dire in questa fase – e non potrebbe essere altrimenti – sottoponendomi a ogni vostra richiesta di integrazione e di precisazione.
Ovviamente preterisco ogni riferimento al sistema complessivo dell'accoglienza nel nostro Paese, dandolo per presupposto.
Al riguardo, vi dico che nella provincia di Roma, di cui io ho la responsabilità, insiste un centro per l'accoglienza di richiedenti asilo (CARA) a Castelnuovo di Pag. 3Porto, che in questo momento accoglie 900 persone. I dati che io ho richiesto sono stati fotografati ieri.
In questo momento il CARA è gestito, a seguito di gara, dalla società Auxilium. Al riguardo vorrei precisare che le strutture sono di proprietà del Ministero dell'interno, mentre la prefettura svolge la funzione di stazione appaltante, ovvero organizza le gare e istituisce la commissione di gara, nell'ambito di una cornice in cui essa è un soggetto che deve necessariamente fare riferimento a indicazioni ministeriali.
Nella provincia di Roma insiste anche un centro di identificazione e espulsione (CIE) a Ponte Galeria, dove in questo momento risultano trattenute cento persone, di cui 30 donne e 70 uomini.
Il CIE è attualmente gestito da un raggruppamento temporaneo di imprese (RTI), tra la Gepsa, che come voi sapete è francese, e l'Acuarinto.
Il 31 dicembre 2012 è cessata l'emergenza Nord Africa, nonostante gli afflussi di immigrati, soprattutto nelle coste meridionali del Paese, fossero elevati.
Infatti, la dichiarazione dello stato di emergenza nel febbraio del 2011 ebbe luogo, anche a seguito delle note vicende della «collina della vergogna», con un afflusso di qualche decina di migliaia di persone e, nell'arco di tutta la gestione dell'accoglienza in quel contesto emergenziale, le presenze non superarono mai le 70.000 unità.
Se pensate che nel solo 2014 c’è stato un afflusso superiore a 170.000 persone, vi rendete conto che è cambiato l'approccio: si è immaginato di non governare questo tipo di fenomeno attraverso la dichiarazione dello stato di emergenza, ma mediante quello che io definisco «uno stato di emergenza a bassa intensità». Infatti, alla fin fine, l'accoglienza molto spesso risponde a logiche emergenziali.
A tale riguardo, sempre fotografando la realtà della provincia di Roma e, quindi, le competenze della prefettura di Roma, la prefettura viene interessata a partire dall'estate del 2013, dapprima con la richiesta da parte del Ministero di trovare accoglienza per circa 450 persone. In questo senso, è stata esperita una prima ricognizione con gli enti locali.
Su questo ritornerò più volte. Il presidente Migliore sa che io sostengo che molte criticità, soprattutto sul versante della gestione non corretta di questo tema, nascono da quello che io chiamo «il piano inclinato». Le chiusure che molto spesso gli uffici hanno riscontrato nel tempo, rispetto a un'accoglienza che poteva interessare più soggetti, inevitabilmente hanno portato a confluire su soluzioni che venivano offerte con maggiore disponibilità.
In quella circostanza, a fronte della ricognizione che non diede alcun risultato, la prefettura si rivolse al consiglio territoriale per l'immigrazione. Voi sapete che quest'ultimo è una sorta di organo consultivo della prefettura, che raccoglie tutti i soggetti, non solo del mondo delle istituzioni, ma anche del mondo dell'associazionismo che ruota intorno al tema dell'immigrazione.
In questo contesto, fu ottenuta la disponibilità della Domus caritatis, che, come vedremo, ritornerà pesantemente in queste vicende, per l'accoglienza di 450 ospiti presso una struttura ubicata in via Staderini. Si tratta di una società legata all'Arciconfraternita del santissimo sacramento e di San Trifone, membro del suddetto consiglio territoriale.
Nel medesimo contesto temporale, si ebbe anche la dichiarazione di disponibilità del consorzio delle cooperative Eriches 29, che poi risulterà essere utile di lì a poco, perché la sua struttura verrà utilizzata per sistemare all'incirca 200 stranieri che erano sbarcati presso le coste della Sicilia nel gennaio 2014.
Ovviamente questa prima fase viene gestita dalla prefettura in maniera abbastanza «artigianale». In mancanza di indicazioni da parte del Ministero circa le modalità e le procedure, la prefettura stabilisce una sorta di convenzione, che nella circostanza prevedeva l'affidamento del servizio di accoglienza per un importo massimo di 30 euro più IVA pro capite e pro die.Pag. 4
Tale cifra doveva comprendere: il vitto, l'alloggio, la gestione amministrativa degli ospiti, l'assistenza generica alla persona, compresa la mediazione linguistica, l'informazione, il primo orientamento, il servizio di pulizia, la fornitura di biancheria, i prodotti d'igiene e il pocket money di circa 2,5 euro al giorno.
Questa è una cosa che viene mutuata dai capitolati dei CARA, perché nei CARA sono previsti questo tipo di servizio e questo tipo di ausilio sotto forma di questo piccolo argent de poche che viene dato agli immigrati.
Questo è il quadro un po’ meno strutturato, a cui fanno seguito, anche in considerazione di un afflusso sempre più massiccio di stranieri, due approcci che io definirei più strutturati. Mi riferisco ai due bandi che la prefettura indice, il primo il 4 luglio 2014 e il più recente, i cui effetti ricadono anche nella mia gestione, sulla quale farò riferimenti più specifici, nel febbraio 2015.
Nel bando del 4 luglio 2014, la ricerca era riferita a 2.078 posti. I bandi funzionano in questa maniera: hanno un respiro prospettico di un anno e, per disposizione del Ministero, possono essere rinnovati solo in caso emergenziale.
Nella circostanza, la gara vide come vincitrice la cooperativa Atlante e poi, a scendere, la Casa della solidarietà consorzio di cooperative sociali, il raggruppamento temporaneo di imprese Eriches 29 consorzio di cooperative sociali – società cooperativa a responsabilità limitata, Auxilium società cooperativa sociale, INOPERA società cooperativa sociale e la cooperativa sociale Senis hospes.
Nell'arco temporale in cui questo bando ha potuto espletare i suoi effetti, sono state collocate 1.999 persone. Come vedete, c’è pressoché una coincidenza tra i posti messi a bando e i posti effettivamente occupati.
È da precisare che questo numero non copre l'intero anno, cioè queste 1.999 persone non sono state ospitate dall'inizio del bando fino alla fine. Infatti, man mano che il Ministero assegnava alla prefettura di Roma le persone da alloggiare, la prefettura, in base a questa graduatoria a scorrimento, assegnava i migranti alle cooperative che avevano aderito al bando ed erano risultate vincitrici all'esito della gara.
All'esito del periodo, avendo il problema che questo bando copriva solo un anno, la prefettura nel febbraio 2015 fa un nuovo bando più sostanzioso.
Tenete conto che i bandi hanno due criteri di massima per la definizione dei posti: ai posti che il Ministero assegna in base alla ripartizione nazionale si aggiunge un 20 per cento che il Ministero chiede per avere un agio, anche con riferimento alla gestione di situazioni di maggiore criticità.
Il bando del febbraio 2015 viene fatto per 3.185 posti, perché la prefettura doveva coprire eventuali permanenze del bando precedente. Ribadisco il concetto: il bando precedente doveva avere un arco temporale di un anno, salvo emergenza.
Da questo punto di vista, la prefettura fa un'operazione assolutamente corretta: non procede attraverso l'attivazione di una clausola emergenziale, ma anticipa il lavoro e indice un nuovo bando.
Peraltro – l'ho detto anche pubblicamente – come succede sempre in una sorta di schema per il quale si raggiunge la perfezione attraverso l'approssimazione, la prefettura questa volta non fa una richiesta indiscriminata, ma divide il territorio in sette lotti con riferimento alle strutture sanitarie.
Infatti, come voi sapete, uno dei refrain dei territori, che io peraltro condiviso, è che molto spesso l'arrivo di migranti porta a collassare il sistema sanitario insistente. Pensate a cosa comporta l'arrivo di 2.000 persone in un sistema che ha già le sue criticità da un punto di vista dell'offerta sanitaria.
In questo caso, la prefettura agisce diversamente. Lo dico, perché non l'ho fatto io, quindi non è un incensamento. Secondo me, è stato un modo corretto e intelligente di impostare il bando, peraltro con alcuni aggiustamenti sotto il profilo delle richieste.Pag. 5
Da questo punto di vista, siccome stiamo preparando un terzo bando, saremo ancora più selettivi e incideremo più pesantemente sul monitoraggio del servizio reso, ma soprattutto sulla rendicontazione dei servizi effettivamente resi.
