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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti

Resoconto stenografico



Seduta n. 46 di Lunedì 22 giugno 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 

Audizione del presidente di Tirrenoambiente, Antonia De Domenico, e dell'amministratore delegato di Tirrenoambiente, Alfio Raineri (Svolgimento e conclusione):
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 
De Domenico Antonia , presidente di Tirrenoambiente ... 3 
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 
De Domenico Antonia , presidente di Tirrenoambiente ... 4 
Bratti Alessandro , Presidente ... 4 
De Domenico Antonia , presidente di Tirrenoambiente ... 4 
Bratti Alessandro , Presidente ... 4 
De Domenico Antonia , presidente di Tirrenoambiente ... 4 
Bratti Alessandro , Presidente ... 4 
De Domenico Antonia , presidente di Tirrenoambiente ... 4 
Bratti Alessandro , Presidente ... 4 
De Domenico Antonia , presidente di Tirrenoambiente ... 4 
Bratti Alessandro , Presidente ... 4 
De Domenico Antonia , presidente di Tirrenoambiente ... 4 
Bratti Alessandro , Presidente ... 4 
De Domenico Antonia , presidente di Tirrenoambiente ... 4 
Bratti Alessandro , Presidente ... 5 
Raineri Alfio , amministratore delegato di Tirrenoambiente ... 5 
Bratti Alessandro , Presidente ... 6 
Raineri Alfio , amministratore delegato di Tirrenoambiente ... 6 
Bratti Alessandro , Presidente ... 6 
Raineri Alfio , amministratore delegato di Tirrenoambiente ... 6 
De Domenico Antonia , presidente di Tirrenoambiente ... 6 
Raineri Alfio , amministratore delegato di Tirrenoambiente ... 6 
De Domenico Antonia , presidente di Tirrenoambiente ... 6 
Raineri Alfio , amministratore delegato di Tirrenoambiente ... 7 
Bratti Alessandro , Presidente ... 7 
Raineri Alfio , amministratore delegato di Tirrenoambiente ... 7 
Bratti Alessandro , Presidente ... 7 
De Domenico Antonia , presidente di Tirrenoambiente ... 7 
Bratti Alessandro , Presidente ... 7 
De Domenico Antonia , presidente di Tirrenoambiente ... 7 
Bratti Alessandro , Presidente ... 7 
De Domenico Antonia , presidente di Tirrenoambiente ... 7 
Raineri Alfio , amministratore delegato di Tirrenoambiente ... 7 
Bratti Alessandro , Presidente ... 7 
De Domenico Antonia , presidente di Tirrenoambiente ... 8 
Bratti Alessandro , Presidente ... 8 
De Domenico Antonia , presidente di Tirrenoambiente ... 8 
Bratti Alessandro , Presidente ... 8 
De Domenico Antonia , presidente di Tirrenoambiente ... 8 
Bratti Alessandro , Presidente ... 8 
De Domenico Antonia , presidente di Tirrenoambiente ... 8 
Bratti Alessandro , Presidente ... 8 
De Domenico Antonia , presidente di Tirrenoambiente ... 8 
Bratti Alessandro , Presidente ... 8 
De Domenico Antonia , presidente di Tirrenoambiente ... 8 
Bratti Alessandro , Presidente ... 8 
De Domenico Antonia , presidente di Tirrenoambiente ... 8 
Bratti Alessandro , Presidente ... 8 
Raineri Alfio , amministratore delegato di Tirrenoambiente ... 8 
De Domenico Antonia , presidente di Tirrenoambiente ... 9 
Bratti Alessandro , Presidente ... 9 
De Domenico Antonia , presidente di Tirrenoambiente ... 9 
Raineri Alfio , amministratore delegato di Tirrenoambiente ... 9 
Bratti Alessandro , Presidente ... 9 
De Domenico Antonia , presidente di Tirrenoambiente ... 9 
Raineri Alfio , amministratore delegato di Tirrenoambiente ... 9 
Nugnes Paola  ... 10 
Raineri Alfio , amministratore delegato di Tirrenoambiente ... 10 
Nugnes Paola  ... 10 
De Domenico Antonia , presidente di Tirrenoambiente ... 10 
Nugnes Paola  ... 10 
Raineri Alfio , amministratore delegato di Tirrenoambiente ... 11 
Bianchi Stella (PD)  ... 11 
Raineri Alfio , amministratore delegato di Tirrenoambiente ... 12 
Bianchi Stella (PD)  ... 12 
Raineri Alfio , amministratore delegato di Tirrenoambiente ... 12 
De Domenico Antonia , presidente di Tirrenoambiente ... 12 
Raineri Alfio , amministratore delegato di Tirrenoambiente ... 13 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 13 
De Domenico Antonia , presidente di Tirrenoambiente ... 13 
Bratti Alessandro , Presidente ... 13 
De Domenico Antonia , presidente di Tirrenoambiente ... 13 
Bratti Alessandro , Presidente ... 13 
De Domenico Antonia , presidente di Tirrenoambiente ... 13 
Raineri Alfio , amministratore delegato di Tirrenoambiente ... 13 
De Domenico Antonia , presidente di Tirrenoambiente ... 13 
Raineri Alfio , amministratore delegato di Tirrenoambiente ... 13 
De Domenico Antonia , presidente di Tirrenoambiente ... 14 
Raineri Alfio , amministratore delegato di Tirrenoambiente ... 14 
Bratti Alessandro , Presidente ... 14 
Raineri Alfio , amministratore delegato di Tirrenoambiente ... 14 
Bratti Alessandro , Presidente ... 14 
Raineri Alfio , amministratore delegato di Tirrenoambiente ... 14 
Bratti Alessandro , Presidente ... 14 
De Domenico Antonia , presidente di Tirrenoambiente ... 14 
Raineri Alfio , amministratore delegato di Tirrenoambiente ... 14 
De Domenico Antonia , presidente di Tirrenoambiente ... 14 
Bratti Alessandro , Presidente ... 14 
Raineri Alfio , amministratore delegato di Tirrenoambiente ... 15 
Bratti Alessandro , Presidente ... 15 

Audizione di Federico Cafiero De Raho, nella qualità di ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli (Svolgimento e conclusione):
Bratti Alessandro , Presidente ... 15 
Cafiero De Raho Federico , ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 15 
Nugnes Paola  ... 17 
Cafiero De Raho Federico , ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 17 
Bratti Alessandro , Presidente ... 17 
Cafiero De Raho Federico , ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 17 
Nugnes Paola  ... 17 
Cafiero De Raho Federico , ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 17 
Nugnes Paola  ... 18 
Cafiero De Raho Federico , ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 18 
Bratti Alessandro , Presidente ... 19 
Cafiero De Raho Federico , ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 19 
Bratti Alessandro , Presidente ... 19 
Cafiero De Raho Federico , ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 19 
Nugnes Paola  ... 20 
Cafiero De Raho Federico , ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 20 
Nugnes Paola  ... 20 
Cafiero De Raho Federico , ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 20 
Nugnes Paola  ... 20 
Cafiero De Raho Federico , ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 20 
Bratti Alessandro , Presidente ... 20 
Cafiero De Raho Federico , ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 20 
Pepe Bartolomeo  ... 21 
Bratti Alessandro , Presidente ... 21 
Cafiero De Raho Federico , ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 21 
Bratti Alessandro , Presidente ... 21 
Cafiero De Raho Federico , ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 21 
Bratti Alessandro , Presidente ... 21 
Cafiero De Raho Federico , ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 22 
Bratti Alessandro , Presidente ... 22 
Cafiero De Raho Federico , ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 22 
Nugnes Paola  ... 23 
Cafiero De Raho Federico , ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 23 
Nugnes Paola  ... 23 
Cafiero De Raho Federico , ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 23 
Nugnes Paola  ... 23 
Cafiero De Raho Federico , ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 23 
Nugnes Paola  ... 23 
Cafiero De Raho Federico , ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 23 
Nugnes Paola  ... 24 
Cafiero De Raho Federico , ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 24 
Bratti Alessandro , Presidente ... 24 
Cafiero De Raho Federico , ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 24 
Bratti Alessandro , Presidente ... 25 
Cafiero De Raho Federico , ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 25 
Nugnes Paola  ... 25 
Bratti Alessandro , Presidente ... 25 
Cafiero De Raho Federico , ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 25 
Bratti Alessandro , Presidente ... 26 
Cafiero De Raho Federico , ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 26 
Bratti Alessandro , Presidente ... 26 
Cafiero De Raho Federico , ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 26 
Bratti Alessandro , Presidente ... 26 
Cafiero De Raho Federico , ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 26 
Bratti Alessandro , Presidente ... 26 
Cafiero De Raho Federico , ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 26 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 26 
Nugnes Paola  ... 27 
Bratti Alessandro , Presidente ... 27 
Cafiero De Raho Federico , ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 27 
Nugnes Paola  ... 28 
Cafiero De Raho Federico , ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 28 
Nugnes Paola  ... 28 
Cafiero De Raho Federico , ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 28 
Pepe Bartolomeo  ... 28 
Cafiero De Raho Federico , ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 29 
Pepe Bartolomeo  ... 29 
Cafiero De Raho Federico , ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 29 
Pepe Bartolomeo  ... 29 
Bratti Alessandro , Presidente ... 29 
Cafiero De Raho Federico , ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 29 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 31 
Cafiero De Raho Federico , ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 31 
Bratti Alessandro , Presidente ... 31 
Pepe Bartolomeo  ... 31 
Bratti Alessandro , Presidente ... 31 
Pepe Bartolomeo  ... 31 
Cafiero De Raho Federico , ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 31 
Pepe Bartolomeo  ... 31 
Cafiero De Raho Federico , ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 31 
Bratti Alessandro , Presidente ... 32

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ALESSANDRO BRATTI

  La seduta comincia alle 16.45.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del presidente di Tirrenoambiente, Antonia De Domenico, e dell'amministratore delegato di Tirrenoambiente, Alfio Raineri.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente di Tirrenoambiente, Antonia De Domenico, e dell'amministratore delegato di Tirrenoambiente, Alfio Raineri, che ringrazio per la presenza.
  La Commissione si occupa degli illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti. L'audizione odierna rientra nell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sulla Regione siciliana (un approfondimento che è ormai quasi concluso, mancando solo l'ultima audizione, con il Presidente Crocetta).
  Ricordo che l'audizione in oggetto era prevista per lo scorso 8 giugno e che è stata rinviata alla data odierna a seguito della nomina, proprio in quei giorni, del nuovo amministratore delegato. Avverto i nostri ospiti che della presente audizione viene redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterranno opportuno, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta. Cederei dunque la parola alla dottoressa Antonia De Domenico, indi al dottor Alfio Raineri, per lo svolgimento di una breve relazione introduttiva. Poiché la situazione mi sembra abbastanza complessa, vi chiedo di darci qualche elemento sulla vostra composizione societaria, sulla vostra situazione dal punto di vista autorizzativo (come siete strutturati, come state operando, quali sono state le difficoltà), considerato che ci hanno segnalato una serie di situazioni che hanno comportato anche degli interventi da parte dell'autorità giudiziaria. Vi chiedo, quindi, quale sia, anche rispetto al tema giudiziario, lo stato attuale della situazione, la vostra posizione, nonché quali siano le situazioni che avete chiuso in precedenza, insomma, vorremmo conoscere il quadro generale.

  ANTONIA DE DOMENICO, presidente di Tirrenoambiente. Per quanto riguarda la situazione societaria, io sono stata nominata il 31 ottobre. Il 3 novembre è stata posta sotto sequestro la discarica e sono state revocate le autorizzazioni. Per quanto riguarda la società, da quando sono presidente si è iniziata un'attività per ridurre il consiglio d'amministrazione, considerando che noi siamo un organismo di diritto pubblico. Abbiamo provveduto alla modifica statutaria, riducendo il consiglio d'amministrazione da sette a tre...

  PRESIDENTE. Scusi, com’è la composizione societaria ? È una società mista, dico bene ? Il 51 per cento...

Pag. 4

  ANTONIA DE DOMENICO, presidente di Tirrenoambiente. Noi siamo una società mista, per il 51 per cento pubblica. Il socio di maggioranza dei pubblici è il comune di Mazzarrà Sant'Andrea e poi nove piccoli comuni che hanno delle piccole quote (il comune di Mazzarrà Sant'Andrea ha una quota prevalente, il 45,48 per cento). La rimanente parte, il 49 per cento, è di soci operativi scelti attraverso una gara a doppio gettito.

  PRESIDENTE. Chi sono ?

  ANTONIA DE DOMENICO, presidente di Tirrenoambiente. Sono Ederambiente, Secit, Gesenu, San Germano, ma non ricordo le altre. Poi c’è una posizione, dell'1 per cento, che è della Themis, però, al momento, questa posizione è in standby perché la Themis si è fusa con la società Osmon, la quale ha richiesto di diventare socia ma non l'abbiamo iscritto nel libro soci perché deve avere una serie di requisiti, così come i soci che hanno partecipato al bando. Quindi, abbiamo richiesto tutta la documentazione alla Osmon e la certificazione antimafia alla prefettura di Novara.

  PRESIDENTE. Perché la Osmon pare essere interessata a ben altro...

  ANTONIA DE DOMENICO, presidente di Tirrenoambiente. La Osmon è una società che precedentemente aveva avuto degli incarichi nonostante non fosse un socio operativo. Poi c’è stata un'attività stragiudiziaria; sono state fatte delle transazioni tra la Osmon e la Tirrenoambiente e queste transazioni sono oggetto di un'attività giudiziaria da parte della procura di Vercelli. Oggi con la Osmon abbiamo un arbitrato dinanzi alla Camera arbitrale di Milano, dove noi, come Tirrenoambiente, ci siamo costituiti chiedendo la somma di circa 12 milioni di euro, posto che riteniamo il contratto nullo in virtù della circostanza per cui, se siamo una società pubblica, non possiamo dare incarichi senza gara.

  PRESIDENTE. Come mai questa interrelazione così forte con Vercelli ?

  ANTONIA DE DOMENICO, presidente di Tirrenoambiente. Perché Osmon ha sede a Novara.

  PRESIDENTE. Ma non solo, anche gli amministratori che avevate prima...

  ANTONIA DE DOMENICO, presidente di Tirrenoambiente. Io sono preparata per quello che è di mia competenza...

  PRESIDENTE. Risponda pure su ciò che le compete...

  ANTONIA DE DOMENICO, presidente di Tirrenoambiente. Dico ciò che so e che conosco bene. L'amministratore precedente all'ingegnere Raineri era Piccioni, quello precedente ancora era Antonioli, il quale, da ultimo, era anche amministratore della Osmon.

  PRESIDENTE. Parente di Piccioni, l'Antonioli ?

