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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza e di identificazione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti nei centri di accoglienza, nei centri di accoglienza per richiedenti asilo e nei centri di identificazione ed espulsione

Resoconto stenografico



Seduta n. 36 di Mercoledì 13 gennaio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Migliore Gennaro , Presidente ... 2 

Audizione di Miguel Angelo Nunes Nicolau, Coordinating Officer di Frontex:
Migliore Gennaro , Presidente ... 2 
Nunes Nicolau Miguel Angelo , Coordinating Officer di Frontex ... 3 
Migliore Gennaro , Presidente ... 8 
Fontana Gregorio (FI-PdL)  ... 8 
Carnevali Elena (PD)  ... 9 
Lorefice Marialucia (M5S)  ... 10 
Beni Paolo (PD)  ... 10 
Palazzotto Erasmo (SI-SEL)  ... 10 
Locatelli Pia Elda (Misto-PSI-PLI)  ... 11 
Gadda Maria Chiara (PD)  ... 11 
Dambruoso Stefano (SCpI)  ... 12 
Migliore Gennaro , Presidente ... 12 
Nunes Nicolau Miguel Angelo , Coordinating Officer di Frontex ... 13 
Migliore Gennaro , Presidente ... 14 
Nunes Nicolau Miguel Angelo , Coordinating Officer di Frontex ... 14 
Migliore Gennaro , Presidente ... 18 
Carnevali Elena (PD)  ... 18 
Palazzotto Erasmo (SI-SEL)  ... 18 
Migliore Gennaro , Presidente ... 19 
Nunes Nicolau Miguel Angelo , Coordinating Officer di Frontex ... 19 
Fontana Gregorio (FI-PdL)  ... 20 
Nunes Nicolau Miguel Angelo , Coordinating Officer di Frontex ... 20 
Migliore Gennaro , Presidente ... 20

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GENNARO MIGLIORE

  La seduta comincia alle 14.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che per l'audizione odierna sarà assicurato un servizio di traduzione simultanea, essendo stato richiesto dall'audito di poter intervenire in lingua inglese. Dovendo usufruire di un'aula attrezzata per il servizio di interpretariato che però non è predisposta per l'impianto audiovisivo a circuito chiuso, quest'ultima forma di pubblicità dei lavori non sarà attivata.
  In ogni caso, della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e, ove necessario, anche su richiesta di un commissario ovvero dell'audito, i lavori della Commissione potranno proseguire in seduta segreta.
  Per assicurare la massima fluidità al dibattito pubblico prego i colleghi di riservare eventuali quesiti da sviluppare in sede riservata alla parte finale della seduta. Prego inoltre i colleghi di presentarsi indicando anche il Gruppo di appartenenza, in modo tale che risulti più semplice l'interlocuzione con il nostro audito.

Audizione di Miguel Angelo Nunes Nicolau, Coordinating Officer di Frontex.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di Miguel Angelo Nunes Nicolau, Coordinating Officer di Frontex, che ringrazio per la sua disponibilità. Rivolgo anche un sentito ringraziamento per la partecipazione ai nostri lavori al direttore, Emilio Dalmonte, e ai membri della rappresentanza in Italia della Commissione europea, Marc Arno Hartwig e Francesca Cerri.
  Ricordo ai colleghi che l'Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea Frontex ha specifiche competenze in materia di gestione delle frontiere esterne in cooperazione con le istituzioni nazionali. L'audizione di rappresentanti di tale organismo costituisce dunque l'occasione per acquisire un prezioso contributo sul tema della identificazione dei migranti e delle misure di origine comunitaria di gestione delle frontiere esterne.
  Si tratta di un tema assai significativo nell'ambito della materia su cui verte la nostra inchiesta, nonché di un aspetto che è oggetto di costante confronto tra le istituzioni comunitarie e gli Stati membri, non privo di frizioni e spunti polemici.
  È a tutti noto che nel mese di dicembre è stata aperta una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia per la mancata applicazione della normativa europea. Questa iniziativa delle istituzioni europee si ricollega alla censura mossa all'Italia in merito ad una supposta insufficienza nell'azione di identificazione di coloro che sbarcano sulle nostre coste.
  Ne conseguirebbe una lesione del principio secondo cui la competenza per l'esame della domanda di asilo si radica nello Stato di primo approdo. Anche su questo principio del Regolamento di Dublino Pag. 3e sulle prospettive di riforma saremmo interessati a conoscere la sua opinione.
  Tengo in ogni caso ad evidenziare che, in considerazione delle alte percentuali dell'ultimo trimestre nel 2015, a fronte di 153.842 arrivi in Italia, sono stati fotosegnalati complessivamente 128.796 stranieri, 57.780 per ingresso illegale e 71.016 per richiesta d'asilo, dunque oltre l'80 per cento.
  In concomitanza con l'apertura della procedura di infrazione risulta vi sia stata un'informale ma significativa pressione da parte delle autorità europee sul Governo italiano, affinché il nostro Paese chieda un sempre maggiore impegno di Frontex nell'affiancare le forze di polizia interne nelle attività di identificazione dei migranti. Le chiedo di soffermarsi nel corso del suo intervento su questo aspetto, nonché su quello concernente il controllo delle frontiere terrestri, in particolare con riferimento alla rotta balcanica, atteso che appare esservi un incremento esponenziale degli ingressi per via terra nell'area Schengen.
  Siamo infine interessati ad acquisire informazioni, per i suoi punti di interferenza con il sistema nazionale di accoglienza che la Commissione ha il compito di indagare, sul progetto di riforma volto a caratterizzare sempre più questa struttura europea come guardia europea di frontiera terrestre e marittima, a supporto delle autorità nazionali quando non fossero in grado di assicurare una piena applicazione dei trattati in materia d'ingresso sul suolo europeo. È un progetto ambizioso, anche se non si può nascondere che ha generato più di qualche perplessità in alcuni Stati europei.
  Nel ringraziare nuovamente l'audito per la sua disponibilità, gli cedo la parola.