Il secondo bando si muove già in questa logica. Qui, cari commissari, casca l'asino, perché questo bando ha avuto luogo successivamente agli eventi che sono stati classificati come Mafia capitale.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti: di 3.185 posti a bando, oggi ne sono coperti solo 825. Peraltro, c’è un'aggravante: con riferimento ad alcune situazioni del bando precedente, che speravamo di traghettare nel bando successivo, abbiamo la necessità di attivare il sistema della proroga per emergenza, perché in questo momento metteremmo in strada oltre 900 migranti che non sono gestiti con il precedente bando.
Non avendo «tirato» il secondo bando, praticamente noi oggi siamo in questa difficoltà, tant’è che abbiamo chiesto immediatamente al Ministero di essere autorizzati a fare un terzo bando.
A seguito di questo, pochi giorni dopo che ero arrivato a Roma, io ho scritto, perché mi ero reso conto di una cosa: da un lato, gli enti locali erano estremamente poco disponibili, ma dall'altro, allorquando venivano fatti questi bandi, gli enti locali subivano delle decisioni, in quanto la natura stessa del bando li metteva out.
Infatti, la prefettura faceva il bando e il soggetto privato vi aderiva. Che questo soggetto privato fosse ad Ardea, a Civitavecchia, a Marino o a Roma, ciò ricadeva sulla testa degli enti locali, che si trovavano a dover gestire un evento sul quale altri soggetti avevano operato.
Con i colleghi, ho pensato di rivoltare la frittata. Aldilà del fatto di richiedere un altro bando, io adesso chiedo una disponibilità per 1.500 posti a tutti i 121 comuni della provincia di Roma, a eccezione di quelli che sono già gravati, perché hanno il CARA, il CIE o una significativa presenza di SPRAR, di cui parleremo.
A tutti i comuni che non concorrono alla causa io assegno, come ipotesi di lavoro, un carico di 0,15 rispetto alla popolazione residente.
Vorrei ricordarvi che il tema della popolazione residente caratterizza la distribuzione degli immigrati sul territorio nazionale, a partire dall'accordo Governo-regioni del 31 marzo 2011 – lo ricordo perfettamente perché c'ero – allorquando l'allora Ministro dell'interno Maroni stabilì che doveva esserci un rapporto di uno a mille sul territorio nazionale.
Questo è stato il criterio seguito dal Ministero dell'interno, soprattutto nelle fasi successive all'emergenza Nord Africa. Infatti, durante quel periodo la distribuzione è avvenuta seguendo quel criterio, in maniera assolutamente omogenea per tutti i territori del Paese, dalla Valle d'Aosta fino alla Sicilia.
Io ho chiesto ai sindaci di farmi conoscere la loro disponibilità. Ovviamente, come potete immaginare, dietro alla porta del mio ufficio ogni mattina debbo dare i numeri per selezionare la calca che si è creata, perché tutti i sindaci sono accorsi. Io devo rispondere che non c’è tutta questa fretta.
Utilizzo l'ironia, per non usare altre espressioni. Evidentemente ci sono state molte critiche, anche se debbo dire che ultimamente alcuni comuni hanno capito lo spirito della mia richiesta, perché sono andato a spiegarglielo. Hanno compreso che questo è l'unico modo per gestire in maniera intelligente una criticità che esiste e che non può prescindere dai territori, e che, tanto più i territori la governano in modo condiviso, tanto meno ci sono frizioni.
Le chiamo «frizioni», ma voi sapete tutto quello che è successo a Marino. In quella circostanza, una cooperativa si era «proposta» e risultava destinataria della convenzione. Nottetempo qualcuno, che evidentemente riteneva non appropriata quella presenza, ha letteralmente distrutto tutte le suppellettili e i bagni, ha scardinato l'impianto di riscaldamento e quant'altro.Pag. 6
Purtroppo, i comuni sono ancora pochi, però sto avvertendo un'evoluzione. Ce ne sono alcuni che si stanno ponendo come soluzioni-pilota – cito per tutti il comune di Ciampino – per cercare di far coesistere le criticità occupazionali di alcune cooperative che insistono sul territorio con la possibilità di offrire un'opportunità, ovviamente senza creare grandi concentrazioni.
Infatti, io sono intimamente convinto che il modo più corretto per indirizzare un percorso di integrazione sia evitare di concentrare grandi numeri di presenze, perché le concentrazioni sono la precondizione peggiore per qualsiasi forma di integrazione e anche di condivisa accettazione.
A oggi, purtroppo, la situazione è quella che vi ho fotografato. A tutto questo dovete aggiungere che Roma, sia come Roma capitale che come città metropolitana, gestisce anche 4.000 ospiti nel circuito degli SPRAR.
Non lo dico io, ma sono dati oggettivi: il Lazio, in particolar modo con la provincia di Roma, è in senso assoluto, dopo la Sicilia, il territorio che più di altri – non da un punto di vista qualitativo, ma, se non altro, da un punto di vista quantitativo – ha risposto alle esigenze che il Ministero ci ha prospettato.
Termino con alcune annotazioni e poi rimango a vostra disposizione. Al momento, abbiamo questa chiusura del secondo bando a 825 posti soltanto e, inoltre, stiamo monitorando quattro situazioni. Due sono ampiamente note alle cronache.
La prima situazione è quella del comune di Marino, di cui vi ho parlato. Siamo in attesa che il comune individui degli spazi alternativi da mettere a disposizione della cooperativa.
La seconda è quella di Casale San Nicola, dove c’è in atto un sequestro e, quindi, stiamo aspettando le valutazioni della città metropolitana circa l'idoneità della vasca Imhoff predisposta.
Abbiamo poi una situazione nel comune di Santa Marinella e un'altra a Roma, per le quali stiamo attendendo la disponibilità degli immobili.
Comunque, parliamo di meno di 200 posti. Qualora si dovesse aprire questa prospettiva, saremmo ancora molto lontani dai 3.185 posti che noi avevamo richiesto, soprattutto coll'aggravante relativa alle 900 persone che non siamo riusciti a sistemare.
Devo ringraziare il Ministero, perché da più di un mese Roma non è stata interessata da afflussi. Noi avevamo l'esigenza di deflazionare una serie di situazioni, soprattutto nei municipi IV, V e VI. In parte lo abbiamo fatto, risolvendo almeno le situazioni più critiche, che purtroppo sono assurte agli onori della cronaca anche per vicende poco edificanti. Siamo rimasti un po’ in mezzo al guado. Siamo riusciti a collocare una parte di migranti in maniera più adeguata. Contavamo di fare di più, ma, fino a che non si sblocca questa situazione, saremo costretti a tenere questa condizione.
Per ciò che concerne il costo pro capite e pro die, devo fare una piccola precisazione. La gara di luglio fu fatta al massimo ribasso, quindi noi abbiamo un range che va dai 33,60 euro di Atlante ai 34,22 di Senis hospes. La gara del febbraio 2015, invece, è stata fatta con il sistema dell'offerta economicamente più vantaggiosa e, per gli 825 posti assegnati, abbiamo un range che va da 32,69 a 34,22 euro.
Come è emerso in maniera abbastanza evidente anche dalle indagini di Mafia capitale, le cooperative che gestiscono questo mondo avevano realizzato sulla capitale un duopolio: la componente che faceva riferimento al Buzzi, legata alla lega delle cooperative, e la cooperazione bianca, legata al mondo della Cascina. Questo ha dei riverberi anche su questa vicenda.
In forza della prima ordinanza di custodia cautelare, la prefettura ovviamente ha escluso Atlante, che a oggi non ha in atto nessun tipo di prestazione.
Eriches 29, invece, vive una condizione di commissariamento giudiziale e, quindi, come voi mi insegnate, dal punto di vista della prestazione del servizio è assolutamente in regola.Pag. 7
In queste ore siamo in contatto con l'Autorità nazionale per la corruzione con riferimento alla seconda parte, che, come voi avete potuto vedere, riguarda proprio il mondo della Cascina.
A questo proposito, noi, non solo siamo investiti per le vicende dei migranti, che tutto sommato sono poca cosa nella complessità del problema, ma abbiamo anche ricevuto la richiesta dell'informazione antimafia da circa 50 stazioni appaltanti, che sono distribuite su tutto il territorio nazionale.
Come potete immaginare, stiamo definendo il percorso, che noi immaginiamo possa essere quello del commissariamento.
Infatti, come dicevo al presidente Migliore, io credo che uno degli strumenti più appropriati che il nostro legislatore ha predisposto negli ultimi anni sia l'articolo 32 della legge n. 114 del 2014, in base al quale, a seguito di eventi corruttivi o interdittive antimafia (ci sono due commi che vengono presi in considerazione, l'1 e il 10), l'autorità chiede al prefetto competente per territorio di attivare la procedura del commissariamento straordinario e temporaneo.
