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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

Commissioni Riunite (VII Camera e 7a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 10 di Giovedì 28 aprile 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Piccoli Nardelli Flavia , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, sul commissariamento della Fondazione Arena di Verona (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati):
Piccoli Nardelli Flavia , Presidente ... 3 ,
Franceschini Dario (PD) , Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo ... 3 ,
Piccoli Nardelli Flavia , Presidente ... 7 ,
Marcucci Andrea , Presidente della 7ª Commissione del Senato della Repubblica ... 7 ,
Franceschini Dario (PD) , Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo ... 7 ,
Marcucci Andrea , Presidente della 7ª Commissione del Senato della Repubblica ... 7 ,
Piccoli Nardelli Flavia , Presidente ... 7 ,
Montevecchi Michela  ... 7 ,
Piccoli Nardelli Flavia , Presidente ... 8 ,
Montevecchi Michela  ... 8 ,
Piccoli Nardelli Flavia , Presidente ... 9 ,
Conte Franco  ... 9 ,
Zardini Diego (PD)  ... 10 ,
Pannarale Annalisa (SI-SEL)  ... 10 ,
Piccoli Nardelli Flavia , Presidente ... 11 ,
Ferrara Elena  ... 11 ,
Bonfrisco Anna Cinzia  ... 12 ,
Valente Simone (M5S)  ... 12 ,
Dal Moro Gian Pietro (PD)  ... 13 ,
Piccoli Nardelli Flavia , Presidente ... 14 

ALLEGATO: Nota depositata dal Ministro Dario Franceschini ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
DELLA VII COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
FLAVIA PICCOLI NARDELLI

  La seduta comincia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, sul commissariamento della Fondazione Arena di Verona.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno della seduta odierna reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati, del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, sul commissariamento della Fondazione Arena di Verona, che saluto. Saluto anche il presidente della 7a Commissione del Senato Andrea Marcucci.
  Do la parola al Ministro Franceschini.

