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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza e di identificazione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti nei centri di accoglienza, nei centri di accoglienza per richiedenti asilo e nei centri di identificazione ed espulsione

Resoconto stenografico



Seduta n. 18 di Mercoledì 29 luglio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Migliore Gennaro , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro dell'interno, Angelino Alfano:
Migliore Gennaro , Presidente ... 3 
Alfano Angelino (AP) , Ministro dell'interno ... 3 
Migliore Gennaro , Presidente ... 10 
Rondini Marco (LNA)  ... 10 
Migliore Gennaro , Presidente ... 10 
Brescia Giuseppe (M5S)  ... 10 
Migliore Gennaro , Presidente ... 12 
Beni Paolo (PD)  ... 12 
Migliore Gennaro , Presidente ... 13 
Alfano Angelino (AP) , Ministro dell'interno ... 13 
Migliore Gennaro , Presidente ... 13 
Alfano Angelino (AP) , Ministro dell'interno ... 13 
Palazzotto Erasmo (SEL)  ... 14 
Migliore Gennaro , Presidente ... 14 
Palazzotto Erasmo (SEL)  ... 14 
Migliore Gennaro , Presidente ... 15 
Alfano Angelino (AP) , Ministro dell'interno ... 15 
Migliore Gennaro , Presidente ... 21 
Alfano Angelino (AP) , Ministro dell'interno ... 21 
Migliore Gennaro , Presidente ... 22 
Alfano Angelino (AP) , Ministro dell'interno ... 22 
Migliore Gennaro , Presidente ... 22 
Alfano Angelino (AP) , Ministro dell'interno ... 22 
Migliore Gennaro , Presidente ... 23 
Gadda Maria Chiara (PD)  ... 24 
Lorefice Marialucia (M5S)  ... 24 
Palazzotto Erasmo (SEL)  ... 24 
Migliore Gennaro , Presidente ... 25 
Alfano Angelino (AP) , Ministro dell'interno ... 25 
Lorefice Marialucia (M5S)  ... 25 
Alfano Angelino (AP) , Ministro dell'interno ... 25 
Migliore Gennaro , Presidente ... 25 
Alfano Angelino (AP) , Ministro dell'interno ... 26 
Migliore Gennaro , Presidente ... 26

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GENNARO MIGLIORE

  La seduta comincia alle 14.10.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Ministro dell'interno, Angelino Alfano.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro dell'interno, Angelino Alfano, in merito al funzionamento del sistema di accoglienza predisposto per fronteggiare l'afflusso di stranieri sul territorio nazionale e sulle relative strutture, anche con riguardo ai centri per minori non accompagnati. Ringrazio il Ministro Angelino Alfano per la sua presenza. Il Ministro è accompagnato dal dottor Frattasi.
  Avverto che della presente audizione verrà redatto un resoconto stenografico e che, ove necessario, i lavori della Commissione potranno proseguire anche in seduta segreta. La seduta, a quel punto, vedrà la presenza esclusivamente dei componenti della Commissione e, quindi, dei commissari e dei nostri consulenti. Lo dico in premessa, in modo tale che poi avvenga in automatico.
  Al riguardo, per assicurare la massima fluidità al dibattito pubblico, prego i commissari di riservare eventuali quesiti da sviluppare in sede riservata alla parte finale della seduta.
  Nel dare il benvenuto al Ministro Alfano, gli cedo la parola.

