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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

XIV Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 9 di Mercoledì 3 febbraio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Tancredi Paolo , Presidente ... 3 

Audizione del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega agli Affari europei, Sandro Gozi, nell'ambito dell'esame congiunto della «Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea riferita all'anno 2016 (Doc. LXXXVII-bis, n. 4)», del «Programma di lavoro della Commissione europea per il 2016 e relativi allegati (COM(2015)610 final)» e del «Programma di diciotto mesi del Consiglio dell'Unione europea (n. 15258/15)» (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento) :
Tancredi Paolo , Presidente ... 3 ,
Gozi Sandro (PD) , Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega agli Affari Europei ... 3 ,
Tancredi Paolo , Presidente ... 8 ,
Buttiglione Rocco (AP)  ... 8 ,
Battelli Sergio (M5S)  ... 10 ,
Tancredi Paolo , Presidente ... 11 ,
Kronbichler Florian (SI-SEL)  ... 11 ,
Prataviera Emanuele (Misto)  ... 11 ,
Tancredi Paolo , Presidente ... 12 ,
Prataviera Emanuele (Misto)  ... 12 ,
Tancredi Paolo , Presidente ... 12 ,
Berlinghieri Marina (PD)  ... 12 ,
Tancredi Paolo , Presidente ... 13 ,
Gozi Sandro (PD) , Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega agli Affari Europei ... 13 ,
Buttiglione Rocco (AP)  ... 15 ,
Gozi Sandro (PD) , Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega agli Affari Europei ... 15 ,
Tancredi Paolo , Presidente ... 16

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PAOLO TANCREDI

  La seduta comincia alle 14.55.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega agli Affari europei, Sandro Gozi, nell'ambito dell'esame congiunto della «Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea riferita all'anno 2016 (Doc. LXXXVII-bis, n. 4)», del «Programma di lavoro della Commissione europea per il 2016 e relativi allegati (COM(2015)610 final)» e del «Programma di diciotto mesi del Consiglio dell'Unione europea (n. 15258/15)».

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega agli Affari Europei, Sandro Gozi, nell'ambito dell'esame congiunto della «Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea riferita all'anno 2016 (Doc. LXXXVII-bis, n. 4)», del «Programma di lavoro della Commissione europea per il 2016 e relativi allegati (COM(2015)610 final)» e del «Programma di diciotto mesi del Consiglio dell'Unione europea (n. 15258/15)».

