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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impegnate

Resoconto stenografico



Seduta n. 54 di Martedì 5 luglio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Gelli Federico , Presidente ... 3 

Audizione del Capo dell'Unità Dublino presso la Direzione centrale dei servizi civili per l'immigrazione e l'asilo del Ministero dell'interno, Vice prefetto Simona Spinelli:
Gelli Federico , Presidente ... 3 ,
Spinelli Simona , Capo dell'Unità Dublino presso la Direzione centrale dei servizi civili per l'immigrazione e l'asilo del Ministero dell'interno ... 4 ,
Gelli Federico , Presidente ... 6 ,
Spinelli Simona , Capo dell'Unità Dublino presso la Direzione centrale dei servizi civili per l'immigrazione e l'asilo del Ministero dell'interno ... 6 ,
Gelli Federico , Presidente ... 10 ,
Colonnese Vega (M5S)  ... 10 ,
Rondini Marco (LNA)  ... 10 ,
Spinelli Simona , Capo dell'Unità Dublino presso la Direzione centrale dei servizi civili per l'immigrazione e l'asilo del Ministero dell'interno ... 10 ,
Rondini Marco (LNA)  ... 10 ,
Spinelli Simona , Capo dell'Unità Dublino presso la Direzione centrale dei servizi civili per l'immigrazione e l'asilo del Ministero dell'interno ... 11 ,
Rondini Marco (LNA)  ... 11 ,
Spinelli Simona , Capo dell'Unità Dublino presso la Direzione centrale dei servizi civili per l'immigrazione e l'asilo del Ministero dell'interno ... 11 ,
Rondini Marco (LNA)  ... 11 ,
Dambruoso Stefano (SCpI)  ... 11 ,
Carnevali Elena (PD)  ... 12 ,
Spinelli Simona , Capo dell'Unità Dublino presso la Direzione centrale dei servizi civili per l'immigrazione e l'asilo del Ministero dell'interno (fuori microfono) ... 12 ,
Carnevali Elena (PD)  ... 12 ,
Gelli Federico , Presidente ... 12 ,
Spinelli Simona , Capo dell'Unità Dublino presso la Direzione centrale dei servizi civili per l'immigrazione e l'asilo del Ministero dell'interno ... 12 ,
Gelli Federico , Presidente ... 14 ,
Spinelli Simona , Capo dell'Unità Dublino presso la Direzione centrale dei servizi civili per l'immigrazione e l'asilo del Ministero dell'interno ... 14 ,
Gelli Federico , Presidente ... 14 ,
Spinelli Simona , Capo dell'Unità Dublino presso la Direzione centrale dei servizi civili per l'immigrazione e l'asilo del Ministero dell'interno ... 15 ,
Gelli Federico , Presidente ... 15

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
FEDERICO GELLI

  La seduta comincia alle 11.15.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, ove necessario, anche su richiesta di un commissario ovvero del soggetto audito, i lavori della Commissione potranno proseguire in seduta segreta. Al riguardo, per assicurare la massima fluidità al dibattito pubblico, prego i colleghi di riservare eventuali quesiti da sviluppare in sede riservata alla parte finale della seduta.
  Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.
  Non essendovi obiezioni, così rimane stabilito. Dispongo, pertanto, l'attivazione dell'impianto.

Audizione del Capo dell'Unità Dublino presso la Direzione centrale dei servizi civili per l'immigrazione e l'asilo del Ministero dell'interno, Vice prefetto Simona Spinelli.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Capo dell'Unità Dublino presso la Direzione centrale dei servizi civili per l'immigrazione e l'asilo del Ministero dell'interno, la dottoressa Simona Spinelli. La ringrazio per essere qui.
  Nel ringraziare la vice prefetto per la disponibilità a partecipare ai nostri lavori, ricordo che l'Ufficio di presidenza ha programmato l'incontro odierno per acquisire elementi di conoscenza in merito alle attività ministeriali volte alla determinazione della competenza dello Stato nell'esaminare le domande di asilo. Tale segmento istruttorio si inquadra, pertanto, nel più ampio tema d'indagine sulle procedure di identificazione e sulle regole che presiedono al riconoscimento della protezione internazionale. Gli aspetti di criticità su questo specifico versante sono da tempo al centro delle nostre riflessioni e sono già stati esplicitati nella relazione approvata dalla Commissione il 3 maggio scorso.
  Occorre, a nostro avviso, superare talune rigidità insite nel Regolamento Dublino III per valorizzare meccanismi alternativi rispetto al principio secondo cui l'identificazione dei migranti radica la competenza nello Stato membro di primo approdo, che trova applicazione in via largamente prevalente, nonostante l'articolo 7 del Regolamento n. 604 del 2013 non indichi solo questo criterio, bensì ne elenchi altri da attuare in via prioritaria, ove possibile.
  Com'è noto, le decisioni del Consiglio europeo del settembre 2015 sulla ricollocazione negli Stati membri prima di 32.256 migranti, di cui 24.000 dall'Italia e 16.000 dalla Grecia, con possibile implementazione fino a 40.000, e, successivamente, di 66.000 persone, 15.600 dall'Italia e 50.400 dalla Grecia, al di là del suo effettivo impatto, ha avuto un forte contenuto simbolico, in quanto rappresenta un primo, ancorché timido, tentativo di superare la regola Pag. 4 base di Dublino III, che purtroppo non ha funzionato.
  L'audizione odierna rappresenta, quindi, l'occasione per conoscere tempi e modi di applicazione di questa disciplina, che le Istituzioni italiane, ma anche quelle europee, hanno in più occasioni ritenuto meritevole di riforma.
  Aggiungo che nella nostra limitata esperienza sul campo è emersa una certa difficoltà nell'attuare in modo efficace i meccanismi di ricollocazione e, più in generale, altre procedure volte a trasferire la competenza all'esame della domanda di protezione in altri Paesi per coloro che sbarcano sulle nostre coste. Su questo auspico che vi possa essere una parola di conforto in questa sede.
  Auspico anche che si possa fare chiarezza sui rapporti e sui flussi di ingresso e di uscita dei migranti per la quota parte regolata dal sistema di Dublino, soprattutto nel quadrante della frontiera orientale, così da superare polemiche fondate su notizie contraddittorie fornite dalle autorità italiane e da quelle austriache.
  Ho fatto un breve excursus sulle questioni più importanti. Aggiungo che l'audizione che oggi facciamo con lei, dottoressa, si inserisce anche all'interno del programma che stiamo realizzando di una relazione alla Camera, all'Aula, da completare entro questo mese, proprio su una delle nostre attività principali di indagine, che è quella relativa ai sistemi di prima accoglienza hotspot e ai sistemi di riconoscimento dello status giuridico di richiedente asilo.
  Questa per noi è una delle prime relazioni e una delle prime attività importanti della nostra Commissione ed è il motivo per il quale nelle prossime due settimane continueremo nel nostro lavoro di sopralluoghi e di missioni presso gli hotspot. Ne abbiamo già visitati tre. Abbiamo a breve anche la visita dell'ultimo spot.
  Un altro dei filoni sui quali vogliamo concludere – dico questo giusto per un'informazione che facciamo anche a chi ci ascolta – è la relazione conclusiva sull'attività d'indagine relativa all'inchiesta sul CARA di Mineo, una relazione che i nostri collaboratori, il nostro magistrato e anche un gruppo di lavoro che abbiamo insediato elaborerà e presenterà alla Camera.
  Questo è un po’ per inquadrarle il nostro programma di lavoro. Nel ringraziarla nuovamente, le cedo la parola per la sua relazione.