  ANGELINO ALFANO, Ministro dell'interno. Grazie, signor presidente e onorevoli colleghi. Ho accolto molto volentieri l'invito del presidente Migliore a fornire il mio contributo di conoscenza e di valutazione sul funzionamento del sistema di accoglienza degli stranieri richiedenti protezione internazionale. Ringrazio il presidente e voi tutti per l'opportunità che mi viene offerta in questa occasione e vi premetto che il mio intervento si svilupperà in tre parti.
  Dopo alcune brevi considerazioni introduttive mi soffermerò sulle connotazioni del nostro sistema di accoglienza, indicandone i tratti essenziali e gli aspetti di policy. In quest'ambito troveranno spazio alcune brevi considerazioni sull'attività delle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale. Sono convinto, infatti, che il sistema dell'accoglienza considerato in una visione d'insieme non possa fare certo a meno di un ottimale funzionamento di questi organismi, la cui attività, allorché sia ben regolata, è in grado di fornire un contributo essenziale alla fluidità dell'intero sistema, consentendo peraltro di sbarrare l'accesso alle domande presentate per finalità puramente strumentali.
  Completerò poi la descrizione del sistema con un quadro riassuntivo delle attività di controllo sulla gestione dei centri Pag. 4governativi, dando conto dei presìdi di legalità e trasparenza attivati in materia.
  Proseguirò poi con alcune considerazioni sull'attuazione dell'Agenda Juncker, vale a dire sulle riflessioni che si stanno svolgendo sui tavoli di Bruxelles per trovare nuove e più efficaci risposte ai problemi dell'immigrazione, mai come in questo momento percepiti come cruciali per lo sviluppo delle relazioni internazionali.
  L'ultima parte del mio intervento sarà dedicata alle misure in favore dei minori non accompagnati, che rappresentano uno dei temi più dolenti dell'universo migratorio.
  Preliminarmente, come dicevo, vorrei sottoporre alla vostra riflessione alcune considerazioni da cui ritengo che non si possa prescindere ai fini della comprensione della complessità dei problemi che in questa fase storica condizionano l'evoluzione della questione migratoria.
  La pressione derivante dai flussi imponenti di stranieri in fuga dalle zone più povere e più critiche del mondo sta interessando i Paesi avanzati, l'Europa e naturalmente l'Italia, in una misura che non accenna a esaurirsi. Se andiamo a esaminare i dati che in poco più di un decennio, ossia dal 2003 al 2014, fotografano l'andamento degli sbarchi in Italia, possiamo osservare che, con la parentesi, devo dire abbastanza breve, dell'accordo con la Libia, il trend si è sempre mantenuto uniforme, per poi mostrare nell'ultimo quinquennio un deciso aumento.
  Soprattutto l'esplosione della primavera araba determinò un incremento eccezionale, centuplicando il dato degli arrivi. L'instabilità dell'area nordafricana e di quella mediorientale, congiunta all'aggravamento della crisi endemica delle zone subsahariane, è alla base dell'ulteriore impennata dei flussi fronteggiati dal nostro Paese, dopo la strage di Lampedusa, con una strategia di intervento che è servita a scongiurare una catastrofe umanitaria. Noi siamo i protagonisti della più grande azione umanitaria nella storia della Repubblica italiana.
  A conclusione di questa premessa vorrei solo aggiungere che oggi, grazie all'impegno italiano, abbiamo finalmente posto le basi perché l'Unione europea per la prima volta dispiegasse il suo diretto intervento nel Mediterraneo. È stato un passo importante non solo per i riflessi interni – l'Italia intanto ha potuto sgravarsi dal peso finanziario di Mare Nostrum – ma anche per gli aspetti di politica europea, facendo sì che venisse preso in carico dall'Unione europea quello che poco tempo prima era, invece, percepito come un problema solamente italiano.
  Tornerò più tardi sugli esiti degli ultimi negoziati europei e sull'indirizzo che si sta chiaramente delineando. Si tratta di una nuova idea di solidarietà tra i Paesi membri, che sta prendendo progressivamente e faticosamente corpo, non senza resistenze, non senza rigurgiti nazionalisti, non senza contraddizioni, ma è indubbio che sia stato fatto un primo e significativo passo e che d'ora in poi si possa sperare di poter davvero andare avanti su questa strada.
  La nostra politica migratoria si sta misurando con scenari che non sono più emergenziali e neanche effimeri. È giusto, dunque, che il sistema di accoglienza si adegui a questo dato di realtà. È un dato di realtà del quale bisogna tener conto. Occorre che il nostro sistema di accoglienza si adegui, basando gli interventi gestionali e amministrativi su due elementi: la leale collaborazione istituzionale e la sussidiarietà tra i diversi livelli di governo. In parole più semplici, si tratta di applicare a noi stessi ciò che a giusta ragione chiediamo all'Europa.
  Conclusa questa doverosa premessa, passo a fornirvi alcuni dati che ritengo utili a inquadrare la dimensione del sistema nazionale di accoglienza e lo sforzo che esso sta producendo in questa fase. Attualmente le varie tipologie di struttura del sistema accolgono complessivamente 86.000 migranti. Di essi 9.000 sono ospitati nei centri governativi, cioè nei Centri di primo soccorso e accoglienza – che sono 13, dislocati in prossimità delle zone di arrivo – e presso i CARA. In questo caso si tratta di 10 strutture in tutto, che, come dice il loro acronimo, riguardano solo i richiedenti asilo.Pag. 5
  Ventimila, invece, sono residenti presso gli enti locali che compongono la rete del Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati, in attuazione di 456 progetti di accoglienza. Cinquantasettemila, infine, sono presenti nei centri di accoglienza allestiti in via temporanea.
  Voglio precisare che i centri di accoglienza temporanea vengono attivati nei casi in cui non ci sia più la necessaria capienza nei centri governativi o nello SPRAR. È del tutto evidente che le criticità si manifestano soprattutto in corrispondenza dei picchi degli arrivi ed è per questo, dunque, che la policy dell'accoglienza è stata rivolta a rafforzare la disponibilità del Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati, passando dai 3.000 posti che io ho trovato quando sono diventato ministro agli oltre 20.000 posti attuali, tutti in collaborazione con i comuni attraverso il sistema cosiddetto SPRAR. È in corso una nuova iniziativa, che metterà a bando altri 10.000 posti.
  Tuttavia, il fenomeno migratorio, anche per le stesse cause che ne sono all'origine, continuerà a subire oscillazioni periodiche e imprevedibili e il suo andamento potrà ancora registrare improvvise frenate o improvvise accelerazioni. Ne consegue che il sistema di accoglienza non può fare a meno e non potrà fare a meno di strutture temporanee, che rappresentano l'elemento di flessibilità del sistema, non potendo ovviamente, anche per motivi di spesa, il sistema delle strutture temporanee essere tarato sull'ipotesi massima del numero degli arrivi.
  Credo che questa precisazione sia importante, perché contiene un'esauriente risposta a coloro che, muovendo magari da un'approssimativa conoscenza del fenomeno, ritengono che la ricerca urgente dei posti derivi da un'improvvisazione del sistema. Invece, una delle direttrici della politica di accoglienza è proprio quella di sollecitare anche in questa fase la leale collaborazione delle regioni e dei comuni, nella consapevolezza che affrontare un aspetto così complesso richiede una governance, ossia una strategia orizzontale e inclusiva, piuttosto che strumenti di government, ossia verticistici e autoritativi.
  L'intesa sancita un anno fa nell'ambito della Conferenza unificata – mi riferisco all'intesa del luglio 2014 – stabilisce, proprio in quest'ottica, la realizzazione di strutture governative di prima accoglienza in ambito regionale o interregionale, definite come hub, con tempi di permanenza contenuti, al fine di garantire il massimo turnover delle presenze.
  Alla stessa logica rispondono il tavolo nazionale di coordinamento istituito presso il Viminale e i tavoli regionali costituiti presso ciascuna prefettura capoluogo di regione, cui partecipano i rappresentanti del territorio.
  Realizzando una sorta di burden sharing domestico, si prevede che questi organismi definiscano le quote dei migranti che dovranno affluire, in caso di necessità, presso le strutture in questione, secondo un criterio proporzionale che tenga conto della specificità dei territori.
  Allo stato sono attivi gli hub di Puglia, Calabria ed Emilia-Romagna, rispettivamente a Bari, Crotone e Bologna, per una ricettività complessiva di 2.200 persone. Altri sono in corso di allestimento in diverse regioni, mentre Friuli e Toscana hanno scelto di attivare, anziché strutture uniche, centri più piccoli e diffusi sul territorio, conservando comunque il modello concettuale dell’hub.
  Resta evidente, tuttavia, che il sistema di accoglienza nazionale, concepito come multilivello e collaborativo, funziona a condizione che tutti gli attori istituzionali facciano la propria parte, dando il loro apporto responsabile alla filiera amministrativa. È in questa logica che, dando seguito alle proposte delle regioni, ho inteso rafforzare la compartecipazione delle Istituzioni territoriali, cristallizzando anche in norma una linea collaborativa già sperimentata nella prassi.
  I criteri di ripartizione dei migranti definiti dal tavolo nazionale andranno infatti condivisi in sede di Conferenza unificata, mentre ai tavoli regionali sarà affidato di declinare quegli stessi criteri nel loro ambito di competenza territoriale. In Pag. 6questo senso dispone il decreto legislativo in via di approvazione definitiva che recepisce le direttive europee in materia di protezione internazionale.
  L'obiettivo è quello di distribuire equamente i richiedenti asilo e di far sì che i territori del Sud, specialmente la Sicilia, non vengano a sopportare il peso prevalente delle ondate migratorie, scontando incolpevolmente la loro vicinanza geografica ai Paesi rivieraschi dell'Africa. Vi sono regioni – a cominciare dalla Sicilia – che per la loro posizione geografica subiscono lo sbarco, che di per sé è una fatica da reggere. Allo sbarco si somma anche l'accoglienza. Mi pare principio minimo di elementare giustizia che chi subisce gli sbarchi subisca almeno l'accoglienza in quota pari rispetto agli altri. Non dico di azzerare l'accoglienza, ma di porla almeno in quota pari.
  La redistribuzione regionale dei migranti, come voi sapete, soffre ancora di squilibri, anche se di recente la forbice si è venuta a ridurre, segnando una contrazione dei divari tra alcune regioni del Sud e alcune regioni del Nord. L'operazione di riequilibrio, come è noto, non è priva di momenti di tensione, anche forti. Sul territorio si sono verificati momenti di tensione derivanti dall'arrivo dei contingenti di immigrati.
  In questi frangenti di particolare criticità, la prassi seguita dai prefetti è comunque nel senso di operare con il pieno sostegno delle realtà locali di insediamento, allo scopo di scongiurare la percezione che il fenomeno sia gestito con soluzioni imposte dall'alto. Non sempre riesce possibile, tuttavia, ottenere da parte dei sindaci quella risposta che sarebbe auspicabile, mentre le esigenze di allocazione dei migranti esigono, al contrario, interventi tempestivi per evitare ricadute ancora più pesanti sul territorio anche in termini di sicurezza e ordine pubblico.
  Al sindaco viene chiesta un'immediata collaborazione. Se la collaborazione non arriva immediatamente, comunque noi immediatamente dobbiamo agire. È accaduto, dunque, che, in mancanza di una dichiarazione di disponibilità da parte dei responsabili degli enti locali, i prefetti abbiano giocoforza provveduto alla sistemazione dei migranti in maniera autonoma.
  Nel decreto legislativo di prossima emanazione, quello che ho appena citato, si interviene anche su questo specifico aspetto, stabilendo che cosa ? Il prefetto, prima di attivare strutture straordinarie di accoglienza, deve sentire il sindaco, in maniera che l'allocazione dei migranti possa avvenire con il minor impatto possibile e nel pieno rispetto delle autonomie. Nel frattempo, ho dato disposizioni ai prefetti perché queste semplici norme di buonsenso vengano puntualmente rispettate ancora prima dell'entrata in vigore del decreto.
  Aggiungo, in piena onestà, che mi risulta che queste norme di pratico buonsenso vengano già ampiamente praticate. È un impegno forte quello di cui ho appena parlato, per il quale non ho esitato a sollecitare i prefetti a dare prova di tutta la loro riconosciuta capacità di mediazione e di gestione di problemi complessi. Resta, tuttavia, intollerabile che l'allocazione dei migranti sia stata presa a pretesto per inscenare comportamenti violenti, come si è verificato in alcune città – da ultimo a Roma – talora condizionati dall'infiltrazione di elementi dell'estremismo di opposta matrice. Faccio presente che a Roma si trattava di 19 migranti.
  Trovo, inoltre, decisamente miope e autolesionista strumentalizzare la questione migratoria per alimentare influssi disgregativi della coesione sociale o dare voce a sentimenti di qualunquismo antieuropeo. D'altra parte, diventiamo poco credibili in Europa se diamo prova di divisione e di chiusura egoistica replicando al nostro interno esattamente quello che imputiamo ai partner europei più riluttanti.
  Passo adesso al tema della gestione dei centri governativi e alla vigilanza sulla loro attività. La gestione dei centri avviene sulla base di un capitolato generale che disciplina – mi riferisco, ripeto, ai centri governativi di accoglienza – la fornitura dei relativi servizi secondo parametri qualitativi e costi assolutamente in linea con Pag. 7gli standard europei, come riconosciuto dall'Agenzia che si occupa dell'asilo a livello europeo, l'EASO (European Asylum Support Office).
  Alla vigilanza sui centri provvede il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione attraverso le prefetture, le quali attuano un'assidua attività di monitoraggio e controllo, applicando, in caso di accertato disservizio, una penale del 3 per cento del corrispettivo mensile, salvo il maggior danno. In caso di grave inadempienza, può essere esercitata la facoltà di risolvere il contratto.
  Tengo a sottolineare che il Ministero dell'interno, con una direttiva emanata nel febbraio scorso, ha chiesto a tutti i prefetti di potenziare i controlli sul complesso sistema contabile e finanziario correlato ai centri, verificando anche la rispondenza della qualità delle prestazioni erogate rispetto a quelle pattuite in sede di convenzione.
