Sulla pubblicità dei lavori:
Gelli Federico , Presidente ... 3
Proposta di Relazione ai sensi dell'articolo 2, comma 5, ultimo periodo della delibera istitutiva della Commissione d'inchiesta 17 novembre 2014, come modificato dalla deliberazione della Camera dei deputati 23 marzo 2016, sull'attività svolta fino al 31 gennaio 2016:
Gelli Federico , Presidente ... 3 ,
Beni Paolo (PD) ... 10 ,
Brescia Giuseppe (M5S) ... 11 ,
Gelli Federico , Presidente ... 12 ,
Carnevali Elena (PD) ... 12 ,
Fontana Gregorio (FI-PdL) ... 14 ,
Gelli Federico , Presidente ... 15 ,
Brescia Giuseppe (M5S) ... 15 ,
Gadda Maria Chiara (PD) ... 15 ,
Fontana Gregorio (FI-PdL) ... 15 ,
Gadda Maria Chiara (PD) ... 16 ,
Fontana Gregorio (FI-PdL) ... 16 ,
Gelli Federico , Presidente ... 16
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
FEDERICO GELLI
La seduta comincia alle 9.15.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
Non essendovi obiezioni, così rimane stabilito.
(Così rimane stabilito).
Proposta di Relazione ai sensi dell'articolo 2, comma 5, ultimo periodo della delibera istitutiva della Commissione d'inchiesta 17 novembre 2014, come modificato dalla deliberazione della Camera dei deputati 23 marzo 2016, sull'attività svolta fino al 31 gennaio 2016.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di Relazione ai sensi dell'articolo 2, comma 5, ultimo periodo della delibera istitutiva della Commissione d'inchiesta 17 novembre 2014, come modificato dalla deliberazione della Camera dei deputati 23 marzo 2016, sull'attività svolta fino al 31 gennaio 2016.
Ricordo che l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei Gruppi, nella riunione dello scorso 21 aprile ha stabilito di dedicare all'esame della relazione la seduta odierna, con eventuale prosecuzione nella seduta già prevista per domani, giovedì 28 aprile. In quella sede si era altresì fissato alle 13 di martedì 26 aprile il termine per presentare eventuali modifiche o integrazioni al documento che è stato trasmesso a tutti i commissari.
Avverto che sono pervenute proposte integrative e modificative dai colleghi Beni e Fontana, mentre la deputata Lorefice ha trasmesso il testo della relazione, corredato di note. I suddetti documenti sono disponibili al tavolo della presidenza.
Quanto al documento trasmesso dalla collega Lorefice, segnalo che esso si presenta ricco di numerosi commenti, suggerimenti e proposte. In massima parte, le note che corredano il testo originario della relazione si manifestano come commenti o considerazioni personali oppure prefigurano esiti dell'attività di inchiesta che saranno sicuramente meritevoli di considerazione quando saranno esaminate le relazioni tematiche, ma che adesso risultano ultronei.
In sostanza, le modalità di presentazione non consentono di individuare in modo univoco la portata modificativa dei contenuti del documento. Pertanto, ove si voglia chiedere l'inserimento nel testo o quantomeno la sottoposizione al voto, devo chiedere alla collega di formulare modifiche testuali alla proposta di relazione. Ove ve ne fosse richiesta, potrei fissare un termine per la loro formalizzazione, per capire qual è il senso della proposta che fate, essendo molto articolata.
Vi illustro molto brevemente la relazione, in modo tale da avere il tempo di riflettere su come muoverci su queste eventuali ipotesi di lavoro. Poi, se siete d'accordo sull'ipotesi di fare emendamenti al testo, dovremo stabilire una data per la presentazione dei singoli emendamenti, che Pag. 4ovviamente sottoporremo al vaglio della Commissione.
Permettetemi questa breve relazione introduttiva. Il lavoro, come avete visto, è un lavoro importante – sono 140 pagine, se non sbaglio – ed è il frutto dell'attività dal momento in cui la Commissione si è insediata, il 26 marzo 2015, alla data del 31 gennaio 2016. Ovviamente, voglio ringraziare formalmente il mio predecessore, Gennaro Migliore, per l'intenso e proficuo lavoro svolto dalla Commissione sotto la sua presidenza e tutti voi, che avete contribuito alla produzione di questo serrato lavoro.
Nella stesura del documento che mi sono proposto di realizzare, ovviamente non in maniera esaustiva dell'attività condotta da quest'organo parlamentare nei primi mesi, abbiamo inserito un riscontro puntuale della metodologia del lavoro adottato, dei contenuti delle audizioni, degli esiti dei sopralluoghi, degli incontri formali svolti e dei documenti acquisiti, in sostanza di tutta l'attività conoscitiva e del lavoro che è stato effettuato in questi mesi.
Ovviamente, quest'attività non può considerarsi conclusa e costituirà la base per le prossime relazioni periodiche monotematiche che, come ricorderete, abbiamo deciso di fare sui singoli filoni di indagine della nostra Commissione.
Non potevo, ovviamente, formulare considerazioni conclusive a nome della Commissione, non essendo ancora maturato alcun convincimento definitivo da parte del plenum. D'altra parte, occorre anche prendere atto che alcuni temi di indagine richiedono un maggior grado di approfondimento istruttorio, che certamente non mancherà di essere svolto nei prossimi mesi.
Ho cercato di mettere in rilievo, nel modo più asettico possibile dal punto di vista politico, le principali problematiche emerse nel corso delle attività di indagine, che saranno oggetto di esame e di confronto in Commissione, nel momento in cui verranno discusse anche le singole relazioni sui temi in cui abbiamo pensato di suddividere il nostro lavoro, anche per gruppi.
Passo, quindi, a illustrare i principali contenuti della proposta di relazione.
Il testo reca nella premessa un quadro riassuntivo delle attività di indagine svolte, ovvero l'elenco delle audizioni, delle missioni, degli incontri informali con le delegazioni estere e il dato complessivo del materiale documentale. In questo contesto si offre un quadro della capillare azione di raccolta dei dati e delle evidenze statistiche.
Infatti, se, da un lato, si è conseguito l'obiettivo di disporre di un report statistico aggiornato con cadenza periodica, che consente anche di avere una raffigurazione molto ampia dei sistemi e dei centri d'accoglienza, dall'altro, però, si è rilevato che le diverse banche dati da cui l'organo parlamentare attinge informazioni rispondono a finalità proprie e non convergenti le une con le altre.
Potremmo dire, quindi, che questo è uno dei temi da mettere in evidenza anche in eventuali successive riflessioni. Mi riferisco all'opportunità di disporre di uno strumento indispensabile di programmazione e analisi del sistema di accoglienza, quale potrebbe essere una unica e condivisa banca dati, da cui ciascun attore istituzionale, nei limiti delle proprie competenze, possa attingere le informazioni, aggiornandole a sua volta in tempo reale.