  SANDRO GOZI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega agli Affari Europei.
  Relativamente ad alcuni aspetti di sistema e procedurali, che però sono sicuro vi interesseranno e che faranno piacere ad alcuni di voi, in particolare al presidente Buttiglione, per la prima volta la relazione programmatica del Governo è stata presentata nei termini di legge previsti dalla legge n. 234 del 2012. Per la prima volta, cioè, il Parlamento ha ricevuto nell'anno 2015 la relazione per il programma di lavoro 2016. Ciò è avvenuto all'inizio di febbraio, ma se non fosse stato per altri motivi di carico dell'agenda lo avremmo fatto a gennaio.
  Tra l'altro, il presidente mi permetterà di sottolineare come dal punto di vista del Governo ci sia soddisfazione per il modo in cui Governo e Parlamento stanno lavorando insieme, nella diversità legittima e fisiologica delle proprie posizioni politiche. Mi sembra che insieme stiamo facendo un lavoro importante per essere più tempestivi, più efficaci, per dare più rilevanza alla politica europea, che è politica interna. Non finirò mai di ribattere sul fatto che è politica interna.
  È politica interna, così rimane tre volte agli atti, che merita un dibattito di cui ovviamente è animatrice la Commissione XIV, ma che abbiamo tutti interesse a che sia diffuso in tutte le Commissioni parlamentari. È questo il modo giusto di affrontare questioni di politica interna, che sono per loro natura orizzontali.
  Volevo sottolineare come auspichiamo e auspico personalmente che questo rapporto di cooperazione, sia nella trattazione dei temi politici e delle relazioni, sia nella trattazione delle leggi della delegazione europea possa proseguire. I risultati Pag. 4che stiamo ottenendo sono importanti e sono frutto e merito del lavoro di tutti.
  Le priorità che il Governo ha identificato per la sua politica europea per il 2016 sono state ricordate dalla relatrice, ma vorrei prenderne alcune e approfondirle. Se poi lo vorrete, ne dibatterei con voi.
  Ovviamente, la prima è il tema che abbiamo proposto e spinto affinché fosse il tema prioritario della legislatura europea, di quel nuovo ciclo politico su cui lo stesso presidente Juncker si è impegnato, dal motto che ha usato – che era il nostro – che parla di un nuovo inizio, fino ad arrivare alle priorità indicate nel programma di lavoro della Commissione anche per il 2016, che sono quelle del Governo italiano. Parliamo di politiche di crescita, politiche di lotta contro la disoccupazione e miglioramento del funzionamento dell'eurozona.
  Su questo continueremo a insistere, perché riteniamo che anche con le regole esistenti si debba fare di più e meglio per consentire a livello sia nazionale sia europeo di proseguire con quelle politiche volte alla crescita che sono state individuate come prioritarie.
  Ricordo sempre che le parole non sono né del sottoscritto né del Presidente del Consiglio, ma del Consiglio europeo di giugno 2014, in cui i Capi di Stato e di Governo hanno chiaramente indicato che occorre fare il miglior uso possibile della flessibilità, incorporata nelle regole esistenti del patto di stabilità e di crescita, per favorire la politica di investimenti, di crescita e di lotta contro la disoccupazione. Coerentemente, da allora abbiamo proseguito con questa politica e continueremo a farlo. È attualità anche di questi giorni.
  L'onorevole Occhiuto mi chiedeva di intervenire sulla flessibilità e ne sto parlando adesso. Ovviamente, presidente, se questa Commissione desidera avere un'audizione specifica sul tema dell'attuazione del patto di stabilità e di crescita e della flessibilità, il sottoscritto è certamente disponibile, ma credo che sia giusto invitare il Ministro Padoan. Non mi sottrarrò di sicuro all'audizione, ma credo che, se si vuole approfondire il tema, sia giusto invitare innanzitutto il Ministro dell'Economia.
  Noi abbiamo bisogno di avere delle certezze. Crediamo che l'Europa abbia bisogno di avere delle certezze, che sono anche quelle dell'interpretazione delle regole. Esiste un'istituzione per assicurare la certezza delle regole e per assicurarne il rispetto, che si chiama Commissione europea. Questa istituzione ha adottato un atto formale, una comunicazione, che non è un atto legislativo vincolante, nel gennaio 2015, in cui ha dato la propria interpretazione delle regole esistenti del patto di stabilità e di crescita e anche di come utilizzare quelle clausole volte ad accompagnare le riforme strutturali nazionali e le politiche di investimenti, laddove si facciano, e anche a fare fronte a eventi eccezionali, laddove si verifichino.
  Noi stiamo lavorando su questo. È anche il dibattito di queste ore. Nel momento in cui, poche ore fa, al Comitato permanente dei rappresentanti a Bruxelles l'Italia ha confermato il parere favorevole a dare il proprio contributo al fondo per la gestione della crisi migratoria con la Turchia, una volta che in maniera formale il presidente della Commissione ha specificato che tutti i contributi nazionali, e quindi anche quello dell'Italia, sono neutri ai fini del patto di stabilità e di crescita, abbiamo indicato che l'evento eccezionale non può riguardare solo una parte del Mediterraneo, solo i rapporti con un Paese terzo attraverso il quale ci sono importanti flussi migratori. Si tratta di una dichiarazione unilaterale, quindi, ma proseguiremo con questo lavoro.
  Anche le spese che l'Italia ha sostenuto nella gestione delle crisi migratorie del Mediterraneo e, in particolare, quelle legate alla gestione migratoria della Libia, devono essere valutate con le stesse norme e con la stessa interpretazione.
  Dico questo, perché è stato oggetto di dibattito pubblico. Basta aprire i giornali di questa mattina per vedere come l'Italia abbia posto l'accento su questo punto. Pag. 5Riteniamo però anche che ci sia bisogno, nel momento in cui vogliamo cambiare la politica economica dell'Unione europea, della possibilità di fare qualcosa che forse non va di moda oggi, ma è fondamentale per un'azione di Governo: ossia la possibilità di programmare. Per programmare in maniera multiannuale scelte di politica economica, di politica sociale e di bilancio, bisogna avere la certezza – ecco perché ho usato questo termine – che le regole siano interpretate in un certo modo, e che quella sia l'interpretazione per almeno tutto l'arco della legislatura. È in questa legislatura che l'Unione europea nel suo insieme si è impegnata ad andare in quella direzione.
  Queste sono le ragioni del dibattito in particolare per quanto riguarda il tema di politica economica, di eventi eccezionali, migrazioni, che abbiamo aperto con la Commissione europea. Certamente, questo è il primo aspetto, che si lega appunto anche al tema della politica degli investimenti.
  Lei chiedeva qualche cifra. Abbiamo voluto fortemente che l'Unione europea si dotasse di un nuovo strumento. Abbiamo detto che il piano Juncker non è la risposta al problema degli investimenti in Europa, ma una prima risposta. Al di là di alcune sue debolezze, va utilizzato pienamente. L'Italia al momento ha utilizzato il 35 per cento del volume totale del piano Juncker. È il Paese che finora ha presentato e ha visto approvato il più alto numero di progetti, che mi sembra siano sette, pari a 1.300.000.000 euro.
  Dico di sfruttare pienamente il piano Juncker. Utilizziamolo per quanto è utilizzabile. Dimostriamo che sappiamo usare bene gli strumenti nuovi che abbiamo invocato. Dà molta più forza alla posizione del Governo italiano, ma se devo leggere le risoluzioni adottate in questa Camera, è la posizione anche della Camera dei deputati. Occorre fare ancora di più come strumento di politica degli investimenti. Questa è quasi la prima priorità.
  Rimane, infatti, anche il tema del completamento dell'assetto regolamentare e istituzionale dell'eurozona, che è fondamentale. Certo, nel dibattito pubblico e politico viene prima il tema della crescita. È normale che sia così. Tutto questo, però, può funzionare meglio solo se si completa l'Unione economica e monetaria, e solo se si completa e si rafforza l'eurozona.
  Ecco perché stiamo insistendo e insistiamo – altra priorità del 2016 – per il completamento dell'unione bancaria e per l'introduzione di quella parte che manca dello schema di garanzia comune dei depositi bancari. Ecco perché insistiamo anche per avviare subito quel dibattito indicato come fase 2 nel rapporto dei cinque Presidenti e che riguarda, invece, passi più importanti per quanto concerne l'architettura più generale della zona euro e i nuovi strumenti. Penso a una vera unione economica, a un bilancio della zona euro, a un più efficace controllo democratico, a un più efficace governo della zona euro.
  Sono tutti temi che stanno insieme attorno a questa priorità, sulla quale ci sono dei negoziati immediati, direi di attualità veramente di queste ore; c'è un lavoro legislativo già avviato importante (si vedano Ecofin e il completamento dell'unione bancaria); c'è anche un lavoro politico più ampio, che è quello a cui ho fatto riferimento.
  La seconda priorità – ovviamente, sto delineando un quadro generale, e rinvio per il resto alla relazione dell'onorevole Berlinghieri e alla nostra – è il tema della sicurezza. È chiaro che la sicurezza era già una priorità nel 2015, lo era in particolare in seguito ai gravissimi attentati di Charlie Hebdo all'inizio di questo anno, lo è diventata ancora di più con gli attentati al Bataclan, allo Stade de France e così via. Da questo punto di vista, occorre lavorare e stiamo lavorando su vari dossier, vari temi.
  Da una parte, c'è il completamento e la finalizzazione di questioni che erano rimaste aperte per troppi anni, e che invece è utile e necessario chiudere. Penso al negoziato molto complesso che abbiamo avuto con il Parlamento europeo Pag. 6sulla registrazione dei nomi dei passeggeri, il cosiddetto PNR per quanto riguarda i controlli dei voli dei cittadini che dall'interno dell'Unione europea vanno fuori e ritornano. È evidente che questo è uno strumento d'indagine molto utile per quanto riguarda, in particolare, la lotta contro i foreign fighters.
