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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo

Resoconto stenografico



Seduta n. 26 di Mercoledì 24 giugno 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Mongiello Colomba , Presidente ... 3 

Audizione dell'Amministratore delegato e Direttore Generale della Conad, Francesco Pugliese.
Mongiello Colomba , Presidente ... 3 
Pugliese Francesco , Amministratore delegato e Direttore Generale della Conad ... 3 
Mongiello Colomba , Presidente ... 4 
Gallinella Filippo (M5S)  ... 5 
Mongiello Colomba , Presidente ... 5 
Pugliese Francesco , Amministratore delegato e Direttore Generale della Conad ... 5 
Mongiello Colomba , Presidente ... 7 
Pugliese Francesco , Amministratore delegato e Direttore Generale della Conad ... 7 
Cariello Francesco (M5S)  ... 8 
Pugliese Francesco , Amministratore delegato e Direttore Generale della Conad ... 8 
Cariello Francesco (M5S)  ... 9 
Artoni Andrea , responsabile qualità Conad ... 9 
Pugliese Francesco , Amministratore delegato e Direttore Generale della Conad ... 9 
Cariello Francesco (M5S)  ... 9 
Mongiello Colomba , Presidente ... 9 
Pugliese Francesco , Amministratore delegato e Direttore Generale della ... 9 
Mongiello Colomba , Presidente ... 10 
Pugliese Francesco , Amministratore delegato e Direttore Generale della Conad ... 10 
Mongiello Colomba , Presidente ... 10 

Audizione del Presidente di Federolio, Giuseppe Masturzo.
Mongiello Colomba , Presidente ... 10 
Masturzo Giuseppe , Presidente di Federolio ... 10 
Mongiello Colomba , Presidente ... 13 
Masturzo Giuseppe , Presidente di Federolio ... 13 
Mongiello Colomba , Presidente ... 15 

Audizione del funzionario dell'Ufficio Intelligence della Direzione Centrale Antifrode dell'Agenzia delle dogane e monopoli, Rocco Antonio Burdo.
Mongiello Colomba , Presidente ... 15 
Burdo Rocco Antonio , funzionario dell'Ufficio Intelligence della Direzione Centrale Antifrode dell'Agenzia delle dogane e monopoli ... 15 
Mongiello Colomba , Presidente ... 15 

ALLEGATI: Documentazione presentata Federolio ... 17

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE
COLOMBA MONGIELLO

  La seduta comincia alle 14,00.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione dell'Amministratore delegato e Direttore Generale della Conad, Francesco Pugliese.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'Amministratore delegato e Direttore Generale della Conad, Francesco Pugliese.
  Oggi abbiamo una seduta abbastanza ricca per quanto riguarda l'approfondimento tematico sul contrasto al fenomeno della contraffazione nel settore dell'olio d'oliva, di cui sono anche relatrice.
  Oggi avremo quindi il piacere di ascoltare l'Amministratore delegato e Direttore generale della Conad, dottor Francesco Pugliese, che ringrazio per essere qui, il Presidente di Federolio, Giuseppe Masturzo e il funzionario dell'Ufficio Intelligence della Direzione Centrale Antifrode dell'Agenzia delle dogane e monopoli, Rocco Antonio Burdo.
  Il dottor Pugliese è accompagnato dal dottor Artoni, responsabile settore qualità Conad, e da Sergio Cerioli.

  FRANCESCO PUGLIESE, Amministratore delegato e Direttore Generale della Conad. Grazie, presidente. Ho impostato questa mia testimonianza su un aspetto. Oltre a comparare olio di grandi marche, infatti, noi abbiamo il prodotto con la nostra etichetta nell'ambito dell'olio extravergine che invece porta il nostro nome, quindi mi focalizzerò più che altro su questo fronte, perché tutto il mondo del branding è regolato da relazioni commerciali e ciò che riguarda la contraffazione o altro è responsabilità del produttore.
  A parte cercare di avere l'assortimento in linea con quanto il consumatore ci richiede, altro non abbiamo. Diversa è l'attività che svolgiamo quando sul prodotto olio mettiamo il nostro brand.
  Con l'olio extravergine di oliva con il marchio Conad facciamo oltre 4,5 milioni di bottiglie all'anno, con ciò che è DOP ne facciamo circa 250.000 e con l'olio d'oliva ragioniamo di 1,5 milioni di bottiglie, quantità rilevante.
  Operiamo con 8 fornitori, 3 fornitori sui prodotti comunitari di extravergine, uno che fa anche olio italiano e biologico, e i fornitori con i quali agiamo nell'area DOP. Abbiamo un Modello organizzativo 231, corredato dal Codice etico, in quanto è un manuale di procedure aziendali che ci guida una volta individuato il fornitore con cui vogliamo operare.
  Desidero sottolineare che questi 8 fornitori hanno un'anzianità media di fornitura nei confronti di Conad non inferiore a una decina d'anni, quindi la nostra relazione con i fornitori è duratura nel tempo, in un'ottica di maggiore partnership.
  Stabiliamo il capitolato che vogliamo avere, il fornitore si impegna in questi termini, però operiamo una serie di controlli Pag. 4al di là del capitolato. Il primo è la qualificazione dello stabilimento: non è detto che un produttore perché produce e vende in Italia abbia stabilimenti da noi qualificati come idonei per la fornitura Conad, in quanto i criteri che abbiamo nell'ambito della selezione del fornitore e di valutazione dello stabilimento vanno oltre quanto previsto dalla legge.
  Vogliamo essere certi di avere a che fare con un operatore stabile. Oltre a questa qualifica che identifica un ranking che nel tempo viene valutato per il fornitore su una scala da 1 a 5 e che nel momento in cui ottiene un 3 ci porta a fare dei carotaggi ulteriori sugli aspetti critici, oltre agli aspetti qualitativi per noi è vitale qualificare il fornitore anche sotto il profilo economico.
  I nostri fornitori devono avere bilanci sani, devono guadagnare, perché altrimenti diventa problematico. Teniamo conto che ragioniamo nell'area del prodotto a marchio Conad di un business complessivo che ormai raggiunge oltre 1,5 miliardi di euro e le regole di ingaggio che abbiamo nella selezione dei fornitori sono le stesse per tutti i prodotti, ovviamente adattate alle caratteristiche di categoria.
  Una volta qualificato il fornitore, questo viene seguito nel tempo e continuano ad essere effettuate visite ispettive. L'anno scorso ne abbiamo fatte 13 nell'ambito degli stabilimenti di imbottigliamento, per verificare se quanto verificato nel momento in cui abbiamo ingaggiato il fornitore venga mantenuto e soprattutto se questo nel tempo adegui alle normative e alle nuove esigenze del mercato tutta la tecnologia dello stabilimento.
  Oltre alle visite effettuate con ispettori esterni specializzati nel ramo, perché altrimenti sarebbe impossibile gestire un ufficio di controllo di qualità all'interno dell'impresa, che è un'impresa distributiva, ufficio in grado di operare su tutti i settori nei quali operiamo, abbiamo un nucleo centrale (Artoni è il direttore della qualità) al nostro interno, che però si avvale di una serie di consulenze esterne settore per settore, per mantenersi al passo con i tempi.
  Contemporaneamente analizziamo campioni in azienda, per verificare che sia realmente olio extravergine d'oliva, lo facciamo direttamente allo stabilimento perché l'olio è uno dei prodotti che nel tempo può perdere determinate caratteristiche, mentre per noi è importante ciò che avviene alla fonte, perché ci preme che non ci siano manipolazioni da parte del fornitore e per fortuna, avendo delle rotazioni di prodotto, facciamo controlli anche nei nostri punti vendita, ma ci preme verificare che alla produzione il prodotto sia rispondente alle motivazioni per cui l'abbiamo ingaggiato in termini di capitolati.
  Tutti i nostri fornitori sono certificati ISS, abbiamo una procedura interna per l'attività di gestione degli eventi accidentali, tutti i nostri contratti di fornitura e i capitolati prevedono penali e in funzione della gravità arriviamo al blocco della fornitura e alla sospensione fino al riadeguamento dello stabilimento alle nostre indicazioni.
  Abbiamo proceduto a un'analisi finalizzata alla redazione di una procedura di controllo nell'ambito della 231, che coinvolge tutto il sistema aziendale, perché è importante avere una stretta connessione non solo nell'ambito della qualità, ma anche in ciò che è regola e comportamento in termini di relazione commerciale, tenendo conto che i nostri fornitori hanno una decina d'anni di anzianità e non andiamo alla ricerca di fattori speculativi con il nostro prodotto a marchio, ma al contrario garantiamo solidità e continuità nel tempo.
  Anche le strutture commerciali devono quindi essere dedicate e si devono muovere secondo logiche totalmente differenti rispetto a quanto accade nell'ambito del prodotto di marca industriale. Mi fermerei qui, rimanendo a disposizione per eventuali domande.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Pugliese per le preziose indicazioni che ci ha fornito. Lascio la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

