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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 144 di Martedì 15 marzo 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori.
Bindi Rosy , Presidente ... 2 

Audizione del Ministro dell'interno, on.Angelino Alfano.
Bindi Rosy , Presidente ... 2 
Alfano Angelino (AP) , Ministro dell'interno ... 2 
Bindi Rosy , Presidente ... 9 
Fava Claudio (SI-SEL)  ... 10 
D'Uva Francesco (M5S)  ... 11 
Torrisi Salvatore  ... 12 
Lumia Giuseppe  ... 12 
Falanga Ciro  ... 13 
Bindi Rosy , Presidente ... 15 
Nuti Riccardo (M5S)  ... 15 
Bindi Rosy , Presidente ... 16 
Giarrusso Mario Michele  ... 16 
Alfano Angelino (AP) , Ministro dell'interno (fuori microfono) ... 16 
Giarrusso Mario Michele  ... 16 
Alfano Angelino (AP) , Ministro dell'interno (fuori microfono) ... 17 
Giarrusso Mario Michele  ... 17 
Alfano Angelino (AP) , Ministro dell'interno (fuori microfono) ... 17 
Giarrusso Mario Michele  ... 17 
Esposito Stefano  ... 17 
D'Uva Francesco (M5S)  ... 18 
Bindi Rosy , Presidente ... 18 
Alfano Angelino (AP) , Ministro dell'interno ... 18 
Bindi Rosy , Presidente ... 18 

Comunicazioni della presidente.
Bindi Rosy , Presidente ... 18

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE ROSY BINDI

  La seduta comincia alle 13.20.
  
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Ministro dell'interno, Angelino Alfano.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro dell'interno, on. Angelino Alfano. Il Ministro Alfano è accompagnato dal prefetto Bruno Frattasi, direttore dell'ufficio affari legislativi e relazioni parlamentari, e da altri funzionari, a cui diamo il benvenuto. L'audizione odierna rientra nell'ambito di quanto previsto dall'articolo 1, comma 1, lettera n) della legge istitutiva che affida alla Commissione il compito di svolgere il monitoraggio sui tentativi di condizionamento e di infiltrazione mafiosa negli enti locali e di proporre misure idonee a prevenire e a contrastare tali fenomeni, verificando l'efficacia delle disposizioni vigenti in materia anche con riguardo alla normativa concernente lo scioglimento dei consigli comunali provinciali e la rimozione degli amministratori locali. Faccio presente che il tema è di particolare rilevanza per la Commissione, che ha dedicato un apposito filone di inchiesta al caso delle infiltrazioni nel comune di Roma e negli altri comuni della provincia a seguito dell'inchiesta sulla cosiddetta mafia capitale, come, d'altra parte, ha istituito un comitato appositamente dedicato al tema dell'infiltrazione negli enti locali. Tra l'altro, ricordo che pendono sulla materia alcuni disegni di legge, di iniziativa sia del Governo, sia di parlamentari, tra cui anche quello presentato dalla senatrice Lo Moro in materia di contrasto al fenomeno dell'intimidazione ai danni degli amministratori locali, all'esito dei lavori di quella Commissione di inchiesta. Nel ricordare, infine, che oggi al Senato si discutono i disegni di legge Dirindin ed altri, Lumia e Bencini, Mineo ed altri, Moronese ed altri per l'istituzione della «giornata nazionale della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie», voglio ringraziare il Ministro Alfano per la sua presenza di oggi, dopo le sue precedenti audizioni del 16 dicembre 2013 a Milano e del 3 febbraio 2014. Ascolteremo una relazione – credo – molto dettagliata e documentata sul tema. Do la parola al Ministro.

