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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

Commissioni Riunite (VIII Camera e 8a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Mercoledì 30 marzo 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Realacci Ermete , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Graziano Delrio, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni per l'attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (atto n. 283) (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 144-quater, comma 2, del Regolamento del Senato della Repubblica):
Realacci Ermete , Presidente ... 3 ,
Mannino Claudia (M5S)  ... 3 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 4 ,
Mannino Claudia (M5S)  ... 4 ,
Matarrese Salvatore (SCpI)  ... 5 ,
De Menech Roger (PD)  ... 7 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 7 ,
Filippi Marco  ... 7 ,
Cioffi Andrea  ... 9 ,
Margiotta Salvatore  ... 10 ,
Manfredi Massimiliano (PD)  ... 11 ,
Rossi Maurizio  ... 11 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 11 ,
Rossi Maurizio  ... 12 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 12 ,
Pellegrino Serena (SI-SEL)  ... 12 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 13 ,
Delrio Graziano , Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ... 13 ,
Matteoli Altero , Presidente della 8a Commissione del Senato della Repubblica ... 14 ,
Delrio Graziano , Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ... 14 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 17

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA VIII COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
ERMETE REALACCI

  La seduta comincia alle 14.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera, nonché la trasmissione diretta sulla web-TV.

Audizione del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Graziano Delrio, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni per l'attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (atto n. 283).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni per l'attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, C. 283, l'audizione del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Graziano Delrio.
  Data la ristrettezza dei tempi a disposizione, non potrò dare la parola a tutti i colleghi sull'impostazione generale del provvedimento: darò la parola ai relatori e a chi intenda porre particolari questioni e poi al ministro. Do quindi la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  CLAUDIA MANNINO. Nonostante la volontà delle Commissioni di introdurre il doppio passaggio parlamentare, devo dire che, anche alla luce della mole di documenti e di contributi che sono arrivati da diversi portatori di interesse, è stato veramente difficile coordinarli tutti. Probabilmente questo è dovuto anche alle modalità con cui tutti abbiamo portato avanti questo progetto. Il Governo ha impiegato tantissimo tempo per predisporre il disegno di legge delega e poi poche settimane per formulare il testo del decreto legislativo.
  Noi riteniamo che occorra svolgere una valutazione: capisco che si tratta di una posizione politica, ma un ripensamento sulla questione potrebbe essere positivo per l'intero ministero, oltre che per il ministro, ovviamente. Visti i contributi che sono arrivati, ritengo che ripensare all'idea di predisporre un unico decreto legislativo e, quindi, elaborarne due, così come indicato nella legge delega, dovrebbe essere auspicabile, proprio perché, ripeto, non tanto per una posizione politica, quanto alla luce dei contributi che sono arrivati e dell'audizione del presidente dell'ANAC Cantone tenutasi la scorsa settimana, sono veramente tante le questioni che, ai vari livelli, devono essere riviste. Pag. 4
  Innanzitutto, si era parlato della riscrittura di un nuovo testo per gli appalti, mentre invece la ristrettezza dei tempi ha portato a un adeguamento della normativa esistente e alla cancellazione di alcune parti. La prima proposta che avanziamo al Governo è quella di ripensare all'idea di predisporre un unico decreto legislativo e formulare, con la collaborazione di tutti, un primo decreto legislativo di adozione delle direttive. Anche se dovessimo sforare un po’ con i tempi – si tratterebbe dell'ennesima procedura di infrazione – abbiamo il tempo per recuperare, secondo me, se stabiliamo il mese di luglio come termine di scadenza.
  La prima considerazione che abbiamo sottoposto anche al presidente Cantone, e che teniamo a riproporre qui al ministro, riguarda la sburocratizzazione, la maggiore semplificazione e la maggiore trasparenza. Nel corso della discussione sulla legge delega avevamo detto, credo abbastanza chiaramente, che si auspicava la realizzazione di un sito unico in cui tutti i soggetti interessati potessero pubblicare la documentazione e le varie certificazioni, oltre a tutti i documenti di gara, ossia il bando e i requisiti. Ovviamente, tale previsione andrebbe coordinata all'interno di questo testo, perché ci sono diverse strutture che invece, di fatto, non permettono l'istituzione di un sito unico, tra alcune liste che sono in mano al ministero e altre di competenza dell'ANAC, oltre ai problemi sollevati dal Garante per la protezione dei dati personali. Se veramente vogliamo parlare di sburocratizzazione, si potrebbe istituire un sito unico in cui stazioni appaltanti e imprese interessate, in particolare le stazioni appaltanti, pubblichino una volta l'anno tutte le loro caratteristiche e i loro crediti.

  PRESIDENTE. Onorevole Mannino, la prego di concludere, per consentire a tutti i colleghi di intervenire.

  CLAUDIA MANNINO. Presidente, gli argomenti da trattare sono davvero tanti. Dicevo, alcune questioni necessitano di semplificazione. L'idea di un sito unico richiede un maggiore coordinamento tra i vari soggetti previsti dal decreto legislativo.
  Solleviamo un'ulteriore criticità relativamente agli articoli 35 e 36, in particolare in relazione alle procedure negoziate. Immaginavamo che il decreto legislativo descrivesse in dettaglio la disciplina per i contratti sotto soglia. Invece, in realtà, si lascia anche un eccesso di libertà alle stazioni appaltanti e, in particolare, alle commissioni analizzatrici. Anche in questo caso riteniamo che ci sia un contrasto con la direttiva 2014/24/UE, in particolare con l'articolo 5, comma 8, nel momento in cui si concede la frammentazione delle opere di urbanizzazione al fine di rimanere al di sotto della soglia. In realtà, la direttiva dispone che l'intera opera di urbanizzazione, nel suo complesso, debba rimanere sotto la soglia, al fine di non essere messa a gara o di sottostare a particolari procedure.
  Sulla qualificazione delle stazioni appaltanti muovo due critiche: vorrei capire qual è la posizione del Governo al riguardo. Qual è la motivazione per la quale si escludono le regioni e la Consip dai criteri di qualificazione? Sono caratteristiche molto ovvie, che sia la Consip sia le regioni possiedono.
  Sappiamo bene che, relativamente all'articolo 50 sulle clausole sociali, ci sono diverse criticità, ma probabilmente occorre prevedere in dettaglio quali tipi di clausole sociali siano ammissibili e quali non lo siano.
  L'articolo 93, relativo alle garanzie, presenta alcune criticità e contiene alcuni refusi che abbiamo già evidenziato. Si dice che le garanzie devono essere depositate in contanti o con fideiussioni. È evidente che questo è un refuso, ma rientra nella logica della fretta con cui si è lavorato, probabilmente. In quest'articolo si dovrebbero valorizzare, come indicato nella legge delega, le fasi della progettazione: si tratta di un'attività anche culturale. Addirittura si prevede che il 2 per cento del prezzo base sia depositato anche da chi partecipa alla progettazione.
  Sul subappalto e sulla frammentazione mi sono già espressa. Un'altra contraddizione Pag. 5 con la direttiva credo possa esserci quando si parla dei criteri di urgenza. Le direttive dicono espressamente che le uniche urgenze sono quelle di carattere ambientale. Anche se nella legge delega abbiamo provato a inserire un limite, qui non è ben definito quali tipi di urgenze vadano in deroga. Credo che questo aspetto debba essere precisato in dettaglio.
  Aggiungo un'ultima considerazione. Probabilmente, anche alla luce di altri contributi o delle risposte del Governo, sarebbe auspicabile un confronto in merito alle concessioni autostradali e alla legge obiettivo. Sembra che abbiamo disciplinato diversamente queste due realtà, che però, secondo me sono maggiormente liberalizzate all'interno del decreto legislativo. In particolare, sulle concessioni autostradali occorre capire che cosa succede nel momento in cui il concessionario non rispetta i confini delle percentuali impostegli come in-house o messa a gara. C'è una sanzione, c'è un richiamo, c'è una revoca della concessione? Ho pensato a un paragone, per esempio, con il Testo unico sull'ambiente relativamente al mancato rispetto delle prescrizioni AIA. Probabilmente si potrebbe seguire quel modello. Quanto alla legge obiettivo, invece, con l'articolo 20 sembra che stiamo «inventando» addirittura una nuova legge obiettivo. Sarebbe auspicabile che il ministero individuasse le caratteristiche che devono avere i privati per poter realizzare l'opera. Secondo me, il testo è troppo superficiale e il rischio è di avere pericolose deviazioni in presenza di una convenzione con un privato per la realizzazione dell'opera. Credo che questo aspetto debba essere maggiormente precisato.
  Concludo sulla procedura negoziata. Credo che tutte le procedure in cui si utilizzano i sorteggi debbano essere eliminate, a partire dal 2016, perché i sorteggi sono stati manipolati e gestiti in maniera soggettiva. Dobbiamo orientarci verso procedure il più possibile oggettive. Personalmente, sono una sostenitrice della legge regionale che è stata approvata in Sicilia, che sicuramente è migliorabile. Credo che la questione più importante sia prevedere le modalità di calcolo non in fase di gara.