  SIMONA SPINELLI, Capo dell'Unità Dublino presso la Direzione centrale dei servizi civili per l'immigrazione e l'asilo del Ministero dell'interno. Ringrazio il presidente e tutti voi presenti. L'idea, chiaramente, è di essere il più breve possibile nella relazione iniziale per lasciare spazio a domande più puntuali e concrete.
  Ovviamente, la mia relazione sarà di natura piuttosto tecnica, perché tutte le domande di carattere macro hanno avuto ampiamente risposta da parte del Prefetto Morcone. Credo, però, che sia importante – sinceramente, ci credo molto – perché alcuni meccanismi tecnici in questa materia sono fondamentali per capire, in realtà, il significato e l'impatto di alcune scelte anche di natura altamente politica.
  Ricordava il presidente che in Dublino III, in realtà, il principio del primo ingresso è soltanto l'ultimo – si può dire – dei criteri da applicare, perché l'articolo 7 prevede una serie di criteri in ordine prioritario. Era stata considerata una vittoria de iure condendo quando l'approvazione del Dublino III, in vigore dal gennaio 2014, aveva portato a offrire maggiori garanzie e tutele ai minori, ai legami familiari e in qualche modo anche all'idea che qualche Stato membro potesse ritenere propria la competenza in casi di natura umanitaria, con la clausola discrezionale.
  Qual è il punto e l'impatto da un punto di vista proprio operativo? Mentre il criterio del primo ingresso viene verificato con un'operazione matematica in termini di verifica della data di immissione delle impronte nel sistema Eurodac, su cui mi riservo di fornire qualche indicazione, tutti gli altri criteri hanno un problema di determinazione dei requisiti previsti dalla norma.
  Pertanto, premetto che, per esempio, i legami familiari sono molto relativi. Nelle Pag. 5definizioni c'è una distinzione tra familiari e parenti. C'è una distinzione molto articolata, che va provata. Tenete conto che la mera dichiarazione del richiedente asilo, anche nella fase di acquisizione di tutte le informazioni secondo la cosiddetta intervista Dublino, che viene fatta al momento della richiesta di protezione internazionale, non può essere presa come prova. È un elemento indiziario che induce l'amministrazione – all'inizio la questura, perché è il nostro organo deputato all'accoglimento della domanda di asilo, e poi l'Unità Dublino, che deve istruire la richiesta di presa in carico eventuale allo Stato membro che si assume competente – a verificare.
  Ricordo, ma sicuramente lo sapete meglio di me, che in alcune culture il concetto di legame familiare (il fratello, il cugino) è molto lasco. Quindi, per esempio, i conviventi e i matrimoni contratti durante il viaggio sono tutte questioni il cui accertamento, da un lato, è un'aggravante istruttoria e, dall'altro, cede moltissimo rispetto a un criterio di primo ingresso che è come una formula matematica.
  Faccio un passo indietro e ricordo a tutti un minimo le basi della procedura e come avviene. In realtà, il richiedente protezione internazionale, in qualsiasi Stato in cui si trovi, richiede asilo. Nella sostanza c'è una domanda secondo degli standard form europei. Il Regolamento n. 603 del 2013, il cosiddetto Regolamento Eurodac, prevede che entro le 72 ore al richiedente protezione internazionale vengano prese anche le impronte in categoria Eurodac 1. La categoria Eurodac 1 corrisponde proprio alla richiesta di asilo. Ci sono poi altre due categorie, la categoria Eurodac 3, che è la presenza illegale nel territorio europeo, e la categoria Eurodac 2, che è il cosiddetto ingresso, cioè l'ingresso illegale nel territorio Schengen più i Paesi associati.
  Che cosa determina questo? Determina che, al momento della richiesta di asilo, lo Stato membro – c'è una sigla che indica i singoli Stati – attribuisca al richiedente asilo la categoria 1. In quel momento la banca dati europea fornisce un risultato di tutte le altre identificazioni in categorie 1 e 2, ma non in categoria 3, perché la presenza illegale sul territorio rimane di dominio dello Stato membro. Pertanto, se c'è un precedente ingresso illegale, lo Stato membro fa partire una richiesta di presa in carico.
  Questo meccanismo in tutti gli Stati membri, anche in Italia – siamo efficienti su questo – si risolve nell'arco di 24 ore, perché più o meno le banche dati sono informatizzate. In Italia abbiamo un invio automatico dal nostro database Dublino con il Servizio di polizia scientifica e la Direzione centrale immigrazione del Dipartimento di Polizia di Stato, ragion per cui questo è un elemento di facilissima e certa attribuzione.
  Le regole del Regolamento Eurodac, purtroppo, sono misconosciute da un punto di vista contenutistico, per via, alla fine, del riparto delle competenze anche tra Dipartimenti. Noi cerchiamo di lavorare molto su questo, su un continuo scambio di informazioni, per rendere il più efficiente possibile il sistema. Perché? Perché, chiaramente, la banca dati sulle impronte Eurodac è collegata alla banca dati AFIS nazionale, ragion per cui è di esclusiva competenza di PS. Tuttavia, gli aspetti contenutistici su tutta la serie di informazioni derivanti dall'immissione del profilo impronte ha delle ricadute immediate e dirette sulla procedura Dublino.
  Questo fa capire molto chiaramente – lo dico sempre anche quando veniamo intervistati, perché cerchiamo di far capire anche alle organizzazioni internazionali e al terzo settore quanto sia importante applicare in concreto tutti gli altri criteri – che, essendo l'Italia un Paese di primo ingresso (geograficamente è un dato inconfutabile che solo alcuni Paesi siano frontiera esterna, i cosiddetti «border country») c'è una sorta di cedevolezza. Noi abbiamo tutto l'interesse a rifiutare tutte le richieste di presa in carico sulla base degli altri criteri e di cercare di attivare il più possibile richieste di presa o ripresa in carico nei confronti degli altri Paesi europei appena troviamo ulteriori notizie. Pag. 6
  Per esempio, anche la mera dichiarazione di un familiare in uno Stato membro fa partire immediatamente questo meccanismo, tramite procedure che variano a seconda dei casi concreti. Sicuramente l'Italia ha tutto l'interesse. Il mio ufficio non lavora sulla determinazione delle competenze italiane, perché c'è un meccanismo molto rigido, sostanzialmente traducibile, giuridicamente, in termini di silenzio-assenso. Allo scadere del termine, per attivare le richieste di presa o ripresa in carico, la competenza si radica in capo allo Stato membro, ragion per cui, a fronte di tantissime richieste, tendenzialmente nei casi in cui la competenza italiana sarebbe inconfutabile, si lascia operare il silenzio-assenso per concentrare tutte le energie e l'operatività amministrativa sui rifiuti e sull'attivazione di queste procedure. Su questo vi dirò qualcos'altro dopo.
  I flussi possono essere distinti in due grandi macrofiloni: i flussi incoming e i flussi outgoing. Perdonate l'utilizzo di parole straniere, ma, in fondo, la lingua veicolare dell'Unità Dublino è l'inglese. I flussi incoming determinano tutte le richieste da parte degli altri Stati membri, mentre in outgoing ci sono le richieste che facciamo agli altri Stati membri.
  Date le regole, a quadro normativo vigente, anche nel 2014 l'incremento delle richieste è stato molto forte. I dati credo che li abbiate – sono sul Programma statistico nazionale – ma, se volete, li posso fornire nuovamente. C'è stato un progressivo aumento totale delle richieste, ma la proporzione tra flussi incoming e outgoing era di 1 a 5.
  Nel 2015 – ovviamente, i dati statistici del 2015 li abbiamo avuti consolidati, in modo che potessimo recepirli, intorno ad aprile – abbiamo visto che le rotte balcaniche, che l'estate scorsa vedevamo comunemente, come cittadini nei media, in realtà si traducono in un aumento dei flussi in outgoing per le ragioni più svariate. Pertanto, questa proporzione, che più o meno era di 1 a 5, è arrivata quasi a 2 a 3. Essendo uno Stato membro di confine, sono gli altri Stati che ci richiedono le prese in carico. È una novità di cui dover tener conto.
  In questo senso l'altra novità è che non abbiamo ancora – non vi posso fornire i dati, ma mi riservo di verificare – l'impatto dell'apertura degli hotspot sulla procedura Dublino. Chiaramente l'approccio – noi parliamo sempre di approccio hotspot – non è molto diverso, ma le problematiche sono ancora aperte. L'impatto sulle normative dei fatti richiede una valutazione di lungo periodo. L'ufficio si sta attrezzando anche per capire immediatamente ogni tipo di input per rispondere nel modo più efficiente alle nuove esigenze, ma chiaramente questo è un punto interrogativo di cui tener conto.
  Dicevo sui criteri che, in realtà, a livello dei flussi quello che riusciamo e che desideriamo veramente fare, per esempio, è implementare i ricongiungimenti familiari per i minori. Sono sicuramente questioni...

