Sulla pubblicità dei lavori:
Migliore Gennaro , Presidente ... 3
Audizione del Delegato dell'Alto Commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati per il Sud Europa, Laurens Jolles, e del Capo dell'Unità di protezione dell'Alto Commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati, Riccardo Clerici:
Migliore Gennaro , Presidente ... 3
Jolles Laurens , Delegato dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati per il Sud Europa ... 3
Clerici Riccardo , Capo dell'Unità di protezione dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ... 8
Migliore Gennaro , Presidente ... 9 10
Colonnese Vega (M5S) ... 10
Fontana Gregorio (FI-PdL) ... 10
Carnevali Elena (PD) ... 10
Locatelli Pia Elda (Misto-PSI-PLI) ... 11
Migliore Gennaro , Presidente ... 12
Carnevali Elena (PD) ... 12
Migliore Gennaro , Presidente ... 12
Fontana Gregorio (FI-PdL) ... 12
Migliore Gennaro , Presidente ... 12
Jolles Laurens , Delegato dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati per il Sud Europa ... 12
Carnevali Elena (PD) ... 13
Jolles Laurens , Delegato dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati per il Sud Europa ... 13
Locatelli Pia Elda (Misto-PSI-PLI) ... 14
Jolles Laurens , Delegato dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati per il Sud Europa ... 14
Fontana Gregorio (FI-PdL) ... 14
Jolles Laurens , Delegato dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati per il Sud Europa ... 14
Migliore Gennaro , Presidente ... 14
Clerici Riccardo , Capo dell'Unità di protezione dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ... 14
Carnevali Elena (PD) ... 15
Migliore Gennaro , Presidente ... 15
Clerici Riccardo , Capo dell'Unità di protezione dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ... 15
Fontana Gregorio (FI-PdL) ... 16
Clerici Riccardo , Capo dell'Unità di protezione dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ... 16
Carnevali Elena (PD) ... 18
Clerici Riccardo , Capo dell'Unità di protezione dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ... 18
Locatelli Pia Elda (Misto-PSI-PLI) ... 18
Clerici Riccardo , Capo dell'Unità di protezione dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ... 18
Locatelli Pia Elda (Misto-PSI-PLI) ... 18
Clerici Riccardo , Capo dell'Unità di protezione dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ... 18
Migliore Gennaro , Presidente ... 19
Clerici Riccardo , Capo dell'Unità di protezione dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ... 19
Fontana Gregorio (FI-PdL) ... 19
Migliore Gennaro , Presidente ... 19
Comunicazioni del presidente.
Migliore Gennaro , Presidente ... 19
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GENNARO MIGLIORE
La seduta comincia alle 14.15.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, ove necessario, anche su richiesta di un commissario ovvero degli auditi, i lavori della Commissione potranno proseguire anche in seduta segreta. Al riguardo, per assicurare la massima fluidità al dibattito pubblico, prego i colleghi di riservare eventuali quesiti da sviluppare in sede riservata alla parte finale della seduta.
Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.
Non essendovi obiezioni sul punto, così rimane stabilito. Dispongo, pertanto, l'attivazione dell'impianto.
Audizione del Delegato dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati per il Sud Europa, Laurens Jolles, e del Capo dell'Unità di protezione dell'Alto Commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati, Riccardo Clerici.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del delegato dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati per il Sud Europa, Laurens Jolles, e del capo dell'Unità di protezione dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, Riccardo Clerici, in merito al tema dell'accoglienza e del trattenimento dei migranti e dei richiedenti asilo nel territorio italiano e sul ruolo dell'UNHCR in tale ambito.
Nel ringraziarli per la loro disponibilità a svolgere la presente audizione, per la quale è stato positivamente concluso l’iter autorizzatorio a ciò necessario, ringraziandoli anche e soprattutto a nome delle Istituzioni italiane per il preziosissimo contributo che l'UNHCR da molti anni porta al nostro Paese – e, ovviamente, non solo – nella gestione del tema della protezione e dell'accoglienza dei migranti, sono molto felice di cedere la parola ai rappresentanti dell'UNHCR per la relazione introduttiva.
LAURENS JOLLES, Delegato dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati per il Sud Europa. Egregio presidente, onorevoli membri della Commissione, innanzitutto vorrei ringraziarvi per l'invito rivolto all'UNHCR e, più in generale, per le iniziative e le attività che la Commissione sta portando avanti da quando è stata istituita. Siamo lieti di poter contribuire ai vostri lavori e molto fiduciosi che l'inchiesta che state portando avanti possa giungere a conclusioni utili a indirizzare un'adeguata riforma del sistema d'accoglienza italiano.
In quest'ultimo anno abbiamo preso atto di numerose inchieste giudiziarie che hanno messo in luce aspetti patologici del sistema d'accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati. Comprendiamo, dunque, che ci debba essere la dovuta attenzione nei confronti di questi gravi episodi, ma ciò dovrebbe avvenire senza mai perdere Pag. 4di vista il sistema nel suo complesso. Ciò perché, come avrò modo di spiegare meglio più avanti, siamo convinti che è nei suoi limiti generali e nei suoi aspetti di debolezza che si determinano i presupposti per l'intrusione di elementi e pratiche di possibile rilievo penale.
Prima di entrare nel merito, ci appare doveroso svolgere alcune considerazioni di carattere generale sul tema dell'accoglienza dei richiedenti asilo, soprattutto oggi che essa è posta così duramente in discussione nel contesto di un dibattito pubblico che spesso disconosce elementi fattuali oggettivi e norme giuridiche vincolanti.
Quello di accogliere le persone che fuggono da violenze e persecuzioni rappresenta indubbiamente un dovere morale ineludibile, ma non solo. È anche un dovere giuridico, inviolabile per lo Stato, soprattutto uno Stato dell'Unione europea, determinato dalla normativa internazionale e dal diritto comunitario.
Aggiungo, inoltre, che in questa particolare fase storica l'accoglienza rappresenta un fondamentale esempio di solidarietà internazionale. È noto, infatti – ma è bene ricordarlo – che nel 2015 il numero di rifugiati nel mondo è arrivato a 60 milioni, la maggioranza dei quali vive nei Paesi limitrofi alle zone di conflitto. È utile dunque ricordare sempre che il numero, pur elevato, dei richiedenti asilo che hanno fatto ingresso in Europa quest'anno rimane comunque infinitamente più basso rispetto a quello dei rifugiati ospitati in altri Paesi, come il Libano, la Turchia, il Pakistan, la Giordania e l'Etiopia.
L'altro aspetto che riteniamo utile evidenziare è il forte legame che intercorre tra l'accoglienza e altri aspetti rilevanti del «sistema asilo», soprattutto in questa fase in cui si registra un aumento comunque rilevante delle presenze nel sistema d'accoglienza italiano. In particolare, è evidente che esiste un legame tra accoglienza e procedure per il riconoscimento della protezione internazionale, nella misura in cui garantire la qualità, l'equità e l'efficienza di quest'ultima ha un impatto sui tempi di permanenza nei centri d'accoglienza.
Oltre a quello delle procedure, c’è un altro aspetto che dovrebbe ricevere altrettanta attenzione, che è quello dell'integrazione. L'UNHCR ritiene che esso sia l'aspetto maggiormente problematico per i beneficiari di protezione internazionale in Italia, a partire dal fatto che per molti di essi non sussiste alcuna forma d'accoglienza finalizzata per l'appunto all'integrazione, dal momento del riconoscimento della protezione. È anche a causa di ciò che si determina l'elevato numero di rifugiati, compresi nuclei familiari con minori, che vivono in drammatiche situazioni di disagio abitativo, in palazzi occupati o in baraccopoli, nelle periferie delle grandi città italiane.
Dobbiamo riconoscere che negli ultimi anni sono stati compiuti passi importanti nel miglioramento del «sistema asilo» in Italia. Dall'approccio emergenziale che ha caratterizzato le politiche dell'asilo per un lungo periodo si sta progressivamente arrivando – non senza fatica – a un approccio di pianificazione strutturale, al fine di rispondere – anche in modo flessibile quando necessario – agli arrivi via mare e all'aumento delle domande d'asilo. Tale percorso però deve essere rafforzato con ulteriori miglioramenti atti a rendere il sistema adeguato a rispondere alle sfide del presente.
La prima riflessione in tal senso è sul recente decreto legislativo n. 142 del 2015 che traspone le direttive accoglienza e procedure e che proprio oggi entra in vigore. Abbiamo avuto modo di dire in più occasioni che quella della trasposizione delle direttive è stata un'occasione mancata per riformare in maniera significativa il sistema d'asilo italiano, dando piena attuazione all'accordo sull'accoglienza tra Stato ed enti locali del luglio del 2014 e superando il sistema delle Commissioni territoriali.