  DARIO FRANCESCHINI, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. Questa richiesta di audizione mi fa molto piacere, perché consente di informare il Parlamento, e di raccogliere elementi di discussione che, a mio avviso, potranno essere utili non soltanto per il tema specifico, cioè l'Arena di Verona, ma per una riflessione sul settore delle Fondazioni lirico-sinfoniche. Peraltro – come è noto – nel disegno di legge sul cinema (A.S. 2287) erano contenuti anche princìpi di delega sul settore dello spettacolo dal vivo e, quindi, all'interno del settore dello spettacolo dal vivo, sulle Fondazioni lirico-sinfoniche.
  Il percorso in atto al Senato porta a una possibilità di stralcio della parte inerente allo spettacolo dal vivo, che richiede un approfondimento in sede parlamentare più ampio rispetto alla parte cinema, su cui – viceversa – la riflessione ha raggiunto un livello più maturo, però conservando, dopo lo stralcio, la natura di disegno di legge collegato: stiamo lavorando in questo senso sul DEF e il parere parlamentare dà un'indicazione in quel senso.
  È utile che questa sia una discussione che parta non da dati astratti, ma da dati concreti, come è il caso dell'Arena di Verona.
  Come sapete, il settore delle Fondazioni lirico-sinfoniche è un'eccellenza italiana, come è stato sancito con la sentenza della Corte costituzionale n. 153 del 2011. Esso ha attraversato uno stato di crisi complicato, già dallo scorso decennio, non soltanto per una flessione del Fondo unico per lo spettacolo (come sapete, negli ultimi due anni il Fondo unico per lo spettacolo non ha subìto decrementi, ma ha registrato un leggero incremento), ma per un complesso di motivi legati al carattere delle Fondazioni, che dalla riforma del 1996 sono state trasformate in fondazioni di diritto privato. Queste hanno però mantenuto una serie di profili sostanziali di natura pubblicistica, che hanno causato, negli anni successivi, interventi normativi che sono stati tentativi – in parte anche riusciti – di affrontare i nodi irrisolti del settore.
  Nel 2013, nel decreto-legge n. 91 «Valore cultura», cosiddetto «decreto Bray» Pag. 4dal nome del mio predecessore, che con quell'intervento è riuscito a superare un punto di grande crisi complessiva del sistema delle Fondazioni lirico-sinfoniche, era stabilita – poi consegnerò un testo scritto, in modo possa ora andare più veloce – la possibilità per le Fondazioni lirico-sinfoniche in crisi di accedere a un fondo rotativo, quindi a un prestito, che è stato poi due volte rifinanziato: questo aveva come condizione un piano di risanamento, secondo i parametri indicati dalla legge, che avveniva sotto il controllo e la vigilanza di un commissario straordinario delle Fondazioni lirico-sinfoniche.
  In quel momento, dopo l'entrata in vigore del decreto Bray, hanno fatto domanda, delle quattordici Fondazioni lirico-sinfoniche, otto Fondazioni: il Petruzzelli di Bari, il Teatro Massimo di Palermo, il Maggio Musicale Fiorentino, il San Carlo di Napoli, il Teatro Verdi di Trieste, il Teatro dell'Opera di Roma, il Teatro comunale di Bologna e il Teatro Carlo Felice di Genova. Non ha fatto domanda in quella sede l'Arena di Verona.
  Con la legge di stabilità di quest'anno, lo ricorderete, è stato differito il termine per il completamento dei piani di risanamento al 31 dicembre 2018, con una possibilità di accedere al fondo rotativo da parte delle Fondazioni che non avevano fatto domanda allora, e con un incremento di 10 milioni di euro, sempre con gli stessi criteri della legge Bray, cioè l'approvazione di un piano di risanamento e tutti i criteri di sostegno e di vigilanza.
  Nel novembre del 2015, nel verbale della riunione del Collegio dei revisori della Fondazione, si legge che il Collegio sindacale «rileva che la situazione economica presenta un andamento marcatamente deficitario degli ultimi due esercizi, già registrato nel 2014 e che ormai è di tutta evidenza anche per il 2015». Troverete i numeri nel testo scritto depositato.
  Il grave andamento economico-finanziario della Fondazione, quindi, è proseguito nel 2015, come ha rilevato appunto il Collegio dei revisori, il quale afferma inequivocabilmente l'insussistenza delle condizioni necessarie per il raggiungimento di un equilibrio economico-patrimoniale e accerta una grave situazione debitoria.
  Questo quadro è stato puntualmente rappresentato – lo sanno in particolare i parlamentari veronesi presenti – dalla stampa, che si è soffermata a più riprese sulla crisi di gestione del teatro, la preoccupazione dei dipendenti per il pagamento delle retribuzioni e dei terzi creditori in ordine alla possibilità della Fondazione di far fronte alle proprie obbligazioni.
  In questo contesto, cogliendo l'opportunità che nel frattempo è stata offerta dalla legge di stabilità 2016, cioè la possibilità di fare domanda e di entrare nelle condizioni della legge Bray, il Consiglio di indirizzo della Fondazione Arena di Verona, il 30 dicembre 2015, ha deliberato di aderire alla procedura prevista dal relativo articolo 11.
  Il 22 febbraio scorso, il Collegio dei revisori della Fondazione, che si è riunito per esprimere il parere di competenza, stigmatizzava alcune previsioni dello stesso piano «frutto di proiezioni non corredate da documentazione che ne consenta un riscontro oggettivo». Per questi motivi, il 9 marzo 2016, la Direzione generale Spettacolo del Ministero ha chiesto alla Fondazione di fornire chiarimenti ed elementi conoscitivi aggiornati sulla gestione del teatro, adempiendo al proprio compito di vigilanza. Il sovrintendente della Fondazione, il 14 marzo scorso, rispondeva trasmettendo un preconsuntivo dell'esercizio 2015 e il bilancio previsionale 2016, approvato nella seduta del Consiglio di indirizzo del 7 marzo, fornendo ulteriori elementi circa l'aumento della produzione dell'estate 2015, la contestuale riduzione dei costi, e prospettando, in relazione a tali positive azioni sul fronte del conto economico della Fondazione, un utile di esercizio di 126.590 euro.
  La Direzione Spettacolo, il 21 marzo scorso – come potete sentire dalle date, i tempi di questo scambio di corrispondenza sono piuttosto serrati – ha risposto osservando che tali previsioni non risultavano assistite da adeguate dimostrazioni e ha rilevato che, oltre la perdita superiore ai 6 Pag. 5milioni di euro che il bilancio 2014 della Fondazione esponeva al conto economico, si registrava anche un'ulteriore riduzione del patrimonio disponibile, che era già negativo alla chiusura dell'esercizio 2013, sino al valore di –9.034.147 euro.
  La Direzione Spettacolo, nell'evidenziare questi elementi critici appena ricordati e anche le perplessità che abbiamo sentito dal Collegio dei revisori in febbraio, concludeva chiedendo alla Fondazione, nel termine di dieci giorni, di fornire atti formali volti ad assicurare la copertura della perdita dell'esercizio 2014, che alleggerisce il valore del patrimonio, nonché eventuali controdeduzioni.
  Il 7 aprile 2016, il presidente, cioè il sindaco, e il sovrintendente della Fondazione rispondono a queste richieste e rappresentano alcuni elementi di novità prospettiche che non vi leggo. Il giorno successivo, dagli organi di stampa si apprende che il Consiglio di indirizzo aveva deliberato la messa in liquidazione dell'ente lirico.
  Acquisito quest'atto deliberativo del Consiglio di indirizzo del 7 aprile, la Direzione Spettacolo ha rilevato che lo stesso organo, assumendo un grave stato di insolvenza e di grave liquidità finanziaria della Fondazione, anche in considerazione del fatto che non aveva avuto esito positivo il referendum del personale al quale era stato sottoposto l'accordo aziendale – era stato firmato un accordo aziendale, prima con solo un sindacato, successivamente con le tre sigle sindacali CGIL, CISL e UIL, che era stato bocciato (mi pare di ricordare con 132 voti a 130) – ha indicato la strada della liquidazione.
