Sulla pubblicità dei lavori:
Sani Luca , Presidente ... 3
Audizione del Viceministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, sugli sviluppi del negoziato per un Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (Transatlantic Trade and Investment Partnership, TTIP) tra l'Unione europea e gli Stati Uniti d'America
(ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento)
:
Sani Luca , Presidente ... 3 ,
Calenda Carlo , Viceministro dello sviluppo economico ... 4 ,
Sani Luca , Presidente ... 9 ,
Gallinella Filippo (M5S) ... 9 ,
Zaccagnini Adriano (SEL) ... 10 ,
L'Abbate Giuseppe (M5S) ... 11 ,
Berlinghieri Marina (PD) ... 12 ,
Fantinati Mattia (M5S) ... 12 ,
Romanini Giuseppe (PD) ... 13 ,
Benamati Gianluca (PD) ... 13 ,
Russo Paolo (FI-PdL) ... 14 ,
Sani Luca , Presidente ... 14 ,
Calenda Carlo , Viceministro dello sviluppo economico ... 14 ,
Sani Luca , Presidente ... 18
Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA XIII COMMISSIONE LUCA SANI
La seduta comincia alle 8.30.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.
Audizione del Viceministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, sugli sviluppi del negoziato per un Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (Transatlantic Trade and Investment Partnership, TTIP) tra l'Unione europea e gli Stati Uniti d'America.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Viceministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, sugli sviluppi del negoziato per un Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (Transatlantic Trade and Investment Partnership, TTIP) tra l'Unione europea e gli Stati Uniti d'America.
Ricordo che il Partenariato transatlantico costituisce uno degli obiettivi più importanti della politica commerciale dell'Unione europea. I negoziati con gli Stati Uniti, avviati ufficialmente al G8 del 17 giugno 2013, sono giunti al decimo round negoziale, che si è concluso il 17 luglio scorso. In quella sede le parti hanno valutato le reciproche offerte sull'accesso al mercato in materia di servizi, mentre da parte americana sono state ribadite le reticenze ad includere nell'accordo i servizi finanziari.
I capi delle due delegazioni hanno auspicato di poter ultimare i negoziati prima della scadenza del mandato del Presidente Obama. In occasione del prossimo round negoziale, che si svolgerà a settembre, l'Unione europea dovrebbe presentare e rendere pubblica la sua proposta sul capitolo dello sviluppo sostenibile che comprende le questioni dei diritti sindacali, dell'ambiente e della tutela della salute.
Anche il Parlamento europeo si è pronunciato sui negoziati sul partenariato transatlantico, approvando, l'8 luglio scorso, un'ampia risoluzione recante una serie di raccomandazioni indirizzate alla Commissione europea, tra le quali quella volta ad assicurare una migliore trasparenza dei negoziati rendendo pubblico un numero superiore dei testi, e un'altra riguardante il previsto sistema di risoluzione delle controversie tra investitori e Stati (cosiddetti ISDS, Investor-State Dispute Settlement).
A tale proposito, il Parlamento europeo raccomanda alla Commissione che l'ISDS sia sostituito da un meccanismo di risoluzione soggetto ai principi e al controllo democratico, nell'ambito del quale le controversie siano trattate in modo trasparente da giudici togati nominati pubblicamente durante udienze pubbliche.
Rispetto al TTIP la Camera dei deputati segue da tempo con attenzione lo svolgimento dei negoziati. In particolare, la XIII Commissione ha deliberato il 4 novembre scorso lo svolgimento di un'indagine conoscitiva sulle ricadute sul sistema agroalimentare italiano, che dovrebbe concludersi entro il mese di ottobre. Tra le numerose Pag. 4audizioni svolte, la XIII Commissione ha ascoltato il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Maurizio Martina, e lo stesso Viceministro dello sviluppo economico Carlo Calenda.
Il 20 ottobre e il 17 novembre scorsi l'Assemblea ha discusso una serie di mozioni concernenti il Partenariato transatlantico, approvando gli atti presentati dagli onorevoli Taranto, Palese, Dorina Bianchi, Fitzgerald Nissoli, Rampelli, Meloni, Gianluca Pini e Gallinella.
Ricordo, infine, che una delegazione parlamentare formata dagli onorevoli Benamati, Berlinghieri, Quartapelle e Procopio, nonché dai senatori Chiti e Mucchetti, ha preso parte a una riunione interparlamentare promossa dall'Assemblea nazionale francese il 17 giugno scorso, specificatamente incentrata sugli sviluppi dei negoziati del Partenariato transatlantico.
Il 6 e 7 luglio scorso una delegazione della Camera del deputati ha perso parte ad una missione formativa presso la Commissione europea sullo stato dei negoziati del TTIP e in particolare sulla trasparenza e sull'accesso ai documenti negoziali.
Mi preme ricordare, appunto, che la XIII Commissione sta pressoché concludendo l'indagine conoscitiva che abbiamo avviato qualche mese fa. Confido che nel mese di ottobre porteremo in approvazione il documento conclusivo.
Come ultima audizione in ordine di tempo, il 22 luglio scorso, abbiamo ascoltato i rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome e in quell'occasione è stata sottolineata l'importanza del riconoscimento delle indicazioni geografiche, il cui valore stimato è 6,6 miliardi di euro, che corrisponde a 13,2 miliardi di euro tra mercato nazionale ed esportazioni. A tal fine risulterà rilevante che la normativa USA riconosca la protezione ex officio garantita in sede europea.
Per quanto riguarda le misure sanitarie e fitosanitarie, è opportuno assicurare un regime di equivalenza tra le normative meglio definendo l'enunciazione secondo la quale le parti hanno il diritto di valutare e gestire il livello di tutela che considerano appropriato.
Sulla sicurezza alimentare è stata sottolineata la necessità di armonizzare gli standard microbiologici e di sicurezza alimentare stabiliti da USA e Unione europea. Fondamentale risulta, altresì, il riconoscimento del principio di reciprocità ed equivalenza, nonché la definizione di regole chiare su ciò che deve comparire in etichetta con particolare riferimento alla presenza di OGM.
Inoltre, anche la Conferenza delle regioni ha una posizione critica rispetto all'attribuzione dell'arbitrato e delle soluzioni di controversie commerciali che possono coinvolgere anche gli Stati membri.
Questo è quanto emerso durante gli ultimi passaggi che la Commissione Agricoltura ha svolto e, alla luce di questo, do la parola al Viceministro Calenda.
CARLO CALENDA, Viceministro dello sviluppo economico. Grazie, presidente. Come ricordava, il negoziato è stato lanciato con il consenso di tutti gli Stati membri nel giugno 2013. Il mandato negoziale, che è stato approvato all'unanimità dal Consiglio affari esteri il 14 giugno 2013, prevede diversi paletti precisi che tracciano con chiarezza la linea politica da tenere nelle trattative e l'impianto generale del negoziato.
Il mandato è stato desegretato durante la presidenza italiana, su nostra iniziativa, per la prima volta nella storia dei negoziati dell'Unione europea. In concreto, il negoziato si articola su tre pilastri.
Il primo è l'accesso al mercato per beni, servizi, investimenti e appalti pubblici, dove l'obiettivo è la più ampia possibile liberalizzazione degli scambi di beni e servizi. Sono previste specifiche disposizioni sugli investimenti, il divieto di discriminazione su base nazionale, la protezione e certezza legale sugli espropri ed eventualmente meccanismi di risoluzione delle controversie Stato-investitore e Stato-Stato. Altro punto importante è rappresentato dagli appalti pubblici che si vuole aprire ben oltre le possibilità offerte dalla GPA (Government Procurement Agreement).