Con riferimento all'accoglienza, il decreto apporta alcune modifiche positive, rafforzando il ruolo del tavolo nazionale di coordinamento, stabilendo l'emanazione Pag. 5annuale di un Piano nazionale per l'accoglienza e introducendo un sistema di monitoraggio. Ciononostante, sono molti gli aspetti di criticità, che peraltro sono stati sottolineati ampiamente nei pareri e nello schema di decreto approvati dalle Commissioni competenti di Camera e Senato.
In particolare il decreto, in linea con l'accordo del luglio 2014, avrebbe dovuto comportare il superamento del sistema dei grandi centri di accoglienza per richiedenti asilo rappresentati dai CARA, mantenendo per i centri collettivi un ruolo residuale di centri di transito. In questi centri i richiedenti asilo sarebbero dovuti essere identificati e avrebbero dovuto registrare la propria domanda d'asilo, in attesa di trovare una collocazione all'interno di un progetto SPRAR.
Il decreto, tuttavia, pur abolendo i CARA, prevede una disciplina dei grandi centri governativi di prima accoglienza che rischia di replicarne la disfunzionalità. Ciò perché non è stato previsto un termine massimo di permanenza ed è stato stabilito che il richiedente possa iniziare la procedura di riconoscimento della protezione internazionale durante il periodo di permanenza in detto centro.
L'altro aspetto rilevante che l'UNHCR ha posto all'attenzione del Governo italiano era quello della necessità del rafforzamento della normativa sui centri di primo soccorso e assistenza, oggi disciplinati solo da alcuni articoli della «legge Puglia» (legge della Regione Puglia n. 32 del 2009 «Norme per l'accoglienza, la convivenza civile e l'integrazione degli immigrati in Puglia»). In particolare, c’è l'esigenza di disciplinare casi e modalità con cui le persone accolte vengono trattenute all'interno di questi centri. Infatti, l'assenza di un chiaro riferimento normativo ha portato anche recentemente alla condanna, da parte della Corte europea di Strasburgo, dell'Italia nel caso Khlaifia e altri contro l'Italia, per violazione, tra gli altri, dell'articolo 5 della Convenzione europea per i diritti dell'uomo, per aver detenuto alcuni migranti marocchini nel centro di Lampedusa in assenza di una previsione normativa.
Infine, sono state introdotte misure più restrittive nel trattenimento amministrativo dei richiedenti asilo, in relazione ai quali è stata prevista l'estensione fino a dodici mesi del trattenimento nei CIE per coloro che presentino ricorso avverso un diniego di protezione internazionale, anche qualora il giudice riconosca l'effetto sospensivo del ricorso.
Sulle procedure, invece, viene sostanzialmente mantenuto il sistema esistente, con alcune modifiche di miglioramento. Tuttavia, l'UNHCR ritiene che sia necessario un intervento di riforma radicale della procedura, partendo dagli aspetti positivi e particolari della procedura italiana.
Il sistema delle Commissioni, che ha garantito in questi anni spazi di protezione soddisfacenti – secondo noi, sono stati spazi molto soddisfacenti – non appare in questo momento adeguato ad affrontare la sfida di un numero rilevante di domande di protezione internazionale. Ciò per una serie di ragioni, per lo più note, tra le quali le insufficienti competenze specifiche dei componenti delle Commissioni territoriali e l'impossibilità per la maggioranza di essi di svolgere il loro ruolo in via esclusiva. Questo ha portato alle esigenze per le singole amministrazioni di nominare un numero rilevante di componenti per ogni Commissione, che si alternano per dare agio alle Commissioni di mantenere costanti i ritmi di lavoro.
Per far comprendere quanto sto dicendo e gli effetti che esso comporta, citerò alcuni dati.
Oggi sono operative 40 Commissioni, che lavorano quotidianamente con quattro membri. Ogni giorno, quindi, sono 160 le persone che valutano le domande d'asilo presentate dai richiedenti. Ebbene, per far sì che vi siano ogni giorno 160 persone che lavorano in Commissione i membri nominati sono 800. Si tratta, quindi, di 800 persone che devono essere tutte adeguatamente formate e aggiornate.
Secondo noi, un numero più limitato di persone specializzate e dedicate potrebbe garantire una maggiore efficienza e qualità. Pag. 6Ecco perché l'UNHCR ritiene che le criticità del sistema attuale possano essere superate attraverso l'istituzione di un organismo dedicato, composto da personale specializzato, che svolga il gravoso compito delle valutazioni delle domande d'asilo in maniera esclusiva. Tale organismo, migliorando gli standard procedurali, potrebbe avere quella necessaria flessibilità per poter rispondere in maniera efficace all'andamento fluttuante delle domande d'asilo.
Noi auspichiamo che sui punti evidenziati, in relazione sia all'accoglienza sia alla procedura, possano essere presto apportate modifiche al decreto legislativo n. 142. C’è infatti la possibilità che entro due anni dall'entrata in vigore del decreto legislativo siano emanati decreti correttivi.
Inoltre, c’è all'orizzonte l'opportunità per il Governo di esercitare la delega prevista dall'articolo 7 della legge di delegazione europea 2013-bis per l'emanazione del Testo unico asilo. Si potrà, dunque, anche in breve tempo eventualmente intervenire con modifiche normative sul testo. Noi speriamo che questa opportunità venga colta dal Governo e che si arrivi ad introdurre le riforme necessarie per il «sistema asilo» italiano.
A tal fine, l'UNHCR ha espresso il proprio apprezzamento per la volontà del Ministero dell'interno di creare un gruppo tecnico di lavoro che valuterà le proposte di riforma dell'organismo competente a valutare le domande d'asilo, del quale auspichiamo una celere istituzione.
Detto ciò, è opportuno evidenziare che, per rendere il sistema adeguato ad affrontare le sfide odierne, è necessario anche che si intervenga in fase di attuazione della normativa vigente sotto una molteplicità di profili.
Innanzitutto è necessario stabilizzare e rendere tempestiva l'allocazione dei fondi, dando così agio alle autorità competenti di pianificare per tempo le modalità d'accoglienza, rendendola anche adeguata per dare una risposta soddisfacente alle necessità del sistema. È opportuno che gli uffici competenti abbiano le necessarie risorse umane e materiali per affrontare e governare il fenomeno. È difficile comprendere, infatti, come l'amministrazione dell'interno possa riuscire a gestire gli attuali numeri di richiedenti asilo con un organigramma e una struttura definiti molti anni addietro, quando gli arrivi in Italia erano rappresentati da ben altri numeri.
Queste ultime riflessioni mi consentono di introdurre il necessario approfondimento sul sistema d'accoglienza, che vorrei provare ad analizzare per punti. Mi sembra opportuno partire dal sistema di governance del sistema d'accoglienza.
Noi riteniamo che in quest'ambito l'esperienza del tavolo nazionale di coordinamento abbia rappresentato negli ultimi anni un'esperienza virtuosa di cooperazione interistituzionale tra Governo ed enti locali. Il tavolo è divenuto un luogo fondamentale di confronto, ma anche di indirizzo e di governo del «sistema asilo», assieme al forte impulso dato dal Dipartimento per libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno, in stretto coordinamento con le prefetture locali.
Per queste ragioni abbiamo accolto con favore la norma del decreto legislativo n. 142 che ne rafforza il ruolo, prevedendo che il tavolo dia le linee di indirizzo e programmazione, al fine di ottimizzare il sistema d'accoglienza.
Consideriamo inoltre lungimirante la scelta di aver replicato il sistema nazionale di governance anche a livello locale con l'istituzione dei tavoli regionali di coordinamento. L'UNHCR ritiene che queste istituzioni vadano ulteriormente rafforzate, investendo anche politicamente sulla loro operatività. Essi dovrebbero essere sempre più i luoghi di condivisione e, come appunto recita la norma, di indirizzo e programmazione del sistema d'accoglienza. A tal fine l'UNHCR ritiene che dovrebbe essere rafforzata la sinergia tra i due livelli di governance attraverso un dialogo che sui temi dell'accoglienza e dell'integrazione deve essere costante e bidirezionale.
Sarebbe necessario, inoltre, prevedere che tale sistema di governance venisse duplicato per i minori non accompagnati, prevedendo l'istituzione di un tavolo nazionale Pag. 7minori che avesse l'obiettivo di uniformare gli standard di accoglienza per essi, in considerazione della specificità e della complessità che essa comporta.