Voi sapete che la prefettura di Roma è investita, ad esempio, per il MOSE. Il MOSE è commissariato dalla prefettura di Roma e, quindi, i commissari straordinari e temporanei rispondono al prefetto di Roma.
D'intesa con il presidente Cantone, noi stiamo esaminando la situazione, in primo luogo, per capire esattamente di tutta questa galassia chi rientra e chi non rientra in una possibile interdittiva antimafia e, in secondo luogo, per salvaguardare i livelli occupazionali e operare con estrema oculatezza con riferimento all'attivazione dei commissariamenti.
PRESIDENTE. Grazie, signor prefetto, per questa introduzione molto approfondita.
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
KHALID CHAOUKI. Grazie, prefetto. Rispetto all'ultimo bando, quello di febbraio, perché, secondo lei, c’è stata così poca risposta da parte dei vari soggetti ? Quali erano i criteri che dovevano avere le realtà che avrebbero potuto partecipare a questo bando ?
Il secondo quesito riguarda il tema dei controlli. Ovviamente una delle funzioni che noi stiamo cercando di svolgere è quella di comprendere questa questione. Le prefetture hanno il primo compito di vigilare sia sulla qualità dei servizi erogati che sull'espletamento dei servizi minimi.
Rispetto ai controlli, vorrei sapere cosa avete predisposto e cosa avete trovato prima del vostro arrivo alla prefettura di Roma, in particolare riguardo al tema dei minori non accompagnati, in merito al quale sappiamo che anche qui a Roma ci sono stati vari problemi in passato – mi riferisco al comune.
FRANCO GABRIELLI, Prefetto di Roma. Unicuique suum.
KHALID CHAOUKI. Le chiedo un approfondimento rispetto al CIE di Ponte Galeria, su cui avevamo segnalato più di una volta violazioni di vario tipo delle regole sull'accoglienza ai profughi.
Inoltre, vorrei capire se rispetto al coordinamento regionale è stato fatto qualcosa o meno. Mi riferisco al coinvolgimento delle altre province della regione.
L'ultimo quesito riguarda il tema dei transitanti, che ovviamente è molto attuale. Vorrei capire quali sono gli sforzi che si sta provando a mettere in campo e di cui abbiamo sentito.
Nei giorni scorsi, c’è stato un intervento della polizia, con una sorta di sgombero o tentativo di identificazione. Vorremmo capire cosa è successo realmente e soprattutto di chi è la responsabilità di questi interventi, che spesso rischiano di alimentare tensioni e paure, e a volte anche di compromettere il rapporto con persone che, come sappiamo, vivono una situazione di limbo che non è semplice da affrontare.
MARIO MARAZZITI. Grazie, signor prefetto. Come vicepresidente di questa Pag. 8Commissione, ma anche come romano, mi ha colpito il fatto che le gare al massimo ribasso portino a 33,60 euro e a 34,22, mentre le gare a offerta più vantaggiosa portino a 32,69 euro e a 34,22. La cifra è sempre uguale. Lo dico da cittadino che non capisce questi meccanismi e come mai accadano queste cose, che potrebbero essere del tutto normali oppure no.
Nel nostro lavoro, io sto maturando il convincimento – penso che sia condiviso da molti di noi – che tutto il sistema dei migranti cammini su due registri: un registro di perfezione nel bando, nella richiesta di servizi offerti, nell'articolazione di un servizio che è davvero adeguato agli standard culturali, civili e democratici di un Paese come l'Italia; e il registro del servizio reso, che è veramente un'altra cosa, con dei grandi margini per arricchimenti individuali. Pertanto, quello dei controlli è un discorso chiave.
Siccome io ho maturato la convinzione secondo cui, anche da analisi superficiali, emergono delle cose macroscopiche e delle situazioni che sono andate avanti uno, due, tre o quattro anni, mi chiedo come mai non esista mai un controllo di qualità, ma solo, se esiste, un controllo di quantità.
Vorrei sapere se lei ha maturato un'opinione su questo. L'idea ingenua è che il Ministero dell'interno chiede delle cose, c’è chi offre dei servizi, secondo dei bandi che chiedono dei requisiti, e poi, in teoria, il committente, cioè il Ministero dell'interno, attraverso le sue articolazioni, controlla che il servizio sia vero e non apparente.
In Sicilia noi abbiamo notato una situazione clamorosa, che però è presente anche a Castelnuovo di Porto e a Ponte Galeria.
Gli accordi siglati prevedono un controllo delle prefetture oppure un controllo di altri ? Come vengono fatti ?
Inoltre, siccome noi dobbiamo elaborare una proposta, come possiamo arrivare a dei controlli di qualità ? Non ci basta che ci siano delle scuole di italiano, ma ci serve che imparino l'italiano; non ci basta che ci siano i pasti offerti, ma ci serve che mangino e che mangino il giusto, e così via.
Nell'inchiesta cosiddetta «Mondo di mezzo», emerge il problema dell'individuazione dei siti. Questa avviene prima del bando ?
Su Roma abbiamo un territorio incerto: le stesse società che si occupano dei migranti magari costruiscono anche i campi per i rom. Si tratta di persone che tornano, in entrambi i casi.
Vorrei sapere se lei ha maturato delle informazioni. C’è un punto da chiarire. Non so se voi avete avuto incontri con il sindaco di Roma a questo proposito. C’è stato un momento in cui personalità che dovevano crescere nel comune di Roma sono finite nell'inchiesta di Mafia capitale. Parliamo, ad esempio, di Ozzimo.
Vorrei sapere se lei ha riscontrato nella sua attività dei punti da chiarire. La direzione di pulizia paradossalmente avrebbe puntato su persone poi coinvolte in Mafia capitale. Vorrei da lei qualche chiarimento su questo soggetto.
Ieri ho chiesto al procuratore Pignatone informazioni su quello che emerge da notizie di stampa.
PRESIDENTE. Siccome sta citando il procuratore Pignatone, io segreterei la seduta.
MARIO MARAZZITI. Non avrei riferito le cose dette da Pignatone, però ha ragione, presidente.
PRESIDENTE. Come sa, possiamo chiedere la segretezza anche noi.
MARIO MARAZZITI. Da questo momento in poi, possiamo entrare in regime di segretezza.
PRESIDENTE. Dispongo la disattivazione dell'impianto audio.
(I lavori della Commissione procedono in seduta segreta indi riprendono in seduta pubblica).
Pag. 9PRESIDENTE. Torniamo al regime pubblico.
GIUSEPPE BRESCIA. Oltre a condividere le domande poste dai miei colleghi rispetto ai criteri, ai controlli e alla discrepanza che c’è tra ciò che si stabilisce nei bandi e il servizio realmente reso – mi riferisco all'ultima domanda posta dal collega Marazziti – vorrei porre l'attenzione su tre questioni.
La prima riguarda la Cascina, che lei ha citato. Mi risulta che ci siano ancora dei centri che sono gestiti da cooperative che fanno capo alla Cascina. Mi riferisco al centro di Castelnuovo di porto, gestito da Auxilium. A ogni modo, Auxilium fa capo alla Cascina.
FRANCO GABRIELLI, Prefetto di Roma. (fuori microfono). Può darsi che ci siano dei raggruppamenti temporanei di imprese, nei quali concorrono l'uno e l'altro.
GIUSEPPE BRESCIA. A ogni modo, vorrei sapere se voi state monitorando questa situazione. Noi abbiamo la sensazione che il sistema di Mafia capitale possa essere stato replicato su tutto il territorio nazionale, ma che al momento non si sia ancora scoperto. Vorremmo capire se siete anche voi della stessa idea e a che punto sono le vostre indagini al riguardo.
Rispetto alla situazione di Roma, qualche giorno fa siamo stati in visita al centro emergenziale allestito dalla Croce Rossa a Roma Tiburtina. Vorremmo capire quali sono i tempi, cioè quando quel centro sarà chiuso e quando quelle persone che sono ospitate lì saranno trasferite in una struttura adeguata.
Rispetto al centro Baobab, invece, che mi risulta autogestito e non censito, che cosa si sta pensando di fare ? Lì ci sono 300 persone e non si capisce bene quale sia la loro condizione.
PRESIDENTE. (fuori microfono). Ce ne sono molti di più, ahimè... Io ci sono stato domenica e ce n'erano 700.
GIUSEPPE BRESCIA. In realtà, il responsabile ci ha parlato di 300 persone; in seguito, abbiamo parlato con delle persone che fanno parte di alcune associazioni che danno una mano a servire i pasti e cose del genere, che parlano di 800 pasti. Vorrei appunto dei dati un po’ più precisi a questo riguardo.
