Sulla pubblicità dei lavori:
Gelli Federico , Presidente ... 3
Audizione del giornalista del settimanale «l'Espresso» Fabrizio Gatti:
Gelli Federico , Presidente ... 3 ,
Gatti Fabrizio , Giornalista de «l'Espresso» ... 3 ,
Gelli Federico , Presidente ... 7 ,
Gatti Fabrizio , Giornalista de «l'Espresso» ... 7 ,
Gelli Federico , Presidente ... 9 ,
Gadda Maria Chiara (PD) ... 9 ,
Carnevali Elena (PD) ... 10 ,
Fontana Gregorio (FI-PdL) ... 11 ,
Dambruoso Stefano (SCpI) ... 11 ,
Patriarca Edoardo (PD) ... 12 ,
Rondini Marco (LNA) ... 12 ,
Gatti Fabrizio , Giornalista de «l'Espresso» ... 12 ,
Rondini Marco (LNA) ... 13 ,
Gelli Federico , Presidente ... 13 ,
Gadda Maria Chiara (PD) ... 13 ,
Gelli Federico , Presidente ... 13 ,
Gatti Fabrizio , Giornalista de «l'Espresso» ... 13 ,
Gelli Federico , Presidente ... 17
Audizione del direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG), Umberto Carofiglio, e del responsabile della Cooperativa «Senis hospes», Michele De Giulio:
Gelli Federico , Presidente ... 17 ,
Carofiglio Umberto , Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG) ... 17 ,
Patriarca Edoardo (PD) ... 18 ,
Carofiglio Umberto , Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG) ... 18 ,
Patriarca Edoardo (PD) ... 18 ,
Carofiglio Umberto , Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG) ... 18 ,
Gelli Federico , Presidente ... 18 ,
Carofiglio Umberto , Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG) ... 18 ,
Gelli Federico , Presidente ... 18 ,
Carofiglio Umberto , Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG) ... 18 ,
Gelli Federico , Presidente ... 18 ,
Fontana Gregorio (FI-PdL) ... 18 ,
Brescia Giuseppe (M5S) ... 19 ,
Carnevali Elena (PD) ... 19 ,
Carofiglio Umberto , Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG) (fuori microfono) ... 20 ,
Carnevali Elena (PD) ... 20 ,
Gadda Maria Chiara (PD) ... 20 ,
Patriarca Edoardo (PD) ... 21 ,
Rondini Marco (LNA) ... 21 ,
Gelli Federico , Presidente ... 21 ,
De Giulio Michele , Responsabile della Cooperativa «Senis hospes» ... 21 ,
Carofiglio Umberto , Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG) ... 21 ,
Gadda Maria Chiara (PD) ... 22 ,
Carofiglio Umberto , Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG) ... 22 ,
Gadda Maria Chiara (PD) ... 22 ,
Carofiglio Umberto , Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG) ... 22 ,
Gadda Maria Chiara (PD) ... 22 ,
Carofiglio Umberto , Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG) ... 22 ,
Gelli Federico , Presidente ... 22 ,
Carofiglio Umberto , Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG) ... 22 ,
Gadda Maria Chiara (PD) ... 22 ,
Carofiglio Umberto , Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG) ... 22 ,
Gelli Federico , Presidente ... 22 ,
Carofiglio Umberto , Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG) ... 22 ,
Gelli Federico , Presidente ... 23 ,
Palazzotto Erasmo (SI-SEL) ... 23 ,
Gelli Federico , Presidente ... 23 ,
Carofiglio Umberto , Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG) ... 23 ,
De Giulio Michele , Responsabile della Cooperativa «Senis hospes» ... 24 ,
Patriarca Edoardo (PD) ... 24 ,
Gelli Federico , Presidente ... 24 ,
Carofiglio Umberto , Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG) ... 24 ,
Patriarca Edoardo (PD) ... 24 ,
Carofiglio Umberto , Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG) ... 24 ,
Patriarca Edoardo (PD) ... 24 ,
Gelli Federico , Presidente ... 24 ,
Carofiglio Umberto , Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG) ... 24 ,
Carnevali Elena (PD) ... 25 ,
Carofiglio Umberto , Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG) ... 25 ,
Gelli Federico , Presidente ... 25 ,
De Giulio Michele , Responsabile della Cooperativa «Senis hospes» ... 25 ,
Gelli Federico , Presidente ... 25 ,
De Giulio Michele , Responsabile della Cooperativa «Senis hospes» ... 25 ,
Gelli Federico , Presidente ... 25 ,
De Giulio Michele , Responsabile della Cooperativa «Senis hospes» ... 25 ,
Gelli Federico , Presidente ... 25 ,
Carofiglio Umberto , Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG) ... 25 ,
De Giulio Michele , Responsabile della Cooperativa «Senis hospes» ... 26 ,
Gelli Federico , Presidente ... 26 ,
Carofiglio Umberto , Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG) ... 26 ,
Rondini Marco (LNA) ... 26 ,
Gelli Federico , Presidente ... 26 ,
Rondini Marco (LNA) ... 26 ,
De Giulio Michele , Responsabile della Cooperativa «Senis hospes» ... 26 ,
Gelli Federico , Presidente ... 27
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
FEDERICO GELLI
La seduta comincia alle 12.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che delle audizioni odierne sarà redatto un resoconto stenografico e che, ove necessario, i lavori della Commissione potranno proseguire in seduta segreta.
Se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
Audizione del giornalista del settimanale «l'Espresso» Fabrizio Gatti.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del giornalista del settimanale «l'Espresso» Fabrizio Gatti, che è qui accanto a me e che ringrazio per aver accettato il nostro invito.
La presente audizione, per la quale abbiamo previsto una durata complessiva di circa un'ora – così ci regoliamo sui nostri tempi e anche sui lavori delle altre Commissioni, anche in considerazione degli altri impegni nostri e anche del dottor Gatti – rientra nel ciclo di audizioni concordate in Ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi volte ad approfondire la specifica questione del CARA di Borgo Mezzanone, in provincia di Foggia.
Il centro è stato oggetto, com'è noto a tutti, di un'inchiesta giornalistica, curata dal nostro ospite di oggi, che è entrato nel centro stesso e ha poi pubblicato un articolo su «l'Espresso», evidenziando diverse criticità riscontrate nel suo soggiorno, se così si può definire. Poi ce le racconterà.
L'articolo ha avuto una risonanza a livello nazionale. La Commissione aveva già da tempo immaginato qualche iniziativa relativamente al centro di Borgo Mezzanone, non toccato da una visita nel corso della missione svolta in Puglia solo per mancanza di tempo. Se vi ricordate, avevamo calcolato di visitare, quando siamo stati in Puglia, anche quel centro, ma poi, per la logistica disgraziata di quei luoghi, non l'abbiamo fatto. Per raggiungere un posto dall'altro è sempre un problema di ore di spostamenti.
Abbiamo deciso per questo motivo di invitare in audizione i soggetti coinvolti in questa vicenda, i protagonisti di questa vicenda della realtà foggiana, anche per inquadrarla nella politica più generale dell'accoglienza.
La Commissione procederà, pertanto, a brevissimo giro all'audizione anche dei responsabili del centro, nonché degli altri attori istituzionali della zona, ossia il prefetto, il questore e il procuratore capo di Foggia. Sappiamo che alla vostra azione è seguita anche l'apertura di un fascicolo giudiziario da parte della procura.
Rinnovo il benvenuto al dottor Gatti e gli cedo la parola per il suo racconto e la sua narrazione. Grazie.