  C'è la revisione della direttiva sulle armi da fuoco, ci sono nuovi strumenti di cooperazione e di scambio di informazioni tra servizi di Polizia e servizi di intelligence. C'è il tema della cyber security, che va affrontato sia a livello europeo, per quanto di competenza dell'Unione europea, sia a livello nazionale, con l'introduzione di una nuova normativa per lottare, ad esempio, contro il proselitismo sulla rete. Questa è certamente la seconda grande priorità per quanto riguarda la politica europea dell'Italia nel 2016.
  Poi c'è un tema ampio, politico e istituzionale, che riguarderà necessariamente anche l'Italia, su cui stiamo lavorando in queste ore in vista del vertice europeo di febbraio: è il tema del referendum britannico. Sapete che, se al vertice europeo di febbraio i Capi di Stato e di Governo troveranno un accordo sui punti oggetto di negoziato, che oggi costituiscono l'oggetto di un documento presentato ai Capi di Stato e di Governo dal presidente Tusk, quest'anno avremo un importante referendum nel Regno Unito sulla permanenza o meno dello stesso nell'Unione europea.
  È evidente che questo determinerà anche un dibattito politico più ampio su se e come riformare l'Unione europea, che vogliamo utilizzare in maniera positiva, costruttiva. Vogliamo che questo dibattito possa essere un'ulteriore spinta a preparare quel rilancio – tornerò tra un attimo su questo – che vorremmo nel 2017, anche in occasione dei 60 anni del Trattato di Roma, celebrare qui nella nostra capitale.
  Vorremmo, però, che non fosse un evento celebrativo, ma un evento in cui innanzitutto si faccia il punto dei risultati che abbiamo ottenuto nelle grandi questioni di società, oltre che di politiche, che stiamo affrontando, e si indichino anche alcuni punti su cui vogliamo organizzare il rilancio politico dell'integrazione europea. Certo, il dibattito britannico sarà qualcosa che dobbiamo utilizzare in questa prospettiva, in maniera costruttiva. È chiaro che siamo preoccupati dello status quo europeo, che giudichiamo rischioso.
  Crediamo che rimanere nello status quo possa essere l'inizio di un processo di disintegrazione europea e non di rilancio dell'integrazione europea. Per questo, stiamo avanzando una serie di proposte proprio per andare oltre lo status quo, sapendo che in questo momento tra i grandi Paesi che storicamente fanno parte dell'Unione europea, l'Italia è l'unico che sta ponendo questi temi. Più lo facciamo insieme, anche con la spinta del Parlamento europeo, meglio è.
  Al momento, però, è uno solo il Governo che sta ponendo un tema anche di prospettiva e di riforma più ampia dell'Unione europea, e non solo di attenzione a grandi questioni, quali il terrorismo, i rifugiati o il referendum, temi rispetto ai quali è facile individuare quali siano gli Stati membri che parlano praticamente solo di quello nelle sedi europee.
  Oltre, però, alla naturale e giusta difesa dei nostri interessi nazionali nelle sedi comunitarie, e stiamo portando avanti una serie di dossier – è noto, basta aprire i giornali e leggere di come stiamo lavorando per difendere i nostri interessi nazionali su alcuni dossier bilaterali – stiamo anche cercando di porre il tema più ampio della riforma dell'Unione europea. Questo è un tema importante, su cui tra un minuto tornerò.
  Poi ci sono altre questioni legislative di grande rilevanza, che abbiamo chiesto, non solo noi, che fossero nel programma legislativo dell'Unione europea. Figurano tra le priorità del Governo italiano e la Commissione europea si è poi impegnata a lavorarci. Sono temi come l'agenda digitale europea, cioè il mercato unico digitale. Mi sembra che abbiamo sei proposte legislative su cui dovremo lavorare per realizzare il mercato unico digitale, Pag. 7affrontando alcuni temi di grande rilevanza politica ed economica. Penso al tema del geo-blocking, a quello della portabilità, a quello dei diritti d'autore e al mercato unico digitale, a quello delle start up.
  Abbiamo una serie di questioni legislative molto importanti, e per noi il mercato unico digitale è una grandissima priorità, sulla quale dobbiamo procedere speditamente, perché dobbiamo in questa legislatura realizzare le condizioni per avere un vero mercato unico digitale, che vuol dire più opportunità per le imprese, crescita, più posti di lavoro e più strumenti per i cittadini. Parlavamo prima dell'iniziativa dei cittadini europei, e nella vostra relazione ci sono vari riferimenti proprio agli strumenti digitali.
  Segnalo un altro tema specifico, perché c'è un particolare interesse dell'Italia, che è stata tra i Governi che hanno chiesto esplicitamente alla Commissione europea di ritornare sui suoi passi e di inserirlo: è il tema dell'economia circolare, con tutte le proposte legislative necessarie per porre le basi per una regolamentazione importante dell'economia circolare. Ho voluto segnalare questi temi perché sono tra le priorità più importanti su cui l'Italia si è impegnata. È evidente che siamo in una situazione che lo stesso presidente Juncker ha definito di «poli-crisi», cioè di una pluralità di crisi che si incrociano dentro e fuori l'Unione europea. Conosciamo benissimo la questione siriana, la crisi migratoria, la questione della strategia di allargamento ai Balcani occidentali, il rapporto con la Turchia, la questione della sicurezza energetica, la crisi ucraina. Non se ne parla più nei giornali, ma i lavori devono proseguire e proseguono per l'attuazione dell'accordo di Minsk e per i rapporti tra Ucraina, Unione europea e Mosca.
  C'è il tema dell'altro referendum sull'accordo tra Unione europea e Ucraina, su cui dovranno votare gli olandesi. Oltre all'importanza dell'oggetto del referendum, questo avrà un impatto politico ovviamente più ampio.
  C'è il tema delle proposte in materia di immigrazione e asilo. Noi italiani, non noi Governo Renzi, chiediamo da sempre – la prima proposta ufficiale, se non vado errato, risale al 2001 – l'europeizzazione delle frontiere esterne dello spazio Schengen, che si crei una guardia costiera e una polizia delle frontiere esterne. Lo abbiamo fatto nel 2001, lo abbiamo fatto durante il Semestre, abbiamo presentato delle proposte specifiche. Finalmente, abbiamo convinto i nostri partner e la Commissione europea, che sta lavorando e nelle prossime settimane presenterà una proposta per la creazione di una guardia costiera europea e una polizia europea delle frontiere terrestri.
  In parallelo, sapete bene, perché lo abbiamo fatto insieme Parlamento e Governo, quindi siete ottimi testimoni, che all'inizio di questo Governo l'Italia era l'unico Paese a porre il tema della revisione del Trattato di Dublino. Sapete che oggi, invece, se andate a Berlino o a Stoccolma, avete un discorso molto simile a quello italiano della proposta di revisione del Trattato di Dubino: anche su questo la Commissione europea presenterà nelle prossime settimane una proposta.
  Perché insisto su questo? Perché, per noi, le due cose devono andare in parallelo. Occorre, da una parte, rafforzare le frontiere esterne e, dall'altra, andare verso un sistema d'asilo europeo comune e comunque una seria revisione delle regole di Dublino, soprattutto per quanto riguarda i Paesi di primo approdo ma non solo. È chiaro che il sistema si migliora solo se le due cose vanno insieme. L'una senza l'altra non sarebbe soddisfacente. Su questo siamo molto impegnati. Presenteremo anche una proposta italiana su che cosa secondo noi si dovrebbe rivedere del sistema di Dublino. Ne abbiamo proprio discusso questa mattina al Comitato interministeriale per gli affari europei, che si è riunito tra le altre cose per discutere proprio di questo.
  L'altro processo che vogliamo prosegua e su cui abbiamo avuto un dibattito importante ieri a Strasburgo, perché la Presidenza Pag. 8 olandese ha ripreso anche questa priorità italiana, è il tema di un nuovo processo di monitoraggio sullo stato di diritto e le libertà fondamentali all'interno dell'Unione europea. È un processo che abbiamo lanciato durante il Semestre, su cui ieri abbiamo avuto una conferenza ufficiale della Presidenza olandese con il Segretario generale del Consiglio d'Europa molto importante. Il secondo dibattito previsto è in maggio, quando si valuterà in sede di Consiglio affari generali il rispetto dello Stato di diritto all'interno dell'Unione europea rispetto alla questione migratoria e alla crisi dei rifugiati.
  Riteniamo che questo processo debba andare avanti, perché a nostro giudizio la valutazione dello stato di diritto sia rispetto a questioni tematiche specifiche sia in generale, come valutazione anche in seno al Consiglio del comportamento degli Stati membri, è fondamentale. Se è vero che il rispetto dello Stato di diritto è un requisito essenziale per un Paese candidato affinché diventi Paese membro, lo è ancora di più per uno Stato membro perché lo rimanga. Il dibattito è molto difficile e spinoso. Noi lo portiamo avanti ed è una priorità dell'Italia del 2016, perché riteniamo che sia uno dei punti da cui dipende la credibilità dell'Unione europea.
  Da questo punto di vista, e riprendo anche un punto che l'onorevole Berlinghieri ha citato, certo l'Italia conferma la sua posizione. Riteniamo che l'Unione europea debba aderire alla Convenzione europea dei diritti umani. Continuiamo a essere critici e delusi del parere che la Corte di giustizia di Lussemburgo ha espresso, e continuiamo a porre il tema. Su questo anche la Presidenza olandese e la Commissione europea, nel loro rispettivo programma per il 2016, hanno deciso di andare in questa direzione.