  Ora, le procedure per le sofferenze da indebitamento delle Fondazioni lirico-sinfoniche sono tutte disciplinate dall'articolo 21 del decreto legislativo n. 367 del 1996 e dall'articolo 11 del decreto-legge n. 91 del 2013, oltre che dalle norme statutarie e dalle integrazioni dell'ultima legge di stabilità, che prevedono, attraverso l'ipotesi dell'amministrazione straordinaria – di cui al citato articolo 21 relativo allo scioglimento del Consiglio di amministrazione e la nomina del commissario straordinario – la possibilità di far ricorso al piano di risanamento gestito dal commissario straordinario di Governo e, qualora non siano risolutive queste strade, anche l'eventualità della liquidazione coatta amministrativa.
  Sulla base di questi elementi – consentitemi di accorciare – è stato nominato commissario straordinario della Fondazione Arena di Verona il dottor Carlo Fuortes, attualmente sovrintendente del Teatro dell'Opera di Roma, che in tale veste ha contribuito in modo assai positivo e determinato a superare un momento di grave crisi. Nell'atto di nomina viene esplicitato che il compito del commissario – che svolge peraltro le sue funzioni gratuitamente, in quanto è un incarico a termine, continuando il dottor Fuortes a fare il sovrintendente a Roma – entro il 30 giugno, che è il termine previsto dalla legge di stabilità del 2016 per poter far domanda per accedere ai benefici della legge Bray, è di verificare la possibilità di presentare il piano di risanamento previsto dalla legge (un piano di risanamento vero, sostanziale, credibile) oppure, in assenza di questa possibilità, di avviare gli atti per le procedure di liquidazione della Fondazione.
  Il commissario sta andando a Verona. L'altro compito che gli era stato affidato dal decreto di nomina era di garantire lo svolgimento della stagione estiva. Questo primo obiettivo è già stato raggiunto, quindi ci sarà la stagione estiva all'Arena di Verona.
  Il secondo punto – ma naturalmente la risposta non verrà oggi, sarà più avanti – cioè il bivio sostanziale, è questo: o un piano di risanamento vero o la messa in liquidazione della Fondazione Arena di Verona.
  Questo è il quadro complessivo che riguarda l'Arena di Verona. Ritengo che vi siano alcuni temi assai specifici, ad esempio per il fatto che l'Arena di Verona, a differenza delle altre Fondazioni lirico-sinfoniche, ha una stagione estiva molto forte che funziona anche dal punto di vista degli incassi e una stagione invernale che non rende allo stesso modo, a differenza delle altre Fondazioni lirico-sinfoniche. È quindi un caso del tutto particolare, che Pag. 6deve essere affrontato, a mio avviso, anche capendo le peculiarità di questa situazione. Ma questo è un compito del commissario, del comune di Verona e del ministero nelle sue funzioni di vigilanza.
  Tuttavia, al di là della natura specifica dell'Arena e dei numeri che vi ho illustrato, che ci hanno imposto, per i doveri di vigilanza che sul ministero incombono, di affrontare il tema in modo determinato – entro il 30 giugno sapremo se ci sarà risanamento o liquidazione. Credo che sia utile, per preparare la discussione che si svolgerà in Parlamento, una riflessione sulla natura giuridica delle Fondazioni lirico-sinfoniche e sul messaggio che è stato dato inevitabilmente in questi anni, che, dal punto di vista del valore pedagogico, non è positivo. Tra le 14 Fondazioni, quelle che hanno gestito in modo virtuoso il loro bilancio hanno dovuto prendere atto che la gran parte delle risorse pubbliche sono state destinate alle Fondazioni che invece hanno gestito male il loro bilancio, attraverso un prestito (perché il fondo rotativo è un prestito), mentre i criteri nuovi del FUS hanno teso a premiare – e questo è già parzialmente avvenuto – le Fondazioni più virtuose rispetto a quelle che hanno amministrato in modo meno efficace le risorse a loro disposizione.
  Ricordo che le risorse del FUS per le 14 Fondazioni lirico-sinfoniche sono consistenti: nel 2015 e 2014 – comunque negli ultimi anni – siamo sopra i 180 milioni di euro: da sole le Fondazioni prendono quasi la metà – circa il 47 per cento – di quello che si spende per l'intero FUS. Nell'altra metà, c'è il resto della musica, i teatri di tradizione, la prosa, la danza, il cinema. È evidente che un'operazione di questo genere, numericamente e quantitativamente così importante, sta in piedi in presenza di due requisiti. In primo luogo, in nome del fatto che la lirica italiana è una bandiera, un'eccellenza assoluta, un veicolo di credibilità del Paese sul piano internazionale, e si riesce ad utilizzarla anche all'estero come grande vetrina promozionale del Paese. Il secondo elemento è un meccanismo virtuoso di gestione. Il fatto che, come è avvenuto in tanti altri settori nel passato, si sia intervenuto sempre a salvare chi aveva gestito male, può mettere in moto dei meccanismi non virtuosi, nel senso che se si pensa – mi riferisco complessivamente al sistema, non ai sindacati o a qualcuno in particolare – che tanto comunque qualcuno interviene a sanare i problemi, non si spinge verso un meccanismo virtuoso. Credo che la correzione dei meccanismi legislativi debba determinare un'assunzione piena di responsabilità, consentendo di incidere su questa natura ibrida che è uscita e che le sentenze della Corte costituzionale hanno sostanzialmente confermato, perché parliamo di Fondazioni di diritto privato, ma per le quali sostanzialmente si applicano – in particolare sul personale – criteri che appartengono alla sfera del pubblico.
  In questa situazione ibrida, per cui le Fondazioni lirico-sinfoniche sono enti di diritto privato, lo Stato non ha che un potere di vigilanza: non dispone di poteri di intervento: il Ministro nomina i sovrintendenti, ma nell'elenco dei sovrintendenti che mi sono stati proposti dal Consiglio di indirizzo non ho cambiato una virgola, come è logico. Se arriva l'indicazione di un sovrintendente dal Consiglio di indirizzo io nomino quello, non lo cambio, salvo che in futuro possa capitare che venga proposto qualcosa che non si possa accettare, ma non è questo il caso.
  La presenza del Governo si risolve nell'indicare una presenza nel collegio sindacale e nel consiglio di amministrazione. Mentre gli altri enti – penso ai teatri di tradizione – ricevono un contributo dal FUS, come è giusto, ma non hanno una presenza diretta dello Stato all'interno della gestione di quegli organi, quindi è un contributo del FUS, che viene dato a un teatro privato, nel caso delle Fondazioni lirico-sinfoniche c'è il contributo dello Stato, ma questa forma di partecipazione, peraltro poco determinante, le mantiene comunque, sia dal punto di vista giuridico (sentenza della Corte) sia dal punto di vista dell'immaginario collettivo, nella sfera del pubblico.
  A questo proposito, penso, ma non voglio proporre una soluzione adesso, che si Pag. 7debba arrivare a un chiarimento legislativo che porti a un'assunzione di responsabilità, in modo che lo Stato continui (non vorrei che ci fossero equivoci su questo) a mettere tutte le risorse che la lirica italiana merita per il ruolo che ha – non soltanto dal punto di vista storico e culturale, ma anche per l'immagine del Paese in Italia e nel mondo, quindi è un settore su cui si può costruire molto, anche dal punto di vista del richiamo turistico e dell'offerta culturale del Paese all'estero – però dentro dei meccanismi virtuosi che la legge deve stimolare e non limitare.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Franceschini – che deposita un testo anche più ampio a disposizione dei membri delle Commissioni – per questo chiarimento su come si è arrivati al commissariamento in tempi assai brevi, affrontando rapidamente la situazione, ma anche per i chiarimenti che ha dato sul fatto che ci sia un intendimento più generale su come affrontare la crisi delle Fondazioni lirico-sinfoniche.
  Chiedo al presidente Marcucci se intenda svolgere un intervento e poi passerei alle domande dei membri.