FABRIZIO GATTI, Giornalista de «l'Espresso». Innanzitutto, onorevole presidente e onorevoli commissari, grazie per l'attenzione al lavoro giornalistico e per questa occasione, che ritengo molto importante. Sono anche emozionato, personalmente, perché raramente da un lavoro dalle pagine di un giornale continua un Pag. 4percorso – magari non raramente, ma spesso sì – e c'è la possibilità di partecipare a un percorso istituzionale.
Mi presento brevemente. Lavoro come inviato per il settimanale «l'Espresso», dove sono arrivato dopo un percorso professionale di tre anni al Giornale diretto da Indro Montanelli e quindici al Corriere della Sera. Ora, dal 2004, lavoro per il settimanale «l'Espresso», dove mi occupo di attualità, inchieste e anche esteri.
In particolare, praticamente dal 1992, ho cercato, tra i vari argomenti affrontati, di raccontare l'impatto dell'immigrazione dagli anni Novanta in poi, dalla prima legge Martelli – quella legge era un punto di passaggio che dà l'idea di un inizio storico in cui l'Italia diventa meta di arrivo – sia nei percorsi, sia nelle rotte, che ho seguito in varie occasioni.
Su quest'ultima inchiesta che riguarda il CARA di Borgo Mezzanone il lavoro è cominciato non quest'anno, ma già nel 2014. Già nel 2006 avevo fatto un lungo lavoro di inchiesta da infiltrato sul caporalato nella zona di Foggia. Tra l'altro, ne venne lo spunto per il Governo di allora di avviare una Commissione che venne istituita, una Commissione che riunì sia parlamentari, sia sindacati, forze dell'ordine e rappresentanti delle Istituzioni e anche della società civile per affrontare questo tema, che stava praticamente espandendosi, potendo sfruttare manodopera a poco costo, non solo nelle regioni agricole del Sud, ma anche su tutto il territorio nazionale.
Nel 2014 tornai nella zona di Foggia per raccontare come, in conseguenza alla crisi economica italiana, ci fossero anche cittadini italiani rimasti senza lavoro che andavano alla ricerca di un caporale per poter essere ingaggiati e lavorare nelle campagne. In questi giri, però, ne approfitto anche per avere un po’ il quadro della situazione.
Ho dei miei punti di riferimento. Uno è Rignano Garganico, la zona dove i braccianti si raccolgono in una baraccopoli, soprattutto d'estate. Poi ci sono alcuni punti, a Stornara e Stornarella, comuni della provincia di Foggia, dove ero stato ingaggiato da un caporale. Mi spacciati per sudafricano per poter lavorare con i lavoratori africani, perché, non parlando né romeno né bulgaro, non potevo frequentare le altre comunità. Andò bene. Quello mi serve per avere un po’ il quadro della situazione sul territorio.
Andai anche a Borgo Mezzanone, realtà che già conoscevo in qualche modo, perché di passaggio ci ero stato già nel 2006, girandoci intorno per vedere che cosa stesse accadendo. Nel 2014 mi ero accorto di questa realtà parallela. Il centro allora non era un CARA. Non ricordo che cosa fosse, ma è facilmente riscontrabile negli atti come fosse definito il luogo. All'esterno avevo riscontrato la presenza di cittadini stranieri che in qualche modo erano usciti dai percorsi protetti o dai percorsi legali, perché o, da un lato, avevano ricevuto un diniego alla loro richiesta d'asilo, oppure – ho conosciuto molte persone con permesso di soggiorno – avendo avuto comunque l'accesso a documenti italiani, non avevano poi avuto l'inserimento in un percorso di lavoro e di vita autonoma, ragion per cui erano rimaste lì, perché in quella zona in qualche modo si trovava lavoro.
Tornai nel gennaio 2015 – avevo fatto un giro, praticamente in due settimane, di circa più di 4.000 chilometri attraverso l'Italia: avevo fatto da solo Torino, il casertano, la Puglia, una parte della Calabria e poi il Nord Est – per raccontare che cosa stesse accadendo sia nelle strutture legali di accoglienza, sia in quelle informali, cioè baraccopoli, case occupate e fabbriche occupate delle periferie, a seguito dei primi due anni di grande flusso nuovo dall'Africa e dalla Siria. Nel gennaio 2015 facevo il punto del 2014.
A Borgo Mezzanone intervistai alcuni braccianti che, in questa nuova prospettiva di crisi del lavoro, erano rimasti in zona anche d'inverno. Spesso queste realtà erano abitate d'estate nel periodo del raccolto, ma poi d'inverno la gente andava altrove. Era una sorta di transumanza agricola. Si seguivano le stagioni dei raccolti, ragion per cui le persone si spostavano in Calabria, a Caserta e nel casertano. Molti, Pag. 5invece, erano rimasti lì perché non avevano trovato alternative.
Ricordo in queste interviste – tra l'altro, alcune persone sono ancora presenti – persone anche con permesso di soggiorno per motivi umanitari (qualcuno anche per motivi di lavoro, che però aveva perso il lavoro) che mi raccontavano di vivere con la loro giornata tipo con un tè caldo la mattina, una sorta di zuppa con farina e acqua calda la sera e nient'altro. Questa era la loro alimentazione. Riuscivano a lavorare d'estate, se andava bene, tre o quattro giorni al mese e non di più, perché ovviamente la domanda di lavoro è talmente alta che è molto di più rispetto all'offerta. Questo è anche il gioco dei caporali per abbassarne il costo.
Quello che mi aveva colpito nel gennaio 2015, e che avevo intuito già nel 2014, ma che non avevo approfondito, era che sicuramente il varco del CARA che dà sul piazzale principale era smontato e che le persone passavano tranquillamente da una parte all'altra. Quindi, in questa zona della baraccopoli, che si chiama «pista» – in realtà, non sono vere baracche, perché alcune strutture abitative sono rimaste da una precedente struttura insediativa legale, che poi era stata ristretta e spostata dove è attualmente, con in più alcune baracche intorno – le persone si potevano muovere e mi dicevano che spesso andavano di là perché di là c'erano i bagni un po’ più puliti, magari c'era la doccia oppure avevano semplicemente gli amici o i contatti. I rapporti sociali avvenivano con questa permeabilità.
La premessa è che i cittadini stranieri all'interno di un CARA sono cittadini liberi di uscire ed entrare. Sicuramente mi stupiva il fatto che, essendo una struttura dello Stato, in qualche modo fosse molto permeabile.
Tra l'altro, era un riscontro a una realtà che avevo vissuto lavorando a Lampedusa, non nel 2005, quando venni tra l'altro ripescato e rinchiuso nel vecchio centro vicino all'aeroporto, ma successivamente, nel 2013, dopo i famosi naufragi che c'erano stati. Avevo notato, per esempio, che, secondo il regolamento interno, le persone all'interno del centro di prima accoglienza di Lampedusa con famiglie e bambini non avevano la possibilità di uscire e visitare il paese, ossia di uscire all'esterno del centro. Questa era la versione ufficiale, ma, in realtà, sotto gli occhi di tutti le persone uscivano tranquillamente da buchi nella recinzione.
Questo aspetto, come cittadino, mi aveva stupito, perché, secondo me, dava un'immagine un po’ strana della regola che si usa in Italia. C'è un'ufficialità che dice «no», ma alla fine c'è una possibilità di uscita e ingresso senza alcun controllo. Tra l'altro, in questo modo chiunque potrebbe entrare in quel centro, dove ci sono persone che magari richiedono asilo rischiando la vita nei confronti dei Governi da cui sono scappati. In teoria, un'ambasciata potrebbe infiltrare – non è mai successo, che mi risulti – ma potenzialmente sono persone da tutelare.