  MIGUEL ANGELO NUNES NICOLAU, Coordinating Officer di Frontex. Onorevoli deputati e senatori, signore e signori, signor Presidente, vorrei innanzitutto porgere a tutti voi i saluti del mio Direttore esecutivo Fabrice Leggeri, che a causa di impegni imprevisti purtroppo non ha potuto partecipare a questo importante incontro. Andrò dritto al punto e, se dovessi dimenticare alcune delle questioni che sono state sottolineate e che volete siano affrontate nel dibattito, potremo ritornarvi.
  Inizierò da un quadro generale, soffermandomi sull'Agenda europea sulla migrazione, parlerò dell'approccio degli hotspot e successivamente della situazione che riguarda gli Stati in prima linea, l'Italia tra questi.
  Il 2015 è stato un anno senza precedenti per le pressioni migratorie alle frontiere esterne dell'Unione europea: più di 1,5 milioni di persone hanno attraversato i confini esterni dell'Unione europea. Come potete immaginare, queste cifre evidenziano una pressione enorme per le autorità degli Stati in prima linea.
  La Commissione, seguendo l'Agenda europea sulla migrazione, ha creato e attuato l'approccio relativo agli hotspot, che punta soprattutto a coordinare le attività delle agenzie dell'Unione europea a sostegno degli Stati membri che devono affrontare flussi migratori misti sproporzionati e senza precedenti alle proprie frontiere esterne.
  Cosa vuol dire questo ? I Paesi che affrontano le pressioni migratorie devono individuare insieme a Frontex gli hotspot, le aree, le regioni, e definire i punti, le località alle proprie frontiere esterne che sono esposte alle pressioni migratorie.
  Una volta individuati questi punti, Frontex e le altre agenzie dell'Unione europea, insieme allo Stato membro interessato, elaborano un pacchetto di sostegno specifico per rafforzare le capacità dello Stato membro in questione, quindi non siamo noi a rilevare le competenze, non ci sono agenzie che arrivano e assumono la guida delle procedure perché non è corretto: quel che facciamo è fornire un sostegno aggiuntivo agli sforzi già compiuti delle autorità nazionali e dalle autorità regionali e locali.
  Sono due gli obiettivi dell’«approccio hotspot»: procedere con l'identificazione e la registrazione di tutti i migranti, cittadini di Paesi terzi che arrivano ai confini Pag. 4esterni, per cui nessuno deve poter lasciare il cosiddetto hotspot senza essere stato correttamente identificato e registrato; altri obiettivi sono la lotta contro il traffico e il contrabbando di esseri umani e contro le reti criminali che si celano dietro a queste attività illecite.
  Il pacchetto di sostegno fornito all'Italia da Frontex riguarda sei ambiti: l'identificazione e la registrazione, il rinvio, l'esame dei documenti, l'attività di interrogatorio e l'eventuale rimpatrio.
  In relazione al tema di questa audizione mi soffermo sul sostegno dato da Frontex in termini di identificazione e registrazione. Per quanto riguarda l'identificazione, noi utilizziamo esperti di screening provenienti dagli Stati membri che sono specializzati nell'individuare le nazionalità. Quel che accade in Italia – lo sapete meglio di me – è che il 99 per cento dei migranti che arriva non è in possesso di documenti di viaggio o documenti di identificazione, quindi il compito da svolgere è enorme.
  Questo consiste nel presumere quale sia il Paese d'origine della persona affinché si possa stabilire la nazionalità del migrante. I nomi si possono cambiare facilmente, tutte le dichiarazioni rilasciate da un migrante mentre si presenta all’hotspot non possono essere verificate, ad eccezione della raccolta delle impronte digitali in fase di registrazione.
  Le impronte digitali sono l'unico strumento che le forze di polizia hanno per fare controlli incrociati sull'identità della persona e verificare se esistono informazioni su di lei in Europa o anche in un Paese terzo, qualora si sia in grado di contattare Interpol per controllare. Tutte le altre fonti di identificazione sono discutibili, tutte le dichiarazioni che vengono rilasciate dalla persona che arriva non possono essere verificate con sicurezza neanche da noi; a volte presso gli hotspot si registrano numerosi casi di cambio di nazionalità, alcuni cittadini siriani, iracheni, eritrei beneficiano di una sorta di trattamento «speciale» perché possono essere sottoposti alla procedura di ricollocamento. Quindi si sparge subito la voce tra i migranti.
  Quel che accade oggi è che quasi tutti i nord-africani dicono di essere eritrei o siriani; a volte capitano persone che vengono dalla Somalia o dall'Etiopia e dicono di essere eritree, quindi è importante il lavoro degli esperti di screening, che integrano la propria attività con quella degli ufficiali italiani per la migrazione in squadre «combinate», al fine di potenziare le capacità di screening e rendere quanto più accurata possibile la presunzione di nazionalità del migrante.
  Un ruolo fondamentale è quello dei mediatori culturali, che svolgono un lavoro straordinario per aiutare a stabilire in maniera quanto più accurata possibile la nazionalità del migrante. Questi quindi sono i due ambiti principali, l'identificazione e la registrazione, in cui Frontex fornisce sostegno.
  Quali sono le sfide correlate ? Lei ha citato cifre di migranti dei quali sono state raccolte le impronte digitali, circa 128.000 su un totale di 153.000; l'intenzione della Commissione è che attraverso le varie agenzie si possa raggiungere un'acquisizione delle impronte digitali pari al cento per cento. Questo crea una situazione particolarmente interessante: alcuni migranti non vogliono che vengano prese le loro impronte digitali perché è in vigore il regolamento di Dublino e sanno che, se vengono registrati qui, devono presentare la loro domanda d'asilo qui, quindi sono costretti a restare in Italia.
  Con il processo di ricollocamento esiste una nuova alternativa: i migranti, anche se sono registrati qui, possono essere ricollocati in altri Stati membri, dove la loro domanda d'asilo viene presentata ed esaminata; se si decide la concessione dell'asilo, l'asilo viene concesso in quel Paese. Per il ricollocamento si tiene conto dei legami familiari e di una serie di altre circostanze, ma il migrante non può selezionare il Paese, quindi non può alzare la mano e dire di voler andare in Germania, in Portogallo, in Spagna o in Finlandia: Pag. 5questo non può accadere, almeno non in questa fase e nella situazione corrente.
  Tornando alle impronte digitali, quello che abbiamo visto e che sta accadendo è che ci sono due hotspot aperti, a Lampedusa dall'inizio di ottobre e poi Trapani, che è stato aperto di recente, il 22 dicembre. In questi due hotspot, insieme alle autorità italiane e a tutte le altre agenzie dell'Unione europea siamo stati in grado di creare una struttura di capacità rafforzata, che ci ha consentito di affrontare l'arrivo di un numero enorme di persone, abbiamo definito delle procedure operative standard che ci aiutano a chiarire i vari passi da percorrere, perché in passato abbiamo visto che le procedure svolte in una regione erano completamente diverse da quelle di un'altra regione, per cui in un punto di sbarco si procedeva in un modo, in un altro punto si procedeva in un'altra maniera.
  Insieme alle autorità italiane abbiamo quindi avviato procedure operative per cui tutto quel che accade in un posto è esattamente quello che è previsto dai documenti, quindi le autorità locali e nazionali lavorano insieme alle Agenzie dell'Unione europea secondo uno standard comune che è stato concordato.
  Per quanto riguarda la sfida legata alle impronte digitali, io stesso sono ufficiale operativo, lavoro sul campo e adesso sono a Catania. Dico quello che vedo sul campo, non quello che mi hanno detto altri, so quali sono le sfide in tutti i posti di sbarco e le sfide a Lampedusa incontrate dagli operatori sul campo, non quelle di cui viene informato il Ministero.
  Non so fino a che punto siete informati delle sfide che si devono affrontare quando c’è qualcuno che non vuole farsi prendere le impronte digitali ma si ha l'obbligo di doverlo fare per forza. È un compito molto difficile da svolgere, non è impossibile ma molto difficile; pur in linea con i diritti fondamentali dell'individuo che devono essere rispettati, esiste anche l'obbligo previsto dalla normativa europea e dalla normativa nazionale, che prevede che quella persona debba essere identificata.
  A volte l'ufficiale locale sul campo che lavora da vent'anni si sente un po’ lasciato solo, perché sente di non avere un sostegno. Per questo l'anno scorso la Commissione ha rilasciato un documento che riguarda l'obbligo di acquisizione delle impronte digitali. Tanti hanno l'idea che le impronte digitali forzate prevedano, ad esempio, la rottura delle dita. Non è così.
  L'acquisizione forzata delle impronte digitali prevede diverse fasi: una fase di consulenza, una fase di tentativi e, se la persona non collabora, può essere portata in un altro centro, dove viene effettuato un altro tentativo, fino a quando non si raggiunge l'obiettivo. L'uso della forza è naturalmente l'ultima risorsa, ma nel frattempo devono esserci tutte le condizioni affinché quella persona non possa proseguire il proprio viaggio fuori dall’hotspot se non è stata identificata.
  Se consentiamo alle persone che non hanno fornito le proprie impronte digitali di seguire lo stesso percorso di coloro che le hanno fornite, si accetta il rifiuto di chi non vuole dare le proprie impronte, perché tanto sa che in ogni caso seguirebbe il percorso degli altri.
  In alcuni casi c’è bisogno di operare una distinzione tra coloro che hanno richiesto asilo, sono stati collaborativi e quindi possono seguire un certo percorso, e coloro che non sono collaborativi e arrivano a una stazione di polizia senza documenti di identificazione, senza documenti di viaggio. Ma questo vale anche per noi: se uno di noi si presenta in una stazione di polizia – ad esempio a seguito di un incidente – e non ha con sé un documento, la polizia ha la possibilità di procedere con l'identificazione e i controlli grazie alle impronte digitali. E noi tutti saremmo disposti a rilasciarle perché, se non si possiede un documento di identificazione, si ha comunque l'obbligo di lasciarsi identificare. Tutti noi, se ci fosse richiesto dalla polizia, diremmo di sì, semplicemente perché è previsto dalla legge e noi rispetteremmo la legge.
  L'esigenza dell'identificazione di cittadini di Paesi terzi privi di documenti di viaggio comporta una sola possibilità: l'acquisizione Pag. 6di impronte digitali. Ecco perché stiamo concentrando i nostri sforzi, stiamo utilizzando esperti di vari Stati membri per rafforzare le capacità delle autorità italiane già sul campo, nell'intento di passare al livello successivo: la percentuale del 100 per cento.
  Ci sono stati due sbarchi a Lampedusa, tre giorni fa, 200 migranti in due diversi momenti, ma a tutti sono state registrate le impronte digitali nella stessa notte. Uno sbarco è avvenuto all'una del mattino e alle 5 tutte le persone arrivate erano state registrate e avevano dato le proprie impronte digitali. Questo dimostra che è una cosa fattibile. È importante che vi sia un impegno da parte di tutti. A livello locale le autorità italiane stanno svolgendo un lavoro straordinario, sono estremamente professionali e stanno profondendo un impegno rilevante; sanno qual è il compito da svolgere e lo stanno facendo, a volte ci sono condizioni di lavoro difficili, eppure riescono ad affrontarle.
  Abbiamo visto che 200 persone in quattro ore sono state identificate correttamente con le impronte digitali e questo mostra che la cosa può essere efficace se rafforziamo le strutture non soltanto con risorse umane, perché occorrono le attrezzature tecniche necessarie; si tratta non soltanto di aggiungere altri esperti, ma anche di migliorare le procedure.
  Voi tutti sapete che al Ministero dell'Interno si stanno mettendo a punto nuovi strumenti per la registrazione, nuovi strumenti tecnologici, quindi la situazione si sta evolvendo in termini di registrazione e identificazione.
  Questo era un quadro generale, spero di essere riuscito a rispondere ad alcune delle domande che mi avete rivolto, per quanto riguarda il sostegno fornito da Frontex per l'identificazione e la registrazione.
  Nella sua presentazione, signor Presidente, lei ha citato anche il Regolamento di Dublino e le sue prospettive future. In relazione a ciò come Agenzia dell'UE stiamo applicando la normativa europea, non stiamo producendo nulla: il nostro ruolo è quello di dare attuazione a tutte le istruzioni che riceviamo dalla parte politica.
  Oggi il regolamento di Dublino funziona ancora e prevede la procedura di ricollocamento, che deve consentire di superare in qualche maniera la pressione eccessiva alla quale sono esposti alcuni Stati membri in prima linea, per cui i migranti secondo Dublino devono presentare una domanda d'asilo. Per quanto riguarda il futuro di Dublino, purtroppo non sono in grado di rispondere.
  Per quanto riguarda la rotta dei Balcani occidentali che Lei ha citato, Frontex monitora questa rotta molto da vicino e tutti voi sapete che si è registrata forse una piccola riduzione a livello numerico, perché le condizioni meteorologiche invernali sono proibitive, ma riteniamo che il flusso su questa rotta non si fermerà.
  Abbiamo visto che alcuni Paesi dei Balcani hanno adottato strategie diverse attraverso barriere, recinzioni, muri. Noi, insieme all'Ufficio dell'immigrazione del Ministero dell'interno, svolgiamo un'attività di monitoraggio continuo, ma non sappiamo quale sarà il futuro. Se questa rotta dei Balcani Occidentali sarà chiusa, siamo preoccupati che possa essere ripercorsa la vecchia rotta tra la Grecia e l'Italia, attraverso Lecce e la Puglia, o dalla Grecia attraverso l'Albania. Non occorre che io vi ricordi dei vari episodi di qualche anno fa.
  Anche il Montenegro potrebbe essere preso di mira, perché la distanza dal Montenegro è ancora accettabile per un viaggio in barca, quindi stiamo effettuando delle valutazioni insieme al Ministero dell'interno e siamo in contatto con le autorità albanesi per sensibilizzarle e coinvolgerle in questo dibattito, per migliorare le attività di sorveglianza e di pattugliamento lungo la rotta dei Balcani. Posso dire quindi che stiamo monitorando la situazione molto da vicino; per il momento i migranti procedono dalla Grecia lungo la rotta dei Balcani occidentali verso l'Austria e la Germania, anche se Austria e Germania recentemente hanno cambiato le proprie procedure.Pag. 7
  Noi dobbiamo essere in grado di anticipare e poi di reagire, quindi per il momento per quanto riguarda noi (quando dico «noi» intendo anche l'Italia, perché stiamo lavorando a stretto contatto con le autorità italiane) siamo in una fase di stretto monitoraggio e lavoriamo anche a stretto contatto con le autorità albanesi.
  Per quanto riguarda il futuro di Frontex, cioè di un'agenzia che si occupa della gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne, ci sono stati comunicati stampa da parte della Commissione secondo cui l'Agenzia andrà rinforzata non solo in termini di bilancio, ma anche in termini di personale. Avremo un nuovo mandato, relativo anche alla Guardia costiera, che è ancora oggetto di dibattito.
  In questa fase mi sembra prematuro parlare in dettaglio di questa evoluzione, perché sono previsti altri incontri nelle prossime settimane. Dovremo prima capire esattamente quali sono le aspettative legate al progetto futuro.
  Alcuni Stati membri hanno espresso preoccupazione in merito alla possibilità che l'agenzia svolga un'azione all'interno di uno Stato membro anche in assenza di una richiesta di assistenza da parte dello Stato membro. Al momento questa è un'idea che è stata espressa, ma non sappiamo ancora in concreto cosa significherà, quindi non abbiamo ricevuto istruzioni su come attuarla.
  Posso dire che sarebbe molto impegnativo, ma al momento non disponiamo di elementi che ci consentano di fare una valutazione chiara. Non siamo infatti gli autori della normativa; il nostro compito è dare attuazione alla normativa.
  Per quanto riguarda il futuro dell'agenzia posso dire soltanto che ci sarà un rafforzamento delle risorse finanziarie, quindi del bilancio, e del personale, delle risorse umane, e questo avrà un impatto sugli Stati membri in prima linea, perché rafforzeremo la nostra presenza. Abbiamo 24-26 esperti nei due hotspot, con le ulteriori risorse finanziarie saremo in grado di utilizzarne altri, il che significa rafforzare la nostra attività di assistenza.
  Le attività verranno potenziate se ci sarà una forte capacità sul campo. È infatti inutile impiegare 200 esperti se poi i centri di accoglienza hanno capacità solo per 100 migranti; si devono impiegare esperti che possano essere sistemati anche all'interno delle strutture.
  Sulla base delle valutazioni delle autorità italiane sono previsti 6 hotspot, 2 sono già operativi, per gli altri si aspetta la conferma della data di apertura. Sarà importante che inizino la loro attività prima della stagione estiva, perché al momento a Lampedusa abbiamo una capacità di accoglienza di 650 migranti, a Trapani di 400, e, se gli altri hotspot non verranno aperti prima dell'estate, questa capacità sarà «schiacciata» nel giro di mezza giornata durante l'estate.
  Prevediamo che il flusso dalla Libia continuerà più o meno al livello attuale; rispetto allo scorso anno abbiamo una riduzione pari all'8 per cento per Italia, il che è nulla, quindi i numeri sono ancora molto alti e secondo la nostra analisi dei rischi non ci sarà una riduzione.
  È cambiata molto la nazionalità dei migranti: il numero di siriani che adesso arriva in Italia è molto basso, al momento non ci sono molti siriani che partono per l'Italia dalla Libia, ma le cifre continuano ad essere le stesse, il che significa che i siriani tendono ad andare in Grecia, mentre altri Paesi del Corno d'Africa o dell'Africa subsahariana hanno aumentato la loro presenza; le cifre sono le stesse per questo motivo. C’è stata dunque una esigua riduzione, dovuta al fatto che i siriani partono dalla Libia ma non vengono più in Italia.
  Prevediamo che in futuro avremo bisogno di aprire altri hotspot. In questo caso saremo in grado di dispiegare l'assistenza ulteriore richiesta dall'Italia, rafforzando la nostra capacità di lavorare affinché tutti siano identificati.
  Voglio aggiungere – in riferimento ai centri di accoglienza chiusi, ovvero i centri di detenzione – che l'approccio degli hotspot prevede che i migranti vengano identificati e intervistati affinché si possa valutare il motivo che li ha indotti a venire Pag. 8in Europa. Quindi il migrante ha la possibilità di presentare domanda d'asilo e noi dobbiamo poter capire le ragioni che si celano dietro il suo arrivo nell'Unione europea. All'interno degli hotspot dobbiamo valutare se questa persona ha bisogno di protezione internazionale e quindi deve spostarsi al CARA per la successiva fase di esame della domanda, oppure se è un migrante economico, non un criminale. Esiste infatti una normativa europea che riguarda i cittadini di Paesi terzi senza documenti e senza visto, quindi i migranti economici devono essere trasferiti in altre strutture chiuse, forniti di documenti, e poi rimpatriati secondo la direttiva europea. Per poter fare questo bisogna limitarne la circolazione, quindi la persona deve essere limitata nei suoi movimenti. Se non viene posta in una struttura chiusa, non sarà possibile rimpatriarla, e questo è un punto fondamentale.
  In Italia in questo momento la capacità di accoglienza per le domande di asilo è altissima (uno dei livelli più alti, se non il più alto, in Europa), ma questo non corrisponde alla capacità di detenzione, di trattenimento, quindi occorre una procedura di follow up perché dobbiamo tutelare quelli che hanno bisogno di protezione, mentre quelli che non hanno diritto alla protezione devono seguire il percorso previsto per loro, quello del rimpatrio, per il quale bisogna utilizzare le strutture di detenzione.
  Non so se sono stato in grado di soddisfare tutte le vostre richieste, ma sono a disposizione per eventuali domande e cercherò di dare la migliore risposta possibile. Grazie.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Al fine di dare ordine al dibattito, darei prima la parola a un commissario per Gruppo e successivamente agli altri componenti della Commissione che chiederanno di intervenire.