Pag. 5

  FILIPPO GALLINELLA. Grazie, presidente, grazie agli auditi. Voi avete descritto come Conad gestisca la tracciabilità per fornire un prodotto al cliente, prodotto che poi si differenzia tra un olio extravergine d'oliva a denominazione o no, quindi anche voi fate i controlli sia del prodotto che della filiera produttiva internamente a Conad, per fornire garanzie.
  Vorrei sapere quindi se e quante irregolarità abbiate riscontrato e quale sia la modalità di intervento, perché questo va al di là dell'aspetto normativo sanzionatorio perseguito dalle forze dell'ordine, in quanto eventualmente è il marchio Conad a subire un danno d'immagine.

  PRESIDENTE. Anch'io vorrei porle una domanda, dottor Pugliese. Lei ha parlato di un'etichettatura spinta, di un codice etico che Conad ha da tempo adottato, però le farei una domanda specifica sul sottocosto.
  L'olio è un prodotto civetta nei supermercati, quindi non posso non chiederle perché questo prodotto sia così pubblicizzato per il sottocosto, come funzioni il sottocosto, a quale prodotto vi rivolgiate quando c’è da effettuarlo.
  La legge Salva-olio prevede anche una data di scadenza del prodotto, quindi come riuscite a rispettarla, anche se potremmo dire che ne abbiamo prodotto così poco che ormai finisce prima della data di scadenza ?
  Qualcuno chiede perché abbiamo messo la data di imbottigliamento e non la data di produzione, ma rispondo che quando arriva la bottiglia sullo scaffale è già finita perché non ne abbiamo prodotto !
  Nei controlli che fate negli stabilimenti riuscite a controllare il prodotto e anche l'etichetta, e come vi comportate nel momento in cui l'etichetta non corrisponde al prodotto che state vendendo ?