Uno degli aspetti che più mi stupivano di Lampedusa e che mi hanno stupito a Borgo Mezzanone è la presenza dei cani randagi all'interno della struttura di assistenza. Avevo scritto – siamo nel 2013; poi stringo su Borgo Mezzanone – per esempio, che la notte i cani randagi all'interno del centro di Lampedusa facevano i loro bisogni e orinavano, annusando le famiglie. Poiché c'erano tantissime persone, tra l'altro molte sopravvissute ai naufragi del 3 e dell'11 ottobre, e non c'era posto, queste dormivano sotto gli alberi. La notte i cani giravano tra le persone che dormivano e orinavano sulle loro cose. Non era sicuramente un'immagine degna di umanità, essendo una struttura ufficiale. Questa, tra l'altro, è una particolarità che, purtroppo, ho ritrovato al CARA di Borgo Mezzanone.
A gennaio 2015, quindi, vedo questa realtà e vedo la recinzione smontata. Stavo seguendo, però, un'altra indagine, ragion per cui avevo accantonato questo tipo di lavoro e ho continuato il mio lavoro. Ci siamo tornati quest'anno.
Tra l'altro, facendo una ricerca su Internet, che loro possono tranquillamente fare cercando su Google, ho trovato un report credo di un'associazione che si chiama Osservatorio Migranti. Ci sono anche Pag. 6 altre associazioni, come la campagna LasciateCIEntrare, che forse conoscete. Mi riferisco, però, a Osservatorio Migranti perché ha un report di una visita – non vorrei sbagliare la data, ma doveva essere del 20 febbraio 2013 – all'interno del CARA che racconta una situazione identica a quella che poi ho riscontrato io due anni e mezzo dopo quasi. Si parla di porosità della recinzione e, quindi, di possibilità di passaggio e soprattutto di possibilità di ingresso di persone abusive, da una parte, ma anche e soprattutto di persone a volte ostili nei confronti degli ospiti ufficiali del CARA, dall'altea.
Ho raccontato poi nel diario quella settimana. Tra l'altro, l'uscita era prevista la settimana del terremoto ad Amatrice, ma poi l'abbiamo rinviata di due settimane per questo motivo. Sono arrivato nella zona ai primi di agosto. Mi sono occupato anche del caporalato e del lavoro nelle campagne, ma ho cominciato a fare dei sopralluoghi per riscontrare se la situazione fosse ancora la stessa.
La situazione era addirittura direi cambiata, nel senso che lungo la pista il numero di baracche è aumentato e molte sono in costruzione. Non solo, ho notato durante i sopralluoghi notturni che si è aggiunta un'organizzazione, che mi hanno detto essere arrivata dalla zona del napoletano, di nigeriani che ha trasformato alcune baracche, che un tempo servivano solo per i braccianti per dormire, per fare attività commerciali.
C'è una discoteca, che tra l'altro è quella che nel mio servizio racconto tormenta tutta la notte con la musica a tutto volume. Ci sono dei bar e dei ristoranti, ovviamente di stile africano. Sono delle baracche. Queste strutture servono al tempo libero di chi vive lì, anche se poi, da quello che mi risulta, i braccianti, cioè le persone che sono impegnate 12-14 ore al giorno nei campi e, in più, hanno il viaggio di andata e ritorno nei campi o col caporale o in bicicletta, non le frequentano, perché o sono stanchi morti, o non hanno i soldi per andare lì.
Soprattutto, però, da quello che ho visto e ho dedotto anche da quanto avveniva, tali strutture sono di giorno, la mattina presto, i luoghi di incontro con i caporali africani (non ci sono solo gli italiani) e la sera luoghi per lo sfruttamento della prostituzione.
A un certo punto, ho visto che i passaggi, cioè le parti di recinzione smontata, erano ben quattro e non solo uno, quello centrale che avevo già visto nel gennaio 2015, e che era sempre lo stesso. Poi ce n'erano altri tre, tra l'altro sotto una serie di fari, tutti dotati di telecamere. La preoccupazione all'inizio, nel fare questa inchiesta sotto copertura, era anche quella di non essere scoperto, vedendo le telecamere. Vedevo che comunque a qualunque ora del giorno e della notte le persone erano libere sia di entrare, sia di uscire.
Così, a un certo punto, d'accordo con un fotografo che doveva documentare tutto questo lavoro, è cominciata la parte che abbiamo raccontato nel servizio. Il monitoraggio, se così lo possiamo chiamare, sulla zona l'abbiamo fatto da inizio agosto praticamente fino al 5 settembre, perché, prima di uscire con il servizio che avete visto, abbiamo ricontrollato che la situazione fosse ancora quella che avevamo visto a fine agosto e che non ci fossero novità. Abbiamo riscontrato la stessa situazione.
Passo agli elementi che possono essere degni di nota sull'interno, al di là della storia che poi ho raccontato e che avrete visto nel servizio. L'ingresso è presidiato. Ho visto divise della Polizia di Stato e dell'Esercito. Le ho viste dal di fuori, quando, in due occasioni, con l'auto avevo fatto il giro di questa strada a vicolo cieco, giusto per vedere come fosse la situazione. Addirittura nel report del 2013 si diceva che persone esterne al centro potessero passare tranquillamente attraverso il centro per raggiungere la pista, che è la baraccopoli alle spalle del centro.
Tra l'altro, le distanze sono effettivamente enormi, ragion per cui le persone che vengono scaricate dai bus navetta sulla strada di Borgo Mezzanone trovavano più comodo, più semplice e più breve arrivare alle loro baracche attraversando il CARA.
Praticamente, sono rimasto dentro sette giorni e sette notti, con alcune pause, alcune Pag. 7 proprio logistiche, per organizzare il lavoro anche fotografico, anche per non farci vedere in due europei all'interno nello stesso momento. Il fotografo ha visto meno di me, nel senso che è arrivato per fare le foto, ma racconterebbe le stesse cose che vi sto raccontando io. Il fotografo è Carlos Folgoso, un collega spagnolo.
L'aspetto che mi ha stupito, nonostante le dimensioni, la permeabilità della struttura e anche la vicinanza con attività criminali dimostrata da operazioni della squadra mobile di Foggia pubblicate nei giornali nella primavera, è che non ci fosse alcuna forma di controllo perimetrale, se non altro perché ci sono persone all'interno del centro che avrebbero un'idea di sicurezza del luogo, avendo una forma di controllo perimetrale.
Tra l'altro, ho visto chiaramente un mezzo militare parcheggiato vicino all'ingresso nella parte interna. Non c'era alcuna forma, da quello che ho visto io, di controllo, né a piedi, né con i mezzi, lungo il perimetro interno, che è peraltro molto esteso.
Chiedo scusa, ma se loro vogliono interrompermi per qualche domanda...
PRESIDENTE. Vada avanti per altri 5-6 minuti, così facciamo in tempo anche a porre delle domande.
FABRIZIO GATTI, Giornalista de «l'Espresso». Sì, infatti ho quasi finito.
L'altro aspetto che, al di là della questione dell'immagine di una struttura di Stato che lo Stato dà di sé, che l'Istituzione dà di sé, che, secondo me, è molto delicato è proprio quello della tutela degli ospiti. Per esempio, all'interno, in quattro giorni, poiché, facendo il giornalista, non potevo dedicare un mese là dentro e dovevo vedere più situazioni, ho sicuramente attraversato quei confini invisibili tracciati all'interno tra varie comunità.
Loro vedevano uno da solo, tra l'altro di un'età ormai più che doppia rispetto all'età media dei presenti – ho cinquant'anni quest'anno – e soprattutto con l'aspetto fisico da europeo. Ovviamente, là erano per la maggior parte cittadini africani, una parte afgani e una parte pachistani. Gli afgani sono chiari, ma hanno 20-22 anni, ragion per cui non assomiglio a un afgano.