  Inoltre, con il decreto del Presidente della Repubblica n. 21 del 2015 è stato affermato il principio dell'uniformità delle regole organizzative nei centri di accoglienza sul territorio nazionale.
  Mi preme segnalare poi che nella gestione dei centri governativi lo Stato tende a operare con la collaborazione di tutti quegli organismi che, attraverso la loro attività di sostegno e l'esperienza specifica maturata nel settore, possono garantire forme e livelli sempre più adeguati di prossimità allo straniero.
  È in questa direzione che si colloca il progetto Praesidium, avviato nel 2006, riconosciuto quale best practice a livello europeo. Il progetto, che è cofinanziato dal Fondo europeo delle frontiere esterne, ha coinvolto l'ACNUR, l'Organizzazione internazionale delle migrazioni, la Croce Rossa Italiana e Save the Children nell'assistenza e sostegno dei migranti a partire dai luoghi di sbarco fino all'accoglienza nei centri. Applicato inizialmente a Lampedusa, il progetto è stato progressivamente esteso ad altre realtà territoriali, monitorando anche la qualità dei servizi resi all'interno dei centri di accoglienza.
  A partire dal 2013 nell'ambito di Praesidium sono state costituite delle Commissioni a composizione mista, con rappresentanti di prefetture e questure e di ciascuna organizzazione partner, con il compito di verificare presso ogni centro governativo il rispetto delle convenzioni stipulate. Nel 2014 sono state anche diramate le linee metodologiche sul funzionamento delle Commissioni e sono stati programmati due cicli di sopralluoghi, arrivando a monitorare anche due volte l'anno i centri governativi che risultavano operativi in quel periodo.
  A partire dal secondo semestre del 2014 e sino allo scorso 30 giugno il progetto Praesidium è stato parzialmente alimentato con risorse del Fondo europeo per l'asilo, la migrazione e l'integrazione, incrementando così l'attività di vigilanza, con 34 visite nel 2014 e altrettante nel primo semestre di quest'anno.
  Il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione ha poi predisposto mirati sopralluoghi presso i centri temporanei in Toscana, Lazio, Campania, Puglia e Friuli. Sono state 12 le visite ispettive eseguite nel 2015.
  Tengo a precisare che non si è trattato di un controllo formale o meramente cartolare. Ci sono stati, anzi, esiti concreti a carattere sanzionatorio, che hanno portato in diverse occasioni alla chiusura di strutture attivate in via temporanea o all'applicazione di penali, laddove i prefetti hanno constatato irregolarità o inadeguatezze di vario genere.
  Preciso anche che il progetto Praesidium, sebbene formalmente cessato, non è stato di certo abbandonato. Le relative attività stanno proseguendo in altra forma con la collaborazione dell'ACNUR e dell'Organizzazione internazionale delle migrazioni, sulla base di due distinte convenzioni.
  Passo adesso al tema delle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale. Una delle condizioni ineludibili per garantire la fluidità del sistema di accoglienza sta nella piena efficienza della rete delle Commissioni territoriali deputate a esaminare le domande Pag. 8dei richiedenti protezione internazionale. La loro attività rappresenta, come voi tutti sapete, il filtro indispensabile a separare gli aventi diritto dai migranti economici, i quali, non avendo altro titolo, sono destinati a lasciare il nostro territorio, venendo rimpatriati.
  Con il contributo determinante del Parlamento lo scorso anno abbiamo introdotto – parlo di cose a voi note – alcune misure organizzative volte ad accelerare e semplificare i procedimenti di riconoscimento. In particolare, abbiamo più che raddoppiato la possibilità di istituire le Commissioni territoriali e le relative sezioni, portandone il numero complessivo da 20 a 50 e introducendo anche i colloqui one to one in luogo dei colloqui collegiali. Il tutto perché spesso si verifica che si tratti di migranti provenienti dalla stessa area geografica, ragion per cui non è essenziale e indispensabile per ciascuno fare un esame collegiale con tanti commissari. Pertanto, abbiamo aumentato il numero delle Commissioni e semplificato le procedure.
  Queste misure, anche se andate a regime da poco, hanno già prodotto i primi risultati apprezzabili. Dall'inizio dell'anno alla data del 24 luglio le istanze definite dalle Commissioni territoriali sono state 29.219, con un aumento di circa il 52 per cento rispetto all'analogo periodo del 2014. Attendiamo risultati ancora più significativi nel prosieguo, considerato che le neoistituite Commissioni e sezioni stanno operando solo ora a pieno ritmo e che non è stato ancora del tutto raggiunto il loro tetto massimo, essendone attive 40 su 50 possibili.
  In precedenza ho fatto più volte riferimento a modifiche e integrazioni normative sulla disciplina della protezione internazionale che stanno per essere introdotte con il decreto legislativo di recepimento delle nuove direttive europee in materia. Cito ancora questo provvedimento per informare la Commissione che in esso verranno inserite anche disposizioni idonee a risolvere il problema – segnalato da questa Commissione con riferimento al caso Crotone – dei cosiddetti «stranieri di ritorno», ossia dei richiedenti asilo costretti a rientrare nella provincia di primo approdo per ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno.
  Con il decreto che vareremo si stabilirà intanto che la durata iniziale del titolo durerà fino a sei mesi, ossia passerà da tre a sei mesi. Già questa misura porterà a una forte attenuazione del fenomeno, perché, dal momento che le Commissioni territoriali, anche grazie al rafforzamento delle loro capacità operative, saranno in grado di concludere l'esame delle domande mediamente entro sei mesi, l'esigenza del rinnovo nella generalità dei casi verrà drasticamente ridimensionata. Non ci sarà bisogno di tornarvi, perché in sei mesi ci sarà il completamento del lavoro delle Commissioni.
  Inoltre, chiariremo che il richiedente asilo, ai fini del rilascio o anche del rinnovo del permesso di soggiorno, potrà senz'altro ottenere il titolo dalla questura del luogo dove legittimamente dimora, senza particolari allegazioni documentali. Con questa seconda misura si affronterà alla radice il problema che genera – come veniva segnalato per Crotone – difficoltà e disagi di vario tipo.
  Passo all'Agenda europea. Mentre continuiamo ad assicurare la funzionalità delle tradizionali strutture di accoglienza, siamo impegnati anche ad attuare le misure innovative indicate nell'Agenda europea della migrazione, quella concordata tra i Capi di Stato e di Governo, la cui attuazione pratica è stata delegata al Consiglio GAI (Consiglio Giustizia e Affari interni).
  Prosegue speditamente in questo senso la realizzazione dei cosiddetti hotspot, strutture situate in alcuni porti chiave in cui, anche in collaborazione con l'Agenzia europea per l'asilo ed altre Agenzie sempre europee, saranno effettuate tutte le procedure successive allo sbarco, compresi lo screening sanitario e l'identificazione. Tutta questa procedura avverrà negli hotspot.
  Sono già operativi gli hotspot di Lampedusa, Porto Empedocle e Pozzallo e Pag. 9saranno attivati nel breve-medio periodo gli hotspot di Augusta, Taranto e Trapani.
  È soprattutto dagli esiti delle negoziazioni in corso a Bruxelles che possiamo attenderci un serio decongestionamento del sistema di accoglienza, grazie a un inedito criterio di distribuzione tra i partner europei delle quote dei richiedenti asilo. L'ultimo Consiglio GAI ha stabilito che, a partire dal prossimo anno, verranno redistribuiti 24.000 stranieri attualmente residenti in Italia e in Grecia che hanno fatto richiesta di protezione internazionale.
  Come ho già spiegato, si tratta di una misura che riguarda solo il 2015, mentre l'anno successivo le decisioni circa le ulteriori quote di relocation verranno prese tra novembre e dicembre. Quello di 24.000 è l'accordo tra i Capi di Stato e di Governo, 20.000 è il quantum già raggiunto. Il primo anno è già coperto, il residuo si dovrà coprire in termini di disponibilità dei Paesi tra novembre e dicembre.
  Il risultato finora ottenuto, per quanto occorrerà ancora lavorare per consolidarlo e accrescerlo nelle dimensioni, è da considerare senz'altro significativo. Il suo maggior pregio è di infrangere finalmente il totem della competenza esclusiva del Paese di primo ingresso, realizzando un principio di solidarietà, che tra l'altro risponde in modo più realistico alle aspettative e alle esigenze di vita del migrante.
  Anche per i minori non accompagnati l'intesa in Conferenza unificata del luglio 2014 – passo, dunque, all'ultimo capitolo – ha delineato un sistema di accoglienza del tutto innovativo. È previsto che tali minori, richiedenti asilo o meno, siano destinatari di un'accoglienza che vede prima impegnate strutture governative ad alta specializzazione e poi quelle dello SPRAR, ugualmente dedicate.
  Si è intervenuto così in maniera strutturale sulla possibile situazione di promiscuità che è il primo e il più significativo vulnus della condizione di fragilità del minore. A tutti i minori sono destinati già da ora 849 posti nello SPRAR, ai quali se ne aggiungeranno a breve altri 1.000 all'esito del bando il cui termine è scaduto la scorsa settimana.
  Fuori dallo SPRAR e in attesa che il nuovo sistema vada a regime, il Ministero dell'interno ha poi finanziato diversi progetti a valere sul Fondo europeo per l'asilo, immigrazione e integrazione, che hanno permesso l'attivazione temporanea di altri 737 posti fino al 17 dicembre 2015.
  Inoltre, la legge di stabilità del 2015 ha disposto il passaggio al Ministero dell'interno di un fondo, che fu istituito qualche anno fa presso il Ministero del lavoro, dedicato ai minori stranieri non accompagnati.
  Si è eliminata, anche su richiesta dei sindaci, quella che veniva percepita come una disfunzionalità del sistema, perché di alcune cose si doveva occupare il Ministero dell'interno e di altre cose si doveva occupare il Ministero del lavoro. Al momento degli sbarchi i sindaci dovevano parlare con due ministeri. Adesso parlano con uno, anche solitamente attraverso il prefetto.
  Io credo che questa nuova collocazione delle risorse, superando le precedenti frammentazioni cui ho fatto cenno, abbia rappresentato un vero passo in avanti, tenuto conto che d'ora in poi l'intervento in favore dei minori non solo non vedrà più distinzioni tra diverse amministrazioni, ma potrà contare anche sul consolidato rapporto di collaborazione tra il Viminale e gli enti locali, veri terminali, alla fine, di questo problema delicatissimo.
  A chiusura del tema dei minori informo che, a seguito della segnalazione formulata da questa Commissione, è stata tempestivamente disposta una visita ispettiva alla struttura di Giarre, in corso proprio in queste ore. Informerò questa Commissione degli esiti dell'attività ispettiva non appena conclusa.
  Signor presidente e onorevoli colleghi, le considerazioni che ho appena svolto consentono di affermare che l'azione del Governo è sostanzialmente in linea con le politiche europee e rispettosa dei princìpi sanciti dalle convenzioni internazionali siglate dall'Italia.Pag. 10
  Aggiungo che noi siamo stati in tutta questa vicenda campioni del mondo, campioni del mondo di umanità, campioni del mondo di accoglienza. Abbiamo dovuto affrontare delle difficoltà. Ovviamente, questo status di essere campioni del mondo e di avere organizzato e retto la più grande operazione umanitaria nella storia della Repubblica non ci fa adagiare sul risultato. Anzi, al contrario, opereremo sempre con rigorosa vigilanza, impegnando ogni nostra risorsa per l'effettivo rispetto dei diritti di tutti, specie dei soggetti più vulnerabili.
  Intendo anche ampliare lo spettro dei controlli antimafia e anticorruzione sulle procedure contrattuali che riguardano i centri governativi di accoglienza, nei confronti non solo dei gestori, ma anche della filiera degli operatori a valle. A questo proposito, informo che è in via di elaborazione una mia nuova direttiva, nella quale, nel puntualizzare i presupposti per gli affidamenti, sarà esteso l'ambito delle verifiche antimafia anche ai proprietari o ai titolari della struttura di accoglienza e ai fornitori di beni e servizi.
  Resto convinto, infatti, che la libertà del mercato da condizionamenti mafiosi sia un decisivo fattore di innalzamento della qualità dei competitor, qualunque sia il loro settore di azione. In sostanza, non consentiremo mai che speculatori e affaristi di ogni risma possano sfregiare l'immagine di grande generosità che il nostro Paese ha saputo guadagnarsi nel capitolo dell'accoglienza.
  Vi ringrazio per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie davvero, signor Ministro. Prima ancora di dare la parola ai commissari, come è noto – ma intendo ribadirlo – vorrei precisare che verrà data la parola prima a un rappresentante per Gruppo e poi agli altri componenti della Commissione.
  Ci tengo a ringraziarla anche per le informazioni e i tempestivi interventi che sono stati realizzati a seguito delle nostre segnalazioni, in particolare su Giarre e sulla vicenda di Crotone. Ritengo che siano parte integrante della nostra attività di Commissione d'inchiesta. Nel momento in cui essa ha intercettato vicende che andavano immediatamente segnalate, le ha segnalate sempre, in costanza della propria azione, innanzitutto al Ministero che lei dirige.
  A questo punto cedo la parola ai colleghi commissari, ripeto, uno per gruppo.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MARCO RONDINI. Grazie, presidente. Intervengo molto velocemente per chiedere una cosa al Ministro. Nel 2014 sono stati 170.000 i migranti che sono arrivati sul nostro territorio e sappiamo che nel 2015 nei primi sei mesi sono già 80.000. Presso le strutture del sistema di accoglienza lei ci conferma che sono allocate 86.000 persone. A me piacerebbe sapere che fine hanno fatto quelle che non sono accolte presso il sistema di accoglienza. Si parla di circa 160.000 persone.
  Inoltre, vorrei sapere se sappiamo quanti sono i migranti economici e che misure vengono adottate nei loro confronti per garantire l'allontanamento dal nostro territorio di questa categoria di migranti che non ha diritto a rimanere nel nostro territorio.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Se la Commissione è d'accordo, io farei gruppi di tre interventi, in modo tale da consentire al ministro di rispondere. Facciamo tre interventi, non tre domande. Si può anche intervenire senza fare domande. È un'audizione libera.
  Io darei adesso la parola al collega Brescia del Movimento 5 Stelle.