Un'altra questione riguarda il passato. Quando lei era a capo della Protezione civile nel 2011, durante l'emergenza Nord Africa, si stipulavano delle convenzioni con gli enti locali. Sono state spesso rilevate delle debolezze. Per esempio, c'erano delle autocertificazioni, in base alle quali venivano assegnati dei fondi.
Vorremmo capire se quel sistema, che era dettato molto probabilmente dall'emergenza, riguardava soltanto la regione Lazio oppure era anch'esso replicato a livello nazionale.
FRANCO GABRIELLI, Prefetto di Roma. Procediamo con ordine. Su una risposta chiederò la segretazione.
Partiamo dall'onorevole Chaouki, che chiedeva come mai c’è così poca partecipazione. Mafia capitale ha azzoppato gran parte della cooperazione sociale di questa città. Come ho detto poc'anzi, la cooperazione sociale viveva di un duopolio.
L'elemento che in qualche modo favoriva in questi bandi determinati soggetti era l'esperienza, cioè il fatto di aver esercitato già attività di questo genere. Si realizzava una sorta di coazione a ripetere.
Infatti, nel nuovo bando spezzeremo questa logica, cercando di andare a vedere altri elementi, più che l'esperienza.
Ritorno su una cosa che io condivido. È un'indicazione che io ho già dato con riferimento all'esistente, ma sarà ancora più pregnante...
KHALID CHAOUKI. (fuori microfono). Fino al 2015 c'era ancora questo criterio ?
FRANCO GABRIELLI, Prefetto di Roma. Sì. Io convengo con tutti e tre i parlamentari che hanno posto il tema del controllo, perché credo che questa sia la Pag. 10vera chiave di volta in generale. In questo Paese, purtroppo, l'unica agenzia di controllo rimasta è quella del diritto penale, che non sempre riesce a cogliere la complessità della situazione. Molte altre agenzie di controllo sono venute meno.
Ad esempio, durante l'emergenza Nord Africa, che mi piacerebbe approfondire, perché ogni tanto viene citata senza comprendere nemmeno come si è dispiegata dal punto di vista delle responsabilità – ma ci ritornerò grazie all'onorevole Brescia – io ho istituito dei gruppi di monitoraggio composti da OIM, UNHCR e Save the children, che andavano nei centri e facevano l’audit delle condizioni. I report di questi audit venivano mandati ai soggetti attuatori, perché controllassero.
Questo ovviamente ha funzionato soltanto nella prima parte. In seguito, spiegherò come si è articolata, purtroppo, la vicenda dell'emergenza Nord Africa. Comunque, il tema del controllo è fondamentale.
Convengo assolutamente con l'onorevole Marazziti: il tema è la qualità del servizio che si rende. Come dicevo, so che sono stati effettuati dei controlli in passato, ma su questo mi impegno, perché credo che questa sia la chiave di volta del tema.
Molto spesso, come diceva l'onorevole Marazziti, non si tratta di prestare teoricamente un servizio, come l'insegnamento della lingua italiana, che molto spesso non si realizza. Bisogna verificare se ciò avviene. Credo che il controllo di qualità sia fondamentale, anche rispetto a quello che è stato fatto.
Ad esempio, nel corso del 2015 sono state già eseguite diciassette verifiche, mentre nel 2014 erano state 35. Ritengo che si debba fare di più e su questo mi impegno.
Per quanto riguarda il CIE, voi sapete che la dipendenza è del Ministero e che il controllo è degli organi di polizia. Pertanto, voi sicuramente avete molto più accesso di quanto ne possa avere io come prefetto della provincia.
KHALID CHAOUKI. (fuori microfono). Voi vigilate sull'operato della polizia di Stato ?
FRANCO GABRIELLI, Prefetto di Roma. La polizia risponde al questore. Il prefetto è il responsabile dell'ordine e della sicurezza pubblica da un punto di vista politico-amministrativo e dà le direttive.
La materiale realizzazione delle attività è in capo, dal punto di vista dell'ordine e della sicurezza pubblica, al questore e, dal punto di vista della catena gerarchica per ogni singola amministrazione, a ogni singola amministrazione. Il comandante provinciale dell'Arma dei carabinieri ha la responsabilità dell'azione dei propri uomini, al pari di quello della Guardia di finanza e di quello del Corpo forestale dello Stato.
Per quanto riguarda il discorso regionale, le confermo che c’è un tavolo. Peraltro, io ho qua i dati relativi alla distribuzione, perché noi siamo destinatari del flusso da parte del Ministero dell'interno e poi, in base a una sorta di ripartizione per residenze, lo distribuiamo sul territorio della regione.
Vi posso dire che al momento Roma, compreso il CARA, ha 2.675 presenze, Frosinone ne ha 369, Latina ne ha 379, Rieti ne ha 235 e Viterbo ne ha 196, per un totale di 3.854.
Ovviamente sono tutti ben al di sopra dei limiti di accoglienza, anche se rispetto alle quote assegnate siamo ancora sotto di qualche centinaia di unità.
PRESIDENTE. Mi scusi, prefetto. In base ai dati che ho io, il Lazio ha 2.900 presenze nelle strutture, ma in totale ne ha 8.459.
FRANCO GABRIELLI, Prefetto di Roma. Quel dato è comprensivo degli SPRAR. Il dato che io ho citato, invece, riguarda CARA e centri di accoglienza straordinaria (CAS).
Sul tema transitanti chiederei la segretazione.
PRESIDENTE. Dispongo la disattivazione dell'impianto audio.
(I lavori della Commissione procedono in seduta segreta indi riprendono in seduta pubblica).
FRANCO GABRIELLI, Prefetto di Roma. Chissà adesso quanto infieriranno su questa parte segreta, sul fatto che si sciolga o meno il comune di Roma.
Mi si chiedeva perché i prezzi sono coincidenti. Le dico che addirittura, per quanto riguarda l'offerta economicamente più vantaggiosa, si applicano degli algoritmi. È ovvio che nei prezzi delle prestazioni, che sono molto ravvicinati, non c’è molto agio. L'agio, come dice lei, si realizza nella differenza tra quello che dovresti fare e quello che fai realmente. Quello è il tema. Quello che a me preoccupa non è tanto la contiguità del prezzo, quanto verificare quello che succede.
Per l'individuazione dei posti, come dicevo poc'anzi, l'unico limite che è stato introdotto con il secondo bando è quello dei distretti, per cui le offerte potevano venire solo da determinati territori.
La proposta che ho avanzato io, come vi dicevo, nella lettera ai sindaci, vorrebbe superare ulteriormente questo elemento, mettendo al centro gli enti locali.
Per ciò che concerne la Cascina e l'interdittiva, ci stiamo lavorando in queste ore, perché, come le raccontavo, noi siamo destinatari di richieste provenienti da 50 stazioni appaltanti. Ci stiamo chiedendo proprio quale, come e con quali effetti questo si può produrre, soprattutto da un punto di vista delle ricadute.
Riguardo al 2011, vi rubo cinque minuti, perché è una cosa che io sento in continuazione. Il Governo il 12 febbraio 2011 dichiara lo stato di emergenza e lo fa con le vecchie modalità, non con la legge n. 100 del 2012. Il Presidente del Consiglio dei ministri, a seguito della dichiarazione, fa l'ordinanza e assegna al Ministero dell'interno la gestione di questa emergenza. La gestione viene attribuita, con ordinanza del Presidente del Consiglio, al prefetto di Palermo.
Peraltro, come raccontavo al presidente Migliore, c’è stata una particolarità, che è il motivo per il quale oggi difficilmente il Governo accede all'utilizzo del sistema emergenziale. Allora non era necessario nella delibera del Consiglio dei ministri stabilire il quantum da mettere a disposizione per la gestione dell'emergenza.
Infatti, il povero prefetto di Palermo si trovò a dover gestire la fase iniziale di questa emergenza con un milione di euro, ovviamente con la prospettiva del classico «pagherò, vedrò, andrò».
Il prefetto di Palermo aveva la responsabilità del coordinamento di tutta l'attività dell'accoglienza, che in quel preciso momento, per volontà politica, aveva l'obiettivo di limitare la presenza nelle aree meridionali del Paese.
In quel contesto, nasce Mineo...
MARIO MARAZZITI. (fuori microfono) Limitare «alle» o limitare «nelle» ?
FRANCO GABRIELLI, Prefetto di Roma. Limitare alle regioni, nelle regioni.
Mineo nasce in quel contesto, perché il prefetto di Palermo lo requisisce per farlo diventare, come disse all'epoca il Presidente del Consiglio, «il villaggio della solidarietà». Mineo viene requisito con un provvedimento del prefetto commissario. Viene stabilita dall'Agenzia del territorio una congruità della requisizione intorno ai 5 milioni di euro.