  ANDREA MARCUCCI, Presidente della 7ª Commissione del Senato della Repubblica. Anch'io ringrazio il Ministro per la puntualità della risposta e per la sua disponibilità. Ora, vediamo come procede il dibattito, poi, insieme alla collega presidente, verificheremo se c'è l'esigenza di svolgere anche un'eventuale successiva audizione.
  Il Ministro ha ricordato perfettamente lo spirito dei provvedimenti che hanno riguardato le Fondazioni e anche alcuni auspici che – dalle parole del Ministro e dalle relazioni parlamentari presentate dal commissario Pinelli – mi sembra non si siano realizzati.
  Faccio un esempio per tutti...

  DARIO FRANCESCHINI, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. Si tratta di situazioni variegate.

  ANDREA MARCUCCI, Presidente della 7ª Commissione del Senato della Repubblica. Sì, si tratta di situazioni molto diverse tra loro. Faccio un esempio per tutti: la logica delle coproduzioni, oppure il fatto di avere la «stella» del pareggio di bilancio come punto di riferimento della buona gestione di queste Fondazioni, oltre quello della qualità artistica e della produzione.
  La casualità – ahimè! – vuole che siamo in prossimità di un momento di riforma normativa, così come il Governo ha voluto, grazie all'indicazione del disegno di legge collegato o dei collegati, visto che lo valuteremo poi nella discussione parlamentare: quindi mi sembra che c'è il tema della Fondazione Arena di Verona, ma anche quello più generale delle Fondazioni lirico-sinfoniche. Questa è un'occasione ghiotta per svolgere un confronto serio, quindi, qualora ce ne fosse la necessità, chiedo fin da ora al Ministro la disponibilità a una seconda audizione.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Marcucci. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MICHELA MONTEVECCHI. Cercherò di essere il più veloce possibile, però capite che l'argomento è importante e le cose da chiedere sono molte. A mio avviso, la vicenda della Fondazione Arena di Verona pone, in generale, delle questioni delle quali noi stiamo parlando da quando fu esaminata e approvata la cosiddetta legge Bray e, in particolare, l'articolo 11 del decreto-legge n. 91 del 2013 sulle Fondazioni lirico-sinfoniche.
  Innanzitutto, c'è stata una mancanza di vigilanza e di controllo da parte del Ministero. Lei ha detto «il Ministero più che vigilare...» ma, a nostro avviso, non ha vigilato bene, visto che oggi ci ritroviamo a dover parlare della Fondazione Arena di Verona in questi termini. In effetti, lei dice che il sovrintendente è segnalato dal Consiglio di indirizzo, per cui il Ministro non può che nominarlo, perché si fida del Consiglio di indirizzo. Ho qualche riserva su questo modo di procedere, perché si potrebbero svolgere verifiche anche sulle persone che vengono segnalate, per valutare se Pag. 8effettivamente sono da nominare oppure no e, poi, forse bisognerebbe passare a un controllo effettivo sul loro operato.
  Lo dico perché, se così fosse, probabilmente il commissario straordinario Fuortes non sarebbe a Verona. Lei dice che il predetto commissario ha realizzato un ottimo lavoro al Teatro dell'Opera di Roma: noi ci ricordiamo una serie di manifestazioni su iniziativa dei lavoratori di questo teatro, che protestavano contro la gestione e le misure che il commissario Fuortes avrebbe voluto mettere in atto al Teatro dell'Opera di Roma. In realtà, si era tentato di utilizzare questo teatro come il grimaldello per proseguire e completare una strategia che va avanti da anni, cioè quella di esternalizzare tutto e, di fatto, privatizzare le gestioni delle Fondazioni lirico-sinfoniche, perché così si pensa di abbattere i costi. Questo è il leitmotiv di tutta la legislazione che si è susseguita, sempre per opera della stessa manina, supportata trasversalmente da tutti i partiti che si sono succeduti al Governo e da tutti i ministri di ogni colore. Probabilmente, col Teatro dell'Opera non si era riusciti a utilizzare la situazione come grimaldello e, ora, ci si riprova con la Fondazione Arena di Verona.
  In merito al caso Fuortes, lei prima diceva «il problema sono anche i meccanismi virtuosi e la mancanza di assunzione di piena responsabilità». Certo è che questi meccanismi virtuosi fanno fatica ad avviarsi, se sono sempre le stesse persone che, con giri di valzer, occupano le stesse poltrone, con le stesse gestioni poco virtuose, quindi con risultati negativi che noi constatiamo e di cui dobbiamo prendere atto. Se si iniziassero a cambiare le persone, forse ci ritroveremmo a vedere le Fondazioni gestite in modo più innovativo, più creativo, quindi migliore e, oggi, non staremmo a parlare della Fondazione Arena di Verona.
  Quanto all'assunzione di responsabilità, mi piacerebbe che il Ministero fosse il primo a dare il buon esempio, assumendosi la responsabilità della mancata vigilanza e dei mancati controlli sulla Fondazione Arena di Verona.
  Le faccio un esempio. A noi risulta che, dal 2012, la Fondazione Arena di Verona paghi un milione di euro all'anno per il canone di locazione, le spese vive, la ristrutturazione e la manutenzione del museo AMO (Arena Museo Opera), cioè per un'attività parallela della Fondazione, per volontà del sindaco Flavio Tosi. I profitti del museo AMO corrispondono, secondo i dati a nostra conoscenza, a circa 100.000 euro annui: pertanto, la Fondazione Arena di Verona, ogni anno, a causa del museo AMO, pare che perda 900.000 euro per lo svolgimento di attività che sono parallele, collaterali e collegate, però non precipue della Fondazione.
  La domanda è: poiché alla Fondazione Arena di Verona sono destinati soldi del FUS, chi ha vigilato su questa situazione? Ora, il caso della Fondazione Arena di Verona potrebbe essere paradigmatico e bisognerebbe andare a vedere se esistono anche altri casi: ma le pare che questi meccanismi siano virtuosi, cioè consentiti? Parliamo di soldi del FUS e sarebbe bene vigilare sul fatto che le risorse che arrivano alle Fondazioni dal FUS siano utilizzati per le attività più strettamente inerenti alle stesse.
  Questa è la prima domanda. La seconda domanda, invece...

  PRESIDENTE. Senatrice, mi perdoni. Alle 9.30 iniziano i lavori in Assemblea al Senato, quindi la invito a concludere per consentire anche agli altri di intervenire.