Inoltre, sempre in premessa del documento, si riassumono i nove ambiti tematici nei quali la Commissione aveva inteso strutturare il proprio lavoro d'inchiesta, che sono poi sviluppati nei successivi capitoli. Andiamo rapidamente ai capitoli.
Il primo capitolo è dedicato all'attività istruttoria svolta in merito al sistema di identificazione dei migranti. Il documento evidenzia questa tematica con l'applicazione delle regole europee (il cosiddetto Dublino III), in cui è competente per l'esame di una domanda di asilo lo Stato membro di primo approdo – lo ripeto, ma lo sappiamo benissimo – e il conseguente confronto tra le autorità nazionali e le Istituzioni europee, da cui sono scaturiti due strumenti diversi, ma tra loro complementari: l'approccio hotspot – che, come vi ricordate, sarà oggetto anche delle nostre Pag. 5prossime missioni, soprattutto per quelle strutture che si sono trasformate in hotspot – e la procedura di ricollocazione (relocation) dei migranti.
Dei sei hotspot previsti, al 31 gennaio 2016 ne erano stati attivati solo tre: Lampedusa il 28 settembre 2015, Trapani il 22 dicembre 2015 e Pozzallo il 19 gennaio 2016. Un ulteriore hotspot è adesso attivo a Taranto dal 29 febbraio 2016, quindi una data successiva al periodo di riferimento della presente relazione, che era il 31 gennaio 2016.
Dopo aver passato in rassegna le procedure di identificazione adottate dalle autorità italiane e le prassi operative, il testo si sofferma sulle innovazioni procedurali conseguenti all'attivazione degli hotspot quali siti specificamente destinati al fotosegnalamento.
Nella relazione si riportano le attività di approfondimento compiute dalla Commissione che, oltre ad aver acquisito una significativa documentazione, ha svolto sul tema numerose audizioni ed ha inviato una propria delegazione sia a Lampedusa che a Pozzallo – anche se ciò è avvenuto quando questi centri erano ancora qualificati come Centri di primo soccorso ed accoglienza – e si evidenziano alcune delicate questioni aperte.
La prima riguarda l'assenza di una qualificazione giuridica certa rispetto al tema degli hotspot, la cui necessità è stata evocata in molte sedi, non solo per esigenze di tutela dei singoli e di certezza del diritto, ma anche perché solo un apposito intervento normativo potrebbe consentire di adeguare le convenzioni stipulate dalle prefetture con gli enti gestori alle caratteristiche delle permanenze negli hotspot. In maniera particolare, il tema delle modalità procedurali che rispettino i princìpi ineludibili di Dublino dell'accoglienza si deve confrontare con il tema della tempistica nella definizione in tempi brevi della distinzione tra le diverse categorie di migranti, in modo da orientare fin dall'inizio gli adempimenti successivi. Questo è uno dei primi problemi.
Come dicevo, questa distinzione delle diverse categorie di migranti ha anche lo scopo di inserire fin da subito nel sistema di accoglienza per i richiedenti asilo e in uno specifico percorso di ricollocazione chi ne abbia i requisiti, oppure, al contrario, come sappiamo, quello di attivare il prima possibile il meccanismo di allontanamento dal territorio nazionale. Si tratta dei due percorsi che conosciamo bene.
Su questo punto, ossia sull'allontanamento, nel documento si pone in luce come le procedure di respingimento scontino un tasso molto elevato di inottemperanza, senza però che vi siano, allo stato, strumenti procedurali e normativi per evitare che i luoghi vicini agli hotspot diventino siti estemporanei di soggiorno di cittadini irregolari. Questo è uno dei problemi principali che abbiamo.
Un altro elemento meritevole di attenzione, sempre indicato nel documento, concerne la regolamentazione dell'operazione volta a superare i comportamenti di resistenza e di non adesione volontaria alle procedure identificative. In altri termini, si pone in evidenza la necessità di valutare la possibilità di introdurre forme più o meno coercitive di trattenimento ai fini identificativi e il loro impatto.
Trattandosi di uno strumento complementare all'attuazione dell'approccio hotspot, nella relazione si dedica anche un breve paragrafo al funzionamento – certamente ancora insufficiente – del meccanismo della relocation dei migrati.
Infine, sempre nel primo capitolo, si dedica un breve paragrafo alle condizioni di permanenza sul suolo italiano di coloro che si sono sottratti al fotosegnalamento, per non incorrere nei rigidi meccanismi del regolamento di Dublino. I cosiddetti «transitanti», esclusi per definizione dal sistema di accoglienza «ufficiale», spesso si ritrovano accampati in condizioni di fortuna in siti estemporanei, restando ogni possibile forma di accoglienza rimessa a una rete di assistenza parallela, in cui ai soggetti sociali virtuosi si affiancano, purtroppo, anche criminali che favoriscono, dietro il corrispettivo di ingenti somme di denaro, l'approdo nei Paesi esteri.
Il secondo capitolo è dedicato invece al filone di indagine riguardante il sistema dei Pag. 6centri d'accoglienza. Il capitolo illustra anche l'attività istruttoria riferita al filone di indagine sui meccanismi dei bandi di gara per l'affidamento degli appalti dei servizi di accoglienza dei migranti.
Nella relazione si offre un quadro sintetico dei meccanismi di organizzazione dell'accoglienza in Italia, che è andato modificandosi in virtù del decreto legislativo n. 142 del 2015. Sono quindi illustrate le principali caratteristiche della «prima accoglienza» – assicurata nelle strutture di cui agli articoli 9 (i cosiddetti hub) e 11 (strutture temporanee), nonché in quelle allestite in occasione della c.d. «emergenza Puglia» nel 1995 – e della «seconda accoglienza», disposta nelle strutture di cui all'articolo 14 (SPRAR) ovvero, in caso di insufficienza, ancora una volta ricorrendo in via residuale alle strutture temporanee.
In primo luogo, per quanto riguarda la riconfigurazione dei centri di prima accoglienza in hub, appare meritevole di riflessione la circostanza che essi rappresentano pur sempre centri di dimensioni considerevoli, il cui afflusso non può essere realmente programmato. Ne discende che in un determinato periodo, soprattutto di intensi arrivi, in assenza di meccanismi celeri di definizione delle domande d'asilo – è uno dei temi che poi vedremo – e in presenza delle note difficoltà a reperire posti nei centri di seconda accoglienza, è facilmente prevedibile il sovraffollamento di queste strutture, con conseguente riduzione degli standard qualitativi dei servizi erogati al di sotto spesso dei limiti accettabili.