  Infine, presidente, c'è il lavoro che abbiamo impostato come Governo italiano proprio per la preparazione di quella che noi definiamo Roma 2017, un'operazione che vuole essere politica. Terremo anche, proprio qui alla Camera – auspichiamo anche che sia introdotto dalla Presidente Boldrini – un dibattito pubblico con il trio di Presidenze, Olanda, Slovacchia e Malta, su come arrivare a Roma 2017 e come rilanciare il processo politico. Ci stiamo impegnando come Governo per un programma anche di sensibilizzazione e di dibattito nelle scuole attraverso il servizio pubblico sulle ragioni della nostra scelta europea e sulle ragioni per cui oggi occorre riformare l'Europa per affrontare le nuove sfide.
  È un lavoro che stiamo facendo in stretto contatto con il trio delle Presidenze, che ovviamente conta molto sulla cooperazione, sulla partecipazione del Parlamento e della Camera dei deputati. La Presidente Boldrini ha lanciato un'iniziativa molto importante con i suoi omologhi di vari Paesi, che va esattamente in questa direzione.
  Voglio ricordare anche a questa Commissione, presidente, e concludo, che c'è anche una proposta di mozione, la n. 101020, depositata il 16 ottobre 2015, che affronta questi temi. È assolutamente nella sovranità della Camera dei deputati. Il Governo auspicherebbe poter dibattere in Aula dei contenuti di quella bozza di proposta di mozione, che ci sembra andare assolutamente nella direzione giusta dal punto di vista della preparazione del lancio di questo processo di dibattito, speriamo anche di rilancio, sull'Unione europea in vista e in occasione dei 60 anni del Trattato di Roma.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il sottosegretario anche per aver fatto una sintesi chiara di un fronte molto ampio di negoziati, come si è visto. La ringraziamo anche per averci fornito notizie, che molti di noi avevano appreso dalla stampa di queste ore, relativamente all'annuncio del presidente Juncker sulla possibilità di tenere fuori dal patto di stabilità il costo dell'aiuto alla Turchia per la gestione dei profughi.
  Torno a dare la parola all'onorevole Buttiglione.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Ringrazio il sottosegretario, non solo per la sua cortesia, Pag. 9 ma perché il programma che ci ha esposto ha allietato il mio cuore. Mi illudo di avere ritrovato molte cose di cui abbiamo parlato, per lo più invano, negli anni passati, e che forse si mettono in movimento. Forse vuol dire che ci siamo rimessi in movimento dopo una lunga fase di stasi.
  Con grande franchezza, mi permetterò però anche di fare alcune osservazioni critiche. Tutti condividiamo la maggiore assertività che il Presidente Renzi sta dando alla politica europea dell'Italia. Questa maggiore assertività deve, però, essere accompagnata da una più forte capacità di costruzione di squadra, di alleanze e anche di strumenti sufficienti a sostenere una politica. Un'occasione può essere, appunto, Roma 2017.
  Io sono fortemente critico nei confronti del suo Governo, che sostengo, su una questione che mi sembra fondamentale, e che mi sembra non venga affatto percepita. Diceva Ralf Dahrendorf che non avremmo mai avuto l'Europa finché non avessimo avuto un demos europeo. Lui pensava che non l'avremmo mai avuto, e io tentavo di rispondergli che invece potevamo costruirlo, ma ci vuole una politica per costruirlo. Come facciamo a parlare di controllo democratico se non c'è un'opinione pubblica europea? Chi deve costruire l'opinione pubblica europea?
  Signor sottosegretario, il dipartimento politiche comunitarie, tra i suoi compiti istituzionali, ha quello di spiegare agli italiani che cos'è la politica europea. Gli italiani non lo sanno. Il dibattito sull'Europa in Italia è fatto in una totale ignoranza delle opportunità e dei vincoli che il sistema europeo ci offre. Molti parlano di cambiare i trattati non avendo ancora capito che cos'è contenuto nei trattati. È mai possibile che il Governo non riesca a creare uno stanziamento sufficiente a svolgere un programma, che non è solo del dipartimento? Dovrebbe essere della scuola, dell'università. Quante poche cattedre abbiamo di diritto europeo? Poi vediamo quanto ci mancano i giuristi europei. Dovrebbe essere della RAI Radiotelevisione italiana. L'opinione pubblica europea non esiste, e questo è il motivo fondamentale per cui non facciamo progressi.
  L'unico embrione che c'è è arte.TV: non potremmo chiedere, in sede di rinnovo del contratto di servizio della RAI un impegno su questi temi? Che cos'è il servizio pubblico se non questo? Non potremmo pensare di costruire delle alleanze come arte.TV con altri Paesi o ampliando arte.TV? Questa è, a mio parere, la questione, preliminare a tutte le altre. Non c'è controllo democratico se non c'è opinione pubblica comune europea. Credo che niente più di Roma 2017 sia il luogo opportuno per porre la questione, che ovviamente coinvolge tutti.
  Lei ha parlato di flessibilità, certo una flessibilità che deve essere garantita nel tempo, ma non per sempre. Avrei gradito sentire più consapevolezza del fatto che viviamo una situazione straordinaria che finirà. Il quantitative easing non durerà per sempre. Quando finirà, e lei sa che molti già vorrebbero farlo finire, indicarne la data di scadenza – dobbiamo opporci a questo, naturalmente, ma prima o poi dovremo arrivare alla fine – dovremo arrivarci con un Paese più competitivo e con un debito pubblico più ridotto. Più siamo consapevoli di questo e meglio riusciamo anche a trattare la flessibilità. L'obiezione che ci si fa è che vogliamo che la flessibilità diventi la regola: no, è l'eccezione. Credo che dovremmo tenerlo sempre presente.
  Il piano Juncker comincia a funzionare, ma rimane drammaticamente povero. Abbiamo condotto una battaglia con il Parlamento europeo per ottenere la revisione del mezzo termine del bilancio europeo. Abbiamo detto allora che eravamo con l'acqua alla gola, che non c'erano soldi e che si decideva per il minimo, ma che al 2016, e siamo nel 2016, avremmo visto come sarebbe stata la situazione.
  Non abbiamo più tanto l'acqua alla gola, c'è più disponibilità di denari, le emergenze a cui far fronte sono aumentate, il piano Juncker funziona ma non Pag. 10basta, l'operazione LTRO 2 della Banca centrale europea è stata un sostanziale fallimento, perché gli investimenti privati, per riprendere, hanno bisogno di un forte investimento pubblico, che crei le reti che danno poi l'opportunità agli investimenti privati. Non possiamo porre queste questioni anche prima del 2017? Il mezzo termine è al 2016.
  Sono totalmente d'accordo con lei sul tema della sicurezza, ma non possiamo fare una Spa europea?
  Inoltre, abbiamo bisogno della sorveglianza europea, ma non solo come strutture materiali, bensì come apparato normativo. Siamo stretti da un'Europa che ci dice che, se preleviamo con la forza le impronte digitali a chi viene, violiamo i diritti umani; se non le preleviamo, subiamo la procedura d'infrazione. Mettiamoci d'accordo. Diamoci una regola comune europea, oltre che, se possibile, una guardia costiera europea.
  Serve una regola comune europea sull'asilo europeo, i criteri per il trattamento dell'immigrazione clandestina, le procedure di registrazione, le procedure di rimpatrio. Il dialogo oggi è difficile, perché ognuno ha procedure diverse e rimprovera l'altro o perché troppo lasco o perché troppo duro o per una cosa o per un'altra. Diamoci procedure comuni. Avremmo tutti da guadagnarne.
  Abbiamo parlato prima di soldi. Rivediamo il bilancio. Noi abbiamo alcune decisioni interessanti in materia di tassazione di grandi multinazionali informatiche che operano in Europa. Abbiamo una Commissione Monti che deve darci i suoi risultati. Quando? Ogni tanto si parla di domani, ma io non li ho ancora visti. Questo potrebbe essere anche uno strumento di risorse che credo che per sua stessa natura deve andare all'Unione. Può aiutare a sostenere il piano di investimenti o a finanziare il controllo delle frontiere, per le altre cose che ci stanno davanti.
  In conclusione, tutto questo vale per il presente, ma poi c'è il problema della revisione dei trattati, che ovviamente verrà dopo il brexit, perché è impossibile farlo prima, o comunque andrà affrontato in contemporanea con il brexit, ma non è lontano neanche quello. C'è a volte una mancanza di comprensione tra noi e i nostri partner.
  Capisco che il Presidente Renzi dica, anzi non lo dice, lo dico io: non state a rimproverare noi per lo 0,1 per cento in più o in meno quando la Francia esce di 2 o 3 punti e non le dicono niente. Formalmente, la Francia è in procedura d'infrazione, ma sostanzialmente nessuno le dice niente. Andate qualche volta, lei che conosce bene il tedesco, a Berlino, a Bonn, in incognito, travestito, per ascoltare quello che dice la gente, li faccia parlare. Non immagina quanta rabbia ci sia: «Ma come, questi qui danno 500 euro ai loro ragazzini quando compiono 18 anni e ci dicono che questo è un investimento per la sicurezza. Noi a nostri ragazzi 500 euro non glieli diamo», non glieli dà lo Stato. Credo che quell'uscita ci abbia molto danneggiato. Sarei anche meno prudente, invece, nel dire sì alla flessibilità, ma per tutti con la stessa regola. Qui c'è oggettivamente qualcuno che prende la flessibilità nella misura che vuole e non rende conto a nessuno.
  Vengo a un'ultima osservazione. L'asse franco-tedesco, al quale vorremmo aggiungerci, non è la telefonata tra Hollande e la Merkel, e neanche l'incontro prima del Consiglio europeo, ma un sistema strutturato di rapporti e incontri a livello delle élite dirigenti economiche, politiche, culturali dei due Paesi. Vogliamo metterlo in piedi? Se vogliamo farlo, credo sia un'impresa da affidare al dipartimento politiche comunitarie o ad altri, si decide a chi e come. È, però, un lavoro da mettere in piedi. Se vogliamo contare in Europa come la Francia e la Germania, è un lavoro che dobbiamo mettere in piedi al più presto possibile.