L'altro aspetto che ritengo utile rimarcare è quello della pianificazione. Il decreto legislativo n. 142 del 2015, all'articolo 16, comma 2, prevede che annualmente il tavolo nazionale di coordinamento predisponga un Piano nazionale per l'accoglienza in cui sia indicato il fabbisogno dei posti d'accoglienza anche in considerazione della previsione di arrivi. L'UNCHR ritiene questa norma fondamentale per dare una svolta concreta alle politiche sull'asilo, superando l'approccio emergenziale a favore di una più pragmatica e lungimirante politica di programmazione.
Il Piano, se sarà adeguatamente messo in opera, può divenire uno strumento cardine non solo al fine di fornire risposte più adeguate alle necessità emergenti dell'accoglienza, ma anche per rendere il sistema più efficiente sotto il profilo del contenimento dei costi.
In ultimo, è evidente che solo attraverso un'adeguata programmazione temporale delle esigenze d'accoglienza si possono porre in essere procedure di selezione e valutazione degli enti gestori atte a evitare l'inclusione di soggetti non idonei. Per far questo, però, è necessario migliorare il sistema di raccolta dati e rafforzare i database esistenti.
In particolare, bisogna essere in grado di avere piena consapevolezza del numero delle persone accolte nell'ambito del sistema d'accoglienza e dell'andamento della loro procedura. D'altronde, fintanto che non si avrà un chiaro quadro della situazione al presente, sarà problematico pensare di programmare l'intervento futuro.
A tal fine noi pensiamo che possano rappresentare un forte stimolo per l'amministrazione pubblica le relazioni sull'utilizzo dei fondi per l'accoglienza previste dai commi 2 e 2-bis della legge n. 146 del 2014 di conversione del decreto-legge n. 119 del 2014, che sarebbero dovute essere inviate alle Camere entro il 30 giugno scorso. Infatti, questo esercizio potrebbe risultare particolarmente utile a comprendere quali aspetti nella raccolta dati debbano essere migliorati per il futuro.
Rispetto al tema della programmazione, un'ultima riflessione va fatta sull'integrazione. Il decreto legislativo n. 18 del 2014, infatti, prevede che il tavolo nazionale di coordinamento adotti ogni due anni un Piano nazionale integrazione. Questo documento, a lungo auspicato dall'UNHCR, può rappresentare lo strumento utile per pianificare le misure nazionali a sostegno dei processi di inclusione sociale dei beneficiari di protezione internazionale, fino a oggi troppo carenti, frammentate e diffuse in maniera incoerente per il territorio nazionale.
Il Piano integrazione rappresenta il complemento di quello sull'accoglienza, perché solo nella misura in cui si può avere chiaro come favorire l'uscita dal sistema di assistenza rappresentato dai centri d'accoglienza si può prevedere quale sarà la capacità di accogliere del sistema in atto.
L'ulteriore aspetto che ritengo doveroso sottolineare è lo sforzo che il Governo italiano ha posto in essere riuscendo in così breve tempo ad aumentare in maniera esponenziale la capacità ricettiva del sistema, che è arrivato ad accogliere oggi 95.000 persone. Anche solo nell'ambito del sistema ordinario SPRAR si è passati in pochissimo tempo da 3.000 posti a una quota, che verrà raggiunta con un recentissimo bando, di 30.000 posti.
L'UNHCR, nel dare atto al Governo italiano di questo enorme sforzo, ritiene opportuno sottolineare che, per rafforzarne l'efficacia, è opportuno che tutti i livelli del sistema d'accoglienza siano adeguatamente irrobustiti. In tal senso, noi riteniamo che sia fondamentale aumentare il numero dei posti nella primissima accoglienza, soprattutto attraverso la creazione dei nuovi CPSA in prossimità delle zone portuali di sbarco come Augusta, Palermo, Trapani, Porto Empedocle e Taranto, anche al fine di evitare quelle soluzioni temporanee che determinano situazioni di grave disagio.Pag. 8
Riteniamo, inoltre, che, in ragione dell'aumento considerevole degli sbarchi di minori non accompagnati, sia necessario aumentare i posti d'accoglienza per loro nell'ambito del sistema SPRAR.
Un altro aspetto che riteniamo utile sottolineare è quello relativo ai richiedenti asilo più vulnerabili, quali i minori non accompagnati, ma anche le vittime di tortura e le persone con disagio psichico o con problemi di salute. Pensiamo che per questi casi sia necessario migliorare le procedure di individuazione nella fase di sbarco, così come nei centri di accoglienza, e la presa in carico da parte degli organismi competenti.
Per quanto riguarda i minori non accompagnati, auspichiamo anche che sia emanato al più presto da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri il decreto di disciplina della procedura per l'identificazione dell'età previsto dal decreto legislativo n. 24 del 2014 di trasposizione della direttiva sul contrasto alla tratta di esseri umani, che avrebbe dovuto essere adottato già nel settembre del 2014.
Prima di passare la parola al collega per una breve riflessione sul sistema di monitoraggio, vorrei concludere questo intervento riassumendo quelle che, a mio avviso, sono le priorità per il «sistema asilo» in Italia, quelle di cui abbiamo parlato, in effetti.
In primo luogo, per quanto vi siano stati miglioramenti sostanziali nel sistema d'accoglienza, ulteriori misure normative e in sede di attuazione sono indispensabili per portare a compimento una piena riforma del sistema stesso.
In secondo luogo, la procedura per il riconoscimento della protezione internazionale deve essere riformata con urgenza per rispondere agli attuali flussi migratori e all'aumento delle domande d'asilo, secondo i princìpi di qualità, equità ed efficienza menzionati in precedenza.
In terzo luogo, garantire condizioni adeguate d'accoglienza risponde non solo all'esigenza di garantire trasparenza e controllo nella gestione dei servizi di accoglienza, ma anche al dovere di preparare adeguatamente i richiedenti asilo nel loro difficile percorso di integrazione, percorso che va poi rafforzato, una volta ottenuta la protezione internazionale.
In quarto luogo, non ho affrontato in questo intervento la dimensione europea, che è cruciale nella gestione dell'asilo, ma sono felice di rispondere alle vostre domande al riguardo. Mi preme, tuttavia, sottolineare come garantire condizioni adeguate durante la procedura di relocation verso altri Stati membri diventi un fattore decisivo per il successo dell'operazione.
Grazie. Ora vorrei passare la parola al collega Riccardo Clerici.
RICCARDO CLERICI, Capo dell'Unità di protezione dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Grazie, presidente e onorevoli. Io farò solo una brevissima integrazione alla presentazione del delegato sul tema del monitoraggio, che è di strettissima pertinenza alle condizioni di accoglienza, la qualità e l'armonizzazione delle stesse.
Si tratta di due temi ricorrenti negli ultimi anni, in quanto il sistema d'accoglienza italiano prevede alcune situazioni di eccellenza – non solo nello SPRAR, ma anche in altri centri – e alcune situazioni più critiche. C’è una mancanza di armonizzazione secondo diversi profili che noi riteniamo debba essere corretta. Il fine è di garantire condizioni di accoglienza adeguate e il più possibile armonizzate da un punto di vista funzionale. La pianificazione, come il dottor Jolles ha detto ampiamente, è uno degli strumenti essenziali per ottenerle.
Il secondo tema è quello del monitoraggio. Per il monitoraggio dei servizi di accoglienza il capitolato generale del 2008, emanato dal ministro Maroni – come molti altri strumenti legislativi in Italia, dobbiamo dirlo – è uno strumento buono, migliorabile nel tempo, come tutti, in base all'esperienza. Quello che abbiamo notato, e che adesso andrò a spiegare, è che nella fase attuativa di implementazione e di attuazione si sono registrate notevoli difficoltà, anche se – questo va detto; fatemi spezzare una lancia a favore sia dei colleghi Pag. 9del ministero, sia delle prefetture – ci sono stati miglioramenti anche sul monitoraggio.
Tali miglioramenti ci sono stati, come cercherò di spiegare, dal 2013, con l'istituzione delle Commissioni legate al progetto Praesidium e, soprattutto, un balzo in avanti è stato fatto nel 2015 con le due circolari del prefetto Morcone di febbraio e di settembre, che hanno posto un'enfasi maggiore sul monitoraggio, l'istituzione di Commissioni di monitoraggio a livello delle prefetture, istituite formalmente con un proprio organico, e Commissioni più frequenti, che il prefetto Morcone nella sua audizione vi ha riferito a campione nelle strutture d'emergenza.