  MICHELA MONTEVECCHI. Intanto le domande c'erano, e ho visto che il Ministro se le è appuntate. Concludo con le ultime questioni. Lei dice giustamente che le Fondazioni lirico-sinfoniche nel mondo sono una vetrina dell'Italia. Tuttavia, a me pare che, anche qui come in tanti altri settori, manchi un coordinamento, anche delle attività all'estero di queste Fondazioni. Ora, non voglio dire che manca una cabina di regia, perché aprirei degli scenari inquietanti, però manca un ufficio all'interno del Ministero che si prenda la responsabilità di coordinare l'attività di queste Fondazioni. All'Italia manca anche questo, in quanto non è stato fatto. Pag. 9
  Le chiedo poi, in merito alla mancanza di vigilanza e di controlli, se per lei è normale e possibile che le Fondazioni lirico-sinfoniche possano costituire delle società «sottopartecipate», come è avvenuto per la Fondazione Arena di Verona con la società Arena Extra. In particolare, secondo lei è lecito aver venduto circa 14 milioni di euro di patrimonio di Fondazione Arena di Verona ad Arena Extra, senza avere la certezza dell'incasso della liquidità dovuta, visto che non è dato sapere alcunché sui bilanci di quest'ultima società?
  In ultimo, visto che il dottor Fuortes è andato presso la banca UniCredit e ha strappato la bella notizia che arriveranno i soldi per pagare gli stipendi dei dipendenti, vorrei chiederle se sono state fatte le verifiche sugli interessi anatocistici. Ormai sono diventata noiosa con questa domanda, però si tratta di un punto importante della legge Bray. Inoltre, visto che non si fanno questo tipo di verifiche e poi andiamo all'UniCredit a chiedere i soldi per pagare gli stipendi dei lavoratori, noi ci chiediamo: il sindaco Flavio Tosi, che secondo la legge Bray avrebbe avuto l'obbligo di procedere con queste verifiche, lo ha fatto? Inoltre, perché è impossibile accedere agli atti per avere questi dati?

  PRESIDENTE. Senatrice, credo abbia mangiato il tempo di quasi tutti gli altri.

  FRANCO CONTE. Ringrazio anch'io il Ministro per la sollecitudine con cui ha risposto e ha dato la disponibilità per questo incontro su un tema particolarmente preoccupante, soprattutto per noi veneti. Vorrei limitarmi, per la brevità del tempo che abbiamo a disposizione, al tema della Fondazione Arena di Verona più che al discorso in generale sulle Fondazioni lirico-sinfoniche che abbisognano, probabilmente, di qualche aggiustamento normativo.
  Per quanto riguarda la situazione dell'Arena di Verona, credo che la preoccupazione sia legata anche all'indotto del tema culturale, che si riflette in maniera importante sull'aspetto turistico. Sappiamo bene che Arena di Verona vuol dire flusso turistico, soprattutto dal nord Europa in maniera abbondante, con una ricaduta sulle attività occupazionali locali che sono di estremo interesse, per cui credo che dobbiamo rivolgere le nostre attenzioni soprattutto a due temi.
  Il primo è quello di verificare qual è la situazione economica, per creare i presupposti affinché ci possa essere in futuro il proseguimento di queste iniziative e di queste attività.
  Il secondo tema, su cui ha già risposto in parte il Ministro, è quello di garantire la stagione 2016. Tuttavia, io direi che non è sufficiente garantire la stagione 2016, perché dobbiamo garantire il futuro dell'Arena anche per le stagioni successive, posto che il primo passo è quello di dare garanzia per quanto riguarda l'anno in corso. Dopo, la strada da percorrere sarà quella legata alla stagionalità dell'Arena. Si tratta di una Fondazione che svolge la sua attività sostanzialmente da giugno a settembre, con un arco temporale limitato. So che in passato, però, erano in atto delle sinergie importanti con un altro ente veneto, la Fenice, che ha una stagionalità complementare a quella dell'Arena, lavorando soprattutto durante il periodo invernale. Ecco, so che negli ultimi anni è andato un po’ in crisi il rapporto sinergico tra queste due diverse realtà. In passato, le stagioni degli anni Ottanta e Novanta sono state le migliori di entrambi gli enti, perché derivavano dalla collaborazione sinergica. Credo che una delle strade da percorrere, quindi la mission che ci dobbiamo dare e che dovrà avere anche il commissario, sarà quella di andare a recuperare questo tipo di rapporto, per cui penso che sia fondamentale il lavoro che dovrà svolgere il commissario nei prossimi mesi.
  Da questo lavoro esula l'aspetto dell'eventuale responsabilità della gestione, perché si tratta di verifiche da fare da altri punti di vista e sotto altre forme. Credo però che noi dovremmo concentrare l'attenzione soprattutto sul fatto che perdere la Fondazione Arena di Verona – e la sua attività – sarebbe una evenienza assai Pag. 10grave per il Veneto e penalizzante anche dal punto di vista di tutto l'indotto.