  ANTONIA DE DOMENICO, presidente di Tirrenoambiente. Cognato di fatto, non parente diretto. Antonioli era amministratore dell'Osmon ed è diventato anche amministratore di Tirrenoambiente. La situazione Antonioli ha investito esattamente il mio mandato perché, nel momento in cui mi sono insediata, è stato richiesto di fare un contratto come direttore generale ad Antonioli, che quando io sono subentrata non era più amministratore delegato.
  Mi viene sottoposto questo contratto come direttore generale, il cui incarico era stato deliberato l'anno prima per un compenso di 150.000 euro l'anno. Mi viene quindi sottoposto un contratto da 180.000 euro, non più 150.000 come deliberato, con effetto retroattivo. Decido di non firmarlo, lo sottopongo a parere e il legale mi conferma che non dovevo firmare quel contratto e che la delibera non doveva essere esistente. Antonioli, nel frattempo, inizia un'attività stragiudiziale, nel senso che invia delle lettere chiedendo la firma Pag. 5del contratto. Permettetemi, però, di tornare per un attimo indietro per una precisazione. Quando mi viene richiesta la firma del contratto, Antonioli era ancora agli arresti domiciliari, dopodiché ha avuto una limitazione per la Sicilia; quindi, il 18 dicembre si presenta in società volendo effettuare una gara. Io, però, l'ho sospeso, dicendo che non poteva far ciò posto che per me lui non era il direttore generale della società, non avendo io firmato il contratto. La sua posizione era sottoposta a parere, quindi l'ho sospeso. A partire da questa sospensione, ho ritenuto di non firmare il contratto. Oggi la sua posizione è che il suo contratto è stato dichiarato inesistente. Lui parte dal presupposto di aver percepito delle somme, salvo poi appurare che, siccome lui era anche amministratore delegato, non ha percepito delle somme ma se l’è attribuite ! Quindi oggi il suo rapporto è stato dichiarato inesistente e ora provvederemo, previo confronto con l'avvocato, a richiedere indietro le somme che si è attribuito da dicembre a luglio.

  PRESIDENTE. Cosa accade adesso per l'attività della società ? Le autorizzazioni quando sono state sospese ?

  ALFIO RAINERI, amministratore delegato di Tirrenoambiente. Le autorizzazioni sono state sospese a seguito anche dell'attività della magistratura di Barcellona Pozzo di Gotto su un'area dell'impianto complessivo della discarica. L'area di Mazzarrà Sant'Andrea è una grossa area dove, per anni, sono state svolte operazioni di abbancamento dei rifiuti e dove sono presenti anche un impianto di cogenerazione di energia elettrica – con i gas provenienti dalla discarica – e un impianto per il trattamento del percolato, costruito ma non ancora attivato; ci sono, poi, gli uffici. La parte della discarica intesa come aree di abbancamento è stata sequestrata dal magistrato e quindi siamo in attesa dell'esito delle indagini per vedere come si dovrà procedere. Stiamo svolgendo con grande difficoltà una serie di attività non solo dovute, ma anche prescritte dall'ordinanza del giudice delle indagini preliminari nell'ambito di un'accorta gestione, soprattutto del percolato, che ci crea grossi problemi. Inoltre, sono state fatte anche delle opere a tutela dell'ambiente di copertura provvisoria per evitare infiltrazioni delle acque meteoriche, nonché di regimentazione delle stesse.
  Per l'impianto di depurazione, parzialmente già realizzato (quanto meno le opere murarie per la biostabilizzazione), le relative autorizzazioni sono state ritirate. L'impianto di trattamento del percolato era stato autorizzato per cinquanta metri cubi/giorno – interessantissimo volume – ed è stato chiesto di estenderlo fino a duecento: non solo non è stata accolta la richiesta, ma è stata anche tolta l'autorizzazione. Identica cosa è avvenuta per l'impianto di biostabilizzazione. Tra l'altro, su tutti i manufatti esistenti in discarica il comune di Mazzarrà Sant'Andrea ha provveduto a emettere un'ordinanza di demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi. Contro questa ordinanza è stato fatto ricorso al TAR ed è stata emanata una sospensiva, una decina di giorni fa. Identicamente, per quanto riguarda la revoca dell'autorizzazione all'impianto di trattamento, è stato prodotto ricorso al TAR e c’è stata una sospensiva del diniego di trattamento. Le autorizzazioni sono state sospese perché, per quello che ho potuto appurare in questi pochi giorni – pensavo di dover svolgere un'attività di natura tecnico-amministrativa e invece mi ritrovo dietro ai creditori che, ogni giorno, arrivano con i decreti ingiuntivi, facendo, quindi, più attività finanziaria che la mia attività specifica professionale – pare che ci siano state delle modifiche ai progetti originali, vistate come varianti non sostanziali ma che, di fatto, lo sono. Questo è un problema serio. Quando una grossa vasca di percolato, che doveva avere le dimensioni di sei serbatoi per trenta metri cubi cadauno, si trasforma in una vasca di 2.300 metri cubi, è chiaramente qualcosa di molto diverso da quello che era stato autorizzato. Identica cosa è stata fatta sull'impianto di biostabilizzazione, dove a un originario progetto del valore di circa Pag. 614 milioni complessivi, fra costruzioni murarie e impiantistica, si è andato a sovrapporre un progetto di circa 30 milioni che, sebbene molto più avanzato per la produzione di gas metano, era chiaramente in difformità: certamente si è trattato di una variante essenziale.

  PRESIDENTE. Per quello che conoscete, come è possibile che in un consiglio di amministrazione, tra l'altro composto da società – vedo anche la Gesenu – che una qualche professionalità nel campo dei rifiuti dovrebbero averla, si possa non sapere che un amministratore delegato sta facendo questo o quell'altro ? Lei ha sottolineato ciò ma, in realtà, qui si parla di differenze enormi, direi eclatanti: come mai il consiglio d'amministrazione – per non parlare del pubblico, essendo questa una società a maggioranza pubblica – non si è mai accorto di una situazione di questo genere ?

  ALFIO RAINERI, amministratore delegato di Tirrenoambiente. Presidente, per quello che ho potuto vedere e capire in questi venti giorni, le direi, come si suole dire: un po’ di tutto ma niente e tutto. La gestione era prettamente imprenditoriale, di natura squisitamente privatistica e verticistica. L'avvocato, entrata qualche mese prima di me, ha cominciato a porre in essere alcuni cambiamenti; da circa un mese le do man forte per cercare di spostare tutto il sistema di gestione – soprattutto decisionale – dall'area squisitamente privatistica all'area di natura pubblicistica. Stiamo creando il RUP per i piccoli provvedimenti, stiamo cercando di ragionare sulla presenza di un ufficio tecnico che possa garantire le attività previste dagli uffici tecnici – cioè l'evidenza, la gara d'appalto, la selezione dei professionisti – secondo i modi e i termini previsti dalla normativa (mi riferisco al 163, al Codice degli appalti, che penso sia noto a questa Commissione); stiamo cercando di spostare quest'asse, non senza qualche rallentamento, qualche difficoltà e qualche incongruenza. Trattandosi di un'azienda particolare, sarebbe diverso se potessimo chiuderla e riaprirla fra tre mesi: è come una nave che cerchiamo di sistemare durante la navigazione. Tra l'altro, il mare è agitato, perché abbiamo problemi di natura finanziaria piuttosto forti, che ci preoccupano.

  PRESIDENTE. Adesso, da un lato dovete ottemperare alla messa in sicurezza di carattere ambientale, che comporta dei costi ma, dall'altro, da dove entrano le risorse ?

  ALFIO RAINERI, amministratore delegato di Tirrenoambiente. Presidente, questo è un problema grosso...

  ANTONIA DE DOMENICO, presidente di Tirrenoambiente. Proprio adesso abbiamo un problema strettamente finanziario, nel senso che abbiamo uno squilibrio: abbiamo debiti di circa 10 milioni di euro – ovviamente certi ed esigibili – e crediti per circa 50 milioni di euro verso le ATO, la cui esigibilità è molto lenta.
  In realtà, in questo momento – cioè, proprio in questo momento storico, perché non sappiamo quale sarà l'evoluzione futura – è stata emessa una sentenza che nominerà i commissari ad acta affinché i debiti dell'ATO vadano in piattaforma. Tuttavia, intanto, li nomineranno ? Con che tempi ? Inoltre, supponendo di averli in piattaforma, riusciamo a scontarli ? In questo momento abbiamo questa sentenza positiva, che ovviamente ci «predispone bene», ma oggi abbiamo una situazione finanziaria terribile: ad oggi, abbiamo in società decreti ingiuntivi per circa 3 milioni di euro, di cui 2,8 esecutivi, quindi con precetto.
  Con le piccole riserve che abbiamo – che non sono proprio piccolissime – dobbiamo smaltire il percolato, un obbligo che ci ha imposto la procura.

  ALFIO RAINERI, amministratore delegato di Tirrenoambiente. Con un investimento mensile di 300.000 euro, presidente.

  ANTONIA DE DOMENICO, presidente di Tirrenoambiente. Comunque, al di là Pag. 7delle prescrizioni della procura, se non smaltissimo il percolato creeremmo un danno ambientale incredibile.

  ALFIO RAINERI, amministratore delegato di Tirrenoambiente. Su questo ci siamo incontrati anche con il dirigente generale della Regione siciliana (proprio venerdì eravamo lì per altri motivi e siamo stati gentilmente accolti). Ci siamo presentati – anche per motivi di correttezza istituzionale – e abbiamo rappresentato la nostra posizione. Sul percolato, che è la questione che più ci angoscia, abbiamo riserve finanziarie molto modeste, forse intorno a un milione, ma non andremo più in là di tre mesi. Inoltre, essendoci stata la sentenza del TAR circa la sospensione dell'ordinanza di demolizione avanzata dal comune, nonché, per quanto riguarda la stessa Regione siciliana, l'utilizzo, abbiamo chiesto al dirigente se si poteva, nel giro di tempi stretti, verificare alcuni passaggi. Il passaggio fondamentale che volevamo verificare, che abbiamo ventilato e che è stato accolto con soddisfazione, è stato questo: noi vorremmo ripartire con il percolato a cinquanta metri cubi minimo, ponendo la clausola importante secondo cui non scaricheremo nel Mazzarrà, cioè le acque trattate non saranno scaricate nel fiume – a tutela del fiume – ma saranno portate agli impianti di depurazione consortile delle aree civili, stante che i parametri sono quelli civili.
  Abbiamo fatto una piccola inchiesta tra persone che conosciamo, dirigenti eccetera e la questione non sarebbe del tutto infondata, quindi, dando garanzia di tutela ambientale, che tra l'altro ha molto infastidito negli anni alcuni sindaci, segnatamente il sindaco di Furnari, il quale si è battuto per la sua comunità in maniera piuttosto decisa, osteggiando le attività dell'azienda.

  PRESIDENTE. L'amministrazione del socio di maggioranza pubblico è cambiata rispetto al passato ? Come vi siete divisi le nomine ?

  ALFIO RAINERI, amministratore delegato di Tirrenoambiente. La mia nomina è stata fatta dai privati.

  PRESIDENTE. La sua dai privati. La sua, presidente, presumo...

  ANTONIA DE DOMENICO, presidente di Tirrenoambiente. Le nomine sono previste statutariamente. La designa del presidente...

  PRESIDENTE. È della parte pubblica.

  ANTONIA DE DOMENICO, presidente di Tirrenoambiente. È del comune di Mazzarrà, non della parte pubblica.

  PRESIDENTE. Allora il comune di Mazzarrà, che pure ha avuto vicende alterne. Chiedo, allora, se sia cambiata l'amministrazione da quando...

  ANTONIA DE DOMENICO, presidente di Tirrenoambiente. No, l'amministrazione non è cambiata da quando io sono stata nominata. Vorrei però precisare una circostanza anomala sulla mia nomina. Io sono stata designata dal comune di Mazzarrà e poi nominata in assemblea. Il 25 maggio, quando abbiamo modificato lo Statuto e, come consiglio di amministrazione, ci siamo ridotti, il sindaco di Mazzarrà ha designato un altro soggetto, non me. Oggi ci sono io perché l'assemblea ha ritenuto che questo soggetto non avesse i requisiti previsti dallo Statuto. Quindi, io sono stata nominata in assemblea il 25 maggio: il 26 maggio ho la revoca pendente. La prima assemblea per la mia revoca – non motivata, peraltro – è già stata effettuata, ma è andata deserta; la prossima sarà il 29 e 30 giugno.

  ALFIO RAINERI, amministratore delegato di Tirrenoambiente. Anche sull'altro componente del consiglio di amministrazione, l'organismo di vigilanza ha sollevato dubbi circa il curriculum della persona.

  PRESIDENTE. Allora, riassumendo, siete in tre: lei come presidente...

Pag. 8

  ANTONIA DE DOMENICO, presidente di Tirrenoambiente. Io sono presidente, vengo designata dal comune di Mazzarrà e quindi nominata in assemblea; poi c’è un altro componente pubblico, che può essere designato dal comune o da una lista di pubblici con il 4 per cento (quindi, un gruppo di comuni si potrebbe unire). Nella fattispecie di oggi, la designata è sempre del comune di Mazzarrà, è stata votata in assemblea, ma l'organismo di vigilanza ha ritenuto che non...

  PRESIDENTE. Chi è ?

  ANTONIA DE DOMENICO, presidente di Tirrenoambiente. La signora Bisognano, con il ruolo di consigliere.

  PRESIDENTE. E il terzo rappresentante ?

  ANTONIA DE DOMENICO, presidente di Tirrenoambiente. L'amministratore delegato, anche lui designato dai privati, votato in assemblea...

  PRESIDENTE. Dei privati chi ha la maggioranza ?

  ANTONIA DE DOMENICO, presidente di Tirrenoambiente. Ederambiente, con il 21 per cento.

  PRESIDENTE. Di dove è la società ?

  ANTONIA DE DOMENICO, presidente di Tirrenoambiente. Sempre piemontese. L'altra società, che non ricordavo, è A2A.

  PRESIDENTE. Ma quanto possiede A2A ? Avrà pochissimo...

  ANTONIA DE DOMENICO, presidente di Tirrenoambiente. Il 3 per cento.

  PRESIDENTE. Chi ha di più è Ederambiente e – presumo – Gesenu...

  ANTONIA DE DOMENICO, presidente di Tirrenoambiente. Gesenu e Secit, con il 10 per cento ciascuno.

  PRESIDENTE. Strana compagine.