  GREGORIO FONTANA. Buongiorno. Innanzitutto volevo chiedere una precisazione al Presidente, che in apertura ha fornito dei dati di sintesi sulle identificazioni, dati che di fatto aggiornano quelli resi noti dalla Polizia scientifica in passato, quindi vorrei una precisazione ulteriore e un chiarimento sui dati citati.
  Al dottor Nicolau, che ringrazio di essere qui, vorrei chiedere innanzitutto un chiarimento sugli hotspot. Frontex è presente negli hotspot italiani a Lampedusa e a Trapani (aperto da poco): qual è la percezione ? Lei ha raccontato come in una notte sia stato identificato il cento per cento dei migranti e questo è sicuramente l'obiettivo che noi tutti vogliamo perseguire in questi centri, ma vorrei conoscere l'esperienza media, cioè la sua esperienza non solo di una singola sera di sbarco, ma del periodo in cui la nostra struttura di Lampedusa è stata sotto osservazione.
  È ben chiara la difficoltà di effettuare l'identificazione, perché c’è la necessità di coniugare le esigenze legislative degli Stati che ricevono i flussi migratori con le esigenze complessive dell'Unione europea. Per far sì che questa Commissione possa essere consapevole, vorrei sapere quindi quali sono i suggerimenti in ordine ai problemi italiani. Voi dite che volete un sostegno da parte nostra. Il sostegno certamente c’è in generale, ma può esserci anche mettendo in campo provvedimenti legislativi che aiutino il lavoro di identificazione.
  La polizia scientifica italiana quando ai suoi massimi livelli è stata audita da questa Commissione aveva ad esempio sottolineato l'esigenza di portare il fermo di polizia delle persone che devono essere sottoposte all'identificazione a 72 ore, che è una modifica all'attuale legislazione vigente nel nostro Paese.
  Un'altra breve considerazione sulla questione del fronte orientale. Noi abbiamo il grande problema del Mediterraneo ma, come lei ci ha detto, il problema delle rotte balcaniche in prospettiva si può aggravare, non solo rispetto alle frontiere marittime che lei ha citato, con riferimento a quello che può arrivare direttamente dalla Grecia, dall'Albania o dal Montenegro, ma anche rispetto a una Pag. 9situazione che è già attenzionata, che è quella della nostra frontiera orientale al confine con la Slovenia.
  È notizia di oggi un cambiamento di approccio al fenomeno dei migranti da parte dell'Austria, che in questi giorni ha già rimandato indietro 1.600 persone che ovviamente rientrano in Slovenia e quindi rischiano di attraversare il confine con l'Italia. Come è stato detto dal Prefetto Morcone in audizione, la frontiera tra Italia e Slovenia rischia di diventare un punto molto caldo (non so se Frontex abbia avuto dei riscontri su questo). Si tratta di un problema proprio di queste ore, dovuto al cambiamento dell'atteggiamento dell'Austria riguardo a questo fenomeno.