  DIEGO ZARDINI. Anch'io ringrazio il Ministro. Non sono un membro delle Commissioni cultura, ma sono veronese, insieme a qualche altro collega che vedo qui: vorrei quindi lasciare un contributo alle Commissioni e al Governo, per comprendere come eventualmente intervenire anche sui modelli di governance.
  L'intervento della senatrice del Movimento 5 Stelle riguarda alcuni punti che il Partito Democratico a Verona – io sono stato capogruppo nel consiglio provinciale negli anni dal 2009 al 2013 – ha sempre cercato di porre in evidenza.
  Tuttavia, bisogna anche ripensare – questo è l'unico appunto sui modelli di governance che mi sento di fare – i modi di partecipazione degli enti locali: le scelte che sono state fatte in Fondazione Arena di Verona sono dipese, per esempio, dalle amministrazioni comunali, quindi bisogna capire quale deve essere il ruolo del Ministero; altrimenti bisogna ripensare completamente un modello di governance centralizzato. Questo è un compito che spetta più a voi. Per quanto riguarda la Fondazione Arena di Verona, posso dire, in base alla mia esperienza da veronese, che questo risultato era annunciato, nel senso che sono molti anni che c'era, non tanto o non soltanto un modello di gestione poco oculato, ma una direzione anche del livello qualitativo dell'offerta che andava nel verso sbagliato. Questa cosa, nel dibattito veronese, emergeva.
  C'è un altro tema importante che è stato toccato sui livelli economici, ma che riguarda anche i livelli gestionali e artistici. La società Arena Extra aveva lo scopo di aumentare le entrate attraverso l’extra lirica, ma ciò non è avvenuto. Inoltre, il numero di serate dedicate all’extra lirica è via via aumentato, in maniera considerevole. Questo ha comportato, per chi doveva gestire la lirica tradizionale dell'anfiteatro, alcuni problemi nell'organizzazione dei tempi. Per esempio, non si riuscivano a svolgere le prove, così come doveva essere e come veniva fatto in passato: questa idea di provare a vedere se con l’extra lirica poteva arrivare qualche risorsa in più per la lirica è miseramente fallita, più sul piano gestionale che su quello economico-finanziario.
  Inoltre, ci sono stati – forse anche qualche collega lo dirà – alcuni momenti cruciali che non sono stati colti. Per esempio, quando c'è stato l'ultimo rinnovo del sovrintendente, c'è stata un'ulteriore involuzione interna, perché si è voluto continuare con il precedente sovrintendente che aveva già dato dimostrazione di avere dei limiti dal punto di vista manageriale.
  Questo è stato il risultato di una visione che in Veneto purtroppo è molto larga, sia per quanto riguarda – è una critica personale – l'amministrazione della regione, che quella del comune, perché, alla fine, si cerca sempre in casa, invece di aprirsi anche alle competenze che possono venire da fuori e che possono rappresentare la soluzione giusta.
  Riguardo al modello di finanziamento, sul FUS siamo stati comunque, a mio avviso, tenuti in considerazione in maniera positiva. Certo, c'è stato un problema di finanziamento intermittente degli enti locali, della camera di commercio in particolare e della provincia di Verona.
  Per Verona la stagione lirica è molto importante. Uno studio della camera di commercio di alcuni anni fa cifrava in 400 milioni di euro l'indotto annuo di questa stagione, per cui l'auspicio di tutti i veronesi è che, attraverso questo commissariamento – decidere il quale è stato giusto – e insieme alla collaborazione con gli enti locali, si possa migliorare la situazione. Evitare la messa in liquidazione sarebbe una delle cose più importanti che questo Governo potrebbe fare, tenuto conto che, anche attraverso l’Art-bonus, la Fondazione Arena di Verona era stata particolarmente «graziata» da questa norma.
  Ci sono delle potenzialità da mettere in atto: spero che con la capacità del commissario e la collaborazione da parte nostra, possa realizzarsi il risultato auspicato.

  ANNALISA PANNARALE. Ringrazio il Ministro. Abbiamo esperienze di questa natura, in realtà, numerose e consolidate nel corso del tempo. Spesso si arriva a Pag. 11situazioni debitorie così gravi dopo anni di mancati interventi e di gestioni cattivissime. Io non sono veronese, ma di Bari. Il Teatro Petruzzelli, come il Ministro sa bene, è stato coinvolto e travolto da vicende pesantissime di cattiva gestione. C'è un pezzo della sua relazione, Ministro, cui forse bisognerebbe dedicare un po’ di tempo in più. Probabilmente, lo ha fatto nella relazione scritta, quindi mi riservo di leggerla.
  La situazione debitoria è quella che conosciamo. Come ci si è arrivati? Quali sono stati gli elementi che hanno prodotto una situazione di questo tipo e che spesso sono paradigmatici? Quella dell'Arena di Verona è una situazione che ha le sue specificità, ma potrebbe raccontare l'esperienza di numerose altre Fondazioni e teatri del nostro Paese.
  Chiudo perché è bene che il Ministro risponda e che non siano i deputati a impiegare tutto il tempo a disposizione.
  Cosa deve fare questo commissario? Credo intanto che non debba avere il ruolo di commissario liquidatore. Questo sarebbe un evento da scongiurare per tutti noi. Su cosa debba intervenire, al 30 giugno avremo notizie, ma immagino che il Ministro debba dare indirizzi in tal senso. Forse, bisognerebbe parlare di accesso agli atti, di necessità di aggredire tutti i nodi che sono alla base di gestioni cattivissime, quali consulenze costosissime, processi di privatizzazione, sacche di spreco, sradicamento degli interessi consolidati, e occorrerebbe un cambiamento radicale nelle scelte di gestione, nel senso della rimozione di politiche del lavoro sempre precarie, a favore di politiche che puntino alla stabilità e alla valorizzazione di tutte le professionalità.
  Questo commissario dovrebbe, in sintesi, occuparsi del risanamento e della rimozione dei problemi annosi che accomunano tante situazioni in questo Paese e dovrebbe occuparsi del progetto, che deve essere un progetto culturale di alto profilo, in grado di tutelare i lavoratori – gli unici non responsabili di queste situazioni – e di puntare a salvaguardare e rilanciare un'offerta culturale di profilo altissimo.
  Penso, Ministro, che individuare – al di là dei nomi e cognomi – le vere ragioni che sono alla base di situazioni che diventano gravemente debitorie, provando a capire in quale direzione andare, cambiando radicalmente le scelte, debba essere il punto di partenza, se si vuole cambiare qualcosa nelle politiche di gestione generale delle Fondazioni.

  PRESIDENTE. Dato l'andamento degli interventi, preannuncio che non potremo svolgere la replica. Pertanto, chiederemo al Ministro di concordare un'altra data per il prosieguo dell'audizione. Vedo che il Ministro e d'accordo, quindi potremo procedere in questa maniera.