  ALFIO RAINERI, amministratore delegato di Tirrenoambiente. Per quanto riguarda la composizione del consiglio di amministrazione, tutte queste tribolazioni – votazioni, a 24 ore, richiesta di revoca – non ci mettono certamente nelle condizioni di essere sereni e di andare dietro gli assetti strategici. Tutti i giorni bisogna combattere, da un lato con questi problemi, che avranno la loro logica anche se non so quale sia, dall'altro con i creditori. Inoltre, bisogna aspettare che i magistrati svolgano la loro indagine per capire bene. Voglio ancora chiarire che il primo luglio andremo alla Regione siciliana per iniziare le conferenze di servizi sul progetto di chiusura. Per tale progetto di chiusura è stato dato incarico, al solito, senza evidenza pubblica (almeno per la parte di direzione lavori, vedremo come possiamo arrivare). Dopodiché il progetto è stato preparato, una copia è stata mandata alla procura competente, che sta facendo le indagini – ciò mi pare, quantomeno, dovuto – e una copia alla Regione siciliana per chiedere la conferenza dei servizi: siamo stati chiamati per il primo luglio. Eravamo, infatti, a Palermo e mi sono recata presso l'ufficio competente per ricordare che essendo in corso un'attività da parte del magistrato su questa discarica, bisognava, per motivi di correttezza, aspettare che si chiudesse questa vicenda, oppure che si aprisse la conferenza e in quella sede avremmo sollevato la questione (anche perché le risultanze a seguire potranno avere conseguenze più o meno gravi). Noi siamo pronti a discutere con tutti. Qualora questo progetto potesse fare il suo corso, dopo gli eventuali rilievi della procura e dei suoi consulenti, abbiamo chiarito che saremo ben lieti – faremo per questo istanza al giudice – se, dopo la gara d'appalto – se si deve fare – per la direzione dei lavori, dopo che la parte pubblica nominerà i collaudatori, il giudice potesse valutare l'opportunità che il consulente di questa fase possa essere nominato dall'ufficio di alta sorveglianza dei lavori, al fine di chiarire ed essere certi Pag. 9– sicuri – che tutto si muova secondo un'ottica di trasparenza e soprattutto di legalità. Questo è un elemento importante.
  Per quanto riguarda il percolato, abbiamo già inviato una comunicazione ai vertici regionali circa questa difficoltà, che si potrebbe palesare entro novanta giorni, cioè sulla possibilità che il percolato possa non essere smaltito. La Regione siciliana è creditrice e, in qualità di creditore, attraverso l'ATO, non ha voluto certificare il credito, perché si riteneva che l'ATO non fosse un ente pubblico. Allora, il TAR di Catania ha fatto una prima sospensiva, dopodiché ha sentenziato (vi è la sentenza definitiva, a meno che non sia appellata al CGA) che l'ATO è un ente pubblico e come tale deve ottemperare. È notizia di ieri – o avantieri – che il funzionario, dottor Barillà, ha già chiesto di nominare i commissari, anzi, li ha nominati per poter certificare il credito. È un passaggio stretto. Se riusciamo ad avere la certificazione dei crediti e a scontarli per tempo, forse andiamo avanti; diversamente, entro novanta giorni, così come già rappresentato alle autorità competenti, potremmo avere grosse difficoltà. Nell'ipotesi più favorevole – speriamo che possa avverarsi – essendoci risorse consistenti, non abbasseremo il livello di investimento per quanto riguarda il percolato, fermo restando che questa stessa Commissione ha verificato che tutto questo percolato va in giro per l'Italia. In quel caso, manterremo fermo l'investimento e, potendo noi utilizzare l'impianto che abbiamo, potremmo aumentare, a parità di costi, il quantitativo di materiale per accelerare le operazioni di bonifica della discarica: prima tutto questo percolato va via da quell'area, prima quell'area entra in una fase di relativa sicurezza. La salute e la tutela dell'ambiente sono costituzionalmente sancite, mentre i bilanci delle società sono tutelati dal codice civile, dal diritto fallimentare. Questa è l'impostazione che vorremmo dare. Concludo dicendo che stiamo tentando di formare un ufficio tecnico, che ci dovrebbe garantire, per quanto riguarda tutte le procedure di selezione, sia dei professionisti, sia delle imprese, sia dei servizi.

  ANTONIA DE DOMENICO, presidente di Tirrenoambiente. Abbiamo provveduto ad approvare il regolamento del codice degli appalti, quindi, adesso, ci affacciamo a questo mondo nuovo per la società, che noi riteniamo sia anche quello giusto. In funzione di questo, abbiamo bisogno di un supporto, quindi creeremo un ufficio all'interno con specifiche competenze (vedremo se ci sarà il bisogno di un formatore). È una situazione in crescendo, nel senso che è una cosa nuova per la società.

  PRESIDENTE. Quanti dipendenti ha oggi Tirrenoambiente ?

  ANTONIA DE DOMENICO, presidente di Tirrenoambiente. Oggi la società ha 27 dipendenti, però c’è una situazione che riferisco. Subito dopo la chiusura della discarica – ne stiamo discutendo – eravamo partiti da una situazione per cui dovevamo licenziare 17 persone. Vorremmo provare a modificare tale stato di cose in sede di contrattazione sindacale (ne abbiamo già discusso con i sindacati, ma poi c’è stato il cambio dell'amministratore).

  ALFIO RAINERI, amministratore delegato di Tirrenoambiente. Abbiamo cortesemente chiesto, anche in questo caso, un minimo di tempo.

  PRESIDENTE. Come li pagate i lavoratori ?

  ANTONIA DE DOMENICO, presidente di Tirrenoambiente. In questo momento c’è qualche risorsa e facciamo del recupero dai comuni con i quali, nell'ultima fase, erano stati effettuati i contratti di conferimento.

  ALFIO RAINERI, amministratore delegato di Tirrenoambiente. L'obiettivo è un contratto di solidarietà, se riusciamo a farlo. Per quanto riguarda l'ufficio tecnico, Pag. 10la questione è dirimente, perché si passerà da un'azienda dove era il capo che decideva di affidare lavori o consulenze ad un ufficio. Bisogna però avere l'onestà intellettuale di dire che il nostro personale, ancorché tecnicamente e professionalmente ben formato (abbiamo un ingegnere e un legale), certamente non può affrontare il lavoro di un ufficio tecnico che celebra gare di appalto. I centri di appalto, gli UREGA che abbiamo in Sicilia, hanno grossi problemi di interpretazione legislativa: figuriamoci se possiamo mettere due dipendenti nostri nella condizione di doversi occupare di gare d'appalto non avendolo mai fatto !
  Il nostro intendimento è quello di individuare – qui c’è un'incongruenza – un funzionario in quiescenza che possa venire, tutti i giorni, per un periodo, a fare dei corsi formativi, per poi assistere la nostra commissione di gara all'interno dell'azienda. È chiaro che sceglieremo un formatore, il quale dovrebbe poi iniziare un'attività di scelta dei professionisti e delle aziende: faremo ciò intuitu personae. Del resto, è il discorso della gallina e dell'uovo: da qualche parte dobbiamo pur iniziare. Credo che la cosa sarà portata presto in consiglio di amministrazione per avviare anche quest'altro importante elemento, con il quale si potrà fare chiarezza nella gestione dell'azienda.

  PAOLA NUGNES. Purtroppo non mi sono chiare alcune cose, però è anche la mia competenza che non mi mette in condizione di capire alcuni aspetti. Dunque, intendo porre delle domande. I vertici che sono indagati si sono quasi tutti dimessi dalla carica, giusto ? Quindi c’è stata una sostituzione dei vertici, ma le responsabilità societarie restano. Per esempio, le polizze e le fideiussioni, che dovevano essere a garanzia, per la gestione del post mortem ma anche per quanto riguarda gli ampliamenti che erano previsti, sono comunque a carico delle società che ci sono, cioè sono lì per la loro quota parte. Quindi, anche se togliamo le persone che sono indagate, le società devono rispondere. Dunque, non comprendo questa criticità economica di gestione, visto che, comunque, è un dovere societario. Al di là dei crediti che si vantano, io devo rispondere a quelli che sono i miei obblighi, quindi, visto che la formazione societaria di questo gruppo è solidissima, al di là del 51 per cento pubblico, ritengo che le società dovrebbero essere pronte alla gestione delle parti di loro competenza.
  Lei ha parlato anche di alcune prescrizioni della procura, se non sbaglio per la gestione del percolato. Ci ha parlato di grosse difficoltà, però anche questo mi sembra un atto assolutamente dovuto, così come la copertura: come mai la società lamenta la difficoltà di fare questi atti dovuti ?

  ALFIO RAINERI, amministratore delegato di Tirrenoambiente. La società non lamenta di adempiere a quello che un'ordinanza del giudice penale ha stabilito, così come ad un impegno societario ancora a monte, in quanto, nel momento in cui sono state attivate le aree di abbancamento, era previsto che nelle tariffe ci fosse una quota di accantonamento che andasse a fare le operazioni di chiusura e quindi la gestione di post chiusura. Il bilancio economico dell'azienda è solido, perché a fronte di circa 10-12 milioni di debiti che ci vengono richiesti a viva forza, tutti i giorni, abbiamo circa 50 milioni di crediti che vantiamo rispetto alle ATO. Peraltro, non è certamente un pagamento, ma è una certificazione che, con l'avallo della Cassa depositi e prestiti, potremmo poi scontare.

  PAOLA NUGNES. Questo è il bilancio. Quindi, dovete dare 10 milioni e riceverne 50; fino a che non incasserete, dovete necessariamente attendere, ma non per tutti gli atti dovuti. Se infatti io devo gestire il post mortem, non posso rifarmi ai crediti che vanto, ma devo provvedere !

  ANTONIA DE DOMENICO, presidente di Tirrenoambiente. Nella tariffa era previsto...

  PAOLA NUGNES. Mi rendo conto di questo, però è anche vero che ci sono delle Pag. 11situazioni di gravità e reputo che le imputazioni a carico della società potrebbero anche aggravarsi, per esempio per disastro ambientale.
  Qualora la gestione del percolato o la copertura di questa discarica non dovesse essere effettuata, ci potremmo trovare di fronte ad altre imputazioni. Quindi, è interesse della società stessa provvedere ad alcuni adempimenti, e in anticipo.

  ALFIO RAINERI, amministratore delegato di Tirrenoambiente. Per quanto riguarda l'ordinanza del giudice penale, che chiaramente richiama puntualmente quali sono gli obblighi che la società aveva assunto nel momento in cui aveva presentato il progetto (quindi, alla partenza), quest'ultima si è dimostrata diligente da questo punto di vista, avendo già fatto la copertura provvisoria, evitando che le acque piovane vadano a incrementare i quantitativi di percolato – il cui smaltimento è molto costoso – e ha realizzato anche un gruppo di pozzi intermedi, fra la chiusura definitiva e la gestione in essere, per poter estrarre biogas e percolato in maniera più uniforme. Il custode della discarica ci ha fatto pervenire, circa dieci giorni fa, una relazione in cui si diceva che, per quanto era stato possibile accertare, c'erano sacche di percolato, quindi i pozzi che lo stanno prelevando, non stanno facendo ciò omogeneamente.
  Abbiamo dato incarico al nostro ufficio tecnico di anticipare uno stralcio progettuale, così com’è stato per la copertura, per poter realizzare ulteriori sei pozzi al fine di estrarre in maniera più uniforme il percolato dalla massa. È evidente che noi stiamo provvedendo a fare tutto, ma ci dobbiamo raffrontare con le difficoltà economiche di cui dicevamo. Se ai soci si può proporre di fare un aumento di capitale, quello è un discorso che va fatto se i soci intendono entrare con ulteriori finanziamenti. Dico subito che non ho avuto tanto tempo per potere andare a fondo della vicenda, poiché c’è sempre qualcuno che deve dire qualcosa e così il tempo vola. Comunque sia, c’è una celerità nella certificazione dei crediti e una lettera che noi abbiamo inviato, alla fine della scorsa settimana, a tutte le autorità regionali, chiedendo che, a seguito della nomina dei commissari, si verifichi se nei comuni dove questa società ha crediti, questi possano essere direttamente gestiti da noi, ovvero non si possa creare una contabilità speciale a nostro favore.
  Come lei ha perfettamente individuato, infatti, la possibilità di fare dei danni è molto rilevante, quindi noi abbiamo già detto alle autorità competenti (a sua eccellenza il prefetto, al presidente e ai massimi dirigenti della Regione) che questo è lo status e che noi abbiamo riserve – abbiamo dei titoli che possiamo scontare – ancora per circa tre mesi, ma non di più.
  Abbiamo delle piccole entrate, però la certezza dello smaltimento non siamo in grado di fornirla. Dopodiché ciò diventa un problema di protezione civile, perché a quel punto non possiamo fare altro che constatare la situazione.

  STELLA BIANCHI. Grazie delle informazioni. Riguardo ai crediti di cui state chiedendo la certificazione, ci sembra che tale certificazione dei crediti incorra in un tema complessivo, per cui, una volta stabilito l'ammontare di debiti in bilancio degli ATO, si potrebbe decretare, ovvero arrivare ad un'ipotesi di sostanziale fallimento dei comuni che hanno debiti con le diverse società: è questa una valutazione che avete fatto anche voi ? Ci sembra questo, infatti, un meccanismo vizioso, che rischia di non trovare soluzione, perché se per avere il vostro riscontro di credito – che nessuno mette in dubbio – saltano le casse comunali dei comuni che vi devono restituire dei soldi, questa strada potrebbe non essere percorribile. L'ipotesi cui lei accennava poco fa, cioè di un possibile aumento di capitale, era proprio ciò che volevo chiedervi, cioè se stiate esplorando altre strade – immagino di sì – per avere delle risorse, perché potrebbe essere difficile prevedere che la prima vada a buon fine, vista la complessità. Vorrei sapere, quindi, se stiate esplorando altre strade e chi possa eventualmente incoraggiare – il Pag. 12Comune di Mazzarrà, ovvero altre istituzioni – i soci privati a prendere la decisione di sostenere l'aumento di capitale, perché abbiamo visto che il comune non è una metropoli di enormi dimensioni, quindi immaginiamo che il suo sindaco non abbia un enorme potere di pressione politica.

  ALFIO RAINERI, amministratore delegato di Tirrenoambiente. Al di fuori della volontà e della disponibilità, ci sono dei limiti.

  STELLA BIANCHI. Quindi avete interessato di questo altre istituzioni a livello regionale e provinciale ? Che risposte vi stanno dando ? Avete riscontri dai soci privati rispetto a un possibile aumento di capitale ? Si accennava a misurazioni effettuate sullo stato di possibile inquinamento del torrente Mazzarrà, che scorre lì accanto. Noi condividiamo la vostra stessa preoccupazione. Abbiamo avuto occasione di fare un sopralluogo e abbiamo visto un torrente che scorre accanto a quella discarica. Ciò ha destato in tutti noi preoccupazione. Ci è stato detto che queste rilevazioni vengono fatte con dei piezometri posizionati all'esterno del bordo della discarica, ma che sinora non hanno rilevato niente di particolarmente significativo. D'altro canto, questi piezometri non sono neanche posizionati nel posto più sensibile. Vi sono arrivate, in tal senso, richieste di riposizionamento dei piezometri ? Eventualmente, siete ben disposti a metterli dove deve essere misurato l'eventuale danno ?