La gestione dell'accoglienza di queste persone viene affidata alla Croce Rossa. A questo proposito, vorrei dire subito che la Croce Rossa svolge questa attività con una scarsissima incidenza sul bilancio statuale, perché provvede quasi esclusivamente con fondi suoi.
Nel frattempo, cominciano a essere allestite tendopoli. Quella che susciterà il maggiore rilievo negativo fu quella di Manduria, una tendopoli che accolse nella sua massima vigenza quasi 4.000 migranti.
A quel punto, le regioni non ci stanno e chiedono al Governo un tavolo, che si consuma in due appuntamenti, tra la fine del mese di marzo e il 6 aprile, allorquando siglano un accordo, in base al Pag. 12quale il Governo si impegna innanzitutto a far gestire questa operazione al Dipartimento nazionale della Protezione civile e a stilare un piano di equa distribuzione su tutto il territorio nazionale, secondo il rapporto di un migrante per mille abitanti. Il Governo centrale si impegna altresì a pagare tutte le spese conseguenti. In terzo luogo, la gestione dell'accoglienza deve passare attraverso le regioni.
A seguito di questo cambio di direzione, il 7 aprile il Presidente del Consiglio dei ministri fa una delibera e viene stabilito il piano.
Il commissario, che ero io, individua nelle regioni i soggetti attuatori, con la seguente modalità: le regioni sono i soggetti attuatori generali, ma possono richiedere l'intervento dei prefetti per la gestione delle strutture che vengono individuate all'interno della regione.
Due regioni si distaccano da questo modello: la Lombardia, che decide di non voler avere oneri e mette da subito in capo al prefetto di Milano la responsabilità dell'individuazione e della gestione di queste strutture; e la regione Veneto, che parte come gestore regionale e poi, strada facendo, chiede al ministro di essere sostituita nella persona del prefetto di Venezia.
Tutta l'attività di individuazione e definizione delle convenzioni e delle modalità di gestione delle strutture avviene attraverso questo sistema policentrico, che vede come referente principale la regione o il prefetto, laddove si realizzano le condizioni che vi ho illustrato.
Per Mineo, siccome la regione Sicilia si tira indietro, viene nominato soggetto attuatore il presidente della provincia, in base allo schema stabilito dall'accordo tra regioni e Stato, secondo il quale i soggetti attuatori sono gli enti locali.
Ovviamente, quando noi abbiamo la responsabilità, chiediamo subito di essere posti nella condizione di avere i soldi.
Aggiungo una prima annotazione: alla fine di questa vicenda per l'emergenza Nord Africa sono stati spesi, vuoto per pieno, 1,6 milioni di euro, mentre per l'accoglienza sono stati spesi solo 600 milioni, perché l'altro miliardo è stato speso in accordi internazionali, attività di trasferimento, forze di polizia ed espulsioni, che ovviamente sono ricaduti nel novero di questa partita.
Questa situazione corre parallelamente alla vicenda dei tunisini. All'inizio l'emergenza Nord Africa nasce essenzialmente come risposta alla famosa «collina della vergogna»: a Lampedusa ci sono oltre 6.000 persone, in massima parte tunisine. Il Governo non vuole riconoscere a queste persone la condizione di richiedenti asilo, in quanto sono migranti economici.
Nella prima parte dell'emergenza Nord Africa, a fronte di circa 26.000 persone, 24.000 erano tunisini e 2.000 erano richiedenti asilo, tant’è che le regioni, anche quelle del Nord, accettano l'accordo del marzo-aprile solo sui richiedenti, pensando che, se quella era la cifra, ci si poteva stare.
Progressivamente, soprattutto ad agosto, il numero dei richiedenti asilo aumenta, fino ad arrivare a un massimo di circa 28.000-29.000.
Relativamente ai tunisini, il problema era come riconoscerli. Viene utilizzata una norma del Testo unico dell'immigrazione e viene rilasciato loro una sorta di permesso di soggiorno umanitario, che però aveva una vigenza di sei mesi, prorogabili per ulteriori sei mesi.
Quando a ottobre scadono i primi sei mesi, siccome non si poteva prorogare, perché l'emergenza scadeva a dicembre, il Governo a ottobre – cosa mai vista prima – rinnova lo stato di emergenza anche per il 2012, ma lo fa senza soldi.
Nel frattempo il Governo cade e arriva il Governo Monti. Io sono rimasto appeso dal novembre 2011 fino al giugno 2012, perché il Governo Monti non voleva rifinanziare l'emergenza.
Pertanto, nell'aprile 2011 io scrivo a tutti i soggetti attuatori che noi non avremmo più accolto nessun tipo di nuovo ingresso, perché non avevamo soldi.
A giugno i soldi arrivano, ma solo per coprire le situazioni dei soggetti dentro al sistema. È da lì che comincia l'attività del Pag. 13famoso tavolo di coordinamento, di cui si è tanto parlato per il ruolo che vi avrebbe svolto Luca Odevaine.
Qualcuno ha scritto che ci sarebbe un conflitto di interesse, per il fatto che io devo decidere sullo scioglimento di Roma e ho consegnato Odevaine a Mineo. Io ho moltissime responsabilità e tanti peccati, ma credo di non avere questo.
Quando io nominai il presidente Castiglione, perché così era prescritto dall'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri, come soggetto attuatore per Mineo, ovviamente lui, stando a Catania, aveva poca possibilità di venire a Roma.
Percorrendo una strada innovativa, noi abbiamo gestito questa emergenza attraverso un tavolo di coordinamento, dove c'erano tutti: il Ministero dell'interno; il Ministero del lavoro, perché c'erano i minori non accompagnati; i rappresentanti delle regioni, dell'ANCI, dell'UPI. In quel tavolo venivano stabilite le linee, che poi dovevano essere seguite dai soggetti attuatori. In quel tavolo furono creati i gruppi di monitoraggio, che effettuarono però la loro attività solo nella prima parte dell'emergenza. Infatti, mancando i soldi, noi li potemmo utilizzare soltanto fino a ottobre 2011, mentre nel periodo successivo non eravamo più in grado di farlo.
Io nomino Castiglione, il quale scrive e nomina come gestore del centro di Mineo Luca Odevaine. Peraltro, lo ha raccontato lui in maniera molto chiara. Non voleva nominare un siciliano, perché aveva paura che potesse essere sospettato di fare chissà quali «pastette». Siccome era anche presidente dell'UPI, dove lavorava Odevaine, nomina quest'ultimo.
Quando io ricevo Mineo, prima ancora di interloquire con il presidente Castiglione, viene da me la Croce Rossa e mi dice che non ce la fa più a reggere con i propri fondi e che ha bisogno di avere una sorta di incarico strutturato all'interno dell'emergenza. Io chiedo loro di farci una proposta. La proposta che ci fanno è per 46 euro. Io ritengo la cifra abnorme, perché noi davamo la struttura, mentre in giro per l'Italia con 46 euro si pagavano sia la struttura che le altre cose.
A quel punto, chiamo il responsabile della gestione, Luca Odevaine, che lo racconta nell'intercettazione. Quando lui dice «Prenditi queste carte» è perché io gli dico «Queste sono le carte della Croce Rossa. Ritengo che il prezzo sia abnorme. Qui ci sono solo due soluzioni: o lo chiudiamo o facciamo la gara». Lui risponde: «Facciamo la gara». La chiusura era più che altro una minaccia. Non sapevamo dove metterli.
Perché vengono fatte due gare, l'ultima delle quali, durante la mia gestione, con il timbro della Corte dei conti e con l'ok dell'Autorità nazionale anticorruzione ? Bisognava fare una gara ponte. Siccome gli stati emergenziali vivono nel periodo temporale in cui sono dichiarati, bisognava farla dal momento in cui la Croce Rossa cessava – peraltro, quest'ultima continuò a fare una sorta di prorogatio – fino al 31 dicembre. Infatti, fu fatta la gara, che portò a una commessa pari a 29 euro a migrante.
Nel suo libro I re di Roma Abbate dice: «Ironia della sorte, Odevaine fa il suo ingresso nella storia di Mineo e di Mafia capitale con il ruolo di moralizzatore». Così è. Tutto quello che è avvenuto successivamente è un'altra cosa.
Io continuo a sostenere che quella vicenda è stata un'occasione perduta. Non mi riferisco a Mineo, ma all'emergenza Nord Africa. Il modello doveva essere quello: con una cabina nazionale per quanto riguarda la distribuzione e le regole, ma con un ruolo fondamentale da parte degli enti locali.
Come potrà vedere, ci sono regioni che hanno interpretato correttamente questo ruolo e che hanno avuto un ritorno positivo, perché noi in quel periodo consentivamo agli enti di ristrutturare alcuni immobili per metterli a disposizione delle politiche sociali. Le richieste, però, venivano sempre dalle stesse regioni: Emilia-Romagna, Toscana, Marche e Umbria.