  SERGIO BATTELLI. Sottosegretario, lei ha citato veramente molti punti, davvero tanti, alcuni condivisibili, altri assolutamente no. Sfogliando la relazione, leggo quello che è scritto nella relazione nella parte III, capitolo 5.1, «Collaborazione con i Paesi terzi»: «L'Italia proseguirà Pag. 11 la decisa azione di sostegno al negoziato TTIP nella convinzione che, oltre ai rilevanti aspetti economici e commerciali, l'intesa contribuirà a consolidare la centralità del rapporto transatlantico quale paradigma della governance della globalizzazione». Conferma?
  Su questo siamo assolutamente contrari e continuiamo convintamente a ritenere che sia veramente distruttivo per l'economia italiana. Addirittura, al capitolo 11, nella parte sull'agricoltura, vi impegnate a tutelare la produzione di qualità italiana. Mi sembra un paradosso. Facciamo una premessa. Voi siete sicuri che funzionerà, ma credo che nessuno in questa stanza abbia visto i testi di questo trattato. Magari voi li avete già visti: sarebbe il caso che ce li faceste avere. Vi ricordo che più o meno a metà novembre la commissaria Malmström aveva assicurato che entro dicembre tutti i testi sarebbero stati depositati alla Farnesina, ma noi siamo andati personalmente e questi testi non ci sono. Tra l'altro, la Farnesina non sa nemmeno quando saranno disponibili.
  Vorrei chiedere al sottosegretario perché siete così sicuri che il TTIP sarà la manna dal cielo che solleverà l'industria e l'economia italiana. Ripeto che gli Stati Uniti, da quello che si dice, non vogliono assolutamente portare avanti i nostri prodotti tipici. Loro non sono assolutamente d'accordo. Siccome dite che volete tutelare la qualità italiana, voglio sapere che cosa voi sapete che noi non sappiamo.
  Ancora, velocemente, ho sentito dire, mi pare anche da lei, signor sottosegretario, che il piano Juncker sta funzionando. Noi abbiamo sempre criticato questo piano, per il quale Renzi ha impegnato 8 miliardi di euro. Posso assicurarle che i sette o otto progetti che lei ha citato, che sono stati già approvati, non sono altro che Autostrade Venete, Raffineria di Milazzo, un'industria chimica e reti per il gas. Il 90, quasi il 95 per cento del tessuto produttivo italiano è micro-impresa, e noi già al tempo dicevamo che assolutamente questo piano doveva puntare sulla piccola e media impresa, sulla micro-impresa, veramente il tessuto produttivo italiano. Questo piano va da tutt'altra parte. Lo giudichiamo, quindi, fallimentare. Abbiamo provato in tutti i modi ad affermarlo, anche in legge di stabilità.
  La mia domanda principale resta perché siete sicuri che il TTIP sarà così positivo.