  PRESIDENTE. Va benissimo. È un argomento che ci interessa molto.

  SIMONA SPINELLI, Capo dell'Unità Dublino presso la Direzione centrale dei servizi civili per l'immigrazione e l'asilo del Ministero dell'interno. Sì, però, in caso di minore che riesce a esplicitare in maniera abbastanza articolata l'esistenza di un familiare – abbiamo una maggiore elasticità per gli Stati membri – c'è veramente un lavoro molto, molto serrato e fitto, insieme a Save the Children, UNHCR e IOM, perché dipende da territorio a territorio, organizzazioni per le quali è necessario verificare e sviluppare proprio nell'interesse dei minori.
  Tenete conto che questo è un profilo vagamente diverso. Come Dipartimento, abbiamo ospitato il cosiddetto GDISC, una Conferenza di tutti i direttori generali dei Servizi migrazione di tutti gli Stati membri, la settimana scorsa. È stato molto interessante perché è stato approfondito appunto il tema minori.
  Devo dire che i minori dal punto di vista della procedura Dublino non sono mai rimpatriati nei Paesi di origine. Ovviamente, questo è del tutto escluso, ma, per Pag. 7amore di chiarezza va detto. Dublino parla di ricongiungimenti familiari con familiari beneficiari o richiedenti protezione internazionale in altri Stati membri. Pertanto, è escluso che tramite la procedura Dublino si rimpatrino i minori. È escluso, i minori non vengono rimandati indietro, ma comunque la procedura Dublino proprio non si applica nei confronti degli Stati di origine.
  Una particolare attenzione sicuramente è sui minori, sui legami familiari e sulle procedure, per esempio, agli articoli 8 e 9 nei casi di dipendenza. Tutte le vulnerabilità dei richiedenti protezione internazionale sono istantaneamente segnalate. Devo dire che anche i profili dell'accoglienza sono molto buoni, perché gli operatori tendono a segnalare in maniera a volte anche pedante. Se sono accolti in progetti SPRAR, a volte ricevo la stessa segnalazione da molteplici individui, il che chiaramente aumenta l'onere amministrativo, ma è sicuramente un modo per essere veramente tutti edotti che i casi di vulnerabilità vengono assolutamente tenuti come corsie preferenziali ai fini di garantire alle persone il pieno diritto e la vigenza dei criteri alternativi.
  Mi fermo qui su Dublino III, facendo soltanto un accenno, che forse avrà fatto anche il Prefetto Morcone. Attualmente c'è un negoziato aperto a Bruxelles perché la Commissione, secondo l'Agenda Juncker, ha proposto un cosiddetto Pacchetto asilo. C'è una proposta di modifica normativa di Dublino, che viene discussa insieme a una proposta di modifica del Regolamento Eurodac, di introduzione di una nuova Agenzia europea per l'asilo. Si tratta di attribuire un nuovo ruolo attualmente all'Ufficio europeo di supporto all'asilo (il cosiddetto EASO) per renderlo un'agenzia con maggiori poteri e maggiore capacità incisiva sulle tematiche dell'asilo a livello europeo.
  Devo dire che, come posizione italiana, siamo rimasti delusi dalla proposta. Forse «delusi» è un termine molto corretto. Ci aspettavamo ben altro, perché il meccanismo tende a ripercorrere un po’ la ricollocazione, chiamata allocazione, a fronte di una chiave di riferimento sulla base di una percentuale popolazione/PIL che tende a porre l'Italia nella peggiore delle situazioni.
  Chiaramente, il negoziato è solo agli inizi. È stata presentata la bozza e abbiamo avuto quattro o cinque riunioni finora in cui molti Stati membri si sono riservati. Devo dire che il controllo anche da parte del Dipartimento è serrato. È una priorità non risultare minoranza in questo campo. Devo dire che a livello macro cerchiamo sempre di far combaciare anche il consenso che, per esempio, si è avuto per il Migration Compact. Si cerca di lavorare su tutti i piani il più possibilmente in rete, per essere coerenti a livello di nazioni su tutti i Piani europei.
  Tenete conto che, invece, il negoziato è più avanzato sulla Guardia costiera e sulla Guardia di frontiera comune europea. Anche qui abbiamo tentato di far parlare il Progetto asilo insieme a questo, perché poteva essere un negoziato più ampio. Conoscete meglio di me le procedure parlamentari, che anche a Bruxelles hanno grosso modo delle analogie con i sistemi interni. Spesso è molto difficile far combaciare proprio tutti i negoziati.
  Andando a parlare della relocation, premetto sempre che sono il punto nazionale di contatto per questa procedura. Perché? Perché, come giustamente sintetizzava perfettamente il presidente, si tratta di una prima regola al Regolamento Dublino III. Nell'ambito dei criteri – nelle decisioni questo è detto abbastanza bene – in via interpretativa siamo riusciti a ottenere che in qualsiasi caso, non solo d'ingresso illegale, la competenza fosse italiana e che i soggetti delle nazionalità che superavano la media europea del 75 per cento per il riconoscimento dello status potessero essere comunque astrattamente inseriti nella procedura.
  Questo offre il metro non soltanto a livello organizzativo, di chi si occupa di attuare la procedura, ma anche in termini di contenuti. Essendo una deroga ai criteri di Dublino, in realtà, alla fine sono le stesse decisioni che dicono che i princìpi generali di Dublino si applicano tutti. Per esempio, nei casi in cui ci siano dei Pag. 8legami familiari per persone astrattamente ricollocabili, esse sono comunque considerate Dublinanti, perché la procedura Dublino è più snella. Lo Stato membro non può rifiutarsi di prendere in carico la persona e soprattutto si prescinde dall'offerta di quote.
  Sapete meglio di me che, se, da una parte, questa è una deroga a Dublino, che è un Regolamento perfettamente vigente e, quindi, obbligatorio in tutte le sue parti, con le relocation abbiamo il grosso problema che le quote per quei numeri che citava prima il presidente non sono tecnicamente quote obbligatorie per gli Stati. Vale a dire che attualmente non abbiamo quote operative dalla Germania, per esempio, che pure potrebbe essere un Paese grande, forte e di tradizione. Non c'è una quota operativa. Di converso, le quote operative di Paesi che non hanno una tradizione di accoglienza sono molto difficili da rendere attuali nei confronti dei richiedenti protezione internazionale, perché non ne conoscono l'esistenza.
  Questo è un dato di fatto che credo nelle vostre occasioni di conoscenza anche diretta del fenomeno avrete visto. I flussi migratori, in questo caso i richiedenti asilo, hanno un'idea veramente molto chiara di cosa sia l'Europa: Germania e Svezia e pochi altri Paesi. Francia, Calais, è l'obiettivo. Non è Ventimiglia, ancorché, come Italia, con la Francia siamo, più o meno, alla pari quanto a domande di asilo e di accoglienza di richiedenti protezione internazionale. Questi sono i numeri che vi ha già fornito il Prefetto Trovato, ma è importante avere un po’ il quadro. Noi cerchiamo sempre di fare veramente un lavoro il più possibile completo di scambio di informazioni, perché solo così si può essere realmente capaci di valutare fenomeni tanto complessi. Probabilmente, invece, non ne siamo neanche così in grado.
  Dicevo che siamo comunque uno Stato di passaggio e che il passaggio è determinato anche, lo dico sempre, nello schermo di un cellulare. Loro vengono anche nel mio ufficio, perché c'è il malcontento. Vi dirò poi due parole anche sulle ragioni di questo malcontento. Di fronte a una cartina dell'Europa sono completamente spiazzati. Non hanno idea della geografia complessiva di un continente, che però per loro è l'unica scelta di vita e di futuro.