Il secondo capitolo riguarda gli aspetti regolamentari, l'avvicinamento degli standard di produzione e le barriere non tariffarie. Pag. 5 Questi temi sono tra i più complessi e importanti, specialmente per quanto riguarda gli interessi offensivi europei. La Commissione ha stimato che le barriere di tipo regolamentare determinano costi aggiuntivi per gli operatori sul commercio transatlantico superiori al 10 per cento e in alcuni settori – molti di specializzazione italiana – addirittura al 20 per cento, con picchi per cibo e bevande fino al 70.
La convergenza regolamentare può essere raggiunta anche in ambiti specifici con il mutuo riconoscimento, ovvero – con maggiori difficoltà – con l'armonizzazione, pur nel rispetto dei livelli di protezione della salute e della sicurezza.
Particolare attenzione va riservata alle misure sanitarie e fitosanitarie, rispetto alle quali la diversa concezione europea e americana del principio di precauzione costituisce una differenza che vogliamo mantenere. Peraltro, sulla ben nota questione degli OGM si deve notare che di recente l'UE ha adottato una nuova normativa che permette agli Stati membri di vietare o limitare la coltivazione di OGM in parte o tutto il loro territorio sulla base delle rispettive situazioni nazionali, anche per quel che concerne organismi geneticamente modificati già autorizzati a livello comunitario.
Il testo permette ai Paesi UE di bloccare la coltivazione degli organismi geneticamente modificati sia durante il processo di autorizzazione di nuove varietà a livello comunitario, chiedendo di modificare la portata geografica della domanda, che a seguito dell'autorizzazione, appellandosi tanto a ragioni ambientali quanto a motivi di ordine socio-economico. Per essere ancora più esplicito, nessuna facilitazione all'ingresso di OGM in Italia potrà derivare dal TTIP.
Il terzo pilastro riguarda altre disposizioni normative o regole. Di rilievo in questo capitolo si trovano il tema delle indicazioni geografiche per le quali i negoziati mireranno a prevedere una protezione rafforzata e il riconoscimento mediante l'accordo delle indicazioni geografiche dell'UE.
Al momento opportuno del negoziato, cioè una volta stabilito il principio della loro tutela tra le parti, l'UE fornirà le proprie liste alla controparte americana. Nell'accordo con il Canada, che per noi rappresenta il benchmark di riferimento, hanno trovato protezione, sia pure a gradi diversi, 41 indicazioni geografiche italiane relative alla sola categoria alimenti. Altro tema molto importante per gli interessi offensivi dell'impresa italiana è la facilitazione commerciale, che dovrà realizzarsi non solo attraverso il rafforzamento della cooperazione doganale, ma anche attraverso una generale semplificazione burocratica nell'effettuare esportazioni negli USA.
Infine, si segnalano le previsioni di disposizioni in materia di concorrenza, aiuti di Stato, imprese di Stato, PMI, commercio e investimenti in materia energetica e nelle materie prime.
Nel mandato è indicato chiaramente che tutte e tre le componenti saranno negoziate in parallelo e saranno parte di un'unica intesa complessiva, il cosiddetto «single undertaking».
Si rimarca, inoltre, la totale esclusione dal mandato del settore audiovisivo nel capitolo della liberalizzazione dei servizi, la cosiddetta «eccezione culturale».
Quanto alla liberalizzazione dei servizi nel TTIP, si ricorda che il mandato negoziale fa esplicito riferimento all'articolo 1, punto 3, dell'accordo GATS (General Agreement on Trade in Services). Infatti, nell'accordo multilaterale GATS, appunto, all'articolo 1, punto 3, è esplicitamente prevista la tutela dei servizi forniti nell'esercizio di un'autorità di governo.
Nel GATS, i servizi pubblici come salute e istruzione sono oggetti di una riserva orizzontale nelle liste di impegni specifici dell'UE. Ciò vuol dire che non sono aperti a tutti, ma che possono essere soggetti a monopoli pubblici o concessioni o diritti esclusivi dati a privati. Nel caso di sanità, servizi sociali e istruzione vi sono limitazioni talmente ampie che consentono limitati impegni solo in alcuni sottosettori e solo nel caso che questi servizi siano già aperti ai privati.
Allo scopo di fugare ogni possibile dubbio, si fa riferimento alla dichiarazione Pag. 6congiunta rilasciata dalla commissaria UE per il commercio Cecilia Malmström e l'USTR (United States Trade Representative) Michael Froman il 23 marzo 2015. La dichiarazione conferma che – cito «gli accordi commerciali degli USA e dell'UE non mi impediscono alle autorità pubbliche di qualsiasi livello di fornire o sostenere servizi in ambiti quali l'acqua, l'istruzione, la salute e i servizi sociali».
Inoltre, nessun accordo commerciale degli USA o dell'UE impone ai governi di privatizzare i servizi, né impedisce loro di ampliare la gamma dei servizi offerti al pubblico. Tali accordi non impediscono ai governi di fornire servizi pubblici forniti in precedenza da privati. Il fatto che determinati servizi siano stati appaltati a prestatori privati non li fa poi rientrare irreversibilmente nell'ambito commerciale.
La fase negoziale ha avuto inizio a Washington nel luglio 2013. Fino a oggi si sono tenuti dieci round negoziali, di cui l'ultimo nel luglio 2015. Finora i negoziatori hanno discusso di tutti i tre pilastri dell'accordo, con incontri dei 25 sottogruppi negoziali.
Le prime tornate sono servite a chiarire i rispettivi punti di partenza. Nel febbraio 2014 si è avuto un tentativo di scambio di offerte tariffarie, considerato però nullo per la divergenza tra i livelli di ambizioni tra le due parti, con un'offerta americana assolutamente insoddisfacente e non comparabile con quella dell'Unione europea.
Gli investimenti sono stati sinora esclusi, in quanto la Commissione, a seguito della consultazione pubblica sul meccanismo di risoluzione delle controversie Stato-investitore (ISDS), ha dovuto delineare alcune modifiche a tale meccanismo al fine di assicurare il giusto equilibrio tra la tutela degli interessi degli investitori e la difesa del diritto dei governi di fare opera di regolamentazione nell'interesse pubblico. Infatti, nel gennaio di quest'anno la Commissione ha identificato quattro aree chiave su cui formulare specifiche proposte per procedere a una riforma generale dell'ISDS: la tutela del diritto a regolare, l'istituzione e il funzionamento dei tribunali arbitrari, la relazione tra sistemi giuridici nazionali e gli ISDS, la revisione delle decisioni ISDS attraverso un meccanismo di appello. Tuttavia, solo quando tali proposte saranno definitivamente elaborate e condivise con gli Stati membri potranno essere poste sul tavolo negoziale con gli Stati Uniti.
L'Italia è favorevole alla riforma del meccanismo di dispute settlement, ritenendo che quello contenuto negli accordi bilaterali sottoscritti da numerosi Paesi UE debba essere superato e reso più rispettoso del cosiddetto «right to regulate» in capo agli Stati detentori della sovranità.
Per questo ci siamo battuti e ci battiamo per includere un articolato preciso che chiarisca che i governi e i parlamenti non devono subire interferenze nelle libertà di perseguire obiettivi di politica pubblica e il proprio esercizio della sovranità.
Durante la presidenza italiana si è già ottenuto che nel CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement), l'accordo con il Canada, si menzionasse il diritto di regolamentare e di conseguire obiettivi politici legittimi, ad esempio nel settore della salute pubblica, della sicurezza, dell'ambiente, della morale, della promozione e protezione della diversità culturale.
Il CETA ha raggiunto la definizione precisa e specifica per il trattamento giusto ed equo degli investitori e degli investimenti. Ha fatto inserire un codice di condotta vincolante per gli arbitri che operano in una controversia investitore-Stato che si basa sulle norme etiche dell'International Bar Association ed è teso ad evitare un conflitto di interessi. Infine, è stata inserita l'eventuale creazione di un meccanismo di appello e il ruolo di appointing Authority in casi di disaccordo fra le parti sulla scelta di un arbitro.