Ho usato questo stratagemma dicendo che ero un sudafricano – come ha funzionato dieci anni fa, speravo che funzionasse anche adesso e così è stato – che, per motivi suoi, era scappato senza documenti e tentava di raggiungere la sorella a Londra. Questa era la mia storia, che comunque ha funzionato.
La quarta notte, però, dopo avermi visto attraversare, camminare e guardare intorno, è cominciata una sorta di marcatura a zona. Ero stato visto dai referenti interni. Tra l'altro, molte persone sono lì anche da più di un anno. Scaduto il loro diritto di permanenza, sono rimaste. Alcune sono rimaste perché non hanno altro luogo dove andare. Altre sono rimaste perché legate in qualche modo alle attività illecite che avvengono all'esterno e forse, credo, anche all'interno.
Non ho mai visto, però, esterni europei italiani all'interno del centro passare dalle mura. Questo va detto nel caso della prostituzione e via discorrendo. Mi hanno raccontato di italiani che a volte vanno nelle baraccopoli, ma non ne ho mai visti all'interno, se non il personale. Poi vi parlo anche di questo.
Alla quarta notte sono stato avvicinato prima da un ragazzo del Mali, che mi ha parlato in italiano, convinto che fossi italiano. Mi chiedeva: «Amico, che problema c'è?» Questa era la domanda che faceva. Io rispondevo in inglese. Lui non parlava inglese, quindi è finita lì.
Poi sono arrivati i due ragazzi pachistani, di cui uno, tra l'altro, aveva il fratello a Durban, in Sudafrica. Io ho lavorato un po’ in Sudafrica e, quindi, abbiamo parlato un po’. L'unica nota di colore è che un ragazzo bengalese, tra l'altro minorenne – lui ha detto di avere 16 anni, nonostante sul tesserino magnetico, che poi in realtà è una fotocopia con un codice a barre, avessero scritto 1997 come data di nascita – mi parlò di cricket. Francamente, sul cricket non mi ero preparato, ma andò bene.
Arrivarono poi i due ragazzi pachistani, che volevano che andassi a dormire nella Pag. 8loro casupola, in modo probabilmente che potessero controllarmi. Alla fine decido di ritirarmi dove avevo dormito fino a quella notte, su una sorta di piattaforma di cemento nella zona orientale del CARA, vicino a un bagno chiuso, che è stato sigillato non so per quale motivo, vicino agli altri bagni. Poi c'è una zona di sterpaglie completamente recintata, ma senza strutture.
Lì è arrivato quello che nel mio racconto chiamo Cumpà, perché questo era il modo in cui lui si presentava. «Cumpà, che problema c'è?» Lui era da un anno lì ed era convinto anche lui che fossi italiano. Lui era legato ai nigeriani, perché in qualche modo ha cominciato a minacciarmi. Mi sono messo nei panni anche di persone che magari non vogliono sottostare a questa forma di controllo. Queste persone lì dentro sono affidate allo Stato italiano e non all'organizzazione esterna. Quindi, ho avuto anche conferma di questo.
Quanto alla presenza di operatori italiani, ho visto personale con la maglietta di una cooperativa che si chiama «Senis hospes». Utilizzavano un furgone preso a noleggio, così almeno risultava dalla scritta della Hertz. Quindi, non avevano un furgone proprio, ma un furgone a noleggio. Questo è un dettaglio marginale, che non ho messo nel servizio, ma che mi aveva stupito. I noleggi costano di solito molto di più dei furgoni in leasing o in proprietà, ma bisogna vedere il contratto. Non ho fatto un'indagine di questo tipo.
Il personale lo vedevo la mattina alle sette meno un quarto circa, quando cominciava la distribuzione, alla preparazione per la distribuzione della prima colazione, alla distribuzione dei pasti a pranzo e a cena e alla pulizia dei bagni, che francamente – va detto – venivano puliti.
Ho visto, peraltro, anche un sovraffollamento, perché è una struttura per la quale – va detto – il contratto di appalto prevede 636 persone. Ho appreso poi, dopo la mia inchiesta, dai giornali foggiani, che da fonti di polizia era stato fornito il numero, nel periodo in cui ero dentro, di 1.414 persone regolari registrate, più una stima di circa 500 abusivi. Questa è la struttura.
La cosa che avevo notato dei bagni è che non c'era mai un odore di disinfettante. Le docce lasciavano molto a desiderare. Questo, però, è comprensibile. La cosa che mi ha stupito e che, secondo me, è facilmente evitabile è la presenza dei cani randagi, che addirittura vanno a bagnarsi e a orinare nelle docce dove le persone poi non lo sanno e vanno a fare la doccia. Sono cani randagi che spesso sono aggressivi e che restano dentro perché c'è da mangiare, ovviamente. Ci sono gli avanzi.
Il servizio della rimozione rifiuti, da quello che ho visto, avviene attraverso – vi do dettagli sui servizi interni – un cambio di sacchetti neri, che però spesso vengono rotti dai cani, perché sono distribuiti alla meglio, spesso attaccati con nastro adesivo o appesi a dei paletti lungo il CARA.
C'è un altro aspetto che mi ha colpito tantissimo. All'inizio avevo ristretto la mia indagine alle casupole esterne, perché la zona del cosiddetto ex CIE, due strutture in muratura che sono molto vicine e si trovano tra le casupole esterne, quelle prefabbricate, e l'ingresso, è dotata di una serie di ulteriori telecamere. Quindi, avevo lasciato questo controllo agli ultimi giorni, temendo che fosse ulteriormente sorvegliato.
In più, mi ero fidato di questo report da una visita interna pubblicata su Osservatorio Migranti – mi ero fidato, ma poi la verifica l'ho fatta – che diceva che la zona dell'ex CIE rispetto all'altra era quella tenuta meglio. Invece, nelle mie ultime notti ho riservato il controllo anche a quella parte un po’ più delicata, superando tra l'altro un rigagnolo di fogna a cielo aperto. È sicuramente fogna, perché, purtroppo, il fotografo ci è cascato dentro. Saltandolo, è scivolato. Si passa un'ulteriore recinzione rotta e lì ci sono questi stanzoni enormi, che ho descritto e che, tra l'altro, sono documentati anche dalle fotografie, che non vi ho portato, perché le trovate tranquillamente su Internet. Posso produrle, se vengono richieste.
Quello che mi ha stupito è che sicuramente, pur con tutta la comprensione verso la situazione di emergenza e di grande bisogno di spazi per l'assistenza, quella sistemazione e la dotazione che ho visto a Pag. 9queste persone mi sembrano un po’ misere – questa è la mia valutazione, ma lo possiamo riscontrare anche molto facilmente – rispetto al costo di 22 euro al giorno a persona dichiarato nel contratto d'appalto.
In più, ci sono situazioni di estremo pericolo dal punto di vista della sicurezza, della safety delle persone all'interno, con queste serpentine collegate alla meglio ai cavi vicino ai materassi di gommapiuma, isolate dalla zona dei materassi da una barriera di sedie. Lì un incendio può scoppiare in qualunque momento. La struttura non è fatta per far scappare la persona, ma, essendo un ex CIE, è fatta per contenerla. Tra l'altro, è molto brutta l'estetica della struttura, perché non si vede nemmeno il cielo da lì.
Questo è un elemento di ulteriore potenziale pericolo per il numero enorme di persone lì dentro. Devo dire che non si giustifica con il guadagno che abbiamo calcolato sulle 1.414 persone al giorno. Premettendo che la diaria non sia d'urgenza, ma sia quella regolare prevista dal contratto a massimo ribasso di 22 euro a persona al giorno, si tratta di 31.000 euro al giorno. È una cifra enorme.