  ANGELINO ALFANO, Ministro dell'interno. Grazie, signora presidente e onorevoli commissari. Desidero innanzitutto esprimere questo mio ringraziamento in forma sincera per l'opportunità che mi viene offerta di fornire a questo autorevole organismo una panoramica, che non sarà breve, sull'utilizzazione dell'istituto dello scioglimento degli enti locali per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso previsto e disciplinato dall'articolo 143 del testo unico n. 267 del 2000. Articolerò il mio intervento in sei paragrafi. Il primo sarà dedicato all'inquadramento Pag. 3generale e al consuntivo delle attività svolte in sede di applicazione della norma di cui ci stiamo occupando. Il secondo proverà a tipizzare le cause per agganciare la fattispecie astratta ai casi concreti di scioglimento. Il terzo paragrafo affronterà la criticità del sistema e anche, a incastro, il caso Roma e dintorni. Il quarto riguarderà i temi che investono la necessità di riforma dell'articolo 143 in via normativa. Il quinto proporrà a questa Commissione l'ipotesi di un indirizzo delle attività di accesso in forma organica attraverso la predisposizione di linee-guida. Il sesto concernerà le ipotesi di riforma cui lei da ultimo faceva riferimento e qualche piccola conclusione.
  Il mio excursus, come dicevo, sarà riferito in primo luogo ai provvedimenti che hanno avuto origine o che si sono comunque conclusi dal momento in cui ho assunto l'incarico di Ministro dell'interno. Perché quest'audizione venga ad avere una maggiore completezza possibile i dati che illustrerò si riferiscono sia agli accessi eseguiti dai prefetti, ancorché non ne sia poi seguita l'adozione del provvedimento di scioglimento, sia ai provvedimenti che hanno determinato lo scioglimento straordinario del consiglio comunale, cioè la misura più rigorosa prevista dalla norma, sia, infine, alle misure diverse dallo scioglimento adottate a carico del personale dirigente che pure trovano il loro fondamento nello stesso articolo 143. Intendo soffermarmi anche su alcuni aspetti che hanno portato a evidenziare profili critici, meritevoli, a mio avviso, di una riflessione ulteriore da parte anche del legislatore. Dico questo perché, se da un lato mi è ben noto – non foss'altro perché ero Ministro della giustizia – come l'istituto abbia già ricevuto una prima importante riforma nel 2009, dall'altro non mi sfugge come ulteriori esigenze di perfezionamento della disciplina, ribadite anche dall'esperienza più recente, siano altrettanto diffusamente avvertite e ritenute ormai ineludibili.
  Lo scioglimento degli enti locali per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento della criminalità organizzata di tipo mafioso consegue normalmente a un accesso ispettivo e al conseguente insediamento di una commissione d'indagine nominata dalla stessa autorità prefettizia. L'ordinamento, tuttavia, conosce anche forme di scioglimento per mafia in cui l'accesso in presenza di provvedimenti giurisdizionali di particolare gravità a carico degli amministratori locali non esige il conferimento di una delega ministeriale. Si tratta di una circostanza che si è verificata anche nel corso del mio mandato, legittimando i prefetti a intervenire direttamente senza che fosse necessario il conferimento di una delega da parte mia. È quello che è accaduto, per l'esattezza, in tre circostanze, che hanno riguardato due enti della Calabria, i comuni di Scalea e di Nardodipace, rispettivamente in provincia di Cosenza e di Vibo Valentia, e uno della Campania, il comune di Trentola-Ducenta, ubicato nel territorio di Caserta. In tutti questi casi i sindaci erano stati destinatari di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere e, per effetto di essa, sospesi obbligatoriamente dalla loro carica, mentre nei due comuni calabresi le misure restrittive avevano interessato anche altri amministratori. Oltre a questi tre casi, dal 28 aprile 2013, data in cui ho assunto l'incarico di Ministro dell'interno, fino ad oggi sono stati attivati su mia delega trentatré accessi presso enti comunali, circa uno al mese. Le attività ispettive hanno riguardato prevalentemente, ma non esclusivamente, le regioni meridionali, afflitte dallo storico insediamento delle mafie. Scendendo nel particolare, risulta che nove accessi hanno riguardato altrettanti comuni della Calabria, sette quelli della Sicilia, cinque quelli della Campania e quattro, infine, quelli della Puglia. Le consegnerò, signor presidente, l'elenco dei comuni ispezionati, che qui ometto di ricordare uno a uno solo per ragioni di brevità. A questi venticinque accessi si aggiungono quelli in cui lo strumento ispettivo è stato utilizzato per accertamenti presso l'azienda speciale silvo-pastorale di Enna e l'azienda ospedaliera Sant'Anna e San Sebastiano di Caserta. Come è noto, infatti, lo scioglimento per infiltrazioni e condizionamenti di tipo mafioso Pag. 4è un istituto che la legge estende opportunamente anche agli enti strumentali e alle aziende sanitarie locali e ospedaliere. Gli altri otto accessi attivati dietro mia delega hanno interessato in cinque casi il Lazio, in due l'Emilia-Romagna e in uno solo la Liguria. I cinque comuni laziali su cui sono state attivate le verifiche sono quelli di Roma Capitale, Sant'Oreste, Sacrofano, Morlupo e Castelnuovo di Porto. Tutte le verifiche hanno trovato il loro innesco nelle risultanze dell'inchiesta su mafia capitale. In Emilia-Romagna gli enti comunali ispezionati ai sensi dell'articolo 143 del testo unico degli enti locali sono stati Brescello e Finale Emilia, rispettivamente in provincia di Reggio Emilia e di Modena. In Liguria l'accesso ha riguardato il solo comune di Diano Marina, ubicato nel territorio di Imperia. Mentre per Finale Emilia e Diano Marina non si sono rinvenuti elementi tali da sorreggere adeguatamente la misura dello scioglimento, per quello di Brescello le risultanze dell'accesso sono tuttora in valutazione. Va anche detto che il comune del reggiano è in questo momento già commissariato ai sensi dell'articolo 141 del Testo unico degli enti locali, in conseguenza del consolidamento delle dimissioni del sindaco, il che comporterebbe comunque il rinnovamento dell'amministrazione elettiva nel prossimo turno elettorale primaverile, ove non venisse azionato lo scioglimento straordinario. Questo dato riguardante le infiltrazioni nel Centro e nel Nord Italia conferma che il fenomeno della progressiva estensione del rischio mafioso in quelle aree è contrastato non solo con l'uso delle interdittive, ma anche attraverso una generale azione di controllo della legalità che guarda all'attività dell'ente locale nel suo complesso e non limita la sua attenzione al settore dei contratti pubblici. Gli accessi ispettivi, sia quelli disposti di iniziativa, sia quelli attivati su mia delega, hanno portato finora all'adozione di quindici provvedimenti di scioglimento, di cui quattordici deliberati nei confronti di altrettanti consigli comunali. Uno ha riguardato, invece, il X municipio del comune di Roma Capitale, nel quale è ricompreso il territorio di Ostia. Occorre, però, precisare che sono in corso di valutazione, e quindi pendenti, gli esiti di tre ispezioni, mentre altri cinque accessi non si sono ancora conclusi, sicché allo stato non ne sono note le risultanze. Allo stesso arco temporale a cui fa riferimento questa mia relazione si iscrivono altri provvedimenti di rigore, la cui adozione, sebbene venuta a concentrarsi quando avevo già assunto le funzioni di Ministro dell'interno, trova le sue origini in un periodo precedente. Sono sette i decreti di scioglimento disposti in esito ad attività ispettive avviate prima del 28 aprile 2013. In questi casi, anche se non ho personalmente delegato l'accesso, ho comunque proposto io al Consiglio dei ministri l'adozione della misura dissolutoria. Anche in queste evenienze il numero maggiore di scioglimenti riguarda il Sud. Risultano peraltro concentrati in una sola regione. Infatti, i sei comuni meridionali colpiti dalla misura sono tutti ubicati in Calabria – anche in questo caso vi fornirò a parte l'indicazione precisa – mentre l'altro comune sciolto è quello lombardo di Sedriano, che ricade nel milanese. Chiudo questo resoconto numerico aggiungendo alla lista altri due comuni, uno sito in Calabria, l'altro in Sicilia. Sono rispettivamente il comune di San Ferdinando in provincia di Reggio Calabria e quello di Altavilla Milicia, che insiste nel territorio di Palermo. Per entrambi non era stato necessario svolgere l'accesso, essendo già emersi, in base alle indagini della magistratura, elementi inequivocabili che ne attestavano la compromissione mafiosa. Infine, anche per l'azienda ospedaliera Sant'Anna e San Sebastiano, in provincia di Caserta, lo scioglimento non è stato preceduto dall'accesso e ciò a seguito di misure giudiziarie che hanno sopperito, per l'evidenza dei fatti accertati, alle verifiche amministrative. In conclusione, dal 28 aprile 2013 ad oggi sono venticinque complessivamente i provvedimenti di scioglimento adottati ai sensi dell'articolo 143 del testo unico degli enti locali. Con riferimento a tali provvedimenti segnalo che i commissariamenti ancora oggi in corso sono diciassette, di cui otto in Calabria, Pag. 5quattro in Sicilia, tre in Campania, uno in Puglia e uno nel Lazio. Le cause principali – passo al tema della tipizzazione – che danno luogo allo scioglimento per mafia sono state oggetto di una sorta di tipizzazione, nel senso che sono stati enucleati, sulla base delle relazioni prefettizie, i motivi ricorrenti da cui scaturisce più frequentemente la misura di rigore. In primis rileva la circostanza che gli amministratori abbiano ricevuto l'appoggio delle consorterie criminali mafiose nell'ascesa agli incarichi di vertice dell'ente locale. È una condizione questa che fa percepire con immediatezza il rapporto di vera e propria sudditanza che talvolta può venire a intercorrere tra gli amministratori e le cosche. Viene, inoltre, in rilievo il coinvolgimento di figure intranee all'ente locale in riferimento a indagini o accertamenti penali che riguardino il delitto di associazione a delinquere di stampo mafioso, il concorso esterno in tale delitto, o ancora reati aggravati dal metodo mafioso. Anche in questo caso la circostanza del condizionamento è avallata dalla partecipazione organica dell'amministrazione all'organizzazione criminale o dal suo fiancheggiamento. Altra causa è quella ravvisabile nell'atteggiamento compiacente che l'amministrazione adotta nei confronti di esponenti mafiosi, favorendo il corso di provvedimenti a cui sono interessati ovvero omettendo di adottare quelli a loro contrari, in dispregio, in entrambi i casi, delle regole di terzietà e trasparenza. In quest'ambito si collocano varie figure sintomatiche, tra cui meritevoli di menzione appaiono le assunzioni o gli affidamenti di incarichi esterni a soggetti in odore di mafia o a persone a loro vicine. La quarta fattispecie che consideriamo di particolare rilievo è poi da ascrivere alle anomalie nel campo dei contratti pubblici o delle concessioni, settori nei quali notoriamente si esercita l'ingerenza mafiosa. Recentemente un fattore che viene all'attenzione è quello che riguarda la passività e l'indifferenza dimostrate da alcune amministrazioni locali nei riguardi dei beni sottratti alle mafie. Vi è a volte un'ostentata inerzia, che sembra ignorare le potenzialità che potrebbero invece derivare dall'assunzione diretta di tali beni o dal loro affidamento ad associazioni del no profit. Non sempre dietro questi atteggiamenti vi è la paura del contrapporsi alle mafie locali venendo allo scoperto. Talora, esattamente al contrario, si cela una calcolata volontà di impedire la destinazione sociale del patrimonio mafioso, assecondando l'egemonia territoriale delle cosche.
  Vorrei svolgere un'ultima riflessione con riguardo agli atti di danneggiamento e di violenza commessi nei confronti degli amministratori locali e del loro patrimonio personale allo scopo di fiaccarne la resistenza e ottenerne l'asservimento. Personalmente sono convinto, e ne ho dato atto anche alla Commissione Lo Moro, che occorra rinforzare questo aspetto della prevenzione. È in questo senso che ho proposto l'estensione della normativa antiracket, con i dovuti adattamenti ovviamente, anche agli amministratori locali esposti alla pressione della criminalità organizzata che intendano rimanere liberi da ogni condizionamento. Passo alle criticità del sistema. Dentro questo ragionamento metto anche Roma. Il quadro che ho fornito circa i provvedimenti di rigore adottati nel periodo preso in esame non sarebbe completo senza un'annotazione che riguarda lo stato del contenzioso. In effetti, in due soli casi la magistratura amministrativa ha deciso l'annullamento del decreto di scioglimento. È accaduto per i comuni calabresi di Cirò e Joppolo, rispettivamente in provincia di Crotone e di Vibo Valentia. In entrambi i casi lo sfavorevole esito del giudizio è definitivo, essendosi pronunziato sul merito anche il Consiglio di Stato. L'esiguità delle circostanze in cui l'amministrazione è rimasta soccombente dimostra la cautela e il rigore con cui è valutato il quadro indiziario. Osservo anche che l'effetto sul piano esterno di una soccombenza frequente di un'amministrazione che abusasse del potere sarebbe terribile. Secondo l'articolo 143 nella novellata versione del comma 1 gli elementi posti a sostegno del giudizio di compromissione mafiosa dell'ente debbono presentare una precisa connotazione Pag. 6in termini di concretezza, univocità e rilevanza. In altre parole, anche secondo l'elaborazione giurisprudenziale lo scioglimento deve trovare ancoraggio in fatti circostanziati che abbiano un indubbio significato circa la permeabilità dell'amministrazione agli interessi della criminalità organizzata e che effettivamente siano stati in grado di incidere, limitandone l'esercizio, sull'autonomia e la libera determinazione dell'ente. Sono queste le condizioni in presenza delle quali il ricorso allo strumento dello scioglimento straordinario per infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso risulta compatibile con i princìpi costituzionali che garantiscono l'espressione della volontà popolare. La necessità di rispettare i valori e gli interessi che vengono in gioco nei vari casi esaminati ha fatto sì che le misure di rigore, lungi da ogni automatismo, abbiano corrisposto a un criterio di ponderazione e di cautela in base al quale gli esiti degli accessi sono stati vagliati sotto il profilo della loro stretta congruenza con i requisiti di legge, non sempre derivandone lo scioglimento. Le esperienze a cui faccio riferimento hanno riguardato diverse situazioni, non soltanto quelle di Roma Capitale e degli altri quattro comuni del Lazio in cui gli accessi sono scaturiti dalla nota inchiesta della direzione distrettuale antimafia di Roma. A questo specifico riguardo vorrei fare una notazione. Come è previsto dalla legge, lo scioglimento per mafia, concretando una forma speciale di intervento connotata dalla straordinarietà dei motivi, non rende sufficiente l'intervento del Ministro dell'interno, ma richiede la piena collegialità dell'atto, ossia che la decisione sia imputabile al Consiglio dei ministri nella sua interezza. Le conclusioni a cui si è giunti per Roma Capitale, anche per il rilievo internazionale della questione e per i suoi riflessi per l'intero Paese, hanno rispettato in pieno questo meccanismo di condivisione, in esito al quale la situazione ritenuta pienamente corrispondente agli stringenti requisiti di legge è risultata essere quella relativa al municipio di Ostia. In effetti, l'accesso ispettivo presso Roma Capitale ha fatto emergere un quadro di particolare gravità relativamente al territorio del X municipio e il principale fattore di deviazione e di condizionamento criminale si è manifestato con riguardo alla gestione del demanio marittimo. Vorrei, però, chiarire che, anche quando lo scioglimento non è intervenuto, sono state comunque apprestate misure di controllo e di monitoraggio calibrate di volta in volta sulle diverse situazioni disvelate dagli accessi ispettivi. Con riferimento al comune di Sacrofano l'articolo 143 del Testo unico degli enti locali ha trovato applicazione, e specificamente nei confronti di due dipendenti nei cui riguardi sono stati riscontrati comportamenti inequivocabili di compiacenza e di cedevolezza rispetto agli interessi del gruppo malavitoso egemone, facente capo al noto Carminati. Sta di fatto che i due sono stati rimossi dagli incarichi ricoperti, con contestuale avvio del procedimento disciplinare. Tali misure sono state confortate anche dalle decisioni della magistratura amministrativa, che ha rigettato le istanze cautelari proposte dagli interessati. Per quanto riguarda, invece, i rapporti tra il sindaco Tuzzi e la persona di Salvatore Buzzi, è stato rilevato come queste frequentazioni fossero temporalmente collocate nel 2013, cioè prima che si palesasse lo spessore criminale del Buzzi. Inoltre, i rapporti di vicinanza tra l'importante esponente dell'amministrazione di Sacrofano e una figura del calibro di Buzzi, per quanto riprovevoli sul piano deontologico, sono apparsi aderenti a forme di clientelismo politico-amministrative piuttosto che integranti quel condizionamento mafioso richiesto dall'articolo 143 del Testo unico degli enti locali. Nelle restanti situazioni che hanno interessato gli altri tre comuni del Lazio le risultanze dell'attività ispettiva non hanno suffragato, come ha evidenziato anche il prefetto di Roma, alcuna ipotesi dissolutoria, né provvedimenti sanzionatori di altra natura. Tuttavia, su mia precisa indicazione, dallo scorso dicembre è stato attivato presso la prefettura di Roma un gruppo di esperti composto da personale del Ministero dell'interno con esperienze di accesso presso Pag. 7enti locali della Campania e della Calabria per un costante monitoraggio dei comuni di Sant'Oreste, Sacrofano e Morlupo. Queste tre amministrazioni verranno controllate nell'attività posta in essere negli ambiti più sensibili fino al prossimo mese di dicembre e anche oltre, se sarà necessaria una proroga della misura. In questo quadro è stata richiesta anche la collaborazione della procura della Repubblica e dell'Autorità nazionale anticorruzione per una valutazione e una lettura più attente di eventuali elementi sintomatici di infiltrazione criminale. Quest'attività di osservazione potrà anche sfociare – questo mi sembra importante sottolinearlo – in una ripetizione dell'accesso, che è espressione di un potere non consumabile ed è, invece, rinnovabile in presenza di nuovi sintomi o di nuovi segnali. Nessuno di questi è un capitolo chiuso. Come si ricorderà – vado al quarto paragrafo, quello che riguarda la possibile riforma dell'articolo 143 – anche per il comune di Roma Capitale, prima che intervenisse lo scioglimento ordinario, erano state definite misure di monitoraggio che avrebbero portato il prefetto di Roma a esercitare forme di verifica dell'attività di risanamento dell'ente. Si era delineato, in altri termini, un processo di ripristino della legalità dell'attività amministrativa all'interno del quale il ruolo del prefetto si atteggiava in termini di sostegno collaborativo. Questo percorso di ristabilimento, che già in passato era stato applicato per le amministrazioni locali, trovava il suo fondamento non certo nell'articolo 143 del testo unico, ma nei princìpi generali che regolano la cooperazione istituzionale. Sopraggiunto lo scioglimento, sovrintende sulla macchina del Campidoglio il commissario straordinario, la cui attività, informata naturalmente anche alle esigenze di ripristino dell'ordinato funzionamento dei vari dipartimenti e uffici, è essa stessa, a nostro avviso, garanzia di vigilanza, di legalità e di trasparenza, sicché potrà proseguire, nei limiti temporali collegati alla residua durata del commissariamento, la puntuale attività di verifica che ha già visto al lavoro il prefetto Tronca e il suo staff. Si tratta di un'attività che si avvarrà anche del recente rapporto del presidente Cantone sulle sistematiche distorsioni che sembrano emergere nelle procedure di carattere contrattuale e che richiedono urgenti misure correttive. Ritornando al discorso sull'applicazione dell'articolo 143 del testo unico e sui limiti che la norma sembra mostrare, evidenzio quella che, a mio parere, resta la principale carenza ordinamentale. La norma non contempla, infatti, misure diverse da quella dissolutoria, anche quando gli elementi, sebbene non sufficienti a giustificare l’extrema ratio dello scioglimento, richiedano tuttavia soluzioni meno traumatiche, ma non meno efficaci a riportare l'amministrazione sui binari di una maggiore correttezza legalitaria. Si tratta di un vuoto legislativo che non può essere colmato efficacemente da interventi di sola supplenza amministrativa.
  Del resto, si fa strada da tempo l'idea che, in sostituzione di sanzioni afflittive, si possano proficuamente applicare misure di carattere «terapeutico» che non comportino l'interruzione delle attività da parte degli organi ordinari, né il loro allontanamento definitivo, ma il loro affiancamento con l'intervento mirato di commissari ad acta e di tutor. È ciò che è accaduto, per esempio, recentemente in tema di reati societari, allorché sono state apprestate misure, che sono state affidate all'ANAC e ai prefetti, che vanno in questa direzione per importanti società del nostro Paese. Non sarebbe illogico trasporre questo concept anche all'area della tutela legalitaria delle amministrazioni locali, arricchendo così lo strumentario di un'ulteriore misura cautelare preventiva, non essendo francamente, a mio avviso, plausibile che tra il provvedimento di scioglimento e la sua mancata adozione non possa trovare spazio intermedio alcuna ipotesi fondata su una più avanzata forma di controllo collaborativo. Passo al tema delle possibili linee-guida. La questione di cui voglio parlare nasce dall'esecuzione delle attività di accesso. È del tutto evidente, infatti, che dalla conduzione delle attività di accesso vengono a dipendere l'esaustività degli accertamenti e la conseguente Pag. 8capacità di far propendere, con quel rigore necessario a cui accennavo, verso l'ipotesi dissolutoria. Si avverte poi l'esigenza, fin da quando questo strumento di verifica legalitaria è stato attivato, che il quadro degli elementi raccolti dalla commissione di accesso abbia in sé la necessaria congruenza circa il grado e l'intensità dell'inquinamento mafioso. In altri termini, è altamente raccomandabile che il giudizio sulla ricorrenza o meno dei presupposti per far luogo allo scioglimento non venga a dipendere esclusivamente dalle rinvenienze giudiziarie, peraltro soggette, per loro natura, alla possibilità di un riesame, con eventuali conseguenze inevitabili sull'impianto accusatorio dell'indagine amministrativa. Per fare questo è necessario che i componenti delle varie commissioni di accesso, ferma restando la loro autonomia operativa, abbiano a disposizione una metodologia di lavoro basata su un modello di indagine da replicare nei vari contesti. Si tratta, in sostanza, di fare sì che un'attività delicatissima venga a seguire un preciso archetipo, anche per massimizzare l'utilità del tempo a disposizione dei commissari, non più determinato ad libitum, bensì normativamente indicato nella sua massima estensione in 180 giorni. Con apposite linee-guida potranno puntualmente essere definiti gli ambiti amministrativi in cui dovranno concentrarsi l'ispezione, le attività indispensabili da svolgersi e le modalità di raccolta, nonché di analisi dei dati. Si tratta di un documento di indirizzo fondato sui risultati di un'autoanalisi che la stessa nostra amministrazione ha, peraltro, già condotto nel corso di svariati master e che sarà oggetto proprio a breve di una mia direttiva rivolta ai prefetti e ai componenti delle commissioni di indagine.
  Arrivo all'altro punto e vado a concludere. Lo scioglimento degli enti locali per condizionamento e inquinamento mafioso si è rivelato, in più di vent'anni di vita e di applicazione, una misura di grande ausilio nella prevenzione e nel contrasto dei fenomeni degenerativi dell'amministrazione locale. La riforma del 2009 ha poi apportato all'originario impianto normativo indubbi miglioramenti che rendono oggi la disciplina di questo istituto più completa ed efficace. Non penso solo alla possibilità di aggredire i casi di inquinamento riferibili al comportamento dei dipendenti infedeli, che pure rappresentava, prima del 2009, un punto debole, ma anche all'istituto dell'incandidabilità, che – badate bene – è del tutto autonomo e indipendente da quello organicamente disciplinato dalla cosiddetta legge Severino. A questo proposito, consentitemi di ricordare come la sentenza dello scorso 15 settembre della prima sezione della Cassazione civile abbia fatto chiarezza sull'applicazione di tale forma di limitazione del diritto di elettorato passivo, eliminando interpretazioni minimaliste che portavano a vanificare l'efficacia sanzionatoria dell'istituto. I giudici di legittimità hanno, infatti, messo in luce quanto ho appena detto, cioè che non ci può essere una portata minimalista dell'interpretazione della norma. Gli stessi giudici, tuttavia, hanno evidenziato l'insufficienza di un dettato normativo su cui, proprio per questo, come riferiva poco fa anche la presidente Bindi nella fase dell'introduzione, il Governo ha già sottoposto alle Camere una proposta di modifica che intende superare in radice ogni incertezza applicativa con l'indicazione di un termine fisso pari a quello stabilito per tutte le altre cause di incandidabilità. Nella stessa proposta sono contenute norme nuove, che contengono misure ulteriori per il rafforzamento della capacità operativa delle commissioni di gestione degli enti locali sciolti. L'azione di queste commissioni, quelle che gestiscono gli enti sciolti per mafia, anche grazie all'apporto dei prefetti potrà, dunque, con questi interventi da noi suggeriti, risultare più incisiva nel recidere le cause dell'infiltrazione del malaffare, che purtroppo, come l'esperienza dimostra, possono continuare a inquinare anche dopo una prima misura di scioglimento.
  Anche qui si intende dare sostegno all'attività dei commissari e indirizzarne il percorso amministrativo, indicando loro gli ambiti tematici prioritari sui quali Pag. 9occorre concentrare l'attività gestoria, ossia l'urbanistica, il commercio, l'edilizia e lo smaltimento dei rifiuti, tutti settori sensibili, nei quali si annida il rischio di contagio mafioso, come evidenziano le stesse motivazioni poste alla base dei provvedimenti di scioglimento. Più in generale, il pacchetto delle disposizioni messe a punto dal Governo mira a rafforzare l'approccio professionale ai complessi problemi di governo delle amministrazioni colpite dallo scioglimento, un approccio che andrebbe diversificato anche in ragione della diversa natura giuridica e della diversa funzionalità dell'ente sottoposto alla misura di rigore, apparendo evidente che il risanamento di un'azienda sanitaria postula formule e forme di intervento spiccatamente manageriali, che non sembrano adattabili ad altri contesti. Non voglio allargare il raggio, ma la stessa cosa l'abbiamo notata con le aziende sottratte alla proprietà mafiosa. L'intento – e concludo – è quello di dare nuovo slancio a un istituto che noi riteniamo essere stato davvero meritorio. Ne abbiamo apprezzato la grande utilità e anche la forza simbolica di strumento di riscatto civile, ma dobbiamo riconoscerne i limiti e, dunque, riconoscere anche l'esistenza di spazi migliorativi che ne potenzino ancora la funzione risanatrice. Vi ringrazio per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie, Ministro. Grazie per la completezza dei dati che ci ha offerto e anche per le proposte innovative che abbiamo riscontrato nella sua relazione. Ci permettiamo di sottolineare in maniera particolare l'importanza di quella misura che potremmo definire una terza via tra lo scioglimento, che si prefigura come una misura dissolutoria, e un'assenza di misura, che potrebbe diventare assolutoria nei confronti di alcune amministrazioni. Mi consenta, come presidente di questa Commissione, per il lavoro che abbiamo svolto soprattutto sulla vicenda che ha riguardato il comune di Roma, di citare proprio i lavori della nostra Commissione e le proposte elaborate nella prima fase di analisi, che completeremo prossimamente. In particolare, nella seduta di mercoledì 22 luglio furono proprio le nostre parole e il lavoro fatto dalla nostra Commissione ad auspicare da parte del Governo – che si trovava in quella circostanza di fronte a una decisione la cui portata e le cui conseguenze non sfuggivano a nessuno essere di particolare gravità, ossia l'eventuale scioglimento per infiltrazione mafiosa della capitale d'Italia, per Roma, ma non solo per Roma – di superare questa rozza alternativa tra lo scioglimento e il non scioglimento. Lo si auspicava prevedendo una cosiddetta terza via, consistente non nello sciogliere il consiglio comunale e nel commissariare la politica, ma nell'affiancarla con organi dello Stato con poteri che l'attuale legislazione non consente, anche se in quella circostanza furono individuati. Riflettemmo de iure condendo, auspicando che da parte del Governo fosse assunta una misura che definimmo terza via. Per noi, dunque, il sentire affermare oggi dal Ministro dell'interno che questo è un programma del Governo è, naturalmente, accolto come una buona notizia. Poiché si sta avviando a conclusione la nostra inchiesta su Roma, credo che anche da questa Commissione verranno delle indicazioni in questo senso. La nostra esperienza ci dice che anche nei piccoli comuni spesso lo scioglimento e il commissariamento non risultano efficaci. Prova ne è che molti comuni continuano a essere sciolti e commissariati. Forse è necessario ricorrere alla cosiddetta terza via, misura che peraltro per le imprese avremmo previsto nel nostro disegno di legge sui beni confiscati, nel cosiddetto controllo giudiziario, prima di arrivare a una vera e propria interdittiva. Un'azienda viene, cioè, sottoposta a un affiancamento, senza sostituire automaticamente la dirigenza o l'amministrazione. Auspichiamo, quindi, questa via, nella quale la politica non viene sollevata dalle sue responsabilità, ma è affiancata da organi dello Stato con poteri precisi, previsti magari in alcuni settori ai quali lei faceva particolare riferimento.Pag. 10
  L'altra carenza che vediamo, che in parte è colmata dal disegno di legge del Governo ma che forse ha essa stessa bisogno di essere rivisitata, se possiamo permetterci, è che, una volta che un comune viene sciolto per mafia, i poteri della commissione devono essere poteri davvero penetranti. I commissari devono essere assolutamente a disposizione solo di quella funzione. Viceprefetti che continuano a viaggiare tra il comune e l'incarico precedente non sono sufficienti e soprattutto occorre la possibilità di intervenire in quei settori che lei indicava in maniera particolare tra quelli di particolare delicatezza. Credo, quindi, che gli intenti del Governo, ma anche le risultanze alle quali per adesso il lavoro della Commissione è arrivato, convergano e che questo ci consenta di lavorare più proficuamente. Prima di dare la parola agli iscritti, mi permetto di affidarle una raccomandazione, se posso. Noi abbiamo ascoltato il commissario Tronca e la commissione di Ostia, peraltro la comunità amministrativa più grande che sia stata sciolta per infiltrazioni mafiose. La stessa Reggio Calabria aveva un numero di abitanti inferiore. Abbiamo appreso la notizia come una buona notizia. Riteniamo che questa occasione non debba essere persa e che i commissari debbano essere dotati di tutti gli strumenti e affiancati da tutte le esperienze, le professionalità e gli aiuti che richiedono e di cui hanno bisogno. So che anche qui ci sono dei limiti nella legge, economici e di altro tipo, ma in questo caso ritengo che le risorse possano essere sollevate dai vincoli di bilancio. L'occasione è eccezionale, ma è anche quella che da tempo quella comunità – da anni, credo – invoca e di cui ha assoluto bisogno. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni. Direi che procediamo come al solito, raccogliendo le domande e poi oggi, o quando sarà possibile, procederemo alle risposte.