  FRANCESCO PUGLIESE, Amministratore delegato e Direttore Generale della Conad. Rispondo prima al quesito dell'onorevole Gallinella sulle procedure e quindi come ci muoviamo nell'ambito dei controlli.
  Oltre ad analizzare il prodotto, c’è il cosiddetto «controllo di massa» ogni volta che effettuiamo un intervento all'interno di uno stabilimento. Tutto il controllo avviene attraverso carte documentali e, se un produttore produce olio comunitario, olio italiano e olio biologico all'interno del suo stabilimento tenendo separate ovviamente le varie cose, il controllo che facciamo è sul venduto. Chiediamo quindi che il fornitore ci produca tutti i documenti di ciò che è entrato da un dato giorno a un altro, perché normalmente un produttore non ha olive, ma è un commerciante di oli, quindi se è entrato cento ed è uscito cento di olio italiano, vuol dire che sei a posto, altrimenti c’è un problema.
  Non abbiamo comunque trovato non conformità importanti con i fornitori con i quali operiamo, anche perché in caso contrario non sarebbero più nostri fornitori. Al di là delle penali, infatti, in quel caso blocchiamo l'acquisto.
  Tenete conto che, per non avere difficoltà nell'ambito del fornitore, non abbiamo mai un'incidenza di fatturato che superi il 30 per cento, perché non vogliamo che diventi troppo dipendente da noi, né diventare dipendenti da lui, e questo salvaguarda dai rischi e permette al sistema di tenere.
  Il controllo del prodotto in ingresso e in uscita è una delle cose più semplici dal punto di vista cartaceo, ma è quello più sicuro, soprattutto nel caso in cui il fornitore non sia specializzato in un solo ambito (se produce solo italiano, è semplice, però è improbabile che il commerciante e l'imbottigliatore operino solo in uno specifico campo). Questo avviene invece più spesso nel caso di prodotti DOP e IGP che spesso ricerchiamo in zona.
  Passando all'etichetta, abbiamo apprezzato il cambio della legge a dicembre 2014, per la migliore chiarezza che già adottavamo (tutti i nostri prodotti a margine già lo facevano) rispetto all'informazione del consumatore su cosa sia rilevante per lui sia sotto il profilo della salute che sotto il Pag. 6profilo della sicurezza, però riteniamo che questa legge presenti un grosso passo indietro su un piccolo punto.
  Come spesso accade quando si va a firmare un contratto assicurativo, le clausole peggiori sono quelle scritte in piccolo. Questa legge adesso prevede non più l'obbligatorietà, ma la facoltà del produttore di indicare il luogo in cui si produce. Si può dire quindi stabilimento AZ 2788, indicare dove è prodotto perché è utile per la tracciabilità, però è una comunicazione sicuramente lacunosa nei confronti del consumatore, cui deve essere consentito di conoscere esattamente il luogo di produzione di quel prodotto.
  Quando parliamo del settore alimentare e soprattutto di prodotti come questi, sapere che l'imbottigliatore o lo stabilimento di produzione è in Italia o non è in Italia è un fatto rilevante, tanto che, visto che è facoltativo, continuiamo a indicare il luogo di produzione su tutti i prodotti con il nostro marchio.
  Stiamo predisponendo un articolato (speriamo che la Commissione ci aiuti) per introdurre un cambiamento che riporti le cose a come erano, in quanto non è vero che, come recentemente dichiarato in qualche trasmissione televisiva da autorevoli deputati esperti nel settore, abbia reso obbligatoria questa faccenda: la Comunità europea oggi come ieri impone di indicare il luogo di produzione, con la facoltà da parte di ogni singolo Paese di indicare l'obbligatorietà del luogo.
  L'Italia invece lo aveva, ma si è approfittato per dare un colpo di spugna che nel lungo termine potrà mettere in difficoltà tutte le produzioni italiane.
  Oggi nell'olio le imprese più importanti in termini di marchio industriale, da Carapelli a Salov, sono in mano ad aziende di Paesi concorrenti dell'Italia, visto che le produzioni di olio sono in Spagna, in Italia e in Grecia; molti dei brand storici italiani sono in mano a spagnoli, che attraverso questa legge potranno promuovere il marchio italiano nel mondo, facendo stabilimenti di produzione in Spagna, cosa assolutamente legale.
  Credo che un Paese che deve pensare al lungo termine, vedendo quanto sta accadendo ai marchi italiani finiti in mano straniera, senza voler fare protezionismo, ma garantendo una corretta informazione, debba riconoscere che questa è stata sicuramente una miopia, però questo è un parere. Stiamo cercando di predisporre quanto serve per raccogliere 50.000 firme e promuovere un ritorno alla vecchia situazione.
  Il sottocosto innanzitutto viene fatto sulle aziende di marca. Il mercato dell'olio ha la cosiddetta «pressione promozionale», cioè viene venduto in promozione all'interno della grande distribuzione e su 10 bottiglie 8 sono richiamate da una promozione, quindi hanno un prezzo differente. Il prezzo di listino dell'olio che le grandi imprese di marca hanno rispetto al prezzo reale che noi paghiamo attraverso il back margin o gli sconti è più alto del prezzo a cui vendiamo.
  Mi spiego meglio: nella relazione fra industria e distribuzione esistono due modalità per muovere il prezzo; c’è un prezzo di listino che è trasversale per tutti, al prezzo di listino si aggiungono degli sconti già in fattura, questi sconti vanno a coprire alcune inefficienze nell'area della logistica, quindi c’è uno sconto del 10 per cento per la consegna a carico completo, e si arriva a un primo prezzo netto.
  Oltre a questo c’è quello che nella cultura europea viene definito il back, tutto il mondo del fuori fattura che nel caso dell'olio non solo porta a un prezzo drammaticamente più basso del listino, ma è un vero correttore del prezzo. Il prezzo di listino di alcune aziende di olio è 17 euro a bottiglia ma al netto, attraverso quegli sconti in fattura e tutto il resto, diventa di 3.
  Quando si fa sottocosto ci sono degli sconti che l'industria propone, che vanno dal 25 al 50 per cento, ma in realtà tutto quello che vi ho detto è un correttore del prezzo di continuità perché, se fatto cento ciò che si vende 80-85 è in promozione, vuol dire che questa serie di sconti non serve a nulla e nelle catene della grande distribuzione l'affollamento di marche è Pag. 7legato al fatto che si vende in promozione e non si vende nulla quando non lo sono.
  Questo è uno dei motivi per i quali come catena rispetto al nostro prodotto a marchio abbiamo adottato una politica totalmente differente e non facciamo promozioni, facciamo un prezzo basso e fisso nel tempo (forse qualcuno avrà visto la pubblicità in televisione in cui comunichiamo questa modalità), perché riteniamo che a questo punto bisogna moralizzare questo mercato.
  Tenete presente che nella grande distribuzione l'olio extravergine di oliva è una categoria che alla fine non è profittevole perché, se il costo di filiera della grande distribuzione media italiana certificata dal CERMES Bocconi è di circa 26, per cui da ciò che acquisto devo coprire innanzitutto 26 punti di costi del magazzino, del trasporto, del punto vendita, della energie e del personale, si comincia a guadagnare quando a questi 26 punti si aggiunge qualcosa.
  La marginalità media nella distribuzione non scende quindi mai sotto i 28, anche perché ieri abbiamo presentato a Milano al mondo degli istituti bancari uno studio del professor Perrone della Bocconi, da cui emerge che la media dell'Ebit che ha la grande distribuzione sul totale dei prodotti è di 0,7.
  Siccome l'olio rispetto a quei 26 punti lavora con un margine mai superiore al 6 per cento, la grande distribuzione lo sta vendendo sempre sotto il suo costo, non sotto il costo del prodotto.
  Forse ho utilizzato termini troppo tecnici, non so se abbiate confidenza con la modalità di costruzione del conto economico industriale piuttosto che distributivo, non so se sono stato chiaro.

  PRESIDENTE. Nella legge è vero che si parla di sottocosto, ma è altrettanto vero che si parla di sottocosto da farsi non durante la campagna olivicola. Lei potrà obiettare che dipende anche dai controlli che evidentemente non sono stati fatti. Io sono una consumatrice e quindi osservo anche il prezzo di mercato, quando mi reco al supermercato questo prodotto è sempre in offerta, quindi adesso comprendo anche i meccanismi che stanno dietro la vendita.
  Approfitto della sua presenza, anche se oggi ci occupiamo esclusivamente di questa filiera, per chiederle se in questo momento ci siano dei prodotti per i quali state facendo la campagna per l'etichettatura spinta promossa da Conad che mi piace molto, l'etichettatura che va oltre la tracciabilità, e su quali prodotti abbiate posto la vostra attenzione per quanto riguarda la tracciabilità di filiera.