  SALVATORE MATARRESE. Ringrazio anzitutto il ministro Delrio per la sua disponibilità a tener conto delle nostre posizioni e a fornirci un feedback sulla possibilità di intervenire sul testo del provvedimento in esame. Considerato che la nostra intenzione, con il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, è quella di pervenire alla sua semplificazione, raggiungendo l'obiettivo di realizzare le opere in tempi brevi, evidenzio alcune situazioni che possono essere utili al riguardo.
  Innanzitutto, ritengo che converrebbe eseguire le gare sotto il milione di euro con il criterio del massimo ribasso, perché l'offerta economicamente più vantaggiosa è un procedimento lungo e costoso per l'amministrazione e per le imprese. Considerato che l'84 per cento degli appalti consta di opere sotto il milione di euro, per semplificare e velocizzare converrebbe seguire il criterio del massimo ribasso, individuando in gara il sorteggio, in maniera tale da evitare che ci siano situazioni precostituite.
  Entrando poi nell'esecuzione del contratto, evidenzio – con molta passione, perché conosco bene il settore – che, per le modalità di impostazione del subappalto, nel momento in cui si consente che l'impresa stessa possa essere spogliata della possibilità di pagare se non è inadempiente, si elimina alla capacità di impresa di gestire i fattori produttivi. Credo che, se l'impresa è inadempiente, è giusto che avvenga il pagamento diretto per il subappalto, ma ritengo non sia giusto quando l'impresa, invece, è adempiente. Se consentiamo che un contratto derivato, di fatto, sia gestito nei pagamenti dalla pubblica amministrazione, che interviene in un rapporto privato tra due parti, andando a gestire forniture, pagamento diretto di manodopera e subappalto, ci chiediamo qual è il ruolo dell'impresa per eseguire i lavori e soprattutto quali responsabilità abbia, in particolare con riflesso alla responsabilità solidale che è a valle del rapporto di subappalto. Mi riferisco al sistema contributivo, che vede l'appaltatore e il subappaltatore solidalmente Pag. 6 uniti. Sconsiglio, quindi, vivamente di percorrere strade diverse che non siano quelle del pagamento diretto solo ed esclusivamente in caso di inadempienza accertata del committente del pagamento dall'appaltatore al subappaltatore.
  Indicare in gara la terna, oltre a essere una complicanza enorme, favorisce sicuramente la formazione di cartelli, impedisce la partecipazione a gare d'appalto e rende più difficoltoso l'accesso all'appalto, a tutto svantaggio del committente, il quale deve gestire un minor numero di interlocutori e posizioni di monopolio o di monopolio parziale di alcune categorie specifiche, il che costringe l'impresa o ad associarsi in associazioni temporanee di impresa verticali o a non partecipare alla gara d'appalto. La terna non è richiesta dalle normative comunitarie. Era un procedimento già previsto nella nostra legislazione, che è stato abolito proprio nell'ottica che ho appena descritto. Non capisco, quindi, perché debba essere ripristinato in un momento in cui vogliamo aumentare il numero degli interlocutori della pubblica amministrazione e facilitare la partecipazione alle gare d'appalto anche di aziende che possono, in subappalto, partecipare comunque all'appalto, senza dover indicare la terna. Questo rappresenta un aggravio procedurale per il committente nella gestione della gara d'appalto.
  Trovo strano che, come causa automatica di risoluzione del contratto, venga previsto in taluni casi il superamento del meccanismo delle riserve. Credo che ciò presenti profili di incostituzionalità, perché la riserva non è un diritto acquisito dell'impresa, ma una semplice domanda alla quale l'amministrazione deve rispondere con capacità tecnica e legale. Essa deve fare la sua azione di contrasto e la sua azione di verifica della legittimità o meno delle richieste. Porre una clausola risolutiva è a svantaggio della pubblica amministrazione, perché costituisce anche una via di fuga per un appalto preso con un massimo ribasso o per un appalto che non ha uno sviluppo fisiologico. La risoluzione è un provvedimento esagerato. È un valore che sta a indicare l'incapacità dell'amministrazione di gestire il contenzioso, che invece, con un progetto fatto bene e una capacità della pubblica amministrazione effettiva, non dovrebbe fare paura a nessuno. Credo che la clausola risolutiva sia una forzatura troppo forte, che presenta profili di illegittimità costituzionale, perché sottrae, di fatto, a una controparte il diritto di poter avanzare delle legittime richieste alle quali l'amministrazione può anche rispondere con una causa che può essere intentata tranquillamente.
  Con riferimento alle garanzie, non risulta chiara la motivazione per la quale le garanzie debbano essere sulla cauzione definitiva al 100 per cento, pur in presenza di una certificazione di qualità, quando, nel provvedimento sulla green economy o anche per altri sistemi di qualificazione, si è inteso favorire il ricorso a questi percorsi, riducendo la cauzione definitiva così come quella provvisoria al 50 per cento. Nelle concessioni si può ridurre al 50 per cento e non si capisce perché non possa farsi in un appalto normale.
  Infine, evidenzio due criticità sui criteri reputazionali. I criteri reputazionali e, quindi, i cosiddetti lavori analoghi possono essere un altro elemento per creare veri e propri cartelli e costituire appalti su misura per qualcuno che ha la possibilità di lavorare. Di questi tempi tutti sappiamo quanto sia difficile lavorare. Il lavoro analogo è una prospettiva difficile per molte imprese che non lavorano. Molto spesso, se si tratta di un lavoro impegnativo, risultano pochi gli operatori che hanno i lavori analoghi, soprattutto per quelle imprese che hanno la fortuna di lavorare all'estero e di avere una continuità produttiva. Ritengo che il lavoro analogo debba essere il più possibile esteso sulla categoria di riferimento o riferito a opere speciali o particolari sulle quali c'è la massima attenzione, come opere prioritarie e opere di grande interesse per la nazione, piuttosto che su un indiscriminato utilizzo su tutto il sistema degli appalti.
  Queste sono alcune criticità che operativamente vanno a bloccare l'esecuzione del contratto e auspico che, nella rivisitazione Pag. 7del Codice degli appalti, i rilievi testé illustrati possano essere recepiti.