Quanto, invece, alla rete SPRAR, considerata in maniera unanime il modello più efficace, una delle questioni emerse riguarda il rapporto tra l'ente locale proponente e il soggetto che concretamente gestisce il progetto. Poiché il 99 per cento dei progetti degli enti locali di SPRAR utilizza un'associazione per la gestione operativa, diviene infatti questione di estrema importanza verificare quali siano i meccanismi in base ai quali i comuni scelgono i partner sociali, ossia il meccanismo di affidamento dei comuni ai soggetti interlocutori sul territorio (associazioni di volontariato, cooperative o altri soggetti).
Quanto, infine, ai centri d'accoglienza straordinari, i cosiddetti CAS, la relazione richiama l'attività istruttoria sul punto per rilevare che anche in sede di sopralluogo da parte della Commissione, al di là delle situazioni realmente patologiche, si evidenziano problemi comuni di carattere strutturale.
In particolare, tali centri sono condizionati dalla loro stessa natura di strutture temporanee. I profili di provvisorietà, che spesso derivano anche dal bando, che fissa la durata dell'affidamento del servizio in pochi mesi, determina una generalizzata situazione di difficoltà di erogazione dei servizi con standard qualitativi accettabili. Basti pensare, per esempio, alla situazione precaria del personale che vi opera, la cui professionalità non può essere garantita a fronte di meri affidamenti a carattere trimestrale o, al massimo, semestrale.
La situazione viene ad aggravarsi rispetto anche alla collocazione di queste realtà per la difficoltà in termini di integrazione con il territorio, che certamente non è favorita dalla collocazione in zone di aree urbane periferiche o zone rurali collegate sporadicamente con centri anch'essi di piccolissima dimensione e, dunque, impossibilitati a prestare i servizi sociosanitari. C'è anche questo problema.
In quanto strettamente legata all'organizzazione dei centri, nel testo sono esaminati i cardini su cui ruota la governance del sistema di accoglienza sull'intero territorio nazionale. L'istituzione del tavolo di coordinamento nazionale e dei tavoli regionali presso le prefetture capoluogo dovrebbe migliorare la condivisione a livello locale delle scelte conseguenti all'attuale meccanismo di riparto quantitativo dei richiedenti asilo sul territorio nazionale. Come sapete, mi riferisco a un'intesa che è stata raggiunta nella Conferenza unificata del 10 luglio 2014.
Tuttavia, il testo non nasconde le problematiche operative di applicazione della suddetta intesa, che richiederebbero forse una maggiore condivisione e un maggiore sostegno da parte dei rappresentanti delle Pag. 7Istituzioni politiche territoriali e dei rappresentanti dell'apparato centrale dello Stato. In molte occasioni si è, invece, palesata la difficoltà di conciliare le esigenze dei prefetti con i poteri di direzione politica delle comunità locali da parte dei sindaci e dei presidenti di regione. In sostanza, l'esigenza dei prefetti di collocare in tempi rapidissimi un determinato numero di migranti si scontra con la difficoltà di un assorbimento da parte delle comunità locali di queste richieste e di queste esigenze. Non sempre, quindi, l'accordo che prima vi dicevo ha trovato una naturale applicazione.
Inoltre, per tutte le infrastrutture dell'accoglienza la relazione pone in evidenza l'esigenza di riflettere sulle attuali procedure di affidamento dei servizi e sulle norme di controllo.
Il riferimento non è solo riguardo ai controlli contabili, pur ovviamente essenziali per evitare sprechi o vere e proprie truffe, soprattutto in sede di quantificazione delle presenze – si tratta di uno dei temi che sono stati sottolineati in più occasioni – nel centro o di erogazione del cosiddetto pocket money o del kit d'accoglienza. Non si tratta solo, dunque, di un problema di natura contabile, ma anche e soprattutto dell'opportunità di prefigurare controlli sulla qualità dei servizi resi alla persona, invero più difficili da svolgere, ma certamente determinanti in tale ambito. Questo tema dei controlli e delle verifiche sulla qualità dei servizi è uno dei punti della relazione.
Conclusivamente, in questo capitolo si segnala l'esigenza di completare il sistema nazionale d'asilo non solo aumentandone la capacità recettiva, ma anche orientandolo verso un'organizzazione pianificata, idonea a favorire reali processi di integrazione e un uso congruo delle risorse impegnate. È uno dei temi – credo – centrali del nostro lavoro.
Passo al terzo capitolo. Nella parte istruttoria la relazione si occupa dei procedimenti amministrativi e giurisdizionali connessi all'esercizio del diritto d'asilo, che trova riconoscimento, come ben sapete, nelle tre forme di protezione internazionale, che qui ripeto: il riconoscimento dello stato di rifugiato, la protezione sussidiaria e la protezione umanitaria.
A tal riguardo, la relazione inquadra il sistema delle Commissioni territoriali, formulando interrogativi sia sulla congruità del loro numero, sia sul riparto interno di competenza, non sempre allineato alle reali quantità di domande proposte, la cui crescita esponenziale potrebbe rendere difficile la celere definizione dei provvedimenti.
Inoltre, la relazione indica come meritevole di attenzione il tema della composizione di tali organi amministrativi, in ragione della necessità che siano formati da persone competenti e costantemente aggiornate sugli scenari internazionali.
Con riguardo alle medesime tematiche, la relazione affronta anche le problematiche connesse al procedimento giurisdizionale che si attiva con il ricorso avverso il provvedimento della Commissione territoriale. Il lavoro svolto dalla Commissione parlamentare ha evidenziato come l'attività dell'autorità giudiziaria ordinaria sia condizionata dalla peculiarità dell'istruttoria processuale, dalle difficoltà di acquisire elementi informativi sugli scenari internazionali e, più banalmente, di reperire interpreti, nonché dalla mancanza di una sezione giurisdizionale specializzata.
Ne consegue una forte differenziazione tra le valutazioni delle Commissioni territoriali e quelle giurisdizionali. Questo aspetto è, ovviamente, ineludibile, stante l'autonomia e l'indipendenza della magistratura – questo mi sembra abbastanza evidente – ma si può certamente intervenire in merito.
Soprattutto abbiamo i lunghi tempi di esame dei ricorsi giurisdizionali. È forse questa la più preoccupante criticità, in quanto, ancor più che in altri settori, la lentezza della macchina giudiziaria in sede di esame delle domande di protezione internazionale incide su persone che auspicabilmente avranno con grande sforzo trovato medio tempore una qualche forma di integrazione familiare, sociale e lavorativa, per cui l'eventuale decisione negativa a distanza di anni sarebbe ancora più inaccettabile. Pag. 8
Purtroppo, sappiamo che intercorrono per il riconoscimento dello status addirittura alcuni anni, il che è inaccettabile. Nel frattempo, che cosa succede a queste persone? Anche su questo aspetto la relazione si sofferma, ritenendo opportuno riflettere sulle possibili opzioni normative volte a effettuare una semplificazione delle procedure e a consentire una risposta adeguata sul sistema giustizia in tema di protezione internazionale, riservandosi in merito anche di valutare l'ipotesi, a determinate condizioni, riferibili all'abolizione anche del grado di appello.