Se guardiamo i numeri, scopriamo che casi arbitrali originati dagli accordi bilaterali sugli investimenti sono 608, che è un dato aggregato e cumulativo calcolato per il periodo 1987-2014, a fronte di circa 2.900 trattati con ISDS, di cui 1.400 circa stipulati da Paesi europei. Di questi, 299 casi sono promossi da aziende europee e 26 da aziende italiane. Pag. 7
L'Italia, da parte sua, ha stipulato più di 90 BIT (Bilateral Investment Trevaty) con Paesi terzi, rinunciando tuttavia a quelli conclusi con Paesi UE e all'Energy Charter Treaty, che è un accordo sull'energia. Proprio da quest'ultimo accordo sono nati i due unici casi di contenzioso contro l'Italia sollevati recentemente di fronte all'ICSID (International Centre for Settlement of Investment Disputes), che il governo sta seguendo con attenzione.
Va, peraltro, sottolineato che i casi controversi – quelli più noti – sollevati davanti all'ICSID (Veolia vs Egitto; Vatenfall vs Germania) o davanti all'UNCITRAL (United Nations Commission on International Trade Law), tra cui Philip Morris vs Australia, sono tuttora pendenti presso le rispettive corti e non è affatto scontato l'accoglimento delle tesi dell'impresa.
L'inserimento di un meccanismo simile o uguale all'ISDS nei trattati in fase negoziale, anche sul fronte dei Paesi avanzati, è condizione imprescindibile per richiederlo nei negoziati con Paesi come Vietnam e Cina in cui minore il grado di trasparenza delle Corti nazionali e i nostri imprenditori rischiano di venire discriminati. Per questo siamo d'accordo con la Commissione per inserire un nuovo meccanismo ISDS più evoluto secondo le linee della Commissione all'interno del trattato con gli Stati Uniti e di tutti gli altri trattati che l'Europa sta negoziando.
Per quanto riguarda gli altri aspetti negoziali, da parte UE si è cercato sin dall'inizio di avere grande ambizione anche per l'accesso al mercato degli appalti pubblici, nell'ambito del quale l'UE punterebbe a ottenere l'accesso anche a livello subfederale.
A questo riguardo anche l'eliminazione o perlomeno l'esclusione per le imprese europee delle disposizioni del Buy American Act, che limitano, di fatto, la partecipazione delle nostre imprese agli appalti federali, rientra fin dall'inizio tra i nostri obiettivi.
L'UE ha, altresì, messo ben in chiaro, sempre dall'inizio, che non sarà possibile una liberalizzazione totale soprattutto per i prodotti agricoli. In questo settore vi sono, infatti, sensibilità che comportano soluzioni ad hoc tramite appositi contingenti tariffari.
Per quanto concerne il secondo pilastro negoziale, in particolare l'aspetto della coerenza regolamentare e delle barriere tecniche al commercio, i progressi registrati finora riguardano alcuni settori chiave come automotive, farmaceutico, chimico, cosmetico, tessile e dispositivi medicali. Si ricorda, però, che la normativa europea è particolarmente stringente per il settore chimico e cosmetico, differenziandosi fortemente dal sistema statunitense.
Ad esempio, se in Unione europea sono migliaia i prodotti vietati per la preparazione dei cosmetici, negli Stati Uniti il numero è considerevolmente inferiore. Sia in questo caso che per le misure sanitarie e fitosanitarie si contrappongono le due visioni della valutazione scientifica del rischio adottata dagli USA e il principio precauzionale vigente in ambito UE, come ribadito nel mandato negoziale, che riconosce il diritto delle parti di valutare e gestire il rischio conformemente al livello di tutela che ciascuno considera appropriato.
Sul terzo pilastro, quello delle regole, finora le discussioni si sono focalizzate su energia, sviluppo sostenibile, questioni doganali e facilitazioni agli scambi e PMI.
Infine, da parte sia europea sia americana è stato posto l'accento sul fatto che il TTIP non comporterà in alcun modo un abbassamento degli standard in tema di sicurezza, ambiente e tutela della salute.
Per quanto riguarda il tema della trasparenza, nel semestre di presidenza italiana, oltre a ottenere la già citata declassifica del mandato, siamo riusciti ad ottenere la rendicontazione pubblica dei risultati dei round negoziali.
Infine, la documentazione negoziale consolidata – cioè i testi concordati nei contenuti e nella forma con gli USA – è ancora oggi una massa documentale riservata che vincola gli Stati membri alla non divulgazione e al riserbo.
Infatti, questi documenti possono essere consultati solo con particolari modalità dalle amministrazioni statali, dagli Stati Pag. 8membri e dai parlamentari europei. È stata concordata dalla Commissione e dallo USTR di consentire agli Stati membri dell'Unione europea di consultare tali documenti nelle capitali presso le locali ambasciate USA. Tuttavia, quella della sala di lettura presso le rappresentanze statunitense è una soluzione transitoria e per noi non accettabile. Per tali ragioni, in autunno con la collaborazione della Commissione europea dovrebbero essere messe a punto delle sale di lettura presso i Ministeri degli Stati membri.
In ogni caso l'accesso è riservato ai soli membri di governo, ai funzionari degli Stati UE e ai membri dell'Europarlamento. Giova ricordare che anche la consultazione, sia pure ristretta, di testi consolidati non ha precedenti nelle negoziazioni commerciali.
Ciò fa del TTIP il negoziato con il più alto grado di trasparenza di sempre, come dimostra l'enorme massa documentale disponibile sul sito web della Commissione (i resoconti dei round, i position paper dell'Unione europea, nonché le proposte testuali su ogni singola questione del negoziato). Tutto ciò rappresenta un grandissimo passo avanti sulla strada della trasparenza e del raccordo tra istituzioni e cittadini europei.
L'Italia è poi intenzionata ad assicurare la massima informazione possibile. Allo scopo, abbiamo organizzato più volte di pubblici confronti con la società civile e con le altre istituzioni.
Il partenariato con gli Stati Uniti rappresenta il più importante accordo mai negoziato. È un vero e proprio punto di svolta della globalizzazione. Il TTIP ha, infatti, un valore strategico unico, non solo per ragioni economiche. Si tratta di un accordo among equals tra le due principali aree economiche del pianeta che valgono il 50 per cento del PIL mondiale. Può avere ricadute positive anche sul processo di liberalizzazione degli scambi a livello globale e un importante impatto come stimolo alla crescita economica.
Tutte queste motivazioni inducono a guardare al negoziato con particolare impegno. Nella convinzione che questo non possa e non debba fallire. Per questo le conclusioni dell'ultimo G7 richiamano la necessità di completare il processo negoziale il prima possibile e comunque entro la scadenza delle elezioni presidenziali americane.
Il TTIP è un accordo di cui beneficeranno soprattutto le piccole e medie imprese. Rappresentarlo come un accordo teso a favorire le grandi multinazionali è del tutto fuorviante. Le multinazionali operano già attraverso le frontiere e sono in grado di cogliere la domanda là dove si manifesta. Le parti più sostanziose dell'eliminazione delle barriere non tariffarie e dell'armonizzazione regolamentare aiuteranno soprattutto le imprese di piccole e medie dimensioni, quelle che non hanno risorse per fronteggiare ostacoli e burocrazie nelle due economie.
Gli USA sono per noi un mercato sempre più importante. Nel 2014 le esportazioni italiane verso gli Stati Uniti sono aumentate del 10 per cento rispetto al 2013, mentre i primi cinque mesi del 2015 hanno registrato una crescita ancora più elevata (28,8 per cento), un dato che rappresenta il doppio della media europea e che premia la decisione del governo di concentrare sugli USA gli sforzi promozionali anche per compensare le perdite derivanti da mercati più instabili come la Russia.