  ROGER DE MENECH. Nel ringraziare il ministro per l'occasione, ritengo sia necessario prestare molta attenzione alla prima fase di applicazione del nuovo codice rispetto a due elementi, la qualificazione delle stazioni appaltanti e la selezione delle imprese.
  Come sappiamo, deleghiamo una grandissima responsabilità all'ANAC. Il timore è quello di avere una prima fase di fibrillazione rispetto all'operatività del «sistema-Paese» su un campo così delicato. Considerato quello che è emerso in queste settimane, occorre prestare una grande attenzione nella prima fase di applicazione del nuovo codice, soprattutto da parte del ministero.
  Fornisco due indicazioni molto puntuali al riguardo. La prima riguarda i progetti di finanza, sui quali abbiamo introdotto alcune novità importanti. Rimane un enorme problema che ha un forte impatto sugli enti locali: i contratti in essere. Sottolineo che si tratta di un grande problema, che la Corte dei conti molto spesso solleva. Credo sia necessaria una riflessione profonda su quanto abbiamo ereditato. Ce la chiedono sia la Corte dei conti sia i numerosi enti locali che hanno ereditato situazioni complicate per il mantenimento di questi contratti. Come rilevato dalla Corte dei conti, si stenta a intravedere l'interesse pubblico di alcune di queste operazioni che sono state costruite negli anni passati.
  Ritengo inoltre sia necessaria una particolare attenzione riguardo alle reti di impresa, che sono uno strumento relativamente innovativo, sempre più diffuso nel tessuto economico nazionale, ma che rischia di essere un po’ scolorito all'interno delle norme del codice, le quali vanno, da una parte, verso i consorzi e, dall'altra, verso i raggruppamenti temporanei. Ritengo, che, poiché parte del mondo dell'impresa sta spingendo per l'istituzione delle reti di impresa, sia giusto considerarle e qualificarle al meglio.
  Faccio infine presente che invierò un documento contenente le mie osservazioni sia al ministro sia ai relatori del provvedimento alla Camera e al Senato, sottolineando anche gli aspetti che rappresentano un segno innovativo che giudico necessario venga coltivato nell'ambito del riordino della normativa sugli appalti.

  PRESIDENTE. Darò ora la parola ai senatori Filippi e Cioffi, per poi dare spazio agli interventi dei relatori del provvedimento alla Camera e al Senato. Dopo l'intervento del ministro, se i tempi lo consentiranno, potranno intervenire altri colleghi.

  MARCO FILIPPI. Nel ringraziare il ministro per l'occasione, sottolineo anzitutto che il mio gruppo al Senato giudica indispensabile mantenere l'intransigenza dei tempi che la delega prevede, così come concorda sulla predisposizione di un unico decreto legislativo e delle conseguenti linee-guida.
  Va però anche evidenziato a nostro sfavore un vizio della legge di delega: considero che sia stato un errore aver fatto coincidere i tempi di recepimento delle direttive con la scadenza della delega. Ciò ha provocato l'impossibilità di svolgere ulteriori approfondimenti, anche al fine di operare le opportune modifiche, che, a mio avviso, sarebbero dovute invece essere ampie.
  Mi sia consentito svolgere una premessa generale e poi accennare ad alcuni spunti di riflessione. Credo che un codice non si scriva tutti i giorni, ma almeno a distanza di dieci anni. Pertanto, è lecito ritenere che un codice come questo segni il passaggio da una stagione all'altra. La stagione che abbiamo alle spalle è stata infausta sotto molteplici punti di vista, dalla corruzione di grandi e piccole dimensioni, che ha dato anche la misura di un fenomeno di sistema, a ritardi, lievitazione dei costi, opere incompiute, contraddittorietà delle norme e insufficienza dei controlli, aspetti, tutti questi, non necessariamente ascrivibili soltanto alla crisi economica.
  La stagione a cui guardiamo credo debba essere la stagione di riscatto per lo Stato e per il Paese. La domanda che mi pongo è se abbiamo caricato questo appuntamento di pretese eccessive e di un'aspettativa Pag. 8 troppo alta. Me lo chiedo davvero, perché la sensazione che avverto, se non sopraggiungono significative modifiche di correzione al testo, su cui i gruppi di Camera e Senato stanno lavorando alacremente – e da questo punto di vista, mi sia consentito un ringraziamento ai relatori e agli uffici – è che rischiamo di perdere un'occasione storica.
  Nel risparmiare, ovviamente per economia di tempo, molteplici esempi che potrei richiamare e che meglio di me sicuramente faranno i relatori, vorrei soltanto sottolineare alcuni aspetti.
  In primo luogo, credo che non sia possibile rispettare teoricamente il principio della delega e poi contraddirlo in molti aspetti o eluderlo nell'articolazione della norma.
  In secondo luogo, la struttura normativa del codice, in questo senso, a mio avviso, poteva già segnare una maggiore discontinuità con il passato, non ricalcando sostanzialmente la precedente impostazione e magari distinguendo con maggiore nettezza le diversi fasi del lavoro (progettazione, affidamento dei lavori, realizzazione dei lavori e collaudo).
  In questo senso, la tecnica del rinvio a successivi decreti attuativi – ne abbiamo contati oltre 50 – e del richiamo tra gli articoli del codice non rendono il testo agevole e lo carica di un successivo fardello, a mio avviso eccessivo, una sorta di «terzo tempo» che può pregiudicare la migliore gestione del periodo di transizione tra un codice e l'altro, che costituisce anche uno dei punti nevralgici dell'intera operazione.
  A nostro avviso, vi sono anche aspetti di dettaglio sui quali è opportuno intervenire. Sicuramente quello più macroscopico, che è già stato ricordato, è l'aspetto del subappalto, che, così come è disciplinato, rischia davvero di introdurre le imprese di intermediazione anche nel settore degli appalti, cosa di cui non c'è davvero bisogno.
  Vi è poi la questione delle soglie di valore, un elemento altrettanto importante. Sono sicuramente sbilanciate, tanto nella soglia minima, che probabilmente è troppo bassa per i lavori urgenti e per gli affidamenti diretti, quanto, in maniera forse ancor più eclatante, nella soglia alta, in cui di fatto si elude il processo della gara per l'85 per cento dell'affidamento dei lavori. La soglia di un milione di euro è indubbiamente eccessiva.
  Inoltre, vi sono altri aspetti che meritano una correzione, come, ad esempio, la progettazione: non sempre viene rispettato il principio dell'affidamento sul progetto esecutivo e, in alcuni casi, è previsto il definitivo, in altri ancora invece, anche il progetto preliminare.
  Indubbiamente, se ho parlato di intransigenza e di rispetto dei tempi e degli strumenti, è perché ci sono aspetti su cui richiamo anche il mio apprezzamento. Si tratta di aspetti positivi e importanti su cui far leva, che indubbiamente ci sono e per i quali esprimo il nostro sostegno convinto, seppure, evidentemente, critico.
  Indubbiamente rilevo la questione della semplificazione a livello numerico degli articoli. Non si tratta soltanto del passaggio da 660 a 219 articoli, ma anche dell'eliminazione del regolamento attuativo, che di fatto avrebbe generato, anche in questo caso, elementi di contraddittorietà della norma. Rilevo, soprattutto, che la vera innovazione è costituita dalle linee-guida, una sorta di soft law, che forse costituisce, come ho avuto già modo di dire in Aula al Senato, l'elemento di maggiore interesse e anche di curiosità. Al riguardo, voglio apprezzare anche il ruolo di ANAC, che, pur esondando dalle sue naturali competenze, si pone al servizio di un cambio di approccio culturale alla materia, introducendo elementi normativi, di derivazione anglosassone, che a mio avviso costituiscono un cambio di paradigma, proteso più alla sostanza che al rispetto, talvolta ossessivo, della forma. In poche parole, meno autorizzazioni e più verifiche e controlli.
  Credo sia da apprezzare la forza e la volontà di determinare uno switch-off davvero fulmineo, che va incontro alle esigenze di chiarezza e nettezza. A partire dal prossimo mese la normativa entrerà in vigore. Questo è un aspetto importante, perché, indubbiamente, per il periodo transitorio, Pag. 9si gioca una partita importante dell'intera operazione.