  ELENA CARNEVALI. Innanzitutto la ringrazio molto della sua presenza qui, per la possibilità che ci dà, attraverso questa audizione, non solo di avere informazioni più dettagliate, ma soprattutto di interloquire con voi. Noi abbiamo un mandato specifico come Commissione d'inchiesta, e con la sua relazione abbiamo ancora una volta l'occasione per giudicare molto positivamente l'azione che svolgete e la grande collaborazione che c’è. Da parte sua emerge il riconoscimento non solo dello spirito collaborativo dell'autorità nazionale, ma anche del tentativo di mettere in campo quanto necessario per avere un governo che agisca sotto le regole che ci siamo dati all'interno dell'Unione europea.
  Anche in virtù della richiesta del Presidente, lei si è soffermato soprattutto sul processo di identificazione e sulla fase di registrazione, che è stato per noi motivo di grande attenzione durante l'attività della Commissione. Ci auguriamo che per gli sforzi che stiamo mettendo in campo la procedura di infrazione nei nostri riguardi trovi lo sbocco migliore e ci sia da parte vostra il riconoscimento dello sforzo che stiamo facendo.
  Detto questo, avrei bisogno di comprendere meglio alcuni aspetti. Inizierò dalla sua ultima affermazione che riguarda lo smistamento (se posso utilizzare questo termine, forse un po'duro), dopo l'identificazione, tra una persona che può avere accesso a un sistema di protezione e quindi essere collocata nei CARA, per poter proseguire il suo percorso di accoglienza, e chi può avere un riconoscimento economico, che per noi vorrebbe dire comunque un meccanismo di tutela per il migrante, che però lei ha dichiarato che deve essere comunque rimpatriato.
  La prima perplessità è su questo punto, ossia come mai nel parlare di migranti economici abbia aggiunto la parola «rimpatrio», perché per noi al titolare di quel permesso, che in media dura circa due anni, dovrebbe essere garantita la libertà, nel senso che ha comunque la possibilità di avere il riconoscimento di un diritto.
  La seconda perplessità riguarda il fatto che, se ci spingiamo verso questo orizzonte, è chiaro che allora non possiamo soffermarci sul primo e sul secondo punto, ma il tema del rimpatrio diventa assolutamente imprescindibile, perché altrimenti stiamo parlando di una procedura che è già «monca» all'origine.
  Lei conferma, essendo nella posizione di chi sta governando questa situazione, un dato che abbiamo registrato ovviamente anche noi, di un cambiamento: il fatto che sempre di più le persone che hanno maggiori probabilità di essere riconosciute con i requisiti della richiesta d'asilo (quindi in particolare i siriani e gli eritrei), accedono per altri canali o comunque stanno diminuendo rispetto all'approdo italiano, mentre in Italia arrivano sempre di più persone provenienti dal Corno d'Africa, che probabilmente non saranno in buona parte titolari del diritto d'asilo.
  Diventa quindi molto complesso riuscire a tenere insieme il sistema, che deve vedere il governo delle procedure a livello europeo, che è quello che lei ci ha appena spiegato. Pertanto i commissari presenti continueranno a premere perché è evidente la preoccupazione che l'attuale disponibilità di posti negli unici due hotspot risulta insufficiente, quindi uno sforzo italiano deve necessariamente essere messo in campo.Pag. 10
  Rimane il fatto che lei ha testualmente dichiarato che per il rimpatrio servono delle misure di detenzione. Francamente questo, che non vorrei definire quasi una novità, mi suscita molte perplessità, quindi ho bisogno di avere degli elementi di chiarezza.

  MARIALUCIA LOREFICE. Io volevo fare una domanda specifica sugli hotspot. Naturalmente la ringrazio per le delucidazioni che ci ha dato, però sembra che la realtà sia in parte diversa da quella che ci ha spiegato, perché in realtà come Trapani o Pozzallo – che al momento non è un hotspot ma sembra si accinga a diventarlo –, sono state riscontrate situazioni piuttosto critiche, che vanno dal disorientamento delle prefetture al sovraffollamento di centri, come quello di Trapani, non sappiamo se a causa di errate procedure applicate.
  Alla luce del fatto che lei ha sottolineato che probabilmente andrebbe aumentato il numero degli hotspot, prima di aumentare gli hotspot non sarebbe il caso di definire chiaramente le regole e quindi le procedure, in modo tale da rendere davvero funzionali gli hotspot che al momento presentano non pochi problemi ?

  PAOLO BENI. Una domanda ad integrazione di quanto già evidenziato. Lei diceva che negli hotspot si deve procedere all'identificazione e a una prima selezione di chi è richiedente protezione internazionale, che poi verrà trasferito nel centro – e vi rimarrà per il tempo necessario a istruire la pratica e quello necessario per l'esame da parte della Commissione competente – e chi è migrante economico.
  In questo caso i migranti economici sono destinati ad essere rimpatriati. La prima domanda è questa: come si pensa di poter classificare «migrante economico», e come tale non avente diritto alla protezione internazionale, semplicemente sulla base dell'identificazione ? L'identificazione, se va bene, riesce a farci conoscere la provenienza, la nazionalità, ma non la condizione.
  Non sarà che voi pensate di attribuire a singole provenienze o a singole nazionalità automaticamente la possibilità di richiedere protezione e ad altre provenienze no ? Questo creerebbe una contraddizione con la stessa normativa europea e sicuramente con la legislazione italiana. Questo punto non mi è chiaro.
  Credo che la stragrande maggioranza di quelli che arrivano siano disposti a richiedere protezione, poi magari l'esame della pratica e della situazione individuale potrà far emergere che non ne hanno diritto e che sono migranti economici, ma senza effettuare l'istruttoria mi sembra difficile fare questa selezione.
  La seconda cosa viene di conseguenza ed è relativa al trattenimento forzato in attesa di eseguire il rimpatrio perché, ammesso che ci debba essere il rimpatrio, in merito al trattenimento forzato il nostro Paese ha una normativa che è stata contestata sul piano della legittimità dalla stessa Corte di giustizia europea, per quanto riguarda il trattenimento non in regime penale, che attiene cioè alla responsabilità individuale della persona, ma in semplice presenza di violazioni di carattere amministrativo. Come si pensa che questo non confligga con la legislazione ?

  ERASMO PALAZZOTTO. Intanto la ringrazio per la sua presenza. Proverò a fare domande precise per ottenere risposte precise.
  Lei ha parlato di procedure operative standard rispetto a identificazione e registrazione, quindi le chiederei di essere più specifico rispetto a queste procedure in relazione all'ultima domanda dell'onorevole Beni, sulle procedure per identificare i migranti economici e quindi gli eventuali colloqui individuali, essendo il diritto d'asilo un diritto individuale e quindi non legato alla nazionalità.
Nello specifico, con riferimento alla rilevazione delle impronte, lei ha parlato dell'utilizzo della forza come ultima istanza. Allo stato attuale, alla luce della legislazione italiana e anche di quella europea, con la Carta di diritti fondamentali dell'Unione europea, come si coniuga questa procedura operativa con i nostri valori e le nostre leggi ?Pag. 11
  La seconda questione riguarda il Regolamento di Dublino cui lei ha fatto riferimento dicendo che può funzionare e parlando dell'occasione offerta dai ricollocamenti. Noi abbiamo avuto fino a dicembre 184 ricollocamenti, che penso siano il problema principale rispetto all'identificazione, perché potrà immaginare che i problemi che ha incontrato l'Italia nel rilevare le impronte digitali sono legati alla volontà dei migranti non di rinunciare alla possibilità di fare una richiesta d'asilo, ma di realizzare il proprio progetto di vita in un altro Paese europeo. Se quindi non si cambia il Regolamento di Dublino, probabilmente dovremo rilevarle con la forza e quindi torniamo al punto precedente.
  Una domanda che riguarda la sua opinione, vista la funzione di Frontex e il dibattito sulle nuove funzioni che forse le si potrebbero attribuire: qual è il senso di una protezione delle frontiere esterne se non si cancellano le frontiere interne all'Unione europea ? Il grande cortocircuito sta esattamente in questa dinamica in cui oggi, con l'attuale legislazione europea, il sistema di accoglienza ingolfa i Paesi di confine e quindi non garantisce ai migranti e ai Paesi di frontiera la possibilità di gestire questo fenomeno.