Il fatto che io sia stato là dentro giorno e notte – nel mio diario l'abbiamo raccontato dal 15 al 21 agosto – non toglie nulla, perché il monitoraggio, come vi ho detto, l'abbiamo fatto dall'inizio del mese fino all'inizio di settembre e avevamo visto una situazione anche già a gennaio 2015. La giustificazione che possa essere così perché è il periodo di ferie è smentita anche dal racconto interno delle persone.
Vorrei sottolineare una nota. Ho letto dall'intervento successivo all'articolo su «l'Espresso» e anche dall'appello del direttore Eugenio Scalfari su Repubblica dell'intervento del Ministro dell'interno Angelino Alfano, che ha annunciato anche, oltre a un monitoraggio e a un intervento, anche lo sgombero della baraccopoli. Va tenuto conto che lì dentro, da una parte, ci sono caporali e sfruttatori della prostituzione, ma, dall'altro, ci sono anche braccianti o persone con permesso di soggiorno che non hanno altra sistemazione perché il sistema nazionale evidentemente è saturo e, quindi, quella resta come ultima alternativa.
Sono a disposizione per le vostre domande. Grazie per l'attenzione.
PRESIDENTE. Grazie, dottor Gatti. Se ci offre la possibilità di farle alcune domande, partiamo. Facciamo intanto entrare la stampa per effettuare alcune riprese.
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
MARIA CHIARA GADDA. Da quanto ho inteso lei ha speso una settimana all'interno del centro e, quindi, conferma che esiste una promiscuità di fatto tra persone anche di diverse età. Volevo capire se questa promiscuità esiste anche tra donne, uomini e minori.
Inoltre, lei diceva che si è spostato in diverse zone del centro. Quindi, non è gestita la permanenza delle persone all'interno di un'area specifica. Ciascuno ha la libertà di muoversi come ritiene all'interno del centro. Pertanto, anche reperire le diverse persone risulta, se intendo bene, assai complicato.
Lei ha citato, giustamente, la questione delle presenze. Nella sua permanenza come ha visto che vengono registrate le presenze? Lo Stato paga agli enti gestori una quota parte pari ai 22 euro che ha citato pro capite pro die. Come tecnicamente all'interno del centro si registra la presenza delle persone? Quando accedono ai pasti? Le 1.414 persone sono verificabili? Sono un dato consistente oppure no?
Passo all'ultima domanda. Lei ha citato in termini di alcune presenze i pachistani e i bengalesi. La domanda è se erano anche loro dei richiedenti asilo o di diverse forme di protezione e se nella sua indagine ha avuto modo anche di capire come queste persone siano arrivate. Effettivamente, se andiamo a osservare gli arrivi via mare, non c'è alcun pachistano o bengalese approdato via mare. Vorrei sapere se nella sua indagine è riuscito a capire quali sono le rotte, da quali Paesi arrivano e se arrivano anche da altri Paesi europei. Questo Pag. 10implica, chiaramente, anche altre discussioni.
ELENA CARNEVALI. La ringrazio soprattutto di aver accettato di essere qui. Devo dire che, come Partito Democratico, siamo coloro che hanno chiesto la sua presenza oggi.
Noi siamo la Commissione d'inchiesta, ragion per cui credo che anche il lavoro che ha fatto lei ci sia di grande aiuto. Non è la prima volta che, anche grazie al lavoro che cerchiamo di fare noi, cerchiamo di rendere evidente ciò che in un Paese in cui esiste uno Stato non dovrebbe accadere. Credo che, anche in virtù dell'inchiesta da lei, sia un dovere che finalmente si rafforzino ancora di più le attività di controllo. Comunque, me lo faccia dire, non credo che possiamo concepire che esistano luoghi in cui, stando alla sua inchiesta, c'è una palese violazione dei diritti umani, anche dei diritti – presumo – di minori, da quello che lei ci ha raccontato, e anche nei confronti delle donne, su cui poi tornerò.
Questo appare drammaticamente vero, perché di questo si tratta. Occorre anche la possibilità di fare in modo che i controlli, su cui poi tornerò, siano non solo molto più regolari, ma anche e soprattutto più profondi, perché non è possibile che emergano situazioni di questo genere.
D'altro canto, questo Paese è capace anche di offrire luoghi di accoglienza in cui non solo c'è un rispetto totale dell'integralità delle persone, ma ci sono anche percorsi di integrazione vera. Purtroppo, dovremmo avere non più questi modelli, ma un riferimento come quelli che abbiamo potuto visitare.
Vengo al merito e alla prima cosa che volevo chiederle. Lei dice: «Ho l'impressione che lo Stato – lo dice anche nel suo titolo – rimanga fuori dalla porta», cioè che rimanga ai margini di una sorta di controllo di quello che è il perimetro. La domanda che le pongo, quindi, è: lei non ha mai visto, in sette giorni in cui c'è stato, una vigilanza che andasse oltre l'accesso all'interno del campo e dell'ex struttura CIE?
La seconda domanda è: quali organizzazioni di volontariato o altre associazioni ha potuto vedere che operavano lì dentro e ha avuto l'impressione che in qualche modo fossero costrette in alcuni spazi, oppure non avevano la possibilità di poter visitare con la stessa capacità che ha avuto lei?
La terza domanda è relativa alla questione del personale. Giustamente, dice che è abbondantemente cresciuto del 400 per cento in due anni il numero del personale, passando da 100 a 518, soprattutto in riferimento alla cooperativa che ha avuto in subaffitto da Sisifo. Purtroppo, è una cooperativa che già conosciamo, perché è già stata oggetto della nostra attenzione e, come sa, anche dell'attenzione delle inchieste sul piano giudiziario.
Quello che volevo chiedere è, a naso, perché immagino che in sette giorni non sia stato a contare quante persone giravano, che tipo di rapporto ha visto tra le 1.400 persone che girano e quanti «operatori» ha potuto vedere.
Come quarto punto, che tipo di presidio sanitario ha potuto riscontrare lì? C'era, non c'era, come veniva svolto, come veniva fatto?
La quinta domanda è se ha visto che nel modello organizzativo c'era una separazione rispetto alla parte femminile. Uno dei fatti gravissimi, a mio giudizio, è quando, a un certo punto, denuncia non solo la presenza di mafia nigeriana – anche questo presumo che l'abbia potuto accertare; credo che sia materiale che fornirà agli inquirenti – ma anche e soprattutto di ragazzine africane. Volevo capire se sono ragazzine africane che sono lì, in quale zona, da chi presidiate, con che personale e che tipo di permeabilità c'è. In qualche modo le chiediamo di poter vedere attraverso i suoi occhi quello che non abbiamo potuto vedere attraverso la mancata ispezione che avremmo dovuto fare.
La sesta domanda riguarda tutto il tema legato alla questione del caporalato e del lavoro. Il reclutamento da parte dei caporali come avviene all'interno del campo. Avviene sotto gli occhi di chi, se lei l'ha potuto constatare?
L'altra domanda riguarda la gestione, che dalle sue descrizioni dire che rasenta lo Pag. 11scandaloso è semplicemente utilizzare un eufemismo. È vero che, invece di prendere 35 euro pro capite pro die questi ne prendono 22, come al solito per un ribasso di gara che non vorremmo vedere, ma mi sembra di capire che corrispondano servizi non solo alquanto scadenti, ma inesistenti.