Sappiamo che a livello di settori produttivi italiani la posizione nei confronti del negoziato è fortemente favorevole. Stando allo studio commissionato da parte nostra a Prometeia Spa subito dopo l'annuncio del lancio del negoziato, l'Italia sarebbe tra i Paesi che maggiormente guadagnerebbero in termini industriali dal buon esito delle negoziazioni TTIP.
Assumendo come dati di riferimento lo scenario intermedio e quello più ottimistico sull'esito del risultato, tale intesa potrebbe incidere dallo 0,25 allo 0,50 del PIL dopo tre anni.
Tale risultato è dovuto al fatto che noi abbiamo un mix merceologico particolarmente colpito da barriere tariffarie e non tariffarie. Va, inoltre, ricordato che, prendendo in considerazione l'insieme dei vari Pag. 9studi di impatti effettuati sul TTIP, le stime sul PIL europeo sono tutte, tranne in un caso, favorevoli con un aumento del prodotto interno lordo che va dallo 0,2 per cento al 5 per cento.
C'è di più. Il Partenariato transatlantico è la chiave di volta di un nuovo sistema di governance delle relazioni commerciali internazionali che sta per nascere. Assisteremo, infatti, a breve alla formazione di una governance della globalizzazione articolata su tre livelli: grandi accordi come il TTIP e il TPP (Trans-Pacific Partnership) ne rappresenteranno l'avanguardia in termini di rimozione delle barriere commerciali tariffarie e non; gli accordi plurilaterali settoriali, come quelli in corso sui servizi, sui beni ambientali e sull'information technology, le cui trattative si sono appena concluse, rappresenteranno il secondo livello di liberalizzazione; infine, il Doha Round, al completamento delle trattative, darà vantaggi commerciali in misura minore a tutti i Paesi WTO, incluso quelli ancora non pronti per procedere con le aperture richieste dai due primi tipi di percorso negoziali.
In sostanza, i progressi compiuti bilateralmente a livello plurisettoriale accelereranno quelli della DDA (Doha Development Agenda), così come già accaduto a Bali nel 2013.
Il TTIP è, dunque, il fulcro su cui poggia la possibilità dell'Occidente di tornare a guidare la globalizzazione. Nella sua seconda fase è incentrata sulla transizione dei Paesi emergenti da economie di produzione a economie di consumo. Non si tratta solo di definire insieme standard destinati a diventare globali, ma soprattutto di esercitare una pressione affinché il processo di apertura dei grandi mercati emergenti non si arresti, costruendo un grande spazio di libero commercio.
Se analizziamo gli accordi conclusi da parte di ambedue gli attori del TTIP, come quelli con Corea del Sud, Singapore, Marocco, Messico, Canada, Perù, Colombia, Cile e Paesi dell'America centrale e quelli oggi in negoziazione, da parte sia degli USA sia dell'Unione Europea, aventi come oggetto le stesse controparti (Giappone, Ecuador, Vietnam, Malesia e altri Paesi), vediamo un chiaro processo in corso.
Si va costruendo, de facto, una vasta area di libero scambio che rappresenterà più del 63 per cento degli scambi mondiali, un'area che dal Pacifico all'Atlantico vede protagonisti i Paesi like minded che rifiutano il protezionismo e le conseguenze anche politiche che esso comporta.
Per concludere, presidente, va menzionato il processo di approvazione del TTIP. Una volta conclusi i negoziati sarà necessario ottenere il parere favorevole e unanime del Consiglio europeo, l'adozione del Trattato a maggioranza da parte del Parlamento europeo e successivamente quella dei Parlamenti nazionali dei 28 Stati membri, in considerazione della natura chiaramente mista dell'accordo. Ciò è un'assoluta garanzia di democraticità del processo di approvazione stesso che, tra l'altro, è interamente pubblico e conoscibile dai cittadini.
PRESIDENTE. Grazie, viceministro. Adesso passiamo agli interventi dei colleghi. Ho già numerose iscrizioni. Proporrei, comunque, di dare la priorità a un intervento per gruppo, considerando che non abbiamo tempi infiniti.
Do, quindi, la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
FILIPPO GALLINELLA. Faccio solo una domanda relativa a un argomento che è di interesse della Commissione agricoltura, che riguarda la tutela delle DOP e delle IGP.
È chiaro che non credo che gli Stati Uniti accetteranno la protezione ex officio, ma il TTIP riguarderà probabilmente il riconoscimento delle denominazioni, quindi sul tavolo della discussione l'Italia e anche gli altri Paesi (io mi interesso dell'Italia) porteranno delle denominazioni per le quali c'è il mercato. Ovviamente, non tutte le denominazioni sono di interesse negli Stati Uniti proprio per motivi di mercato.
Vorremmo, quindi, sapere, se è possibile, qual è la lista che il governo presenterà. Pag. 10 Ho capito dalla sua relazione di oggi che c'è questa lista, ma c'è la volontà di renderla trasparente dopo aver accordato alcune protezioni. A ogni modo, mi chiedo se avete già una lista e quali sono queste protezioni o almeno i criteri con i quali queste denominazioni saranno sul tavolo della discussione.
ADRIANO ZACCAGNINI. Personalmente, cercherei di inquadrare la nuova fase del trattato partendo dalla risoluzione del Parlamento europeo che chiede di togliere dal mandato negoziale la parte sugli OGM e introduce una clausola di salvaguardia contro l'eccessiva importazione, quindi ci sono dei rilievi in chiave protezionistica, nonché la rivisitazione del meccanismo di risoluzione dei contenziosi.
Il trattato viene portato avanti perché, nonostante siano state espunte o comunque rivisitate parti non proprio marginali, va a riscrivere le regole del commercio mondiale dell'Occidente. In questo quadro non possiamo che fare dei rilievi critici sui punti adottati dalla risoluzione Lange al Parlamento europeo, che rivedono l'ISDS e modificano il sistema di arbitrati internazionali, creando un meccanismo più pubblico. Questo, però, non è ancora definito nelle specifiche tecniche.
Ciò che emerge in modo lampante è che l'accordo in vigore con il Canada, il CETA, che ha l'ISDS vecchio modello, non quello light. Lei ha menzionato alcuni passaggi del CETA che ha rilevato come elementi che lo fanno essere più equo e giusto, ma non è così. Dal nostro punto di vista, il CETA rimane il vecchio ISDS e il Canada potrebbe benissimo essere il Paese in cui le imprese statunitensi con sussidiarie in Canada aggirano la riforma, usando arbitrati privati, quindi affossando l'effettività di questa modifica, seppure marginale nella sua tecnicità, ma, riguardo alle ISDS, importante nella sostanza.
Pertanto, la richiesta immediata che le è stata avanzata è quella di rivedere il CETA con il Canada. Tuttavia, lei ha dichiarato che è intoccabile e che non si può riaprire perché sarebbe un disastro e ci priverebbe di ogni credibilità. Invece non è così. Perdiamo la credibilità nel momento in cui abbiamo il Canada come terra franca rispetto a tutte quelle multinazionali che avranno sede con sussidiarie in Canada e aggireranno le regole che ci siamo dati come modello della globalizzazione occidentale.
Questo è un punto imprescindibile da affrontare, soprattutto nel momento in cui l'onorevole Pittella e altri esponenti delle istituzioni europee si sono dichiarati a favore della rivisitazione del CETA o comunque di un accordo globale uniforme e organico. Quindi, la invito a rivedere la sua posizione per creare un accordo veramente organico che non abbia falle o buchi neri.