I progressi, quindi, ci sono stati. Il passo successivo dovrebbe essere – tramite i fondi FAMI, i fondi europei che dovrebbero coprire il periodo fino al 2020 – quello di istituire e rafforzare il monitoraggio a livello centrale e locale con un ufficio dedicato, una metodologia adeguata, missioni a campione, un sistema che ponga gli enti gestori di fronte ai correttivi necessari in caso di inadempienza ed eventualmente un sistema sanzionatorio adeguato che, purtroppo, è stato invece carente.
Qual è stata l'esperienza di cui avete parlato anche in altre audizioni dal 2013 a oggi ? È un'esperienza, un progetto pilota. Non è la risposta istituzionale e strutturale che, invece, va perseguita, ma è stata un'esperienza positiva. L'UNHCR, insieme all'OIM, Save the Children e Croce Rossa ha contribuito alle Commissioni di monitoraggio istituite dalle prefetture e dal Ministero dell'interno presso i centri governativi, i CPSA, i CDA, i CARA e i CIE.
Nel corso di questi due anni circa sono state effettuate due missioni per centro, più o meno, con la redazione di un verbale, la cui titolarità spetta alle prefetture, che veniva inviato al Ministero dell'interno e redatto da tutti i membri. Oltre alle agenzie Praesidium e alle prefetture, ne facevano parte anche i colleghi delle questure. Dei verbali immagino che farete, o avrete fatto, richiesta al Ministero dell'interno.
Da febbraio 2015 quest'azione si è ampliata anche alle strutture temporanee, i cosiddetti CAS (Centri di accoglienza straordinaria). Il campione è molto ridotto, come anche il prefetto Morcone aveva detto. Sono state visitate poco più di una trentina di strutture, che però danno un segnale della situazione sul territorio.
Che cosa emerge da questa esperienza ? Sarò sintetico.
Innanzitutto emergono quegli aspetti strutturali di criticità del sistema che il dottor Jolles ha evidenziato, per i quali anche i miglioramenti a livello locale sono difficili o non producono i risultati: la pianificazione, i servizi chiari, l'armonizzazione e il controllo stesso. Se non si risolvono questi aspetti strutturali, è chiaro che poi le ricadute sulla gestione dei centri hanno un impatto limitato.
È emerso come il sistema di monitoraggio, precedentemente posto in essere presso le prefetture, avesse delle carenze. Ribadisco, non si tratta della motivazione o della determinazione dei colleghi, soprattutto delle Aree IV delle prefetture, ma di dare veramente priorità al monitoraggio nei centri d'accoglienza con le risorse e gli strumenti adeguati, perché il monitoraggio è un lavoro serio. Si tratta di strutture d'accoglienza, che voi avete visitato, in cui si parla – uso l'espressione business – di sistemi di gestione di parecchi milioni di euro, che quindi necessitano di un controllo qualitativo e quantitativo economico-contabile serio, sistematico e costante.
Il terzo aspetto è più tecnico. Sono state evidenziate delle carenze – lasciatemelo dire – come inadempienze contrattuali e carenze tecniche di varia natura, ad alcune delle quali il ministero, tramite la prefettura, ha chiesto agli enti gestori di provvedere. Magari con una tempistica un po’ lunga, in alcuni casi si è provveduto, in altri meno.
Presidente, potrei presentare in maniera segretata un paio di case study, se è possibile.
PRESIDENTE. Passiamo in seduta segreta.
Pag. 10(I lavori della Commissione proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica)
PRESIDENTE. Ringraziando, ovviamente, per questo contributo i nostri auditi, do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
Come di consueto, interverrà prima uno per Gruppo e poi, eventualmente, seguiranno altri rappresentanti dei Gruppi.
VEGA COLONNESE. Innanzitutto vi ringrazio perché la vostra relazione è stata veramente molto dettagliata e utile. Io ho solo una domanda da porvi, perché il vostro è stato uno spunto veramente utile anche per il lavoro che dovremo fare e che continueremo a fare.
Riguardo alle Commissioni territoriali, noi siamo decisamente d'accordo sul fatto di riformare il sistema delle Commissioni territoriali. Mi è sfuggita, però – e me ne scuso – la proposta che viene fatta.
Quale sarebbe la cosa migliore da fare, costituire un'unica Commissione che analizzi tutti i casi, o mantenere il sistema sul territorio nazionale ? Chiedo proprio nello specifico quale sarebbe la soluzione migliore secondo voi.
GREGORIO FONTANA. Innanzitutto vorrei rivolgere un apprezzamento ai rappresentanti dell'UNHCR perché il lavoro che stanno facendo è prezioso per tutti. Proprio in base alle loro segnalazioni si sono potuti fare degli interventi. Noi abbiamo partecipato e siamo stati in diversi centri. Per la preparazione che noi facevamo prima di recarci sul posto, i vostri rapporti e le vostre segnalazioni sono stati un aiuto fondamentale.
Il punto importante – mi riallaccio anche alla domanda del presidente – riguarda non solo il problema con gli enti gestori, ma anche il rapporto con la prefettura e con le organizzazioni dello Stato, che devono non solo supportare e favorire la presenza, ma anche poi intervenire, nel momento in cui ci sono dei rapporti. Vorrei, quindi, avere un quadro anche su questo tipo di rapporto.
Per quel che riguarda le Commissioni, anch'io mi unisco alla domanda della collega per avere un'idea un po’ più chiara rispetto a queste ipotesi di un organismo dedicato. Vorrei sapere come voi potete immaginare questo progetto.
Per quanto riguarda sempre le Commissioni, che sono un punto delicatissimo rispetto ai nostri problemi, c’è il tema della formazione. Qual è, secondo voi, una formazione sufficiente per poter svolgere questo delicato passaggio ?
Un'ultima domanda riguarda i dati. Noi stiamo facendo una raccolta di dati perché, come avete accennato anche voi, è importante avere un inquadramento generale del problema. Se voi avete dati forniti dalla vostra organizzazione, sarebbe molto utile avere uno scambio con la Commissione, proprio perché questi dati possano essere messi a disposizione anche di questa Commissione, consentendole di avere un quadro generale della questione.
ELENA CARNEVALI. Vi ringrazio anch'io moltissimo per la relazione che, peraltro, offre molte piste di lavoro, che senza dubbio ci trovano molto concordi, nonché molti suggerimenti. Grazie soprattutto anche per il lavoro che state facendo di accompagnamento di un lavoro più istituzionale.
Io tocco solo tre punti. Il primo riguarda la questione relativa ai minori.
Voi avete detto due cose importanti: la prima è che serve un tavolo nazionale per i minori e la seconda che occorre un aumento di posti per l'accoglienza SPRAR. La domanda che vi pongo è se, rispetto alle condizioni attuali di governance da una parte e di pianificazione e programmazione dall'altra, voi abbiate dei suggerimenti. Mentre il tavolo nazionale dei minori può essere un impegno che credo il Governo possa anche porre in essere a breve scadenza, noi vorremmo agire in particolare sui posti per lo SPRAR, ma molto dipende dalla disponibilità volontaristica. Questo è l'altro nostro vulnus che Pag. 11noi abbiamo. Per riuscire a garantire la corretta tutela, la corretta presa in carico, la corretta relazione con le famiglie di origine e i ricongiungimenti – in sostanza, tutto ciò – io terrei particolarmente ad avere, magari non adesso, un'occasione per fare un approfondimento sulla questione dei minori.
Il secondo tema che voglio toccare è quello relativo alle donne, una specificità che, a mio giudizio, tocchiamo sempre molto poco, come se pensassimo che l'accoglienza sia tutta molto maschile o per nuclei familiari. La questione di genere femminile mi sembra particolarmente assente nel tema dell'accoglienza. Io lo sento ripetutamente anche nelle audizioni che noi facciano. Se ritenete, vi chiedo quali possibili suggerimenti potete fornirci per cogliere anche questa specificità.
In ultimo, il tema più rilevante che avete toccato, secondo me, è che avete detto con molta chiarezza che abbiamo fatto buoni passi avanti in termini di governance, non ancora del tutto attuati, anche in virtù degli adempimenti che dobbiamo fare in relazione a quella che voi avete definito un'occasione mancata. Mi riferisco al decreto. Il tema riguarda la programmazione e la numerosità per far fronte all'emergenza, ma in una prospettiva di strutturalità che voi state vedendo. Credo che, invece, non abbiate fatto sconti sul tema dell'integrazione, che mi sembra essere la parte del processo, se così vogliamo chiamarla, più assente e che più si fatica a mettere in campo.
Vorrei sapere se lo standard identificato nel 2008, cui avete fatto riferimento, sia sufficiente o insufficiente a coprire e a rendere realizzabile quella parte. Ovviamente, se avremo occasione per ampliare e approfondire meglio questa parte sull'integrazione, ve ne sarò grata.