  ANDREA CIOFFI. Sicuramente, a una prima lettura, si osserva come vi siano alcuni passaggi nel decreto legislativo che costituiscono una commistione tra il vecchio codice e il vecchio regolamento. Ci sono alcuni aspetti di dettaglio che sono tipici del regolamento e alcuni aspetti che, invece, sono più ampi e tipici del codice. Ciò produce sicuramente una non agevole lettura.
  Sono poi da segnalare talune particolarità, delle quali abbiamo già discusso in Commissione al Senato. Per esempio, già all'articolo 1 si evidenzia che per le opere di urbanizzazione si possa andare in gara con lo studio di fattibilità. Considerato che abbiamo cancellato il progetto preliminare e abbiamo previsto lo studio di fattibilità, non ritengo sia più il caso di andare in gara con uno studio di fattibilità, ma occorre realmente mettere al centro di tutta l'operazione dei lavori pubblici il progetto. Signor ministro, dobbiamo stare molto attenti e fare in modo che si metta in gara, nella gran parte dei casi, quantomeno un progetto definitivo. Tale previsione è contenuta all'articolo 1, comma 2, che peraltro contiene anche passaggi oscuri, ad esempio alla lettera d).
  Quando parliamo di opere di urbanizzazione primaria, come una scuola o una fognatura, si apre la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando. È sicuramente una questione un po’ anomala, perché parliamo di opere di un determinato rilievo. Proprio ieri ne parlavo con il relatore Esposito. L'articolo 36, comma 3, che si ricollega poi all'articolo 63, relativo all'uso della procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara, stabilisce specifici criteri per l'uso della procedura negoziata senza la pubblicazione, che sono difformi rispetto a quelli previsti per la realizzazione di un'opera di urbanizzazione primaria. Molti, quindi, sono gli aspetti problematici.
  Poi ci sono altri aspetti che riguardano principalmente le opere realizzate tra pubblico e privato. Un primo aspetto che salta all'occhio, all'articolo 183, a proposito della finanza di progetto, è il fatto che si parli di demanio marittimo e di porti turistici: non si capisce perché. Le consiglio di dire ai suoi funzionari di controllare quali «rimaneggiamenti» vengano effettuati sul testo: giudico singolare che sia contenuta una previsione così specifica.
  Ritorna ancora, nel partenariato pubblico-privato, di cui all'articolo 180, la progettazione di fattibilità tecnico-economica. Si parla nuovamente di questo livello di progettazione, rispetto al quale occorre prestare molta attenzione.
  Sempre all'articolo 182, il comma 3 prevede che il verificarsi di fatti non riconducibili all'operatore economico che incidono sugli equilibri del Piano economico-finanziario comporta una sua necessaria revisione, da attuare mediante la rideterminazione delle condizioni di equilibrio. Questo è il mezzo con il quale si prevedono gli aumenti dei pedaggi autostradali e non solo. Si dovrebbe specificare quali sono le condizioni operative non normali, perché la norma, così scritta, parla di condizioni operative normali (comma 3, lettera zz)). Quando una condizione operativa è definita non normale? Il Ministero o l'ANAC dovrebbero specificarlo. «Non normali» vuol dire tutto, signor ministro. Dobbiamo stare molto attenti alla scrittura delle norme, perché si possono creare situazioni anomale.
  Oltre a quanto è già stato detto sulla nautica da diporto, segnalo un altro aspetto che sembra secondario. Sempre all'articolo 182, l'ultimo capoverso del comma 3 prevede che all'operatore economico spetta il valore dell'opera realizzata e degli oneri accessori. All'operatore economico spetta il valore residuo delle opere realizzate. Quando si rientra in possesso di un bene, all'operatore economico si dà solo il valore residuo, non il valore dell'intera opera. Mi sembra di tornare indietro di una ventina di anni, all'epoca del provvedimento CIP 6/92, quando, dopo le parole «fonti rinnovabili», furono aggiunte le parole «e assimilate».
  Inoltre, con riferimento a tutti gli incarichi affidati ad ANAC, che diventa così importante, ci permetterà una battuta: Pag. 10forse è meglio che chiudiate il ministero, visto che l'ANAC ne svolge le funzioni.
  Vorrei conoscere, poi, i tempi di emanazione dei circa 50 decreti attuativi. Occorre stare attenti, con tutti i decreti attuativi e con tutte le norme che emana l'ANAC, a non riproporre il regolamento: sarebbe comunque preferibile che il regolamento, che è un atto di dettaglio, sia scritto dalla politica e non dall'ANAC.
  Infine, avevamo già detto che occorreva abolire la legge obiettivo. Bisogna però abolirla realmente, perché ci sono alcuni articoli che, in un certo senso, la ripropongono. Sarebbe comunque molto interessante avere finalmente, una volta per tutte, i piani economico-finanziari di tutte le opere inserite nella legge obiettivo, o almeno di quelle che sono residue. Se non possiamo vedere i piani economico-finanziari, non capiremo mai se spendiamo realmente bene i nostri soldi. A tal proposito, quando dovrete scrivere che cos'è un progetto di fattibilità, sarà opportuno specificare che esso, soprattutto per le opere cofinanziate da privati a qualsiasi titolo, debba prevedere un piano economico-finanziario leggibile. Tutti dobbiamo poter verificare quello che facciamo. Il piano economico-finanziario è un allegato assolutamente fondamentale per capire se spendiamo bene i nostri soldi. Dobbiamo mettere questi rilievi per iscritto in maniera chiara.