  FRANCESCO PUGLIESE, Amministratore delegato e Direttore Generale della Conad. Per quanto riguarda il sottocosto non c’è alcun problema, anche perché i sottocosto che si possono fare nel corso di un anno sono 3 con 50 prodotti, quindi il problema del durante o fuori la campagna olearia non si pone.
  Se prendete i volantini sottocosto che facciamo noi, potete verificare come non ci sia quasi mai l'olio, perché non conviene metterlo in quanto è sempre venduto al prezzo di costo, quindi non è un elemento di attrazione per il consumatore, se devo scegliere 50 prodotti. Le nostre cooperative sono libere, alcune lo mettono e altre no, però nella gestione della politica commerciale che facciamo nazionalmente cerchiamo di evitarlo.
  Se infatti vuoi fare un'operazione di sottocosto che deve essere un buon elemento di comunicazione per fare attrazione nell'ambito del punto di vendita, devi individuare delle marche che siano tali e ormai nell'olio (non me ne voglia l'associazione che mi sta ascoltando) sono tutte marchette, perché non hanno alcun tipo di fedeltà, in quanto nel momento in cui vendono l'85 per cento solamente in promozione e non vendono un pezzo a prezzo pieno o solamente il 15 per cento, vuol dire che i valori di marca dentro questa categoria non ci sono più. I prodotti che hanno valore di marca dentro questa categoria sono i prodotti DOP e IGP, ma è il DOP e IGP che dà valore di marca e non la marca stessa.Pag. 8
  Fate bene cercando di tutelare questo tipo di immagine, il prodotto olio è sempre in promozione, fino a 5-6 anni fa quando si facevano le promozioni dell'olio si trovavano i carrelli con il cartone da 6 pezzi. Nella cultura italiana la dispensa è dimostrare il benessere, e nella famiglia italiana questo significava avere l'olio, la pasta, il pomodoro.
  Oggi anche le dispense degli italiani hanno ridotto le scorte e, visto che l'olio è sempre in promozione, ci si chiede perché comperarne più di quanto ne serve.
  Si parla di calo dei consumi dell'olio in Italia, ma secondo me non è assolutamente vero: c’è un calo degli acquisti e c’è una migliore razionalizzazione degli stessi, in quanto si va a descortizzare all'interno di milioni di famiglie, quindi se prima c'erano mediamente 6 bottiglie in ogni casa e veniva mantenuto questo livello di scorta, oggi se chiedete ai vostri amici cosa abbiano in dispensa scoprirete che hanno una sola bottiglia e che ne comprano un'altra solo quando è arrivata a tre dita dal fondo !
  Per quanto riguarda la gestione della filiera su tutti i prodotti di marca commerciale noi privilegiamo le produzioni italiane, circa il 90 per cento dei fornitori con i quali operiamo sono italiani, tutta la filiera del latte e del rosso è fatta solo con materia prima italiana.
  Abbiamo un codice e nell'ambito dei nostri capitolati interveniamo anche a livello di etica comportamentale all'interno dello stabilimento, sapendo che questo ha un costo maggiore. Quello che oggi manca è un livello di controllo, perché senza voler citare elementi che non interessano la Commissione anticontraffazione, stando all'analisi effettuata su 300 imprese di distribuzione relativa ai bilanci di chiusura del 2013 (quelli del 2014 non sono ancora completi) Conad è esattamente nelle regole di pagamento stabilite dall'articolo 62.
  Paghiamo a 60 giorni, perché compriamo prodotti alimentari che vanno a 30, prodotti a 60, però anche prodotti dell'extra alimentare che vanno oltre, quindi se la nostra media è 60 (e siamo certi di questo), paghiamo tutto esattamente come previsto dalla legge, ma nel resto della distribuzione quel 60 diventa 80, 90 o 100.
  La legge sull'articolo 62 non ha portato ad alcun controllo, questo è inammissibile perché un Paese si deve preoccupare non solo di fare una legge, ma anche di fare in modo che i cittadini e le imprese la implementino. Se non si controlla, se non esiste più il bastone e la carota, si incentivano comportamenti non virtuosi, creando sul mercato disparità che rasentano il paradosso, per cui è meglio non essere corretti.
  Trenta giorni di differenza rispetto a un concorrente in termini di pagamento sono veramente tanti soldi. Per quanto riguarda Conad l'impatto dell'articolo 62 ha significato circa 400 milioni di cash flow all'anno, però ci siamo attrezzati, abbiamo messo in piedi un sistema con il mondo bancario di fattorizzazione, che ci ha consentito di intervenire nella filiera complessiva, l'ente di fattorizzazione ci ha consentito di posticipare i pagamenti, però non va bene.
  Fate quindi anche la legge, però per favore agite con maggiori controlli !

  FRANCESCO CARIELLO. Grazie per questa audizione. Se dovessi trovare un giorno sullo scaffale di Conad un prodotto di olio d'oliva made in Italy, per voi cos’è il made in Italy, guardate al prodotto e ai commercianti, quindi a dove viene fatto, o guardate alla materia prima ?

  FRANCESCO PUGLIESE, Amministratore delegato e Direttore Generale della Conad. più che dirle cosa è per Conad, le dico cosa è per me.
  Per Conad è made in Italy quando la materia prima è italiana, per quanto riguarda il prodotto a marchio Conad qualsiasi prodotto nel settore lattiero-caseario o nel mondo del rosso c’è scritto, e dell'olio lo scriviamo, al di là dell'IGP e del DOP che ovviamente sono di produzione italiana, abbiamo una referenza di olio extravergine che è di produzione italiana e lo scriviamo.Pag. 9
  Se scriviamo italiano è olio extravergine prodotto in Italia e con materia prima italiana.

  FRANCESCO CARIELLO. Mi riferisco alla modalità, che lei citava in risposta al mio collega Gallinella, con cui controllate il vostro fornitore: lei guarda quanto entra e quanto esce di olio, ma come fate a controllare e quindi certificare che quello che state mettendo sullo scaffale è di origine italiana come materia prima, come olive ?