  Non per fare una questione di carattere umanitario o umano, ma è un dato rilevante. Uno dei nostri best competitor, o controparte, è, per esempio, il Portogallo. All'inizio questi richiedenti asilo che ci portavano i mediatori culturali non avevano alcuna fiducia, perché nessuno aveva mai sentito parlare del Portogallo. Di converso, in Portogallo hanno avuto una scelta politica molto chiara per un tipo di integrazione e di volontà di accoglienza per cui i progetti sono molto chiari. Si sono attrezzati, perché non avevano una comunità eritrea prima delle prime procedure di reinsediamento. Questo è un altro fattore, ma è chiaro che le procedure di relocation e resettlement vanno lette anche in una chiave comune e complessiva.
  Questo per dire che anche a livello europeo l'approccio con questa problematica e con le decisioni di relocation è molto vario. Attualmente la procedura mostra che, a fronte di un'offerta di posti immediatamente disponibili da parte degli Stati membri, che dovrebbero farla più o meno mensilmente o, al massimo, a scadenza trimestrale, abbiamo dei dati piuttosto sconfortanti. Fino alla settimana scorsa avevo operative soltanto le quote di Romania e Bulgaria, con numeri di ricollocazione – devo dire – minimi.
  Noi sollecitiamo anche in via bilaterale i singoli Stati membri. C'è tutto un lavoro molto delicato di diplomazia internazionale. Abbiamo ottenuto così ulteriori 100 posti da parte della Finlandia, 50 da parte dell'Olanda e una decina da parte della Slovenia. Devo dire che, mentre la Finlandia e, ovviamente, l'Olanda sono Paesi su cui anche l'informativa che viene effettuata pre-partenza da parte di IOM con gli ufficiali di collegamento o con delle delegazioni che vengono appositamente è molto performante, mi viene da dire, e le persone sono contente di essere ricollocate, invece in altri Paesi in cui non c'è neanche l'adeguata esperienza perché un'informativa adeguata riesca a ottenere dei risultati positivi Pag. 9 e siamo ancora un po’ in difficoltà. Per la Romania sono partite veramente poche persone ed è difficile anche ottenere delle testimonianze di accoglienza positiva, per fare una sorta di pubblicità positiva alla procedura.
  Devo dire che poi, durante l'inverno... Sapete meglio di me che siamo soggetti a flussi cosiddetti stagionali. Sono stata più volte anche in sessioni plenarie perché la Commissione europea ha distaccato alla Rappresentanza permanente di via IV Novembre dei funzionari addetti a questa procedura. Una parte del loro lavoro doveva essere quella di facilitare i contatti tra tutti gli Stati membri. Abbiamo fatto un po’ di riunioni in quella sede, in cui ho spiegato ulteriormente quali fossero le difficoltà.
  Chiaramente, il nostro problema è che, quando non ci sono flussi e sbarchi, non abbiamo la materia prima da ricollocare, mentre in questa condizione di sbarchi di migliaia e migliaia di persone ogni settimana – attualmente abbiamo un migliaio di richieste in istruttoria, ma abbiamo operative all'incirca 400 quote da parte di Paesi membri – la sproporzione si fa sentire. Purtroppo, non c'è cooperazione in questo.
  L'ulteriore profilo di criticità è che, se vengono meno le premesse, pur chiaramente codificate nelle decisioni, per cui le decisioni sono un aiuto per Italia e Grecia, semplificando, per gli Stati membri è molto facile, in via interpretativa, creare delle difficoltà. La difficoltà principale ricade in due macro-ragioni. La prima è che in Grecia le Istituzioni sono più deboli e, quindi, gli Stati membri hanno più spazio operativo. Se non c'è nessuno a effettuare un'istruttoria, o quanto meno è più difficile farla... Sappiamo bene che la pressione migratoria in Grecia è stata molto forte fino agli accordi con la Turchia. In Italia questo non c'è. Le Istituzioni sono presenti e svolgono davvero egregiamente il loro lavoro, sia in fase di primissima accoglienza allo sbarco, sia in fase di prima accoglienza.
  Il problema è che non si possono costringere le persone a un facere specifico, ragion per cui anche la cosiddetta detention, ossia il trattenimento al fine di fotosegnalamento o anche al fine di mera accoglienza, non può essere fatta fino a scontrarsi con la libertà personale, che chiaramente deve essere il primo diritto che va garantito a queste persone.
  In quest'ottica dicevo che il primo caso è il confronto con la Grecia. L'Italia è perdente, se continuiamo, ma credo che in questo senso anche la Commissione europea abbia capito, anche perché loro vanno e vedono. C'è una possibilità anche di diversificare le due situazioni.
  Sotto altro profilo ci sono i cosiddetti controlli di sicurezza, i security check. Quest'ottica non è di mia competenza, perché ovviamente recepisco i controlli di sicurezza che fa il Dipartimento di PS. Lavoriamo sempre a stretto contatto, ma i controlli di sicurezza si fanno. C'è l'immediato controllo nella banca dati nazionale AFIS, come vi dicevo.
  Istantaneamente, a fronte anche di un solo sospetto, si attivano le procedure di verifica, per esempio in caso di trafficanti sospetti, ed è il magistrato in loco che emana i provvedimenti del caso. Quindi, le persone per le quali c'è un sospetto di problemi rispetto alla pubblica sicurezza non entrano assolutamente nella procedura. Perché? Perché vengono bloccate all'origine, in qualche misura.
  Tutto ciò non è assimilato da parte degli Stati membri, i quali pretenderebbero interviste negli hotspot, che sono assolutamente vietate. Al di là di un principio evidente per cui questa cessione di sovranità sarebbe sicuramente inaccettabile da parte dell'Italia, c'è anche un profilo logistico: immaginatevi 26 rappresentanti dei Paesi UE per 2, perché si muovono sempre in due, nell’hotspot. Sarebbe una confusione, nello stato in cui già lavorano agenzie europee e, quindi, rappresentanti di singoli Stati membri sotto il mandato EASO e Frontex. È sicuramente un di più inaccettabile.
  Sui trasferimenti, la relocation in effetti è un esperimento che non può essere costrittivo. Le persone che, ricevuto il decreto di trasferimento in Croazia, decidono di non andare, rimangono richiedenti asilo in Pag. 10Italia. Escono fuori dalla procedura di relocation, ma chiaramente non ci può essere alcun intento sanzionatorio. Bisogna assicurare loro la protezione in Italia. Questo è un altro meccanismo che fa capire quanto, così codificato da parte dell'Europa, questo sia un meccanismo che si morde la coda. D'altro canto, come sarebbe possibile rimpatriare questi casi, come sanzione al non aver voluto partecipare alla procedura?
  D'altro canto, non c'è alcuna possibilità di costrizione dei migranti. Su questo concludo. È la stessa difficoltà che tutti gli Stati membri hanno, non solo l'Italia. Sapete bene che la media europea di trasferimenti a fronte di responsabilità accertate, secondo il meccanismo Dublino III, è di circa il 20 per cento. Significa che anche efficientissimi Paesi come la Germania, chi più, chi meno – si parla di medie – non riescono a mettere sugli aerei queste persone, che preferiscono darsi absconded, ossia dispersi sul territorio. Ecco perché la stessa persona ha una sfilza di Eurodac. Ne abbiamo anche quattro o cinque. La libertà di circolazione, però – ricordiamocelo – esiste ed è un principio di diritto civile. Lo dico sempre. L'obbligo a un facere non può essere mai indotto, anche nel caso dei richiedenti protezione internazionale.