  ELENA FERRARA. Vorrei testimoniare l'impegno che la 7a Commissione del Senato ha dedicato, in questi mesi e anni di lavoro, ad aiutare il Governo a compiere il percorso che era stato individuato, monitorando quel percorso costantemente, fino all'audizione del commissario Pinelli svoltasi recentemente.
  La 7a Commissione ha anche lavorato per cercare di capire come inserire le Fondazioni lirico-sinfoniche – che sono la punta dell’iceberg in un contesto che comprende anche i teatri di tradizione, le orchestre e quant'altro – in un processo di rivisitazione e innovazione della nostra cultura, nell'ambito di una nuova normativa sullo spettacolo dal vivo, che, come il Ministro ha anticipato, è già sul tavolo e va sviluppata.
  Credo che in tutti questi contesti ci siano state e ci siano situazioni di cattiva gestione e sottolineo la necessità di approfondirne le ragioni. Questo sistema ibrido fa sì che vengano avallate scelte manageriali che, poi, si rivelano non all'altezza della situazione. Sono state intraprese positivamente strade come le coproduzioni e le sinergie con altri teatri, ma a un certo punto sono state abbandonate senza motivo, visto che la mission indicata anche dal Ministero era quella di creare forti reti di connessione tra queste strutture.
  La triste situazione dell'Arena di Verona non riguarda solo il Veneto. È l'intera Italia Pag. 12che piange di fronte a una vicenda che è apparsa critica, problematica e torbida anche sulla stampa nazionale. Penso che, al di là di questo caso, sia necessario fare il punto su una nuova visione che non sia solo riparatoria, ma anche innovativa e capace di garantire un futuro alle Fondazioni lirico-sinfoniche e, in genere, allo spettacolo dal vivo in Italia.
  Chiudo con un appello. So che il Ministro e tutti noi siamo sensibili alla condizione dei lavoratori dello spettacolo, in generale, e dei lavoratori dell'Arena di Verona, oggi. Da quello che mi risulta, sono state date alcune garanzie, ma non a tutti. Si tratterebbe di capire meglio, se possibile, quale sia lo stato dell'arte, con riguardo alle diverse categorie di personale utilizzate durante la stagione invernale e la stagione estiva per le varie mansioni che riguardano la musica, la danza e le maestranze in generale. Vorrei avere un quadro più specifico sugli aspetti legati alla continuità dell'operatività e della remunerazione di chi, in quel progetto, ha investito la propria professionalità per tanti anni e, adesso vede, compromesso il proprio futuro.

  ANNA CINZIA BONFRISCO. Ringrazio la presidente per la disponibilità che concede a noi senatori, visti i tempi diversi a disposizione tra Senato e Camera.
  Punto subito l'attenzione, oltre che sui temi già citati dai colleghi e dalle colleghe più impegnati nelle Commissioni competenti, sul fatto eclatante – che per noi è un'assoluta novità – di una Arena di Verona ridotta in questo modo. Non era mai successo. Anche se la questione dei costi dell'organizzazione e della tutela del personale è sempre stata la croce e la delizia dell'Arena di Verona, l'Arena è sempre riuscita a svolgere il suo ruolo di motore della cultura e di forte connettore tra cultura e turismo, condizione che per la nostra città è essenziale e che negli anni è cresciuta.
  Ho considerato sempre positiva la dilatazione della stagionalità, anche grazie all’extra lirica, e penso che quella strada non debba essere abbandonata. Evidentemente, però, non si può risolvere la questione solo con un commissariamento che interviene in una situazione – ahimè – triste e drammatica. Se non ricomprendiamo il legame forte che c'è tra l'offerta di una qualità culturale, che dobbiamo saper rapidamente mettere in campo, il turismo e lo sviluppo della città, perderemo anche questa occasione.
  Del resto, tutto è contro di noi. La gestione comunale di questa struttura così importante è stata fallimentare. Non è l'unico caso, come i colleghi veronesi sanno. Altre strutture di particolare importanza per lo sviluppo della città hanno fatto la stessa fine. Spero che questa sia l'opportunità – ed è la garanzia che chiedo al Ministro – per indicare una strada culturale alla città, affinché possa recuperare il suo ruolo a pieno titolo, in sinergia con altri enti, dei quali la Fenice, ricordata dal collega, è il più importante, ma non solo: c'è anche una frontiera europea cui dobbiamo guardare con maggiore qualità e attenzione.
  Riguardo ai conti, la mia domanda è questa. Come sarà possibile salvaguardare un processo che ha visto l'ingresso dei privati nella gestione della Fondazione? Come sarà possibile salvaguardare gli investimenti pubblici, ma anche la propensione del privato a continuare a investire? Se, come il collega Zardini ha detto prima, i problemi arrivano da lontano, noi le abbiamo provate tutte. Abbiamo provato anche la gestione tramite i privati.
  C'è qualcosa in più che si può fare?