  GIUSEPPE BRESCIA. Grazie, presidente. Partendo dal presupposto che nella sua relazione – che ho trovato abbastanza completa, perché ha toccato i punti fondamentali della questione – ho rilevato anche degli aspetti positivi su come proseguirà, almeno nelle intenzioni, l'azione del Governo. Mi sento di dire che mi guarderei bene dal sostenere che noi Pag. 11siamo stati campioni rispetto all'emergenza umanitaria e all'accoglienza, visto che i noti fatti di cronaca dicono esattamente il contrario. Ci sono stati – e continuano ad esserci, purtroppo – tantissimi morti nelle acque del Mediterraneo e l'Italia è stata colpita da quello che si può chiamare, a nostro modo di vedere, un cataclisma dal punto di vista giudiziario, che è quello di Mafia Capitale.
  Dire che siamo dei campioni di accoglienza mi sembra veramente esagerato. Noi abbiamo girato tantissimo nei centri d'accoglienza in Italia, sia con la Commissione, sia prima autonomamente, come parlamentari, e le possiamo assicurare che i diritti umani continuano a essere violati in molti di questi centri. Ripeto, io sarei un po’ più prudente con questo tipo di dichiarazioni.
  Rispetto ai dati che lei ci ha fornito, molti dei quali li avevamo già, la considerazione e la criticità che vorrei sottolineare riguardano questione di gestione emergenziale e gestione strutturale. A parole lei dice che si sta andando sempre più verso una gestione di tipo strutturale, ma poi si appella alla flessibilità, quando ci fornisce i dati e ci dice che nei centri temporanei ci sono più del doppio delle persone che sono ospitate nei centri strutturali.
  Io direi che le intenzioni devono essere accompagnate dalle azioni. Il dato che lei ci ha fornito dei 57.000 ospitati nei CAS, rispetto ai 29.000 complessivi ospitati nelle strutture, si dovrebbe quanto meno invertire, prima di poter parlare di un approccio strutturale al problema, che è quello che assolutamente noi auspichiamo.
  Proprio a tal riguardo, vorrei che esplicitasse meglio qual è il tipo di approccio, il modello di riferimento di accoglienza che il Governo sta tenendo in considerazione per la pianificazione futura. Ovviamente, il nostro parere è che, se il modello è quello dei CAS, dei centri straordinari e degli hub...
  Tra l'altro non abbiamo capito ancora bene giuridicamente cosa sono questi CAS. Le chiedo se ci può spiegare meglio la definizione giuridica di queste CAS e degli hub. Noi pensiamo che si debba andare verso una gestione di tipo strutturale che prenda a esempio modelli come lo SPRAR, che hanno dimostrato di essere qualitativamente molto più efficaci. Vorremmo sapere se voi avete questa intenzione, in quanto Governo.
  Soprattutto un altro aspetto ci preme sottolineare, ossia la mancanza, a nostro avviso, di coordinamento con le regioni e gli enti locali. Questo è stato uno dei primi grossi problemi che si sono avuti finora. Lei ci ha detto nella sua relazione che ora si sta facendo un tentativo in questo senso, ma dalle regioni ci arrivano ancora delle notizie un po’ allarmanti rispetto a questa tematica. Molti non sanno ancora bene come comportarsi. Alcuni rifiutano il confronto, come abbiamo visto, in regioni come il Veneto. Altri si dicono pronti all'accoglienza, come la regione dalla quale io provengo, dove il neogovernatore Emiliano si è detto prontissimo all'accoglienza, ma non siamo a conoscenza di alcun tipo di coordinamento. Su quale modello si avrà questa accoglienza ?
  Rispetto alla questione europea, vorremmo sapere meglio come si sta muovendo il Governo Renzi per superare Dublino III, o meglio quella condizione di Dublino III che costringe i Paesi in cui i migranti approdano per primi a gestire la loro accoglienza. Questa, a nostro avviso, ci sembra la madre di tutti i mali che poi colpiscono il sistema di accoglienza.
  Vorremmo soffermarci, inoltre, su tutta la questione di Mineo, che lei purtroppo, invece, ha saltato a piè pari. Avremmo diverse domande su questa tematica.
  Vorremmo sapere perché, nonostante le molteplici denunce della stampa e le tantissime interrogazioni parlamentari che noi stessi abbiamo presentato, non le è mai venuto il dubbio che qualcosa a Mineo potesse non funzionare e, quindi, non ha mai mandato ispettori, quando tutti lo chiedevano.
  Come mai nel caso di Mineo come soggetto attuatore si optò per il presidente della provincia di Catania e non per il viceprefetto vicario del capoluogo di regione ?Pag. 12
  Perché, alla luce del parere dell'ANAC, non ha ritenuto opportuno procedere a una revisione dello schema di capitolato d'appalto per renderlo conforme alla normativa nazionale e comunitaria in materia d'appalto ?
  Perché non ha cercato di fare chiarezza per quanto riguarda la competenza della gestione amministrativa del centro e sulla gestione del personale assunto ?
  In ultimo, per quanto riguarda le Commissioni, è vero che c’è questo raddoppio delle Commissioni, ma l'attività di molte di esse non è ancora iniziata e a noi dalle regioni giungono ancora notizie poco confortanti. Per esempio, il Veneto ha un'unica Commissione, che risiede a Verona, composta da quattro persone che in questo momento devono giudicare 2.300 domande di asilo e che, a loro stesso dire, riescono a fornire delle risposte per 16 persone al giorno.
  I tempi, quindi, saranno molto lunghi e si continuerà a gestire la questione in maniera assolutamente inadeguata. Sappiamo che uno dei più grossi problemi – e concludo – è il fatto che, quando le domande pervengono, passa troppo tempo per avere la risposta e nel frattempo queste persone pesano sui centri che le accolgono per molto più tempo di quanto dovrebbero.