  PRESIDENTE. Un accordo è meglio di nessun accordo. Ringrazio i colleghi che sono intervenuti.

  FLORIAN KRONBICHLER. Forse una dichiarazione chiara del nostro sottosegretario in proposito ci servirebbe molto.
  Avendo già la parola, chiedo perché il Governo italiano non si attivi, non sia capace neanche di mettere a disposizione dei parlamentari la documentazione relativa al TTIP. Dall'inizio di questa settimana, i membri del Bundestag possono consultare le carte, ma pare che questa forma di trasparenza dia al TTIP l'ultimo e decisivo colpo. La fiducia della gente è assolutamente assente. È meno assente qui in Italia soltanto perché se ne parla meno, perché sono meno informati.

  EMANUELE PRATAVIERA. Da sempre nutro anch'io delle grandi riserve sulla gestione del TTIP, non tanto sugli obiettivi di fondo, che sulla carta possono anche essere condivisibili. Se, però, non si ha la trasparenza per valutare il percorso che si sta intraprendendo, è chiaro che i dubbi restano, e anzi aumentano.
  Detto questo, due cose mi hanno colpito molto della relazione del sottosegretario, in particolare sull'obiettivo crescita e sulla sicurezza, cose che probabilmente vanno a braccetto in un clima di austerity. Nel momento in cui mancano delle risorse a livello nazionale per fare degli investimenti, il braccio di ferro si sta sviluppando su quella logica. La Commissione aveva detto già a dicembre che i 3 miliardi di euro della Turchia sarebbero stati scomputati dal patto stabilità. Credo che il Governo abbia voluto far finta di non saperlo per giocarsi la carta di estromettere Pag. 12 dal conteggio, ai fini della determinazione quantitativa del patto di stabilità, le spese per la gestione interna.
  Anch'io ho dei grossi dubbi sull'apprezzabilità del piano Juncker. In tema di costo dell'energia, ad esempio, in un momento storico in cui il costo del denaro è molto basso, praticamente zero, con queste variabili ultra favorevoli, l'economia dovrebbe ripartire. La mia domanda è quella che vi ho fatto prima in discussione generale e resta quella: abbiamo capito gli obiettivi, ma quali sono i risultati attesi? Questo è importante capire. Se un Governo ha ben chiari i risultati che vuole portare a casa, allora c'è probabilmente una possibilità di dialogo e un confronto costruttivo. Se, invece, rimane in quello che già si sa, perché di fatto questo già si sa, forse stiamo impiegando male il nostro tempo.
  Ripeto un dato su tutti. Nel 2015, abbiamo perso la partita molto importante dell'approvvigionamento energetico, che arrivasse attraverso il sud Europa, in favore del nord Europa. Non a caso, sono partite che non sono state vinte, e credo che quindi sia importante ragionare su questo.

  PRESIDENTE. Dobbiamo concludere. Facciamo intervenire almeno tutti i gruppi.

  EMANUELE PRATAVIERA. Se fosse possibile proseguire questo dibattito, anche con l'apertura di credito che ci ha fatto il sottosegretario ad avere in Commissione in audizione anche altri ministri sullo stesso tema, credo che questo sarebbe un assoluto segnale di apertura.

  PRESIDENTE. Non voglio togliere autorevolezza al sottosegretario, ma credo che questa sia una questione che può risolvere l'Ufficio di Presidenza della Commissione. Credo che sia giusto anche sul coordinamento delle politiche economiche, sulla crescita, sulla flessibilità, che interlocutore debba essere necessariamente il MEF, come il sottosegretario ha detto.

  MARINA BERLINGHIERI. Ho solo una considerazione generale. Non vorrei entrare nel merito dei tanti argomenti che sono stati affrontati, ma scorrendo anche l'indice dei temi che oggi abbiamo trattato, mi colpisce quanto la maggioranza delle questioni su cui dobbiamo lavorare e costruire dei programmi politici anche concreti attenga ad aspetti che, per essere affrontati in modo vero, intelligente, devono esserlo dall'Unione stessa e non soltanto a livello nazionale.
  Li scorro: il mercato unico digitale connesso, l'unione dell'energia resiliente, il completamento dell'eurozona e via dicendo. Parallelamente al vedere che all'ordine del giorno dell'agenda politica europea ci sono temi che necessariamente devono essere affrontati per la loro natura insieme, in realtà assistiamo a una sorta – mi viene da utilizzare questo termine – di regressione dentro l'Unione europea, quindi a tentativi in cui i Parlamenti nazionali e i singoli Governi tendono a risolvere le questioni per via intergovernativa o cercando di fare accordi tra un Governo e l'altro, bypassando invece quello che dovrebbe essere un ruolo molto forte delle istituzioni europee e, appunto, di una scelta di fondo comune dell'Europa.
  Questa considerazione serve a dire che il Parlamento italiano e il Governo stanno lavorando a una valorizzazione e a una rimessa in campo dentro la discussione e la riflessione delle politiche europee dei valori fondanti dell'Europa stessa. Si è citato il 2017, la celebrazione dei Trattati di Roma, la presidenza del G7. Lo ho già detto in altre occasioni, ma credo che proprio il ragionamento sulla relazione programmatica sia il luogo per ribadire questo concetto. Credo che il nostro Paese, così come sta già facendo, debba continuare a essere capofila di una discussione su questo tema.
  Come ha ben detto, lo status quo dell'Europa è pericoloso per l'Europa stessa se rimane così. Abbiamo, però, anche visto che alcuni temi che fino a un paio d'anni fa, quando li si poneva, era solo l'Italia a porre oggi godono di una cittadinanza Pag. 13 di riflessione che vede non solo l'Italia a sostenere certe tesi, ma una collaborazione di altri Paesi. Credo che l'Italia, forte del lavoro che sta facendo nel suo Parlamento, ma anche col Governo, abbia quasi come il dovere di continuare, nonostante tutto quello che a volte può sembrare, a farsi portavoce dell'esigenza di un'Europa più forte dal punto di vista delle sue istituzioni, il luogo in cui i temi che siamo chiamati ad affrontare oggi possono essere affrontati in modo intelligente e con la prospettiva di risultati proficui per tutti.