  SALVATORE MARGIOTTA. Interverrò molto brevemente, anche perché alcuni interventi dei colleghi hanno già anticipato molte delle questioni che volevo trattare. Affronto, quindi, solo le questioni più stringenti.
  In primo luogo, è stato già detto che i decreti attuativi sono troppi, o almeno che sono troppi i rinvii a decreti attuativi. Ciò determina un rischio di confusione nella fase transitoria, della quale il Governo deve assolutamente tener conto, altrimenti tutte le amministrazioni non sapranno come muoversi.
  Con riferimento ai livelli di progettazione, di cui agli articoli 23 e 95, non mi convince l'abolizione del progetto preliminare, che peraltro è presente nella legge delega e, invece, scompare nel decreto legislativo. Si fa solo riferimento a un progetto di studio di fattibilità tecnico-economica che è ben meno di un preliminare e che rischia, a sua volta, di determinare qualche incomprensione.
  C'è, inoltre, un dato di fondo che, a mio parere, continua a essere contraddittorio, cioè l'idea di andare, come è giusto che sia – lo condivido nella maniera più assoluta – verso la generalizzazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, ma chiedere che per ogni gara il progetto sia esecutivo. Se si fa una gara con il progetto già esecutivo, si capisce poco come la proposta possa essere migliorata nell'offerta tecnica. Il rischio è che le imprese siano costrette ad aggiungere opere rispetto a quelle già previste nel progetto esecutivo, il che, di fatto, è un ribasso mascherato, non una miglioria del lavoro stesso.
  C'è poi un grande capitolo da dedicare alle professioni. Non entro nello specifico (è stato inviato documento puntuale dalla rete delle professioni). L'errore che permane nel decreto legislativo e che, secondo me, va assolutamente affrontato è quello di non considerare la specificità tipica dei servizi di ingegneria e architettura, che comunque rimangono professioni intellettuali, quelle che un tempo si sarebbero chiamate professioni liberali: non le si può trattare esattamente allo stesso modo dei servizi di mensa, di pulizia o altro. Occorre considerare in maniera un po’ più profonda questo tema.
  Quanto alle commissioni aggiudicatrici, va benissimo l'impostazione dell'articolo 77, ma occorre fare attenzione, però, trattandosi di un aspetto fondante, di un pilastro della riforma. Va benissimo l'offerta economicamente più vantaggiosa, a patto, però, che le commissioni aggiudicatrici siano davvero adamantine e trasparenti. Non bisogna indebolirle. Non va bene che siano della stessa amministrazione, neppure quando sono sotto soglia, e non va bene – ahimè – neppure che siano sorteggiate dall'amministrazione: devono essere sorteggiate dall'ANAC. Per ovvi motivi, non mi soffermo a spiegarne il motivo. Va bene creare un albo per specificità e per classi di Pag. 11professionalità. È giusto che nell'albo delle commissioni un ingegnere che vuole valutare opere idrauliche sia un esperto in idraulica e anche che i soggetti siano differenziati per budget di esperienza e di professionalità. Non sarebbe opportuno che chi si è occupato solo di piccoli acquedotti rurali determini l'aggiudicazione del MOSE, per fare solo un esempio.
  Infine, la questione relativa al subappalto è vecchia, ma qui mi collego alle osservazioni del collega Matarrese. I miei emendamenti al Senato non sono stati approvati, ma io ritengo che dichiarare la terna prima della gara impoverisca l'impresa grande e uccida le imprese piccole, soprattutto locali. Qui mi associo alle considerazioni del collega Matarrese. Certo, lì c'è un problema, perché questo meccanismo è previsto nella legge delega e superarlo nel decreto legislativo è un po’ complicato. Tuttavia, ministro, lei, che è attento, avrà notato che adesso tutte le organizzazioni di categoria – ai tempi della discussione della legge delega, invece, ero quasi isolato – sostengono che quello sia un errore. Pertanto, si dovrà valutare la possibilità di riconsiderare tale questione.

  MASSIMILIANO MANFREDI. Intervengo soltanto su una questione. In relazione all'articolo 89, che riguarda gli avvalimenti, un tema non molto discusso, ho molto apprezzato che sia stata prevista una «stretta», con l'abolizione dell'avvalimento a cascata. Tuttavia, nel rispetto della direttiva europea, volevo soltanto ricordare che l'avvalimento, paradossalmente, nasce per dare la possibilità alla piccola e media impresa di concorrere dove potrebbe essere esclusa nei titoli. Di fatto, però, come sottolineano le stesse piccole e medie imprese, in questi anni questo è diventato un meccanismo di «droga» della concorrenza, perché sia l'avvalimento a cascata, che viene adesso impedito, sia l'avvalimento plurimo richiedono due danni. Da un lato, l'eccezionalità diventa la costante, il che vuol dire che la piccola e media impresa non è più incentivata ad agire sul versante della certificazione e dell'investimento delle risorse. Va benissimo la restrizione che è prevista per l'avvalimento a cascata. Nel rispetto della direttiva europea, mi chiedo se si possa fare uno sforzo sull'avvalimento plurimo, o meglio sulla contemporaneità dell'avvalimento plurimo da chi emette le certificazioni, perché, secondo me, questo ci consentirebbe di considerare tale elemento straordinario e non rientrante nella consuetudine.

  MAURIZIO ROSSI. Molto brevemente, nel disegno di legge di riforma del servizio radiotelevisivo è stata prevista una deroga al codice degli appalti. Ho fatto svolgere una verifica, ma ciò non avviene a livello europeo. Mi preoccupa che, qualora tale previsione sia introdotta, essa sia incompatibile con la normativa europea, secondo la quale non possono essere previste deroghe.
  Le chiedo in quale modo pensate di risolvere il problema. Ho anche presentato un emendamento al riguardo, che è stato respinto. Stiamo parlando anche di cifre rilevanti. Peraltro, con le somme di più commesse nell'arco dello stesso anno si può arrivare a cifre anche di milioni di euro. Mi pare che sia una situazione da risolvere e, tra l'altro, assolutamente unica nel panorama europeo.

  PRESIDENTE. Senatore Rossi, faccio eccezione alla mia terzietà su questa vicenda, che era stata molto dibattuta anche alla Camera, quando si è discusso della questione RAI. Occorre ragionare bene: la direttiva europea prevede una delega che riguarda i prodotti audiovisivi, ossia prodotti specifici. In quel caso, ha senso, ma è chiaro che, se bisogna riacquistare una serie e produrla, occorrono caratteristiche tecniche specifiche. Ricordo che, al riguardo, si è svolto un dibattito alla Camera e penso che questa ambiguità debba essere precisata. È chiaro che, se la RAI deve realizzare una sede da 10 milioni di euro, quello non è un prodotto audiovisivo che richiede percorsi specifici. Probabilmente occorre fornire un'indicazione al Governo al fine di precisare i termini di applicazione di questa deroga, che è prevista dalla direttiva europea per specifiche competenze.

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  MAURIZIO ROSSI. Sì, ma nel disegno di legge di riforma della RAI si va oltre il prodotto audiovisivo: si tratta di appalti di altro genere, di tipo tecnico.