  ALFIO RAINERI, amministratore delegato di Tirrenoambiente. Le rispondo io per la parte finale e poi l'avvocato risponderà al resto. È chiaro che, essendo in corso un'attività del magistrato con i suoi consulenti, tutto è demandato alla programmazione degli interventi e degli accertamenti che si stanno facendo. Noi siamo, ovviamente, sempre pronti ad adempiere, nei modi e nei termini possibili, alle prescrizioni dell'autorità giudiziaria in relazione a quanto da lei detto. C’è anche un altro strano evento: noi non siamo costituiti nelle indagini, cioè ci sono gli amministratori precedenti che sono oggetto di indagine con i loro consulenti legali e tecnici, ma non noi come azienda. Magari sappiamo (però, in questa sede, le indiscrezioni non sono opportune) che il magistrato, attraverso i suoi consulenti, sta disponendo tutte le indagini, ma in questa fase è tutto a carico dell'attività del Ministero della giustizia. Se dobbiamo rifondere e ci verrà chiesto, noi saremo sempre pronti ad adempiere.

  ANTONIA DE DOMENICO, presidente di Tirrenoambiente. Noi abbiamo anche votato, in consiglio di amministrazione, sulla possibilità di costituirci parte civile proprio per partecipare a questi atti, perché il nostro legale, incaricato dall'ex amministratore delegato, ha provveduto a un'istanza di dissequestro della discarica che non è andata a buon fine. Oggi abbiamo dato incarico a un legale affinché difendesse la società, anche, ove necessario, per la costituzione di parte civile. Su questo si è già votato. Abbiamo già dato l'incarico, non solo su Barcellona ma anche per gli altri procedimenti, laddove possibile. Per esempio, in fase informale, il legale ci diceva che su Palermo, dove a mio modesto parere era opportuno costituirci parte civile, non siamo più nei termini, però sono in atto altri procedimenti in varie procure d'Italia e abbiamo già dato mandato al legale per costituirci. Ovviamente, quello di Barcellona ci preme molto di più perché ci sono delle esigenze (anche l'esigenza di non fare più smaltire le acque nel torrente Mazzarrà nasce da questo). Noi ci andiamo a presentare, però loro non sanno cosa vogliamo fare, quindi, allo stato, abbiamo l'ordinanza di demolizione sospesa. Lavorare sull'impianto di percolato che non smaltisce più nel torrente Mazzarrà, è una sicurezza sia per noi amministratori, sia – ne siamo convinti – anche per l'ambiente e per la salute, perché può succedere che l'impianto vada per un momento in tilt e quindi non si scarichino più acque depurate.

Pag. 13

  ALFIO RAINERI, amministratore delegato di Tirrenoambiente. Solo per rappresentare ai signori commissari la complessità della vicenda, vi dico che questo impianto era stato messo in una fase di preavvio per effettuare una serie di prove tecniche, nonché dei test di efficienza. Nel momento in cui la procura di Barcellona ha avviato la sua azione, tutto il materiale è stato lasciato dentro l'impianto, chiedendo, inoltre, una relazione generale sullo stato dei beni immobili, che vanno tutelati perché sono anche pubblici. Infatti, una goccia d'acqua in un solaio si ripara con 2 euro ma, a distanza di dieci mesi, può invece causare un grave danno. Secondo ciò che mi è stato riferito, l'impianto è pieno di materiale. A quel punto, per tutelarlo, abbiamo cercato di farlo pulire. Sono quindi in corso le operazioni di pulitura e di ripristino. Vedremo se nel giro di un mese, discutendo serenamente con la Regione siciliana – visto che non siamo né amministratori proprietari, né amministratori soci, bensì soltanto dei professionisti esterni – avremo la possibilità di avviare questo impianto, che tanto sarebbe utile allo smaltimento del percolato.

  STEFANO VIGNAROLI. Mi riallaccio alle domande poste dalla senatrice Nugnes, considerando, come quasi sempre succede, che i soldi del post mortem poi spariscano. Aggiungo, però, altre domande senza dare nulla per scontato. Attualmente, nel vostro organico, ci sono persone indagate o comunque attenzionate da procedimenti ? Per quanto riguarda il recupero del biogas, quando abbiamo visitato l'impianto, abbiamo visto – se ricordo bene – l'impianto di recupero del biogas di produzione energetica: a chi vanno quei soldi, da chi viene gestita questa produzione energetica ? In tutte le inchieste con le varie condanne (Giambò 416 bis) qual è il ruolo che avevano le grandi società private italiane, come ad esempio la Gesenu ? Erano queste ultime a conoscenza di questa situazione ? Come gestivano e che potere avevano all'interno della vostra società ? Grazie.

  ANTONIA DE DOMENICO, presidente di Tirrenoambiente. Inizierei dall'ultima domanda, alla quale non possiamo rispondere perché Gesenu prima aveva come amministratore delegato un ingegnere noto, tuttavia, da quando io sono presidente, è l'avvocato Gentile. Egli era noto anche nel consiglio di amministrazione della Tirrenoambiente, quindi, sicuramente, conosceva la realtà societaria della Tirrenoambiente. Per quanto riguarda il biogas, come ho detto prima, l'impianto è gestito da Osmon. Anche qui c’è un arbitrato pendente innanzi alla Camera arbitrale di Milano, di cui dovremmo avere gli atti, che vi lasciamo.

  PRESIDENTE. Ma l'impianto a biogas adesso è funzionante ?

  ANTONIA DE DOMENICO, presidente di Tirrenoambiente. Sì.

  PRESIDENTE. Quindi, costoro prendono i soldi per gli incentivi ?

  ANTONIA DE DOMENICO, presidente di Tirrenoambiente. Ci risulta che al momento la Osmon, che ci ha inoltrato una lettera, sia andata in concordato preventivo.

  ALFIO RAINERI, amministratore delegato di Tirrenoambiente. Su questo, in camera arbitrale, il nostro legale ha eccepito la nullità del contratto ab origine, chiedendo la restituzione di 12 milioni.

  ANTONIA DE DOMENICO, presidente di Tirrenoambiente. In realtà non abbiamo tutti gli atti completi, ne abbiamo una parte, che vi lasciamo, riservandoci di inviarvi il resto, perché proprio la scorsa settimana ci siamo recati dall'avvocato Russo che ci difende in questo arbitrato.

  ALFIO RAINERI, amministratore delegato di Tirrenoambiente. Non solo una settimana fa, ma anche cinque giorni fa, tre giorni fa....

Pag. 14

  ANTONIA DE DOMENICO, presidente di Tirrenoambiente. La Osmon ha depositato delle memorie integrative. Dobbiamo fare le ulteriori memorie per rispondere alle memorie integrative della Osmon. L'avvocato ha molta fiducia in questo contratto, perché non c’è solo la causa di nullità del contratto, ma ci sono altre nullità: non è stata richiesta la certificazione antimafia, non c’è il conto dedicato, così anche per tutti gli altri. In funzione di questo abbiamo già chiesto, in prefettura, all'amministratore...

  ALFIO RAINERI, amministratore delegato di Tirrenoambiente. Abbiamo chiesto una veloce verifica dei contratti esistenti, sia chiusi che in corso. Ho chiesto specificatamente se i contratti fossero regolarmente registrati al registro delle entrate, con data e importo certo, ovvero se fossero supportati da certificato antimafia: mi è stato risposto di no. Abbiamo un ufficio che si occupa della trasparenza, diretto dall'avvocato Nascè. Abbiamo fatto un ordine di servizio dicendo di procedere celermente ad attivare la procedura per accedere al sistema informatico della prefettura; essendo la nostra considerata una società pubblica, abbiamo già fatto i primi passi e, a breve, dovremmo avere la possibilità di accedere al sistema informatico. Abbiamo raccomandato all'ufficio finanziario una particolare accortezza nei pagamenti, ma soprattutto che tutte le riserve vadano in priorità percolato, tasse e imposte – se superano il limite della denuncia penale per gli amministratori – e dipendenti.
  A metà settimana ci incontreremo con i sindacati, come già accennato dal presidente, per verificare la condizione dei nostri dipendenti. Ho avuto altre esperienze di gestione in altri posti e ho verificato che l'azienda sono gli uomini, non le automobili, gli uffici, i computer. Quelle che hanno lavorato tanti anni in questa azienda e che portano a casa il pane, sono persone.

  PRESIDENTE. Come le chiedeva prima l'onorevole Vignaroli, rispetto agli indagati ?

  ALFIO RAINERI, amministratore delegato di Tirrenoambiente. Per quello che sappiamo, le rispondo negativamente. Anche noi leggiamo i giornali e vediamo cosa succede in giro, però non...

  PRESIDENTE. Vi faccio una domanda: chi ve l'ha fatto fare di prendere in mano la questione ?

  ALFIO RAINERI, amministratore delegato di Tirrenoambiente. Ho piacere di risponderle.

  PRESIDENTE. Non so qual è il corrispettivo economico che...

  ANTONIA DE DOMENICO, presidente di Tirrenoambiente. Come ebbi a dire al presidente di Unipa, nel cui consiglio di amministrazione siedo, quando mi uccideranno alla Tirrenoambiente, dite che Antonella voleva portare un po’ di legalità a Tirrenoambiente ma che non c’è riuscita e l'hanno uccisa !

  ALFIO RAINERI, amministratore delegato di Tirrenoambiente. Presidente, io sono un tecnico; sono stato anche consulente di questa azienda in passato e mi occupo di altre attività di gestione in altri campi, anche delicati, però, sono stato chiamato, sono certo della mia qualità e della mia onestà e non ho difficoltà ad affrontare i problemi partendo da questo presupposto. Sono stato chiamato dai soci privati che mi conoscono bene; c’è un giornale, che a Messina è piuttosto noto, in cui c’è una frase che parla di uno spartiacque associato al mio nome. Questo significa, presidente, che noi ci proviamo, altrimenti saremo costretti a portare i libri in tribunale.

  ANTONIA DE DOMENICO, presidente di Tirrenoambiente. Noi ci mettiamo molta buona volontà.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altre domande, noi ringraziamo i nostri ospiti e cercheremo di seguirvi, per quanto possibile. Pag. 15Purtroppo la situazione della Sicilia in generale non è di quelle più facili da aggredire.

  ALFIO RAINERI, amministratore delegato di Tirrenoambiente. Dovendo audire dopo di noi amministratori regionali importanti, vi saremmo grati se peroraste la nostra causa.

  PRESIDENTE. Se riusciamo a interloquire in maniera fattiva e costruttiva – ma con alcuni rappresentanti importanti delle istituzioni non è semplice – lo faremo. Vi ringraziamo. Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di Federico Cafiero De Raho, nella qualità di ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di Federico Cafiero De Raho, nella qualità di ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli, che ringrazio per la presenza. Oggi il dottor De Raho dirige la procura – un incarico non semplice – di Reggio Calabria. Come lei sa, la Commissione si occupa di illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti, quindi non solo della tematica squisitamente ambientale ma anche di tutto ciò che la circonda. L'audizione odierna rientra nell'approfondimento che stiamo svolgendo sulla Regione Campania, cercando anche di usare chiavi di lettura leggermente diverse rispetto a quelle utilizzate dalle Commissioni precedenti. La storia un po’ la conosciamo, però, anche in base ad alcune questioni recenti, vorremmo ricevere qualche ulteriore spunto di conoscenza sui fenomeni oggetto d'indagine anche in chiave preventiva.
  Avverto il nostro ospite che della presente audizione verrà redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterrà opportuno, consentendo alla Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Cederei, dunque, la parola al dottor Federico Cafiero De Raho per lo svolgimento di una sua breve relazione introduttiva, al termine della quale seguiranno eventuali domande o richieste di chiarimento da parte dei commissari. Le chiediamo, quindi, di farci un quadro della situazione rispetto alla situazione che lei conosce, che ha lasciato e che ritiene importante ed utile per la nostra Commissione al fine di un proficuo svolgimento del nostro lavoro.

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Buonasera, grazie per avermi invitato. Quello del settore dei rifiuti è uno dei temi che è stato trattato dall'ufficio in cui ho operato, la direzione distrettuale antimafia di Napoli, per quanto nell'ambito delle indagini che ho diretto e alle quali ho partecipato il settore rifiuti sia stato trattato in modo marginale. Ho portato avanti le indagini che riguardavano la collaborazione di Carmine Schiavone, che iniziò a collaborare nel maggio del 1993. Quando iniziò a rendere dichiarazioni, costui era un fiume in piena: egli voleva fornire uno scenario molto ampio del territorio nel quale aveva operato. Carmine Schiavone era stato un elemento di vertice del clan dei Casalesi, per quanto non abbia mai occupato un ruolo direttivo, nel senso che era il cugino di Francesco Schiavone «Sandokan», che era invece uno dei capi del clan dei Casalesi. Si tratta di un clan che comincia a nascere nel 1988, all'indomani dell'omicidio di Antonio Bardellino. Il gruppo, composto da Francesco Schiavone, Francesco Bidognetti, Vincenzo De Falco e Mario Iovine – i capi del clan – decide di eliminare Antonio Bardellino e la sua famiglia; inizia l'esecuzione di questa che doveva essere una strage; i Bardellino superstiti fuggono, vengono addirittura scortati e lasciano San Cipriano d'Aversa e il territorio casertano, per andarsi ad Pag. 16insediare a Formia, in provincia di Latina. Carmine Schiavone riferisce del clan dei Casalesi e dei capi storici ma, soprattutto, dell'operatività del clan. Egli aveva operato soprattutto nel settore del calcestruzzo perché era titolare di una calcestruzzi, la Baschi (nome composto dall'inizio dei cognomi Basile/Schiavone, suo e della moglie), attraverso la quale si inserì in quello che poi è divenuto il Consorzio Cedic, la denominazione che riguarda, appunto, la fabbricazione del calcestruzzo.
  Il Consorzio ha costituito uno dei meccanismi fondamentali attraverso il quale il clan dei Casalesi ha governato la costruzione delle grandi opere: non c’è stato grande appalto in cui le impresse del clan dei Casalesi non siano entrate. Il clan dei Casalesi era strutturato in modo talmente capillare sul territorio da controllare anche il voto in tutti i comuni. Pensate che a San Cipriano D'Aversa, finché ci fu Antonio Bardellino, il fratello era stato sindaco del comune stesso, così come a Casal di Principe, erano i familiari o le persone legate alla famiglia Schiavone ad assumere lo stesso ruolo. Altrettanto avveniva a Casapesenna, dove vi erano le famiglie di Michele Zagaria e di Caterino Giuseppe. Il clan dei Casalesi era strutturato in modo da controllare ogni settore. Nel 1992 venne eletto Alfonso Martucci, un deputato liberale, il quale, secondo quanto riferì lo stesso Carmine Schiavone, aveva assunto un ruolo particolarmente significativo perché era il difensore dei capi storici più significativi del clan.
  L'avvocato Martucci, con il sostegno del clan come appartenente alla lista liberale, riuscì ad essere eletto con 11.000 preferenze e divenne poi vice presidente della Commissione giustizia. A costui, peraltro, era inizialmente stato contestato il reato associativo ma poi, per la formulazione della norma e per le acquisizioni che erano avvenute nel corso dell'indagine, l'accusa si limitò a quella prevista dalla legge elettorale, in particolare l'avere indotto al voto anche con l'uso di violenza, con l'aggravante dell'agevolazione mafiosa. Ormai anziano, fece una richiesta di patteggiamento – con l'esclusione dell'aggravante – e l'ufficio ritenne di aderire, per cui si arrivò a un consenso nella individuazione della pena, quindi, a una sentenza nella quale l'avvocato Martucci ammise di avere avuto il sostegno di alcune persone del clan, che movimentarono la sua campagna elettorale (cosa di cui avevamo ampia prova).
  Mi sono soffermato su questa situazione perché è ciò che veniva evidenziato dalla ricostruzione che Carmine Schiavone aveva fatto per ciascun comune per quanto riguardava l'infiltrazione del clan nelle grandi opere. All'indomani del terremoto, flussi di danaro consistentissimi giunsero in Campania e gran parte di quel danaro venne utilizzato per realizzare la rete viaria ad alta velocità, che venne costruita tutta attorno alla città di Napoli, quindi, la Nola-Villa Literno, la statale 7 quater, insomma, tutto quel reticolo che unisce Napoli alla provincia. Su quelle strade, in particolare sulla Nola-Villa Literno, Carmine Schiavone dette numerose indicazioni, anche con riferimento alle imprese del clan dei Casalesi che avevano partecipato. Tra queste imprese alcune erano appartenute all'organizzazione di Carmine Alfieri. Fino a un certo momento l'organizzazione criminale facente capo ad Antonio Bardellino si mosse congiuntamente a quella di Carmine Alfieri e le due organizzazioni, se teniamo conto che questa ricostruzione nasce agli inizi degli anni ’80, operavano sul territorio in stretto legame fra i vertici, legame che poi si sviluppò ulteriormente quando nell'ambito del territorio campano si ebbe la guerra fra la nuova famiglia e la nuova camorra organizzata di Cutolo: è lì che si cementò questa alleanza.
  Dopo gli anni 1983-1984, però, quella alleanza finì per diventare ancora più stretta fra Antonio Bardellino e Carmine Alfieri, in contrapposizione ai Nuvoletta. Teniamo anche conto che Antonio Bardellino era mafioso perché era stato creato mafioso, così come lo era Lorenzo Nuvoletta e così come lo erano altri due o tre napoletani, che però si occupavano in quel periodo soprattutto del contrabbando di sigarette.