Ricordate che questa era un'ipotesi che era stata ventilata e proposta. Chissà che cosa emergerà quando ascolteremo il Ministro della giustizia su questo argomento. L'abbiamo in calendario e quindi vedremo quali sono le proposte che ci verranno offerte dal Governo e dal ministero competente su questa materia.
Nel quarto capitolo, dopo aver esaminato le diverse tipologie di provvedimenti previste dalla normativa vigente per l'allontanamento dal territorio nazionale di coloro che si trovano in condizione di irregolarità, sono state vagliate l'efficacia e l'effettività del sistema.
Ne è emerso un quadro impietoso. Dobbiamo essere molto chiari. La nostra relazione deve fare la fotografia della situazione. Il 50 per cento dei provvedimenti di allontanamento adottati dall'autorità di pubblica sicurezza (prefetto o questore) di fatto non si traducono in un concreto esodo dello straniero dal nostro territorio, relegandolo a una condizione di marginalità e, conseguentemente, esposto anche a comportamenti di tipo criminogeno.
A determinare l'elevato saldo negativo tra provvedimenti adottati ed eseguiti sono una pluralità di fattori, tra i quali principalmente la mancanza di accordi bilaterali con alcuni degli Stati di origine dei migranti. Anche laddove, invece, i patti di riammissione esistono e consentono l'espulsione anche cumulativa mediante l'impiego di voli charter – è il caso, per esempio, della Nigeria, emerge un fattore limitativo: gli elevati costi dell'operazione di rimpatrio, in termini sia di risorse umane, sia propriamente economiche.
Particolare attenzione è stata rivolta al sistema dei CIE, cercando di analizzare il rapporto tra costi – inteso come limitazione della libertà personale del soggetto ristretto – e benefici – concrete ricadute sull'effettività dei rimpatri. Sul punto è emerso il rischio concreto, seppur mitigato da alcune circolari ministeriali, che la collocazione dei centri sia affidata al fattore aleatorio della disponibilità dei posti – sicuramente insufficienti a soddisfare le potenziali richieste – e non alle reali aspettative di espulsione del soggetto.
Il quinto capitolo concerne l'indagine sul tema della protezione dei minori stranieri non accompagnati e le altre categorie di soggetti vulnerabili, tematica che sicuramente richiederà – li abbiamo anche previsti – significativi approfondimenti istruttori nel prosieguo dei nostri lavori, soprattutto per quanto riguarda le forme di protezione delle ulteriori categorie di soggetti vulnerabili. La pur limitata attività d'indagine sul sistema di accoglienza e protezione dei minori stranieri non accompagnati ha tuttavia già consentito di evidenziare le principali problematiche.
La prima è legata all'esigenza di definire compiutamente e mettere a regime un sistema di governance, che si è rapidamente evoluto nel corso del 2015, definendo in modo chiaro le attribuzioni dei diversi soggetti istituzionali che intervengono nell'ambito della protezione dei minori. Ciò anche al fine di evitare che i comuni e i sindaci siano gravati da un peso oggettivamente insostenibile dal punto di vista sia finanziario, sia amministrativo, a detrimento della qualità dell'accoglienza che è doveroso offrire a soggetti vulnerabili per definizione.
Inoltre, potrebbe essere opportuno anche ragionare sull'attuale assenza di una normativa che disegni un quadro giuridico per i minori stranieri non accompagnati realmente adeguato alle loro peculiari esigenze e, quindi, differenziato rispetto alle forme di tutela che valgono in generale per tutti i minori. Su questo, come ben sapete, c'è un progetto di legge e ci sono diverse Pag. 9proposte di legge giacenti in Parlamento proprio per cercare di normare questa materia, che attualmente dispone di norme generali, non specificamente riferite al tema dei minori migranti. Ciò forse potrà anche contribuire a ridurre, se non a eliminare, una vera e propria piaga qual è quella dell'allontanamento dei minori dalle strutture di accoglienza e della loro permanenza in condizioni di irreperibilità.
Infine, la Commissione ha preso atto delle difficoltà di costruire un sistema di accoglienza sia di primo livello, sia di secondo livello che possa effettivamente essere in grado di assorbire un numero di richieste molto sostenuto e che presumibilmente è destinato a incrementarsi nel tempo – sempre ovviamente in riferimento alle categorie cosiddette deboli, fragili.
Il sesto capitolo è dedicato all'indagine – anch'essa in fase embrionale – sul sistema della profilassi e dell'assistenza sanitaria, con specifico riguardo alla visita sanitaria d'ingresso e alle prestazioni erogabili dal Servizio sanitario nazionale.
Sul punto, è emerso che le prassi attuali non sembrano conseguire pienamente l'obiettivo di tutela della salute di coloro che sbarcano sulle nostre coste e dunque prevenire rischi per la popolazione residente. In particolare, l'accesso alle cure è talvolta ostacolato, se non impedito, da situazioni di fatto, quali la prolungata difficoltà per i richiedenti asilo di iscrizione anagrafica nel comune di dimora, con conseguente preclusione a rivolgersi al medico di base o a beneficiare dell'esenzione dal ticket.
Allo stesso modo non risulta attivo un sistema di conservazione e tracciabilità della loro condizione di salute fisica e psichica. Spesso gli esiti dei primi screening sanitari e degli esami strumentali cui sono sottoposti non sono conservati a beneficio delle successive strutture a cui il migrante viene trasferito. Non rimanendo tracce delle eventuali patologie, si determina un ritardo della risposta sanitaria, oltre che, ovviamente, uno spreco di risorse.
Infine, il settimo capitolo della relazione è dedicato al segmento di indagine riguardante l'analisi delle risultanze delle principali inchieste giudiziarie che hanno coinvolto il settore dell'accoglienza. Le ingenti risorse investite nel settore e la scarsa attenzione verso l'effettiva erogazione dei servizi hanno inevitabilmente attirato l'attenzione degli speculatori senza scrupoli nel settore dell'accoglienza, con sempre maggiori rischi di condotte criminali.
Il testo ripercorre le vicissitudini, non solo giudiziarie, del CARA di Mineo e dell'indagine che convenzionalmente viene definita Mafia Capitale, nonché i principali elementi di altre inchieste giudiziarie, in modo estremamente sintetico, dal momento che la Commissione ha già stabilito di presentare relazioni esaustive appositamente dedicate ad esse, previa desecretazione dei documenti acquisiti.