Le altre regioni, nella stragrande maggioranza dei casi, avevano immaginato che il tema fosse quello di piazzare i migranti da qualche parte. C’è stato un uso abnorme degli alberghi, come in Campania o Pag. 14in Lazio, oppure si mettevano i migranti in luoghi dove meno si vedevano e meglio era.
Quella è stata l'occasione mancata. Io continuo a ritenere che il tema dell'immigrazione debba necessariamente coinvolgere i territori. Se non si coinvolgono i territori, non si va da nessuna parte, si creano tensioni sociali e si realizzano sprechi, perché la rincorsa è quella a sistemarli da qualche parte, qualunque sia la soluzione.
Non si rende un servizio a questa gente, che peraltro convive con l'altro problema, che secondo me è assolutamente non più rimandabile, dei tempi delle commissioni. Queste persone vivono in un limbo che non serve a loro, si creano delle aspettative che molto spesso vanno frustrate e situazioni di ghettizzazione, che a volte sono le anticamere per forme criminogene.
Io continuo a sostenere che la chiave di volta sono i territori: o noi mettiamo i territori al vertice della nostra attenzione, oppure non si va da nessuna parte.
ERASMO PALAZZOTTO. Presidente, mi permette di porre una domanda su Mineo, così chiudiamo questa interlocuzione su questo tema ?
Rispetto alla sua ricostruzione di come è nato il centro di Mineo, rilevo alcune contraddizioni relativamente all'impianto. La prima riguarda il rapporto con la popolazione: il rapporto di uno a mille a Mineo diventa di uno a uno. L'idea di costruire un enorme CARA in un territorio di quel tipo altera non di poco. Non c’è stata un'emergenza, per cui si è scelto di fare un'operazione diversa dall'impianto che si stava provando a realizzare.
FRANCO GABRIELLI, Prefetto di Roma. Scusi, onorevole. La contraddizione è solo apparente, perché il criterio viene stabilito il 31 marzo e Mineo nasce il 12 marzo, cioè nel periodo in cui si immaginava che la gestione dei migranti nel suo complesso dovesse...
ERASMO PALAZZOTTO. Arrivo anche a questo. L'emergenza Nord Africa nasce con i 6.000 tunisini che sbarcano a Lampedusa. Mineo nasce in quel momento esatto, non per far posto ai tunisini che sbarcano a Lampedusa, ma per convogliare i migranti da altri CARA d'Italia. Pertanto, è una scelta che non risponde esattamente all'emergenza, ma risponde a una riorganizzazione del sistema d'accoglienza. È stata una scelta predeterminata quella di aprire un centro di 4.000 persone.
FRANCO GABRIELLI, Prefetto di Roma. (fuori microfono). All'inizio erano 2.000.
ERASMO PALAZZOTTO. A questo proposito, le voglio porre due domande. Ci sono due questioni che saltano agli occhi, avendo studiato la situazione. In primo luogo, la struttura costa 12 milioni di euro per due anni. Tale è il prezzo valutato nella requisizione. È un costo abnorme, considerato che, in base alle sue ultime affermazioni, si poteva scegliere di ristrutturare delle strutture. A pochi chilometri, c’è l'ex base militare di Comiso, di proprietà del comune di Comiso, che era già stata utilizzata per l'emergenza dei profughi jugoslavi e che, con 12 milioni di euro, avrebbe potuto essere ristrutturata e ampliata, senza pagare l'affitto, come facciamo oggi da cinque anni.
Questa ipotesi, pur suggerita nelle pagine dei giornali, fu scartata completamente e si scelse di requisire la struttura di Pizzarotti, dandogli 12 milioni di euro di compenso.
Un'altra questione riguarda la lex specialis su Mineo. I soggetti attuatori dei CARA, cioè delle grandi strutture, ovunque in Italia sono state le prefetture. Su Mineo si sceglie di non far gestire il CARA alla prefettura di Catania, ma di affidarlo alla provincia. Questo è un caso unico. Non si capisce perché la stessa cosa non è stata fatta, per esempio, a Bari o in altri CARA di grandi dimensioni. C’è una scelta che vorremmo giustificata rispetto a quell'emergenza.
FRANCO GABRIELLI, Prefetto di Roma. Sul perché sia stato scelto Mineo, Pag. 15non le posso rispondere, perché non l'ho deciso io. Quando io sono arrivato a gestire l'emergenza Nord Africa il 7 aprile, Mineo era già requisito.
Il tema della distribuzione uno a mille fu affrontato nella riunione Stato-regioni a Palazzo Chigi il 31 marzo e il 6 aprile e, come dicevo, Mineo era su quella piazza già da quindici giorni.
Il tema delle ristrutturazioni ha caratterizzato la gestione post-Ministero dell'interno. Continuo a non avere nessun titolo per darle risposte sul perché non si sia fatto anche a Mineo, in quanto, come le dicevo, io sono arrivato in questa vicenda il 7 aprile e Mineo era già stato requisito ed era già in funzione. Mineo, come diceva correttamente lei, in quella fase rispondeva all'esigenza di un riequilibrio più complessivo.
Perché è stato affidato non a una prefettura ma alla provincia ? Perché quello era lo schema previsto dalla stato di emergenza. L'accordo del 6 aprile prevedeva che la gestione di tutte le vicende emergenziali fosse in capo a...
ERASMO PALAZZOTTO. (fuori microfono). Mineo nasce prima.
PRESIDENTE. Facciamo finire il prefetto.
FRANCO GABRIELLI, Prefetto di Roma. Nasce prima, ma io me lo ritrovo. Quando io arrivo, Mineo è in capo al prefetto di Palermo, commissario dell'emergenza. Quando lui fa il passaggio di consegne, mi affida Mineo, che entra nel novero della gestione emergenziale, alla stregua...
[Interventi fuori microfono]
FRANCO GABRIELLI, Prefetto di Roma. A Mineo io avevo una situazione nella quale un provvedimento di un prefetto commissario all'emergenza aveva provveduto a requisire il centro per l'anno. Mi consegnano Mineo e in qualche modo lo devo usare. Io lo posso usare con...
PAOLO BENI. (fuori microfono). C'era dentro la Croce rossa.
FRANCO GABRIELLI, Prefetto di Roma. C'erano dentro la Croce rossa e le persone. Quando mi viene consegnato, c'erano già dentro le persone.
La gestione è assolutamente in linea con la gestione emergenziale. Sarebbe stato esattamente il contrario se fosse stato assegnato a un prefetto, perché i prefetti sono stati chiamati in causa in questa vicenda per espressa volontà dei presidenti delle regioni. I prefetti sono stati chiamati a gestire, laddove le autonomie non volevano farlo.
Nel caso in ispecie, la regione siciliana ha detto: «Non lo voglio io. Datelo alla provincia». Noi l'abbiamo dato alla provincia.
ERASMO PALAZZOTTO. (fuori microfono). Dunque, a Bari la regione e la provincia si sono rifiutate ?
FRANCO GABRIELLI, Prefetto di Roma. No, onorevole. Non equivochi le mie espressioni. Lei si sta confondendo. Lei sta parlando di una struttura, il CARA di Bari, che non è mai entrata nel budget Nord-Africa. Nella vicenda Nord Africa sono entrate soltanto le situazioni che sono nate dal 12 febbraio in avanti, che sono sorte, sviluppate e morte nell'ambito della gestione emergenziale.
Il CARA di Bari, il CARA di Castelnuovo di Porto e i CIE sono situazioni che non sono entrate nell'emergenza Nord Africa. Sono entrati in questa emergenza solo alcuni CIE, su richiesta del Ministero dell'interno, perché gli interventi dovevano essere realizzati con una tempistica che doveva necessitare delle procedure emergenziali.
La vicenda Nord Africa, come tutte le vicende emergenziali, vive parallelamente alle situazioni ordinarie. Lei non può prendere ad esempio il CARA di Bari, che è un altro discorso.
Mineo viene battezzato CARA successivamente, ma nasce come risposta alla necessità di reperire spazi alloggiativi all'interno Pag. 16della gestione emergenziale. Quando il prefetto di Palermo cessa la sua funzione, trasferisce la gestione. Il prefetto di Palermo mi ha lasciato in gestione anche Manduria, cioè la tendopoli, che io ho dovuto smantellare nei mesi successivi con buona pace del presidente Vendola.
Quella era l'eredità nell'ambito della stessa dichiarazione di emergenza. L'emergenza Nord Africa inizia il 12 febbraio 2011 e si conclude il 31 dicembre 2012, peraltro ope legis, perché nel frattempo è intervenuta la legge 100, che ridefinisce tutto il sistema emergenziale e stabilisce per legge la cessazione di tutte le emergenze al 31 dicembre 2012.