  PRESIDENTE. Sono d'accordo. È quello che ho detto. Ripeto, ricordo benissimo il dibattito che si è svolto nella nostra Commissione e poi in Assemblea. Nel parere espresso dalla Commissione, ponemmo come condizione che fosse indicata chiaramente, come previsto dalla direttiva, la specificità del ruolo di una grande azienda che produce intrattenimento e prodotti televisivi. Alcune norme sono previste con riferimento agli appalti standard. Non si capisce perché la RAI debba stare fuori da quel circuito. Ci ragioneremo con i relatori e vedremo come indicare al Governo la possibilità di precisare questo aspetto.

  SERENA PELLEGRINO. Grazie, presidente. Intervenire per ultima mi consente di non replicare le osservazioni dei miei colleghi. Sono due gli interventi che sottoscrivo: uno è quello del senatore Margiotta e l'altro è quello del senatore Cioffi, che evidenziano le criticità del codice. Ringrazio veramente il Ministro Delrio, che è stato capace di portare avanti il percorso sulla delega in materia di appalti, che era stato avviato in maniera completamente diversa e sta per essere portato a termine in maniera condivisa dai due rami del Parlamento. Di fatto, la legge delega è stata scritta in maniera concertata. Noi, per primi, abbiamo votato quella legge, ma abbiamo anche detto che non era una delega in bianco. Ci stiamo rendendo conto, però, che alcune questioni che erano uscite dalla porta principale, grazie al coraggio del Ministro Delrio, sono rientrate dalla finestra. Tra l'altro, alcune situazioni si manifestano in maniera ancora più criptica e i due colleghi le hanno evidenziate bene.
  Vorrei soffermarmi sulla questione relativa alla centralità del progetto. Di fatto, è proprio da lì che partivano tutte le maglie della corruzione. Se si fa un progetto non dettagliato, è evidente che, nel momento in cui lo si va a realizzare, si ha la possibilità, con tutte le varianti in corso d'opera, di aprire le strade alla corruzione. Penso che il testo prodotto dalla rete delle professioni, che citava anche il senatore Margiotta, sia particolarmente chiaro. In una nota personale, la rete delle professioni tecniche si pronuncia in senso molto positivo sulla legge delega, ma in senso molto negativo sul codice così come è stato formulato: si osserva, infatti, che non vi è un capitolo specifico riferito alla progettazione, al soggetto che la deve realizzare e agli strumenti da utilizzare, ma tale questione è, invece, affrontata nei vari articoli.
  Un'altra questione che la rete delle professioni tecniche evidenzia riguarda la centralità della relazione geologica e, quindi, della figura del geologo, che è importantissima. Ci siamo dimenticati per settant'anni di progettare e di fare opere tenendo il punto sulla questione geologica e idrogeologica, mentre su questi articoli essa non viene evidenziata, tant'è che la rete delle professioni tecniche, geologi compresi, lo evidenzia.
  Un aspetto che mi sembra i miei colleghi non abbiano sollevato riguarda l'affidamento del collaudo a pubblici dipendenti. È chiaro che non è possibile che il controllato e il controllore coincidano. Penso che questa sia una questione fondamentale, che assicura trasparenza nei confronti della progettazione e della realizzazione dell'opera.
  Per quanto riguarda la relazione metodologica, ministro, si ricorderà bene che avevamo già evidenziato tale questione nella legge delega. Speravo che emergesse nel codice, ma di fatto la relazione metodologica rimane l'anello debole di tutta la filiera della progettazione, in cui è possibile, grazie alla «maglia aperta», portare a casa l'assegnazione a un soggetto piuttosto che a un altro.
  Ci riserveremo, ovviamente, di comunicare ai relatori eventuali segnalazioni al fine di migliorare il testo. Mi auguro che il ministro continui a mantenere la barra dritta per evitare una commistione tra il vecchio codice degli appalti e le buone intenzioni del ministero.

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  PRESIDENTE. Do ora la parola al ministro per rispondere, nei limiti del possibile, alle numerose questioni poste.