Con riguardo alle proposte avanzate dal collega Fontana, il collega chiede che venga inserito all'interno del testo, a pag. 10, dopo le parole «del 2013 (cosiddetto “Dublino 3”)»: «Tale sistema presenta persistenti criticità, come risulta, tra le altre cose, dalle dichiarazioni della Direttrice del servizio di Polizia scientifica della Polizia di Stato dott.ssa Stradiotto, che, nel corso della sua audizione del 10 settembre 2015, ha rilevato come, alla data, la percentuale dei fotosegnalati fosse appena del 66,64 per cento, “pari a 81.282 su 121.974 dal 1° gennaio 2015”». In altre parole, si sta parlando dei primi riferimenti all'attività dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2016.
A p. 24, dopo le parole «accessibile da tutti gli Stati aderenti all'accordo di libera circolazione (Regolamento 603/2013)», il collega Fontana propone di aggiungere: «A tale riguardo, la Direttrice del servizio di Polizia scientifica della Polizia di Stato dott.ssa Stradiotto, nel corso della sua audizione del 10 settembre 2015 ha espresso l'auspicio che “arrivino velocemente gli strumenti normativi, perché lo strumento normativo per trattenere una persona 72 ore non ce l'abbiamo”». Si propone di introdurre, quindi, strumenti normativi per accelerare il tempo delle 72 ore.
Vi ho letto questi passi perché sono molto sintetici. È stato presentato anche un documento del collega Beni, che sostanzialmente chiede di specificare meglio, sul tema del sistema dei centri d'accoglienza, le Pag. 10procedure di affidamento dei controlli. Alcuni punti sono già previsti dalla relazione. Se vuole, però, ovviamente gli do la parola.
Poi c'è un lavoro, molto copioso, che è stato presentato dalla collega Lorefice, immagino a nome del Movimento 5 Stelle, sul quale dobbiamo decidere come muoverci rispetto a queste integrazioni che sono state proposte.
Vi rammento, prima di darvi la parola, che dovremmo approvare il nostro documento entro la fine del mese.
Do la parola ai colleghi.
PAOLO BENI. Vorrei semplicemente spiegare. Il presidente ha già detto del contributo che avevo mandato. Se c'è, chiedo se sia possibile distribuirlo o leggerlo.
Premetto che a me, nel complesso, la relazione sembra buona e ricca di documentazione e di materiale. Raccoglie in maniera efficace ed espone, anche in una sequenza logica ed opportuna, il lavoro istruttorio fatto. Non ci sono, ovviamente, conclusioni, ma è un resoconto oggettivo.
Questo non impedisce, però, nel resoconto oggettivo e ricco che viene fatto di fare emergere anche alcuni elementi di criticità che vengono messi a fuoco efficacemente. Penso che queste questioni siano quelle su cui, nel prosieguo del lavoro, dovremmo in particolare concentrarci nell'approfondire la nostra indagine e che sfoceranno poi in ulteriori documenti.
Ovviamente, la relazione l'ho letta tutta e questa valutazione positiva è un po’ sul complesso, con il livello di approfondimento che si poteva fare nel poco tempo avuto. Non è un romanzo giallo. In particolare, su una parte, che riguarda il tema di cui mi sono occupato maggiormente, cioè tutto il tema del funzionamento del sistema e del modello dei centri, mi sono permesso di fare alcune osservazioni.
Tutto quello che si dice in queste 30 pagine è assolutamente corretto e correttamente illustrato. Non sono sicuro, però – per questo motivo proponevo che in premessa si facesse questo appunto – che il lettore non particolarmente esperto o non troppo a conoscenza della materia abbia, da una lettura magari un po’ più disattenta, la percezione della situazione reale.
Nell'introdurre il tema, giustamente si fa riferimento al decreto n. 142 e quindi al modello disegnato da quel decreto: c'è una prima accoglienza, assicurata nelle strutture dell'articolo 9, che vengono definite hub e, residualmente – in sostanza, quando non bastano le strutture temporanee – si decide in trasformare le vecchie strutture governative, i vecchi CARA, in hub. Questo è il ragionamento.
Dovremmo avere, quindi, una prima accoglienza per un periodo limitato, che serve, in sostanza, all'assistenza iniziale e all'espletamento delle pratiche di avanzamento dell'istanza di protezione internazionale. Dopodiché, quando la persona è entrata nel sistema e ha una richiesta in corso, diventa richiedente di protezione internazionale e, in attesa dell'esame della pratica, dovrebbe stare nella seconda accoglienza.
Questo dice il decreto n. 142 ed è un modello anche convincente. Il problema è che dobbiamo dire in maniera molto serena che così non è. Abbiamo deciso di andarci, va bene; ma attualmente non funziona così. Dobbiamo dirlo, altrimenti si ricava una visione confusa del sistema.
Che cosa è successo? Di fatto oggi abbiamo un «magma indistinto» di centri, grandi o piccoli. Gli hub che si devono costituire, anche se si è fatta la scelta di superare la logica delle grandi strutture e delle migliaia di persone, sono comunque centri grandi. Ai CARA – qualcuno continua a chiamarli CARA, ma non si chiamano più CARA; sono hub, ma, alla fine, quelli restano – si aggiunge una polverizzazione nel territorio di una miriade di centri straordinari.
Pertanto, abbiamo un enorme sacco di centri grandi e piccoli – che si chiamino CARA, hub, CAS o come si vuole – in cui le persone, non come viene previsto per la fase della prima accoglienza, entrano – talvolta ancora prima dell'identificazione, perché l'identificazione viene completata lì – da cui escono e in cui rimangono anche dopo aver presentato la domanda di asilo e anche per tutto il percorso di esame della Pag. 11domanda d'asilo (anche per un anno e mezzo).
Nella seconda accoglienza, invece, ci va una minoranza, perché il sistema SPRAR – che per quello che dice il decreto n. 142 è l'unica seconda accoglienza – accoglie il 20 per cento delle persone attualmente inserite nel sistema.
Di fatto, quindi, siamo in un'altra dimensione e oltretutto, in questa dimensione in cui siamo, non solo salta la distinzione tra prima e seconda accoglienza operata dal decreto n. 142, ma il ricorso all'apertura di centri temporanei e straordinari – per motivi di necessità evidentemente, visto l'incremento degli arrivi degli ultimi anni – ha creato il segmento debole del sistema. I CAS sono veramente il segmento debole, da tutti i punti di vista: dal punto di vista delle procedure di affidamento, perché vi abbiamo riscontrato i problemi maggiori sugli affidamenti diretti; della carenza dei servizi; degli abusi vari (pocket money). La relazione è molto dettagliata.