  PIA ELDA LOCATELLI. Alcune domande sono state anticipate dal collega Palazzotto, ma vorrei evidenziare tre punti critici. Lei ha detto che negli hotspot si fa l'identificazione e l'intervista per capire le ragioni che stanno dietro il loro arrivo.
  Questo è un tema estremamente delicato, perché c’è una parte di soggettività nell'interpretazione, ed io ho visto azioni inaccettabili. Mi riferisco in particolare al tema delle donne, perché nessuna donna ammetterà mai di essere qui vittima della tratta, ma sono tanti i casi. Mi riferisco in particolare alle donne nigeriane, per le quali abbiamo già presentato un'interpellanza, e ci è stato obiettato che queste donne dichiarano di essere qui «per lavoro». Il primo punto quindi riguarda la delicatezza di questa fase.
  Secondo punto: lei ha insistito molto sul fatto che il compito di Frontex è di implementare le regole che ci sono. Capiamo benissimo il compito istituzionale, ma le regole sono efficaci quando sono in buona parte condivise. Oggettivamente le regole di Dublino rendono difficile l'accoglienza della regola, perché in molti casi questa regola contraddice il progetto di vita delle persone.
  Lei ha detto che c’è una possibilità di essere risistemati in forma diversa perché, oltre alla permanenza in Italia, Paese che per primo identifica la persona, ci sono anche altre possibilità di ricollocamento, ma non c’è possibilità di dare indicazioni su una possibile relocation.
  Capisce quindi che è la regola stessa, per come è formulata, che invita in tanti casi a non rispettarla e credo che chi deve implementare la legge abbia anche il compito morale di dare suggerimenti perché si facciano delle regole che sono efficaci perché più facilmente condivise.
  Terzo: io ho avvertito, per la parte che ho sentito ma soprattutto per quello che è successo prima, una (spero di non essere fraintesa) certa attenzione verso l'Italia come Paese che non sempre rispetta le regole; non l'ha detto lei, però è la percezione che abbiamo avuto in tante situazioni e nell'essere sotto infrazione.
  Noi siamo in una situazione difficile, ma è molto difficile subire questi sospetti quando qualcosa che non dipende da noi, cioè l'accordo sulle relocation, non viene rispettato. Occorre una reciprocità delle azioni e per quanto mi riguarda sento che c’è un atteggiamento sbilanciato nei confronti del nostro Paese.

  MARIA CHIARA GADDA. La ringrazio per la sua presenza oggi e soprattutto per l'attività che svolge quotidianamente nel nostro Paese. Vorrei aggiungere alle considerazioni svolte dai miei colleghi, una breve domanda relativa al tema dei rimpatri.
  I rimpatri sono una procedura piuttosto complessa e anche piuttosto costosa. Vorrei capire, anche sulla base della sua esperienza, quale sarà la prospettiva. Il tema dei rimpatri presenta una difficoltà oggettiva: c’è bisogno di un accordo bilaterale Pag. 12con il Paese che deve ricevere e riconoscere i propri cittadini in ritorno. Vorrei capire quali possono essere le prospettive e in capo a chi può stare questa pratica dei rimpatri. Le percentuali di riconoscimento del diritto di asilo o di altre forme di protezione sono relativamente basse rispetto agli arrivi.
  Vorrei anche capire, in termini di prospettiva, se l'accordo bilaterale rimarrà tale, quindi tra Paese e Paese, o tra l'Unione europea e altri tipi di Paesi. Diversamente, si creerà un corto circuito, perché definiremo delle persone che devono essere rimpatriate, ma tecnicamente e praticamente sarà impossibile farlo. Vorrei capire quindi, in termini di costi e di politica procedurale e amministrativa, come si può gestire questo circuito, visto che questo problema non è legato soltanto ad una difficoltà del nostro Paese. Le percentuali di rimpatrio sono, sostanzialmente, simili nei diversi Paesi europei. In Germania, come in altri Paesi, i numeri relativi ai migranti rimpatriati sono effettivamente esigui, non solo in Italia.

  STEFANO DAMBRUOSO. La ringrazio per la sua presenza e per il suo contributo.
  Andando oltre le domande di chi mi ha preceduto, che in parte faccio mie per ottenere dei chiarimenti, vorrei aggiungerne un'altra: per risolvere il problema dell'impossibilità di effettuare i rimpatri, sia per assenza di accordi bilaterali con i Paesi ai quali rimandare le persone sia perché ancora è incerta la nazionalità del soggetto da rimpatriare, si è mai pensato di sperimentare la possibilità di rimandarli nei Paesi da cui sono partiti, dall'ultimo porto individuato da cui è partito il barcone dei trafficanti di esseri umani ?
  In questo modo, si stimolerebbe la responsabilizzazione dei Paesi che in qualche modo ricevono un arricchimento dalla presenza di questi traffici. Mi riferisco soprattutto a Paesi dove, evidentemente, c’è un Governo come interlocutore, quindi non alla Libia o alla Siria, ma all'Egitto, al Marocco e, in parte, alla Tunisia. Si è mai ipotizzato di avviare una negoziazione che passi, da un lato, per la responsabilizzazione di questi Governi riguardo il controllo delle loro coste e, dall'altro, magari per la sollecitazione di un intervento da parte dell'Unione europea ? Un esempio potrebbe essere quello prospettato a favore della Turchia, per sollecitare maggiori controlli della sua frontiera con un'erogazione di denaro da parte dell'Unione europea, un intervento che stimoli dunque quei Paesi a esercitare un maggiore controllo laddove possibile.

  PRESIDENTE. Vorrei fare due considerazioni, ma innanzitutto devo una risposta al collega Fontana. Abbiamo i dati aggiornati del Ministero dell'interno, Dipartimento della pubblica sicurezza. Ne discuteremo nell'Ufficio di Presidenza. Sono ovviamente a disposizione della Commissione.
  Naturalmente non voglio entrare in questioni più prettamente politiche, sulle quali ha giustamente già chiarito di non avere effettivamente competenza. Mi associo a molte delle domande che sono state formulate, di cui la prima riguarda la funzione di Frontex rispetto al coordinamento europeo dei rimpatri.
  Fino a oggi il controllo alle frontiere viene coadiuvato da Frontex, ma i rimpatri sono frutto – come è stato già detto – di una serie di accordi bilaterali dei singoli Paesi. Esiste, nei limiti di quanto può dirci, un'indicazione nel prendere in considerazione una procedura di carattere europeo ?
  La seconda questione riguarda le procedure. Mi associo a chi le ha chiesto una maggiore specificazione. In particolare, in relazione ai mediatori, essendo il diritto d'asilo individuale, la loro presenza è garantita ? Frontex verifica che lo sia ? Peraltro ho constatato direttamente che non sempre il diritto a conoscere i diritti di chi arriva sul nostro territorio è efficacemente garantito. Siccome Frontex ha una funzione deterrente, ma anche di controllo di legalità delle direttive europee, penso che sia necessaria una sua opinione sulle garanzie per cui i mediatori e l'informativa legata alla possibilità di richiedere asilo siano effettivamente garantiti.Pag. 13
  In ultimo vorrei chiederle di fornirci – anche in un secondo momento – la percentuale delle identificazioni degli altri Paesi dell'Unione europea, come la Grecia, l'Ungheria, i Paesi che sono attraversati dai migranti, così da confrontare il dato con quello dell'Italia, che è sottoposta alla procedura di infrazione. In questo modo, ci si potrà fare un'opinione. Oltretutto, come credo lei sappia, il tasso di identificazione è aumentato immediatamente quando è stato siglato l'accordo sulla ricollocazione. È mia opinione – ma confermata anche in varie audizioni che abbiamo svolto – che il problema sia politico, che riguardi cioè una decisione dell'Unione europea.
  L'effettiva definizione dell'efficienza dell'identificazione non può essere affidata, quindi, solo al rafforzamento degli strumenti coercitivi o di limitazione della libertà, ma a strumenti di organizzazione razionale di questo flusso, compreso quello – ma questo esula dalle sue competenze – dell'identificazione di vie legali che possono definire uno status meno fumoso di quello di «migrante economico», che a mio giudizio non è uno status legalmente riconosciuto in nessuna legislazione nazionale.
  Vengono definiti migranti con regolarità documentale, migranti che richiedono asilo, ma non ho visto da nessuna parte una legge in cui sia scritto chi è il «migrante economico». Non lo sappiamo e penso che, da un punto di vista giuridico, nessuno lo sappia. Ovviamente, poi, ci sono delle procedure. Su questo quindi le chiederei ulteriori chiarimenti, ringraziandola ancora per la sua disponibilità.
  Do la parola al nostro audito per la replica.