  ANDREA ARTONI, responsabile qualità Conad. Il concetto è molto semplice: il prodotto al cento per cento italiano deve essere prodotto con materia prima italiana, altrimenti diciamo che è comunitario e specifichiamo la miscela di oli.
  Noi non compriamo da frantoi, anche perché sarebbe impensabile per come è fatta la struttura produttiva italiana, ma compriamo dai trasformatori, che ci firmano dei contratti alti così, con dei capitolati alti così e con delle garanzie alte così e delle penali piuttosto pesanti. Sull'italianità, quando noi la richiediamo, evidentemente ci devono garantire.
  Noi controlliamo il pezzo che riguarda il nostro produttore, che a sua volta deve garantire che la parte precedente sia tutelata. Noi non arriveremo mai al frantoio (se è questa la domanda che lei vuol fare) anche perché non ci sarebbe possibile.
  È un problema di tracciabilità ed è lo stesso sistema che utilizza anche l'autorità quando si reca in uno stabilimento e fa le prove di rintracciabilità, fa i bilanci di massa e verifica che tutta la parte che è sotto il controllo di quell'operatore sia effettivamente gestita in modo corretto. Questo è il sistema che noi applichiamo.

  FRANCESCO PUGLIESE, Amministratore delegato e Direttore Generale della Conad. La legge esiste e già lo prevede, noi andiamo a controllare che rispetto al capitolato abbiano al loro interno un sistema di tracciabilità che garantisce sicurezza, e le assicuro che (magari non nell'olio ma in altre di situazioni) in tante occasioni siamo stati di stimolo per i piccoli fornitori a mettere in piedi sistemi di tracciabilità più efficaci.
  Sull'olio però c’è la legge che ce lo dice e su quello che è italiano scriviamo italiano e su quello che è comunitario lo indichiamo.

  FRANCESCO CARIELLO. Noi siamo una Commissione d'inchiesta, quindi non stiamo valutando cosa fa Conad e i suoi metodi di controllo, ma dobbiamo cercare spunti che ci permettano di ridurre al minimo il fenomeno dalla contraffazione.
  Mi chiedevo quindi come una grande distribuzione come la vostra intercetti questi fenomeni, guardando soprattutto all'origine piuttosto che alla commercializzazione del prodotto finito, per cercare di ampliare la nostra indagine e il nostro stesso motivo di esistere come Commissione istruttoria.

  PRESIDENTE. Premesso che la legge, come ha detto il dottor Pugliese, impone che se è olio italiano sia scritto, così come se è olio comunitario o extracomunitario, nel momento in cui c’è una tracciabilità completa che Conad effettua attraverso i suoi stabilimenti e suoi commercianti, quando scoprite una frode come vi comportate ?
  Voi ovviamente valutate anche le scelte dei consumatori, ma il consumatore cosa fa negli ultimi tempi, sceglie la qualità, sceglie la DOP o sceglie il prezzo ?

  FRANCESCO PUGLIESE, Amministratore delegato e Direttore Generale della Conad. Vorrei che fosse semplice rispondervi dicendo qual è la scelta effettiva del consumatore, ma purtroppo non è così: oggi abbiamo a che fare con un consumatore che vuole tutto, quindi vuole un prodotto di qualità che deve essere a un prezzo accettabile e vuole trasparenza e chiarezza nell'ambito non solo delle informazioni, ma anche nella continuità nel tempo di questo tipo di azioni.
  Se troviamo delle frodi, oltre a bloccare il fornitore denunciamo, però per fortuna fino ad oggi non abbiamo trovato situazioni Pag. 10del genere, ma io mi sto focalizzando su ciò che è prodotto di marca Conad ed è il 25 per cento del mercato dell'olio d'oliva nei nostri negozi, mentre per il 75 per cento che è affidato all'azienda di marca è un problema loro e non facciamo quasi nulla.
  Lì, però, in caso di frode a monte, i primi frodati siamo noi, che dobbiamo mettere dei sistemi di controllo per il nostro marchio, come abbiamo fatto, e ci dobbiamo tutelare, ma comunque la frode viene fatta da chi ce lo ha venduto senza rispettare l'accordo.
  Ancora di più per le aziende di marca, perché non possiamo controllare tutto quello che fanno, non è nemmeno nostro compito perché siamo dei commercianti.
  Rispetto a ciò che si potrebbe fare, vi do uno stimolo: nel vino è stata introdotta l'analisi isotopica, bisogna aumentare la ricerca e creare standardizzazioni condivise e una banca dati comune esattamente come per il vino, che vada a identificare e a fare standard ai quali tutti ci dobbiamo attenere.
  È più semplice per noi in termini di controllo, è più semplice per l'autorità fare i controlli, però bisogna investire in ricerca, perché oggi il vero rischio è che si proceda a interventi differenziati, per cui ognuno fa il suo e dice la sua in termini di metodo, che non è la maniera migliore per fare chiarezza, perché quello che fa la differenza è davvero la standardizzazione del metodo, la banca dati unica che diventa il punto di riferimento.
  Se non si procede così come per il vino, diventa più difficile.

  PRESIDENTE. Lei prima ha fatto riferimento allo stabilimento di produzione, su cui forse un chiarimento va fatto. Credo si riferisca al regolamento comunitario, che prevede tutti i prodotti agroalimentari, non solo di questa filiera ?
  Con il collega Gallinella veniamo dalla Commissione agricoltura, è un tema tuttora aperto e, nel momento in cui il Parlamento ha votato una legge sull'etichettatura di tutti i prodotti agroalimentari ed eravamo in attesa dei decreti attuativi, purtroppo il Parlamento europeo va in un'altra direzione e cancella lo stabilimento di produzione.
  So che su questo c’è una petizione, c’è un grande movimento, ma anche grande attenzione dei parlamentari qui presenti perché si tratta di un principio di tutela per il made in Italy. Era questo il riferimento giuridico ?

  FRANCESCO PUGLIESE, Amministratore delegato e Direttore Generale della Conad. Certo.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Pugliese insieme al dottor Artoni e al dottor Cerioli perché è stata un'audizione completa e anche fuori dalle righe, in quanto il dottor Pugliese contraddistingue le sue audizioni con la sua schiettezza e permette alla Commissione di avere accesso anche a dati che apprendiamo, ma che non sono verificabili da parte nostra. Noi approfitteremo della vostra presenza anche per altre produzioni e per altri settori della filiera.

Audizione del Presidente di Federolio, Giuseppe Masturzo.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Presidente di Federolio, Giuseppe Masturzo, che è accompagnato dal direttore di Federolio, Tullio Forcella, e dall'avvocato Paolo Marini.