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  PAOLA NUGNES. Scusi, cosa intende quando dice che «erano stati creati mafiosi» ?

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Nel senso che avevano partecipato alla cerimonia di conferimento di questa veste di mafiosi, quindi avevano l'autorizzazione a partecipare alla commissione mafiosa di Palermo fin dall'inizio degli anni Ottanta. Lei deve pensare che, in quel periodo, la Camorra napoletana aveva sviluppato un grosso interesse nel settore del contrabbando di sigarette – Napoli era inondata dalle sigarette – e la mafia aveva iniziato a portare il traffico delle sigarette dalle coste siciliane a quelle napoletane, perché in Sicilia si era iniziato a contestare, unitamente al contrabbando, il reato di associazione per delinquere. Questo comportava l'arresto di coloro che partecipavano ai traffici e, nello stesso momento, il sequestro e la confisca delle navi, mentre a Napoli si arrivò più lentamente a queste contestazioni (peraltro, a dimostrazione di quanto sia importante contrastare in modo efficace e costante la criminalità, ci fu lo spostamento, tanto che lo stesso Zazza fu creato mafioso). Anche i siciliani vennero a fare il contrabbando di sigarette a Napoli, dove si incontravano nei grandi alberghi, nei pressi di Castel dell'Ovo, organizzando il contrabbando. Antonio Bardellino è uno dei capi, non soltanto perché militarmente aveva un'organizzazione forte, ma anche perché arriva ad un'intelligenza mafiosa e ad un modo di essere camorrista sul modello mafioso: affari e politica erano i due aspetti ai quali era più attento. Con riferimento agli affari crearono tre consorzi, il Cedic, il Concav e il Covin, quindi il consorzio del calcestruzzo, il consorzio delle cave e il consorzio degli inerti.

  PRESIDENTE. Scusi, questi consorzi sono tutti di imprese private ?

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Sì, sono tutti consorzi di imprese private. Si pensi che, in questo modo, il clan dei Casalesi aveva, direttamente o implicitamente, costretto coloro che operavano in questi tre settori in modo da riunirli tutti nel consorzio. Nessuno poteva infatti lavorare se non aveva aderito al consorzio, quindi, il clan controllava tutta la filiera della realizzazione delle opere pubbliche. Quando era necessaria una fornitura di calcestruzzo, attraverso il Cedic, il clan sapeva dove iniziavano le opere e così si presentava immediatamente nel cantiere per offrire i servizi di impresa per il movimento terra e per tutte le altre imprese che avrebbero dovuto lavorare. Nell'ambito di questa modalità operativa, che via via è diventata un meccanismo ordinario di lavoro del clan, si finiva per avere un'iniziativa spontanea da parte dei soggetti economici che acquisivano gli appalti rispetto al clan dei Casalesi, nel senso che nel momento in cui una impresa di livello nazionale acquisiva l'appalto, immediatamente dopo prendeva contatti o veniva contattata dal territorio, quindi dal clan, per dare i subappalti. Naturalmente, i subappalti costringevano via via, attraverso lavorazioni che meno si prestavano al controllo della spesa, a una lievitazione dei prezzi. Pensiamo al movimento terra, dove nessuno controllava se fossero passati cinquanta o cento camion a spostarla, così come per il calcestruzzo, in cui nessuno controllava se la composizione fosse effettivamente quella concordata o vi fosse stata una fornitura diversa. Tutto questo finiva per determinare un guadagno enorme per il clan, che riusciva ad acquisire totalmente gli appalti. Per quanto riguarda il territorio casertano, prima Bardellino e, successivamente alla sua morte, il clan dei Casalesi...

  PAOLA NUGNES. Stiamo parlando degli anni ’80 ?

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Parliamo degli anni ’80 e, via via, proseguendo, fino ad avere un meccanismo che inizia ad essere instaurato...

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  PAOLA NUGNES. Erano ancora soltanto subappalti, ovvero non avevano ancora gli appalti diretti ?

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Non avevano ancora appalti diretti. Via via, però, c’è stato uno sviluppo enorme. Si pensi che, a Casal di Principe, c'era un numero di ditte di costruzione in proporzione al numero degli abitanti che non esisteva altrove in Italia: erano tutti imprenditori. Lavoravano tutti, così come a Casapesenna o San Cipriano D'Aversa e Villa Literno, comuni che avevano la possibilità di lavorare avendo capi storici nell'ambito del direttivo del clan dei Casalesi.
  Carmine Schiavone aveva operato quale produttore del calcestruzzo, avendo aderito al Cedic, di cui aveva seguito tutta l'organizzazione. Quale plenipotenziario di Francesco Schiavone aveva seguito anche l'ulteriore sviluppo che il Cedic avrebbe dovuto avere, con la formazione di un nuovo consorzio comprendente il Cedic e il Procal, un consorzio di produttori di calcestruzzo costituitosi nel salernitano secondo il modello suggerito dallo stesso clan dei Casalesi. Vi è stata, quindi, una trattativa, che ha seguito lo stesso Carmine Schiavone e su cui era stato estremamente preciso; tale trattativa aveva portato a stilare l'atto di fusione dei due consorzi, ma intervenne l'Autorità di garanzia in relazione alla mancanza di concorrenza, quindi a protezione della libertà dell'attività economica, anche su indicazione di alcune società del Nord che lamentavano come il prezzo praticato per il calcestruzzo nel casertano fosse il più alto d'Italia. L'Autorità di garanzia intervenne; venne sviluppata un'indagine che portò al rinvenimento della bozza di accordo fra il Cedic e il Procal. Di tutto questo parlò Carmine Schiavone, il quale riferì dei molti omicidi che c'erano stati e di come il clan dei Casalesi riuscisse a muoversi liberamente sul territorio anche grazie alla collusione di esponenti delle istituzioni e delle forze dell'ordine.
  In una seconda tranche delle nostre indagini, almeno una trentina di appartenenti alle forze dell'ordine – fra Carabinieri, Polizia di Stato e Guardia di finanza – vennero tratti in arresto per corruzione o anche per partecipazione all'associazione stessa. Il rapporto sul territorio fra clan dei Casalesi e coloro che avevano il dovere di contrastarlo, era un rapporto di quasi pacifica convivenza, in quanto i reati venivano commessi ovunque, perché il clan dei Casalesi non si preoccupava assolutamente della presenza delle forze dell'ordine. Ricordo che uno degli omicidi venne commesso nella strada della caserma dei Carabinieri, a dimostrazione di quanto forte fosse tale presenza. Anche questo è importante, perché fa ben comprendere quale sia stata l'esigenza di contrastare quella criminalità: noi ci trovammo a dover aprire un'indagine in un territorio in cui l'ultima sentenza nei confronti di queste organizzazioni criminali era stata emessa nel 1986. Noi iniziamo a raccogliere le dichiarazioni di Carmine Schiavone nel 1993, ma dal 1986 al 1993 non c'erano state tante indagini: eppure il clan continuava a prosperare. Peraltro, nel periodo in cui cominciammo a lavorare vi erano stati numerosi omicidi: nel febbraio 1991 ci fu l'omicidio di Vincenzo De Falco, che era uno dei capi storici; a seguito di questo omicidio di Vincenzo De Falco, commesso dal gruppo Schiavone Iovine, si ebbe una scissione fra il gruppo De Falco e il gruppo Schiavone, Bidognetti, Iovine. Poco dopo, a marzo, venne ucciso Mario Iovine, quindi, quando cominciammo a intervenire con le dichiarazioni di Carmine Schiamone, eravamo in un momento di grandissima tensione: era il periodo in cui il clan si muoveva nel territorio con cortei, in 3-4 autovetture, con i mitra spianati urlando «qui comandiamo noi !».
  La nostra esigenza, quindi, fu innanzitutto quella di comprendere chi fossero i componenti dell'organizzazione, quale fosse la struttura militare e quali fossero gli elementi di maggiore pericolosità per tentare di bloccare questa escalation di violenze e di morti sulla strada. Carmine Schiamone, in parte, ci parlò anche dei Pag. 19morti del 1988, cioè all'indomani dell'omicidio di Antonio Bardellino, nonché degli omicidi che si ebbero con la morte di Vincenzo De Falco, nel 1991. Questi sono i due gruppi di omicidi sui quali procedemmo in modo particolare. Non dimentichiamo, poi, che il 19 marzo 1994 ci fu l'omicidio di don Peppe Diana, un ulteriore episodio significativo, perché si andava a iscrivere nell'ambito del conflitto che si era aperto tra i De Falco e gli Schiavone Bidognetti. Sembra che una delle cause riconosciute, anche in sentenza, sia stata che uccidendo don Peppe Diana si sarebbe richiamata fortemente l'attenzione dello Stato; il territorio sarebbe stato occupato da un maggior numero di forze dell'ordine, quindi, i traffici di Schiavone e Bidognetti sarebbero stati rallentati, quindi ...

  PRESIDENTE. Una sorta di ritorsione da parte del clan rivale attraverso l'omicidio...

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Infatti Giuseppe Quadrano è uno degli uomini che operò con Vincenzo De Falco. Per comprendere a quale punto arrivassero: si uccide un sacerdote soltanto perché quello deve essere un territorio ormai minato per le organizzazioni vincenti che vi operano. In un contesto di questo tipo, Carmine Schiavone fece anche degli accenni ai rifiuti.

  PRESIDENTE. Scusi, ma già in quel periodo ? Ci sono due fasi del pentito Schiavone, quella più recente e quella che ci sta raccontando. Sulla questione dei rifiuti, già in quel periodo aveva detto qualcosa ?

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Sì, noi sentimmo Carmine Schiavone dal maggio del 1993 all'ottobre-novembre dello stesso anno, quasi tutti i giorni. Peraltro ricordiamo che, quando l'organizzazione apprese che aveva iniziato a collaborare, fu a rischio omicidio; come accertato attraverso un'indagine ulteriore, alla quale dette vita soprattutto il contributo di Dario De Simone, nel momento in cui Carmine Schiavone aveva iniziato a parlare, il clan cominciò a muoversi per impedirgli di rendere dichiarazioni. Cominciò, quindi, a prendere contatti con la figlia, con i figli; soprattutto, attraverso un appartenente alla stessa DIA, si era progettato l'avvelenamento di Carmine Schiavone. Si raccolse in modo confidenziale questo pericolo per Carmine Schiavone, che era alloggiato presso la DIA di Napoli, da dove venne immediatamente trasferito. Trascorse, quindi, i primi due o tre mesi a Napoli e poi venne portato a Bari (ricordo che ad agosto lo interrogammo a Bari); infine, venne presso la DIA di Roma, perché all'epoca la norma consentiva una detenzione extra carceraria. Carmine Schiavone stava rendendo delle dichiarazioni che, certamente, preoccupavano molto il clan ed erano fondate su conoscenze che Carmine Schiavone aveva in gran parte acquisito perché cugino di Francesco Schiavone, non perché fosse egli stesso un capo. Certamente aveva un ruolo di rilievo, perché era del 1942, quindi di dieci anni più anziano di Francesco Schiamone, mentre gli altri erano tutti dieci anni meno anziani di lui. Carmine Schiavone aveva avuto rapporti con Antonio Bardellino; aveva trascorso gran parte della sua vita in carcere, dove, quando entrava in un padiglione, assumeva il ruolo di capo sezione per la camorra, per il clan dei Casalesi, quindi era una persona conosciuta e rispettata per il suo carisma criminale. Non era, tuttavia, la persona che decideva per il clan: a decidere erano il cugino e gli altri capi, quindi, anche quando ha partecipato a qualche omicidio, lo ha fatto perché il cugino lo ha portato con sé; pertanto, non ha partecipato ad alcun omicidio significativo, mentre vi hanno partecipato gli altri capi. Quando Carmine Schiavone ha parlato dei rifiuti, ne ha parlato come di uno dei settori di operatività del clan. Ancor prima, però, ha sviluppato il settore delle Pag. 20truffe AIMA, quindi, i prodotti ortofrutticoli, mezzi di cui il clan disponeva ma che non trasportavano niente, anche grazie alle commissioni compiacenti. Anche qui ci furono arresti di appartenenti alla Guardia di finanza ed altri, perché le commissioni avallavano il passaggio di mezzi che non trasportavano nulla, con grossi guadagni anche sotto questo profilo.
  Quando ci ha parlato dei rifiuti, egli non ha mai riferito di aver personalmente trattato quel settore, anzi, le indicazioni che ha fornito sono state piuttosto generiche. Ricordo che parlò dei fusti occultati nei laghetti di Castel Volturno; essendo questa per noi un'indicazione importante, perché era un'indicazione precisa su dove cercare i rifiuti, facemmo un'operazione in grande stile con i carabinieri del NOE, la Forestale e i sommozzatori: arrivammo intorno alle 6.00 di mattina nei laghetti. Si tratta di tanti scavi dai quali fuoriesce acqua per via del livello del mare e dei vasi comunicanti; tale acqua viene tirata sulla sabbia, che poi serve per il calcestruzzo...