  PRESIDENTE. Grazie. È stata un'ampia definizione, ma, essendo questa una Commissione d'inchiesta, ovviamente innanzitutto le opposizioni hanno, come tutti gli altri, sicuramente la garanzia della piena espressione.
  Do la parola al collega Beni del Partito Democratico.

  PAOLO BENI. Grazie, presidente. Io ringrazio molto il Ministro della sua ampia relazione e mi limito a toccare tre questioni tra le molte che meriterebbero di essere approfondite. Nel prosieguo del giro penso che anche altri componenti del mio Gruppo avranno modo di farlo.
  La prima questione in parte riprende un tema sollevato anche dal collega del Movimento 5 Stelle. Io credo che si debba riconoscere all'operato del Governo e del Ministro – e con piacere lo riconosco – un risultato positivo dal punto di vista di un diverso orientamento nell'ultima fase, in particolare nel corso dell'ultimo anno, del sistema di accoglienza in quanto al modello che si sta perseguendo.
  Stiamo obiettivamente gestendo un afflusso straordinario senza ricorrere a strumenti di emergenza, ma con strumenti ordinari di governo del fenomeno. Penso al Piano nazionale concordato con le regioni nel 2014, alla scelta di non andare a replicare il modello dei megacentri in cui si ammassano migliaia di persone, ma di privilegiare l'accoglienza diffusa, e al riequilibrio fra le regioni che stiamo vedendo. Il Dipartimento ci fornisce i dati aggiornati costantemente e vediamo che ci si avvicina. Tutto questo è positivo.
  Tuttavia, Ministro, qui c’è un punto su cui forse si può provare a fare meglio. Non le sembra che quell'approccio emergenziale che tutti abbiamo criticato e che il Governo, a livello del servizio centrale, sta sicuramente superando rischi di riprodursi non tanto al centro, quanto nel passaggio dal centro al territorio ? I prefetti sono il primo interfaccia nel territorio, sulla base del Piano nazionale, del centro. Nel rapporto poi fra i prefetti e i comuni molto spesso – lei stesso lo ricordava – rischiano di crearsi dei problemi e rischia di riproporsi quell'approccio emergenziale che comporta poi problemi di impatto sociale e le vicende che vediamo.
  Non pensa che sarebbe preferibile, a livello di gestione territoriale, il coinvolgimento preventivo degli enti locali e dei comuni e, quindi, la responsabilizzazione dei comuni nell'attivazione di reti territoriali che coinvolgano anche le associazioni e il terzo settore, per non farsi trovare impreparati, rispetto al ruolo che inevitabilmente i prefetti debbono svolgere nell'attuazione del Piano nazionale ?
  In sostanza, se tutti diciamo che è preferibile il modello SPRAR perché garantisce dal punto di vista della qualità dell'accoglienza e delle prospettive dell'integrazione, io credo che dovremmo fare uno sforzo graduale. Lei diceva che dobbiamo Pag. 13renderci conto che non possiamo fare a meno di strutture temporanee. Io questo lo capisco perfettamente, ma gradualmente quell'incidenza del 65 per cento che hanno i 50.000 migranti accolti nei centri temporanei rispetto agli 86.000 – credo che più o meno sia questa la percentuale – dovrebbe scendere. Lei già stava parlando di 10.000 posti SPRAR in più. Questa è una buona notizia. Io le chiedo se l'intenzione del Governo sia quella di andare in questa prospettiva.
  Passo alla seconda questione, più velocemente, sempre sulle strutture nazionali, i grandi centri e i CARA. Anche qui con la gradualità necessaria – perché è chiaro e ne abbiamo tutti la consapevolezza che non si può chiudere domattina il CARA di Mineo o quello di Crotone – in prospettiva, di queste strutture che ne vogliamo fare ?
  Su Mineo, al netto di tutto quello che riguarda i fatti di cronaca e anche le questioni su cui interviene la magistratura, noi abbiamo rilevato molti problemi nel nostro sopralluogo. Io aggiungo una cosa alle cose che sono state già dette. Se tutti ci diciamo che il modello non è quello delle megastrutture e che in prospettiva paga maggiormente l'accoglienza diffusa perché è meno impattante e garantisce maggiormente i diritti umani, per quale motivo su Mineo in particolare si è addirittura proceduti a un rinnovo triennale della convenzione ? Io non credo che questo vada molto bene dal punto di vista della strategia che si vuole seguire per i prossimi anni.
  L'ultima questione riguarda la vicenda Europa e le politiche comuni europee. Volevo chiederle una cosa perché nelle cronache delle ultime settimane e degli ultimi mesi non ne ho trovato più traccia. Mi sembra, se non vado errato – se me lo può confermare – che lei stesso, grossomodo attorno a marzo, avesse avanzato in sede di riunione dei ministri europei un'ipotesi che si potesse, come Unione europea, col consenso dei Governi europei, andare a progettare la realizzazione di centri di accoglienza ai fini dell'identificazione e della raccolta delle domande di protezione internazionale direttamente nel Nord Africa, ovviamente laddove il contesto geopolitico lo consentisse, sicuramente non in Libia, con la collaborazione dell'UNHCR e degli organismi internazionali.
  Volevo sapere se questa ipotesi è stata abbandonata e se ha incontrato resistenze da parte dei partner europei, perché non credo che a priori debba essere sottovalutata come ipotesi che quanto meno dovrebbe alleggerire il ricorso alle traversate rischiose, aprendo la possibilità di trasferimenti in sicurezza di chi ha diritto alla protezione.

  PRESIDENTE. Do la parola al ministro per questo primo giro di risposte.

  ANGELINO ALFANO, Ministro dell'interno. Presidente, nel prendere la parola, rilevo come dai tre interventi vengano fuori tra le 15 e le 20 domande. A voler non essere elusivi – non è mia abitudine esserlo e, quindi, intendo rispondere a tutte – io ho solo un vincolo, sempre parlamentare, ossia di andare in Aula per il question-time nel quale devo intervenire come settimo. Il mio turno dovrebbe essere intorno alle 15.30. Proverò a rispondere a tutto.

  PRESIDENTE. Se posso, ministro, ricordo che, come sempre, noi abbiamo garantito alla Commissione d'inchiesta che ci debba essere la massima esaustività. Compatibilmente con le sue esigenze, potremmo anche aggiornarci in un'altra seduta per completare il ciclo di domande. La sua audizione è stata programmata prima della pausa estiva, al termine di un importante ciclo di audizioni, perché noi la consideriamo, non per mancanza di rispetto verso gli altri, la più importante, essendo lei il titolare del dicastero. Con tutta calma, quindi, fornisca le risposte come crede.

  ANGELINO ALFANO, Ministro dell'interno. Sia l'intervento del collega della Lega, il primo intervento, sia, da ultimo, quello dell'onorevole del PD, il collega Beni, sia quello del collega del Movimento Pag. 145 Stelle, in realtà evidenziano le questioni principali che stanno alla base di tutta la strategia della gestione del fenomeno migratorio.
  Per quanto riguarda l'accoglienza...

  ERASMO PALAZZOTTO. (fuori microfono). Volevo semplicemente far notare che il nostro è l'unico Gruppo che rimane...

  PRESIDENTE. Figuriamoci se posso inibire ... assolutamente ! Facciamo un giro rapido, a questo punto, di tutti i Gruppi. Lei intende intervenire, onorevole Palazzotto ? Prego, le do la parola.

  ERASMO PALAZZOTTO. Scusandomi per l'interruzione, ringrazio intanto il Ministro per essere venuto e per darci l'occasione di approfondire alcune delle criticità che noi – in questi mesi di lavoro e singolarmente, ognuno di noi, anche nel lavoro dell'attività parlamentare che ha svolto – abbiamo avuto modo di notare sul sistema di accoglienza.
  Io sono facilitato nelle domande – sarò molto breve e diretto – anche dagli interventi che mi hanno preceduto, ragion per cui aggiungerò poco. Per esempio, rispetto alla sproporzione del sistema di accoglienza ordinaria e straordinaria, che prevede che nell'accoglienza straordinaria ci siano due terzi di tutti i migranti e richiedenti asilo attualmente presenti sul territorio italiano, la domanda è: essendo in emergenza dal 2011, quando ci sarà una gestione ordinaria strutturale ? Quest'anno già prevedevamo questo flusso di arrivi. Lei è in grado di dirci qui oggi che per il 2016 almeno potremo invertire la proporzione tra accoglienza straordinaria e accoglienza ordinaria ? Questa è la prima domanda.
  Lei sottolineava il maggior peso per la Sicilia tra sbarchi e accoglienza. Se andiamo a guardare i dati, vediamo che lo spread tra la Sicilia e la Lombardia, per esempio, è determinato solo ed esclusivamente dalla presenza in Sicilia del CARA di Mineo. Essendo quella una struttura che, a detta di tutti – e anche sua – è una struttura non funzionale, che prevede sprechi, che crea problemi e che non garantisce un sistema di accoglienza dignitoso, quali sono i tempi per la sua dismissione ?
  Questo è l'unico modo per non sovraccaricare la Sicilia, a maggior ragione se, come dice lei, si apriranno gli hub o gli hotspot, che dir si voglia, che appesantiranno ancora di più il sistema d'accoglienza siciliano. Anche qui, vorremmo sapere quali sono i progetti, i programmi, le strategie del ministero rispetto alla chiusura del CARA di Mineo, che noi riteniamo indispensabile.
  L'ultima cosa riguarda il sistema di vigilanza e di monitoraggio. Lei ha detto che il Dipartimento per le libertà civili attraverso le prefetture mette in campo un sistema di monitoraggio. Nello specifico, anche alcune domande fatte dal collega Brescia sul CARA di Mineo ci dicono che quel sistema di monitoraggio non ha funzionato.
  Io ho una risposta del suo ministero ad una mia interrogazione, dopo la prima inchiesta di Mafia Capitalia, che il 5 febbraio mi dice che la prefettura aveva inoltrato richiesta al consorzio dei comuni per fare le verifiche. Al 5 febbraio 2015 ancora non era stato fatto alcun controllo sul più grande centro d'accoglienza d'Europa. Vorremmo sapere perché in tutto questo periodo il sistema di monitoraggio non ha mai interessato il CARA di Mineo in nessun caso.
  Nello specifico, lei faceva riferimento al progetto Praesidium. Poiché moltissime organizzazioni per i diritti umani e anche diverse denunce di parlamentari e alcuni articoli giornalistici sottolineavano, al netto della vicenda giudiziaria e della questione degli appalti legata al CARA di Mineo, una condizione invivibile dal punto di vista dei diritti umani – alcuni hanno consegnato dei rapporti –, vorremmo sapere se lei è in grado di fornire a questa Commissione i rapporti fatti da Praesidium sul CARA di Mineo negli anni dal 2012 al 2014. Probabilmente ci saranno i rapporti sulle condizioni di vita dei migranti. Vorremmo sapere eventualmente Pag. 15cosa c’è scritto e perché il ministero non è intervenuto per garantire questa vicenda.
  In ultimo – e chiudo – sulla vicenda SPRAR io personalmente ho ricevuto alcune segnalazioni di vicende in cui l'ANAC è intervenuta, come su Mineo, esprimendo un parere di illegittimità o di criticità di alcune gare. A richiesta esplicita, il suo Ministero ha risposto di non essere competente a intervenire sulle gare d'appalto degli SPRAR, in quanto vengono considerati alla stregua dei servizi sociali e, quindi, legati ad un altro ente pubblico e non al Ministero.
  Questa è una risposta che ci è stata fornita anche sul CARA di Mineo, dicendo che la stazione appaltante era il consorzio di comuni. Prevedo la sua risposta e le chiedo anche quanto segue: una volta che la stessa prefettura e, quindi, il Ministero dell'interno affida il compito di stazione appaltante al consorzio dei comuni, è esente da ogni responsabilità su come il consorzio dei comuni fa le gare d'appalto oppure, visto che è il ministero che eroga i fondi al consorzio dei comuni, ha comunque in capo a sé una responsabilità sul controllo rispetto a quella gara d'appalto ?