L'altro aspetto che credo debba essere portato in evidenza – ce ne sono tanti ovviamente – è che non possiamo cancellare con un trattato le grandi differenze fra le due sponde dell'Atlantico. Mi riferisco alle differenze nei consumatori, al principio di precauzione europeo, gli standard e le precauzioni statunitensi che sono ex post e non ex ante. Tutto questo non si può cancellare per una crescita del PIL che, anche dai dati che lei ci ha dato, è veramente risibile rispetto a quello che si va a modificare.
Al momento le valutazioni di impatto non sono così confortanti e soprattutto andrebbero fatte altre valutazioni di impatto più settoriali, che ci diano il quadro che non stiamo correndo verso qualcosa di ignoto, ma verso qualcosa di cui abbiamo approfondito ogni punto.
Il problema è che noi parlamentari non possiamo approfondire le cose. Sfido, infatti, qualsiasi parlamentare a entrare nelle aule di lettura per leggere i documenti e capire cosa c'è scritto, senza avere il supporto degli uffici legislativi. Purtroppo, non possiamo portare la documentazione fuori presso i nostri uffici, dunque non possiamo sapere come si stanno costruendo gli accordi del trattato.
Si pone, allora, una questione democratica. Lei ha detto che è il più grande trattato dal punto di vista democratico e dell'avanzamento la trasparenza. Ecco, non credo assolutamente che sia così. Non vorrei esprimere un giudizio troppo pesante, ma questa mi sembra propaganda. Pag. 11
Per quanto riguarda la parte economica, dovremmo fare un vero riavvicinamento con la Russia. Lì abbiamo perso tanti miliardi, soprattutto sulla parte che riguarda l'agroalimentare. La Russia non viene neanche menzionata in tutto questo, anche ritengo che ciò porterà a una distanza da quell'economia e da quello dovremmo fare prima di tutto perché anche territorialmente dovremmo riallacciare i rapporti con quella parte dell'Europa.
Credo, infatti, che stiamo costruendo un modello funzionale soprattutto alle grandi imprese, più che alle piccole e medie, in cui domina la deregolamentazione. Si tratta, infatti, di dare regole molto lasche e vaghe alla globalizzazione, dunque non possiamo parlare solo di liberalizzazione nel momento in cui uniformiamo gli standard per omologazione al ribasso. Ci troviamo, così, in una situazione che nel lungo periodo che creerà gravi scompensi all'economia, ma soprattutto alla parte dell'occupazione e della tenuta del nostro sistema sociale.
L'introduzione di deregolamentazione e di privatizzazione dei servizi potrà far perdere centralità allo stato sociale. Certo, se la visione è quella di destrutturare e disarticolare il welfare e avere uno Stato sempre più leggero o leggerissimo, state andando nella giusta direzione. Noi, come gruppo, non possiamo accettare questo tipo di trattati in maniera così leggera. Vogliamo, invece, il giusto approfondimento, poter leggere le carte e portarle fuori; vogliamo avere la possibilità di avere delle valutazioni di impatto più puntuali.
Abbiamo bisogno soprattutto di tenere in conto le consultazioni che sono state fatte anche con i cittadini europei. Una consultazione fatta dalle stesse istituzioni europee ha dichiarato che il 90 per cento dei cittadini europei, al momento, è contrario al TTIP. Sono state raccolte più di 2 milioni di firme da cittadini europei contro il TTIP.
Concludo chiedendovi, in particolare, di esprimervi su questi punti, ma soprattutto di cercare di dirimere la questione del CETA del Canada perché credo sia assolutamente da affrontare.
GIUSEPPE L'ABBATE. Ringrazio il viceministro per l'audizione. Peraltro, abbiamo fatto tante audizioni sul TTIP e anche in quella di oggi, come sempre, ci vengono esposti tutti i vantaggi del trattato. Non ho mai sentito un'audizione in cui si parla dei possibili svantaggi, che pure ci dovrebbero essere come è normale che sia in qualsiasi tipo di nuovo accordo.
Ovviamente, si punta sempre a far vedere solo i vantaggi, che non sono, però, così eccessivi dal punto di vista economico. Anche lei ha detto i dati. C'è uno studio commissionato dalla Commissione al CEPR (Center for Economic and Policy Research), il Reducing Transatlantic Barriers to Trade and Investment, il quale conclude che il beneficio del TTIP sarebbe lo 0,48 per cento in più del PIL europeo spalmato su 13 anni.
Sarebbe, dunque, un vantaggio ridicolo rispetto agli enormi svantaggi che ci potranno essere. Peraltro, tutti questi vantaggi sono basati sempre sul solito paradigma che è quello che il mercato è in grado di autoregolamentarsi, ovvero il mercato è infallibile e risolve qualsiasi problema. Abbiamo visto, però, che non è così.
Uno degli ultimi accordi fatti nell'Unione europea, ovvero l'adozione dell'euro, ci è stata venduta come la panacea di tutti i mali, infatti avremmo dovuto lavorare un giorno in meno e guadagnare come se avessimo lavorato un giorno in più. In realtà, poi, abbiamo visto come si è evoluta la situazione, che sta portando alla distruzione dei Paesi dell'euro.
In più, c'è il problema che in questo paradigma di autoregolamentazione dei mercati, liberalizzando alcuni settori, come quello siderurgico, potrebbe accadere che, se in Italia non si è competitivi come nel settore agroalimentare, dovrebbero chiudere le acciaierie per poi far migrare i lavoratori verso l'agroalimentare, quindi verso la terra. Ecco, l'Italia è pronta a spostare lavoratori da un settore a un altro domani mattina?
Questi sono svantaggi che non vengono quantificati nelle audizioni che abbiamo fatto. Quindi, per uno 0,2 per cento di PIL in più, come lei stesso ha dichiarato, non so Pag. 12se convenga portare avanti un accordo che, invece, potrebbe portare alla distruzione del nostro mercato. Infatti, se l'Italia era il vaso di creta tra i vasi di ferro quando ha adottato la moneta unica, in questo caso l'intera Europa diventa il vaso di coccio con il vaso di ferro che sono gli Stati Uniti.
Non dimentichiamo, infatti, che gli Stati Uniti vedono l'Europa come un mercato di sbocco per la loro economia che è basata sempre sul consumismo, per cui devono trovare sempre nuovi mercati. È ovvio, però, che loro hanno maggiore interesse di noi a portare a termine questo accordo.
Mi preoccupa, comunque, che non siano esplicitati gli svantaggi di questo trattato. Mi piacerebbe, quindi, avere un'audizione del viceministro in cui si parli degli eventuali svantaggi economici che potremmo avere. Almeno potremmo soppesare le alternative e avere maggiori dati per poter decidere.
MARINA BERLINGHIERI. Grazie, viceministro, per la puntuale presentazione dello stato dell'arte. Vorrei concentrarmi su un aspetto che riguarda più casa nostra, nel senso che, essendo il tema della politica commerciale europea una grande occasione per l'Europa, mi è molto piaciuto quello che lei diceva, ovvero che l'Europa torni a essere protagonista delle grandi sfide della globalizzazione.
Tuttavia, nell'ambito di una situazione che vediamo come positiva, ovvero come una grande occasione, ci sono alcuni aspetti che dobbiamo capire come gestire. Abbiamo visto che rispetto ai temi su cui dobbiamo fare attenzione c'è la questione delle indicazioni geografiche e della tutela e dell'attenzione alle piccole e medie imprese.