  MIGUEL ANGELO NUNES NICOLAU, Coordinating Officer di Frontex. Vi ringrazio molto per queste domande. Farò del mio meglio per rispondere a tutte.
  Come è già stato notato dal Presidente, alcune sono di natura politica, quindi su queste non potrò esprimermi, ma cercherò di rispondere alle domande in ordine cronologico, se mi sarà possibile, partendo dalla prima domanda, che riguardava la nostra percezione delle procedure a Lampedusa.
  Come detto, abbiamo cominciato a ottobre scorso a Lampedusa, come hotspot. C’è stato un miglioramento, ma c’è la possibilità di un ulteriore miglioramento. La mia percezione all'inizio, quando abbiamo avviato la procedura d'integrazione dei nostri esperti, in linea con le procedure italiane, era che le capacità fossero abbastanza limitate. Abbiamo dovuto capire come potevamo integrarci nelle procedure e dare il nostro supporto. Una volta che si è fatto questo, sono state messe a punto alcune procedure e credo che ora siamo sulla strada giusta. Non sto dicendo che il cento per cento delle identificazioni che abbiamo raggiunto negli ultimi due sbarchi continuerà, ma credo che un progresso ci sarà. Questo è stato un ottimo esempio. Tra sei mesi forse non vi fornirò dei buoni esempi. Spero di no. In ogni caso, la mia idea, la mia percezione è che abbiamo fatto un passo in avanti.
  Anche dal punto di vista delle autorità locali, è stato positivo vedere l'Unione europea avvicinarsi in qualche modo al problema; non ci sono soltanto politici europei che puntano il dito per dire che l'Italia non rispetta le regole, ma ci sono anche esperti dell'Unione europea qui, sul campo: questo può servire a voi, per far capire loro quante sono le difficoltà che incontrate e quanto siete impegnati a risolvere il problema delle impronte digitali. Credo sia molto positivo che abbiamo una capacità rafforzata sul campo.
  Chiaramente, gli hotspot sono limitati a livello di capacità, di possibilità. Alla fine di dicembre, c’è stato uno sbarco a Palermo di 923 persone, ma il problema non è l'Italia. Se sbarcano mille persone in un solo luogo, nello stesso giorno, nessuno Stato membro ha la capacità di rispondere alla situazione efficacemente. Credo che tutti capiscano. Anche se un hotspot ha una capacità di 600, 300, 400, questa capacità viene superata facilmente se arrivano 900 persone. Si genera un caos. Queste sono situazioni che si possono presentare. Speriamo che non si presentino Pag. 14spesso. Noi cerchiamo di limitare questi problemi, ma si tratta di una sfida.
  Quelli che operano in mare sanno anche che è un enorme problema salvare queste 900 persone e trasportarle, ma poi tutte le procedure di identificazione vengono compromesse se 900 persone vengono messe in un posto progettato per accoglierne 300. Dobbiamo lavorarci. L'obiettivo è riuscire a identificare il cento per cento delle persone. Noi ci impegniamo a dare il nostro supporto per questo.
  Per quanto riguarda l'ulteriore sostegno, credo sia stato lei a parlare del contributo legislativo e di come possa esserci un apporto da parte della politica, con nuove leggi che possono migliorare l'operatività. C’è una proposta tecnica perché venga leggermente modificata una disposizione italiana che riguarda l'immigrazione, affinché si preveda la possibilità del rilevamento forzato delle impronte digitali. Questo potrebbe essere un sostegno.
  Se dal punto di vista giuridico viene stabilito in un documento formale o in una legge che è prevista la possibilità di rilevare forzosamente le impronte digitali, con una procedura che includa vari tentativi di convincimento o il trasferimento altrove, questa modifica legislativa a mio avviso potrebbe aiutare gli operatori, quelli che svolgono il lavoro, che a volte hanno paura. Se infatti viene rotto un dito ad un migrante, vi saranno dei grossi problemi: nessuno difenderà chi incorre in un tale incidente.
  Lei ha sollevato la questione dei diritti fondamentali. Credo che uno dei diritti fondamentali della persona sia quello di identificarsi, ma qualsiasi individuo ha anche il dovere di identificarsi. I diritti comportano anche obblighi. Non possiamo aspettarci che coloro che arrivano abbiano soltanto diritti. Hanno diritti, ma anche obblighi, e uno degli obblighi di chi arriva in Italia, in Europa – ma credo valga in tutto il mondo – è che ha bisogno di un documento e deve identificarsi. Prendere le impronte digitali è un modo per rilevare l'identità della persona.
  Per quanto riguarda la possibilità di rischi nella rotta dei Balcani, l'Austria ha annunciato un cambiamento importante, un importante cambio di strategia. Di nuovo, stiamo seguendo attentamente la situazione insieme al l'Ufficio per l'immigrazione del Ministero dell'interno. Stiamo seguendo la situazione con grande attenzione. Il nostro intervento consiste, da una parte, nell'analisi dei rischi. Noi diamo degli avvisi agli Stati membri. In questo caso, informiamo le autorità italiane di possibili cambiamenti e dei potenziali sviluppi futuri in base a vari scenari. Se c’è bisogno che Frontex dia il proprio sostegno da questa parte della frontiera, chiaramente siamo disposti a farlo, ma deve esserci l'iniziativa del Paese stesso. Noi segnaliamo che possono esserci pressioni migratorie sul confine di terra, ma sta alle autorità italiane richiedere a Frontex di dare questo sostegno. Spero di aver risposto alla sua domanda.
  Credo ci fosse poi una domanda che riguardava la procedura standard operativa. Attualmente è in corso la redazione di questa procedura, che comprenderà una descrizione completa di ognuno dei passi: dal punto di sbarco all'assistenza medica, ai vestiti che indossano, tutto deve essere trascritto. Lo stesso vale per le procedure di identificazione e per il colloquio. Devono essere precisate anche le procedure che indichino chi è presente al breve colloquio col migrante: mediatori culturali, esperti, un esperto Frontex, sempre con il coordinamento del capogruppo italiano. Non c’è una definizione attualmente. Stiamo redigendo la procedura, che verrà pubblicata nel corso di quest'anno. Stiamo collaborando con le autorità italiane per definire queste procedure in modo formale.

  PRESIDENTE. Chi sta lavorando a questo protocollo ?