Oltretutto, farei notare una cosa (è scritto anche questo, in realtà, nella relazione): questi centri, su cui esprimiamo una valutazione qualitativa inferiore rispetto al sistema SPRAR, non costano meno del sistema SPRAR, perché gli appalti pro die/pro capite hanno lo stesso costo!
Il problema è veramente quello di riconvertire. Sappiamo che la difficoltà del sistema SPRAR è che c'è un valore aggiunto apportato dalle comunità e dalle istituzioni locali – per questo motivo ha lo stesso costo – che è di impianto «volontaristico», diciamo così. È chiaro che la relazione non poteva spingersi alle conclusioni politiche, ma credo che dire chiaramente, anche in premessa, che il decreto n. 142 ha ridisegnato il modello, ma che siamo lontani da quel risultato e che però ci stiamo avviando, sia pure con delle contraddizioni, renderebbe il testo più efficace.
Per il resto, il contenuto della relazione è estremamente corretto. Penso che il problema di come superare l'anomalia dei CAS – per «anomalia» intendo centri improvvisati e improbabili, strutture di gestione che non hanno alcuna esperienza e competenza per quanto riguarda le politiche dell'immigrazione, dell'integrazione o dell'accoglienza e albergatori mezzi falliti che si improvvisano in un centro d'accoglienza – sia un problema che la Commissione ha già evidenziato e che è abbastanza soggettivo. Dobbiamo provare nel prosieguo del lavoro forse a portare un contributo su come superarlo anche a livello di proposta.
GIUSEPPE BRESCIA. Come avete già detto, abbiamo presentato questo documento, che è corposo, perché abbiamo fatto diversi rilievi alla già corposissima relazione. Anche noi la riteniamo un lavoro importante, che ha dovuto riassumere mesi e mesi di lavoro della Commissione su tematiche delicate, molto complicate e tecniche, che vanno dal piano internazionale al piano nazionale. Riteniamo che aver fatto tutto questo lavoro in così poco tempo, a cavallo anche di una festività, abbia forse portato un risultato che, seppure abbastanza completo dal punto di vista dei contenuti, perché affronta tutte le tematiche, dal punto di vista qualitativo è un po’ deficitario, proprio perché non c'è stato il tempo per approfondire alcuni aspetti.
Apprezziamo comunque lo sforzo che è stato fatto di rendere il più asettico possibile il lavoro. Riteniamo, però, anche che in questo senso questo sforzo non sia sufficiente, perché in alcuni passaggi abbiamo potuto rilevare delle conclusioni che di fatto non possono già essere state messe in capo alla Commissione.
Faccio un esempio, perché l'ho trovato tra i vari commenti che avevamo fatto. A un certo punto si dice: «La Commissione ritiene dunque meritevole di riflessione ogni opzione volta a semplificare il procedimento descritto, riservandosi in merito anche di valutare le ipotesi – a certe condizioni – riferibili all'abolizione del grado di appello». Queste magari sono delle conclusioni che si sono tratte e si sono evinte dai dibattiti che ci sono stati nelle Commissioni, ma che non rappresentano assolutamente la posizione della Commissione. Pag. 12Non credo che posizioni conclusive possano essere state raggiunte dalla Commissione su alcun tema, perché non c'è stato un vero e proprio dibattito nel merito sui diversi temi, tale da poterci far giungere a soluzioni definitive. Senza parlare di alcune imprecisioni che ci sono nel testo che, ripeto, credo siano assolutamente dovute al fatto che il testo è stato elaborato in tempi molto stretti.
Faccio una semplice proposta, che credo vada proprio nel senso di migliorare il lavoro della Commissione tutta, non soltanto per le nostre osservazioni. Peraltro, condivido ciò che ha detto il collega Beni: un approfondimento rispetto a quelle tematiche credo debba essere inserito. Lo stesso vale per la proposta del collega Fontana.
Anche se abbiamo questo termine perentorio, se chiediamo un minimo di flessibilità alla Presidenza della Camera, credo che non ci siano problemi, perché questa relazione è importantissima. Dobbiamo fornire un documento alla nazione e non soltanto ai parlamentari di questa nazione ed è meglio che questo documento sia il più chiaro, il più preciso e anche il più asettico possibile. Ripeto, non c'è stato ancora quel lavoro che ci permette di trarre delle conclusioni a nome della Commissione.
Se si potesse avere ancora un po’ di tempo, sarebbe utile. Penso che almeno questa settimana ce la dovremmo prendere per dipanare ancora qualche dubbio. Poi magari la settimana prossima si potrebbe fissare il termine di scadenza per la presentazione degli emendamenti che ognuno vorrà o potrà presentare.
Faccio questa proposta. Discutiamone.
PRESIDENTE. Do la parola alla collega Carnevali. Poi potremo, alla fine della seduta plenaria, fermarci come Ufficio di presidenza e decidere anche su questi aspetti di natura organizzativa.
ELENA CARNEVALI. Grazie presidente.
Innanzitutto desidero fare un ringraziamento non formale, ma devo dire, anzi, molto sentito. Non solo fare una sintesi di 90 pagine di audizioni, cercando di riportare gli elementi emersi in questo anno abbondante di lavoro, non è stato sicuramente un'impresa facile, ma, francamente, mi sembra che sia stato fatto un lavoro egregio, cercando anche di mantenere l'impianto rispetto al modello che ci eravamo dati, compreso quello delle filiere e dei gruppi di lavoro. Rivolgo, quindi, davvero un ringraziamento a tutti coloro che hanno contribuito a questa relazione finale.
Concordo sul fatto che la relazione finale sia particolarmente rilevante. Abbiamo già avuto occasione in parte di dire alcune cose quando abbiamo discusso sulla proroga di questa Commissione. Farò un intervento che, più che entrare nel merito, cerca di affrontare il tratto di natura politica e magari di fornire qualche suggerimento.
La prima riflessione che dobbiamo fare è che, a mio giudizio, a una conclusione, dopo un anno di lavoro, in parte questa Commissione è arrivata. Vi faccio alcuni esempi.
Penso che sia parere condiviso di tutta la Commissione che il superamento, per esempio, della modalità con cui vengono selezionate le persone che fanno parte delle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale vada superato. Da questo punto di vista auspico un orientamento che giunga a una proposta, che si può presentare al Governo, nei confronti dell'istituzionalizzazione di un'Agenzia o, per esempio, dell'elaborazione di un elenco più completo. Penso che l'ultima audizione che abbiamo fatto sia emblematica della necessità di porvi rimedio oppure di trovare una soluzione alternativa.