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa Spinelli. Partiamo con le richieste e le domande.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  VEGA COLONNESE. Innanzitutto grazie per l'illustrazione. Le faccio delle domande a cui già ha risposto in parte. Magari può aggiungere dei chiarimenti che possono essere utili per il nostro lavoro.
  Lei ha fatto riferimento alla Grecia. In realtà, si sa che in Grecia già da tempo i trasferimenti sono stati interrotti causa le situazioni drammatiche che abbiamo anche visto. Vogliamo sapere se c'erano situazioni analoghe, se sono stati interrotti i trasferimenti in altri posti e in quali posti e soprattutto se ci sono, proprio in particolare, degli altri orientamenti in atto ostativi all'invio dei richiedenti verso altri Paesi membri che non offrano garanzie di legge.
  Ha fatto un accenno anche ai minori non accompagnati. Chiediamo, in generale, qual è la percentuale dei trasferimenti in altri Stati membri dei minori non accompagnati e se ci sono altre cause oltre ai ricongiungimenti familiari, se c'è questa possibilità di trasferimenti oltre a possibili ricongiungimenti familiari.
  Faccio un accenno su Ventimiglia. Vorrei sapere a Ventimiglia, che rappresenta il momento più drammatico che sta vivendo il nostro Paese come situazione di accoglienza dei migranti e anche di situazione di gestione all'interno dei flussi, qual è la situazione. Vorrei sapere se ci sono delle ammissioni alla Francia o se ci sono dei divieti di accesso. Chiedo se il suo ufficio è al corrente di quanti casi fanno parte dei Dublinanti e se rientrano di fatto nella specie dei Dublinanti.
  C'è una domanda che facciamo un po’ tutti noi esperti del settore, perché è una questione che ci preme molto: che cosa pensa lei della situazione degli hotspot e del fatto che non siano definiti giuridicamente e quale sarebbe una sua proposta per poter arginare questa situazione? È una cosa che a noi serve, come Commissione. Abbiamo un'idea ben precisa sugli hotspot, ma vorremmo capirne di più.