  CLAUDIO FAVA. Grazie, presidente. Signor Ministro, la presidente le ha proposto un ragionamento di contesto che vorrei provare a declinare con un caso specifico. Si tratta di quello che le ho prospettato nell'interrogazione di una settimana fa, ossia della vicenda di Catania, che riguarda proprio l'applicazione dell'articolo 143 del Testo unico degli enti locali e il ricorso all'esercizio dei poteri di accertamento che ella può delegare al prefetto. L'interrogazione parte da una preoccupazione: abbiamo ricevuto dalla commissione regionale antimafia una relazione conclusiva su presunti rapporti di parentela tra amministratori del comune di Catania e soggetti condannati per mafia. Tra i fatti che emergono, fatti non contestati da nessuno, ci sono alcuni rapporti di parentela particolarmente inquietanti, di cui uno in particolare: il presidente di una municipalità – qui si evoca la vicenda di Ostia – è parente di un soggetto che non solo è stato condannato per associazione di stampo mafioso con sentenza irrevocabile, ma è considerato anche un punto di riferimento nell'organigramma della famiglia Santapaola, che in quel quartiere ha una delle proprie basi militari, oltre che di consenso reale. Il fratello, sul quale naturalmente non mettiamo alcuna croce, è il presidente, ossia è stato la persona che ha ricevuto più consensi. Abbiamo pensato di chiedere al prefetto, due mesi fa, devo dire senza riceverne una risposta – questa è una circostanza che un po’ ci ha destato preoccupazione, perché anche due righe di risposta per cortesia istituzionale si offrono a un parlamentare che propone questa sollecitazione – di verificare l'opportunità e l'urgenza di una commissione d'accesso. La stessa proposta stiamo facendo a lei, proprio alla luce di quello che ci diceva su commissioni d'accesso che nella metà dei casi non hanno dato luogo a richieste di scioglimento. La commissione d'accesso è un atto di autotutela che serve a capire se ci siano permeabilità e fatti che certifichino e testimonino questa permeabilità. Leggo dalla rassegna stampa che a domande che su questo tema che le hanno fatto i giornalisti lei risponde: «Ci sono state delle riunioni di coordinamento tecnico. Stiamo aspettando le relazioni». Le chiederei di capire di quale coordinamento Pag. 11tecnico parliamo, di quali relazioni parliamo e se non ritiene che la cosa più semplice prevista dalla legge, che è all'interno del ragionamento che ci ha fatto, sia applicare l'articolo 143, ossia chiedere a una commissione d'accesso di verificare se il condizionamento attraverso rapporti diretti o indiretti di parentela esista o meno. Mi sembra la cosa più semplice. Passo all'altra domanda, molto rapida. Da un anno e due mesi continua a trovarsi in condizione di autosospensione all'interno del comitato direttivo dell'Agenzia che gestisce i beni confiscati per mafia il presidente di Confindustria Sicilia Montante, che è stato colpito dal giugno 2014 da un'indagine che lo vede sospettato di concorso in associazione mafiosa. Continua a essere al vertice di Confindustria, continua a essere al vertice della Camera di commercio di Caltanissetta e di Unioncamere nell'isola e continua a essere autosospeso da questo direttivo. Considerando la qualità e la quantità degli addebiti, non pensa che questo rischi di essere un vulnus, soprattutto per il modo in cui l'Agenzia oggi si trova a essere fortemente esposta e che la qualità del lavoro che può esprimere il comitato direttivo diventi forse uno strumento fondamentale perché l'Agenzia ricominci a lavorare come il Paese si aspetta e come ci aspettiamo su queste 1.300 aziende che sono state sequestrate negli ultimi anni ?