Anche il superamento del pagamento del gettone credo sia un punto solido, così come le osservazioni che faceva già il collega Beni precedentemente. Credo che ci siamo arrivati; magari non abbiamo ancora una soluzione, ma vorremmo che ci fosse un'integrazione tra prima e seconda accoglienza. I bandi SPRAR – che vogliono arrivare, nel medio-lungo termine, a 40.000 posti – servono per cercare di avere un passaggio più strutturato. Pag. 13
Per quanto concerne i CAS, le principali criticità attualmente riguardano le modalità di affidamento, ma anche lì siamo arrivati, per esempio, ad una modalità unica per poter fare la procedura di bando. Alcune conclusioni, secondo me, ci sono. Di questa corposa relazione, una relazione conclusiva penso sia utile che trovi forse anche un'accoglienza da parte dei colleghi.
Rispetto al lavoro emendativo mi permetto di fare due osservazioni. Facciamo attenzione, perché ho visto un fatto che mi permetto di rilevare. Chiedo al collega Brescia di darmi il tempo di valutare tutti gli emendamenti che sono stati fatti, che mi sembrano numerosi dal punto di vista numerico e anche dal punto di vista contenutistico. Dobbiamo stare attenti: non possiamo dire che ci va bene mettere nelle relazioni le affermazioni sentite in audizione in alcune parti e non in altre.
Le audizioni sono alla base delle conclusioni cui poi politicamente arriviamo con la relazione finale, ma ci sono parti in cui a me sembra – soprattutto nelle motivazioni sul parere contrario o meno o sulle motivazioni emendative dei colleghi del Movimento 5 Stelle – che quello che loro propongono sia un giudizio politico. Penso a quando parlano degli accordi bilaterali, così come a quando indicano parti da espungere. Sono più di 70.
A mio giudizio, non può esserci un criterio soggettivo. All'onorevole Brescia piace che in alcune parti non si citi la fonte e la vorrebbe fuori dal testo, in altre fa una valutazione di tipo, a mio giudizio, politico.
Allo stesso modo, per esempio, penso all'emendamento del collega Fontana, che peraltro ho visto ripreso in alcuni emendamenti sempre dei colleghi del Movimento 5 Stelle. Vogliamo emendare a pagina 10, ma la prima parte non fa altro che fare la fotocopia, cioè descrive gli argomenti che trattano le Commissioni, mentre un emendamento, il primo, sempre del collega Fontana, inserisce già un dato riferito all'esito.
Il collega Fontana nel primo emendamento da lui presentato vorrebbe aggiungere la dichiarazione della dottoressa Stradiotto a pagina 10, dove semplicemente, in quella prima parte, si descrive che cosa fanno i nove gruppi di lavoro. A mio giudizio, questa informazione – che è giustamente un'informazione che il collega Fontana riporta, sentita in audizione – non va posta lì: va posta eventualmente dove si discute e dove si commentano o si riportano i dati relativi agli esiti. Per esempio, io ho identificato la pagina 31. Per l'amor di Dio, troviamo il posto più giusto.
Dopodiché, non possiamo mettere come ultimo dato quello che ci è «più conveniente». L'ultimo dato, relativamente alla percentuale di capacità di identificazione, non è quello del settembre 2015, che riporta il 66 per cento. Dovremmo prendere un altro dato, che peraltro è stato citato sempre in questa Commissione da parte del Presidente Migliore. Eravamo alla fine del 2015. Dovremmo prendere quanto poi emerse dai dati che ci sono stati forniti direttamente dalla fonte ministeriale, per cui eravamo a 128.786, che è pari all'83,7 per cento di capacità.
Giustamente, come dice il collega Brescia, queste cose che escono non le diamo al Parlamento, ma diventano un dato che offriamo al Paese. Non dobbiamo far emergere l'ultimo dato che ci è rimasto più impresso, perché poi diamo sponda a livello europeo, per l'ennesima volta, magari di farci una reprimenda, quando non ce la meritiamo, almeno dove siamo stati capaci di migliorare rispetto al sistema di identificazione.
Dove, invece, molto probabilmente abbiamo ancora da operare è giusto che questa Commissione – che fa anche questo di mestiere, ossia valuta le criticità del sistema – arrivi a delle conclusioni, anche di natura politica, che facciano emergere verso quali indirizzi dobbiamo andare.
Mi riservo, ovviamente, di fare una valutazione puntuale. Ho preso come primo spunto l'emendamento Fontana e alcuni emendamenti dei colleghi del Movimento 5 Stelle per cercare di porre un tema che mi sembrava giusto che fosse valutato.
Concludo dicendo che, a mio giudizio, abbiamo due obiettivi politici: il primo è quello di arrivare a una sorta non dico di conclusione, ma di relazione finale più di natura politica che ci dica che cosa abbiamo Pag. 14 verificato e quali sono, molto probabilmente, le criticità del sistema e, nella seconda parte, le motivazioni e dove andiamo a parare.
Ricordo ai colleghi che adesso siamo diventati una Commissione che dura un mandato politico. Abbiamo già discusso – in particolare con il collega Brescia – se siamo noi a dover dare il mandato a chi governa. Penso che il collega se lo ricorderà. Da questo punto di vista abbiamo due opinioni diverse, ma è vero che nella funzione di parlamentare abbiamo anche una funzione di indirizzo e di controllo. La parte di controllo si fa anche attraverso questa Commissione d'inchiesta, la parte di indirizzo si fa anche rispetto a come pensiamo che bisognerebbe orientare il sistema di accoglienza italiano.
Adesso abbiamo tempi abbastanza stretti. Mi riserverei, quindi, di fare una verifica, perché sinceramente non so se ci siano i tempi per poter fare il lavoro che diceva prima il collega Brescia.
Ribadisco che concordo con alcuni emendamenti presentati perché ritengo che il giudizio sia un giudizio politico/soggettivo del Gruppo, ma non di merito, perché si tratta di dichiarazioni riportate e sentite qui.
Pertanto, verifichiamo fino a domani, oppure oggi pomeriggio, quando si pensa di poter andare in Aula. C'è, ovviamente, la volontà. Abbiamo sempre cercato di operare. Non mi sembra che siano cambiati né il clima, né la disponibilità a collaborare, sia con la Presidenza Migliore, sia con la Presidenza Gelli. A me sembra che non siano cambiate le persone che sono qui. Stiamo facendo lo stesso mestiere di prima. Se riusciamo ad arrivare a una conclusione che trovi l'unanimità da parte dei componenti, penso che abbiamo interesse tutti ad orientarci in questo senso. Se questo non fosse possibile, me ne dispiacerei e, quindi, bisognerà procedere in altro modo.