  MARCO RONDINI. Ringrazio anch'io per la disponibilità e per aver partecipato oggi alla nostra seduta di Commissione. Lei ci ha ricordato che lo Stato membro che viene richiesto dal richiedente asilo dovrebbe rispondere entro due mesi e che, se non risponde, di fatto la mancata risposta equivale a un'accettazione della richiesta. No? Non funziona così?

  SIMONA SPINELLI, Capo dell'Unità Dublino presso la Direzione centrale dei servizi civili per l'immigrazione e l'asilo del Ministero dell'interno. Fa riferimento alla richiesta di asilo o alla richiesta ad altri membri?

  MARCO RONDINI. Ad altri Stati membri.

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  SIMONA SPINELLI, Capo dell'Unità Dublino presso la Direzione centrale dei servizi civili per l'immigrazione e l'asilo del Ministero dell'interno. Allora, sì. Grossomodo è così.

  MARCO RONDINI. Grossomodo è così. Poi nella realtà magari non...

  SIMONA SPINELLI, Capo dell'Unità Dublino presso la Direzione centrale dei servizi civili per l'immigrazione e l'asilo del Ministero dell'interno. Non so se posso intervenire subito, ma forse lo faccio per chiarirci. La richiesta di presa in carico a due mesi varia, in realtà, a tre mesi. Dipende se c'è l'Eurodac, se c'è un visto, ma comunque c'è un termine definito. Dopodiché, non è che a due mesi in automatico... Se non mando la richiesta, si radica la competenza, ma la richiesta è sempre mandata. Dopodiché, però, c'è un'accettazione da parte dello Stato membro richiesto e scattano gli ulteriori sei mesi per effettuare materialmente il trasferimento.
  Questo è il profilo veramente di criticità, perché su questi sei mesi c'è la possibilità di un prolungamento in caso di irreperibilità del soggetto o di ricorso effettuato dal soggetto con natura sospensiva. Pertanto, il termine viene cristallizzato, diciamo. La vera difficoltà degli uffici, però, è proprio in questa fase.
  Noi rispondiamo e attiviamo le richieste di presa in carico. Il problema sono i sei mesi dall'accettazione. Se non riesco materialmente a far salire la persona sull'aereo, questo rimane un grosso punto critico. È chiaramente un problema proprio di carattere istruttorio-amministrativo, anche perché immaginatevi come vengono effettuati sul territorio questi trasferimenti, che sono molto diversi ovviamente dai rimpatri. Il richiedente è un richiedente asilo. Non c'è un problema di espulsione. Non c'è niente di tutto ciò.
  Fornisco quest'altro dato: i trasferimenti che vengono effettuati, purtroppo, nell'80 per cento dei casi sono di soggetti vulnerabili, che non riescono a darsi absconded, ossia che non hanno la possibilità di farlo. Se uno è sotto terapia farmacologica o ha dei bambini molto piccoli, non riesce a rendersi irreperibile sul territorio.

  MARCO RONDINI. Vado avanti e procedo. Volevo sapere se gli altri Stati, in genere, rispondono alle richieste di trasferimento che vengono avanzate dal nostro Paese e quante domande, invece, non vengono prese in carico dagli altri Stati e, dunque, rimangono poi di nostra competenza.
  Sulle modalità e i costi dei trasferimenti mi sembra che in parte abbia già risposto. Quanti sono i casi di presa in carico e quanti, invece, di ripresa in carico in Italia?
  Sappiamo che uno dei criteri di individuazione dello Stato competente è quello dei visti. Volevo sapere se viene applicato, quante domande sono radicate in Italia a seguito di visti rilasciati dalle nostre ambasciate e di quali nazionalità si tratta.
  Infine, vorrei sapere se e come vengono effettuate le ricerche dei familiari, quante vanno a buon fine e quanti minori vengono trasferiti.
  L'ultima domanda, invece, è per quanti richiedenti asilo il ricongiungimento con il familiare va a buon fine e quali sono i numeri.

  STEFANO DAMBRUOSO. Ringrazio la dottoressa Spinelli per le informazioni preziose che ci ha potuto fornire. C'è una domanda che mi è sempre sfuggita, forse per il mio limite di apprendimento: in sede comunitaria hanno mai stabilito o hanno mai previsto un numero massimo di persone accoglibili in sede comunitaria da parte di tutti i 28/27 che attualmente ne fanno parte? Esiste un tetto su cui lavorare nel medio-lungo periodo? No? Benissimo.
  Come seconda domanda, è mai esistito un concreto spazio di negoziazione o di dibattito proprio su un aspetto che lei ha riferito e che io ignoravo, cioè che di fatto il rifiuto ad accettare una riallocazione o ricollocazione non prevede alcun tipo di conseguenza su quella richiesta dell'asilante? C'è uno spazio – in termini generici direi sanzionatorio – quanto meno Pag. 12in termini di conseguenze negative su un atteggiamento che è incompatibile con un'apertura che comunque un altro continente sta dimostrando di avere, tant'è vero che ha non solo accolto il migrante, ma l'ha addirittura riallocato secondo le procedure legali e legittimamente previste?