Da quello che si legge nella sua inchiesta presumo che anche a lei sia stato riservato lo stesso servizio. Non ha mai avuto il cambio dalla biancheria, non ha mai potuto averla? Dorme su materassi, neanche con lenzuoli di carta? Che tipo di approvvigionamento ha potuto vedere e nella settimana in cui è stato lì ha potuto vedere nuovi ingressi e come avviene l'ingresso e tutto ciò che avviene nelle prassi in un centro di accoglienza?
L'ultimissima domanda è se ha visto qui dentro la presenza – mi sembra già di capire di no – di tutte le attività che servono per attività di integrazione, ossia di ciò che serve per l'acquisizione della lingua e spazi non dico ricreativi, ma minimamente destinati a una dimensione più «sociale».
GREGORIO FONTANA. Grazie, dottor Gatti. Innanzitutto complimenti per la professionalità, la passione e anche i rischi che si è assunto nel fare quest'inchiesta, che, devo dire, fanno onore alla professione del giornalista. Le fanno onore e hanno portato alla luce questioni inaccettabili. La soddisfazione per il suo lavoro è unita alla grave, gravissima amarezza perché queste cose sono venute alla luce esclusivamente perché un giornalista indipendente, un professionista, le ha scritte sul suo giornale. Questa è la più grande amarezza che una Commissione parlamentare, le Istituzioni e la politica devono trarre da questa vicenda, proprio perché, purtroppo, in Italia non impariamo mai dall'esperienza.
Lo dico guardando i giornali anche degli ultimi giorni. Per esempio, qualche giorno fa sull’Avvenire c'era un reportage su ciò che ancora avviene a Rosarno, altro luogo difficile. Nonostante i proclami di sgombero e di aver risolto la soluzione, basta prendere Avvenire e leggere le cose che il suo collega ci racconta ancora qualche giorno fa.
Il vero problema di una Commissione parlamentare, il vero problema del Parlamento, credo sia sollecitare chi dovrebbe quotidianamente vigilare su queste cose a fare il suo lavoro. Quello che lei ha descritto è una vergogna per l'Italia, ma anche per l'Europa. C'è poco da dire. Il degrado, l'illegalità e lo sfruttamento li ha descritti benissimo. Speriamo che ci sia una risposta pronta, non solo laddove è avvenuta la denuncia, ma anche in tanti altri luoghi dove le cose non funzionano.
L'unica domanda che le faccio – le cose che ha detto mi auguro che riempiano i fascicoli della procura della Repubblica, sperando che accerti le responsabilità a tutti i livelli di chi doveva vigilare – è se nel periodo di permanenza è mai stato identificato e se c'è mai stato un meccanismo di filtraggio.
Vediamo che c'era un sovraffollamento in questo campo di 1.400 persone, ma come sono state censite? Erano 1.400 regolari e, in più, c'erano anche gli irregolari. Questo è un ulteriore elemento che evidenzia una situazione disastrosa, fuori controllo. Purtroppo, non è solo nel luogo dove lei ha fatto quest'inchiesta giornalistica. Purtroppo, ce ne sono tanti altri che mi auguro possano venire alla luce proprio per evidenziare questa situazione assolutamente inaccettabile della gestione del fenomeno dell'immigrazione in Italia.
STEFANO DAMBRUOSO. Sarò veloce. Anch'io mi associo con convinzione ai complimenti per il lavoro da giornalista indipendente che, per l'ennesima volta, Gatti riesce a proporre e a produrre, non solo per uno spirito deontologico, ma davvero anche con uno spirito civico che è raro riscontrare fra i colleghi che si occupano di questa materia. Lo dico con una personale consapevolezza.
Al netto delle varie domande che sono state fatte, alle quali mi associo, evidentemente, volevo individuarne un paio, soprattutto per i rapporti fra il profilo criminale e delinquenziale che è emerso, dallo sfruttamento del caporalato allo sfruttamento della prostituzione. Sono emersi o era possibile intuire in qualche modo dei rapporti di «avvicinamento» delle autorità locali fra Pag. 12chi guadagna in maniera significativa dallo sfruttamento di queste persone e i locali che vivono in zona e che ricoprono qualche ruolo, da segmenti politici a segmenti amministrativi, in quei paesi? Questa era una domanda che mi andava di fare.
La seconda domanda è se tutte queste cose che sono emerse nell'ambito del suo lavoro in qualche modo ha intuito che fossero note anche a Polizia e prefettura, le quali dovrebbero svolgere il ruolo primario di controllo. Mi viene da rispondermi da solo da sì, evidentemente. Ha intuito le ragioni per cui si sono rassegnate a non fare nulla?
L'ultima domanda è una classica domanda che emerge anche nella suggestione del rischio legato alle presenze migratorie sul nostro territorio. Ha intuito anche lontanamente – l'avrebbe scritto, credo, se fosse emerso – qualche avvicinamento, anche il più lato possibile, ad argomenti fondamentalisti o di possibile proselitismo, che poi induca a un reclutamento in aree di disperazione come queste?
EDOARDO PATRIARCA. Anch'io la ringrazio, dottor Gatti. Ci sono state domande già poste dai colleghi. Ahimè, leggendo il suo articolo e la sua indagine, ho ripercorso la nostra visita un po’ di tempo fa a Mineo. I colleghi erano presenti. Devo dire che in maniera forse meno drammatica abbiamo rivisto, ahimè, la storia che ci ha raccontato. L'avevamo già intravista e vista pesantemente anche a Mineo. Ahimè, speravo di non sentirla più, ma siamo qui e dobbiamo prenderne atto.
Le chiedevo due punti – credo che il presidente le abbia dato anche la possibilità di secretare l'incontro – al di là dei giorni che ha passato dentro il CARA, su due questioni che il collega che mi ha preceduto le ha già posto. Vorrei sapere se tema controlli – non le chiedo in sette giorni, ma quello che ha potuto capire – che ruolo hanno avuto e che ruolo hanno la prefettura e gli organi di Polizia. Le chiedo se abbia qualche elemento che ci possa in qualche modo aiutare a capire anche i meccanismi legati a perché sulla carta dovrebbero esserci i controlli, ma – ahimè – non ci sono.
La seconda domanda, che peraltro la collega Carnevali le ha già posto, riguarda il ruolo delle cooperative sociali e del volontariato. Con riguardo a questa esperienza e a questa drammaticità che ha raccontato sul giornale, vorrei sapere che rapporto c'è tra questa storia e il resto delle realtà che vi sono intorno.
Vorrei sapere se questa è una storia completamente isolata dal contesto territoriale, oppure – adesso chiederemo anche alla cooperativa il conto di quello che ha fatto – se con tutta un'area che la collega diceva di volontariato (penso anche a tutto il sistema) in qualche misura c'è qualche interazione e se c'è qualche elemento di preoccupazione e di denuncia. Le chiedevo se ha visto un territorio assente completamente e impegnato in altro, oppure se ci sono dei presìdi, delle denunce e delle testimonianze che dicono che comunque su questa vicenda anche altri soggetti del civile di quel territorio in qualche modo si sono attivati.
MARCO RONDINI. Mi associo anch'io ai ringraziamenti fatti dai colleghi rispetto all'inchiesta, che ha fatto emergere una situazione intollerabile in un Paese civile. Riteniamo ancora di più che sia incredibile che il Governo si accorga di una situazione del genere presente sul territorio attraverso la lettura di un'inchiesta giornalistica, che, torno a dire, onora la sua professione, ma in qualche modo denuncia e disonora l'operato del Governo nel gestire questo fenomeno.
Lei ci diceva che sono presenti circa 1.400 persone registrate e che, in più, ci sono anche circa 500 abusivi. Mi corregga se ho capito male.