GREGORIO FONTANA. Presidente, innanzitutto penso che sia opportuno chiarire la forma di questa relazione. Da come ci è stata presentata, si proponeva di fare una sorta di sintesi del resoconto dell'attività svolta. Siamo consapevoli che, nel momento in cui dovessimo entrare nel merito delle soluzioni proposte, la discussione sarebbe più articolata e più lunga e che, ovviamente, ci sarebbe la necessità di fare tutti gli approfondimenti e i passaggi che un tema tanto delicato richiede. Le questioni sul tappeto sarebbero molteplici, come anche le soluzioni, e legittimamente ci sarebbero varie opinioni a confronto.
È chiaro che debba essere definita innanzitutto il format della relazione. Se è quello che abbiamo ricevuto, penso che, fatta qualche piccola integrazione, sicuramente non appassionandomi su dove inserire qualcosa... Nel momento in cui diamo conto di quello che è avvenuto in questa Commissione, è chiaro che diamo conto di tutto quello che è avvenuto. Non è che io voglia che venga inserito solo quello che ha detto la dottoressa Stradiotto e non quello che poi è emerso dalle comunicazioni del Governo o da altro. Ci mancherebbe.
È giusto inserire tutto perché, se c'è stata una successione di fatti per i quali, per esempio, c'è stata – la citava prima la collega Carnevali – una procedura di infrazione, una ragione per la quale ce l'hanno fatta ci sarà stata. Dunque, si dà conto di quello che è avvenuto e delle ragioni che sono state portate e chiarite. Questo sicuramente è accettabile.
Certo, se ci mettiamo nella fase, assolutamente legittima, di inserire nella relazione valutazioni e soluzioni, apriamo un discorso totalmente diverso e che, secondo me, non è assolutamente compatibile con i tempi che ci siamo dati. Questo è il crinale sul quale innanzitutto dobbiamo decidere come procedere.
Ripeto, entrambe le soluzioni sono assolutamente legittime, ma determinano una modalità di discussione e di gestione assolutamente diversa. Innanzitutto, quindi, direi che c'è un aspetto pregiudiziale su questo punto, che ovviamente attiene anche alla natura degli emendamenti. Ripeto, un conto è inserire un emendamento che chiede che venga riportato nella relazione ciò che è avvenuto e che è stato Pag. 15detto in questa Commissione, un altro è inserire delle considerazioni e delle proposte assolutamente legittime, ma che attengono all'aspetto politico, che ha ovviamente una necessità di diversa gestione e discussione.
PRESIDENTE. Ha chiesto la parola per una piccola replica l'onorevole Brescia.
GIUSEPPE BRESCIA. Più che una replica, è una precisazione. Volevo soltanto dire che i nostri non sono assolutamente emendamenti. Sono dei commenti. Non li abbiamo ancora presentati in forma di emendamenti perché sono palesemente dei commenti.
Condivido in pieno quanto detto dal collega Fontana. Se qui si sta parlando di una relazione asettica dal punto di vista politico, che riporti i fatti, resto alle parole che ho detto prima. Secondo me, comunque ci vuole un po’ di tempo, che sia questa settimana – stiamo chiedendo qualche giorno – per fare un lavoro dal punto di vista qualitativo migliore. Se, invece, si aprisse il fronte delle soluzioni, chiedo due mesi, perché credo che di cose da dire ce ne siano tantissime, ma non penso proprio che sia questa la sede.
MARIA CHIARA GADDA. Per quanto riguarda la questione dei dati che pone anche il collega Fontana nella proposta emendativa, intanto la proposta emendativa contiene in parte una valutazione e un giudizio. Pertanto, dobbiamo trovare questo punto di caduta tra relazione asettica e richiesta, perché l'emendamento 2, quello che si propone a pagina 17, di fatto contiene una valutazione.
In ottica – questa è la mia proposta – anche di una maggiore leggibilità della relazione che contiene anche un riferimento a numeri e a dati statistici e che molto spesso riprende in vari passaggi numeri e percentuali che sono legati al momento in cui veniva svolta l'audizione, mi chiedo se non sia opportuno alla fine di questa relazione, visto che viene proposta nel mese di aprile, aggiungere un allegato in cui si propone una parte della scheda riassuntiva che abbiamo ricevuto a fine anno.
Si tratta di una scheda che possa riassumere quantomeno i dati al 31/12/2015. Mi riferisco, in particolare, al cruscotto statistico che riceviamo periodicamente. Sarebbe utile avere almeno, alla fine, un punto di riferimento a chiusura dell'anno 2015. Poi chiaramente nella relazione si fa riferimento a dati che sono legati a periodi diversi, ma un punto di caduta su un periodo e su una chiusura di un anno, secondo me, dobbiamo averlo, anche in forma di allegato, lasciando invece poi la struttura della relazione così come è fatta.
Diversamente, secondo me, difficilmente si riesce a capire il senso e ad avere dei numeri con una visualizzazione. Inserirei anche i grafici a torta e gli istogrammi che sono proposti nel cruscotto operativo che riceviamo, su base annuale però. O decidiamo che i dati devono essere aggiornati... Devono essere riferiti o all'ultimo periodo dell'anno, ossia fino al 31/12/2015, oppure alla data in cui viene votata la relazione. Questa poi è una decisione da prendere.
GREGORIO FONTANA. Intervengo per una piccola precisazione. Quando ho parlato di valutazioni, era in ordine alla soluzione dei problemi. La valutazione in ordine ai dati è una valutazione in ordine a strumenti di lavoro, non alla soluzione del problema dell'immigrazione. Mi sembra che sia evidente a tutti la difficoltà che abbiamo nel reperire dati, tanto più che, per esempio – faccio un esempio per tutti – non abbiamo ancora un dato che sia uno da parte del Ministero dalla giustizia. Non abbiamo un dato.
Possiamo ragionare sulle parole e possiamo fare tutto quello che vogliamo, ma il dato è quello. Non è una valutazione sulla soluzione dei problemi. È una valutazione sugli strumenti di lavoro che questa Commissione deve avere.
A questo proposito, la proposta della collega Gadda del Partito Democratico mi sembra una proposta eccellente. Il fatto di inserire i dati del 2015 mi sembra un'idea Pag. 16eccellente, che penso anche il presidente possa valutare.
MARIA CHIARA GADDA. (fuori microfono) O alla data della relazione.
GREGORIO FONTANA. Comunque mettere i dati del 2015, visto che questa relazione si riferisce a questo, mi sembra un'idea eccellente. Vediamo se riusciamo a quadrarli.
PRESIDENTE. Se siamo d'accordo, sospendiamo la seduta plenaria, interrompiamo l'attivazione dell'impianto e ci convochiamo immediatamente per l'Ufficio di presidenza sui problemi che abbiamo detto.
La seduta è tolta.
La seduta termina alle 10.15.