  PRESIDENTE. Adesso diamo la parola al Ministro. Voglio solo dire al collega Palazzotto che la richiesta di accesso agli atti e di acquisizione degli atti di Praesidium la facciamo direttamente noi come Commissione d'inchiesta. Non c’è bisogno di chiederla. La richiediamo e basta, e quindi la mettiamo agli atti.
  Do la parola al ministro per la replica.

  ANGELINO ALFANO, Ministro dell'interno. Grazie, presidente. Stavo dicendo che noi abbiamo alcuni punti essenziali della strategia, dove per strategia intendo sia la strategia nazionale, sia la strategia europea.
  Le domande, un po’ a incrocio, di tutti, a cominciare dal collega della Lega, pongono indirettamente il tema dei rimpatri. I rimpatri sono un tema essenziale perché, se si fa lo screening di coloro i quali hanno diritto all'accoglienza perché fuggono da guerre e persecuzioni e hanno uno status meritevole della protezione umanitaria, coloro i quali non hanno questo status devono essere rimpatriati. La premessa è che non possono essere rimpatriati in Paesi in cui rischiano la vita, ma devono essere rimpatriati in Paesi in cui non rischiano la vita, ma con i quali c’è l'accordo di rimpatrio, ossia l'accordo di riammissione.
  Questo tema è essenziale, perché un conto è che l'accordo di riammissione venga sottoscritto da un singolo Paese, benché importantissimo, come l'Italia, un altro è che questo venga fatto dall'Europa come soggetto negoziatore. Questo è un punto essenziale della strategia di Bruxelles e di Juncker. Noi abbiamo chiesto che questa diventasse una priorità, cioè l'altro pilastro.
  In sostanza, se i richiedenti asilo arrivano in Italia e l'Italia li prende e poi in una quota li smista nel resto d'Europa, coloro i quali non hanno diritto all'asilo devono essere rimpatriati, ma l'Italia non può essere sola nella fase del rimpatrio.
  Noi abbiamo operato rimpatri. L'ultimo l'abbiamo fatto pochissimi giorni fa. È chiaro che occorre potenziare gli accordi di riammissione. Vi sono una serie di Paesi di provenienza dei migranti con i quali non c’è l'accordo di riammissione e abbiamo difficoltà a rimpatriarli.
  Come si sta ponendo la Commissione europea, in connessione anche con l'Agenda Juncker, in termini di rimpatrio come elemento essenziale di quello che è stato l'accordo tra i Capi di Stato e di Governo ? Ponendolo come pilastro e individuando in Africa – in questo rispondo a una domanda dell'onorevole Beni – il Niger come il primo Paese nel quale si può realizzare la fase di indagine relativamente all'esistenza o meno del diritto all'asilo, o anche come Paese nel quale, se gli accordi andranno in una determinata direzione, poter effettuare alcuni rimpatri, in modo tale che poi da lì si possano ulteriormente gestire i movimenti secondari in Africa. Il primo Paese con il quale l'Europa sta pensando di intrattenere un rapporto che possa avviare quello che noi abbiamo Pag. 16detto, ossia campi profughi in Africa e tutto quanto si possa verificare già lì come screening, è il Niger.
  Dove sono finiti quelli che erano migranti economici ? Molti sono stati rimpatriati. Altri, che erano nelle nostre strutture di accoglienza – in molti casi anche richiedenti asilo – non sono più nei centri di accoglienza, perché i centri di accoglienza non sono centri di detenzione. Non hanno uno status giuridico da reclusi o detenuti. Non vengono qui perché scappano da guerre da persecuzioni per essere imprigionati. Questo è il punto essenziale. È possibile, quindi, che siano stati degli allontanamenti da questi centri.
  L'altro punto, in termini di domanda che in modo trasversale è stata posta dai quattro interventi che si sono susseguiti, è quello del rapporto tra emergenzialità e strutturalità del fenomeno. Noi dobbiamo essere molto chiari: o il tentativo di stabilizzazione della Libia avrà un esito in tempi rapidi, o la previsione per il futuro non è una previsione di numeri decrescenti, ma è una previsione di numeri perlomeno eguali.
  Noi quest'anno stiamo tenendo, con alcuni picchi verso l'alto e alcuni elementi di decremento, più o meno la stessa media dell'anno precedente, cioè del 2014. Se si stabilizza la Libia, potremo fare sul 2016 un tipo di previsione. Se non si stabilizzerà la Libia, è chiaro che per il 2016 la nostra previsione – a fine anno, per vedere come saranno andate le cose – sarà quella di non diminuzione dei numeri.
  Ecco perché noi ribadiamo l'appello alla comunità internazionale perché ci sia la stabilizzazione della Libia, perché l'Italia sta pagando due volte il conto alla comunità internazionale, una volta per la sua azione, quella che mise in crisi il regime di Gheddafi – sul quale, ovviamente, non intendo esprimere in questa occasione un giudizio positivo – ma comunque destabilizzò il regime libico, e la seconda volta per l'inazione, per l'inerzia della comunità internazionale, che non ha completato il lavoro, che non ha potuto completare il lavoro, che non ha saputo completare il lavoro. Il conto lo paga l'Italia.
  In questo minuto noi abbiamo oltre il 90 per cento di partenze dalla Libia. Fatti 100 sbarchi in Italia, oltre 90 partono dalla Libia. Mi pare del tutto evidente come la questione libica sia la questione di premessa di tutto questo.
  Vado a proseguire sul rapporto tra emergenzialità e strutturalità. Qual è l'obiettivo che noi ci stiamo ponendo ? Se i flussi saranno costanti, è ovvio che l'obiettivo che noi ci stiamo ponendo è quello di passare al più grande e strutturale sistema di accoglienza che l'Italia abbia mai avuto. Tenete conto che oggi noi abbiamo quotato l'evento da cui tutto si mosse nella strage di Lampedusa dei primi di ottobre del 2013; non sono trascorsi neanche due anni. Siamo a neanche due anni dalla vicenda che ha fatto scattare un «di più» di intervento italiano, prima con l'operazione Mare Nostrum, poi con l'intervento di Frontex e, infine, con l'Agenda Juncker.
  Noi siamo a meno di due anni dall'evento che ha fatto fare un salto di qualità. Capite bene che su un tema così delicato – non stiamo parlando di un periodo enorme; siamo a meno di due anni dall'avvio di questa fase di intervento ulteriore dell'Italia – l'Italia sta reggendo in modo tale da poter essere considerata un grande Paese che affronta una grande emergenza.
  Di numeri bisogna parlare in termini veri e veritieri. Se i comuni italiani sono più di 8.000, gli italiani sono più di 60 milioni e i migranti presenti nelle nostre strutture di accoglienza sono 86.000, vi rendete conto che noi non siamo di fronte a una cifra ingestibile. La mancata collaborazione di alcuni enti locali e il non pieno dispiegarsi degli effetti dello SPRAR rendono il tutto abbastanza complicato.
  Per parlare di numeri veri e precisi, riprendiamo i numeri dello SPRAR, ripeto, con i 10.000 in più. Da quando io sono ministro li ho portati da 3.000 a 30.000. Noi abbiamo 456 progetti, vi dicevo nella relazione, che equivalgono a 456 comuni Pag. 17su 8.000. Se in Italia collaborassero molti e molti più comuni, noi avremmo un ruolo dei prefetti più funzionale ad un'opera di puro coordinamento e non di smistamento dei migranti e un sollievo delle comunità, che avrebbero un impatto dei migranti assolutamente lieve e tenue, se ripartito in ambito così diffuso, come diffuso è il meccanismo di presenza territoriale dei campanili italiani.
  Ecco perché l'idea, che poi porta al vostro ragionamento di invertire i numeri e creare delle strutture temporanee, non può che avere come presupposto una forte cooperazione dei comuni. Devo dare atto al presidente Fassino dell'ANCI e alla gran parte dei rappresentanti dell'ANCI che uno spirito di cooperazione l'hanno manifestato ed è via via crescente. Dobbiamo arrivare a un meccanismo in cui il sistema dello SPRAR sia il sistema ordinario di accoglienza. Per fare questo occorre che un po’ di tempo passi, ma già siamo arrivati a 30.000.
  Tenete anche conto che, per quanto siano non straordinari i numeri dell'Europa, ossia 24.000 in due anni, comunque 24.000 in due anni sono – e parlo di Dublino a questo punto -24.000 «lesioni» in quello che io chiamo «il muro di Dublino». Noi abbiamo come battaglia politica quella di superare Dublino, per il semplice ragionamento che non fotografa più la realtà europea.
  Il Regolamento di Dublino – mi riferisco alla prima versione – fu fatto in funzione anti asylum shopping. Quel meccanismo non funziona più, perché qui non è ormai il tempo in cui un selezionato numero di migranti faceva asylum shopping chiedendo asilo nel Paese prediletto. No, qui siamo con un flusso strutturale di un pezzo del mondo, l'Africa, che subisce la pressione di guerre e che viene indotto non solo dalla fame – mi pare che la linea prevalente in tutta Europa sia che, se tu soffri la fame e vieni qui, noi ti rimandiamo indietro – ma anche dalle guerre.
  Poiché noi siamo il terminale di variabili macropolitiche di latitudine mondiale che specificamente lì esercitano un'azione, possiamo gestire questa vicenda esclusivamente se avremo, come Europa, una piena simmetria tra i diritti di cittadinanza, i diritti di circolazione e i diritti d'asilo. Se il diritto d'asilo diventa un diritto assolutamente frutto di egoismi nazionali, mentre mettiamo in fattor comune la cittadinanza e la circolazione, noi abbiamo creato un'Europa che sul piano dei diritti non è simmetrica e, dunque, crea degli squilibri tra i Paesi.
  Credo di avere risposto anche su Dublino e credo di avere risposto anche sulla questione di coordinamento con regioni ed enti locali. Il luogo del coordinamento esiste ed è la Conferenza unificata. A luglio 2014 l'abbiamo fatta e abbiamo raggiunto l'accordo, ma abbiamo difficoltà a farlo attuare perché alcune regioni dicono di no agli accordi di cui alla Conferenza unificata del luglio del 2014. È inutile girarci attorno.
  Vi faccio la domanda, che però contiene già la risposta. Pensate al Veneto. Quanti disagi in meno avremmo avuto se avessimo avuto una cooperazione istituzionale – non stiamo parlando di decine di migliaia – più efficace ?
  Parlo ancora una volta del Veneto. Noi non possiamo mettere sul conto di ciò di cui stiamo parlando – ossia sbarchi migranti, accoglienza e rimpatri, ossia di questo circuito – 500.000 migranti che il presidente del Veneto spiega essere presenti in Veneto. Io non metto in dubbio il suo dato, ma c’è un piccolo dettaglio: si tratta di migranti regolari, che hanno lavorato per le imprese del Veneto, che hanno prodotto il PIL del Veneto, che sono stati chiesti dal Veneto, che hanno avuto il sostegno degli imprenditori e delle comunità locali venete, che hanno avevano chiesto addirittura le aperture sui flussi. Ora non possono essere messi sul conto di Mare Nostrum, perché non è vero, non perché c’è un pregiudizio ideologico. Questa è la sacrosanta verità e la sacrosanta realtà.
  Vado avanti. Sul tema del coordinamento la strada è lo SPRAR. La Conferenza unificata è il luogo. Ribadisco – poiché non mi sembra inutile – che lo SPRAR è un meccanismo assolutamente Pag. 18volontario. Il Viminale fa un bando e i comuni che vogliono partecipare si presentano al bando. Nessuno può imporre niente.
  Dunque, noi lavoreremo per spingere sempre più sullo SPRAR e per far sì che la Conferenza unificata diventi sempre di più il luogo nel quale si trovino degli accordi, che poi vengono mantenuti per organizzare al meglio questo coordinamento, il che poi riporta sempre alla premessa che tanti di voi avete fatto e alle vostre domande, ossia un equilibrio tra gestione strutturale e gestione emergenziale. Un equilibrio si determina se noi abbiamo strutture a disposizione e un rapporto di leale collaborazione con regioni e comuni e, in base a questo rapporto di leale collaborazione tra regioni e comuni, posti sui quali noi possiamo contare facendo una seria programmazione. È chiaro che, se noi sappiamo, provincia per provincia d'Italia, su quanti posti possiamo contare, siamo agevolati nella programmazione.
  L'altro tema, che è un altro collo di bottiglia, di cui abbiamo parlato anche con i presidenti di regione, è quello delle Commissioni. Anche qui intendo essere molto pratico. Se si fa la richiesta di asilo, si attende la risposta dello Stato. Se lo Stato risponde dopo tanto tempo, si resta in pendenza della risposta. Noi sappiamo che il soggetto è richiedente, ma non sappiamo se sia avente diritto. Lo presumiamo in base alla sua nazionalità, ma non ne siamo certi, perché non c’è la risposta.
  Questo è il primo elemento su cui mi soffermerò un minuto in più. Poi mi soffermerò un poco di meno su una questione che è molto delicata e che riguarda non il mio ministero – può riguardare questa Commissione – ma il Ministero della giustizia.
  La questione è che noi abbiamo potenziato il numero delle Commissioni, semplificato le procedure e mandato una circolare ai presidenti delle Commissioni perché nelle loro Commissioni si svolga una tabella di marcia talmente serrata, anche grazie a questi miglioramenti e incrementi, talché a fine anno 2015 si azzeri l'arretrato. Una volta che noi abbiamo migliorato le performance di quel 52 per cento in più cui ho fatto cenno, abbiamo un po’ di stock dell'arretrato derivante dagli anni precedenti che vogliamo abbattere addirittura nel prossimo semestre. Abbiamo mandato una circolare in questo senso.
  Non è un compito facile, è una sfida ambiziosa, ma noi abbiamo rivolto questa sfida al sistema delle Commissioni. A questo punto ci sono i sì e i no. Sì, tu hai diritto all'asilo ed entri nel nostro sistema di accoglienza, oppure no, tu non hai diritto all'asilo e ti rimpatriamo.
  Il non avente diritto all'asilo, però, ha diritto al ricorso. Il caso di Terni – ancora va ringraziata la famiglia del ragazzo – fa venire a mente come nel periodo del ricorso il richiedente rimane in Italia. Ergo, come il sistema Viminale e il sistema Governo si stanno attrezzando per fornire una risposta più efficace a un momento di grave pressione migratoria, anche il sistema giudiziario dovrà attrezzarsi. Io ho notizia che il Ministro Orlando sta andando in questa direzione per organizzare risposte efficaci nel dare una possibilità a che queste procedure di appello si svolgano in tempi rapidi, in modo tale che la certezza dello status soggettivo del singolo individuo si determini il più presto possibile.
  Della questione del rimpatrio abbiamo detto, di Dublino 3 abbiamo detto, del rapporto tra strutturalità ed emergenzialità abbiamo detto.
  Abbiamo anche parlato della questione delle Commissioni. Vi ho detto – e la uso come premessa al tema Mineo – che noi abbiamo intenzione di lavorare sempre più e sempre meglio, come è già accaduto, con l'ANAC. Mi riferisco al fatto che i prefetti devono stare a fianco del presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, il che è proprio quello che è accaduto per le due vicende di Roma e di Mineo, laddove i prefetti di Roma e Catania hanno dato immediato seguito alle proposte del Presidente Cantone, provvedendo Pag. 19alla nomina di commissari, come prevede l'articolo 32 del decreto-legge n. 90 del 2014.
  Non ci accontentiamo solo di questo. Noi vogliamo attuare il meccanismo delle attività di prevenzione antimafia che hanno molto efficacemente funzionato anche durante l'Expo, dove ci sono stati casi di corruzione, ma a decine il prefetto ha fatto informazioni interdittive antimafia, agendo prima. Noi vogliamo indagare fino in fondo su possibili infiltrazioni, su possibili momenti di inquinamento della procedura, anche invisibili ictu oculi. Mi riferisco ai meccanismi dei prestanome, ai meccanismi dei fornitori che non sono parte dell'appalto, ma che diventano coloro i quali forniscono i beni al vincitore dell'appalto. Noi stiamo facendo un atto nostro, che nessuno ci sta chiedendo. Lo stiamo facendo proprio per alzare il livello dell'attenzione e per evitare che ci possano essere brutte sorprese nel futuro.
  Preannuncio che il tema di Mineo mi impegnerà alcuni minuti. Non so se farò in tempo a rispondere a tutte le domande, ma annuncio che, nel rispondere a queste domande, farò amplissimo riferimento a quanto detto in varie sedi parlamentari, ossia presso la Commissione Affari costituzionali del Senato, l'Aula del Senato e il question-time qui alla Camera. Alle domande che ha fatto l'onorevole Brescia individualmente ho già risposto tantissime volte, non in TV, ma nelle sedi parlamentari. Devo rispondere, ma io non so adesso a che punto siamo. Fra qualche minuto...
  Sono ancora alla quarta, ragion per cui dovrei avere a disposizione tra i dieci minuti e un quarto d'ora. Va bene. La vicenda è complessa e richiede il massimo ordine espositivo. Dunque, scandirò i passaggi temporali articolandoli in tre distinti momenti.
  Il primo viene a corrispondere alla dichiarazione dello stato di emergenza e si conclude a fine 2012; il secondo rappresenta il passaggio a una gestione ordinaria e quindi è caratterizzato dai connotati di transitorietà e si chiude a fine 2013; il terzo è connotato dall'appalto e dai rimedi amministrativi messi in campo dall'Autorità nazionale anticorruzione e dai prefetti che sono intervenuti al suo fianco, oltre all'intervento, ovviamente, della magistratura.
  Comincio dalla fase dell'emergenza. Tutto ha inizio nel 2011 con la dichiarazione dello stato di emergenza adottato dal Governo Berlusconi per la gestione degli eccezionali flussi migratori determinati dalla primavera araba. Alla guida del Viminale c'era Maroni. Vennero disposti, in sequenza, la requisizione in uso di un grande residence sito nel comune di Mineo, la sua destinazione alle necessità di accoglienza dei richiedenti asilo e l'affidamento della gestione del centro al presidente della provincia regionale di Catania quale soggetto attuatore.
  Tutto questo nell'ambito della cornice di deroga offerta dalle varie ordinanze emergenziali del Presidente del Consiglio dei ministri, sotto l'egida del Commissario delegato all'emergenza. In questo incarico si avvicendarono il prefetto di Palermo pro tempore – che lo ricoprì per soli due mesi, dal febbraio all'aprile del 2011 – e il capo del Dipartimento della protezione civile, che lo svolse fino alla cessazione dello stato di emergenza.
  Nessun organo del Ministero dell'interno svolse, dunque, in questa fase – e, come spiegherò, appresso neanche in quelle successive – in relazione alla struttura di Mineo ruoli o attività specifiche che riguardassero aspetti contrattuali o gestori, o che comunque fossero ricollegati alla vicenda degli affidatari. Questa era la fase n. 1, l'emergenza.
  Passo alla fase n. 2, quella transitoria. Il 31 dicembre 2012 si conclude lo stato di emergenza. Con la cessazione dello stato di emergenza e il subentro delle amministrazioni competenti in via ordinaria – siamo al 1o gennaio 2013 – la gestione del centro fu assunta dal Consorzio dei comuni Calatino Terra di accoglienza sulla base di una convenzione con il prefetto di Catania. Si trattò di una scelta espressamente sancita e autorizzata dalla stessa ordinanza di chiusura dell'emergenza. Il provvedimento fu adottato a dicembre del 2012 e venne perciò a collocarsi nell'ambito Pag. 20delle attività del Governo Monti, quando il Ministro era la collega Annamaria Cancellieri.
  La convenzione sottoscritta tra la prefettura etnea e i comuni del Calatino era finalizzata a garantire la continuità dell'accoglienza fino al giugno del 2013. In questa fase temporale la stessa prefettura avrebbe dovuto provvedere all'indizione di una gara a evidenza pubblica per la gestione del centro. Ciò tuttavia non accadde nei tempi previsti, rendendo necessarie due consecutive proroghe di tre mesi ciascuna, che consentirono il prolungamento della convenzione fino al 31 dicembre dello stesso anno.
  Frattanto, il centro di Mineo continuò ad essere ospitato nella stessa struttura requisita in uso durante lo stato di emergenza, mentre i rapporti contrattuali per l'intero 2013 intercorsero direttamente tra il consorzio dei comuni catanesi e l'associazione temporanea di imprese addetta ai servizi di accoglienza sulla base di un atto di affidamento temporaneo.
  Venne, pertanto, sottoscritta una convenzione tra la prefettura e il consorzio Calatino, che trasferiva a quest'ultimo la gestione del centro e, conseguentemente, fu stipulato un contratto di appalto tra lo stesso consorzio e l'ATI per l'affidamento temporaneo dei servizi.
  Nelle more dell'indizione della gara entrambi gli strumenti negoziali furono oggetto, nel corso del 2013, di successive proroghe, tutte regolarmente registrate dalla Corte dei conti. Neanche in questa fase, quindi, le delicate funzioni di stazione appaltante e di gestione del centro videro il coinvolgimento diretto di organi dell'amministrazione dell'interno, neanche in questa fase.
  Questa situazione rimase pressoché immutata anche dopo. Infatti, la prefettura di Catania, forte del parere reso nel 2013 dall'Avvocatura dello Stato alla fine della gestione straordinaria, fu autorizzata dal Ministero dell'interno a stipulare un accordo con il consorzio Calatino per la gestione del CARA di Mineo, la cui base giuridica venne individuata nell'articolo 15 della legge n. 241 del 1990. Si confermò, quindi, la scelta di continuare ad avvalersi del consorzio dei comuni etnei, in considerazione che il modello a cui si era guardato l'anno prima, consistente nel coinvolgere gli enti di rappresentanza territoriale, non dovesse essere abbandonato, bensì ricondotto a regime.
  Le attività di accoglienza degli stranieri nel territorio nazionale, del resto, danno vita normalmente a un sistema multilivello, in cui, accanto allo Stato, spesso sono coinvolti a vario titolo giuridico sia le regioni, sia i comuni. L'accordo che riguardava il centro di Mineo venne siglato il 20 dicembre 2013, per la durata di tre anni, a decorrere dal 1o gennaio 2014, e passò positivamente il vaglio della Corte dei conti, che lo ammise alla registrazione.
  La prefettura, pur essendone parte, vide tuttavia limitato il proprio ruolo a quello di vigilanza, in quanto, secondo l'articolo 5 dell'accordo, ad essa compete solo il potere «di eseguire in qualsiasi momento i dovuti controlli al fine di verificare l'adeguatezza e la corretta gestione dei servizi erogati». Si intende erogati, ovviamente, all'interno del centro.
  Anche nei confronti dei terzi la prefettura non assume responsabilità di sorta, rimanendo tali rapporti nella sfera di competenza del consorzio; tenuto conto di una cosa, peraltro, ossia che l'articolo 5 dell'atto negoziale prevede che il consorzio Calatino avrebbe dovuto provvedere anche alla gestione delle procedure di gara per l'individuazione del soggetto gestore. Il 24 giugno 2014 lo stesso consorzio nominò un'apposita Commissione aggiudicatrice, composta da tre persone, tra le quali Luca Odevaine, appena divenuto collaboratore part-time dell'ente consortile.
  La gara fu aggiudicata definitivamente il successivo 30 luglio, con un ribasso di poco più dell'1 per cento, ad un raggruppamento temporaneo di imprese comprendente il Consorzio di cooperative sociali – Casa della solidarietà in qualità di Capogruppo e La Cascina Global Service Srl, il consorzio di cooperative sociali Sisifo, il Consorzio Sol. Calatino SCS, la Senis Hospes SCS, la Pizzarotti & C. SpA e il Pag. 21Comitato provinciale di Catania della Croce rossa italiana in qualità di mandanti.
  Va precisato che le imprese formanti il gruppo aggiudicatario corrispondono a quelle facenti parte dell'associazione temporanea che aveva avuto in affidamento i servizi del CARA per il 2013. Il contratto di appalto venne poi stipulato il 26 settembre 2014, con decorrenza dal 1o ottobre successivo.
  L'unica altra impresa partecipante alla gara, la COT Società Cooperativa, fu esclusa per carenza dei requisiti di ammissibilità e per presentazione dell'offerta in difformità alle prescrizioni del bando. Proprio la società esclusa chiese all'Autorità nazionale anticorruzione, ancor prima che il consorzio Calatino nominasse la Commissione aggiudicatrice della gara, un parere precontenzioso, invocando l'illegittimità del relativo bando.
  Veniamo ora alla fase dei rimedi amministrativi e dell'intervento della magistratura, arrivando quindi anche agli ultimi sviluppi che si sono verificati nell'anno in corso. L'Autorità anticorruzione, con un parere del 25 febbraio scorso, ha ritenuto illegittima la lex specialis della procedura in esame per contrasto con gli articoli 2, comma 1-bis e 27 del Codice dei contratti pubblici e con i princìpi di concorrenza, proporzionalità, trasparenza, imparzialità ed economicità.
  In particolare, ad avviso dell'ANAC, la procedura ha assoggettato a un'unica gara appalti diversi, che avrebbero dovuto essere aggiudicati con procedure separate, ovvero con una suddivisione in lotti autonomi, in coerenza con l'eterogeneità dei servizi richiesti.
  A seguito di tale parere il consorzio Calatino ha avviato in un primo momento la procedura per l'annullamento in autotutela del provvedimento di aggiudicazione definitiva della gara, salvo poi chiedere all'ANAC la revisione del parere medesimo, adducendo nuovi elementi di fatto e di diritto precedentemente non valutati e sospendendo contestualmente il procedimento in autotutela.
  Dopo la dichiarazione di inammissibilità dell'istanza di revisione da parte dell'ANAC il 14 maggio scorso il consorzio Calatino ha confermato l'aggiudicazione definitiva della gara d'appalto, non attribuendo natura vincolante al parere espresso dall'ANAC, che peraltro è stato oggetto di impugnazione dinanzi al TAR di Catania da parte del raggruppamento di imprese aggiudicatarie.
  A quel punto – siamo al 27 maggio – il Presidente Cantone mi ha informato della risposta fornitagli dal Consorzio. L'intervento del vertice dell'ANAC ha trovato da parte mia un'immediata rispondenza, tanto che il 30 maggio ho attivato il prefetto di Catania allo scopo di acquisire ogni informazione utile sulle iniziative di monitoraggio avviate con specifico riguardo al centro di Mineo. La risposta del prefetto – che è stata altrettanto immediata – ha posto in particolare evidenza, tra le attività svolte, quelle preordinate ad un controllo più efficace della spesa attraverso puntuali verifiche sulla documentazione amministrativo-contabile giustificativa delle somme da corrispondere.
  In realtà, una linea di ulteriore e più rigorosa attenzione era stata assunta già dopo l'avvio dell'indagine Mafia Capitale. Il Ministero dell'interno infatti aveva già chiesto a tutti i prefetti, con una direttiva generale emanata nel febbraio 2015, di potenziare il sistema dei controlli gestionali, contabili e finanziari relativi alle strutture di accoglienza di competenza governativa.
  La gestione contrattuale del CARA di Mineo è stata interessata più di recente dal provvedimento commissariale disposto dal prefetto di Catania su proposta dell'Autorità nazionale anticorruzione. In sostanza, questa vicenda si è venuta a intrecciare con la vicenda giudiziaria...