FABRIZIO GATTI, Giornalista de «l'Espresso». Secondo il contratto d'appalto, sono 636 persone. L'appalto è fatto per questo. Da dati che ho letto, usciti sui giornali locali successivamente alla mia inchiesta, che riferivano essere della Polizia, ma che non ho verificato – ve li passo così – erano 1.414 persone nel periodo dopo il 20 agosto, il periodo in cui stavo lavorando lì. Più o meno, è lo stesso. Erano 1.414 i Pag. 13registrati. In più, va tenuto conto di una gran quantità di persone che anch'io ho riscontrato non registrata.
Parlando con uno degli ospiti, quando gli ho chiesto «Quanti saremo qua dentro?», mi ha detto: «Credo sui 1.500». Tra l'altro, la sua analisi non era poi così sbagliata. Era il ragazzino bengalese che diceva di avere 17 anni.
Questi sono i numeri.
MARCO RONDINI. Quindi, la domanda è se nel periodo in cui ha svolto l'inchiesta sia mai stato fermato o abbia subito qualche controllo da parte degli organi di polizia piuttosto che da chi dovrebbe garantire un minimo di ordine all'interno di quella situazione.
Passando all'ultima, lei ci diceva che la maggior parte sono nigeriani. È giusto? Chiedo se mi conferma questo e se mi può confermare che i nigeriani almeno abbiano avanzato una richiesta.
Ci confermava poi anche che ci sono lì persone che non avrebbero più diritto a permanere all'interno del CARA. Vorrei sapere se queste persone che non hanno più diritto a permanere all'interno del CARA rientrano in quei 600 per i quali viene seguita l'accoglienza dall'associazione o se sono fuori da quei 600.
PRESIDENTE. Abbiamo posto una serie di quesiti, ma non so se il dottor Gatti sarà in grado di poterci fornire nei dettagli tutti questi aspetti che stanno dentro anche la gestione reale. Abbiamo la possibilità, in questi due giorni, di porre in maniera puntuale le domande che abbiamo rivolto a lei, ovviamente, anche ai soggetti gestori che arriveranno fra poco e alle figure istituzionalmente deputate al controllo e alla gestione della struttura. Anch'io mi associo ai ringraziamenti.
L'onorevole Gadda voleva aggiungere una battuta.
MARIA CHIARA GADDA. È una domanda forse banale, ma lei ha pernottato e credo che abbia anche mangiato all'interno della struttura. Si è scelto da solo il posto? Come ha avuto la possibilità di pranzare? Come chiedeva l'onorevole Rondini, nessuno le ha mai chiesto niente? Nessuno le ha assegnato un posto dove dormire? Come sono andati tecnicamente il suo ingresso e la sua permanenza?
PRESIDENTE. Do la parola al dottor Gatti per la replica. Ci diamo dieci minuti di risposta, sforando un po’.
FABRIZIO GATTI, Giornalista de «l'Espresso». Sono sintetico nelle risposte.
Comincio dalle domande dell'onorevole Gadda. Con riguardo alla presenza delle donne, entrando dall'ingresso principale e attraversando il cortile, dove ci sono le palazzine basse e all'interno c'è – credo – un'aiuola, si arriva a due strutture a un piano recintate. Non passano inosservate, perché sono separate a destra e a sinistra e rinchiuse all'interno di una cancellata alta circa 5 metri. Sono le due strutture dell'ex CIE.
Io ho visitato la parte a sinistra, dove ho visto soltanto uomini. Non sono entrato nella parte destra, perché dai movimenti che avevo visto avevo dedotto che lì ci fossero donne. Di giorno evitavo di spingermi in quella zona perché era quella vicina all'ingresso sorvegliato. Quindi, anche per il colore della mia pelle evitavo di dare nell'occhio in quel modo. Di notte ho evitato di entrare nella sezione che poteva essere la sezione femminile.
Di donne ne ho viste alcune, più di 20, all'interno. Dall'aspetto fisico potevano essere somale o anche eritree. In più, c'erano donne molto giovani, quelle che io chiamo «ragazzine nigeriane», perché l'età deve essere quella. Magari avevano 18 anni, ma è solo una formalità di età anagrafica.
Quando la sera, verso le dieci, vedevo delle persone entrare, scavalcare la recinzione e attraversare il piazzale e dirigersi verso la parte del CIE, dove penso ci fossero le donne, la mia convinzione è stata confermata dal fatto che poi tornavano da lì e ho visto portare fuori per due volte due ragazze molto giovani. Ho chiesto chi fossero quelli ad alcuni presenti. Mi hanno risposto che erano i nigeriani che prendevano le ragazze e mi hanno detto «prostitution». Questa è stata la definizione. Pag. 14
Nessuno sapeva dirmi, ragion per cui non sono in grado di riferirvelo, se queste ragazze fossero ospiti regolari registrate del centro oppure, a loro volta, persone che dall'esterno avevano trovato un posto dove dormire. Questo non ve lo posso dire, perché non lo so.
Per quanto riguarda i movimenti, il fatto di essere liberi di spostarsi all'interno del CARA è un elemento positivo, altrimenti sarebbero delle celle di detenzione. Sì, è così, cioè ci si muove liberamente. Qui addirittura le persone escono ed entrano senza essere registrate.
Tra l'altro, il regolamento dice che l'assenza non giustificata oltre i tre giorni toglie il diritto alla permanenza. Ho visto i tesserini: sono delle fotocopie con dei codici a barre e una fotocopia di una fotografia. Se la fotografia non è chiara, il tesserino può essere facilmente ceduto a un'altra persona, ragion per cui deduco che possa avvenire questo. Una persona che magari trova un lavoro da bracciante e non si ferma perché ha il tesserino lo dà a qualcun altro.
Per quanto riguarda pachistani e bengalesi, non ho fatto un censimento molto esteso, però, per esempio, il ragazzino bengalese di 17 anni – siamo rimasti a lungo a chiacchierare – aveva lavorato a lungo in Bangladesh da minorenne in due aziende diverse che producevano magliette. Mi ha fatto segno che erano proprio «queste magliette qui, che poi vengono in Europa», ha detto lui.
Poi, dal momento che era pagato pochissimo ed era di una famiglia molto povera, aveva trovato, attraverso agganci che non mi ha saputo meglio spiegare, lavoro in Libia. Gli avevano promesso lavoro in Libia. Lui si è indebitato lavorando, si è pagato parte del viaggio e ha fatto questo volo fino a Tripoli.
In Libia ha lavorato a circa un'ora di auto da Tripoli, mi ha detto, dove però aveva il problema che non lo pagavano e soprattutto che dalle autorità libiche o dalle varie milizie, quando lo trovavano in giro, veniva sempre fermato, maltrattato, picchiato e rapinato. Quindi, da lì ha deciso di partire per l'Italia ed è arrivato con i barconi.
I dettagli non glieli ho chiesti, perché nemmeno lui era a conoscenza del percorso preciso. Era stato soccorso in mare, ma non conosco i suoi dettagli. Tra l'altro, il primo nome che riporto è quello suo vero, perché mi ha fatto vedere il tesserino.
Altri pachistani erano lì da alcuni mesi. Per quanto riguarda gli africani, erano di varie provenienze. Moltissimi occupavano una zona, un capannone preciso, e venivano dall'Eritrea. Sappiamo che l'Eritrea ha una situazione che si trascina da più di vent'anni. Molti erano del Mali. Anche lì c'è una situazione di guerra latente con Al-Qaeda e con gruppi terroristici e forze armate. Poi c'era una parte di nigeriani e altri che non ho specificato e di cui non ho chiesto.