Infatti, il passaggio di consegne tra la parte emergenziale e il Ministero dell'interno avviene con l'ordinanza del capo del Dipartimento della protezione civile n. 33, che è già adottata sotto la vigenza della nuova legge, e non con un atto del Presidente del Consiglio. Infatti, nella nuova formulazione le ordinanze non sono più fatte dal Presidente del Consiglio dei ministri ma dal capo del Dipartimento.
Lei deve distinguere nettamente queste situazioni.
KHALID CHAOUKI. Tuttavia, dal momento in cui entra sotto l'ombrello dell'emergenza, Mineo rimane comunque un'eccezionalità rispetto all'impostazione che si era concordata riguardo alla proporzionalità eccetera. Mineo entra nell'emergenza, ma mantiene le sue specificità. Ce lo conferma ?
Di fatto, il rapporto tra abitanti e migranti salta con Mineo e non viene riaggiornato. Non c’è nessun tentativo di farlo rientrare in quell'impostazione.
FRANCO GABRIELLI, Prefetto di Roma. Le posso dire che, quando noi abbiamo cominciato a distribuire sul territorio nazionale, Mineo gravava nel computo delle presenze sulla regione Sicilia. Quando noi dovevamo scegliere delle soluzioni, consideravamo gli ospiti di Mineo in carico alla regione Sicilia, non extra ordinem.
Nella parte iniziale, che era la parte di abbrivio di questa nuova impostazione, ovviamente la Sicilia era penalizzata. Non c'era solo Mineo, ma c'erano anche Pozzallo, Trapani e le tendopoli che erano state realizzate.
La logica era riferita anche alla tipologia dello straniero che doveva essere gestito, cioè il migrante economico, al quale il Governo non voleva riconoscere una legittimità, perché non lo considerava rientrante nell'ambito del richiedente asilo.
Questo aveva creato una sorta di bolla: i CIE erano ormai saturi e non potevano essere utilizzati i CARA, perché queste persone, anche se lo avessero voluto, non potevano essere ricomprese nel novero dei richiedenti asilo.
Pertanto, nel periodo che va dal 12 febbraio al 7 aprile viene creata una sorta di sistema di accoglienza provvisorio, che ha la sua provvisorietà massima nelle tendopoli di Pozzallo, di Trapani, di Cagliari (vicino all'aeroporto di Elmas) e di Manduria, che è l'esempio più macroscopico, e a Mineo.
Mineo nasce da subito come risposta a quella porzione, ancora molto marginale, di richiedenti asilo, e così è sempre stato, anche se nella prima fase sono state ospitate lì anche persone che poi hanno creato problemi dal punto di vista degli esiti non particolarmente tranquilli per le strutture stesse.
PRESIDENTE. Mi permetto di dire che forse su Mineo il problema è stato la reiterazione fotocopia dell'appalto, che evidentemente è stato riconfermato, pur essendo modificate profondamente le condizioni. Nasce nell'emergenza, entra nel sistema dei CARA, però rimane sempre uguale, tant’è che il trasferimento del soggetto attuatore dalla provincia al consorzio dei comuni avviene senza nessuna modificazione nel centro medesimo.
Credo che questo sia il punto di collegamento con alcune delle considerazioni che venivano fatte.
FRANCO GABRIELLI, Prefetto di Roma. Presidente, io ricordo che all'inizio a Mineo c'erano le barricate. La popolazione era assolutamente contraria.
Pag. 17ERASMO PALAZZOTTO. (fuori microfono). I sindaci erano contrari.
FRANCO GABRIELLI, Prefetto di Roma. I sindaci erano inviperiti, perché avevano paura delle ricadute.
ERASMO PALAZZOTTO. (fuori microfono). E poi hanno fatto il consorzio !
MARIO MARAZZITI. Credo che, a seguito delle molte richieste che le sono state fatte, abbia dimenticato di rispondere ad alcune domande.
PRESIDENTE. Ce n’è qualcuna posta da lei ?
MARIO MARAZZITI. Sì, mi pare. C'era tutta la parte segretata.
FRANCO GABRIELLI, Prefetto di Roma. (fuori microfono). Sull'individuazione dei posti credo di aver risposto. Mi ha chiesto se ho avuto degli incontri con il sindaco, ma...
MARIO MARAZZITI. Questo rientra nella parte segretata.
PRESIDENTE. Dispongo la disattivazione dell'impianto audio.
(I lavori della Commissione procedono in seduta segreta indi riprendono in seduta pubblica).
ERASMO PALAZZOTTO. Visto il ruolo delicato che sta svolgendo e dovrà svolgere la prefettura di Roma, soprattutto alla luce dei vari commissariamenti che sono stati richiesti o che verranno richiesti nella gestione dei centri, le chiedo una sua valutazione rispetto alla frase di Buzzi, diventata celebre, nell'ambito di Mafia capitale: «Ci stiamo comprando mezza prefettura».
Vorrei sapere se dal suo arrivo lei ha riscontrato, nelle procedure che hanno coinvolto la prefettura in merito all'assegnazione dei posti, qualcosa che non ha funzionato o qualche controllo omesso, che ha permesso il realizzarsi di quella situazione, senza che nessuno in prefettura si accorgesse di niente. La mia è una domanda. Non ci sono indagati, ma nessuno in prefettura si è accorto di quello che accadeva e c’è questa affermazione di Buzzi intercettata, che pone molti interrogativi.
Vorrei avere la sua opinione, visto che ha preso in carico questa responsabilità.
FRANCO GABRIELLI, Prefetto di Roma. Innanzitutto, non vorrei che Buzzi passasse per la Cassazione, nel senso che tutte le cose che dice sono sacramentate. Io, proprio in questi giorni, sto leggendo e rileggendo, e vedo che, tutto sommato, in ciò che dice c’è una componente volta a darsi un tono e a millantare una serie di cose.
Io credo che da questo punto di vista la presenza della dottoressa Vaccaro, che è la vicaria che io ho trovato e ho mantenuto, sia la dimostrazione di quale sia il livello di fiducia che io ho nei confronti della prefettura. Dal punto di vista dell'onestà, queste persone a oggi non hanno dato luogo a nessun tipo di problema. Se lo avessero fatto, non avrei frapposto nessun indugio a prendere decisioni.
C’è poi un tema, sul quale invece convengo con lei, che si riallaccia a quello che dicevo poc'anzi sulle agenzie di controllo. Non dico che chi c'era prima era meno bravo di quanto lo sia io oggi. Questo sarebbe un giudizio a respiro molto corto, perché magari fra tre o quattro mesi mi potrebbero imputare le stesse cose. Il fatto che molte cose sono avvenute e il sistema non se n’è accorto è un tema. Credo che noi non possiamo metterlo da parte, dicendo che sono delle congiunture astrali. È una cosa sulla quale dobbiamo lavorare, a partire dalle modalità dei bandi e dai sistemi di controllo.
Io credo che, più che attardarci a ricercare delle reali o presunte responsabilità rispetto a queste smargiassate, lo sforzo debba essere quello di mettere in campo degli strumenti che siano memori di quello che è avvenuto. Se in questo Paese ogni volta che avvengono delle cose Pag. 18non si fa tesoro dell'esperienza e non ci si attrezza per evitare che riaccadano, non ne usciamo. Ci sono diversi spunti.
I controlli sono un tema che io mi permetterò di sottolineare nella mia relazione futura, perché questo ci interroga. Chi è senza peccato scagli la prima pietra. Più che allontanare da sé le responsabilità, la cosa più intelligente sarebbe capire cosa potevamo fare.
Ci terrei a sottolineare l'onorabilità delle persone che lavorano con me e che lavoravano prima di me. Almeno per le persone che lavorano più a stretto contatto con me, non ho al momento nessuno rilievo da formulare. Tranne il capo di gabinetto – questi sono meccanismi che attengono all'individuazione di persone che magari hanno un rapporto più fiduciario – gli altri colleghi sono esattamente nel posto in cui li ho trovati, a partire dal vicario.
PAOLO BENI. Ho un'ultima domanda su Mineo. La genesi mi è chiara: l'emergenza Nord Africa, il 2011 eccetera. L'emergenza finisce alla fine del 2012.
A un certo punto – non ricordo esattamente la data – c’è un passaggio del soggetto attuatore dal presidente della provincia al consorzio dei comuni. Il collega faceva notare l'anomalia che il soggetto attuatore fosse il presidente della provincia. Comunque, c’è un atto costitutivo – io ho visto le carte – e nasce il consorzio dei comuni, ossia il consorzio Calatino terra d'accoglienza, che subentra al presidente della provincia come soggetto attuatore.