  PRESIDENTE. Ministro, non vorrei che si accavallassero troppo rapidamente le parole. Questa è la questione che noi abbiamo esaminato per prima e più approfonditamente.

  ANGELINO ALFANO, Ministro dell'interno. Tuttavia, hanno fatto tutti la domanda. Pag. 22Non vorrei andar via e che si dicesse che Alfano non ha risposto.

  PRESIDENTE. No, io stavo per farle una proposta, che le farò per le vie brevi. Ovviamente, poiché abbiamo disposto l'aggiornamento e quindi ci sarà anche modo di ritornarci, a parte che lei ha iniziato a fornire le risposte anche su Mineo e che il resoconto generale è stato molto ampio, le potrei proporre, se fosse d'accordo, di tornare al termine del question time. Noi fino alle 16.15 non abbiamo Aula.

  ANGELINO ALFANO, Ministro dell'interno. Perfetto. Allora io scendo e risalgo. Ero comunque in fase conclusiva. Ero arrivato a raccontare fino alla vicenda giudiziaria.

  PRESIDENTE. Bene, allora noi sospendiamo, per il tempo che lei è impegnato con il question time.

  La seduta sospesa alle 15.35, è ripresa alle 15.50.

  PRESIDENTE. Grazie per la disponibilità, Ministro. Se per lei va bene, poiché ci sono state delle osservazioni anche sulla sua risposta preliminare relativa a Mineo, proporrei di esaurire solo Mineo e poi di rimandare a settembre, eventualmente con ulteriori domande che verranno fatte anche da altri commissari, sul complesso delle richieste che la Commissione d'inchiesta propone.
  Propongo, quindi, di concentrarci su Mineo, aprendo ovviamente la possibilità di un'interlocuzione molto rapida sulla questione specifica di Mineo anche a chi intendesse farlo in questa sede, sulla base della sua precisazione.

  ANGELINO ALFANO, Ministro dell'interno. Va bene, presidente. Per me possiamo procedere come da lei proposto.
  Ero arrivato al punto in cui avevo sottolineato come un'attenzione rigorosa da parte del ministero fosse già stata assunta dopo l'avvio dell'indagine su Mafia Capitale. Il Ministero dell'interno aveva chiesto a tutti i prefetti con una direttiva generale di potenziare il sistema dei controlli sia dal punto di vista gestionale, sia dal punto di vista contabile, sia dal punto di vista finanziario, ovviamente per quanto riguarda le strutture di accoglienza di competenza governativa.
  La gestione contrattuale del CARA di Mineo è stata interessata, come è molto noto, dal provvedimento commissariale disposto dal prefetto di Catania su proposta dell'Autorità nazionale anticorruzione. Alla vicenda amministrativa, infatti, si è venuta a intrecciare quella giudiziaria e il 4 giugno è stata eseguita, nell'ambito del procedimento cosiddetto «Mafia Capitale», l'ordinanza del GIP presso il tribunale di Roma che ha disposto le misure cautelari nei confronti di una serie di soggetti. Mi riferisco ai rappresentanti del consorzio di Cooperative sociali – Casa della solidarietà e de La Cascina Global Service Srl, interessate entrambe al contratto di gestione della struttura di Mineo.
  Le contestazioni della magistratura inquirente riguardano la presunta commissione dei reati di corruzione e di turbata libertà degli incanti. Dall'esame dell'ordinanza cautelare l'ANAC ha rilevato la sussistenza di accordi corruttivi e di condotte fraudolente tali da concretare gli estremi per il commissariamento ai sensi dell'articolo 32 del decreto-legge n. 90 del 2014.
  La misura di rigore proposta dal Presidente Cantone è stata disposta dal prefetto di Catania il 23 giugno scorso e riguarda le prestazioni contrattuali a carico rispettivamente del consorzio di Cooperative sociali – Casa della solidarietà e de La cascina Global Service Srl.
  Gli stessi soggetti societari, in quanto coinvolti nell'indagine su Mafia Capitale, sono stati poi raggiunti anche da un'informativa interdittiva adottata il 22 giugno scorso dalla prefettura di Roma. Si tratta di una distinta iniziativa, che ha portato la prefettura capitolina, in sintonia con l'Autorità anticorruzione, al commissariamento delle due cooperative in relazione a tutti i contratti pubblici di appalto e a tutte le concessioni di natura pubblica in Pag. 23corso di esecuzione o di completamento, fatta eccezione per il rapporto contrattuale inerente al CARA di Mineo, per il quale rimane fermo il commissariamento disposto dal prefetto di Catania.
  Aggiungo, infine, che la procura della Repubblica di Roma, nel quadro di un positivo collegamento investigativo, ha trasmesso alla Direzione distrettuale antimafia di Catania copia di tutti gli atti relativi al CARA di Mineo per ulteriori accertamenti.
  Intanto si è registrato da poco un altro importante sviluppo. L'assemblea del consorzio Calatino lo scorso 9 giugno ha deliberato lo scioglimento dell'ente, la cui liquidazione è stata prevista per la fine di quest'anno. Dal 1o gennaio 2016 esso pertanto cesserà di esistere e quindi anche di occuparsi della gestione del CARA. La decisione, adottata all'unanimità, è stata trasmessa ai comuni consorziati per la prosecuzione dell’iter dissolutorio. Seguirà quindi una fase nuova, che sarà in ogni caso segnata dall'attività della gestione commissariale disposta dal prefetto di Catania.
  Concludo su quest'ambito facendo due valutazioni. In primo luogo, io credo che la ricostruzione puntuale che ho fatto qui – ripeto, è esattamente la stessa che ho fatto pro quota in question-time qui, in Commissione affari costituzionali sotto altro aspetto e in Aula al Senato in modo più organico – confermi che il Ministero dell'interno è organo garante della trasparenza e della legalità, come dimostrato dal ruolo incisivo giocato dai prefetti di Catania e Roma attraverso il commissariamento di due delle società coinvolte.
  Sull'altro aspetto, che riguarda la domanda che hanno fatto il presidente e altri – «chiude o non chiude» –, il punto essenziale è che, così com’è, con la struttura CARA, non può continuare ad andare avanti. Ne va cambiata la fisionomia.
  L'onorevole Palazzotto propone di chiuderlo del tutto, perché con questo avviene già il riequilibrio con le altre regioni. Il problema, è ovvio, è quello dello smistamento immediato nelle altre regioni. Noi, come filosofia, lo ribadisco, continueremo a seguire quella di un'accoglienza diffusa, perché io sono testimone addolorato dell'uso che fu fatto di Lampedusa durante l'emergenza 2011. In quel caso l'immagine di Lampedusa fu deturpata e devastata perché Lampedusa fu utilizzata come una sorta di megacentro di accoglienza a cielo aperto, destando scandalo nazionale e internazionale, e da quelle vicende ha avuto un'enorme difficoltà a riaversi sul piano della reputazione.
  In questo preciso momento sono presenti a Lampedusa 592 migranti. Lampedusa in questo momento non è, quindi, un centro sovraccarico ai limiti dell'ingestibile, come è sempre stato. Mentre noi parliamo, a Lampedusa ci sono 592 migranti. Questo schema, che prevede che nessuna comunità venga «punita» per la sua collocazione geografica, rimarrà come linea direttrice fino a quando io sarò Ministro dell'interno. Non ci può essere un'isola meravigliosa che, poiché si trova lì, viene sovraccaricata. Occorre potenziare sempre più il meccanismo dei trasferimenti, con ponti aerei o trasferimenti navali, per non ingolfare Lampedusa. Idem dicasi per quanto riguarda Mineo, che, se cambia funzione, non potrà essere sovraffollato.
  Questo è il mio indirizzo su tutta questa vicenda.