  GIUSEPPE MASTURZO, Presidente di Federolio. Grazie, presidente, ringrazio la Commissione per questo invito. Mi riallaccio ad alcune precedenti audizioni di questa Commissione che ci hanno particolarmente impressionato e offerto contenuti di riflessione e anche alla risoluzione parlamentare dell'onorevole Mongiello, che noi della Federolio condividiamo al cento per cento.
  Se mi è concessa una battuta, poiché in una precedente audizione di altra Commissione il Presidente dell'Assitol, Giovanni Zucchi, si è dichiarato d'accordo al Pag. 1199 per cento, c’è un punto a nostro vantaggio perché siamo d'accordo veramente al 100 per cento.
  C'era un solo accenno alla produzione italiana di 400.000 tonnellate su cui non eravamo d'accordo perché non ci arriviamo, ma rileggendo la risoluzione ho visto che precisa «probabilmente inferiore a 400.000 tonnellate» e quindi anche su questo ho dovuto essere d'accordo.
  Molti invece sono i punti di divergenza rispetto all'intervento del dottor Pugliese e al ruolo della grande distribuzione, a cui poi arriveremo.
  Il mio intervento verterà nella prima parte su quello che è stato fatto dalla Federolio in materia di contraffazione, mentre in una seconda parte del mio intervento vorrei porre sul tappeto due quesiti, ai quali vorrei avere una risposta, naturalmente non oggi perché forse non è la sede opportuna, perché ci stanno particolarmente a cuore.
  La parte repressiva è infatti estremamente importante, però è chiaro che nell'interesse di tutti e in particolare del consumatore è necessario che nel settore le cose vadano bene in modo da limitare l'esigenza di interventi di repressione. Nell'interesse del settore avrei quindi questi due argomenti da porre all'attenzione della Commissione.
  L'audizione in questa Commissione a cui faccio riferimento è quella del 16 febbraio 2015, in cui sono stati sentiti due sostituti procuratori della Repubblica di Siena e di Trani, Aldo Natalini e Antonio Savasta, oltre ai principali responsabili degli organi di controllo.
  Da questa audizione sono emerse alcune criticità. La prima riguarda degli oli deodorati presentati come olio extravergine di oliva, la seconda criticità è la non corretta indicazione dell'origine degli oli extravergine, che a sua volta dividerei in due punti, la miscelazione di oli di origine diversa da quella italiana spacciati come italiani e le false fatturazioni a servizio di questa frode, nonché un secondo aspetto sull'origine relativo a segni distintivi mendaci, che possono creare confusione.
  Il terzo tipo di frodi rilevato è quello della effettiva conformità alle norme di alcuni oli presentati come extravergini. Mi riferisco a oli di prezzo relativamente basso e di qualità non eccezionale.
  Rispetto a questi tre problemi la Federolio si è dimostrata estremamente sensibile e ha accelerato un processo che era già in fase avanzata per la redazione di alcuni standard che potessero permettere la prevenzione di questi fenomeni.
  Gli standard della Federolio sono dei suggerimenti che l'associazione rivolge ai suoi associati, la ditta è libera di seguirli in tutto o in parte e sicuramente per la loro implementazione occorrerà del tempo. Hanno quindi una valenza interna all'associazione, in quanto diciamo alle ditte associate che seguendo questa strada potranno prevenire determinati problemi, e hanno anche una valenza all'esterno, perché un'associazione che detta norme di questo tipo che sono di carattere assolutamente volontario abbia l'autorevolezza per chiedere quanto a nostro avviso è giusto chiedere.
  Inizierei dal discorso dell'origine, rispetto alla quale abbiamo redatto due standard. Il primo standard prevede una tracciabilità spinta, nel senso che l'articolo 18 del Regolamento 178 del 2002, nel dettare le norme relative alla tracciabilità, consente a ogni operatore del settore alimentare di rifarsi allo stadio immediatamente precedente e immediatamente successivo.
  Poiché abbiamo fenomeni di falsa fatturazione e poiché l'origine dell'olio deriva dal fatto che le olive siano coltivate e molite in Italia, consigliamo ai nostri associati di non fermarsi allo stadio immediatamente precedente, ma di acquisire una documentazione fino allo stato del frantoio.
  Ovviamente bisognerebbe andare ancora più in là, cioè allo stadio delle olive, ma questo per noi è estremamente oneroso, per cui oltre ad arrivare allo stadio del frantoio chiediamo al frantoio un'attestazione e che la documentazione dell'ultimo stadio sia disponibile presso di lui e sia disposto a esibirla in qualsiasi momento Pag. 12e naturalmente che non abbia comprato oli da altri operatori economici e abbia invece comprato tutte le olive in produzione, perché teoricamente potrebbe comprare anche olive non italiane.
  Si tratta quindi di un sistema di tracciabilità spinta. Lo standard n. 2 riguarda invece i marchi che, pur essendo assolutamente legali (c’è stata una serie di pronunce giudiziarie in questo senso), possono essere ritenuti ingannevoli. Mi riferisco al fenomeno di Marini Roma, laddove leggendo Marini Roma Unione europea posso essere indotto a ritenere che quell'olio sia di Roma. Naturalmente trattasi di marchi che hanno avuto specifica registrazione, a norma dell'articolo 4, paragrafo 3 del Regolamento n. 29 del 2012, quindi sono cose assolutamente legali, ma gli standard di Federolio suggeriscono che su base volontaria si faccia di più.
  In questo caso abbiamo suggerito una specifica dizione che riguarda non solo il marchio, ma anche le ragioni sociali che contengono al loro interno una indicazione di origine, in quanto occorre mettere con chiarezza in etichetta una dizione aggiuntiva che specifichi che la località contenuta nel marchio o nella ragione sociale non è indicativa dell'origine del prodotto. Questi sono gli standard che riguardano l'origine.