  SIMONE VALENTE. Ringrazio il Ministro per aver risposto all'appello del Movimento 5 Stelle ed essere venuto in audizione alla Camera in tempi molto ristretti. Questo dimostra che la situazione è grave, come da mesi stiamo denunciando.
  Abbiamo chiesto questa audizione per capire le peculiarità della Fondazione Arena di Verona. Ogni Fondazione ha le sue specificità e vorremmo capire da lei, Ministro, quale sia la situazione interna della Fondazione e quali siano le responsabilità. Altri colleghi hanno parlato di responsabilità. Prima bisogna individuare i problemi che ci sono stati nella gestione interna della Fondazione. Se non si parte da qui, non si risolve il problema delle quattordici Fondazioni liriche e sinfoniche. Pag. 13
  Il Governo avrebbe dovuto vigilare fin da subito e, secondo noi, questo non è stato fatto. Nella sua relazione è scritto che il 20 novembre il collegio dei revisori denuncia e accerta una grave situazione debitoria. Eravamo a novembre 2015. Già allora il Ministero avrebbe dovuto verificare la situazione della Fondazione e richiedere atti e bilanci. Poi, compare un emendamento alla legge di stabilità 2016 che allarga il campo di azione della legge Bray, inserendovi anche altre Fondazioni.
  Durante la discussione di quell'emendamento, io sono intervenuto in questa sala chiedendo spiegazioni al Governo, ai relatori, alla maggioranza e ai presentatori per capire esattamente a chi l'emendamento fosse rivolto. Poiché una situazione così grave non era stata denunciata in passato, non capivo per quale motivo si dovesse intervenire con un emendamento alla legge di stabilità. Non ho ricevuto risposte. Il Governo ha taciuto e non ha dato spiegazioni, ma subito dopo, il 9 marzo 2016 – come è scritto nella relazione – interviene, chiedendo alla Fondazione chiarimenti e dati aggiornati sulla gestione del teatro.
  Perché la vigilanza non c'è stata prima di arrivare a questa situazione debitoria? Perché non è stato detto chiaramente quale era la situazione affinché, anche insieme al Parlamento, si trovasse una strada per cercare di salvare la Fondazione Arena di Verona? A questo punto, appare evidente che c'è un braccio di ferro tra chi vuole la liquidazione della Fondazione e una gestione completamente privata – ovvero il sindaco Tosi, che ormai lo dichiara ovunque da mesi – e chi nel Ministero cerca in qualche modo di salvare il salvabile e, per questo, ha mandato un commissario straordinario.
  Ministro, io mi sarei aspettato da lei, oggi, un'affermazione più precisa sull'intenzione decisa di fare di tutto per salvare la Fondazione Arena di Verona e impedirne la liquidazione. Questo però non è stato detto. Lei ha messo sul tavolo due possibili vie: liquidazione coatta amministrativa o salvataggio. Io non vorrei che, in realtà, l'intenzione di entrambe le parti sia quella di arrivare alla liquidazione e di dare in mano tutta la gestione ai privati, completando il disegno che, da anni, si prospetta e che la mia collega Montevecchi ha citato, cioè l'esternalizzazione di tutto il sistema e la svendita della cultura cominciata con la legge Veltroni, quella che ha dato il via a tutta la privatizzazione.
  Questo modello, come ha detto anche lei, ha diversi aspetti critici, ma – ahimè – il Governo lo sta perseguendo anche in altri ambiti, come ad esempio i musei. Se ci siamo resi conto che le Fondazioni di diritto privato ricevono tanti soldi pubblici, ma non funzionano, perché non si può avere un controllo interno e il Ministero non può intervenire, perché stiamo replicando questo modello in tanti altri campi della cultura?
  Penso che questo sistema sia da contrastare in assoluto in quanto, come le Fondazioni lirico-sinfoniche hanno dimostrato, ha fallito. Lo stanno dimostrando anche tante altre Fondazioni culturali in Italia: se non si cambia sistema, continueremo a registrare le situazioni gravissime che sono sotto gli occhi di tutti.

  GIAN PIETRO DAL MORO. Ringrazio il Ministro perché, se oggi siamo qui, è perché il Governo in quest'ultimo periodo è intervenuto e ha creato le condizioni per evitare la liquidazione coatta.
  Di questo dobbiamo parlare. Se siamo qui a discutere è perché nella legge di stabilità è stato presentato un emendamento che consente non solamente a Verona, ma anche ad altre Fondazioni, di riaprire i termini della legge Bray. Senza quell'emendamento, sarebbero già stati portati i libri in tribunale. Le polemiche stanno a zero su questo. L'emendamento era del Partito Democratico e io sono stato il primo firmatario: ne siamo orgogliosi e ringraziamo il Governo.
  In secondo luogo, dobbiamo dirci con verità che la legge Veltroni non ha funzionato. Le cose però non funzionavano già prima. Non è vero che, quando era pubblico al 100 per cento, il sistema era completamente virtuoso e andava tutto bene. Con la legge Veltroni si tentò di fare un'innovazione di processo e di prodotto, Pag. 14aprendo. Non ha funzionato né a Verona né alla mitica Scala di Milano.
  Il Governo ha poi fatto un secondo intervento, cioè l’Art-bonus, che non solo dà ai privati la possibilità di intervenire sulle parti monumentali, ma consente anche di investire nelle produzioni con una detrazione fiscale del 65 per cento per alcuni anni. Del resto, i privati presenti nelle Fondazioni sono, per la maggior parte, società di diritto pubblico-privato, come le camere di commercio.
  C'è bisogno di mettere mano urgentemente al quadro normativo complessivo e il Governo, nel richiamo al disegno di legge collegato, si impegna – mi pare con l'accordo di tutti – a intervenire su questa materia. C'è l'urgenza, da qui alla fine dell'anno, di immaginare un nuovo modello di partecipazione che non demonizzi né il pubblico né il privato. I temi sono il merito, la competenza e i risultati dal punto di vista culturale e strategico. Una politica di solo taglio dei costi fa morire la situazione in atto.
  Nel passato, qualcuno diceva che con la cultura non si mangia. Non ripetiamo questo errore. Dobbiamo puntare al merito e non alla difesa di interessi corporativi di istituzioni o dipendenti. La situazione presenta difficoltà complessive e le responsabilità partono da lontano, nessuno potendosene chiamare fuori. Chi ha tentato di trovare una soluzione in questi mesi sono stati il Partito Democratico e il Governo; gli altri hanno alimentato la polemica e nient'altro.
  Detto questo, segnalo al Ministro che dal quadro normativo emerge un tema di fondo, che riguarda questa fase transitoria della gestione. Le tappe sono tre. La prima è verificare, entro il 30 giugno, le condizioni per l'adesione alla legge Bray. Su questo si può intervenire – sono d'accordo con i colleghi – con una serie di risparmi, agendo su costi nascosti nel bilancio.
  La seconda tappa è il salvataggio della stagione. Il Ministro nel suo intervento ha già preso impegni e di questo lo ringraziamo. La terza questione è mettere mano al quadro normativo generale, possibilmente entro l'anno.
  Queste tre scadenze si tengono insieme, perché sarebbe anacronistico adottare scelte molto drastiche e, dopo tre mesi, si cambia il quadro.
  L'ultima richiesta che vorrei fare al Ministro riguarda i ricorsi dei dipendenti Arte Lavoro e Servizi Spa (ALES), come è avvenuto a Firenze. È una situazione che potrebbe riguardare tutte le Fondazioni, non solamente quella di Firenze, e potrebbe avere un impatto rilevante sulla loro gestione economica.

  PRESIDENTE. Ringrazio tutti gli intervenuti, ma ci dobbiamo fermare.
  Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della nota depositata dal Ministro Dario Franceschini (vedi allegato).
  Rinvio il seguito dell'audizione ad altra data, che sarà concordata d'intesa con il Ministro Franceschini e con il presidente della 7a Commissione del Senato.
  Dichiaro conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 9.35.

ALLEGATO

NOTA DEPOSITATA DAL MINISTRO DARIO FRANCESCHINI

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