  GRAZIANO DELRIO, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Grazie per avermi dato l'occasione per svolgere un confronto ulteriore sul testo, che è molto importante. Per rispondere ad alcune delle obiezioni che sono state formulate, rilevo che il codice degli appalti, nel testo predisposto, si muove all'interno di due paletti: uno è quello della delega, l'altro è quello delle direttive europee. Alcune questioni rientrano oggettivamente, come è stato ricordato da qualcuno di voi, in queste definizioni. È ovvio che le scelte più coraggiose, come l'abolizione del regolamento, abbiano creato e creino qualche perplessità o qualche paura, ovviamente nella fase transitoria: è normale ed è giusto che sia così. D'altra parte, non si può fare una drastica semplificazione, passare da 660 a 220 articoli, scrivere il nuovo Codice degli appalti e recepire direttive su concessioni e appalti, che prima non erano regolati, nonché in materia di partenariato pubblico-privato. È molto complicato pensare che in tutto questo percorso, che è stato portato avanti con grande rapidità e affidandoci alle linee-guida, non sia necessario qualche aggiustamento. Per questo motivo prevediamo che in quest'anno si osservino e si cerchino di valutare i problemi e, quindi, che si sia molto attenti. Rimango un convinto sostenitore della forma che è stata individuata per questo testo, perché credo che sia veramente importante coglierne la novità e la radicale diversità. Qualcuno sostiene che vi siano elementi di commistione. Francamente, non intravedo alcuna commistione. È ovvio che la legge obiettivo viene archiviata, come è logico desumere dal testo, specialmente dagli articoli finali, in cui la programmazione è affidata ad altri strumenti.
  È ovvio che si può parlare della progettazione, ma non va dimenticato che l'articolo 202 istituisce il Fondo per la progettazione di fattibilità delle infrastrutture prioritarie e la project review delle opere già finanziate e che con la legge di stabilità per il 2016 è stato assegnato ad ANAS un fondo per la progettazione. La centralità della progettazione non è, quindi, un elemento aleatorio. Si può fare di meglio. Conosciamo le critiche che hanno mosso le associazioni. Si può certamente dare più organicità al testo. Lo si potrà fare anche con le linee-guida, cercando di chiarire alcune questioni, ma credo che non ci siano ambiguità in questo mare magnum del Codice degli appalti. C'è, invece, una scelta molto chiara e, secondo me, molto coerente con il compito affidato al Governo dalla legge delega. Provo a spiegare alcune scelte che sono state effettuate. Con riferimento, ad esempio, al tema relativo all'eccesso di libertà delle soglie, rilevo che le soglie sono state definite nel corso di in un confronto tra gli enti locali e la Commissione che ha istruito il testo. Si poteva mantenere la soglia stabilita a livello europeo: si poteva fare meglio, ma tale decisione è stata il frutto di un confronto con coloro che sono direttamente interessati dalle implicazioni del codice.
  Onorevole Mannino, il fatto che le regioni e la Consip siano qualificate mi pare abbastanza ovvio. Le grandi stazioni appaltanti devono essere messe in condizioni di lavorare da subito, perché abbiamo anche un altro problema. Ci sono due eccessi, due pericoli: da un lato, quello di volere governare molto e controllare molto, dall'altro quello di volere liberare gli investimenti nel Paese e renderli trasparenti, efficaci e credibili nei tempi di realizzazione e nei costi. È chiaro che questo è un equilibrio sul quale si può ripensare, ma è molto complicato pensare che si possano contemperare entrambe le condizioni. Se su tutte le opere si fanno le commissioni di gara, è evidente che diventa complicato dare ritmo. Queste sono le istanze che provengono da coloro che svolgono le gare, le gestiscono e sono in prima linea. Ciò non significa assolutamente pensare di rivalutare vecchi metodi. Con la legge delega e il testo dello schema di decreto legislativo in questione si compie una scelta ben precisa sulla gara, con l'offerta economicamente più vantaggiosa quale strumento principale. Si è tentato di contemperare queste esigenze perché, da un lato, alcuni comuni Pag. 14lamentano l'impossibilità di lavorare e, dall'altro, c'è un'esigenza di maggiore controllo e di maggiore trasparenza. Ripeto, secondo me, una delle chiavi per poter fare ripartire gli investimenti ed elaborare un codice «amico» degli investimenti è combattere fortemente la corruzione e la discrezionalità.
  Un altro tema che è stato posto da alcuni di voi riguarda le clausole sociali. Cercheremo di pervenire a una versione non ambigua e sostenibile, secondo il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, anche dal punto di vista costituzionale, rispetto alla normativa europea. Ho già dato la mia disponibilità a modificare tale previsione per renderla più coerente.
  Allo stesso modo, con riferimento alle garanzie, le imprese hanno posto l'accento sul valore pari al 100 per cento o al 50 per cento. Ritengo che la questione sollevata sia abbastanza ragionevole, in quanto le garanzie al 100 per cento sarebbero poco coerenti con l'impianto complessivo.
  Quanto alla terna di soggetti da individuare nel subappalto, sapete che è oggetto della legge delega. Con riferimento alla soglia voglio essere molto chiaro. Il subappalto, così come è stato scritto, è coerente con due princìpi. Si tratta di princìpi sui quali il Presidente del Consiglio di Stato, anche recentemente, si è espresso, sostenendo che si tratta di princìpi fondanti delle nuove direttive europee: la responsabilizzazione e la discrezionalità delle amministrazioni aggiudicatrici fanno parte della sostanza della nuova stagione dei lavori pubblici. L'Unione europea sostiene che la stazione appaltante debba avere discrezionalità e capacità. La discrezionalità, in Italia, è vista come la porta d'ingresso per la corruzione, mentre l'Europa dice che l'amministrazione deve sapere scegliere e valutare l'opera e l'offerta. Mettiamoci d'accordo. O concentriamo le stazioni appaltanti, le responsabilizziamo sempre di più e lasciamo loro il compito di decidere come un'opera va costruita, oppure possiamo fissare anche le soglie, ma non è vero che il subappalto, così come è scritto, non sia coerente. Visto che la direttiva non imponeva soglie e che la legge delega non le menzionava, si è pensato che fosse più coerente questa formulazione. Non ho alcun problema a proporre una modifica. Nessuno, però, deve dire che la soglia del 30 per cento impedisce le degenerazioni sui subappalti, altrimenti in che mondo abbiamo vissuto fino adesso, scusate? La soglia non è presente? Ora che si tratta di «stringere» sul testo definitivo, emergono tutte le paure sul fatto che si possano fermare i lavori. Perché, finora come è avvenuto? Si impiegano quindici anni a fare un'opera pubblica da 100 milioni di euro e per ogni opera pubblica abbiamo circa il 40 per cento di tempi morti. Di che cosa stiamo parlando? Il subappalto non è una degenerazione presente nel sistema dei lavori pubblici attuali con la previsione della soglia? Credo che la norma, complessivamente, garantisca alcune previsioni contenute nella direttiva europea, ma personalmente il Governo non ha alcuna difficoltà a reintrodurre le soglie: se si ritiene che per una fase transitoria è bene che si monitori, per noi non è assolutamente un problema. La nostra è stata una scelta che tentava di essere coerente con l'impianto di responsabilizzazione della stazione appaltante e il divieto di gold-plating. Visto che tale previsione non era contenuta né nella direttiva né nella legge delega, abbiamo seguito questo principio.

  ALTERO MATTEOLI, Presidente della 8a Commissione del Senato della Repubblica. Seguo il suo ragionamento, ma, per come il testo è scritto, si può subappaltare tutta l'opera.