  PAOLA NUGNES. La sabbia dovrebbe essere di fiume: se viene presa sabbia di mare, sicuramente non è buona...

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Ma quella è la sabbia utilizzata, che non è proprio di mare, perché in parte ci deve essere anche acqua dolce.

  PAOLA NUGNES. Era un inciso che non aveva importanza, ma stava a significare come si lucrasse anche su questo.

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. A una distanza minima dal mare...

  PAOLA NUGNES. Era solo un inciso, non è quella la sabbia per il calcestruzzo, quindi anche lì si lucrava.

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Pensi che al nostro arrivo trovammo tutti questi siti per la raccolta della sabbia abbandonati, perché quando si accorsero che stavamo intervenendo con un'operazione, a dimostrazione della illiceità nella quale operavano, lasciarono gli uffici in cui operavano e fuggirono tutti, per cui trovammo i laghetti recintati con gli strumenti che ancora funzionavano e tiravano su sabbia, senza che ci fosse nessuno. Cominciammo il nostro lavoro tirando su dei fusti che vennero sequestrati: ne aprimmo uno e stavo per svenire. In quei contenitori che pensavano di smaltire in quel modo, c'erano tracce di vernice. Da Carmine Schiavone non avemmo, però, indicazioni su chi avesse lanciato i fusti, da chi fossero stati utilizzati, da dove provenissero, perché Carmine Schiavone non aveva tutte queste indicazioni. Egli ci disse che il genero, Pezzella Nicola, aveva dei rifiuti in un terreno.

  PRESIDENTE. Cioè, aveva messo a disposizione un terreno per l'interramento dei rifiuti ?

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Lo aveva scavato e questo terreno era stato utilizzato per i rifiuti. Parlò di rifiuti in modo molto generico, eppure questo era uno dei fatti che lo toccavano più da vicino. Quando sono state fatte le operazioni che riguardavano gli amministratori locali, la struttura militare, gli imprenditori e gli appartenenti alle forze dell'ordine, sono stati fatti anche accertamenti sui luoghi che erano stati indicati in modo più preciso. Risultò che vi era una discarica di circa 50.000 metri cubi di rifiuti speciali non pericolosi occultata sotto uno strato di terra e breccia, interrata fino alla falda dell'acqua, per una profondità di circa 6-7 metri, realizzata in tempi diversi e comunque anteriori al 1993-1994. Erano stati utilizzati circa 8.000 metri quadri di questo terreno, che si trova in Casal di Pag. 21Principe, in via Circonvallazione, di proprietà dell'Istituto diocesano per il sostentamento del clero di Aversa. Altra discarica, sempre per rifiuti speciali non pericolosi, è quella rinvenuta nel terreno della Immobiliare Bellavista, società intestata a Schiavone Saverio Paolo, un cugino di Carmine Schiavone. Non vennero effettuati altri accertamenti per quanto riguardava le indicazioni che Carmine Schiavone aveva fornito, perché lui parlò anche dei rifiuti occultati sotto la rete viaria che circondava Napoli (Nola-Villa Literno ed altri, i cosiddetti «rilevati»), ma non disse mai dove fossero stati nascosti i rifiuti, né fornì indicazioni sui camion che avessero fatto ciò. Sotto questo profilo, anche se aveva riferito che i rifiuti erano un settore di cui Francesco Schiavone si era occupato, egli non ha mai fornito indicazioni precise, quindi questo è rimasto uno degli aspetti meno trattati nell'ambito del procedimento che nasceva dalle dichiarazioni di Carmine Schiavone. Schiavone parlò, però, di varie persone, tra cui Cipriano Chianese, che è stato il titolare di discariche anche importanti. Il collega Alessandro Milita, della direzione distrettuale di Napoli, ha rilevato, nella discarica di Tre Ponti di Giugliano, un livello di inquinamento molto alto, tantoché si prevede che, nel 2020, il percolato dovrebbe raggiungere le falde acquifere e, in questo modo, creare un inquinamento irreversibile, che poi è stato configurato come un vero e proprio disastro ambientale e un avvelenamento di acque. Per questo reato, per la verità, pare che Cipriano Chianese sia stato condannato a una pena molto alta, quella prevista...

  BARTOLOMEO PEPE. Esattamente dove a Giugliano ?

  PRESIDENTE. Si riferisce alla discarica Resit ?

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. No, credo che si tratti della discarica Tre Ponti, ma basta prendere gli atti. C’è stata un'ordinanza di custodia e credo che ci sia stata anche la sentenza, recentemente. Comunque, il sostituto Milita se n’è occupato. Quello che tengo a sottolineare è che, pur essendo stato Cipriano Chianese un elemento di vertice nell'ambito della gestione dei rifiuti, Carmine Schiavone lo ha indicato come partecipe, ma non ha potuto riferire nulla in particolare per quanto riguarda la gestione dei rifiuti, nonostante nel territorio di Giugliano ci sia stato un altissimo inquinamento ambientale. Altrettanto si può dire per Gaetano Vassallo, che è un altro esponente significativo del clan dei Casalesi, ma è soprattutto un soggetto che ha gestito discariche in modo abusivo e ha trattato ogni tipo di rifiuto. Anche per questo personaggio, Carmine Schiavone non ha riferito in particolare quali siano stati i rapporti con il clan dei Casalesi, ma lo ha indicato come un elemento inserito nel clan stesso con il compito di trattare illegalmente i rifiuti.

  PRESIDENTE. Lei ritiene che lui non abbia dato lo stesso tipo di indicazioni, che invece su altri ha dato in maniera molto puntuale e specifica, per una sua mancata conoscenza, o piuttosto perché non voleva parlare di quelle cose ?

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Carmine Schiavone, secondo me, ha parlato di tutto.

  PRESIDENTE. Le pongo questa domanda perché tutto nasce dalle dichiarazioni che lui fa innanzi alla Commissione Scalia e che poi riprende dopo tanti anni, affermando: «Io avevo detto tutte queste cose e nessuno si era attivato». Adesso si tratta di capire se a quell'epoca le sue segnalazioni erano state fatte presso le procure competenti: io non lo so, ma c’è questo gap. Se uno viene a dire determinate cose in una Commissione d'inchiesta, si presume che le procure ne siano già a conoscenza, o che comunque qualcuno della Commissione, anche se l'atto è secretato, informi in qualche modo le procure competenti.

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  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. A mia memoria, non ha mai parlato di rifiuti radioattivi, di fanghi radioattivi o di altro; comunque, egli non ha mai dato indicazioni né sul luogo dove si trovassero tali rifiuti, né su chi li avesse gestiti. Questo è certo, perché Carmine Schiavone è stato gestito unicamente da me, da Lucio Di Pietro, da Francesco Greco, da Carlo Visconti per un certo periodo e da Fausto Zuccarelli per un altro periodo. Tutte le sue dichiarazioni venivano inserite in un unico blocco di verbali: che qualcosa sia andato fuori e che abbia potuto rendere dichiarazioni diverse mi sembra, per la verità, poco probabile.
  Carmine Schiavone, caratterialmente, aveva un modo di porgersi che non era sempre agevole percepire, valutare e interpretare. Spesso, quando doveva riferire un avvenimento, era come un fiume in piena, per cui bisognava cominciare a fermarlo per chiedergli: «Quello che sta dicendo, lo sa per averlo vissuto direttamente o perché lo ha saputo ? Se lo ha saputo, da chi lo ha saputo ?» Nel caso in cui non era nemmeno in grado di dire da chi avesse saputo certe cose, gli si chiedeva: «Lei ricorda in quale contesto l'ha appreso ?»
  Carmine Schiavone è stato interrogato con precisione, anche perché i primi a convincersi della bontà delle sue dichiarazioni dovevamo essere noi: gli si chiedeva, ripetutamente, di chiarire in modo molto preciso quello che riferiva. Noi abbiamo sempre distinto ciò che sapeva per averlo appreso nel contesto di una sua partecipazione, da quello che sapeva per averlo appreso in altri contesti. Quando riferiva un fatto di questo tipo, nel momento in cui diceva «ho saputo nel clan...», oppure «si sapeva nel clan che tutti i rilevati erano...», gli si chiedeva: «dove dobbiamo andare a cercare ? Ha visto mai i camion ? Dove andavano a scaricare i camion ?»
  Devo dirle anche che Carmine Schiavone aveva, con me, un rapporto molto diretto, perché io non ho mai abbandonato un mio collaboratore. Fino a due giorni prima di morire, lui mi faceva chiamare dal figlio per dirmi come stava andando la sua degenza, se effettivamente carabinieri o altri si erano recati nel luogo, se lo stavano sostenendo, se lo proteggevano sufficientemente. Pur avendo io assunto le funzioni di procuratore della Repubblica a Reggio Calabria, lui mi ha scritto e mi ha telefonato più volte. Pertanto, potrei credere di sapere tutto di lui, o almeno, spero che mi abbia sempre detto tutto. Con me non poteva fingere troppo: siamo stati assieme per mesi e mi era riconoscente del fatto che tutto quello che aveva detto, era stato portato a giudizio ed erano stati condannati tutti quelli che erano stati da lui indicati per cognizione diretta. C’è poi tutta la parte che ha appreso – è un altro capitolo – e che ha costituito, poi, la fonte per aprire altri procedimenti. Infatti, quando lo stesso Milita ha lavorato su Cipriano Chianese, ha preso spunto anche da quelle dichiarazioni, che di per sé erano utili a ben poco. Questo vale per tanti altri fronti.

  PRESIDENTE. Sicuramente una spiegazione c’è, ma la chiedo a lei, visto che lei lo conosceva molto bene: come si spiega lei che qualche anno fa – credo un anno e mezzo prima che lui morisse – se ne sia uscito in maniera così pubblica su questa questione dei rifiuti ? Lo ritiene un ultimo tentativo per poter avere una copertura e per poter rimanere in un programma di protezione ? Se è così, risulta un po’ sorprendente che, d'improvviso, abbia cominciato a indicare luoghi e situazioni che prima aveva solo segnalato in maniera generica durante l'audizione alla Commissione bicamerale nel 1997. Come dicevo, vorrei cercare di capire questo punto, cioè perché quella audizione sia rimasta lì, se così è stato. Può anche darsi che fossero cose che aveva già riferito alle procure del posto.

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. In auto, nel venire qui in Commissione, ho rivisto Pag. 23parte di quelle dichiarazioni, perché non le avevo lette tutte. Vedo che incorre sempre nella solita imprecisione nel racconto. Dice tante cose – sono più di 60 pagine – però nessuna di esse dà l'indicazione specifica e consente di andare in un luogo a verificare. Sotto questo profilo, noi abbiamo sempre scisso i fatti sui quali si poteva intervenire e verificare, da quelli che venivano assunti come fonte di altri approfondimenti, ma che, di per sé, non erano dimostrativi dell'effettività e della veridicità della sua dichiarazione.
  Come abbia potuto apprendere questi fatti dopo, è un altro aspetto che, per la verità, si può spiegare: Carmine Schiavone non ha mai smesso di avere rapporti con persone di Casal di Principe, ossia con suoi familiari, che pure aveva chiamato in causa, ma con i quali aveva sicuramente mantenuto un rapporto di conoscenza e di informazione. Carmine Schiavone è stato un collaboratore di giustizia che ha goduto di quella situazione nella quale il collaboratore di giustizia, poiché non più pericoloso, non poteva subire la misura di prevenzione. Nello stesso momento, il suo procedimento era andato avanti autonomamente, sicché gran parte dei suoi beni non furono confiscati. Questo ha comportato che Schiavone ha potuto continuare a lavorare; continuando a lavorare, egli ha mantenuto una posizione economicamente abbastanza agiata, che gli ha consentito di continuare ad avere rapporti con cugini, nipoti e tante persone che, pur vivendo ai margini del clan e non essendo inserite, essendo operative sul territorio, erano in grado di informarlo. Ha continuato a dire tante piccole cose per averle apprese dal territorio.

  PAOLA NUGNES. Il fatto che lui, essendo già collaboratore di giustizia, ricevesse delle informazioni dal territorio da parte di cugini che erano ancora nel clan, è una questione un po’ anomala, perché avrebbe dovuto essere isolato da tutti gli altri sui fatti del clan.

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Io non parlo del periodo in cui era collaboratore di giustizia. Egli era uscito dal programma sette o otto anni fa, ma ha reso le sue dichiarazioni fino agli anni 2002-2003 nei dibattimenti, dopodiché ha smesso. Ha detto tutto, quindi...

  PAOLA NUGNES. Da altre audizioni, ma anche personalmente (ne parlai addirittura con il procuratore della direzione nazionale antimafia), emerge...

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Franco Roberti ?

  PAOLA NUGNES. Sì. Ci è stato detto più volte – almeno, così mi è sembrato di capire – che le dichiarazioni recenti di Schiavone non hanno aggiunto nulla alle informazioni del 1997. Adesso, invece, mi sembra di capire che queste informazioni erano diverse.

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Evidentemente non mi sono espresso bene. La mia era solo un'ipotesi. Avrei dovuto dire che non sono in grado di rispondere. Per dare una giustificazione, poiché l'ho conosciuto bene, quindi so, anche caratterialmente, come era l'uomo, ho pensato che alcune cose, se effettivamente corrispondenti al vero, potrebbero essere state apprese successivamente. Tuttavia, è una mia ipotesi, quindi faccia conto che non l'abbia detto. Ho dato soltanto una giustificazione.

  PAOLA NUGNES. Dalle notizie che ho raccolto in questi anni, anche dal Corpo forestale dello Stato – non faccio nomi specifici, perché non ricordo esattamente chi me ne abbia parlato – mi risultava che non fosse stato aggiunto nulla. Adesso, invece, mi sembrava di capire che le informazioni più recenti siano più specifiche.

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Non è stato più sentito.

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  PAOLA NUGNES. È stato sentito dai giornali e dalle tv.

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Sì, solo dai giornali, ma ha detto tutto quello che aveva da dire. Se avesse avuto altre cose da dire, che non aveva detto, la legge non avrebbe consentito, peraltro, di sentirlo ancora una volta. Bisognerebbe capire quale fondamento può avere una nuova notizia che prima non è stata riferita. Io credo che tutti i verbali di Carmine Schiavone possano essere acquisiti, perché ormai c’è stata o un'archiviazione, per essere rimasti ignoti gli autori, oppure le sue dichiarazioni sono state processualizzate e quindi c’è stata una sentenza. Pertanto, tutto ciò che ha riferito può essere recuperato attraverso i verbali. È certo che allora egli abbia detto tutto quello che aveva da dire, a meno che non vi fossero fatti che al momento gli erano sfuggiti, ma se così, certamente non erano cose importanti. Sugli aspetti che riguardavano il clan dei casalesi egli ha riferito tutto ciò che sapeva: non ha detto, prima, se ci fossero dei materiali radioattivi, o di altro tipo, occultati o interrati nel terreno. Su questo, avrei dei dubbi, perché ha detto anche cose che non aveva vissuto personalmente. Devo anche dire, però, che Carmine Schiavone è stato il primo grande collaboratore che abbiamo avuto sul clan dei Casalesi e l'unico che ha riferito su tutti i settori. Il contributo che ha dato Carmine Schiavone è stato veramente straordinario. Come ho detto, è stato una fonte capace di riferire su tutti i settori di operatività del clan, che quindi ci ha consentito di indagare a 360 gradi sull'operatività del clan stesso. È chiaro che, essendo una persona che ha vissuto per anni al fianco del cugino, ha appreso alcune cose dal cugino o da altri – ha partecipato anche a riunioni – e ne ha compiute altre personalmente. Certamente, vi era una differenza enorme fra le cose che riferiva per averle apprese e quelle che riferiva per averle vissute.