  MIGUEL ANGELO NUNES NICOLAU, Coordinating Officer di Frontex. Frontex ha dato il suo contributo. Hanno dato un contributo anche EASO, Europol e il Ministero dell'interno italiano. Posso dire, Pag. 15perché ne parlavamo questa mattina, che la Commissione ha ricevuto il nostro contributo e quello delle altre Agenzie. Ognuno ha il proprio mandato e quindi si dà un sostegno che corrisponde al proprio mandato. La Commissione sta raccogliendo il contributo di ognuno. Noi presenteremo il nostro anche alle autorità italiane, perché si possa giungere ad una procedura definitiva.
  Queste sono le procedure operative standard che noi giudichiamo necessarie e che dovrebbero essere eseguite interamente in tutti gli hotspot, secondo una procedura comune. Se tra un anno vorrete sapere qual è la procedura a Trapani, sarà la stessa procedura che vale anche altrove. Ci sarà un'unica procedura definita. I migranti arrivano a un punto X, vengono condotti ad un punto Y, poi c’è il colloquio, che si fa in base ad un metodo preciso, rispettando i diritti individuali della persona, con un mediatore culturale in una lingua che il migrante possa capire, con domande per conoscere la storia della persona, i legami familiari.
  Il colloquio non impedisce a nessun migrante di chiedere asilo. Anche se il migrante è in un centro di detenzione per essere rimpatriato, può presentare lo stesso la domanda d'asilo. Se la richiesta d'asilo è accolta, la procedura si ferma. Non c’è rimpatrio quando c’è una richiesta d'asilo in corso. Tutti questi passi sono chiari. Si sta procedendo alla loro definizione formale. L'accordo è praticamente concluso sia da parte delle Agenzie che da parte della Commissione. Adesso abbiamo bisogno del contributo delle autorità italiane, del Ministero dell'interno, delle autorità di Polizia e del Dipartimento Libertà Civili del Ministero, che sono le nostre controparti in questa attività.
  Per quanto riguarda le SOP (Standard operating procedures), si faranno in Italia e si faranno in Grecia, ma non saranno la stessa cosa, perché ogni Paese ha la propria normativa e le proprie procedure. Voi avete un Ministero dell'interno con il Dipartimento Libertà Civili, che loro forse non hanno. Non so come siano organizzati. La struttura è diversa, ma il concetto di base delle procedure sarà lo stesso: identificazione, divisione dei flussi. Questo si applica, ma la metodica può essere un po’ diversa, perché l'Italia ha specifiche autorità che intervengono. In altri Paesi c’è un'organizzazione diversa e ci saranno procedure operative diverse.
  Per quanto riguarda le procedure a Pozzallo, circolano sempre voci. Medici senza frontiere lavora lì e quello di cui parlava lei si riferisce a fonti di Medici senza frontiere. Hanno presentato delle critiche. Io mi sono recato diverse volte a Pozzallo e conosco esattamente la situazione. Medici senza frontiere ha presentato delle notizie alla stampa, ma se ci sono 600 persone in un luogo che ne può ospitare 300, che cosa ci si può aspettare ? Alcune persone dovranno dormire un po’ più strette, non ci sono letti per tutti, non si finisce direttamente sul pavimento, ma bisogna adeguarsi alle condizioni. Bisogna adattarsi alla situazione, ma non c’è un trattamento disumano. Le persone sono vestite, c’è il riscaldamento. Credo che quello che ha detto Medici senza frontiere sia molto ingiusto. Questa è la mia opinione personale. Alla fine se ne sono andati perché c’è stato un disaccordo con la Prefettura, quindi non è una questione che riguarda la procedura nell’hotspot. Non è ancora hotspot, ma in futuro speriamo che lo diventi. Devo dire, infatti, che è uno dei luoghi con cui collaboriamo al meglio.
  Lei ha parlato anche delle SOP.
  Non voglio in questa sede fare alcun commento sul ricollocamento e il regolamento di Dublino. Il regolamento di Dublino esiste. Dal nostro punto di vista, come agenti che applicano la legge europea, rispettiamo la formulazione delle disposizioni europee, quindi non posso fare commenti su Dublino. Capisco, però, le preoccupazioni da parte vostra riguardo al numero delle persone che sono state ricollocate. È però un po’ fuori dalla portata delle responsabilità di Frontex. Non siamo un'agenzia europea che si occupa del ricollocamento. Ci sono altre agenzie che si occupano di questo. Non è il nostro ruolo.Pag. 16
  So che ci sono delle sfide, delle preoccupazioni, dei problemi, non solo da parte degli Stati membri. A volte ci sono delle questioni burocratiche che intralciano procedure più fluide, ma non posso entrare molto nel dettaglio per quanto riguarda il regolamento, perché è un nostro campo d'interesse, ma non è il nostro campo di attività. Questi meccanismi ci sono. Non voglio dire se sono efficaci o meno. Posso dire che i nostri colleghi si stanno impegnando per migliorare questo meccanismo. Speriamo che questo possa portare a una soluzione migliore.
  Lei ha parlato di confini interni, se non erro. È un meccanismo che, in base al «Codice delle frontiere di Schengen» potrebbe essere previsto in situazioni molto specifiche. Di nuovo, non voglio fare commenti sulle ragioni addotte da alcuni Stati membri in merito all'attuazione dei controlli alle frontiere. Le ragioni per i controlli alle frontiere interne forse in alcuni casi sono valide, per esempio in Francia dopo gli attacchi di Parigi, ma per gli altri casi si va oltre il campo di responsabilità di Frontex. È una decisione interna di uno Stato membro. Credo che si possa sollevare la questione, ma non alla nostra Agenzia perché esula completamente dal nostro ambito di responsabilità.
  Lei ha poi parlato della questione dell'identificazione. Credo di aver spiegato quello che intendiamo fare già parlando delle SOP, dei colloqui che svolgiamo, che servono per capire le ragioni per cui la persona è venuta. Lei ha parlato della questione di possibili vittime della tratta, una questione molto delicata, a cui prestiamo una particolare attenzione. Chiaramente sappiamo che le autorità italiane conoscono benissimo la questione della tratta delle donne nigeriane. È una questione molto specifica. In uno sbarco si capisce immediatamente la situazione. Non dico che sia la regola, ma quello che abbiamo visto nel passato recente è che il fenomeno presenta degli «indicatori» molto precisi, che permettono a coloro che si occupano dell'identificazione di capire la situazione immediatamente.
  Posso assicurarvi che si tratta di una delle questioni più importanti per Frontex. Nel nostro mandato dedichiamo grande attenzione a questo. Sappiamo che anche Europol è sul campo e si concentra molto su questo aspetto, non solo sulle possibili vittime della tratta, ma anche sulle persone vulnerabili, come i minori, i minori non accompagnati, le donne gravide. A tutte queste situazioni riserviamo un'attenzione particolare. Esiste una procedura specifica che i nostri esperti sono tenuti a seguire, se individuano qualcosa di sospetto. Si rivolgono al team leader, un ufficiale di Polizia italiano, poi viene contattata la squadra mobile, e si segue una procedura definita. Posso aggiungere dei dettagli in modo che possiate capire quanto sia grande il nostro impegno in questo campo.
  Noi facciamo anche attività di formazione per gli ufficiali che operano sulle navi. Diamo loro una formazione particolare per individuare vittime della tratta sulle imbarcazioni. In alcuni casi è facile capire la situazione anche durante il trasporto. Si può capire chi è completamente solo. Si può capire più o meno subito la nazionalità dei migranti. Se si ha esperienza, si può distinguere tra subsahariani o cittadini del Corno d'Africa. Si può fare una certa cernita. Normalmente ci sono degli indicatori in queste situazioni. Formiamo quindi anche coloro che operano sulle navi. Non solo Frontex, noi lavoriamo insieme alla Guardia di finanza e alla Guardia costiera per formare gli operatori affinché individuino i casi sospetti anche nel periodo di trasporto verso l'approdo.
  Ieri abbiamo incontrato il procuratore distrettuale di Catania, il dott. Carmelo Zuccaro, che mi ha detto che ha davvero apprezzato il contributo fornito da coloro che operano in mare. Questo è al di fuori delle attività che si svolgono a terra, ma serve proprio a dimostrare che il nostro impegno comincia anche prima. Noi iniziamo la procedura di identificazione in mare, già sulle imbarcazioni, e formiamo gli equipaggi delle navi perché facciano attenzione agli indicatori importanti. Abbiamo delle procedure per iniziare l'identificazione Pag. 17dei migranti anche sulle imbarcazioni. Sono molte le attività, già esistenti o in fase di programmazione, che possono essere d'aiuto quando sbarcano i migranti. Questo è il tipo di attività che svolgiamo.
  Per quanto riguarda il rimpatrio, si è parlato dei costi e di quali sono le iniziative da parte di Frontex. Perché possiate capire, aggiungo alcuni dettagli: avevamo un piccolo settore all'interno di Frontex competente in materia di rimpatri, composto da dieci persone, ma una delle prime cose che avverranno dopo la decisione dell'espansione delle attività è che questo diventerà un ufficio e il numero delle risorse umane verrà triplicato. Vogliamo aumentare la capacità del sostegno che possiamo dare per quanto riguarda i rimpatri.
  Come può essere attuato questo supporto da parte di Frontex ? In primo luogo, a livello finanziario, organizzando voli di rimpatrio dell'UE con la partecipazione non solo dell'Italia. Può essere un solo Stato membro, ma l'intenzione è quella di combinare su un unico volo persone da diversi Paesi dell'Unione europea, se sono dirette verso lo stesso Paese di origine. Insieme alla Commissione stiamo poi creando una rete di ufficiali dell'immigrazione da collocarsi in Paesi terzi d'interesse, cioè esperti di Paesi membri, che lavoreranno direttamente all'interno delle ambasciate dei Paesi identificati dalla Commissione insieme a noi, per sostenere e rafforzare le capacità di rimpatrio verso quei Paesi, aiutare nel rilascio dei documenti di viaggio o nelle procedure di identificazione dei cittadini di quel Paese. In questo modo, si migliorerà e si renderà più fluido il meccanismo e non si dipenderà solo dagli accordi bilaterali tra un Paese membro e un Paese terzo. Su questo, quindi, stiamo lavorando.
  Devo dire che l'Italia ha aderito a questa rete di ufficiali dell'immigrazione, quindi ne fa parte. L'idea è che, se si ha un ufficiale di collegamento francese ad esempio in un'ambasciata nel Mali, questo funzionario cercherà di organizzare il rimpatrio dei cittadini del Mali che sono non soltanto in Francia, ma anche in altri Stati membri. Quell'ufficiale di collegamento non sarà un ufficiale di collegamento francese, ma un ufficiale di collegamento dell'Unione europea, per questo darà un sostegno a tutti gli Stati membri. Questa è l'idea della Commissione. Questa misura è stata prevista. So che è in corso un dibattito su questo. Non posso fornirvi troppi dettagli. Non è la mia competenza specifica. So che la misura esiste. Non conosco altri dettagli sulla sua attuazione, ma sono questi i campi di attività: definizione dei documenti di viaggio e sostegno finanziario per i voli di rimpatrio.
  Non so chi di voi abbia parlato della procedura in caso di impossibilità del rimpatrio. Questo non è un problema particolare dell'Italia, ma dell'Europa, di tutto il mondo. Anche gli americani hanno lo stesso problema, come gli australiani. Non è una questione specifica dell'Europa. Se non possiamo rimpatriare in un Paese terzo un cittadino di quel Paese perché il principio di non respingimento non ci permette di farlo, perché rischierebbe la prigione o una condanna all'ergastolo, in base alla legge dell'Unione europea la situazione si ferma lì, non abbiamo più meccanismi. Non c’è possibilità di mandare questa persona in un altro Paese. Non esiste attualmente questa possibilità, quindi non è un problema italiano, né spagnolo, ma mondiale. Gli statunitensi hanno lo stesso problema con i migranti che arrivano. Non c’è possibilità di rimpatriarli, perché non sono in grado di identificarli. Credo sia un problema molto difficile da risolvere. Io non posso proporre delle soluzioni. Ho delle idee, ma le tengo per me perché non rientra nelle mie responsabilità.
  Lei ha citato anche la possibilità del rimpatrio o del ritorno, del rinvio al Paese di partenza. Il principio di non respingimento ci limita e condiziona le nostre attività. Il Paese deve essere considerato sicuro. Attualmente, in Italia, il 90 per cento degli arrivi proviene dalla Libia. A questo punto, in base alle disposizioni di legge dell'Unione europea, il rimpatrio delle persone nei Paesi di partenza è molto complicato. Le disposizioni di Frontex lasciano Pag. 18una porta aperta per questo, ma poi la chiudono subito. Occorre infatti l'esame di numerose altre condizioni prima che si possa decidere di rimpatriare qualcuno nel Paese di partenza. Bisognerebbe fare una valutazione della situazione, essere sicuri che non ci sia respingimento. Se c’è un'imbarcazione con 300 persone, questo assolutamente non è possibile dal punto di vista pratico. Siamo un po’ limitati.
  Lei mi ha chiesto la percentuale dei migranti a cui si sono rilevate le impronte digitali in Grecia, Ungheria e in altri Paesi. Non ho i dati. Lo riferirò al mio ufficio e sono abbastanza sicuro che potremo fornirvi altre informazioni che vi aiuteranno per la vostra analisi della situazione attuale.
  Infine, ho un commento che riguarda la questione dei migranti economici. Che cos’è un «migrante economico» ? Credo che tutti noi accettiamo l'espressione «migrante regolare». Abbiamo migranti regolari e migranti irregolari. Il migrante irregolare può essere una persona a cui sono scaduti i documenti, qualcuno che non è entrato con documenti legali. Poi ci sono le motivazioni che riguardano l'arrivo delle persone. Le persone possono arrivare con motivazioni del tutto accettabili. Parliamo di persone che non sono criminali in nessun modo, ma che cercano soltanto una vita migliore. Questo non è un reato, ma ci sono dei meccanismi per coloro che vogliono cercare lavoro, migliorare le condizioni di vita proprie e della propria famiglia.
  Quando si parla di «migranti economici», ci si riferisce alla motivazione dell'arrivo delle persone. Io non formulo nessun giudizio riguardo a queste motivazioni. Probabilmente, tutti noi faremmo la stessa cosa se vivessimo in condizioni peggiori, cercheremmo delle condizioni migliori, ma l'Unione europea ha delle regole per l'ingresso nel proprio territorio e c’è il Codice delle frontiere di Schengen che definisce le regole per quest'ingresso.
  Ritengo di avere più o meno presentato il nostro punto di vista.