Grazie.
PIA ELDA LOCATELLI. Devo confessare che la sua relazione, in particolare, mi ha molto segnata e colpita per la severità di giudizio. Io credo che avremo tutti bisogno di prendercela in mano e di studiarcela, perché anche in una furia di presa di appunti si arriva dove si arriva. Davvero mi ha colpito, perché il giudizio è severissimo nei nostri confronti. Può darsi che l'abbia letta negativamente o può darsi che lei abbia solo parlato degli aspetti negativi.
Perché sono rimasta molto colpita ? Sono rimasta sconcertata, avendo tratto questa valutazione, perché, allo stesso tempo, noi, come Paese, abbiamo vissuto questa esperienza della gestione dei migranti, dei rifugiati, in sostanza delle persone che vanno nel mondo, questo esodo così pesante, sentendoci un po’ abbandonati nella gestione di questo problema, che va al di là, oggettivamente, delle nostre possibilità, fosse anche solo – e non è solo – per la nostra collocazione geografica, proiettata nel Mediterraneo.
Io non cerco di fuggire dalle responsabilità, ma la prima domanda che faccio a voi è la seguente: avendo bisogno di capire i nostri comportamenti dentro un contesto più ampio, con gli altri Paesi che operano su questo tema, il nostro Paese sta facendo così male ? Questa è la prima domanda.
Come seconda domanda, noi non siamo una Commissione propositiva, siamo una Commissione d'inchiesta: il nostro compito è di verificare che cosa non funziona. Parlo per me, ma mi pare che siamo un po’ tutti in questa situazione. Mi riferisco comunque alla mia valutazione personale.
Noi siamo andati a visitare Mineo, Lampedusa e Crotone con l'atteggiamento di quelli che andavano a controllare i comportamenti di chi gestiva un centro, senza – di nuovo, ripeto, parlo per me – considerare le nostre manchevolezze legislative, che forse sono anche un po’ all'origine di questi funzionamenti molto approssimativi (per essere buoni) di alcuni centri, i quali davvero ci hanno lasciato perplessi, sconcertati e profondamente preoccupati.
Io chiederei proprio che ci aiutaste a capire bene dove siamo arrivati rispetto ad altri Paesi. È chiaro che le prime a essere colpite, anche solo in termini numerici, sono state le nostre regioni. Poi da diverse regioni i flussi hanno incominciato a girare Pag. 12più sulla Grecia e ad aumentare pesantemente i numeri della Grecia, tant’è che il rapporto è di 1,5 a 3 e di 3,5 a 4 con la Grecia. Adesso i guai li stanno passando soprattutto loro.
È questo disegno complessivo che mi lascia sconcertata. Soprattutto io vorrei che, nel capire le cose, potessimo anche valutare quanto queste responsabilità, che noi abbiamo, siano da attribuire anche ad una scarsa condivisione dei temi, quanto meno a livello europeo. Davvero fateci avere la vostra relazione, perché merita uno studio.
PRESIDENTE. Non c’è dubbio. La relazione è già acquisita agli atti, evidentemente. Se ce la possono fornire fin da ora in versione cartacea, va bene, ma, come al solito, verrà trascritta e sarà nostra cura procurarcela.
L'onorevole Carnevali vuole intervenire per una precisazione.
ELENA CARNEVALI. Chiedo solo una precisazione sul tema della funzionalità delle Commissioni, che peraltro l'onorevole Fontana – e in più occasioni tutti noi – ha sollevato come un tema dei più rilevanti.
Lei segnalava che c’è bisogno di 800 nomine per il funzionamento di 160 effettivi, perché c’è tutta la parte relativa ai supplenti. Oltre alla questione delle nomine, io condivido molto l'esigenza di individuare che tipo di proposta voi ci suggerite e sono molto d'accordo sul fatto che ci siano persone formate e che il lavoro sia continuativo. Questa è una condizione che noi abbiamo rilevato nel tempo. È una condizione sine qua non.
Mi interessa, però, anche il tipo di formazione delle persone che occorrono. Chi sono ? Nell'elenco delle persone supplenti davvero, francamente, non si capisce neanche quale debba essere il profilo necessario da poter mettere nelle Commissioni.
PRESIDENTE. L'onorevole Fontana chiede di intervenire per un'altra precisazione.
GREGORIO FONTANA. Intervengo in maniera telegrafica. Voi avete fatto una valutazione e un monitoraggio rispetto all'esperienza dei CARA e degli SPRAR. Noi siamo in una situazione che, per esempio, quest'anno vede, sul cento per cento dei richiedenti asilo, 69.000 soggetti nei centri temporanei, 7.000 negli SPRAR e 20.000 nei CARA. Rispetto ai centri temporanei voi avete fatto azione di monitoraggio e qual è la vostra valutazione in merito ?
PRESIDENTE. Affronto solo una questione brevissima. La mia è una domanda precisa, non voglio dilungarmi: vorrei sapere se i componenti osservatori delle Commissioni dell'UNHCR effettuano dei report sul funzionamento delle Commissioni. Poiché uno dei quattro membri è dell'UNHCR, vorrei sapere se le persone direttamente coinvolte nelle Commissioni effettuano dei report, se tali report sono periodici e se sia possibile eventualmente acquisire questo tipo di documentazione per esaminarla.
Do la parola ai nostri ospiti per la replica.
LAURENS JOLLES, Delegato dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati per il Sud Europa. Inizio io rispondendo a due domande.
Su come riformare il «sistema asilo» e quello che adesso viene fatto dalle Commissioni, noi abbiamo presentato delle raccomandazioni abbastanza precise. Possiamo anche condividerle con voi, anche se non le abbiamo qui adesso.
Le cose che ha detto l'onorevole Carnevali rappresentano proprio i cardini. La Commissione è composta di quattro persone, tra cui noi, che abbiamo naturalmente le competenze e la formazione e siamo lì per tutto il tempo, così come i presidenti delle Commissioni, ma per quanto riguarda gli altri la situazione è molto inconsistente. C’è un grande turnover. La gente che entra a far parte delle Commissioni non lo fa esclusivamente, ha un altro lavoro «normale» e lo fa più o meno part-time. Questo non è idoneo e Pag. 13non è efficace, né per la qualità, né per il tempo dovuto.
Tuttavia, devo dire che, per quanto riguarda l'esito delle decisioni prese finora – è difficile parlare di qualità – a nostro avviso, in questi anni, dalle Commissioni, le persone che avrebbero dovuto ottenere la protezione internazionale, secondo noi, l'hanno ottenuta. In questo senso è stata una buona operazione.
ELENA CARNEVALI. (fuori microfono) Nella prima fase o attraverso i ricorsi ?
LAURENS JOLLES, Delegato dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati per il Sud Europa. No, non parlo di ricorsi. Sto parlando della prima fase. Per i ricorsi c’è un altro problema, che è molto più grande.
Quindi, abbiamo sempre visto abbastanza positivamente il funzionamento delle Commissioni, ma con tutte le lacune. Non sono efficienti e non sono adeguate in questo momento a rispondere alla situazione attuale, con un aumento di persone, un aumento di arrivi. C’è bisogno di un sistema abbastanza rapido.
Quello che noi vogliamo è che ci siano sempre Commissioni diffuse sul territorio, non solo una Commissione. Adesso ci sono 40 Commissioni, ma potrebbero essercene anche di più, un po’ dappertutto. Il punto è che ci dovrebbero essere delle persone dedicate, un gruppo di persone, di cui non abbiamo neanche bisogno di essere parte – potremmo esserne parte, potremmo avere un ruolo, ma questo è da definirsi –, che abbia un background, che abbia una formazione e che faccia questo esclusivamente, come in effetti avviene in tanti altri Paesi.
Secondo noi, se fosse così, ci sarebbe una riduzione dei tempi, decisioni scritte anche in un modo migliore e un adeguamento al funzionamento del sistema in altri Paesi (anche se c’è una grande differenza tra un Paese e l'altro).
Queste raccomandazioni sono state fatte. C'erano alcune riserve anche all'interno del Governo per procedere in quella direzione. Come ho detto prima, è stata una mancata opportunità il non metterle in attuazione o non programmarle durante il lavoro di recepimento delle direttive europee.
Tuttavia, recentemente – sto parlando degli ultimi tempi; questa è una cosa che non ci è neanche stata detta ufficialmente – ho sentito che sia il ministro Alfano (non posso parlare a nome suo, naturalmente), sia il prefetto Morcone, sia il sottosegretario Manzione hanno riconosciuto che bisogna veramente fare un salto di qualità e quindi cambiare. Stanno riguardando adesso le nostre raccomandazioni per vedere in che modo si possano attuare.