  GRAZIANO DELRIO, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. È vero che la stazione appaltante si può assumere la responsabilità di mettere a gara un'opera totalmente in subappalto. Mi sembrerebbe, però, molto strano, francamente, che ciò avvenga. Mi sembra strano che una regione decida di costruire una torre e che si possa subappaltare il 100 per cento di una torre. Francamente, mi sembrerebbe molto strano, visti i princìpi di trasparenza e di pubblicità, ma teoricamente ciò può succedere. Non abbiamo stabilito soglie, ma, Pag. 15ripeto, possiamo farlo benissimo. Per noi non è un problema. Ho solo cercato di spiegare da quale principio siamo partiti. Dopodiché, si può benissimo dire che in Italia non siamo pronti per questa soluzione. Credo che saranno poche le stazioni appaltanti che prevedranno di subappaltare il 100 per cento di un'opera, francamente, ma questo per noi non è assolutamente un problema.
  Ci sono alcune questioni che devono essere approfondite in questi giorni, giustamente, come le riserve, il tema della risoluzione del contratto, e il tema delle garanzie, di cui ho già detto, così come anche il tema delle concessioni autostradali e quello delle sanzioni previste nel caso in cui non si rispettino le percentuali dell'80 e del 20 per cento. Ho parlato di questo anche con il presidente Cantone e non ci sono problemi.
  Alcune questioni devono essere chiarite. Non c'è, però, alcuna reintroduzione surrettizia della legge obiettivo: su questo voglio essere molto chiaro. La legge obiettivo è archiviata. Si prevede un percorso molto chiaro, secondo il quale si farà una selezione sulle opere che hanno obbligazioni giuridicamente vincolanti. Sulle altre opere previste, come su tutte le opere, si farà una project review, che peraltro è già iniziata concretamente, come sapete. Tutto questo poi andrà dentro il Documento pluriennale di pianificazione, previsto dal 2011 e mai realizzato.
  È molto importante anche il tema della finanza di progetto, sollevato dall'onorevole De Menech. Si tratta della revisione dei contratti in essere, che potrebbe determinare molti contenziosi. È una questione molto delicata, ragion per cui deve essere valutata. Cercheremo assolutamente di capire se si può precisare meglio, anche se non credo che con il codice riusciremo a mettere in chiaro tale questione nei dettagli. La possibilità di revisionare attualmente la finanza di progetto c'è, ma con regole e potenzialità di contenzioso molto alte. È scritto anche nel codice.
  Sulla qualificazione e selezione delle imprese e la fase transitoria, anche oggi abbiamo discusso con il presidente Cantone, il quale afferma di aver bisogno di un periodo più ampio per poter emanare le linee-guida. Può darsi anche che, ove ve ne fosse bisogno – il Governo, ovviamente, non avrebbe niente in contrario – le linee-guida abbiano un mese di latenza rispetto al 18 aprile: abbiamo voluto tenere tutto insieme proprio per evitare le tempistiche dilazionate. Secondo me, l'unicità del codice è un valore, non un problema. Se ci sarà un periodo transitorio breve di un mese o due mesi per permettere all'ANAC di emanare le linee-guida in maniera più approfondita, per noi nulla osta, ovviamente. Teoricamente, però, l'unicità per noi era molto importante.
  È stato sollevato il tema del riequilibrio economico-finanziario e, quindi, dei piani economico-finanziari, che devono essere trasparenti e leggibili. Sul tema della trasparenza e della disponibilità alla pubblicità dei piani economico-finanziari ci siamo già espressi positivamente. Sono disponibili sul sito, dal quale si possono scaricare, anche tutti i contratti delle concessioni autostradali. Stiamo caricando, gradualmente, tutte le notizie relative alle varie opere italiane in un sito che abbiamo messo a punto, Opencantieri: sono a disposizione e su di esse non c'è alcun segreto.
  È chiaro, invece, che in questo nuovo codice il rischio è finalmente affidato al concessionario e non è più in capo allo Stato. Questo è scritto e detto esplicitamente. Il riequilibrio, a differenza di prima, non deve scaricarsi solamente sulle tariffe e sullo Stato: si scaricherà con il rischio di impresa e con il riconoscimento del rischio d'impresa.
  Il senatore Margiotta ha sollevato il tema dei decreti attuativi. Anche a mio avviso sono troppi: abbiamo fatto un lavoro di pulizia e stiamo continuando a farlo, ma è molto complicato. Crediamo, però, che con le linee-guida e con il codice non ci saranno periodi «in attesa di». Per esempio, è vero che un decreto attuativo riguarda proprio il tema del progetto preliminare. Sul progetto di fattibilità un decreto attuativo indica bene le caratteristiche delle varie fasi progettuali. Non credo però, francamente, che il progetto preliminare Pag. 16 fosse più sostanzioso rispetto al progetto di fattibilità, perché, da come è definito nel codice, sembra che sia abbastanza importante.
  In merito all'avvalimento, come hanno segnalato molti di voi, tra cui l'onorevole Manfredi, la scrittura del testo potrebbe essere più chiara, perché può dare adito a dubbi. Vediamo se nell'opera chiarificatrice di riscrittura si potrà includere anche il tema dell'avvalimento plurimo, che lei ha sottolineato e sul quale, francamente, devo svolgere le opportune verifiche.
  Il senatore Rossi ha svolto una riflessione sulla RAI, che condivido. Anch'io ritengo che la RAI, nei suoi settori specifici, debba avere una regolamentazione speciale, ad esempio se deve acquistare del mobilio o altro. Da parte nostra, su tale argomento, si sta certamente svolgendo una riflessione.
  Della centralità del progetto ho parlato all'inizio. Mi rendo conto – questa è una delle questioni che mi hanno preoccupato di più – che rispetto alle aspettative sulla centralità del progetto forse abbiamo un po’ deluso e, quindi, faccio mea culpa. Pensavo che la reazione dei progettisti sarebbe stata migliore. Credo che questa sia davvero una delle chiavi di successo di questo Codice degli appalti. Dovremo ragionare meglio su tale aspetto. Se avete suggerimenti, li accogliamo molto volentieri. A noi sembrava di aver fatto un buon lavoro, ma, evidentemente, siamo stati troppo ottimisti. Credo anch'io che la centralità del progetto, la qualità del progetto e le società di progettazione siano tutte risorse straordinarie, che devono essere messe in ordine e in fila. Pertanto, manifesto la nostra disponibilità a lavorare su questo argomento. Veramente, ripeto, può darsi che la scrittura non abbia fatto ragione né di eccessivo dettaglio, come ha segnalato il senatore Cioffi, né di eccessiva valorizzazione, come invece è stato sulle società di progettazione e sulla centralità del progetto. Certamente vogliamo essere coerenti rispetto al mandato che ci avete dato su questi argomenti e non vogliamo essere omissivi. Pertanto, se avete suggerimenti per quanto possiamo fare nell'immediato, lo facciamo con grande piacere, cercando di venire incontro ai suggerimenti che anche oggi avete opportunamente fornito e che senz'altro ci saranno utili nel lavoro di queste ore. Non è un lavoro semplicissimo, perché ci sono esigenze contrastanti, ripeto. Credo, però, che siamo sulla strada giusta e che stiamo lavorando a una svolta vera.
  Forse il codice ha ricevuto troppe lodi o, forse, troppe critiche. Come ha detto giustamente oggi il presidente Cantone, si passa da un eccesso di euforia a un eccesso di depressione. Forse si può stare molto tranquilli e pensare che, comunque, la sostanza è molto positiva e che possiamo certamente lavorare per migliorarla in queste ore e in questi giorni. Sono convinto, però, che la svolta ci sia veramente.
  Quello che ci interessa, adesso, è dare un segnale, visto che ci sono stati segnali di ripresa, grazie anche al lavoro del Parlamento: mi riferisco alle risorse a disposizione dell'ANAS, ai contratti di programma RFI, alla clausola di flessibilità, che potrà dare luogo alla spesa per investimenti di 10 miliardi di euro, all'abolizione del Patto di stabilità, che ha sortito già da subito l'effetto di aumentare gli investimenti nei comuni di 2 miliardi di euro. Penso anche a tutte le politiche per la casa che sono state messe in campo nell'ultima legge di stabilità.
  Credo che il settore sia in movimento. È evidente che non dobbiamo – lo dico da medico: primum non nocere – mettere in crisi il sistema che si sta mettendo in movimento. Dobbiamo aiutarlo a crescere. Si tratta, però, di un settore molto delicato, perché viene da anni di malattia e di inefficienza. Non ci sarebbe stato bisogno di riscrivere il Codice degli appalti se tutto fosse andato bene, ripeto. Finalmente, credo che con questo codice ci adattiamo alle regole europee, introduciamo una regolazione molto semplificata e facciamo una lotta vera alla corruzione.
  Per me non esiste il rischio che il Ministero chiuda, senatore Cioffi, perché non credo che il ruolo affidato ad ANAC sia eccessivo. Credo che i ruoli siano molto separati e distinti, che ognuno faccia il suo Pag. 17mestiere e che sia giusto che ANAC faccia bene il suo mestiere e rafforzi il suo ruolo in questo Paese.
  Questa non è in alcun modo una deminutio del nostro lavoro, che invece si deve concentrare molto sulla predisposizione di una buona programmazione, di ottimi progetti, nel fare le gare, nel controllare la qualità delle imprese e nel riuscire a portare a termine i lavori pubblici nel Paese, vista l'esperienza, che non è stata esattamente esaltante, di questi anni.

  PRESIDENTE. Ministro, la ringrazio anche a nome del presidente Matteoli. Grazie anche per lo spirito di collaborazione. Dal canto nostro, stiamo cercando, con il lavoro dei relatori e degli uffici, di esprimere un parere identico – sarebbe la prima volta nella storia della Camera e del Senato – in maniera tale che non ci siano dubbi sugli aspetti che il Parlamento intende chiedere di modificare o di migliorare.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.20.

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