Siamo un Paese che sia per l'una che per l'altra questione abbiamo punte di eccellenza e di grandissima qualità che probabilmente non troviamo altrove. Tuttavia, queste punte di eccellenza e di grande qualità fanno spesso, nella quasi totalità dei casi, il paio con imprese – sia nel settore agroalimentare sia in tanti altri settori – non solo piccole e medie, ma spesso sono micro imprese. Ora è vero che questo accordo commerciale faciliterà soprattutto le piccole e medie imprese, ma faccio fatica a pensare che alcune realtà piccole, come quelle che incontriamo e che producono prodotti di altissima qualità, possano effettivamente avere la forza e la capacità di entrare in un mercato così grande.
Allora, la mia domanda è rivolta al cosa vogliamo fare. Abbiamo una strategia nazionale dentro questo ragionamento di politica commerciale per aiutare le nostre piccole e medie imprese, da un lato, a crescere e, dall'altro – visto che per alcuni casi probabilmente una misura più grande di queste imprese diventerebbe un problema – ad aiutarle a fare sistema, a mettersi in rete in un ambito molto grande.
L'altra questione riguarda il tema della trasparenza. Il lavoro che ha fatto il governo italiano è stato positivo. Come lei diceva, credo che, durante il semestre di presidenza, la desecretazione e la possibilità di accedere agli atti da parte di diversi attori sia stata una grande conquista del nostro governo. Rimane, tuttavia. La questione dell'accesso da parte dei Parlamenti nazionali. Anche qui, credo che rispetto a questo tema i Parlamenti non possano essere considerati come un comune stakeholder o come una parte della società che ha qualcosa da dire al pari degli altri.
Quindi, anche in questo caso, come sappiamo, nel momento in cui si fa un accordo c'è sempre un punto di equilibrio che si raggiunge oltre il quale si fa fatica ad andare per tante ragioni. Su questo avrei, quindi, una domanda che ha più di una dimensione nazionale. La testimonianza dell'audizione di stamattina è, peraltro, proprio il segno della volontà del Governo di lavorare insieme al Parlamento. Le chiedo, rispetto a questo tema, quali sono le modalità con cui il Governo, oltre alle audizioni, ritiene possibile un coinvolgimento e un lavoro a stretto contatto con il Parlamento rispetto all'evoluzione del negoziato.
MATTIA FANTINATI. Considerato l'alto numero di interventi, cercherò di essere più breve possibile. Ringrazio anch'io il viceministro dell'audizione, al quale, però, sottolineo una perplessità relativa al fatto Pag. 13che sia possibile leggere questo trattato soltanto nelle ambasciate, cosa che dimostra la scarsa collaborazione da parte degli Stati Uniti a una vera cooperazione con l'Europa. Peraltro, lo trovo anche poco politically correct.
Quindi, mi chiedo come mai, a distanza di anni, ci sia ancora la volontà di non rendere completamente pubblico questo documento, che penso sia effettivamente un trattato commerciale assai rilevante, forse il primo vero trattato per abbattere dazi che, come ha detto lei, sono sopra il 10 per cento; anzi, facendo una media, a prescindere dall'agrifood, in settori come il lusso arrivano anche al 20-30 per cento. Questa è la prima domanda.
La seconda questione è come mai in questo Trattato il settore agroalimentare non è considerato strategico, o almeno non come noi vorremmo. Ricordiamo che se c'è un giro di affari italiano di 30 miliardi come export, abbiamo un giro di affari di materiale contraffatto che è addirittura superiore. Si parla di 50-60 miliardi di euro. Quindi, se un accordo o un trattato deve essere tra due parti, penso che, da italiano, mi piacerebbe che il settore dell'agrifood sia effettivamente quello strategico per noi.
La terza domanda riguarda un tema che è già stato accennato. Noi italiani abbiamo una biodiversità legata al nostro territorio, che si è formato in molti più secoli rispetto a quello americano, ma anche biodiverso rispetto alla qualità degli alimenti e dei vari prodotti.
Ora, la mia paura è che queste piccole e micro imprese si trovino contro dei grandi colossi. Allora, come rappresentante del governo, le chiedo quali siano gli strumenti che il governo vuole mettere in atto per tutelare – TTIP o meno – queste microproduzioni per far sì che possano avere una paritetica potenzialità contrattuale rispetto alle grandi multinazionali, a prescindere dal fatto che oggi parliamo di TTIP, ma domani possiamo parlare di qualsiasi altro trattato.
GIUSEPPE ROMANINI. Vorrei semplicemente aggiungere qualche preoccupazione di diversa natura. Sono abbastanza convinto, per gli approfondimenti che abbiamo fatto fin qui sul tema del TTIP, che possa essere un vantaggio per il nostro sistema economico soprattutto, come ricordava il viceministro, per le piccole imprese.
Vorrei, invece, qualche aggiornamento sull'evoluzione interna della discussione sul TTIP (per «interna» intendo «europea»), visto quello che sta accadendo in Francia, con gli aiuti che si stanno concedendo il sistema delle carni proprio perché c'è un allarme rispetto a quello che potrà accadere con il trattato rispetto a un mercato come quello statunitense particolarmente agguerrito.
Mi collego anche alle preoccupazioni, di cui qualcuno ha già riferito, del Parlamento europeo e anche del Gruppo del Partito socialista europeo rispetto alla conclusione del trattato con il Canada, che ha aperto la strada all'impianto che stiamo seguendo per gli Stati Uniti.
GIANLUCA BENAMATI. Ringrazio il viceministro per l'audizione su questo tema. È importante, infatti, che ci siano questi appuntamenti periodici di informazione al Parlamento e di contatto diretto con il Governo.
Prima di formulare alcune domande, siccome la collega Berlinghieri ha già dato un quadro più complessivo della situazione, richiamo il fatto che la mozione del Partito democratico citata dal presidente, approvata in Assemblea, sollevava alcuni problemi e impegni relativi al comportamento del Governo all'interno dell'Unione europea in questa trattativa.
Noi sottolineavamo il tema della trasparenza, la necessità di un superamento dell'ISDS nella forma originariamente prevista, l'importanza per il Paese – e di conseguenza la necessità – di un forte impegno del governo per l'introduzione delle indicazioni geografiche e per la tutela della produzione di qualità nazionale. Si tratta, dunque, di definire un ruolo e una strategia per le piccole e medie imprese in questo trattato commerciale.
Diamo atto al governo di essersi mosso su queste linee, come emerge anche dalla relazione del viceministro, in maniera sensibile e positiva. Formulo, quindi, alcune domande che integrano quelle già poste dai Pag. 14colleghi e che riguardano sia il merito sia i tempi, che non sono disconnessi dal merito in questo caso perché, oltre a fare approfondite, chiare e trasparenti discussioni, occorre arrivare a un'approvazione in una «finestra di opportunità» che abbiamo di fronte fino al 2016.
L'opzione che ha messo sul tavolo la Commissaria Malmström, che deve essere concordata e verificata con i diversi Paesi dell'Unione prima di arrivare al tavolo negoziale con gli Stati Uniti, per il superamento di questa forma di ISDS trasformandola – mi si consenta di brutalizzare la questione – in una specie di tribunale più ordinamentale e quindi più corretto, che tempi potrebbe avere?
Vengo alla questione collegata ai due argomenti più spinosi nelle due trattative, quello delle indicazioni geografiche per noi e quella del buy american per gli Stati Uniti. Qual è lo Stato di confronto? Riteniamo che siano risolvibili nell'ambito di un tempo ragionevole o occorrerà qualcosa di supplementare?
Più generalmente, secondo la sua previsione, riusciremo a sfruttare questa finestra di opportunità con la Presidenza Obama fino al 2016, considerando anche che si va delineando un'approvazione definitiva di tipo misto del trattato? Insomma, chiedo una sua previsione anche sulla tempistica di approvazione di questo trattato.
PAOLO RUSSO. Innanzitutto vorrei ringraziare e dare atto al viceministro Calenda del lavoro puntuale che sta facendo, provando anche a limitare le criticità.