  PRESIDENTE. Ho due brevissime domande da fare. Una è una questione abbastanza formale. Il comma 6 dell'articolo 19 della legge n. 234 del 2012 prevede che alle riunioni del Comitato tecnico di valutazione sulla normativa europea partecipino anche, in qualità di osservatori, funzionari del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Tale previsione non è mai stata attuata. Colgo quest'occasione formale per mettere a verbale questa richiesta.
  Sarebbero tanti gli spunti su cui parlare. Mi interessa molto la questione del piano Juncker, ormai a più di un anno dalla sua partenza. Mi stupisce sempre come venga valutato in maniera non attinente a quella che veramente vorrebbe essere. Io lo contestai sia in Commissione bilancio sia qui. Non è proprio questa famosa scelta delle banche promozionali – lo chiedo anche alla luce di quello che ha detto l'onorevole Berlinghieri – di intervenire su piattaforme nazionali, perché poi così c'era la sicurezza che i soldi tornassero agli Stati membri, la debolezza del piano?
  Spesso ci lamentiamo di una debolezza che viene dall'alto, dirigista, dell'Unione: non siamo noi stessi deboli, che dal basso spesso proponiamo quelle soluzioni? Mi fa piacere che nella sua introduzione abbia rimarcato come in Italia, invece, quest'approccio ultimo di Governo abbia un panorama di negoziato ampio, a 360 gradi, su problematiche che forse non sono nemmeno di strettissimo interesse del Paese.
  Per fare veramente un passo avanti in una logica federale, non dovremmo considerare quelli nell'Europa come interventi che comunque ci riguardano tutti, non solo quelli che vengono fatti nei nostri Paesi? Penso che una grande occasione persa allo start up del piano Juncker fu quel pronunciamento di tutte le banche promozionali, compresa Cassa depositi e prestiti, che si interveniva sulle piattaforme nazionali, con la giustificazione che poi comunque avevamo la certezza che i soldi ritornavano a noi. A quel punto, l'Unione a che serve? A che cosa serve un piano di investimenti comune, se ognuno deve farsi i fatti suoi all'interno dei propri Paesi?
  C'è un limite nell'Unione europea a far partire le sue politiche. C'è un limite anche nei Paesi europei, credo, a fare un salto di qualità e a concepire una logica federale.
  Do la parola al Sottosegretario Gozi per la replica.

  SANDRO GOZI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega agli Affari Europei. Ovviamente, presidente, accolgo il vostro invito a tornare in audizione per approfondire, perché ci sono vari aspetti che meritano approfondimento. Certamente, come ha detto, sta all'Ufficio di Presidenza invitare altri membri del Governo. Io sarò presente, ma se vogliono approfondire alcuni temi è bene, oltre al sottoscritto, invitare anche i membri del Governo che trattano in prima persona in maniera approfondita e dettagliata alcuni temi.
  Al Comitato tecnico di valutazione saranno assolutamente invitati i bravissimi funzionari e le bravissime funzionarie della Camera e del Senato, in conformità con quanto previsto dalla legge n. 234 del 2012.
  Ho buone notizie per lei, collega Buttiglione, ma credo che lo siano anche per i nostri amici e colleghi del Movimento Cinque Stelle: abbiamo appena siglato un protocollo tra Dipartimento per le politiche europee e Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR) in vista di Roma 2017 per portare avanti Pag. 14nelle scuole, e non solo, il tipo di dibattito che auspicava per la costruzione di uno spazio politico pubblico europeo, che è la premessa per il demos europeo.
  Il protocollo prevede esattamente iniziative nel senso da lei auspicato. Sintetizzo quasi come un titolo di giornale: chiederemo ai nostri ragazzi, se dovessero scrivere il Trattato di Roma oggi, che cosa scriverebbero. Mi sembra un buon modo di partecipare e di ascoltare, non dicendo loro che cosa abbiamo fatto 60 anni fa, ma che cosa loro vorrebbero fare oggi. Dovrebbe piacere anche al collega Battelli, che scuote la testa per dovere d'ufficio, ma è d'accordo anche lui.
  L'altro protocollo che stiamo finalizzando è con l'ufficio dei rappresentanti della Commissione europea e con l'ufficio del Parlamento europeo nella stessa direzione, cioè organizzare una campagna di dibattito pubblico, di promozione di informazione, sempre legata al 2017, ma che deve partire prima e che va in quella direzione. Siamo in contatto anche – lo farò anch'io di persona – con la RAI per lavorare anche con il servizio pubblico nazionale sul tema Roma 2017, sulla promozione di un dibattito sull'Europa, di un'informazione più adeguata sull'Europa.
  Non tanto con arte.TV quanto con European Broadcasting Union, cioè l'unione dei servizi pubblici europei, abbiamo preso alcuni primi contatti per vedere se ci sia un interesse da parte loro a lavorare con noi per promuovere questo tipo di dibattito nei vari Stati membri. Certamente, la Presidenza di turno del primo Semestre 2017, Malta, attraverso anche il loro servizio pubblico televisivo ha dato già il suo accordo. Ho avuto occasione di parlarne col presidente della televisione maltese quando ero a Malta il 12 gennaio. Stiamo lavorando esattamente per questo. Condivido sia la sua valutazione di merito sia il fatto che sia una prerogativa e un dovere del Dipartimento politiche europee, che lei conosce bene. Stiamo lavorando esattamente in questa direzione.
  Sul tema della flessibilità, diceva che è garantita nel tempo, ma non per sempre. Il consolidamento dei conti pubblici va sempre mantenuto. C'è una risposta principale per noi affinché questo accada: lavorare sulla crescita. Più cominciamo a far ripartire l'economia, più sarà facile usare la flessibilità come eccezione e proseguire su un consolidamento dei conti pubblici. È su questo che insistiamo, basandoci su impegni formali che l'Unione europea ha dato a se stessa e che il presidente Juncker e la sua Commissione hanno assunto prima della designazione da parte nostra, almeno da parte dell'Italia, prima di essere eletti da parte del Parlamento europeo, in particolare rispetto ad alcuni gruppi. Noi vogliamo richiamare al rispetto di questi impegni la Commissione europea.
  Sulla competitività sono assolutamente d'accordo. È qualcosa che si fa attraverso le riforme nazionali. Penso, ad esempio, al «Jobs Act», ma anche alla riforma della pubblica amministrazione. Sono tutti elementi che vanno nel senso di una maggiore competitività del sistema Paese. Allo stesso tempo, bisogna lavorare di più in sede di Consiglio competitività e dei Consigli dell'Unione europea per rendere le politiche e i programmi europei più competitivi: il tema della semplificazione amministrativa, il tema delle scelte di dove allocare le risorse, che devono andare, secondo noi, sempre più verso ricerca e innovazione digitale.
  Questo mi permette di andare alla seconda questione che lei, il collega Battelli e il presidente hanno sollevato, in parte il piano Juncker, in parte il quadro finanziario multiannuale. Obiettivamente, a me in questa fase non interessa più dare una valutazione di merito su quanto sia bello o brutto il piano Juncker. Mi interessa, dato che il piano Juncker c'è, utilizzarlo al meglio. Questo è il punto, e dobbiamo fare tutto il possibile per utilizzarlo al meglio. Ho fatto riferimento alle risorse che il piano Juncker ha portato all'Italia, 1.300.000.000 di euro. Credo che dobbiamo continuare.
  Sto lavorando, ed è un'iniziativa politica che condivido con voi, sulla quale vorrei proseguire, sull'utilizzo del piano Juncker per il successo di alcune strategie Pag. 15che abbiamo voluto che l'Europa adottasse. Cito quella per la macroregione adriatico-ionica, che ha bisogno di nuovi strumenti di finanziamento, che è mirata a trasporti marittimi, turismo sostenibile, ambiente, anche energia. Credo che, lavorando con le regioni che si affacciano sull'Adriatico, con i vari Stati membri candidati, quello sia un luogo perfetto idealmente su cui costruire delle piattaforme, dei progetti, deliberatamente e sin dall'inizio europei, che possono stimolare anche la BEI e, attraverso la BEI, il piano Juncker. Credo che sia questo il modo di lavorare. Poi valuteremo. Il piano Juncker doveva essere molto più bello di quello che è. Bene, faremo una chirurgia estetica. Nel momento in cui avremo dimostrato che l'abbiamo usato, entreremo in una seconda fase.
  Quanto al quadro finanziario multiannuale, stiamo lavorando, collega Buttiglione. Ne ho parlato la scorsa settimana con la commissaria Georgieva, i nostri funzionari hanno partecipato a un seminario dedicato a questo, sempre ad Amsterdam, la scorsa settimana. La posizione dell'Italia è quella di cercare di sfruttare al massimo questo momento previsto di revisione del quadro finanziario multiannuale.
  Deve sapere, ma lo sa – lo ricordo – che al Consiglio dei ministri c'è un atteggiamento molto meno ambizioso. Non vogliono parlare di revision, cioè di revisione più ampia, ma di review, di modifiche al margine del quadro finanziario multiannuale. È una questione aperta.