  ELENA CARNEVALI. La ringraziamo molto. Credo che oggi ci abbia aiutato, anche se devo dire che la materia è particolarmente complessa. Per quanto sia stata attenta, glielo assicuro, non ho le idee chiarissime. Chiedo venia delle scemenze e delle sciocchezze che magari capiterà anche di dire.
  La prima domanda riguarda la possibilità di ricollocazione, di relocation. È possibile per tutti i collettivi di passaporto, o solo per alcuni gruppi? È possibile solo per gli eritrei, gli afgani, i siriani e quelli che hanno una certezza di riconoscimento del diritto d'asilo, oppure questa possibilità è estesa ad altri collettivi e altri gruppi. Abbiamo un dato di come si sono distribuiti? Questa è la prima domanda.
  La seconda credo sia in riferimento in particolare al tema che affrontava lei, cioè la vulnerabilità del periodo in cui assistiamo alla disponibilità oppure questi sei mesi per l'eventuale trasferimento. Debbo dirle, per esempio, che abbiamo potuto visitare Trapani e abbiamo visto un'attività particolarmente mirata e curata da parte dell'OIM a informare, come del resto anche da parte di tutto il centro, su quali sono le garanzie e le modalità e che cosa comportano. Devo dire che in quell’hotspot abbiamo potuto verificare che questo succede.
  Ovviamente, le persone che accedono, perché è un atto volontario, durante il periodo dei sei mesi non stanno nell’hotspot. Vengono poi trasferite. Alla fine, come si governa, nella complessità che stiamo affrontando in questo momento, la ricerca di tutte le informazioni necessarie, che sono obbligatorie, e che problemi stiamo incontrando da questo punto di vista?
  Sui numeri devo dire che sarebbe particolarmente utile capire alla fine quante sono le persone. Sappiamo che i dati non sono sufficienti, ma quante alla fine siamo riusciti a consentire di potere essere riallocate?
  Sulla modifica del Dublino III, lei giustamente diceva che pensiamo sempre che la richiesta d'asilo per Dublino III debba partire in questo modo: la richiesta di asilo parte dal Paese di approdo. Lei ci diceva che dobbiamo tenere in considerazione anche la possibilità per i minori dei ricongiungimenti e l'altro caso, che è quello eventualmente dei legami familiari. Dal punto di vista europeo sulla modifica di Dublino III – so che è una domanda che le può sembrare un po’ scontata – che impressione avete?

  SIMONA SPINELLI, Capo dell'Unità Dublino presso la Direzione centrale dei servizi civili per l'immigrazione e l'asilo del Ministero dell'interno (fuori microfono). Problematica.

  ELENA CARNEVALI. Esatto.

  PRESIDENTE. Vedo che ci chiamano anche all'altra Commissione nostra, la XII, perché hanno problemi di numeri, anche legali, non solo di maggioranza. Dovremo metterci d'accordo – mi scusi, dottoressa – sugli orari delle convocazioni. Le ventiquattro ore sono queste. Ci siamo organizzati in questa Commissione per fare in modo che la mattina del martedì...
  Dottoressa, bando ai nostri problemi organizzativi e parliamo delle cose più importanti.