In realtà, l'ente gestore che era in convenzione con la provincia era un'associazione temporanea di imprese, che di fatto si ripropone come ente gestore al nuovo soggetto attuatore.
Vorrei che ci aiutasse a capire. Dal suo punto di vista, all'epoca quali sono state le valutazioni che sono state fatte in merito all'opportunità di questo passaggio dal presidente della provincia al consorzio ? Il passaggio ha riguardato il ruolo di soggetto attuatore, quindi di stazione appaltante, ma non ha cambiato la gestione. Non so se mi sono spiegato.
FRANCO GABRIELLI, Prefetto di Roma. È stato chiarissimo. La risposta è abbastanza semplice e si riallaccia a quello che dicevo prima sul famoso piano inclinato.
Il Ministero dell'interno si è trovato a gestire un numero considerevole di persone. Forse anche in questo caso bisognerebbe riportare la lancetta a quel tempo. Io ricordo che c'era grande smarrimento, soprattutto nelle regioni, che vedevano cessare la gestione emergenziale e, quindi, una certezza di approvvigionamento di risorse per gestire le situazioni. Non si era ancora deciso quale sarebbe stata la sorte della gran parte dei soggetti che stavano all'interno delle strutture, cioè se erano assilanti o meno. Le regioni si trovavano a gestire questa situazione, senza nessuna indicazione rispetto alle risorse su cui contare.
È chiaro che, in una situazione di tale smarrimento, le soluzioni consolidate tendono a riproporsi, perché purtroppo manca completamente una visione complessiva.
Il Ministero dell'interno molto probabilmente in quel momento non aveva gli strumenti per farsi carico direttamente della situazione e, quindi, ha protratto la gestione successiva.
Peraltro, io ho letto – ma non l'ho vissuto – che all'epoca ci sarebbero state interlocuzioni tra l'allora Ministro dell'interno e il territorio. Peraltro, la Ministra Cancellieri conosceva molto bene il territorio, perché era stata prefetto a Catania. Questo favorì in bonam partem un coinvolgimento del territorio.
L'idea che mi sono fatto di queste situazioni è che molto spesso è il contesto che favorisce determinati percorsi, perché, laddove non ci sono delle alternative reali e credibili, inevitabilmente la risposta è quella dello status quo.
Credo che all'epoca dentro Mineo ci stessero diverse persone, perché nella parte finale della gestione Nord Africa, Pag. 19siccome noi non prendevamo più nuovi migranti, il Ministero dell'interno aveva allargato la disponibilità dell'accoglienza a Mineo.
Il trasferimento dallo straordinario all'ordinario avviene tra la gestione emergenziale e il Ministero dell'interno. Quando il Ministero dell'interno prende in mano la situazione, si trova questo numero di soggetti che, in una situazione normale, avrebbe dovuto ricollocare nei CARA normali, come quelli di Bari e di Roma, che erano a loro volta saturi. In quel momento, la cosa migliore secondo un approccio di questo genere era non muovere nulla.
MARIO MARAZZITI. Ho un'ultima domanda su Lampedusa. Quando noi siamo andati dopo il disastro dei 350 morti, abbiamo visto che metà della gente dormiva all'aperto. Chiesi perché non si era chiesto aiuto alla protezione civile. Almeno avrebbero dormito in tenda o con qualche altra soluzione. Mi è stato detto informalmente che tra prefettura di Agrigento e protezione civile non corre buon sangue. Questa persona non era qualificata a rispondere in tal modo, per cui si tratta solo di una voce. Comunque, come mai è avvenuto questo ?
FRANCO GABRIELLI, Prefetto di Roma. Innanzitutto, se lei mette una tenda a Lampedusa, la ritrova a Tunisi, perché c’è una ventosità tale per cui è proprio impossibile.
Glielo dico perché, quando all'inizio io fui investito nella vicenda, prima ancora di prendere la responsabilità dell'emergenza Nord Africa, fu chiesto alla protezione civile nazionale di vedere che cosa si poteva fare per dare accoglienza. Noi mandammo subito degli operatori, che dissero che non c'era nessuna possibilità di mettere le tende, perché quell'isola si caratterizza per una ventosità pazzesca.
Peraltro, l'isola è anche caratterizzata da vincoli estremi sotto il profilo della tutela del patrimonio. Infatti, credo che il povero prefetto Morcone, che aveva gestito l'emergenza del 2008, abbia una denuncia perché aveva fatto degli interventi in violazione di questi rigidissimi vincoli. Questo tema, come al solito, attiene più alla leggenda che non alla realtà.
A Lampedusa, nella parte più significativa della gestione Nord Africa, avevamo stanziato delle somme per ripristinare il centro di accoglienza. Inoltre, c'era un'altra parte in muratura, dove potevano essere destinati soggetti fragili, i minori e le donne, e per la quale avevamo già stanziato delle somme e c'era già un progetto esecutivo, di cui era investito il provveditorato alle opere pubbliche. A un certo punto il rubinetto fu chiuso.
In un'ottica di prospettiva, mettere apposto quelle strutture è un modo intelligente per avere gli strumenti quando servono. Adesso il meccanismo non prende nemmeno in considerazione Lampedusa come destinazione.
PRESIDENTE. Io vorrei porre alcune rapide domande, che riguardano Roma.
La prima concerne la conversione di molti centri di accoglienza presenti a Roma in strutture SPRAR. In particolare ci sono stati dei fenomeni, come quello di Tor Sapienza, dove nello stesso stabile si sono addirittura verificate più gestioni. Questo ovviamente – è inutile che ritorniamo sul piano narrativo – ha prodotto un conflitto enorme con il territorio.
Onestamente, questo dovrebbe essere prevenuto, con una riorganizzazione del sistema di accoglienza che preveda almeno che vengano distinte e protette le categorie vulnerabili, quali i minori e le donne. Come lei diceva, la distribuzione in piccoli gruppi è sicuramente la strada che va intrapresa, per evitare che vi possano essere situazioni di questo genere di pericolosità per i migranti e di tensione sociale sul territorio.
La seconda questione è relativa alla disposizione della questura di Roma sugli indirizzi di residenza rilasciati per molti anni da alcune organizzazioni umanitarie e utili al rinnovo del permesso di soggiorno, che sono stati considerati virtuali e, dunque, non più validi per quella finalità, ai sensi dell'articolo 10-bis della legge Pag. 20n. 241 del 7 agosto 1990, come riportato nelle lettere rilasciate dall'ufficio immigrazione in richiesta di rinnovo.
Ovviamente, quando questo rinnovo non si realizza – credo che stiamo parlando per Roma di circa 20.000 casi – si perde la regolarità e, quindi, anche la possibilità di fare domanda per il rinnovo, alimentando un commercio illegale di indirizzi di residenza falsi, con un'ulteriore esposizione allo sfruttamento dei migranti.
Su Ponte Mammolo ha già dato delle indicazioni, quindi non ripeterei. Vorrei passare al regime di segretezza per altre due questioni.
Dispongo la disattivazione dell'impianto audio.
(I lavori della Commissione procedono in seduta segreta indi riprendono in seduta pubblica).
FRANCO GABRIELLI, Prefetto di Roma. Proprio fra due o tre giorni avremo la riunione definitiva tra questura e comune. Purtroppo nel tempo la residenza fittizia, che è prevista dal regolamento anagrafico, in base al quale tutti i cittadini che non hanno la possibilità di avere una fissa dimora hanno diritto a essere riconosciuti, è diventata, soprattutto per Roma, una cosa assolutamente non più gestibile.
Noi vorremmo trovare un punto di caduta, che salvaguardi il questore che deve firmare i permessi di soggiorno di soggetti di cui non ha la benché minima contezza e il mondo della cooperazione sociale serio, che fa da corretta interfaccia a questa situazione. Noi vogliamo puntare al risultato che ci sia garantita almeno la presenza sul territorio, perché il nostro sospetto è che Roma sia diventata nel tempo il terminale di residenze fittizie di gente che non ha la benché minima possibilità di stare a Roma.
Questo è un tema sul quale noi dobbiamo, da una parte, tutelare le attività che svolge il questore e, dall'altra, garantire alle persone che hanno diritto ad avere una residenza un giusto contemperamento.
PRESIDENTE. Ringrazio molto il prefetto e il prefetto vicario per questa più che esauriente audizione, che ci ha consentito, aldilà del suo attuale incarico, di avere un quadro storico di prima mano, che per quanto ci riguarda risulta assai importante per il proseguo dei nostri lavori.
Spero di non doverla ulteriormente disturbare, però il suo contributo potrebbe essere prezioso per l'esame e l'approfondimento della nostra attività di inchiesta.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 16,10.