  PRESIDENTE. La ringrazio per queste risposte. Ci sono delle richieste di brevi e circostanziati chiarimenti relativamente a domande già poste, quindi non si tratta di nuove domande. Le rivolgo direttamente quella sull'identificazione di migrazioni dovute, per esempio, a cambiamenti climatici. Ne sono state individuate, nell'ultimo vertice di Parigi del COP21, che non sono né di richiesta d'asilo né di semplice ricerca di una migliore condizione di vita; sono «migrazioni forzate», come le definisce l'UNHCR. Ovviamente, è una considerazione. Lei ha precisato, giustamente, che era una sua considerazione; questa è una nostra considerazione, che attiene più al nostro specifico di legislatori che all'idea che possa esservi l'applicazione o la disapplicazione di una legge.
  Ci sono due brevi richieste di chiarimento, la prima della collega Carnevali, la seconda del collega Palazzotto.

  ELENA CARNEVALI. Le formulerò la mia richiesta in maniera molto diretta e schietta. A proposito delle affermazioni che ha fatto prima, al di là del fatto che giustamente lei ha detto che non è un problema di giudizio personale – vale anche per la sottoscritta –, conferma che coloro che possono avere, che avranno o che hanno il riconoscimento economico sono soggetti al rimpatrio ? Mi riferisco all'affermazione fatta durante il suo primo intervento.
  Vengo alla seconda considerazione. Voi state contribuendo alla scrittura di procedure anche a supporto dell'Unione europea e dei Paesi membri e questo significa che il vostro obiettivo è che non esistano più le commissioni territoriali per stabilire se una persona ha diritto all'asilo ?
  Infine, quanti trafficanti di esseri umani nell'attività che state svolgendo siete riusciti a identificare o come pensate di riuscire a incidere su questo grande, grandissimo dramma a livello europeo e mondiale ?

  ERASMO PALAZZOTTO. Il mio, più che un chiarimento, è una specificazione. Lei conferma che nelle procedure che Pag. 19state definendo c’è l'utilizzo della forza come ipotesi finale per il rilevamento delle impronte digitali ?
  Inoltre, lei ha detto che queste procedure sono in via di definizione; si utilizzano già nei nostri hotspot ? Da parte di chi ?
  Lei ha parlato di identificazioni anche a bordo delle navi: le nostre procedure, le nostre leggi prevedono che le identificazioni siano fatte da specifico personale, cioè la Polizia, e che la valutazione della richiesta d'asilo sia fatta da personale qualificato. Lei pensava a personale di Frontex o a personale delle nostre Forze dell'ordine dentro gli hotspot ed eventualmente anche a bordo ?

  PRESIDENTE. Cedo nuovamente la parola al nostro ospite per la replica.

  MIGUEL ANGELO NUNES NICOLAU, Coordinating Officer di Frontex. Per quanto riguarda i migranti economici, se il cosiddetto migrante economico non presenta domanda d'asilo, allora deve essere attuata la procedura di rimpatrio.
  Non ci prendiamo nessuno dei poteri delle commissioni territoriali. Le commissioni territoriali mantengono i loro poteri. Noi non subentriamo, in nessuna fase. Ancora una volta, il nostro lavoro, come Frontex, è come sempre convalidato dalle autorità di Polizia italiane. Riformulo e sottolineo, quindi, che ciascuna delle attività condotta da noi o che sia di qualunque operatore sul campo, viene convalidata dalle autorità italiane. Non c’è un'attività svolta dall'ufficiale ospite lituano di Frontex che arriva e decide a proposito di un migrante economico. Questo è fondamentale da ricordare. Non siamo noi che arriviamo e cambiamo le cose. Noi rafforziamo, potenziamo le vostre capacità e forniamo un sostegno. La decisione finale rientra sempre sotto il vostro controllo.
  Per quanto riguarda i contrabbandieri, nel 2015, durante l'Operazione Triton, noi abbiamo svolto l'identificazione iniziale, perché non siamo coinvolti nelle indagini penali. Non è quello il nostro mandato. Noi provvediamo alle segnalazioni iniziali. Tutto quello che segue non è competenza nostra. Abbiamo identificato più di 300 persone nella fase iniziale, ma per il seguito dovete chiedere alle autorità nazionali. Il nostro ruolo è di identificare all'inizio.
  Perché facciamo le interviste con i migranti, che sono interviste volontarie ? A volte, è il migrante che dice, sulla base di un rapporto di fiducia, chi era lo skipper, lo scafista, perché ha dato i soldi a lui. Poi arriva il team leader della Polizia italiana che assume la guida della procedura. Noi non siamo coinvolti direttamente in questa fase successiva della procedura. Spero di aver risposto alla sua domanda per quanto riguarda le procedure con le impronte digitali forzate e le procedure standard.
  Per quanto riguarda la bozza di documento che ho redatto, l'ho redatta sulla base di quello che credo debbano essere le misure da adottare. Nel caso delle impronte digitali bisogna offrire la possibilità di una consulenza attraverso i mediatori culturali, dare una seconda opportunità e deve esserci la possibilità per chi non collabora di restare nell’hotspot. Parlo di una persona che non deve essere detenuta. È chiaro che, se si collabora, si va con quelli che sono stati registrati. Chi non collabora deve restare un attimo fuori, deve essere messo da parte e poi riavvicinato qualche ora dopo. Allora, bisogna intervistarlo, con l'aiuto dei mediatori culturali, chiedere quali sono i motivi delle sue paure. Stiamo anche utilizzando Skype per stabilire un contatto e comunicare con chi è stato ricollocato. Abbiamo visto, infatti che a volte è servito molto. A Lampedusa l'abbiamo fatto.
  Alcuni migranti, che sono stati ricollocati in Svezia, attraverso Skype hanno comunicato con chi era ancora a Lampedusa per dimostrare che effettivamente erano stati reinsediati. Sembrano cose di poco conto, ma sono importanti, accadono. A volte, i migranti sono riluttanti perché gira la voce che, se vengono prese loro le impronte digitali, allora saranno costretti a restare in Italia e a non muoversi Pag. 20più. È chiaro che è importante far sapere loro che, se collaborano, potranno muoversi.
  Io mi sto riferendo a Frontex. Le procedure operative standard che abbiamo redatto prevedono la consulenza, un secondo tentativo, un'ulteriore intervista, le interviste via Skype con chi è stato già ricollocato. Come ultima fase sono previste le impronte digitali forzate, ma è chiaro che sono le autorità nazionali che poi devono dire se è possibile o meno sulla base della normativa vigente. Forse adesso c’è un dibattito su nuove norme, ma per noi la procedura andrebbe fatta così come noi pensiamo che debba essere; però sono poi le autorità italiane che, sulla base della legislazione vigente, devono decidere. Se dite che non è necessario procedere all'acquisizione forzata delle impronte digitali, non si procede. Noi cercheremo di essere creativi, cercheremo eventuali alternative in questo caso. In questa fase, questa è la situazione.

  GREGORIO FONTANA. La procedura che ci ha illustrato è stata formalizzata alle autorità italiane ?

  MIGUEL ANGELO NUNES NICOLAU, Coordinating Officer di Frontex. Siamo in fase di discussione con la Commissione. Noi abbiamo dato un contributo. Adesso è la Commissione che deve effettuare una valutazione, poi presenteremo la bozza alle autorità italiane. Attualmente, quello che facciamo è seguire le procedure che le autorità italiane hanno sempre seguìto, quindi non abbiamo cambiato nulla.
  Ora pensiamo che sarebbe possibile migliorare qualcosa, cambiare un po’ qui e un po’ lì, perché la procedura possa svolgersi in maniera più fluida e veloce. Seguiamo le procedure, da sempre attuate e seguite dalle autorità italiane, che non prevedono l'acquisizione forzata delle impronte digitali. Relativamente all'attività di consulenza, di assistenza, si chiamano i mediatori culturali e si cerca di capire.
  Avete citato la pre-identificazione a bordo. Forse, quando io ho parlato di identificazione, lei ha sentito suonare un campanello d'allarme. Non ci sono procedure di identificazione a bordo, non c’è nulla. Quello che ho detto è che gli operatori hanno l'istruzione di segnalare. Può sembrare una cosa di poco conto, ma per chi è al punto di sbarco è importante sapere se arrivano dei sub-sahariani o degli eritrei, perché ci sono i mediatori culturali, con i quali forse non copriamo tutte le lingue e tutte le culture. Se ci sono degli eritrei, devo chiamare i mediatori culturali eritrei, che sono magari a Pozzallo o ad Augusta. È importante, quindi, che gli operatori in mare possano informarci tempestivamente, segnalare eventuali anomalie a bordo, fornire eventuali foto della persona che aveva il controllo del motore, elementi che possano aiutare le indagini penali. Quando ho parlato di identificazione a bordo mi riferivo a questo, e non alle procedure di identificazione. Forse ho usato un termine poco corretto.

  PRESIDENTE. La ringraziamo, anche per la disponibilità a raccogliere sollecitazioni, anche informali. Ringrazio dunque Miguel Angelo Nunes Nicolau, Coordinating Officer di Frontex, e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.55.