Il tavolo di lavoro di cui abbiamo parlato già da un po’ di tempo avrebbe dovuto cominciare ad attivarsi, spero che ciò avvenga abbastanza rapidamente. Noi lavoreremo insieme al ministero per far sì che si possa cambiare. Non è una cosa che succederà subito, ci vorrà forse un po’ di tempo, ma è già un buon segno che va nella buona direzione, secondo noi.
Il ricorso è un'altra questione. Anche quello è fatto in ordinario. Pertanto, i giudici che siedono e prendono le decisioni hanno una determinata formazione, ma non hanno la formazione che possono avere anche in altri Paesi. Secondo me all'interno della magistratura ci dovrebbe essere un gruppo di magistrati dedito o più specializzato in questo ambito, che si dedichi ai ricorsi. Adesso la maggior parte dei dinieghi viene rivista (non automaticamente), quindi c’è qualcosa che non va: vuol dire che in gran parte le decisioni prese in prima istanza non sono giuste e, secondo noi, non è il caso.
Per quanto riguarda la severità del giudizio, io lascio naturalmente la relazione. La lascerò qui anche in forma cartacea e poi potremo mandarvela anche per e-mail. C’è un giudizio severo su alcune cose, ma noi non abbiamo mai voluto essere troppo severi. Io credo che sia abbastanza bilanciato. Ci sono delle cose che vanno migliorate e ci sono altri aspetti che sono molto buoni. Uno di questi è come hanno lavorato finora le Commissioni. Ciò non è in contraddizione Pag. 14con quello che ho detto prima, perché io ho sempre detto che l'esito delle decisioni è buono. Quella è già una buona cosa. Non succede dappertutto, neanche all'estero.
L'altra cosa buona è il fatto che, almeno negli ultimi anni, c’è stato un accesso quasi completo alla procedura di asilo. Mi ricordo gli anni in cui sono arrivato, nel 2008-2009. C'erano dei grandi problemi, perché c'era un problema di accesso al territorio e c'era un problema di accesso alla procedura di asilo. Adesso questi problemi non ci sono: chiunque voglia chiedere l'asilo lo può fare. Non ci sono veramente limiti. Quella è già una cosa molto positiva. Non ne parliamo, in effetti, in questa relazione, ma glielo dico assolutamente e ne sono più che convinto.
D'altronde, l'Italia è l'Italia. Succedono delle cose qui che non succedono in altri Paesi. Adesso forse non è il caso di parlarne, ma io mi ricordo che tempo fa c'erano 11 eritrei in Giordania, all'aeroporto di Amman, che venivano dallo Yemen. Erano bloccati lì e stavano per essere rimandati in Yemen, perché il Governo giordano era assolutamente contrario a farli entrare nel Paese e voleva rimpatriarli. C'era un grande pericolo col ritorno nello Yemen.
Io mi trovavo ad un ricevimento, vidi qualcuno del ministero e gli chiesi se potevamo aiutarli. In mezz'ora ricevetti una conferma: «L'Italia li accetta. Fateli venire in due giorni». Non c’è quasi nessun altro Paese che avrebbe fatto una cosa simile.
Queste sono cose di cui, secondo me, si può essere fieri. Non ne abbiamo parlato qui. È un po’ difficile parlarne così, ma è vero che ci sono tanti casi in cui l'Italia dà veramente un ottimo esempio.
PIA ELDA LOCATELLI. (fuori microfono) Magari diciamo anche quelli...
LAURENS JOLLES, Delegato dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati per il Sud Europa. Io li dico spesso, ma non era il caso di farlo in questo rapporto.
Per quanto riguarda i numeri esatti, vedo che li avete...
GREGORIO FONTANA. (fuori microfono) Se voi avete un monitoraggio vostro, noi potremmo acquisirlo.
LAURENS JOLLES, Delegato dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati per il Sud Europa. Sì certo. Le fonti primarie governative vedo che le avete.
PRESIDENTE. Per esempio, a proposito di dati, poiché voi fate un'analisi anche qualitativa, noi vorremmo sapere quanti casi di inadempienza avete riscontrato, se ne avete riscontrati. A noi questo risulta solo dai singoli monitoraggi che abbiamo letto. Se voi avete degli studi comparati ed estesi nel tempo per verificare quali sono gli elementi deficitari del sistema, oppure dei caratteri che voi ritenete di dover sottolineare, ce li potreste fornire. Tutti i dati quantitativi aggregati, che noi altrimenti avremmo difficoltà ad acquisire, sono, ovviamente, di nostro interesse. Tutti i dati relativi all'ufficialità, cioè tutto ciò che passa attraverso Governo, prefetture e forze di polizia, li abbiamo, perché sono dati quasi «anagrafici».
RICCARDO CLERICI, Capo dell'Unità di protezione dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Proverò ad integrare e a rispondere alle domande che il delegato Jolles non ha toccato.
Sulla riforma della procedura faccio solo un breve commento in aggiunta a quanto già detto dal collega. Professionalizzazione ed esclusività dell'incarico penso siano temi importanti. Noi faremo circolare la nostra proposta – che è stata presentata il 5 febbraio alla Commissione diritti umani del Senato, con il senatore Manconi – in cui noi parliamo espressamente di un organismo dedicato.
Questo è il tema su cui ragionare col ministero, che potrebbe garantire – mi sembra sia chiaro – la qualità, l'equità, ma anche l'efficienza, che si stanno perseguendo in questo momento anche con la direttiva Alfano di luglio e con i tentativi Pag. 15fatti dalla Commissione nazionale e dai presidenti delle Commissioni con molto impegno in questi ultimi mesi.
Un sistema con un organismo dedicato, che sappia rispondere in maniera flessibile agli aumenti o alle diminuzioni delle domande d'asilo, è uno strumento importante per garantire una risposta efficace. Anche se attualmente le 40 Commissioni riescono a gestire circa l'80 per cento delle nuove domande che arrivano, come voi sapete, c’è un arretrato considerevole; con un sistema professionale, esclusivo e dedicato si può aspirare a un'efficienza maggiore.
ELENA CARNEVALI. Entro a gamba tesa. Il fatto che ci siano quattro componenti della Commissione – in particolare, l'ha detto Morcone – è una caratteristica tutta italiana. Questo me lo ricordo. Ce l'ho fotografato in testa. Morcone basava questa considerazione sul fatto che il nostro è un sistema molto garantista in particolare nei confronti del richiedente, perché siete coinvolti voi, le rappresentanze territoriali e quelle della Polizia di Stato e della questura.
L'altra domanda che ci siamo fatti è se, secondo voi, questa caratteristica tutta italiana – perché in altri Stati l'organo è monocratico – si può mantenere anche con un numero inferiore di componenti della Commissione. Sono necessari tutti questi quattro, con tutte queste rappresentanze ? È meglio un organo monocratico ? Qual è il vostro giudizio su questo ?
PRESIDENTE. Mi permetto di fare un'integrazione. Io condivido il radicamento territoriale, ma territorialmente ci sono delle differenze di giudizio comprovate statisticamente. Il mantenimento del radicamento territoriale e l'omogeneità del giudizio potrebbero probabilmente... Voi non avete mai pronunciato una parola, che è «agenzia». Sappiamo che questo è un tema aperto.
Detto questo, al di là della forma giuridica che configura la vostra proposta, vi chiediamo se l'idea di avere nel momento dell'intervista una persona o due e poi, nel momento della decisione, un collegio più ampio, così che la decisione sia più omogenea sul territorio nazionale – l'asilo non è un terno al lotto; alla fine una persona dovrebbe avere gli stessi diritti in qualsiasi punto d'Italia –, sia uno dei percorsi praticabili. Si tratta di una delle nostre riflessioni più strutturate che abbiamo fatto in Commissione.
RICCARDO CLERICI, Capo dell'Unità di protezione dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Questo è il tema della riforma. Come diceva il delegato, l'esperienza precedente, quella della decisione collettiva, è un elemento positivo; lo confermiamo e ne siamo consapevoli. Fin dall'inizio si cercava di utilizzare il sistema della rappresentanza per addivenire a un giudizio bilanciato sui casi individuali.
Ora, col cambiamento delle circostanze e dei flussi e guardando anche ad altre esperienze europee, noi nella nostra proposta proponiamo che con quest'organismo, che all'elemento della rappresentanza sostituisce, o complementa, la professionalità e l'esclusività, ci si possa aspettare un'attività che garantisca la stessa qualità ed equità, attraverso un sistema che, però, al suo interno ha dei meccanismi – lasciatemelo dire – di check and balance. Ci può essere un istruttore unico, come in parte succede, ma con uno o due supervisori che, in caso di decisioni più difficili, possono formare un collegio interno.