Mi pare evidente che una tra queste riguardi il ruolo dei Parlamenti nazionali, straordinariamente marginalizzato rispetto alle procedure in essere. Il tema non è di scarso valore, essendo il luogo della partecipazione democratica dei singoli Paesi quello in cui talune mediazioni, sensibilità e incomprensioni possono trovare una ragione per giungere a una soluzione condivisa. La prima questione è questa.
La seconda riguarda il comprendere meglio il grado di attenzione che il nostro Governo sta ponendo nei confronti della questione dei prodotti a marchio. So bene che il grado di attenzione è alto, come so bene che l'attenzione è misurata sulle sensibilità proprie del viceministro, ma avremmo piacere di comprendere oltre quale misura non si va su questo tema. Insomma, qual è la deadline che ci consente di accogliere un compromesso e dove, invece, questo non riesce a trovare le ragioni tipiche di una prospettiva di impresa italiana che, come lei sa, è completamente diversa anche da quella degli altri partner europei.
L'ultima questione, che è stata appena sollevata, è quella dei tempi. Questa rincorsa nel tentativo di chiudere la partita durante la presidenza Obama è una rincorsa che fa tanto bene all'Europa? Ecco, lei ha sicuramente un osservatorio più privilegiato del nostro e sarà nella condizione di poterci offrire qualche ulteriore elemento su questo fronte.
PRESIDENTE. Non ci sono altri interventi, quindi darei la parola al viceministro per una breve replica.
CARLO CALENDA, Viceministro dello sviluppo economico. Cercherò di essere rapido perché so che a breve inizieranno i lavori dell'Assemblea.
Onorevole Gallinella, la negoziazione sulle indicazioni geografiche funziona in questo modo. Così come è successo in Canada, stante l'alta improbabilità che si vada a un riconoscimento ex officio del sistema delle indicazioni geografiche come tale, la negoziazione raggiunge un punto in cui gli americani si dichiarano disponibili a riconoscere un numero di indicazioni geografiche che viene valutato sulla base dell'impatto economico e del grado di esposizione al mercato.
È evidente che cercheremo di tutelare prima quelle che hanno, da un lato, un valore molto ampio, e dall'altro sono controverse, ovvero sono più esposte al cosiddetto Italian sounding. Questa lista viene data nel momento in cui si raggiunge un accordo sul numero.
Ho fatto l'esempio del Canada perché è il nostro meccanismo. Su questo tema rispondo subito all'onorevole Russo. Non Pag. 15dirò pubblicamente qual è il punto di caduta accettabile per il governo italiano perché se lo dicessi farei un pessimo servizio alle indicazioni geografiche. Per me quello raggiunto con il Canada è un livello su cui è ragionevole aspettarsi, da parte nostra (non so da parte degli americani), un accordo. Tuttavia, nel momento in cui declinassi la nostra posizione sulle indicazioni geografiche dicendo qual è il punto di caduta sarebbe la base negoziale. Siccome, però, l'Italia è, nel fronte di chi difende le indicazioni geografiche, il Paese, insieme alla Francia, più interessato, non ho nessuna intenzione di svelare il meccanismo. Sappiate che le indicazioni geografiche, anche nel mandato negoziale, sono uno dei temi principali di interessi offensivi, tanto quanto il buy american. L'obiettivo è, dunque, raggiungere il più ampio grado possibile.
Aggiungo che nelle negoziazioni triangolari che stiamo facendo – penso a quella con il Vietnam, in cui stiamo negoziando sia noi sia gli americani – su questo tema c'è uno scontro molto forte. Peraltro, dalle notizie che ho non è affatto detto che siano gli americani a vincerlo. Volenti o nolenti, il sistema delle indicazioni geografiche, a partire dal Canada, si sta facendo largo negli e grazie agli accordi bilaterali.
L'onorevole Zaccagnini faceva riferimento ad alcune cose che pensavo di aver chiarito, come gli OGM. Non posso essere più esplicito che dire che il TTIP – questo è un impegno del governo – non faciliterà in alcun modo l'ingresso di cibo OGM in Europa o in Italia. Più chiaro di così non posso essere. Mi pare di sufficientemente tranchant.
Per quanto riguarda i servizi pubblici, mi pare che ho dato molto chiaramente l'elenco dei servizi che non sono oggetto di negoziazione (peraltro, non nel TTIP, ma in tutti gli accordi europei).
Per quanto riguarda la riapertura dell'accordo con il Canada sulla base degli ISDS sono fermamente contrario. Vi dico il perché. Abbiamo chiesto al Canada di inserire un meccanismo ISDS perché lo abbiamo in 1.400 trattati bilaterali. A un certo punto, la percezione europea verso gli ISDS è mutata. Abbiamo modificato cose molto significative. Per esempio sulla questione dei conflitti di interesse e degli arbitri abbiamo modificato le previsioni inserite nel CETA. Dopodiché a un certo punto, chiuso il trattato – infatti, il trattato è chiuso; quello che si sta facendo adesso è il cosiddetto legal scrubbing, cioè letteralmente la «ripulitura legale» – non possiamo dire ai canadesi che abbiamo scherzato o cambiato idea perché la loro reazione su questo è molto chiara: il trattato salta e ricominciamo daccapo, per cui ci scordiamo della tutela delle indicazioni geografiche in Canada.
Allora, siamo pronti ad affrontare questo tema per modificare gli ISDS? Ecco, io penso che sarebbe un errore clamoroso da parte nostra, anche perché oggi abbiamo in vigore trattati che hanno l'ISDS pura e originale, come tutta l'Europa. Almeno noi abbiamo denunciato quelli intraeuropei; molti altri Paesi non hanno denunciato quegli intraeuropei e si sta procedendo a una procedura d'infrazione.
Bisogna, dunque, dare ai temi un loro peso. Come ho detto nella mia relazione e come si è visto anche nelle trasmissioni televisive sulla vicenda di Veolia, Philip Morris e così via, è come se queste fossero cause che sono state decise contro gli Stati, ma non è così perché sono cause pendenti. Nessuno sa come andranno a finire. Il passo ulteriore che dobbiamo fare e che faremo nel TTIP è rendere queste cause inaccettabili, nel senso che siano respinte all'origine perché non pertinenti. Questo è il lavoro da fare.
Non abbiamo intenzione di abbandonare il principio di precauzione. Anche su questo sono stato molto chiaro. Peraltro, voterete il trattato: se uscirà qualcosa di contrario al principio di precauzione il governo italiano non lo voterà. Ciò non riguarda solo il governo italiano, ma molti governi europei.
Vorrei affrontare altri due punti. Il valore 0,25-0,5 del PIL – non so quali sono i vostri parametri – data la crescita italiana è un contributo piuttosto significativo. In questo caso, è la scala di valutazione che è diversa. Per un trattato commerciale che Pag. 16determina una crescita dello 0,5 per cento, metterei la firma.
Quando si fa il paragone con la Russia – per darvi una dimensione di cosa stiamo parlando, altrimenti ci confondiamo – devo dire che la Russia vale un terzo dell'export verso gli Stati Uniti. Di conseguenza, la nostra crescita nei primi cinque mesi negli Stati Uniti – crescita, non export totale – ha più che compensato la perdita che faremo in tutto l'anno rispettivamente alla Russia. Non stiamo parlando di un mercato trascurabile, ma del mercato a più alto potenziale aggiuntivo per prodotto italiano.
Sull'euro non entro nella discussione. Oggi sono qui per parlare di TTIP; non so dire se l'euro è stato positivo o negativo. Credo che questo sia un dibattito di natura diversa che non ha a che fare con il TTIP. So, però, che non è vero che stiamo parlando di autoregolamentazione dei mercati.