  SIMONA SPINELLI, Capo dell'Unità Dublino presso la Direzione centrale dei servizi civili per l'immigrazione e l'asilo del Ministero dell'interno. Cercherò di essere molto rapida, tentando anche di inglobare qualche domanda. I trasferimenti – vado in ordine – nei confronti della Grecia sotto Dublino III sono stati sospesi. C'è stata un'apposita posizione della Commissione che ha sospeso i trasferimenti ormai dalla metà del 2014. È stato l'unico caso di posizione ufficiale presa, ragion per cui Pag. 13tutti gli altri trasferimenti sono astrattamente possibili.
  Parlo di astrattezza perché, per esempio, in Ungheria per concordare il volo c'è un'ulteriore fase procedimentale. L'Ungheria fornisce delle comunicazioni su questo sistema comune per cui il suo aeroporto è aperto una o due volte al mese, ma lo si sa a distanza di tre giorni, nella sostanza ponendo nel nulla la possibilità di trasferire persone in Ungheria.
  Questo è il profilo più evidente di un altro Stato membro. Tenete conto che l'Italia è stata bloccata da una sentenza della Corte di giustizia, della CEDU, il cosiddetto caso Tarakhel, per i nuclei familiari. La Svizzera aveva ritrasferito in Italia una famiglia che aveva impugnato il trasferimento in Italia perché l'Italia non forniva adeguate garanzie di accoglienza delle famiglie. Chiaramente, la sentenza è stata superata, ma per circa otto mesi sono stati bloccati i trasferimenti delle famiglie in Italia a causa di questa sentenza.
  Questo per dire che il cosiddetto blocco dei trasferimenti è una situazione molto fluida e magmatica, perché non normata, perché incide molto il fatto sul diritto. Confermo, quindi, che solo la Grecia è un caso di divieto di trasferimenti, mentre in tutti gli altri casi c'è veramente un bilancino anche molto sottile.
  Quanto ai minori non accompagnati, mi chiedeva qualche dettaglio. I minori non accompagnati sono trasferiti soltanto per ricongiungimento. Volevo soltanto sottolineare – questo è il profilo di difficoltà per la ricollocazione dei minori non accompagnati – che il Regolamento Dublino, all'articolo 8.4, prevede che in qualsiasi Stato membro il minore si trovi e richieda protezione internazionale, quello è lo Stato competente. Nella sostanza, se i minori, ancorché fotosegnalati per ingresso illegale in Italia, riescono ad arrivare in Svizzera e fanno richiesta di protezione in Svizzera, la Svizzera non me li può richiedere come ingresso illegale.
  Tenete conto che qui la criticità è l’age assessment, ossia la verifica dell'effettiva minore o maggiore età. È molto complicato di fatto, ma su questo c'è un favor minoris che l'Italia si impone. Rifiuta quindi le richieste di presa o ripresa in carico in caso di sospetta minore età.
  Ventimiglia, purtroppo, vi devo dire, non rientra tecnicamente nei profili di Dublino. È una criticità per cui c'è massima collaborazione con i colleghi, ma nella sostanza al confine con tutti gli Stati membri confinanti ci sono degli accordi di cosiddette riammissioni di polizia. Siamo fuori dalla procedura Dublino.
  L'opinione sull’hotspot quasi me la riservo se abbiamo un momento in finale. È più importante rispondere sui numeri che chiedeva il collega. Diciamo che forse, per brevità, è bene che mi riservi e che ve li invii con un’e-mail, non per sottrarmi, ma perché sono molto articolati.
  Volevo fare soltanto un'annotazione sui visti. Non mi sto sottraendo, veramente. Sono abbastanza puntuale nel fornire i dati, perché credo che i numeri dicano qualcosa, se un minimo spiegati. Voglio dire solo una cosa sui visti. Stiamo veramente lavorando a strettissimo contatto anche con il Ministero degli affari esteri per avere un controllo sulla concessione dei visti.
  Perché? Perché magari nelle sedi distaccate delle ambasciate è più difficile valutare il fenomeno nel lungo periodo. Abbiamo avuto un'implementazione informatica per cui mensilmente loro hanno un riscontro di tutti i visti, suddivisi per nazionalità, emessi dalle nostre ambasciate. Tenete conto che il caso più macroscopico è quello dei visti concessi per turismo agli ucraini, che poi richiedono asilo, tanto per essere anche molto semplici.
  In sede comunitaria – non c'è il collega, che è andato via, ma do un minimo di riscontro anche alle sue domande – non c'è un tetto massimo né per i migranti, né per i richiedenti asilo. C'è da dire che Paesi come il Libano ospitano, o quanto meno accolgono, numeri che per l'Europa sono comunque ancora molto bassi. Volendo fare un discorso un po’ di lungo-lunghissimo periodo, ma questa è una scelta politica, bisognerebbe tener conto dei fenomeni non soltanto dei Paesi Pag. 14in guerra, ma anche del continente Africa, che preme sul continente Europa.
  Sugli atteggiamenti di incompatibilità, sinceramente, a normativa vigente, non possiamo arrivare in via interpretativa e in via amministrativa a togliere requisiti di accoglienza ai migranti. Devo dire che una cosa del genere è prevista nella proposta di modifica al Regolamento Dublino III in caso di sottrazioni alle regole della proposta stessa, ma c'è molto dibattito anche in ragione delle organizzazioni internazionali a tutela dei rifugiati.
  Per quanto riguarda le nazionalità, la collega Carnevali chiedeva un minimo di dati. I gruppi non sono determinati. Per esempio, gli afgani non sono ricollocabili, perché la nazionalità afgana non rientra nel 75 per cento di riconoscimento della media europea. Noi valutiamo con una comunicazione che fa la Commissione europea ogni quadrimestre, ogni volta che l'Eurostat pubblica i dati.
  Il dato sconfortante, che sul piano del negoziato stiamo facendo molto pesare, è che è sommamente ingiusto come criterio. Per esempio, è dentro il Bahrein perché probabilmente ha avuto 12 domande di protezione internazionale, tutte e 12 accolte, ragion per cui ha un riconoscimento del 100 per cento, ma non rientra, in realtà, in una casistica che consenta all'Italia di essere aiutata. È un criterio assolutamente... Devo dire che è uscito, per esempio, dal novero dei Paesi anche l'Iraq. Perché? Perché nell'ultimo quadrimestre ha una media del 72-73 per cento.

  PRESIDENTE(fuori microfono). Eritrei e siriani sì?

  SIMONA SPINELLI, Capo dell'Unità Dublino presso la Direzione centrale dei servizi civili per l'immigrazione e l'asilo del Ministero dell'interno. Eritrei, siriani, Repubblica Centroafricana. Poi ci sono sempre Yemen, Maldive e cose che non esistono. Comunque i dati sono disponibili sul sito Eurostat e facilmente reperibili. Se volete, vi mando la scheda, per vostra contezza anche di questo.
  Una cosa mi veniva in mente per la testimonianza di Trapani sui trasferimenti. Credo che forse si debbano distinguere i trasferimenti di relocation e i trasferimenti di Dublino III. I trasferimenti a sei mesi cosiddetti sono quelli di Dublino III, ma l'IOM fa un'informativa insieme a UNHCR e EASO sia su Dublino, sia principalmente sulla relocation. Quindi, in realtà, nell’hotspot loro hanno un'idea di come funziona la procedura, ma non rientreranno nella casistica dei trasferimenti Dublino, nella sostanza. C'è un po’ una confusione su questo.
  Per la relocation i richiedenti protezione internazionale eleggibili nella procedura vengono trasferiti in centri dedicati, che sono principalmente a Bari, a Crotone, a Villa Sikania e a Roma, al CARA di Castelnuovo di Porto. Li abbiamo individuati perché in questi CARA gli Uffici dell'immigrazione sono all'interno, ragion per cui è più semplice effettuare tutte le procedure di richiesta d'asilo. Ci aspettavamo numeri più grandi. Doveva esserci maggiore ricambio, che chiaramente, purtroppo, non c'è, in ragione della mancata offerta di quote.
  Anche questi numeri li ho, ma posso anche fornirvi la scheda precisa. Abbiamo una doppia lettura un po’ del workflow da parte dell'ufficio, che ha necessità di monitorare. Il dato è rilevante, per esempio. Stiamo aspettando oltre 500 approval, ossia richieste già inviate a Paesi membri. Per 500 persone la procedura lato Italia è conclusa, ma stanno ancora aspettando l'ultima parola dello Stato membro. In assenza dell’approval, non li posso comunque mettere su questi aerei. È un dato rilevante.
  Per il resto anche sui minori e i ricongiungimenti mi riservo di fornire i numeri.

  PRESIDENTE. Dottoressa, se non ci sono altre domande, rimaniamo d'accordo che ci fornirà questa ulteriore documentazione, se è così gentile da poterla integrare rispetto alle valutazioni e alle considerazioni che faceva. Sarà nostro carico poi diffonderla e trasmetterla ai colleghi della Commissione.
  Direi che possiamo ringraziare nuovamente la dottoressa Spinelli.

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  SIMONA SPINELLI, Capo dell'Unità Dublino presso la Direzione centrale dei servizi civili per l'immigrazione e l'asilo del Ministero dell'interno. Ringrazio voi e lei per il lavoro che effettuate, perché è utile che il Parlamento ci aiuti nell'affrontare queste tematiche.

  PRESIDENTE. Poi ci racconterà il motivo del visto per le Maldive, che non abbiamo ancora capito. Faremo ulteriori puntualizzazioni in altra sede.
  La ringrazio e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 12.20.

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