  FRANCESCO D'UVA. Signor Ministro, la ringrazio per essere qui. Le volevo chiedere intanto un parere anche come ex Ministro della giustizia, per certi versi. Avrà visto cos’è successo qualche giorno fa al processo agli Spada. C’è stato un problema col traduttore. Non c'era alcun traduttore sinti disponibile al processo agli Spada. Ritiene utile poter segretare la figura del traduttore ? Lo chiedo a lei anche come esperienza che ha avuto nello scorso Governo. Andando invece al ruolo di Ministro dell'interno, che cosa ne pensa di creare una scuola interforze di polizia magari dedicata proprio allo studio e all'apprendimento di queste lingue molto meno note, ma che evidentemente sono importanti ai fini di indagine ? Volevo chiederle riguardo allo scioglimento una piccola riflessione, presidente. Come Movimento 5 Stelle – l'abbiamo detto più volte e lo ripetiamo anche adesso – non siamo d'accordo su questa terza via. Siamo d'accordo sul fatto che debba essere rafforzato il ruolo dei commissari, perché ci sono commissari che oggi sono impossibilitati ad agire rimuovendo quel fenomeno mafioso che c’è anche nei dipendenti. Ci ritroviamo con commissari che possono soltanto ruotare i dirigenti, quando magari ci sono dirigenti che dovrebbero non essere ruotati, ma dovrebbero essere proprio eliminati dal comune e perdere il lavoro, a nostro avviso. Si potrebbe potenziare magari dal punto di vista della durata temporale. Diciotto mesi non sono sufficienti, ovviamente. Da questo punto di vista temiamo che la terza via possa essere quasi un alibi, ossia un modo per non passare allo scioglimento. Non siamo d'accordo su questo. Le vorrei fare una domanda veloce sul CARA di Mineo, o meglio sull'accoglienza. Sempre Roma Capitale insegna che si fanno più soldi sull'accoglienza che sulla droga. Il CARA di Mineo a noi desta molta preoccupazione. Si è parlato di affidamenti illegittimi. Che cosa si può dire al riguardo, signor Ministro ? Una domanda – ne approfitto – riguarda Messina. Si parlava di un hotspot a Messina. Prima avrebbe dovuto essere ad Augusta, ma poi ho sentito alla prefettura che, invece, si parla di allargare quella che oggi è la caserma Bisconte. Vogliamo capire questo: mi devo preoccupare anche per Messina ? Questa è una domanda che le faccio a livello personale. Infine, con riguardo ai beni confiscati, signor Ministro, lei ha giustamente detto che i beni sottratti alle mafie oggi non sono ben utilizzati e che sono sprecati da parte degli enti locali. Mi chiedo questo: il ruolo dell'Agenzia qual è in tutto questo ? A noi risulta che l'Agenzia non pubblichi dati da un bel po’ di tempo. Che cosa fa l'Agenzia da questo punto di vista ? È responsabile anch'essa di questo cattivo utilizzo dei beni confiscati ?