  PRESIDENTE. Ho una domanda da porle, visto che lo conosceva molto bene: le cose non vissute da lui direttamente, erano comunque riferite a fatti che si presumeva potessero essere capitati ? Le dico questo perché noi, nella scorsa legislatura, abbiamo avuto a che fare con un altro pentito sulla questione delle navi, il famoso Fonti. C'erano delle cose che parevano trovare qualche riscontro in altre situazioni e altre che sembravano frutto di una fantasia consapevole, quasi a cercare di creare l'interesse sul tema. Quella probabilmente era una figura con delle sue caratteristiche: secondo lei, le situazioni che lui ha riportato sono frutto di un qualcosa che ha sentito e possono avere un fondamento, oppure sono una sua «invenzione» ? Si trattava di un tema molto interessante, che cattura molto l'interesse dei media e di chi ci lavora: secondo lei, egli sperava di avere una possibilità in più di essere ascoltato ? Non so se sono stato chiaro.

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. È stato chiarissimo. La risposta è difficile, perché Carmine Schiavone aveva conservato fondamentalmente un suo modo di essere – non dico un carattere camorrista in senso offensivo – per cui, se pensava di aver subìto uno sgarbo da qualcuno, era pronto a reagire, arrivando in qualche modo a metterlo in difficoltà. Questo accadde anche nel periodo della protezione presso la DIA, quando accusò il direttore della DIA di alcune cose sulle quali non ci fu il benché minimo appiglio. Ad esempio, affermava che il direttore lo istigava ad accusare Berlusconi: cosa può interessare al direttore del servizio centrale se lo accusa o non lo accusa ? Fece un'accusa di questo tipo nei confronti di un capocentro della DIA (peraltro, fu un'accusa che emerse a distanza di molto tempo). Probabilmente tutto questo si innestava sulla base di un'incomprensione che c'era stata, o di un certo modo molto rigido di trattarlo, che secondo lui era stato un problema che si era trascinato per anni. C'erano delle situazioni che si coloravano di un sottofondo tale che non consentiva Pag. 25di comprendere se quello che veniva riferito corrispondesse effettivamente a qualcosa che lui aveva percepito, o se invece era un modo di reagire a una determinata condizione. Le ho raccontato un caso ma ci sono stati vari episodi di questo tipo. Il nostro primo compito ero quello di scindere – quando parlava – quanto effettivamente era successo, da quanto, invece, era frutto della sua logica, che lo portava a sviluppare un certo discorso. Infatti, quando lo interrogavamo, l'interrogatorio non era semplicemente un recepire le sue dichiarazioni, ma era un continuo domandare, per andare sempre più in profondità e per capire dove stesse dicendo la verità: il suo interrogatorio è stato tutto così. È stato molto faticoso, ma veramente importante, perché ci ha aperto degli scenari incredibili.

  PRESIDENTE. Ho appena riletto che, ad un certo momento, quando viene interrogato dalla Commissione Scalia, al presidente di allora che gli chiede se è in grado di indicare con precisione alla Commissione i siti in cui erano stati interrati i rifiuti pericolosi, in particolare tossico-nocivi e radioattivi, lui risponde: «Sì, ho mostrato tutti i posti all'autorità giudiziaria».

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Questo è un altro aspetto importante. Carmine Schiavone, quando rende dichiarazioni, viene trattato dalla DIA, che quindi è l'unico soggetto che si occupa delle sue dichiarazioni. Solo in un secondo momento, intervengono Guardia di finanza e carabinieri. Per la verità, non è facile neanche per me sapere quando avrebbe indicato i posti in modo così preciso. Ciò potrebbe essere avvenuto a distanza di anni. Per la verità, anche questo mi sfugge. Il Corpo forestale dello Stato ha fatto molte indagini con noi. Il generale Costa, del comando di Napoli, è la persona che ha seguito tutti gli aspetti che riguardavano i rifiuti. Infatti, proprio per la sua capacità e la sua professionalità, in seguito gli sono state affidate indagini di questo tipo. Credo che lui sarebbe in grado di riferire se effettivamente ci sono state da parte di Carmine Schiavone ulteriore indicazioni, a distanza di molti anni. Nel periodo in cui ci siamo occupati del processo Spartacus nei filoni 1, 2 e 3, non abbiamo avuto indicazioni precise.

  PAOLA NUGNES. Mi permetto di riportare, anche se potrei sbagliare, che è stato Sergio Costa a dirci che comunque non fu aggiunto nulla nelle ultime dichiarazioni rispetto a quello che era stato detto in precedenza e per questo le chiedevo un conforto su questa faccenda. Chiaramente, io riporto una conversazione e potrei sbagliarmi.

  PRESIDENTE. Nel documento declassificato, lui riporta in continuazione di avere parlato con l'autorità giudiziaria e di avere dato questi documenti al dottor Di Pietro e alla direzione. Lui dice di avere consegnato delle bolle, ma oggi non si sta dicendo questo, cioè che siano state consegnate delle prove.

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Ha consegnato documenti per quanto riguarda le truffe all'AIMA e, sicuramente, il calcestruzzo. Per quanto riguarda i rifiuti, per la verità, non lo ricordo assolutamente: dovrei dire «non credo» – ma dico che non lo ricordo.
  Noi facevamo gli approfondimenti seduta stante e consegnavamo immediatamente la delega per gli approfondimenti. Gli stessi verbali venivano sempre redatti insieme con un funzionario o un ufficiale della DIA e con loro, immediatamente dopo, facevamo gli approfondimenti: era quasi un meccanismo automatico.
  Pertanto, credo che, se ci fossero stati degli elementi significativi per individuare il meccanismo attraverso il quale il rifiuto finiva per essere un settore importante per il clan, li avremmo trattati certamente. L'unico aspetto che devo sottolineare è che noi, almeno all'epoca, abbiamo trattato Pag. 26con priorità la struttura militare, la struttura imprenditoriale e la struttura politica in senso lato, anche perché il rifiuto era per noi un settore nel quale la legislazione non consentiva, se non attraverso la falsa bolla o qualche accorgimento diverso, un contrasto efficace a quella criminalità. Di fronte a delle contravvenzioni, ormai già prescritte quando ne parlava, se avesse consegnato una carta del genere, questa sarebbe passata dietro alle altre, a fronte della possibilità di operare, invece, immediatamente sul territorio.

  PRESIDENTE. Di fatto, non vi davano strumenti efficaci per poter intervenire.

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Noi all'epoca avevamo addirittura delle indagini che provenivano dal NOE. Ricordo che si trattava di un traffico di rifiuti speciali pericolosi, provato in modo chiarissimo, eppure anche quello restò fermo, non volontariamente, ma perché la nostra difficoltà era quella di inserire il settore nell'ambito dell'associazione mafiosa. Altrimenti, poiché i fatti propriamente riguardanti il rifiuto erano già tutti estinti per prescrizione, passavano dietro. L'associazione per delinquere finalizzata anche al traffico di rifiuti non era nemmeno prevista.

  PRESIDENTE. No, è stata introdotta dopo. Ho una domanda sulla questione delle cave, della sabbia e del movimento terra. Nel momento in cui si interessavano molto al calcestruzzo, sicuramente ci sarà stato un grande interesse sulle cave: su questo è stato fatto un approfondimento ?

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Sulle cave propriamente no. Venne svolta un'indagine dalla procura di Santa Maria Capua Vetere, che però, da quel che ricordo, non fu particolarmente significativa, perché anche la cava finiva per essere configurata come un reato contravvenzionale, quindi, anche quell'ipotesi di reato, finiva per essere prescritta in tempi brevissimi. Noi, infatti, prestammo grande attenzione al Cedic, più che al Covin e al Concav, perché l'uno e l'altro erano serventi rispetto alla produzione di calcestruzzo. Quello che guardammo con maggiore attenzione fu proprio il Cedic, perché era strettamente connesso agli appalti pubblici e quindi ci consentiva anche di individuare le imprese che lavoravano sull'opera pubblica.

  PRESIDENTE. È chiaro. Lei affermava che voi avete trattato il pentito fino al 1993: dico bene ?

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. No, cominciammo nel maggio del 1993 e il pentito ha proseguito per diversi anni a rendere dichiarazioni nei dibattimenti. In ogni dibattimento nel quale si trattava di fatti riguardanti il clan dei casalesi, veniva chiamato come fonte attendibile.

  PRESIDENTE. Dunque, è andato oltre ?

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. È andato oltre il periodo strettamente utilizzato da noi per acquisire tutte le cognizioni in suo possesso.

  STEFANO VIGNAROLI. Vorrei sapere se secondo lei è possibile che dalle vecchie dichiarazioni di Schiavone, magari approfondendo meglio, si aprano nuovi scenari, oppure se ormai il possibile è stato fatto. Noi ovviamente ci stiamo occupando anche di altre regioni, quindi vorrei sapere brevemente da lei come è la situazione a Reggio Calabria. Vorrei dettagli sull'inchiesta Sottile, che abbiamo avuto anche a Roma come commissario.
  Qual è l'intreccio tra la camorra e la gestione dei rifiuti nel Lazio, in particolare a Borgo Montello ? Ci dà una panoramica dello sconfinamento dalla Campania verso il sud del Lazio ?

Pag. 27

  PAOLA NUGNES. Mi riallaccio alla domanda del collega. Al di là del fatto che siano state aggiunte o meno informazioni nelle ultime dichiarazioni, come dicevamo poc'anzi, ci è stato comunicato che, nel 1997, quando furono svolte le indagini sui luoghi, molto spesso non si era riusciti a risalire al ritrovamento anche perché mancavano strumentazioni adeguate, come i droni o le strumentazioni magnetotermiche, che attualmente stanno permettendo di effettuare delle indagini molto più accurate: lei ritiene che un approfondimento possa essere utile e necessario ? Le indicazioni che lei ha dato poc'anzi, quando ha affermato che i rifiuti erano speciali e non pericolosi, sono state tratte da accertamenti o dalle dichiarazioni di Schiavone ?
  Che lei sappia, è stata realizzata – o è all'opera – una mappatura delle indicazioni che furono date, per avere cognizione di tutte le indicazioni, o almeno di tutti i ritrovamenti ? Laddove non è stato possibile scavare, perché c'era una autostrada o un raccordo, sono state effettuate, per esempio, indagini a monte e a valle delle falde ? Per quanto riguarda il processo Spartacus, abbiamo avuto tanti arresti. Ci si è concentrati molto sulla camorra, si pensi al famoso tavolino a tre gambe: ritiene che le 21 assoluzioni dei politici e dei rappresentanti delle forze dell'ordine siano state opportune, oppure che ci sono responsabilità della magistratura ? Se crede, può chiedere di secretare la risposta. Ancora, come mai non sono emersi all'evidenza i rapporti inevitabili e certi con la politica ? Schiavone, nell'ambito della seconda ondata di dichiarazioni, in un video chiese di incontrarla (fu quasi un appello): questo incontro ci fu ? Infine, le due morti di Bisceglia e di Schiavone, così ravvicinate, a suo giudizio possono essere sospette ?

  PRESIDENTE. Io non allargherei la questione alla Calabria, anche se sarebbe molto interessante. Anch'io vorrei porre un paio di domande in tal senso, però ciò non è pertinente con la seduta di oggi. Se eventualmente il procuratore vuole dire qualcosa, può farlo, ma oggi noi l'avevamo invitata su altre questioni. Se però lei ritiene di dire qualcosa, la ascoltiamo ben volentieri. Le pongo, intanto, una domanda anch'io: è nota la specializzazione della ’ndrangheta sul movimento terra, almeno per quanto riguarda il tema ambientale, che a noi interessa. Soprattutto in alcune regioni del Nord, come la Lombardia, questa è la prima attività. C’è un modus operandi differente tra le due organizzazioni rispetto alla questione del movimento terra e degli appalti delle opere pubbliche ? Almeno in Lombardia, abbiamo verificato che la ’ndrangheta calabrese è veramente dominante nel movimento terra. Mi interessa capire se c’è una differenza di comportamento.

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Innanzitutto, per quanto riguarda i dati che ho poc'anzi letto sui terreni di Schiavone Saverio Paolo e di Pezzella Nicola, che erano due riferimenti fatti da Carmine Schiavone, in relazione ai quali non c'era stato un accertamento immediato, gli accertamenti sono avvenuti successivamente, proprio sulla base delle indicazioni rese da Carmine Schiavone, ma anche di altre fonti dichiarative. In relazione specificamente a queste indagini, curate dal collega Giovanni Conzo, della procura di Napoli, gli accertamenti sono stati sviluppati proprio dal Corpo forestale dello Stato, quindi dal generale Costa, che dovrebbe averne svolti anche su tanti altri aspetti. Per la verità, circa tre anni fa mi venne mandato un appunto con riferimento alle indagini che erano state sviluppate nel territorio casertano e a quelle di cui si occupava la procura di Santa Maria Capua Vetere. Infatti, alcuni di questi accertamenti sulle discariche o comunque sullo sversamento di rifiuti sono stati eseguiti anche su delega della procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere. Io credo che ciò che ha impedito uno sviluppo approfondito delle indagini sull'inquinamento – quindi sull'ambiente – non sia stata tanto la mancanza di strumentazioni, quanto la Pag. 28mancanza di una disciplina sanzionatoria adeguata. Se guardiamo agli sviluppi che ci sono stati nella legislazione, ci accorgiamo che soltanto nel 1997 cominciamo ad avere la prima normativa; poi arriviamo al 2006 e alla normativa molto recente, che finalmente ha dato una sistemazione complessiva a tutta la disciplina e ha individuato quelle figure di reato che erano state chieste e delle quali si era parlato per anni. Certamente è necessario, innanzitutto, trovare una disciplina che sia ancor più efficace di quella attuale. Tuttavia, quella che è stata recentemente approvata è già di per sé un punto di arrivo molto importante. Per ciò che concerne gli strumenti, è certo che oggi ci sono una professionalità e una capacità tecnica di individuazione delle discariche molto più tecnologicamente avanzate. Questo consente di individuare le discariche, anche soltanto sorvolando determinate aree. Per la verità, credo che di radioattivo non sia stato trovato assolutamente nulla, neanche con strumenti altamente sofisticati.