A questo proposito, vi invito a vedere la normativa americana sull'automotive che è centocinquanta volte più stringente di quella che abbiamo noi. Lo so in prima persona perché lanciai la Maserati negli Stati Uniti – all'epoca lavoravo in Ferrari – e posso dire che hanno leggi, in particolare in California, ma anche le varie normative nazionali, molto più stringenti.
Se consideriamo i settori, abbiamo un dato molto interessante perché gli americani in metà dei settori hanno standard più alti e nell'altra metà più bassi. Ora, è stato esplicitamente dichiarato da Stati Uniti ed Europa che l'armonizzazione si farà verso gli standard alti. Questo ha una logica perché quello che oggi impatta sui nostri produttori non è il fatto che uno standard sia più alto o più basso quanto il fatto che sia diverso. Sa che vuol dire per un piccolo fornitore dell'industria automotive dover fare due serie di prove per i freni, una per il mercato americano e un'altra per quello europeo?
L'idea è, quindi, che sia anche la più complessa, come nel caso del mercato americano, ma che sia una. Questo è lo spirito. Riuscirci sarà, comunque, complicato.
L'Italia non è un vaso di coccio da nessuna parte. Non so chi vi dà l'idea che l'Italia sia un vaso di coccio. L'Italia fa 100 miliardi di euro di saldo attivo della bilancia manifatturiera ed è il quinto Paese al mondo. In particolare, il saldo sta crescendo esponenzialmente nei confronti degli Stati Uniti. In sostanza, se fosse una partita di calcio, staremmo battendo gli Stati Uniti 3 a zero. Allora, dobbiamo essere consci della nostra forza.
Le piccole e medie imprese, di cui si parla talvolta con quello che gli americani definirebbero un approccio patronising, sono – ieri abbiamo presentato il rapporto ICE – quelle che stanno accelerando di più sull'internazionalizzazione. Il mercato americano è uno degli mercati obiettivo. Chi è nella Commissione attività produttive, sa che il nostro piano straordinario sul made in Italy, che per la prima volta quest'anno mette in campo 260 milioni di risorse ricavate da tutto quello che siamo usciti a raggranellare (quando sono arrivato erano 23 milioni), ha come obiettivo centrale l'agroalimentare e il tessile negli Stati Uniti per le piccole e medie imprese con la grande distribuzione americana, per portarle non solo a New York, Miami e Los Angeles, ma anche in Texas.
Arrivo al punto sull'Italian sounding. Prima di tutto, l'Italian sounding non è contraffazione. Dobbiamo essere molto chiari. Il prodotto che si chiama «Pomodorino italiano di nonna Gina» sullo scaffale in Texas non è contraffazione perché si può chiamare un prodotto fatto ovunque con qualunque nome. Infatti, in Italia c'è un certo numero di aziende tessili, per esempio, che hanno nomi americani. Non è che sia American sounding. Allora, il tema è molto più complesso perché non è contraffazione, bensì capacità di penetrazione commerciale.
Quando abbiamo incontrato i distributori americani, ci hanno detto che in Texas i prodotti italiani veri non ci arrivano. È chiaro, allora, che c'è spazio per il prodotto che è non originale italiano, peraltro fatto molto spesso da italiani emigrati.
Allora, l'obiettivo è duplice. Il primo è il riconoscimento dell'indicazione geografica; il secondo è fare una strategia – come stiamo facendo – di penetrazione commerciale Pag. 17 sulla grande distribuzione americana. Altrimenti possiamo fare quello che vogliamo, ma se il prodotto non ci arriva i produttori americani si organizzeranno dal momento che c'è tantissima domanda di prodotti italiani.
Sulla trasparenza, ho espresso un dato. Non c'è un trattato che abbia avuto questo grado di trasparenza. Vogliamo dire che è poco e che non è sufficiente? Va benissimo, però partiamo da questo dato.
Siamo vicini alla conclusione dell'accordo con il Vietnam; abbiamo chiuso Singapore e nessuno si è mai interessato di sapere qualcosa. Allora, vorrei capire perché solo gli Stati Uniti hanno questo problema, pur avendo il massimo grado di trasparenza.
Ho già detto – e lo ripeto – che per me è inaccettabile andare a vedere i testi consolidati nelle ambasciate americane, a patto che si ammetta che in nessun accordo precedente si è mai potuto avere accesso ai testi consolidati.
Ci sono 200 testi della Commissione europea – vi ho lasciato l'elenco – che se riuscissimo a leggere fugherebbero molti dei dubbi che oggi avete presentato perché dicono qual è la posizione europea, quali sono i limiti e cosa siamo disponibili ad accettare o meno.
I testi consolidati sono pochi perché la negoziazione va a rilento. Peraltro, nella storia dei negoziati non sono mai stati pubblici perché rappresentano milestone che non sono il punto conclusivo. Infatti, l'accordo si decide nell'ultima sessione.
Arrivo, così, a una delle ultime domande, quella sui tempi sul buy american e sulle indicazioni geografiche. Queste saranno le ultime cose che si chiuderanno. Infatti, tradizionalmente, nelle negoziazioni commerciali le cose più difficili si chiudono all'ultimo. Non so se riusciremo a chiudere durante la presidenza Obama. Il mio auspicio è che si faccia. Si può fare. Credo, peraltro, che sia importante farlo per una ragione, ovvero che gli americani chiuderanno a settembre il Trans-Pacific Partnership, il che vuol dire che apriranno il loro mercato ai prodotti di 11 Paesi dell'area del Pacifico e noi rischiamo di perdere quote di mercato.
Invece, se entriamo in quest'area di cui vi ho descritto prima i contenuti, che sarà determinata anche dall'accordo dell'Unione Europea con il Vietnam e con il Giappone, che stiamo negoziando, saremo in un'area di libero scambio che costringerà Cina, Brasile, Russia e India ad aprirsi. Infatti, sarà talmente grande da definire le regole della globalizzazione e anche a spingere la pressione perché questi Paesi che sono diventati economie di consumo aprano i loro confini alle nostre merci.
Sulle carni, è chiaro che è uno dei settori su cui ci sarà un contingente. Questo, però, è un problema più dei francesi che nostro perché siamo importatori netti.
Penso di aver risposto a tutto. Vorrei concludere dicendo che non faccio altro da due anni oltre, sulla parte di politica commerciale, parlare di TTIP ovunque mi invitano. Recentemente abbiamo fatto un incontro con tutta la società civile sugli ISDS. Lo facciamo periodicamente su tutti i trattati commerciali. Ogni volta ho sollecitato il Parlamento ad avere un confronto su questo. La cosa molto importante è, però, che il confronto parta da dati oggettivi.
Ve lo chiedo per favore. Posso continuare a ripetere che gli OGM non saranno fatti entrare e che i servizi pubblici non sono in discussione, ma questo è relativamente poco utile perché è la decima volta che lo dico – io che non conto niente – ma soprattutto è la decima volta che lo dice la Commissione europea.
Per accogliere quello che diceva lei, spostiamo la discussione su quello che ritiene essere concretamente il rischio per il Paese. Io ho fatto fare un'analisi di impatto neutra. In questo momento non vedo rischi per il nostro mix merceologico. Infatti, loro sono molto protezionisti sui nostri settori. Può essere, però, che mi sia sfuggito qualcosa.
Se dal Parlamento o da qualcun altro viene fatta un'analisi che dimostra che c'è un rischio per un settore, sono il primo a considerarlo un contributo importantissimo per la discussione. Cerchiamo, tuttavia, Pag. 18 di tenere la discussione sui contenuti reali di quello che è un accordo determinante per un Paese esportatore come il nostro sul mercato più importante per noi per il futuro.
PRESIDENTE. Grazie, viceministro. Ringrazio i colleghi e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 9.45.