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  SALVATORE TORRISI. Desidero dare atto – non è un'espressione di circostanza – al Ministro della completezza della sua relazione su un tema che considero estremamente importante, forse uno dei temi più importanti che attengono alla lotta alla criminalità organizzata e alle mafie. Sappiamo quanto interesse vi sia da parte delle mafie nell'infiltrarsi negli enti locali e quanto, attraverso questa infiltrazione, esse realizzino un'attività di penetrazione nella società. Mi atterrò un po’ all'ordine dei lavori, perché il tema, secondo me, richiede un approfondimento tecnico molto importante. La relazione del Ministro ha messo in evidenza quanti risultati importanti – condivido – sono stati conseguiti attraverso l'applicazione di questa normativa. Tuttavia, il Ministro sottolineava come probabilmente, de iure condendo, sia necessario intervenire ancora attraverso ulteriori strumenti normativi per migliorare l'efficacia dell'attuale normativa. La stessa Commissione antimafia in più occasioni ha ipotizzato possibili iniziative legislative. Probabilmente il percorso più veloce è un'iniziativa del Governo che vada in questa direzione. Tutti condividiamo il fatto che si debba ulteriormente ottimizzare e modernizzare questa normativa in relazione alla casistica che è emersa. Probabilmente è auspicabile che ci lavori non solo il Parlamento. Se vogliamo rendere quanto prima attuabile una nuova normativa per venire incontro ai problemi emersi, un'iniziativa del Governo sarebbe auspicabile. Sollevo poi un caso – anche il vicepresidente Fava lo sollevava – relativo al tema della selezione della classe dirigente e di come vengono compilate le liste. Probabilmente è necessario che le forze politiche si facciano carico maggiormente di questa responsabilità. Le normative che abbiamo messo in campo sono sicuramente incisive quando l'aspetto patologico è già emerso, ma sul piano della prevenzione – lo dico affidandomi al Ministro, ma anche agli esperti del Ministero – spesso quello che registriamo quando scoppiano dei casi è che non vi è un'adeguata comunicazione tra magistratura e prefettura. Soltanto a posteriori emerge che il candidato eletto probabilmente era già oggetto di indagine da molti anni prima che venisse collocato nelle liste. È chiaro che la politica ha il dovere di guardarsi attorno e di fare un'analisi, quando formula le liste. Tuttavia, non so se sia possibile sul piano legislativo, senza intaccare il diritto di elettorato passivo, trovare delle soluzioni. Quando un soggetto politico si rivolge nella formazione delle liste al prefetto o al procuratore della Repubblica, la risposta è che nessuna valutazione preventiva può essere fatta. Non so sia possibile immaginare uno strumento normativo che possa affrontare anche questo elemento preventivo piuttosto che intervenire nella fase patologica, con tutti i danni che già si sono realizzati. Passo a un'ultima domanda. So che il Ministro ha sempre mostrato un grandissimo interesse al buon funzionamento dell'Agenzia sui beni confiscati, un altro elemento importante per dimostrare che lo Stato compie una lotta efficace alla mafia. Nelle audizioni che abbiamo avuto col direttore dell'Agenzia e in altre occasioni è emersa, però, ancora oggi, malgrado gli sforzi e malgrado il rafforzamento della dotazione, l'insufficienza, sul piano proprio strutturale, dell'Agenzia. Credo che il Governo debba ulteriormente attivarsi per potenziarla. Con l'attuale dotazione e con le attuali forze probabilmente non si può ottenere dall'Agenzia un lavoro che tutti auspichiamo, ma che è impossibile sul piano oggettivo.