  PAOLA NUGNES. Mi scusi, dicono che a Casal di Principe si sta scavando per cercare dei rifiuti radioattivi, partendo da indicazioni di Schiavone.

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Di Schiavone ?

  PAOLA NUGNES. Questa è l'informazione che mi è giunta, ma chiedo a lei di confermarla: lei lo esclude ?

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Per la verità, apprendo in questo momento che si stia scavando per trovare rifiuti radioattivi. L'unico luogo che mi era noto per certo era la terra del genero di Schiavone, Pezzella Nicola. Altri luoghi in cui siano stati occultati rifiuti radioattivi, per la verità, non mi risultano, o almeno non credo di ricordarne. Forse c’è stata un'indicazione successiva nelle ultime esternazioni di Carmine Schiavone, ma mi sfugge totalmente. Comunque, questo non fa parte dell'indagine che ho trattato e che riguarda Spartacus, con le dichiarazioni di Carmine Schiavone e degli altri collaboratori di giustizia che sono intervenuti successivamente.
  Ho appreso, però, che altri collaboratori sono intervenuti successivamente e anche di recente, riferendo sull'occultamento di rifiuti, ma non credo si trattasse di rifiuti radioattivi. Comunque, è una parte che non ha riguardato l'indagine che io ho seguito, quindi non sarei in grado di riferire su questo. Per la verità, quando Carmine Schiavone è stato ricoverato dopo una caduta dall'alto, essendo stato avvisato dal figlio, ho immediatamente avuto il sospetto che fosse potuto avvenire qualcosa per chiudergli la bocca. Carmine Schiavone mi diceva sempre: «dottore, prima uccideranno me e poi uccideranno lei».
  Quando è avvenuto questo, io mi sono preoccupato per lui, non per me. Ho chiamato il comandante provinciale, il direttore del servizio centrale e lo stesso Giuseppe Pignatone, per dire loro che bisognava fare un'indagine molto approfondita. Altrettanto ho fatto quando è morto. Credo che tutti gli accertamenti che c'erano da fare siano stati fatti, anche perché sono stati tutti immediatamente sollecitati a intervenire. Anche per questo, non credo che ci possa essere un nesso fra la morte di Carmine Schiavone e quella di Bisceglia. Peraltro, mi sfuggono totalmente le condizioni in cui è avvenuto l'incidente. Sono solo stato addolorato per la morte di un collega che ha lavorato con me per anni. Della possibilità che siano intervenute cause esterne nulla mi risulta. Non sono assolutamente in grado di dire alcunché.

  BARTOLOMEO PEPE. Mi permetto di porre una domanda sulla morte di Carmine Schiavone. Non so se lei è a conoscenza di un articolo di Luciano Mirone, nel quale si nutrono seri dubbi sull'ospedale di Belcolle a Viterbo, dove è stato ricoverato Schiavone. Addirittura, pare esserci Pag. 29un legame con un'altra morte strana, quella del collaboratore di giustizia Attilio Manca, anche lui morto in circostanze misteriose nella stessa clinica. Si dice addirittura che sia stato paventato suicidio, in quanto Attilio Manca era mancino, ma sono stati trovati dei buchi nel braccio sinistro. Vorrei sapere se lei è a conoscenza di questo articolo di Luciano Mirone, che effettivamente getta dei forti dubbi sulla morte di Carmine Schiavone: perché è stato portato proprio a Viterbo ? Questa è la domanda che mi sorge spontanea.

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. È stato portato lì perché era l'ospedale più vicino al luogo in cui si trovava Carmine Schiavone. Credo che addirittura alle porte di Viterbo, o comunque in località molto vicina, vi fosse la residenza di Carmine Schiavone e del suo nucleo familiare. Quando ho saputo della morte, io ho chiamato il procuratore della Repubblica di Viterbo e ho parlato con il suo sostituto di turno esterno, del quale, però, al momento mi sfugge il nome. Subito dopo, ho chiamato anche Giuseppe Pignatone, per dirgli che bisognava intervenire. Giustamente, Pignatone mi ha chiesto: «come faccio a intervenire per una morte che può riferirsi a un errore del medico o a un'ulteriore causa estranea a uno dei reati di cui all'articolo 51, comma 3-bis ?» Io gli ho risposto: «se riesci, intervieni tu, perché mi sembra molto strano che ieri mi avevano detto che stava bene e che si era ripreso, assicurandomi che entro dieci giorni si sarebbe rimesso del tutto anche fisicamente, mentre oggi, invece, muore». Purtuttavia, ho sollecitato a entrambi, al procuratore e al sostituto di Viterbo, gli interventi necessari, anche su reperti biologici, al fine di accertare se erano stati usati veleni. Naturalmente, essendo estraneo al circondario, non ho potuto fare altro che rappresentare l'importanza che Carmine Schiavone ha avuto e aveva.
  Peraltro, ho parlato con il figlio di Carmine Schiavone e gli ho detto di mettere un consulente di parte e con esso di accertare in modo preciso quali erano state le cause della morte. Lo stesso figlio mi diceva che era strano che il giorno prima stava bene e già programmavano la sua dimissione, ma poi, all'improvviso, è deceduto.

  BARTOLOMEO PEPE. È stata eseguita un'autopsia, che lei sappia ?

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Non solo deve essere stata eseguita l'autopsia, ma devono anche essere stati prelevati i reperti biologici, o almeno così mi è stato detto.

  BARTOLOMEO PEPE. Se ne conoscono gli esiti ?

  PRESIDENTE. Non è un'indagine che ha curato lui. L'indagine è della procura di Viterbo. Se vogliamo averla, possiamo chiederla. Tenete presente che come Commissione avevamo chiesto, se non altro, di bloccare i beni che erano all'interno della casa, nel caso ci fossero stati documenti o cose simili. Abbiamo fatto in tal senso una richiesta esplicita al procuratore Pignatone ad intervenire per fare in modo che il materiale rimanesse a disposizione. Possiamo chiedere di acquisire tale materiale per vedere se c’è della documentazione che ci interessa, anche se pare che i familiari abbiano detto che non c'era alcuna documentazione particolare.

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Rispondo su Reggio Calabria. Se in Campania siamo in una situazione di arretratezza per quanto riguarda il contrasto dell'illegalità e delle violazioni in materia di rifiuti, nel distretto di Reggio Calabria siamo all'anno zero ! Nonostante si sappia di determinati luoghi in cui dovrebbero essere stati sversati rifiuti tossici e altamente tossici – pare addirittura che interi camion siano stati occultati nella zona di Mammola, così come in altre zone – nonostante si muoia Pag. 30per tumori in determinate zone oggetto di concentrazioni inspiegabilmente molto elevate e nonostante siano stati fatti nei mesi scorsi dei rilevamenti anche da parte dell'agenzia che si occupa del territorio, non è emerso nulla di radioattivo o con un livello di tossicità elevato. Al momento, siamo in attesa di avere un'informativa per quanto riguarda gli accertamenti che sono stati effettuati sull'intero territorio, però, già verbalmente, non ci è stato segnalato nulla di particolare. Questo significa che dovremo essere noi ad avviare un'azione di rilevamento autonoma, d'iniziativa, pur raccogliendo le indicazioni che a volte vengono date anche in modo pubblico, come è avvenuto in alcuni convegni ai quali ho partecipato. Infatti, non ci sono denunce e non arrivano segnalazioni da nessuna parte. Per quanto riguarda, invece, la domanda sul prefetto Sottile, proprio alcune settimane fa è stata presentata una richiesta di rinvio a giudizio per circa venti imputati per reati che attengono al trattamento del rifiuto. Certamente le posso far pervenire la richiesta, che concerne numerosissimi reati e anche numerosi imputati. Casomai, in una prossima audizione, raccoglierò tutto il materiale e sarò felice di rappresentarvelo. Devo dire, però, che la Calabria è in una situazione molto più grave rispetto alla Campania. È come se questa regione non avesse più libertà. In Calabria la ’ndrangheta ha, ormai da 40 anni, le proprie cosche insediate sia sulla città di Reggio Calabria che nella provincia, con i soliti nomi. C’è una differenza fra Campania e Calabria. In Campania, abbiamo due diverse conformazioni camorristiche: da un lato, c’è la camorra che si muove sul modello mafioso, con una struttura militare e una struttura economica imprenditoriale, che cerca di infiltrarsi nella politica; dall'altro, abbiamo un modello di clan che opera sul quartiere o a volte in tratti territoriali ancora più piccoli, che si dedica a estorsioni, al gioco del lotto clandestino e a illegalità propriamente territoriali, ma che non ha ambizioni di tipo imprenditoriale o politico, perché la sua forza non glielo consente. A Napoli le organizzazioni che controllano il traffico di stupefacenti reinvestono soprattutto in attività economiche nel quartiere oppure in imprese che riescono a inserirsi negli appalti, ma non hanno un meccanismo strutturato come quello che invece hanno alcune organizzazioni del casertano o dei paesi vesuviani. Diverso è il caso della ’ndrangheta, che è strutturata sul modello mafioso, ha imprese, ha un condizionamento, un'infiltrazione nella politica ed è in grado di controllare il territorio in qualunque attività. A Reggio Calabria chi vuole aprire un'attività economica, prima di aprirla, deve chiedere l'autorizzazione: se non ce l'ha, fanno saltare in aria il negozio. Questo avviene ancora oggi. Sono cose che, a me che vengo da Napoli e che pure mi sono occupato del clan dei casalesi o di altri organizzazioni, sembrano impossibili. Il fatto che ancora esistono, dopo 40 anni, organizzazioni di questo tipo, con soggetti che fanno gli avvocati, i commercialisti, gli assicuratori e nello stesso momento sono gli esponenti di vertice delle cosche, mi sembra veramente una cosa fuori dal mondo. La ’ndrangheta è legata alla mafia da sempre. Pensate che negli anni 1993-1994, subito dopo le stragi di Falcone e Borsellino, quando inizia il programma stragista che tende a piegare lo Stato, anche per quanto riguarda il 41-bis e gli altri trattamenti di forte contrasto che lo Stato aveva iniziato ad attivare, la ’ndrangheta aderisce a questa iniziale strategia con un duplice omicidio di carabinieri nel gennaio del 1994 e due duplici tentati omicidi, nel dicembre 1993 e nel febbraio del 1994.
  A un certo momento, però, i soliti nomi, ossia i capi delle due cosche più importanti, che al momento ometto perché ci sono indagini in corso, dicono ai mafiosi: «a questo punto, ci dobbiamo tirare fuori, perché noi con le istituzioni stiamo bene e, quindi, non possiamo creare un contrasto sul territorio». Questa è la base da cui si parte per cercare di capire come è possibile che la ’ndrangheta sia diventata così forte e così capace di controllare tanti settori, anche economici, oltre a un porto come quello di Gioia Tauro, che è una Pag. 31delle principali porte di accesso della cocaina in Europa. La ’ndrangheta ha una struttura ormai insediata nel porto, che consente alla cocaina di entrare a tonnellate. Noi ne sequestriamo ogni anno almeno una tonnellata e mezza, eppure, loro continuano a importare. È, quindi, evidente che passeranno almeno altre cinque o dieci tonnellate. Non so quante ne passino, ma è certo che se riuscissimo a fermare tutte le tonnellate che entrano, non importerebbero più da quel porto, invece continuano a farlo ! Sulla ’ndrangheta c’è molto da dire. Loro hanno imprese per il reinvestimento di quel denaro, controllano i mercati ortofrutticoli, riescono a disporsi sui territori lombardo, emiliano, toscano e veneto: sono dappertutto. Cominciano a insediarsi con pochi uomini, poi via via creano...

  STEFANO VIGNAROLI. Sono anche in Liguria !

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Certamente. La Liguria e il Piemonte sono luoghi nei quali vi è una presenza ’ndranghetista molto consistente. Io penso che oggi la ’ndrangheta costituisca una grossa minaccia all'economia del nostro Paese, perché riesce a movimentare somme di danaro veramente incommensurabili. Basta tradurre i quantitativi di sostanze stupefacenti che gestiscono per capire cosa c’è; se poi convertiamo tutto questo nelle imprese che individuiamo in tutte le parti d'Italia, ci rendiamo conto che è un soggetto nei cui confronti bisogna concentrarsi al massimo, per evitare che la nostra economia finisca preda di questa organizzazione. Questo è un altro discorso, che vi farò quando mi inviterete di nuovo.

  PRESIDENTE. Grazie. Il collega Pepe vuole porre una breve domanda e poi chiudiamo l'audizione.

  BARTOLOMEO PEPE. In primo luogo, presidente, vorrei sapere se possiamo porre delle domande ai procuratori riguardo alla morte di Schiavone, per acquisire i referti e quant'altro. Vorrei sapere se noi, come Commissione, possiamo interessarci di questa vicenda.

  PRESIDENTE. Possiamo chiedere alla procura dei Viterbo qual è lo stato dell'arte.

  BARTOLOMEO PEPE. Ho un'altra domanda. Possiamo dire che Carmine Schiavone era abbastanza attendibile, quasi al cento per cento. Vorrei sapere se lei è a conoscenza dell'intervista rilasciata a Julie tv, quando Schiavone afferma, in maniera molto dettagliata, che suo cugino Francesco Schiavone detto «Sandokan» aveva rapporti con un tale maggiore, Kathryn Houston, la quale era diventata la sua amante, addirittura al punto di fornirgli delle armi su richiesta specifica del cugino. Mi sembra strano che un graduato, in questo caso un maggiore, abbia rapporti con un delinquente. Qui i casi sono due: o è il servizio dell’intelligence americano che fa acqua, oppure è quello dei camorristi ! Vorrei capire come mai c’è stato questo connubio.

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Kathryn Houston era un sergente degli Stati Uniti che, effettivamente, ebbe una relazione con Francesco Schiavone, al quale consegnò due pistole, una 357 Magnum e un'altra (non ricordo il tipo). Per questo fatto fu tratta in arresto. In seguito patteggiò la pena e venne rimpatriata (c’è anche una sentenza al riguardo). Effettivamente, quindi, vi erano rapporti con loro, come con tante altre persone che frequentavano il litorale domizio.

  BARTOLOMEO PEPE. Dunque, è un fatto marginale ?

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Sì, non fa parte di una strategia del clan.

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  PRESIDENTE. Noi la ringraziamo per le informazioni che ci ha comunicato. Nella scorsa legislatura avevamo condotto un approfondimento notevole sulla Calabria; poi abbiamo ritrovato un gran pezzo di Calabria anche in Lombardia. C'erano state due relazioni, a nostro avviso ben fatte, ovviamente limitate alla questione dei rifiuti e al movimento terra. Non so se decideremo di tornare sull'argomento. Sicuramente dovremo fare una visita nel porto di Gioia Tauro, perché ci stiamo occupando del tema dei rifiuti transfrontalieri e vorremmo capire se anche questo porto è in qualche modo interessato. Se eventualmente, come Commissione, decideremo, nell'ambito delle molte attività in programma, di condurre un aggiornamento sulla Calabria, sicuramente la disturberemo di nuovo. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 19.45.