  Taluni ritengono che il problema deodorato si possa risolvere analiticamente; a quanto ci risulta non siamo ancora a questo punto, gli studi in corso consentono di rintracciare il deodorato nei casi più eclatanti, ma qualora sia in miscela con altri oli in percentuali non elevatissime riteniamo che non si possa ancora individuare con l'analitica.
  In questo caso interviene la tracciabilità, alla quale sia il dottor Natalini che il dottor Savasta nel parlare del problema dei trasporti e dell'Operazione Fuente hanno dato notevole importanza. Lo standard Federolio è abbastanza semplice: l'olio extravergine non si compra in raffineria.
  Desidero ricordare che già nel 1998 la Federolio aveva chiesto alla Comunità europea di intervenire con una norma di questo tipo che vietasse alle raffinerie di vendere extravergine; c’è un ulteriore documento molto chiaro dell'associazione nel 2011, quindi ben prima dei recenti problemi, che chiede la stessa cosa, lo standard Federolio è molto semplice, quindi invitiamo i nostri associati a non comprare extravergine in raffineria.
  Terzo punto, qualità quindi conformità. Anche questo standard sui marchi è molto coraggioso, perché sconsigliano ai nostri associati di miscelare oli extravergini con oli vergini, abbiamo poi una griglia di parametri più restrittivi, che riguardano sia parametri compresi nel 2568 che parametri non compresi nella metodica ufficiale, in particolare pirofeofitine e digliceridi, quindi abbiamo stabilito parametri più restrittivi ai quali i nostri associati si devono attenere per garantire una qualità più elevata nell'ambito della lotta contro il deodorato.
  Abbiamo infine il panel, per cui abbiamo invitato i nostri associati a non avviare alcun olio al confezionamento se non dopo che l'olio sia stato analizzato da un panel almeno professionale. Anche qui abbiamo una griglia di parametri, per cui diciamo ai nostri associati, quando i parametri particolarmente significativi per l'organolettico tipo etilestiri, perossidi, K232 sono estremamente favorevoli, ovviamente basta l'assaggio di un esperto all'interno dell'azienda; quando invece si discostano o superano questi parametri è estremamente importante un panel professionale, quando si avvicinano ai dati limite noi consigliamo addirittura il ricorso a un panel non professionale ma addirittura ufficiale.
  A questo proposito mi sia consentito esplicitare con chiarezza la posizione della nostra federazione rispetto a un problema molto sensibile come quello del panel test, metodica che ha una certa soggettività, cosa che non diciamo noi ma che dichiara la stessa Comunità nel tredicesimo del Regolamento n. 1638 del 1998, in cui si legge: «di recente si è riusciti a migliorare i metodi di analisi sensoriali, i quali restano tuttavia condizionati per loro stessa natura al rischio di una certa soggettività».Pag. 13
  Lo dice anche il Procuratore Natalini, laddove dichiara che non fonderebbe i rilievi sulla prova panel, perché è una «prova limitata alla valutazione ancorché tecnica di soggetti», ma altri magistrati come Caselli invece ritengono che su queste basi si possano fare dei rilievi.
  Naturalmente sarebbe ottimale se anche l'organolettico potesse essere, se non determinato, quantomeno confortato da determinazioni analitiche. È una scienza oggetto di studio soprattutto sulla componente volatile di alcune sostanze, siamo vicini alla soluzione almeno per taluni difetti previsti dal 2568, però non ci siamo ancora.
  Nel frattempo c’è chi chiede l'abolizione del panel test, ma la nostra federazione è contraria, perché ritiene che il ruolo di questo strumento sia stato in ogni caso importante nell'elevare la qualità di taluni extravergini presenti in commercio.
  Ci battiamo molto per una corretta applicazione del panel, che è tanto più sensibile in quanto sia la stessa Comunità sia tante altre persone che non sono nel mondo del confezionamento riconoscono questa soggettività.
  Applicare bene il panel per noi vuol dire innanzitutto estremo rigore. L'allegato 1 bis del Regolamento 2568 prevede modalità molto precise per il prelevamento e la conservazione dei campioni, non sono tecnicismi perché è chiaro che il campione deve essere rappresentativo del lotto, la conservazione è estremamente importante perché qualsiasi olio per quanto buono, se conservato male, alla fine irrancidisce, quindi non è forma ma è sostanza.
  Occorrerebbe che, qualora all'olio sia riconosciuto un difetto, il panel non andasse in revisione senza sapere che è un olio già bocciato dall'organolettico, perché i medici danno ragione ai medici e i panelisti danno ragione ai panelisti, e, terzo punto estremamente importante, occorrerebbe che il difetto trovato in seconda istanza fosse lo stesso di quello trovato in prima istanza, perché trattasi di panel ufficiale, quindi se all'assaggio un olio è rancido deve ovviamente esserlo per tutti e non può avere un difetto di morchia o di avvinato.
  In presenza di una corretta applicazione di queste tre condizioni riteniamo che la soggettività che è inevitabilmente connessa con il panel sia tuttavia talmente ridotta da poter essere sufficientemente sicuri che quell'olio extravergine presenti i difetti riscontrati. Questi sono i sei standard con i quali la nostra associazione vuole rispondere a tutte le ipotesi frode rilevate nell'audizione del 16 febbraio che ci ha particolarmente impressionato.
  Avrei dovuto dire in premessa che la Federolio è l'associazione che raduna le imprese confezionatrici, mentre l'Assitol sentita in altre Commissioni è l'associazione che raduna le imprese dell'industria. Lo dico perché spesso veniamo appellati come industriali, quali in parte siamo, però c’è una distinzione tra il mondo dell'industria, cioè coloro che hanno stabilimenti di raffinazione di oli di oliva, di sanza o di semi, quindi operano processi industriali, e le nostre aziende che invece fanno parte dal mondo del commercio e del confezionamento.
  Vengo quindi alla seconda parte del mio intervento, che mi sta particolarmente a cuore.

  PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo, dottore, ma abbiamo i lavori d'Aula per cui la inviterei a una maggiore sintesi, anche perché tra l'altro oggi abbiamo il Presidente del Consiglio. Ovviamente può fare una sintesi del suo intervento e lasciare la relazione agli atti della Commissione in modo che possa essere oggetto di studio da parte dei commissari.

  GIUSEPPE MASTURZO, Presidente di Federolio. Grazie. Il primo problema riguarda il ruolo della distribuzione in generale e della grande distribuzione in particolare per quanto riguarda la possibilità di elevare la qualità degli oli di oliva ed extravergini in particolare.
  Stranamente un prodotto come l'olio vergine non è presente sugli scaffali e riteniamo che questo sia dovuto al fatto che abbiamo confezionatori di oli di fascia molto alta, media e bassa e a un certo punto si dovrebbe passare alla categoria Pag. 14dell'extravergine, ma la grande distribuzione ha la capacità di imporre con la sua forza contrattuale degli oli di prezzo basso, quindi di qualità non eccellente, però commercializzati come extravergine.
  La irresponsabilità della distribuzione in generale e della grande distribuzione in particolare risale all'articolo 19 della legge n. 283 del 1962, che stabilisce che la confezione sia chiusa da altri e quindi non se ne debba rispondere. Ovviamente noi siamo perfettamente d'accordo che la responsabilità non possa che essere del confezionatore, però riteniamo che ci possa essere una corresponsabilità da parte della grande distribuzione.
  Dal 1962 la situazione è completamente cambiata, di questo si è accorto anche il legislatore comunitario con il fondamentale articolo 17 del Regolamento 178 del 2002, il quale dice: «spetta agli operatori del settore alimentare garantire che nelle imprese da essi controllate gli alimenti soddisfino le disposizioni della legislazione alimentare in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione, e verificare che tali disposizioni siano soddisfatte».
  A me sembra una norma estremamente chiara, secondo la quale tutti gli operatori, anche quelli della distribuzione, devono non solo garantire ma anche verificare la rispondenza degli alimenti alla legislazione alimentare.
  Sempre in questo senso abbiamo anche l'articolo 8, paragrafo 3 del nuovo Regolamento sull'etichettatura n. 1169 del 2011, che recita: «gli operatori del settore alimentare che non influiscono sulle informazioni relative agli alimenti non forniscono alimenti di cui conoscono o presumono, in base alle informazioni in loro possesso in qualità di professionisti», la non conformità alla normativa applicabile.
  Questo viene di solito interpretato in senso restrittivo, come esigenza di verificare solo che l'origine sia in etichetta, ma a me sembra un'interpretazione veramente restrittiva. Non si vuole assolutamente venir meno alle proprie responsabilità, però riteniamo che in relazione a un certo tipo di prodotti soltanto affiancando alla responsabilità del produttore confezionatore anche quella della grande distribuzione si ottenga un rispetto della norma già esistente in grado di determinare un notevolissimo incremento della qualità degli extravergine.
  La mia prima domanda è quindi perché le disposizioni dell'articolo 17 del Regolamento n. 178 e dell'articolo 8 del Regolamento n. 1169 non vengano mai applicate.
  C’è un clima di rinnovata concordia tra tutti gli elementi della filiera. Quest'anno la produzione italiana è estremamente scarsa; quando si facevano dichiarazioni sui 5-6 milioni di quintali era meno chiaro, mentre adesso capiamo che la produzione italiana va dai 2 ai 3 milioni di quintali, però al mondo del confezionamento e dell'industria servono 10 milioni di quintali, quindi c’è uno squilibrio estremamente rilevante.
  Oggi 4 bottiglie su 5 vendute non possono essere di prodotto italiano e soprattutto c’è uno squilibrio strutturale che è destinato a durare. Naturalmente occorre trasparenza, occorre che il mondo del confezionamento valorizzi la produzione italiana, però c’è un gap enorme tra le esigenze del mondo del confezionamento e la disponibilità di olio.
  Questo sul mercato interno, dove abbiamo una notevole informazione del consumatore, crea meno problemi, ma crea rilevanti problemi sui mercati esteri, perché gli importatori esteri che si rivolgono ai marchi italiani chiedono prodotto italiano e, se ricevono in offerta il prodotto non italiano, ma spagnolo, tendono a rivolgersi direttamente allo Stato estero e quindi a scavalcare l'operatore nazionale.
  Questo determina una notevole riduzione delle quote di mercato e le difficoltà del settore commercio, come vediamo dai marchi sempre più numerosi acquisiti da operatori stranieri. Nel momento in cui per necessità (sottolineo per necessità e non per scelta) noi operatori italiani siamo costretti a utilizzare olio non italiano restiamo pur sempre aziende italiane oppure cambiamo nazionalità, pur avendo sede in Italia, lavoratori italiani e pagando tasse in Italia ?Pag. 15
  Il discorso trasparenza non è in discussione, però a nostro avviso, finché perdura questo enorme gap tra le esigenze del commercio italiano e quelle della produzione, ci vorrebbero non due ma tre livelli di prodotto, un prodotto cento per cento made in Italy ai massimi livelli e un prodotto intermedio che possa far preferire le aziende italiane che utilizzano prodotto non italiano rispetto alle aziende non italiane che usano prodotto non italiano.
  Se non siamo visti come italiani, ovviamente alla fine questo non può che causare una perdita estremamente significativa di quote di mercato, perché attualmente l'80 per cento dell'olio che per necessità e non per scelta siamo costretti a offrire è un olio non italiano.
  Chiedo scusa se sono stato molto lungo, ma avevo chiesto prima se avessi dei tempi limitati.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Presidente di Federolio, Giuseppe Masturzo, che è accompagnato da Tullio Forcella e dall'avvocato Paolo Marini. Ho dimenticato di dire al dottor Pugliese che, qualora volesse lasciare agli atti una relazione o inoltrarla successivamente, saremo ben lieti di prenderne visione.

Audizione del funzionario dell'Ufficio Intelligence della direzione Centrale Antifrode dell'Agenzia delle dogane e monopoli, Rocco Antonio Burdo.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del funzionario dell'Ufficio Intelligence della Direzione Centrale Antifrode dell'Agenzia delle dogane e monopoli, Rocco Antonio Burdo, a cui lascio immediatamente la parola.

  ROCCO ANTONIO BURDO, funzionario dell'Ufficio Intelligence della Direzione Centrale Antifrode dell'Agenzia delle dogane e monopoli. Grazie, presidente, vi ringrazio per questa opportunità. Cercherò di fornire le specificazioni richieste in occasione della visita della delegazione della Commissione presso la Sala analisi dell'Ufficio Intelligence della Direzione Centrale Antifrode dell'Agenzia delle dogane e monopoli.
  Parlerò della mia esperienza come responsabile dell'Ufficio Intelligence, nel corso della quale credo di avere individuato almeno 4 diversi focus di interesse per la Commissione: l'esistenza di relazioni aziendali italo-spagnole potenzialmente in grado di condizionare le dinamiche del mercato dell'olio con connessioni fiscali e tributarie; l'analisi critica della deterrenza offerta dall'articolo 515 del Codice penale, cioè come sta funzionando il dispositivo di contrasto alle frodi; le ridotte sinergie nel dispositivo di prevenzione e di controllo; l'eccessiva conflittualità delle linee di indirizzo politico-strategiche nel settore dell'olio di oliva, segnatamente per l'individuazione del made in Italy, che stanno comportando distorsioni nelle attività di controllo, con riguardo alle criticità delle operazioni.
  Per queste quattro diverse categorie ho elaborato dei dati di carattere nominale e giudiziario, quindi chiederei al presidente di passare in seduta segreta.

  PRESIDENTE. Dispongo la disattivazione dell'impianto audio-video.
  (La Commissione prosegue in seduta segreta)

  PRESIDENTE. Dispongo la riattivazione dell'impianto audio-video.
  (La Commissione prosegue in seduta pubblica)

  PRESIDENTE. Nel ringraziare tutti i nostri ospiti, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.20.

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Documentazione presentata da Federolio.

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