  GIUSEPPE LUMIA. Mi sembra che ci sia un punto di convergenza sulla riforma già introdotta dal Ministro e ripresa dalla presidente, che potrei riassumere così: più potere ai commissari – d'accordo – e più strumenti per rimuovere realmente le cause, a partire dalla possibilità di colpire, spostare e rimuovere la burocrazia e i dirigenti. Ci siamo, ma anche su questo ci vuole un lavoro più raffinato e più in grado di tradurre in norma questo aspetto importantissimo. C’è, però un terzo punto che non è stato sottolineato, ma che, a mio avviso, va sottolineato: occorrono più risorse per rimuovere anche socialmente le Pag. 13cause delle infiltrazioni. Inizialmente c'era un vecchio fondo che utilizzavano i comuni sciolti per mafia, quando, agli albori della legge, si costituì. Poi questo fondo non venne più rifinanziato e ora siamo privi di uno strumento importante: arriva lo Stato, migliorerà la vita dei cittadini. Questo mi pare un punto qualificante su cui dovremmo intervenire. Ce n’è un altro che veniva prima richiamato, anche dal senatore Torrisi, che rimetterei in questo modo: dobbiamo alzare l'asticella dell'incandidabilità. Penso che questo possa essere fatto senza svilire o rendere incompatibile col dettato costituzionale l'esercizio del diritto passivo. Occorre fare in modo che ci siano più strumenti, in maniera tale che si possano realmente prevenire quelle candidature che risultano poi motivo di scioglimento, con una variegata definizione e tipicizzazione dei motivi di incandidabilità. Ritengo che possa essere anche questo uno strumento molto importante. C’è, invece, un punto controverso che è la cosiddetta terza via. Mi par di capire che il presidente l'abbia presentata non come un motivo per svilire la via dell'accesso e dello scioglimento, ma per coprire l'altro versante, che è quello della scelta del non scioglimento. Se la terza via serve a evitare che ci sia una sorta di «mettiamoci una pietra sopra», allora penso che questa terza via possa essere una via utile. Per questo motivo, se poi passiamo al merito, potremmo anche su questo ritrovare un'unità, in modo tale che questa non diventi una scorciatoia per non sciogliere, ma una soluzione per impedire che non ci sia una soluzione e che non si modifichi quel tessuto istituzionale in cui si sono trovati motivi di collusione e di infiltrazione, non tali però, come prevede la legge, da portare allo scioglimento. Entrando nel merito, alla fine penso che potremmo trovare anche su questo una forte condivisione. Passo all'ultima cosa che mi preme dire. Il Ministro sa che una frontiera importante, per quanto riguarda la Sicilia, in cui passa la lotta alla mafia è Castelvetrano e sa che ultimamente ci sono state anche delle vicende importanti, a partire dal famoso consigliere Giambalvo. Volevo sapere se questo comune è sotto osservazione da parte del Ministero. Bisogna fare in modo che la capacità di controllo del territorio del latitante Matteo Messina Denaro sia sottoposta a una verifica rigorosissima e che si impedisca quello che è avvenuto: un consiglio comunale è stato costretto ad autodimettersi per impedire che un consigliere potesse ancora stare lì dopo quello che era emerso dalle intercettazioni e dalle sue espressioni amorose nei confronti del più grosso latitante che abbiamo in questo momento nel Paese.

  CIRO FALANGA. Signor Ministro, analizzando l'articolo 143 dopo la riforma del Testo unico degli enti locali, lei ha evidenziato i tre caratteri che oggi la norma esige per giungere al provvedimento di scioglimento, ossia la concretezza, l'univocità e la rilevanza. Considerato che la misura dello scioglimento ha una natura, in ogni caso, punitiva nei confronti dei soggetti di quell'amministrazione, a mio avviso è evidente che qualsiasi provvedimento che abbia un carattere punitivo debba essere accompagnato da una norma che abbia maggiore tipizzazione. Converrà – credo – Ministro, che i tre caratteri che oggi sono previsti dalla norma hanno comunque in sé una genericità che consente poi all'organo che provvede con la misura sanzionatoria, ossia con la misura dello scioglimento, una discrezionalità direi piuttosto ampia. Tale discrezionalità ha determinato, negli ultimi tempi, dei casi specifici in cui abbiamo potuto verificare che talvolta provvedimenti nell'uno o nell'altro senso sono stati più oggetto di uno spazio discrezionale dell'autorità preposta alla misura stessa che non da essa vincolati. Credo che si possa affermare tranquillamente un principio: a una misura che ha un carattere punitivo deve accompagnarsi una norma più tipicizzata. I casi dello scioglimento devono essere ben tipicizzati, in maniera che anche il tribunale amministrativo, l'autorità giudiziaria amministrativa, si trovi di fronte a una violazione di norma chiara, precisa e puntuale, che non consente spazi. Quanto alla Pag. 14terza o alla seconda via, lei non ha fatto cenno alle cosiddette prescrizioni. Io ho avuto modo di leggere delle prescrizioni a seguito di un accesso dell'autorità prefettizia di un comune, forse otto, dieci, dodici o quindici prescrizioni fatte all'amministrazione del tipo: «Devi eliminare questo, devi eliminare quello, devi eliminare l'altro». Rilevo la singolarità di un numero così eccessivo di prescrizioni del tipo: «Non hai provveduto ad abbattere delle opere eseguite da un soggetto della criminalità organizzata in una piazza pubblica. Devi farlo». Qui abbiamo un classico caso di compiacimento o di omissione nell'adottare dei provvedimenti, come nei casi cui lei stesso ha fatto cenno poco fa. Ha detto che uno degli elementi che fanno configurare l'ipotesi del condizionamento è il sostegno in campagna elettorale a un candidato. Abbiamo candidati parenti di grado stretto di esponenti della criminalità organizzata. Abbiamo piazze occupate da opere abusive con l'omissione di ogni provvedimento da parte dell'autorità amministrativa, dell'autorità dei vigili urbani e via elencando. Ella ha parlato anche di concessioni e di passività e di comportamenti omissivi della pubblica amministrazione. Ha parlato di concessioni demaniali la cui autorizzazione è stata data a un soggetto legato alla criminalità organizzata. Si fa la prescrizione e si dice: «Devi revocare quella concessione». Queste prescrizioni che senso hanno, Ministro ? Sono terza via pure esse ? È una fase intermedia ? La singolarità del caso specifico mi induce a interessarmi di questa vicenda. La presidente Bindi, proprio per un comportamento mio, non visto nell'ambito della politica – la politica non c'entra nulla – viene indotta a dirmi: «Lei insiste sempre». La fattispecie era talmente singolare che, essendo giunto ai mass media, alla stampa locale, il mio interesse per queste vicende, sono stato destinatario di avvisaglie, che lei credo sappia, da ultimo l'incendio della mia macchina. Non mi ha preoccupato più di tanto l'incendio, quanto piuttosto – episodi che ho riferito al generale dei carabinieri insieme alla presidente Bindi – mi hanno preoccupato le foto di una mia casa salernitana che mi giungono nella cassetta della posta, neanche per via postale, messe lì nella cassetta. Ancorché il fabbricato fosse munito di sistema di videosorveglianza e ancorché ci siano indagini ancora in corso da parte della procura di Torre Annunziata, non mi risulta che queste videocamere siano mai state visionate per vedere chi in quei giorni fosse entrato nel fabbricato e avesse messo questa busta nella cassetta della posta. Ministro, mi ero fermato, perché non mi sono sentito le istituzioni sufficientemente vicine. In un'interrogazione parlamentare il senatore Barani, sottosegretario del suo Ministero, ha detto che c'era stata un'attenzione dell'autorità. Non lo metto in dubbio, ma non intendevo una vicinanza di scorta o di attenzione. Quella non mi interessava più di tanto. Mi interessava piuttosto un esame attento di una relazione che indicava una serie di fatti che ella stessa ha definito adeguati e idonei per procedere allo scioglimento e che, invece, singolarmente hanno comportato una serie di prescrizioni. Si prescrive di abbattere un fabbricato che da trent'anni aveva una sua collocazione come centro della criminalità organizzata della camorra di quella città, cosa che per trent'anni non si era fatta, e si fa la prescrizione: «Devi sgombrarlo dopo trent'anni». Si dice: «Devi liberare la piazza che è stata occupata da un esponente della criminalità organizzata» o «Devi revocare quella concessione per uno stabilimento balneare», perché il proprietario era stato ucciso a colpi d'arma da fuoco dalla criminalità organizzata. Si fa tutto questo. Vorrei chiedere a lei, Ministro, se queste prescrizioni sono la terza via, oppure che cosa sono. Quando leggo altre relazioni di altri comuni e vedo che per fatti molto meno significativi di condizionamento mafioso sono seguiti provvedimenti di scioglimento, me lo domando. La singolarità mia era questa. Il mio interesse era questo. Se devo continuare nel mio percorso, sono felice di farlo, perché non ho paura oggi. Nei primi giorni ho avuto paura, e la presidente Bindi lo sa. Ho anche pianto. Non ho vergogna di Pag. 15dirlo, perché un uomo piange quando ha dei figli e una moglie che hanno paura a casa. Oggi però questa paura mi è passata. Voglio, quindi, chiedere a lei se ritiene che questo caso specifico, in cui vi è una singolarità anomala, che mette veramente in discussione le istituzioni, possa essere approfondito, oppure se dobbiamo rimanere in quest'ambito così generico. Per quanto riguarda la tipizzazione, sto predisponendo un disegno di legge che vada a vincolare chi ha il potere di sciogliere e di sanzionare le amministrazioni in una maniera più decisa e più determinata, senza che vi sia quello spazio di discrezionalità. Ministro, quando si manda una commissione d'accesso, lei sa come la politica si muove e quali sono le pressioni che vengono da tutte le parti perché non si sciolga il consiglio comunale. Lei è immune, ovviamente, da questo tipo di condizionamento. La conosco da troppi anni per pensare che si lasci condizionare da pressioni che possono venire dalla politica. Finché c’è lei, mi sta bene, ma avere una norma che offra garanzie che chiunque ci sia possa agire nel rispetto delle leggi mi darebbe maggiore tranquillità.