Non dobbiamo pensare al soggetto come un individuo unico che prende le decisioni. Ci vogliono dei meccanismi interni di collegialità, non necessariamente legati alla rappresentanza che crea queste lentezze, queste disfunzionalità e queste 800 persone rispetto alle 160. Occorre un sistema basato sui cosiddetti case owner, cioè sulle persone che fanno l'istruttoria, che al suo interno abbia un sistema istruttorio. Questo è il tema di fondo da sviluppare, secondo noi, guardando però, lo ribadisco, in maniera positiva anche all'esperienza pregressa. Bisogna fare un salto di qualità.Pag. 16
L'altro elemento che volevo aggiungere sulla riforma da discutere col ministero è quello del C3. Se l'organismo dedicato fosse incaricato anche della redazione del C3, che potrebbe diventare – lasciatemelo dire – una sorta di pre-intervista, in questo modo si potrebbero anticipare, garantendo una determinata qualità, tutti quei meccanismi che la normativa europea e italiana garantiscono (la manifesta infondatezza, le procedure accelerate o anche la manifesta fondatezza), di modo che determinati gruppi possano essere «incanalati» prima tempestivamente nella procedura più adeguata.
Questo è un passaggio, secondo noi, molto interessante da esplorare nel sistema. Pur con tutto il lavoro quotidiano e faticoso dei colleghi della PS che fanno i C3, questa è un'altra chiave di lettura per efficientare il sistema. Paradossalmente, anche la direttiva Alfano coglie già in nuce alcuni di questi aspetti su cui la Commissione nazionale sta lavorando. Sono uscite circolari sulla manifesta infondatezza, su criteri più omogenei della protezione umanitaria, sul format dell'intervista (ne cito solo alcuni). Il lavoro, quindi, va già in quella direzione. Ci vuole, però, quella riforma strutturale di cui dicevamo.
Quanto alla difformità della giurisprudenza, presidente, noi pensiamo che sicuramente un organismo dedicato o un'agenzia possano garantire più omogeneità, perché ci sarebbe, attraverso la formazione continua e attraverso un sistema e un organismo che lavorino su questo, un confronto e uno scambio di prassi. È così che si garantisce l'omogeneità, con un continuo aggiornamento cross-fertilization da parte dei vari componenti.
Passo velocemente alle altre domande. L'onorevole Fontana chiedeva degli interventi delle prefetture. Il meccanismo è quello del monitoraggio, con le prefetture che mandano un rapporto al ministero, il quale poi dirama delle raccomandazioni. Alcune – mi collego all'osservazione dell'onorevole Carnevali – evidenziano aspetti strutturali che, in effetti, ricadono nella competenza del ministero stesso o delle prefetture.
Su altri temi che possiamo chiamare «inadempienze contrattuali», alcune prefetture – generalizzo – si sono mosse invitando gli enti gestori ad adottare le misure correttive. Il sistema dovrebbe essere quello di dare agli enti gestori un termine ragionevole per istituire un sistema di ricevute piuttosto che fornire i kit completi.
GREGORIO FONTANA. (fuori microfono) Ci vuole l'iniziativa della prefettura.
RICCARDO CLERICI, Capo dell'Unità di protezione dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Assolutamente, questo sì. Ribadisco, l'ho fatto più volte e la copertura è sempre stata massima. Devo dire che da parte dei colleghi delle prefetture c’è sempre un impegno enorme e che spesso, come dicevo prima, scontano anche – questa è la percezione esterna – le priorità di lavoro e le carenze.
Come Morcone chiede da febbraio, ci vuole una Commissione con un responsabile economia, un responsabile ragioneria e competenze sulla qualità dei servizi. Voi capite la difficoltà anche per i colleghi delle prefetture di valutare la qualità dell'informativa legale della presa in carico psico-sociale. Bisogna pensare ad un sistema intelligente per questi servizi d'accoglienza, che sono complessi e non facili da valutare.
Sul tema della formazione penso che abbiamo già risposto. Qual è il profilo ? È un profilo professionale. Attualmente, in effetti, c’è una «varietà», diciamo così. Qui ci fermiamo.
Per ciò che riguarda i minori stranieri non accompagnati, il tema è ampio e serio. Anche qui, ci sono miglioramenti, ma c’è molto altro da fare. In materia la normativa italiana è garantista, lo sappiamo – c’è il disegno di legge Zampa e altre attività –, ma poi noi, come agenzia delle Nazioni Unite, vediamo che gran parte dei minori non accompagnati eritrei che arrivano lasciano l'Italia, come potete immaginare anche con rischi non irrilevanti. Lo stesso vale per gli afgani.
Che cosa si può dire ? Innanzitutto è molto positiva l'iniziativa nel decreto legislativo Pag. 17n. 142 di istituire i centri di accoglienza per i minori. È molto positiva. È un progetto pilota. Sapete che ci sono 800 posti e circa 50 progetti. Anche noi siamo coinvolti con attività di formazione. Anche questa iniziativa va valutata, potenziata sugli aspetti positivi e modificata sugli aspetti negativi, ma è un momento fondamentale, perché in questi 90 giorni si deve svolgere tutta una serie di attività.
Sullo SPRAR colgo l'aspetto della volontarietà citato dall'onorevole Carnevali e lo estendo anche agli adulti. Immagino che ne abbiate parlato. Non so se avete sentito i responsabili dell'ANCI. Dopo parecchi anni, il servizio SPRAR – di cui l'UNHCR, tra l'altro, è uno dei padri/madri fondatori/fondatrici – deve a sua volta fare un passaggio successivo, di cui si sta discutendo. Io penso che ci siano delle aperture.
Si tratta di passare da un sistema puramente volontaristico ad un altro – non voglio dire obbligatorio, perché può essere fuorviante – in cui, attraverso la governance si possa, come è stato fatto nell'accordo col Ministro Maroni, nell'accordo dell'anno scorso, attuare un sistema di distribuzione che è lo stesso che l'Italia chiede a livello europeo. Si tratta di un sistema di distribuzione che in maniera ragionevole tenga presente le esigenze economiche e sociali dei territori, ma in cui ciascuno faccia la sua parte.
L'altro aspetto sui minori è, come abbiamo detto, quello della governance. Quanto alle riforme, anche qui ci sono aspetti normativi e attuativi che vanno compensati. Sui minori c’è tanto da fare. Sull'interesse superiore occorrono delle procedure adeguate, che sono previste adesso dalla normativa, ma che vanno rese operative.
Sull'accertamento dell'età, come ha detto il delegato, bisognerebbe emanare il decreto. Sulla tutela e i tempi la normativa è chiara. Bisogna fare in modo che si realizzi e che si individuino le qualifiche dei tutori e quanti minori ogni tutore dovrebbe prendere in carico.
Ci sono problematiche tutte da sviluppare, a cui io aggiungo l'elemento Dublino. L'elemento Dublino, che nessuno di voi ha sollevato, è interessante sui minori. Dublino 3 sui minori è molto garantista, ma non è sfruttato in maniera adeguata, anche perché le tempistiche burocratiche e amministrative sono molto lunghe. Diversamente, tramite il Regolamento Dublino, i minori stranieri non accompagnati avrebbero molte possibilità, anche di mobilità, all'interno dell'Unione.
Il tema adesso si riproporrà perché, con la relocation, i minori stranieri non accompagnati saranno un gruppo di beneficiari importantissimi. Il Governo, con le agenzie europee, dovrà trattare i casi di minori stranieri non accompagnati eritrei che potrebbero essere ricollocati in un altro Stato membro senza i rischi del viaggio irregolare. Questi sono temi da sviluppare.
Sul rilievo di genere, onorevole, ha assolutamente ragione. Purtroppo anche nelle presentazioni, con i limiti di tempo, noi ci limitiamo a trattare gli aspetti strutturali, ma forse dovremmo partire da quello, dai vulnerabili, da questa dimensione, che per l'UNHCR è un fattore istituzionale. Al nostro interno c’è – uso un linguaggio tecnico – un framework che richiede un'analisi, per ogni tipo di servizio, che riguarda il genere, l'età e la diversità. Questo deve entrare in maniera, come si dice, mainstream, sistematica, in tutte le attività.
Si tratta di un percorso molto complesso, per il quale io non ho una soluzione magica, ma la consapevolezza delle esigenze particolari delle donne e degli altri soggetti vulnerabili, nei processi d'asilo e nelle procedure, nelle norme è presente. Questi aspetti vanno rafforzati e attuati. È un tema forse da cui bisognerebbe iniziare ogni relazione.