  PRESIDENTE. Ministro, ci sono state delle domande che riguardavano non la ricostruzione dei fatti, ma alcune sue valutazioni. Io considero sicuramente esauriente la sua risposta in relazione al racconto dei fatti e anche alla precisazione di quali sono stati gli ambiti di responsabilità. Mi permetto di ricordarle però – anche a nome di chi le ha fatte – le domande riguardanti i motivi per cui sono state fatte alcune scelte, a partire da quella che riguarda la prosecuzione per tre anni, nella prospettiva di un superamento.
  Se uno pensa di avere una prospettiva di superamento, non incentiva la realizzazione di un appalto a tre anni, che peraltro già definisce quasi una necessità di sopravvivenza, se possiamo dire questo, di Mineo sempre al massimo del volume. Questo è il punto decisivo, che riguarda anche Pag. 24le varie scelte che sono state fatte. Indipendentemente dal fatto che esse siano legate al Consorzio Sol. Calatino, riguardano evidentemente anche il fatto che lo Stato italiano ha investito diverse decine di milioni all'interno di questa struttura.
  Peraltro, prima di cedere la parola rapidamente ai colleghi che su questo punto di Mineo vogliono implementare, io le volevo chiedere di una circostanza in particolare, ossia se a marzo 2014 a lei risulta che sia stata fatta una proposta per trasformare il CARA di Mineo in hub. Nel marzo 2014 era stata fatta una proposta per trasformare il CARA di Mineo in hub, in una struttura temporanea di smistamento. Questo poi non ha trovato un esito. Come mai, visto che già all'epoca si segnalavano diverse difficoltà nella gestione di un centro così grande ?
  Peraltro, mi consenta di dire che l'aver applicato a tutti i centri lo stesso pro capite/pro die comporta che 35 euro pro capite/pro die vada bene per chi ci sta un anno, un anno e mezzo o due anni, mentre 35 euro pro capite/pro die per chi lo fa, ad esempio, a Pozzallo o a Lampedusa, significa stare stretti con i costi, visto che devono essere forniti ed erogati con maggiore frequenza tutti i kit completi. Anche una differenziazione da questo punto di vista la nostra Commissione l'ha valutata.
  La collega Gadda voleva implementare anche questo tema con una domanda specifica.

  MARIA CHIARA GADDA. Intanto la ringrazio, ministro, per la sua presenza oggi e per la sua relazione. Pongo una domanda molto breve e secca in merito al CARA di Mineo. Sicuramente il commissariamento era una soluzione che avevamo auspicato anche in seguito alla visita che una delegazione di questa Commissione aveva fatto al centro. La domanda è se le risulta che ancora oggi il management del centro sia operativo all'interno del centro. In seguito al commissariamento sarebbe auspicabile avere un ripensamento immediato in merito anche alla gestione operativa e concreta del centro stesso.
  Nelle giornate scorse il centro ha ricevuto la visita di una delegazione europea e il management legato alla vecchia gestione, alla gestione che è stata commissariata, risultava ancora presente all'interno del centro. Chiedo conferma ed eventualmente la tempistica di un'eventuale rimozione di queste persone.

  MARIALUCIA LOREFICE. Io voglio riproporre la domanda che ha fatto poco fa il collega Brescia, perché credo che non abbia avuto risposta. Perché il ministero non ha cercato, per quanto naturalmente di sua competenza, di fare chiarezza riguardo la gestione del centro, sia amministrativa, sia del personale che viene assunto a Mineo ? Durante la nostra visita ispettiva, in effetti, noi abbiamo osservato una serie di criticità.
  Inoltre, c’è una cosa che non ho ben capito e su cui mi auguro di poter avere una risposta. Perché nel caso di Mineo, a differenza degli altri centri, il Ministero dell'interno, così come la prefettura – questo mi sembra di aver capito –, non avrebbero alcuna competenza in materia ?
  Vorrei avere una risposta a queste domande.

  ERASMO PALAZZOTTO. La prima domanda è relativa al sistema di controlli messo in campo su Mineo. Lei ha detto che la prefettura ha messo in campo un sistema di controlli contabili. Noi siamo andati giù e abbiamo visto che non risultava ai gestori del centro un elenco di fornitori. Noi non sappiamo chi siano i fornitori del CARA e se si tratti di società che avevano i certificati antimafia. Loro non sono stati in grado di fornirci questo elenco.
  Le chiedo se lei ci può dire quali sono stati i controlli, quali sono stati gli esiti e se ci sono delle relazioni. Eventualmente in questo caso chiedo al presidente se sia possibile acquisire i rapporti dei controlli effettuati sul CARA di Mineo nel 2013, nel 2014 e soprattutto nel 2015, dopo le vicende di Mafia Capitale e dell'ANAC.
  Come ultima cosa, lei ha parlato della natura del centro. Se ho capito bene, l'idea Pag. 25è quella anche di trasformare la natura del centro, ossia, tenendo in piedi Mineo, farlo diventare da CARA hub o hotspot. Noi intuiamo questo dalle sue parole. Le chiedo una conferma se è così nelle intenzioni del Ministero.

  PRESIDENTE. Do la parola al Ministro Alfano per la replica.

  ANGELINO ALFANO, Ministro dell'interno. Partirei dalla domanda del presidente Migliore. Noi siamo impegnati nella ristrutturazione del Piano nazionale di accoglienza, di cui fanno parte tante delle cose che io vi ho riferito, sia nel corso della mia relazione, sia nel corso della mia risposta alle vostre domande. In quell'ambito si affacciò l'ipotesi anche di un mutamento della natura della struttura di Mineo. Quell'ipotesi non è stata né approvata, né bocciata. È ancora attualmente in campo, perché fa parte di un capitolo del Piano nazionale di accoglienza che non ha ancora avuto il suo sviluppo. È allo stato istruttorio, esattamente come tante altre proposte che fanno parte del Piano nazionale di accoglienza, che non ha avuto un suo completamento.
  In questa logica rientra anche la risposta all'onorevole Palazzotto. Una decisione definitiva non si è ancora assunta. Per essere anche qui, come sono stato in precedenza, molto pratico, il tema della chiusura di Mineo investe esattamente il tema della gestione di alcune migliaia di posti che, se non si trovano a Mineo, si devono trovare da qualche altra parte d'Italia. Avete visto cos’è successo per 19 posti a Roma. Questo è un tema di assunzione di responsabilità molto delicato dal punto di vista della sostituzione di questa disponibilità e di questi posti.
  Relativamente al management, girerò questa domanda, tramite le mie strutture, al prefetto di Catania per verificare quanto lei mi ha chiesto e poi farò avere un riscontro al presidente Migliore, così come al presidente Migliore non abbiamo alcuna difficoltà a fare avere quanto mi veniva chiesto dall'onorevole Palazzotto relativamente alle attività di controllo svolte in questi anni o in questi ultimi mesi.
  Io ho detto qualcosa che voglio ulteriormente ripetere, cioè che a febbraio 2015 abbiamo impartito una direttiva generale che riguardava i controlli amministrativi, contabili e gestionali in tutte le prefetture che fossero interessate alla questione dei centri governativi. Si tratta di verifica di regolarità dei servizi e fatturazioni. Sono stati anche formulati dei rilievi e delle richieste di chiarimento che farò avere al presidente Migliore.
  Per quanto riguarda la domanda dell'onorevole Lorefice, dovrei ricominciare daccapo, ma il concetto di fondo è che il Ministero dell'interno non è stazione appaltante. Sia nella fase n. 1, emergenza, sia nella fase n. 2, transitoria, sia nella fase successiva, noi non siamo mai stati come Ministero dell'interno coinvolti in quanto stazione appaltante.

  MARIALUCIA LOREFICE. (fuori microfono). C’è un motivo ? Perché ?

  ANGELINO ALFANO, Ministro dell'interno. Perché in ambito nazionale vi sono delle attività che vengono gestite direttamente dai centri cosiddetti governativi, altre che vengono gestite dai comuni e altri che vengono gestite con la formula giuridica del consorzio tra comuni. Ergo, il soggetto appaltante, nella fattispecie, in quanto soggetto giuridico appaltante, era un consorzio costituito dai comuni del Calatino, i quali avevano vario colore politico e avevano un unico intendimento, un'unica finalità consortile, che era quella della gestione del CARA di Mineo. Rimando a quanto detto relativamente al nostro non essere stazione appaltante.
  C'era un'altra domanda che aveva fatto il presidente Migliore relativamente ai 35 euro pro capite/pro die. Girerò questa sua domanda alle articolazioni amministrative, a cominciare dal Dipartimento delle libertà civili e dell'immigrazione, che si occupano più specificamente di questi aspetti.

  PRESIDENTE. Grazie, ministro. Io mi permetto di concludere con una mia valutazione personale in relazione all'oggetto Pag. 26della domanda posta anche per ultima dalla collega Lorefice. Quello che è accaduto noi sappiamo che ha portato a determinati problemi. Quello che accadrà dipende anche dallo sforzo che positivamente – mi posso permettere di dire – sta mettendo in campo il Governo.
  L'articolazione del nostro sistema, in particolare quella che distingue la fase del soccorso da quella dell'accoglienza dei richiedenti asilo e da quella successiva della seconda accoglienza, rappresenta, per quanto ci riguarda, un sistema da ripensare.
  Per esempio – avremo occasione di parlarne a settembre, perché magari nella prossima audizione ci sarà anche occasione di parlare del futuro – relativamente alla parte di gestione governativa, forse l'idea di poter fungere da stazione appaltante nazionale, almeno per i CIE e per i CARA, magari avendo l'accortezza di frazionare in lotti in modo tale da avere non un monopolio e di considerare anche le specificità territoriali, ma prendendo in carico, per una struttura che si chiama governativa, la responsabilità, forse dovrebbe essere un passaggio necessario.
  Peraltro, su Mineo noi abbiamo utilizzato anche fondi europei, come è noto. Da questo punto di vista abbiamo anche un grado di esposizione. Avere questa transizione, almeno per i centri che dipendono direttamente dalle strutture governative, forse potrebbe essere – mi permetto di dire – una linea sulla quale riflettere.
  Ovviamente, non è compito di una Commissione d'inchiesta fornire gli indirizzi gestionali, ma effettivamente questa domanda è ricorsa in più occasioni, non solo per Mineo, a dir la verità. Pertanto, mi permetto di trasferirgliela come una considerazione, credo largamente condivisa anche dai commissari, indipendentemente dalla parte politica.

  ANGELINO ALFANO, Ministro dell'interno. Scusi, presidente, do un riscontro immediatamente a quello che lei ha detto e anche uno spunto per la successiva audizione di settembre.
  Innanzitutto ho già affermato pubblicamente – e lo ribadisco – che una delle soluzioni possibili potrà consistere nel passare a una forma di gestione diretta che non veda più il coinvolgimento di un soggetto terzo, riportando anche Mineo nell'alveo generale. Io ritengo che quanto detto dal Presidente Migliore sia un elemento altamente condivisibile, su cui riorganizzare il sistema delle gestioni di questi centri. Mi riferisco all'accentramento della gestione, di cui lei parlava.
  Come secondo tema nell'ambito del ripensamento, tenete conto che l'Agenda Juncker lascia scoperti dal punto di vista proprio tecnico, della copertura giuridica, alcuni dei rimedi pratici. Hotspot e hub sono belle parole inglesi, che poi, tradotte nel linguaggio della legislazione italiana, hanno la necessità di norme che ne regolino il funzionamento e la dinamica di eventuale trattenimento dei migranti.
  Io credo che la collaborazione con la Commissione che lei presiede sarà fondamentale, perché, in attuazione dell'Agenda Juncker, a mano a mano che saranno descritti e declinati tecnicamente gli adempimenti connessi a ciascuna struttura materiale, che per ora sono descritti in via generica, io penso, ritengo – o anche presumo, se non vogliamo dare certezze – che saranno necessari dei passaggi parlamentari di rango normativo per regolare il funzionamento di queste nuove strutture.

  PRESIDENTE. Dichiaro, a questo punto, conclusa questa prima parte dell'audizione, che però è stata, credo, molto esauriente. Ringrazio le commissarie e i commissari ed in particolare il signor Ministro per la sua disponibilità.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.15.