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola all'onorevole Nuti, volevo ricordare che la prossima settimana avremo in audizione il prefetto di Napoli proprio per prendere in esame alcune situazioni della provincia di Napoli che hanno presentato particolari criticità. Mi sembra di capire che le linee-guida vadano esattamente nel senso che auspicava adesso il senatore Falanga.

  RICCARDO NUTI. La prima domanda che le faccio, Ministro, è se ci può indicare una data o un periodo abbastanza preciso di quando l'Agenzia dei beni confiscati riuscirà finalmente a pubblicare i dati degli immobili sequestrati e confiscati alla mafia che ha in gestione. È da anni che la pagina dell'Agenzia dice che i dati sono in aggiornamento in base all'allineamento con il Ministero della giustizia, ma ancora, dopo anni, non si ha minimamente trasparenza in tal senso. Se ci indica almeno un mese di riferimento, gliene saremo grati, perché non se ne può effettivamente più. Non è accettabile una situazione del genere. Come seconda domanda, ricorderà sicuramente la polemica che c’è stata su Montante, presidente della Confindustria Sicilia. Le volevo chiedere se le risulta che Montante – che, ricordiamo, è indagato per vicende di mafia e che lei aveva nominato nel consiglio di amministrazione dell'Agenzia – sia ancora autosospeso o che sia stato buttato fuori o si sia dimesso. Essendo Montante socio fondatore dell'associazione «tavolo per lo sviluppo» del Centro Sicilia, che aveva la finalità di gestione dei beni confiscati alla mafia, comprende bene che quello era un ruolo di palese conflitto di interessi. Da un lato, era all'interno dell'Agenzia, dall'altro era socio fondatore di un'associazione che doveva gestire i beni. Diciamo che è stata una nomina quantomeno assurda. L'altra domanda è se ha letto l'ultima intervista di qualche giorno fa del magistrato Nicolò Marino. L'articolo si intitola «Le istituzioni che hanno coperto il sistema Montante». In realtà, è un virgolettato proprio del magistrato Nicolò Marino. Fra i nomi fa anche il suo. Vorrei sapere se l'ha letto e se ci vuole offrire un'opinione in merito. Per quanto riguarda, invece, la legge sui comuni sciolti per mafia, ci sono tanti casi veramente assurdi. A titolo di esempio possiamo citare quello che è accaduto a Nardodipace, in Calabria. A me sembra che il problema sia a voi e a lei noto, ma che non ci sia un'intenzione di risolverlo in tempi rapidi. Perché ? Perché lei dice che il Governo ha fatto un disegno di legge che è in Parlamento. In particolare, è al Senato, se non erro. Tuttavia, comprende che, nel momento in cui c’è un comune sciolto per mafia, il sindaco viene dichiarato incandidabile, ma la normativa non è chiarissima, ragion per cui il turno che salta il sindaco non è quello alla prossima elezione in quel comune, ma addirittura possono essere le regionali. Per esempio, questo è accaduto nel caso di Nardodipace, in Calabria. Pertanto, il sindaco si può ricandidare nello stesso comune. Oppure ci sono casi – in particolare questo di Nardodipace è perfetto – in cui il Pag. 16sindaco viene dichiarato incandidabile, Ministro, ma, facendo ricorso, viene rieletto. Nel 2013 lo stesso sindaco del comune sciolto per mafia è ridiventato sindaco di Nardodipace. Al di là del metodo – secondo me, la cosa migliore sarebbe rendere valida l'incandidabilità già dalla sentenza di primo grado – poiché non mi sembra che questo disegno di legge venga sollecitato dal Governo e mi pare che sia fermo al Senato più o meno da un anno e mezzo, mi posso sbagliare di qualche mese, ma più o meno è fermo da un anno e mezzo, secondo me le possibilità sono due. Per risolvere quest'assurdità – mi permetta, ma è un'assurdità che un sindaco che viene dichiarato incandidabile possa essere rieletto nello stesso comune sciolto per mafia – o fate un decreto d'urgenza solo per questa parte, o altrimenti sollecitate, come avete fatto con tanti altri provvedimenti, questo disegno di legge che è ancora al Senato e che deve ancora passare alla Camera. Penso che questo sia un argomento piuttosto importante e urgente da risolvere, proprio perché crea delle assurdità. In ultimo, volevo chiederle se le sono note delle chiamate da parte sua o di qualcuno del Ministero dell'interno a qualcuno dei commissari di Ostia per essere al corrente e controllare l'eventuale azione da parte della polizia municipale sui lidi di Ostia. Lo scopo sarebbe stato essere avvisati preventivamente quando si facevano questo tipo di azioni nei lidi di Ostia. Vorrei sapere se è a conoscenza di eventuali chiamate che sono arrivate a queste persone da parte sua o del Ministero.

  PRESIDENTE. Do la parola agli ultimi due iscritti, il senatore Giarrusso e il senatore Esposito. Dopodiché, poiché alla Camera si sta già votando, chiederemo al Ministro di tornare a breve per fornire le risposte. Ce n’è una, però, che credo possiamo fornire: Montante si è dimesso dal consiglio di amministrazione dell'Agenzia dei beni confiscati il 22 luglio 2015.

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. Al Ministro dell'interno vorrei dire, visto che stanno esaminando la questione del comune di Catania, di attenzionare anche una questione molto seria. Ho provato a esaminarla personalmente, ma mi è stato impedito dall'amministrazione comunale. Mi riferisco alla questione di una lista che sosteneva il sindaco eletto, le cui firme di sottoscrizione sono tutte autenticate dalla stessa persona, il consigliere Porto Alessandro, che, proprio nel momento in cui le autenticava, era indagato per mafia. Ho chiesto copia di queste firme e di questa lista, ma mi è stata rifiutata dal comune di Catania. Presidente, le anticipo che chiederò che l'acquisisca questa Commissione, perché mi hanno riferito informalmente l'esistenza di altre anomalie in quella presentazione di liste. Signor Ministro, per quanto riguarda, invece, la questione Agrigento, che è molto seria, le chiederei in questa sede una spiegazione di come la Girgenti Acque abbia potuto operare per tre anni senza la prescritta certificazione antimafia, che non poteva essere rilasciata perché sarebbe stata interdittiva, per come emerge dalle istruttorie. È stata rilasciata dopo tre anni dalla richiesta, solo quando vi è stata un'archiviazione dell'indagine che pendeva su uno degli amministratori per mafia, ugualmente col parere negativo degli organi investigativi della Polizia di Stato preposti, i quali evidentemente avevano conoscenza delle altre indagini che avrebbero portato di lì a pochi giorni addirittura agli arresti di quegli amministratori. Le chiederei, sempre per la provincia di Agrigento, com’è possibile che il CIE di Lampedusa...

  ANGELINO ALFANO, Ministro dell'interno (fuori microfono). Non è un CIE.