Il termine dell'integrazione è grave. Il prossimo passo è quello di scrivere il Piano integrazione da parte del Gruppo nazionale di coordinamento. Non nascondiamoci che è un tema complesso. È complesso e non abbiamo tempo di parlarne, perché le problematiche vanno a toccare, essendo l'asilo un po’ una cartina di tornasole degli aspetti del Paese, anche il sistema sociale e del lavoro.Pag. 18
Sicuramente quello che possiamo dire è che occorre garantire un supporto dopo il riconoscimento della protezione, che oggi, come voi sapete, dipende dal fatto se ci siano posti o meno nello SPRAR. Noi abbiamo chiesto per anni che questo fosse previsto per legge, ma purtroppo, per ragioni di bilancio, la richiesta non è stata accolta. Tuttavia, garantire dopo il riconoscimento un periodo finalizzato all'integrazione, con percorsi di semi-autonomia, è un passaggio importante, oltre naturalmente a politiche adeguate, su cui non mi dilungo perché sarebbe troppo complesso.
Il capitolato del 2008 si riferisce all'accoglienza.
ELENA CARNEVALI. (fuori microfono) Non c’è quella parte lì ?
RICCARDO CLERICI, Capo dell'Unità di protezione dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. No, non c’è. C’è nel senso che, come dicevamo prima, alcuni servizi d'accoglienza dovrebbero essere propedeutici all'integrazione. Se non si utilizzano i sei mesi o l'anno per insegnare l'italiano, forse è uno spreco di risorse.
Onorevole Locatelli, se posso dire una cosa sul giudizio severo – condivido quello che ha detto il delegato – più che di severità si tratta – anche se voi ne siete già consapevoli, perché si capisce che i temi li masticate – di cercare di essere il più possibile lucidi. Da parte nostra, come organismo terzo, dobbiamo essere il più possibile neutrali nell'evidenziare in maniera chiara gli aspetti negativi. Ce ne sono, però, tanti altri positivi. Alcune volte averli presentati in maniera così lineare rispetto ad altre esigenze può sembrare un po’ sconcertante. Spero che la lettura sia questa.
L'Italia sta facendo così male ? No, sostanzialmente. Ci sono molte aree su cui intervenire, però...
PIA ELDA LOCATELLI. (fuori microfono) Può fare un raffronto con le altre realtà, giusto per capire ?
RICCARDO CLERICI, Capo dell'Unità di protezione dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Arrivo a questo punto. Apprezzo – perché rappresenta anche per noi un percorso – la sua domanda finalizzata a capire, quando noi facciamo i monitoraggi, dove sono le responsabilità e le criticità. Non sono solo sugli enti gestori, ma anche sulle prefetture, sul ministero, sul Parlamento e sull'UNHCR nella sua attività di controllo. Sono diffuse e vanno, secondo noi, valutate nella loro complessità per capire dove intervenire.
A livello europeo il quadro è misto. Come diceva il delegato – ogni tanto si nota anche nel contesto italiano – forse in questo settore, più che l'autocompiacimento, c’è l'eccessiva critica. Ci sono sistemi diversi; ciascuno ha i suoi punti di forza e i suoi punti di debolezza.
Il sistema legale italiano, per esempio, come diceva il dottor Jolles, presenta delle garanzie notevoli, come l'accesso alla procedura e gli standard di riconoscimento. Quanto ad altri temi, che forse risultano più evidenti, come la primissima accoglienza, quando le delegazioni arrivano e si recano nei centri di primissima accoglienza, è chiaro che l'impatto può essere forte.
PIA ELDA LOCATELLI. (fuori microfono) Lo è anche per noi.
RICCARDO CLERICI, Capo dell'Unità di protezione dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Immagino che lo sia anche per voi. Si tratta di un giudizio che va bilanciato. Miglioriamo le parti che non vanno o quello che c’è da migliorare, anche perché il sistema comune europeo, per funzionare, dovrebbe garantire un determinato livello di armonizzazione europeo sulle procedure e sull'accoglienza. Il tema – voi l'avete toccato – è come garantire un sistema di armonizzazione dell'integrazione, come garantire un sistema di 28 Stati membri per cui i rifugiati non abbiano interesse a spostarsi in un altro Paese. Questo è un tema molto più ampio. Non so se poi il collega Pag. 19intenda aggiungere qualcosa sul tema della circolazione dei rifugiati all'interno dell'Unione.
Presidente, quanto ai dati, dati quantitativi aggregati diversi da quelli pubblici non ce ne sono, anche perché la nostra analisi si è soffermata soprattutto sugli aspetti qualitativi.
PRESIDENTE. (fuori microfono) Infatti, io le chiedevo dati qualitativi.
RICCARDO CLERICI, Capo dell'Unità di protezione dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Riguardo al tema delle Commissioni, la Commissione nazionale, con il Prefetto Trovato, tramite il nostro supporto, ha iniziato un progetto di quality monitoring, ossia un'attività di monitoraggio del lavoro delle Commissioni territoriali. Ne sono state già visitate e monitorate la metà. Ci saranno dei rapporti che – mi è stato detto – saranno interni, ma penso che la Commissione potrà avervi accesso. Penso che vi aiuteranno e vi forniranno uno spaccato su quello che abbiamo discusso adesso, sugli aspetti positivi e negativi delle attività.
Mi sembra di avere risposto a tutti, tranne all'onorevole Fontana sui CAS, i centri straordinari. Ne abbiamo visitati, come diceva il prefetto Morcone, un campione limitato. Non ricordo il dato numerico ma penso siano migliaia. Noi ne abbiamo visitati una trentina. Di questi trenta le posso dire, perché ho chiesto alla collega che fa il monitoraggio, che un 50 per cento eroga servizi adeguati – sono tutti migliorabili, ma sono servizi adeguati –, pur aperti in stato di emergenza e pur con le mille difficoltà.
Ce n’è, invece, un 35 per cento che ha delle carenze. Ci deve essere un intervento fermo delle prefetture affinché i servizi vengano adeguati, affinché corrispondano al corrispettivo che il Governo paga e a quanto i richiedenti asilo devono ricevere.
C’è, infine, un 15 per cento di strutture molto problematiche, alcune delle quali finiscono sui giornali. Devo dire, però, che su alcune di queste non ho i dati precisi. Le posso dire che alcune sono state chiuse, magari non il giorno stesso, perché ci sono dei tempi burocratici, ma sono state chiuse.
Il quadro, anche qui, è complesso, ma voglio tornare al tema della pianificazione: se l'Italia scrivesse oggi un Piano d'accoglienza, che indicasse nel 2016 quante persone potrebbero arrivare, quali sono i tempi di uscita dal sistema d'accoglienza e quali quelli di entrata e quanti posti d'accoglienza occorrono in Italia l'anno prossimo, e i bandi iniziassero prima, non con l'onere delle prefetture di trovare l'accoglienza la sera prima, tutto ciò sarebbe positivo.
GREGORIO FONTANA. (fuori microfono) Intanto, però, questo piccolo test che avete fatto è preoccupante.
PRESIDENTE. Ringrazio davvero gli auditi, il dottor Riccardo Clerici e il delegato Laurens Jolles, e dichiaro conclusa l'audizione.
Comunicazioni del Presidente.
PRESIDENTE. Comunico che l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella riunione odierna ha deliberato un ciclo di audizioni dedicate alla gestione del CARA di Castelnuovo di Porto e del CIE di Ponte Galeria, oggetto il primo di un'ispezione amministrativa disposta dall'Autorità nazionale Anticorruzione, nonché di convocare in audizione la responsabile del Servizio Centrale dell'ANCI e il direttore centrale dell'immigrazione, Giovanni Pinto, sulle questioni di sua competenza che rientrano nelle materie di indagine della Commissione.
Comunico quindi che – in riscontro alla richiesta della Commissione – la Procura Pag. 20di Roma ha trasmesso copia del testo dell'interrogatorio di Luca Odevaine.
Comunico altresì che l'Ufficio di presidenza ha convenuto sull'opportunità di richiedere copia – per le parti di interesse – ai fini della sua acquisizione agli atti, della relazione che l'ANAC ha predisposto sulla gestione degli appalti nel Comune di Roma nello scorso triennio, nonché di richiedere alla medesima autorità di trasmettere alla Commissione gli esiti dell'ispezione amministrativa presso la sede del Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Castelnuovo di Porto, svolta nei giorni scorsi.
La seduta termina alle 15.40.