  ROCCO BUTTIGLIONE. C'è un impegno con il Parlamento!

  SANDRO GOZI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega agli Affari Europei. Sì, però lei sa che la procedura è diversa da quella del bilancio annuale e che occorre l'unanimità del Consiglio per il quadro finanziario multiannuale. I poteri del Parlamento europeo sul quadro finanziario multiannuale sono minori rispetto al potere di codecisione che ha nel bilancio annuale.
  D'altra parte, noi siamo assolutamente per questa posizione. La mia valutazione è che ci sarà molta moderazione e poca ambizione in questa revisione del quadro finanziario multiannuale. Ci sono dei punti su cui bisogna lavorare. Ci sono anche dei punti specifici, ad esempio la revisione dell'allocazione della dotazione della politica di coesione, che vogliamo. Credo che, se la posizione dell'Italia verrà seguita, andrà a vantaggio anche dell'Italia, nel senso che la revisione dell'allocazione della dotazione delle risorse potrebbe essere a beneficio dell'Italia applicando le regole esistenti e procedendo alla revisione prevista. Stiamo lavorando in dettaglio su questo.
  Sulle risorse, ho avuto occasione di intrattenermi proprio con il Presidente Monti ad Amsterdam qualche giorno fa. Il suo gruppo di lavoro prosegue. Conta di presentare i risultati durante il 2016.
  Da questo punto di vista, la posizione del Governo italiano è che sia importante porre il tema già oggi delle risorse proprie. Non mi sembra che ci sia molto appetito ad aprire questo dibattito in sede di Consiglio dei ministri. Ho il dovere di informarvene, perché è giusto che conosciate la posizione dell'Italia, ma è giusto che conosciate anche la posizione in sede di Consiglio degli altri Stati membri. Certamente, però, è un punto molto importante su cui siamo attivamente impegnati per le ragioni che aveva evocato.
  L'altra questione è la costruzione di alleanze. Noi siamo molto attivi su questo, nel proporre ai nostri partner – non necessariamente e unicamente quelli storici dell'Italia, ma a tutti i Governi che dimostrino un interesse – delle possibili politiche di rilancio dell'Unione europea. Per noi, non è il tema la telefonata in più o in meno o passare da due a tre. Riteniamo che a due o a tre sia una questione di metodo di come si costruisce e si governa un'Unione europea che va ripensata. Riteniamo che l'asse franco-tedesco sia certamente necessario, ma non sia più di per sé sufficiente per rilanciare l'Unione europea, che non svolga più il ruolo che in altre fasi storiche ha svolto, Pag. 16ma non dico nulla che non sia già stato dibattuto e detto.
  Il punto è che, come dicevo nella mia introduzione, constatiamo al momento una tendenza, anche dei grandi attori europei a livello di Governo, a concentrarsi unicamente sulle priorità immediate di grande interesse per l'Europa, per la loro opinione pubblica, ma che non si collegano al dibattito su una visione d'insieme di come riformare l'Unione europea. Noi stiamo continuando a lavorare su questo. In tutti gli incontri bilaterali che stiamo facendo – sto per l'appunto partendo per Stoccolma – e anche col Governo svedese, porrò vari temi che oggi avete sollevato: il quadro finanziario multiannuale, Roma 2017, l'Europa sociale, il modo in cui dobbiamo trattare alcuni temi legati ai nostri grandi partner, a partire da immigrazione e asilo, su cui oggi c'è una forte convergenza tra Roma, Berlino e Stoccolma.
  Non è affatto vero che su questo tema siamo su due fronti diversi, anzi anche su questo tema finalmente Berlino, Stoccolma e altri partner sono venuti sulle posizioni dell'Italia. Noi stiamo facendo questo lavoro, ma anche agli osservatori che da tanto tempo seguono le questioni europee dobbiamo spiegare che lavorare nell'Europa a 28, che magari alcuni grandi protagonisti anche della storia e della politica dell'Italia avevano conosciuto a 9, a 12 o a 15, è diverso, è un mondo diverso. Abbiamo bisogno di costruire una diversa politica europea e diversi metodi dell'Italia.
  Mi fermerei qui, presidente, perché le domande che sono state poste su altri aspetti sono molto importanti e richiedono un approfondimento. Preferirei prendere il tempo la prossima volta per rispondere in maniera dettagliata.

  PRESIDENTE. Peraltro, oltre al suo aereo, noi abbiamo alle 16.00 l'inizio dell'Aula. Ringraziamo il Sottosegretario Gozi.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.