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. ... un centro di Lampedusa di prima accoglienza dei migranti abbia potuto operare con un affidamento per – credo – 10 milioni di euro per quasi un anno senza gara, approfittando della revoca del precedente aggiudicatario, come se fosse necessario oltre un anno per predisporre la gara. Le chiederei anche a che punto è e che esiti ha dato la gara successiva, di cui anche Pag. 17l'ANAC attendeva notizie e di cui non abbiamo avuto neanche noi notizie, e perché nell'affidamento senza gara alla misericordia di Firenze per oltre 10 milioni di euro fu subito coinvolta – pare che poi abbia fatto un passo indietro – una persona a lei vicina, credo un parente acquisito della sua famiglia, che veniva indicato come direttore di questa struttura. Le chiedo ancora, come ha fatto il collega che mi ha preceduto, premesso che ovviamente noi supportiamo nelle battaglie che fa per Torre Annunziata e a cui diamo la nostra completa solidarietà, com’è possibile che non venga sciolto il comune di Torre Annunziata. Li abbiamo sentiti in audizione con la presidente Bindi. Nessuno di quelli che sono venuti qui è riuscito a fornire una spiegazione esaustiva del fatto che con sedici elementi indicativi di presenze di inquinamenti e di condizionamenti dell'azione amministrativa elencati nella relazione, non si sia andati allo scioglimento. Ci sono noti pregiudicati di camorra inseriti direttamente nei seggi come scrutatori, rappresentanti di lista arrestati col libro nero dei voti comprati a destra e sinistra e la sede di un comitato elettorale inserita nella sede del clan Gionta. Per la prima volta in vita mia ho scoperto che un clan di camorra aveva da trent'anni una sede ufficiale in un immobile del comune, il famoso immobile che da trent'anni non era stato sgomberato. Vorremmo conoscere anche, signor Ministro, la sua concezione di mafia quando vediamo vicende sconcertanti come quelle del prefetto di Agrigento, che ha svolto tutta la sua carriera, da prima di essere prefetto in Agrigento, diventando prefetto là, contrariamente alle prassi del Ministero dell'interno, che prevedono promozione e assegnazione a nuova provincia, mentre il prefetto di Enna, solo per essersi scontrato con Mirello Crisafulli, non ha nemmeno completato il primo anno di servizio a Enna. Signor Ministro, le chiediamo se sa fornirci una spiegazione sul corso di formazione che avrebbe dovuto partire per il CIE di Mineo e che è stato bloccato dalle inchieste.

  ANGELINO ALFANO, Ministro dell'interno (fuori microfono). Neanche quello è un CIE.

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. Intendevo il CARA – mi scusi – per essere preciso. Ha ragione. Purtroppo, ho una memoria piuttosto scarsa per le sigle.

  ANGELINO ALFANO, Ministro dell'interno (fuori microfono). Io studio prima di venire qui, pretendo reciprocità.

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. Ministro, non si preoccupi. Lei, che ha studiato ed è così preciso, ci saprà dire come sia possibile che fosse previsto un corso di formazione per il CARA di Mineo in una legge finanziaria del 2013 che prevedeva questi corsi di formazione nei centri CARA con una capienza pari o superiore a 3 mila unità, se ve ne fossero in Italia altri, oltre a quelli di Mineo. Inoltre, vorremmo sapere se il Ministro è a conoscenza che questo emendamento, uno di quelli che chiamiamo «emendamenti fotografia», perché evidentemente fotografano una precisa situazione, fosse stato presentato da un esponente del suo partito, in particolare l'onorevole Misuraca. La ringrazio in anticipo per le risposte, signor Ministro.

  STEFANO ESPOSITO. Presidente, cercherò di essere molto rapido. Signor Ministro, il tema di Ostia ci è stato molto ben rappresentato in questa Commissione in ultimo dal prefetto Vulpiani, il quale ha descritto un quadro che, almeno per quanto ci riguarda, era piuttosto conosciuto. Mi preme però chiederle se nella sua azione di Ministro dell'interno, anche se non con diretta responsabilità, stia dedicando attenzione alla questione della decadenza delle concessioni balneari, che il prefetto Vulpiani ci ha segnalato come una delle azioni in corso per provare a bonificare quel territorio. Le chiedo questo sia in qualità di Ministro dell'interno, sia in qualità di componente autorevole del Consiglio dei ministri perché qualche giorno fa è uscita una dichiarazione, non Pag. 18smentita, da parte del sottosegretario Gozi che annunciava la possibilità della valutazione da parte del Governo di un'ulteriore proroga – questo a livello nazionale, naturalmente – sulle concessioni balneari. Questo mi ha molto stupito, visto che siamo in attesa della procedura del pronunciamento della Corte di giustizia sulla precedente proroga da parte del Governo. Poiché adesso ci occupiamo di Ostia, ma quello è un settore che, secondo me, richiede un'iniezione significativa di liberalizzazioni per rompere un meccanismo che, in molti casi, è un meccanismo cinquantennale, le chiederei, a partire naturalmente dalla vicenda Ostia, che ha una sua peculiarità, ma più in generale, di osservare il fenomeno delle concessioni balneari. Su Ostia, naturalmente, questo comporta una messa a disposizione del prefetto Vulpiani sia di risorse, sia di strumenti affinché le decadenze che sono state già accertate nei termini di elementi per poter fare questo tipo di lavoro vengano accelerate al massimo. Tra qualche settimana inizia la stagione balneare. Come tutti gli anni, come è giusto che sia, dobbiamo evitare di impedire ai romani, che hanno già una serie di problemi su quel litorale, anche l'utilizzabilità delle spiagge a causa di interventi di natura amministrativa. Conviene utilizzare questo tempo. Le faccio un'altra domanda, tanto ci risponderà in una prossima seduta. Oggi leggevo che uno degli stabilimenti su cui sarebbe già stata effettuata decadenza sarebbe stato affidato all'Unione industriale. Non ho chiaro attraverso quale procedura e attraverso quale scelta. Le chiederei di fare una verifica, signor Ministro, anche perché – lo ribadisco – ci saranno sicuramente delle valutazioni corrette. Credo che varrebbe la pena di utilizzare Ostia, laddove le decadenze hanno caratteristiche legate all'opacità, per non usare altri aggettivi, per provare a capire se si riesca a fare qualche percorso di pubblica evidenza, favorendo soggetti che decidano di fare un investimento. Come ultima questione, noi abbiamo ascoltato sul comune di Sacrofano la commissione d'accesso. A nostro avviso, le condizioni per uno scioglimento sembrano esserci. Le chiederei di capire quali sono l'orientamento, l'intendimento e lo stato dell'arte rispetto al Ministero che autorevolmente dirige.

  FRANCESCO D'UVA. Presidente, scusi, vorrei solo dire che sul sito dell'Agenzia per i beni confiscati a oggi Montante risulta autosospeso e non che si sia dimesso. Sappiamo che si è dimesso magari, ma voglio far notare questa cosa.

  PRESIDENTE. Tengo a precisare che il Ministro era pronto a fornire le risposte a tutte le domande che gli abbiamo formulato oggi, tuttavia, non possiamo continuare perché in Aula alla Camera siamo già al voto finale del primo provvedimento all'ordine del giorno. Siamo fuori di ogni regola del Regolamento parlamentare, ragion per cui dobbiamo interrompere. Ringraziamo molto il Ministro. Se fossimo disposti a fare salti mortali nei nostri orari, sarebbe disponibile a ritornare prima di Pasqua, per esempio martedì 22 all'ora di pranzo, alla stessa ora di oggi, per le risposte ?

  ANGELINO ALFANO, Ministro dell'interno. Ho un impegno contemporaneo con il Ministro Orlando. Gli chiederò di spostarlo. Solo per ragioni di cortesia, fatemelo prima modificare.

  PRESIDENTE. Va bene. Faremo pressioni sul Ministro Orlando... Ministro, grazie. Grazie a tutti. Dichiaro conclusa l'audizione.

Comunicazioni della presidente.

  PRESIDENTE. In merito al calendario dei lavori, comunico che, oltre al seguito del Ministro Alfano, possibilmente alle ore 14, martedì 22 marzo alle 20 si svolgerà l'audizione del presidente della regione Lazio, Nicola Zingaretti, già prevista per lo scorso 9 marzo e poi rinviata. Mercoledì 23 marzo, si svolgerà l'audizione del prefetto di Napoli, Gerarda Pantalone, per un approfondimento sulla situazione dell'ordine Pag. 19pubblico in alcuni comuni della provincia di Napoli. Svolgeremo anche un ufficio di presidenza in uno di questi due giorni. Giovedì 31 marzo e venerdì 1o aprile, inoltre, la Commissione si recherà in missione a Reggio Calabria e a Locri. I capigruppo sono invitati a designare i partecipanti entro il prossimo martedì 22 marzo. Ricordo infine le attività di questa settimana: domani mercoledì 16 marzo si svolgerà la prevista missione a Bruxelles presso il Parlamento Europeo; giovedì 17 marzo è convocato il X comitato infiltrazioni mafiose nel gioco lecito e illecito, coordinato dal sen. Vaccari; venerdì 18 marzo una delegazione del medesimo comitato svolgerà un sopralluogo presso l'Agenzia delle dogane e dei monopoli; invito al proposito gli interessati a far pervenire la propria adesione entro domani; sabato 19 marzo mi recherò in missione a Casal di Principe (CE), per partecipare, in rappresentanza della Commissione, alle cerimonie di commemorazione di don Giuseppe Diana, in occasione dell'anniversario dell'assassinio. A Messina saremo il 21 marzo per le vittime di mafia.

  La seduta termina alle 14.50.

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