Un ragazzo pachistano, per esempio, era uno che dormiva nel centro, ospite di altri. Aveva chiesto asilo e gli era stato negato dalla Commissione, perché nel frattempo era tornato in Afghanistan. Lui ha ammesso che era venuto in Italia semplicemente perché era più facile trovare i documenti. Poi è andato a lavorare sei anni a raccogliere ortaggi nel nord dell'Inghilterra, dove raccontava che si è pagati 340 sterline alla settimana. Pagano bene, ma si fanno 18 ore di lavoro al giorno. Con quei soldi si è costruito una casa per la moglie e il bimbo che era nato da poco in Afghanistan.
Ovviamente, non so come la Commissione abbia saputo che lui fosse tornato, probabilmente dai timbri sul passaporto, deduco. La Commissione, ovviamente, gli ha sospeso la procedura. Lui mi ha detto che aveva un ricorso in ballo (anche la conoscenza legale è molto povera) a Roma ed era tornato lì perché ai tempi, nel 2012, era stato ospite lì e attendeva in questo modo di poter seguire la sua pratica. Quindi, c'è una sorta di varietà di persone.
Per quanto riguarda il tesserino, vi ho detto. Per quanto riguarda l'alimentazione, ho mangiato soltanto una sera a carico del CARA, perché questo ragazzino bengalese aveva saputo che non mangiavo quasi da due giorni e mi ha portato lui il mangiare. Pag. 15L'ha procurato da amici nella sua stanza dove dormiva, a cui era avanzato.
Era una pasta ben confezionata. Era un po’ scotta, ma era mangiabile. Era igienicamente confezionata, termosigillata. Poi c'era carne in scatola e formaggio impacchettato. Questo me l'ha portato dicendo che era avanzato.
Lo deduco io, ma, data la grande quantità di persone che escono a lavorare durante il giorno e tornano la sera oltre l'orario di consegna dei cibi, un modo per registrare la presenza delle persone è la distribuzione dei pasti. Queste persone lavorano. Quindi, credo che, se un caporale li ingaggia per una settimana, non rinuncino a quei pochi euro di lavoro. Probabilmente, penso che possano cedere facilmente il tesserino a qualcun altro che vagamente assomiglia a loro, anche perché, ripeto, la fotografia è una fotocopia piegata ed è molto vaga.
Per quanto riguarda le donne, come ultima cosa, mi è capitato di vedere donne uscire dalle casupole abitate dagli uomini, ma non so se si trattasse di una coppia che magari si era ricongiunta. Su questo poi non sono andato a indagare.
Un'altra cosa che non ho detto è che all'interno delle casupole – è una questione che mi ha colpito – c'erano ben cinque negozi di alimentari avviati e alimentati ogni sera. Era un lavoro che andava avanti due o tre ore. Ogni sera portavano materiale dall'esterno attraverso le mura con i carrelli e rifornivano Coca Cola, farina, riso, pasta e queste cose.
Non ho mai visto vigilanza. Rispondo alla domanda dell'onorevole Carnevali. Non ho mai visto vigilanza. Soltanto il venerdì, come riporto, ho visto a lungo ferma un'auto. Credo fosse della territoriale dei Carabinieri, venuta forse – dicevano – per una notifica sul piazzale centrale. Non mi sono avvicinato.
Per quanto riguarda il volontariato, non ho indagato su questa parte, ossia su tutta la parte degli uffici, degli sportelli e dei luoghi di contatto, cioè dell'insegnamento della lingua e via elencando. Non li ho avvicinati, altrimenti mi avrebbero scoperto.
Quello che deduco, al di là del periodo dell'anno, dalla capacità linguistica delle persone e dal fatto che molti, quelli rimasti più a lungo, parlassero in dialetto foggiano ma non italiano, è che la trasmissione della lingua avvenisse attraverso il caporalato, cioè il luogo di lavoro, e non l'attività.
Voi avete parlato di Mineo, che avete ben indagato. Incontrai nel 2015 a Torino un ragazzo nigeriano che, dopo 18 mesi a Mineo, non parlava assolutamente una parola di italiano. Lui figurava presente ai corsi, ma nessuno l'ha mai spinto ad andare. Del resto, la partecipazione al corso non è vincolante sulla richiesta.
Per quanto riguarda il personale, quel numero che ho citato – infatti, nell'articolo parlo di dato complessivo – è il personale di questa cooperativa, la «Senis hospes», in tutta Italia, che è passato da 118 persone a oltre 500. L'aumento del 400 per cento è riferito anche al fatturato.
Per quanto riguarda gli operatori, li ho visti al lavoro di giorno. Di notte sembrava fosse un luogo completamente abbandonato da strutture italiane, perché non c'era nessun altro.
Per quanto riguarda il presidio sanitario, non posso rispondere. So che nel contratto c'è un medico, ma non ho verificato questo aspetto.
Per quanto riguarda la separazione della parte femminile, come ho detto, ufficialmente c'è, perché quella era la zona da cui provenivano parte delle donne. Per esempio, però, molte donne eritree le ho viste dormire nel capannone insieme agli uomini, probabilmente per scelta personale, forse perché lì hanno degli amici o dei congiunti.
Per quanto riguarda il reclutamento del caporalato, avviene sulla pista. Il punto d'incontro è quello. Le persone escono e hanno già un contatto, evidentemente, o c'è un passaparola. Il bisogno di lavorare e di monetizzare la presenza è talmente alto che le persone escono.
La base d'asta non era 35, ma 30 euro al giorno a persona, da cui sono scesi a 22 euro al giorno a persona.
Per quanto riguarda attività di volontariato, sulla pista un giorno ho visto un'associazione Pag. 16 laica che spiegava ad alcune persone come si svolgevano i ricorsi e a che punto erano. Non so se fosse l'ARCI locale. Ho sentito o letto che anche strutture della Caritas si occupano dei profughi di Borgo Mezzanone, ma non sono andato poi a verificare la provenienza.
Anche quando ho visto sulla pista dei ragazzi che, il sabato pomeriggio, spiegavano ad altri ragazzi africani seduti in circolo e fornivano informazioni di tipo legale, ho un po’ ascoltato la situazione, ma poi sono andato via per non essere riconosciuto.
Non sono stato identificato da alcuna autorità e non ho ottenuto materiale lettereccio, perché non sono entrato dalla porta d'ingresso principale, ma dal retro. Che fosse possibile l'ingresso anche agli abusivi è la dimostrazione della mia permanenza non per poche ore, ma addirittura per una settimana.
L'unica volta che sono stato avvicinato e direi interrogato, perché Cumpà voleva sapere chi fossi, è stato da questo personaggio senegalese, che diceva: «Se i miei amici nigeriani fuori ti trovano, sono guai per te». Infatti, poi ho dovuto modificare un po’ il mio movimento e ho dovuto tralasciare la zona di Cumpà per non essere rivisto nei giorni successivi.
Per quanto riguarda la domanda dell'onorevole Dambruoso sull'eventuale avvicinamento delle autorità locali, direi che non ho elementi per rispondere. So che nel contratto di appalto, all'articolo 22 del capitolato – loro lo possono trovare su Internet – il compito di controllo della qualità della somministrazione delle forniture e via elencando è dell'Ufficio territoriale di Governo della prefettura di Foggia, ma questo è solo ciò che è scritto lì.
Per quanto riguarda la presenza di fondamentalisti, no, non ho sentito nulla. C'è una moschea all'interno del centro e poi ce n'è un'altra nella baraccopoli della pista, sulla parte in fondo, dove qualcuno andava a pregare. Ho visto lì alcuni afgani, che tra l'altro sono quelli che hanno aperto un nuovo negozietto, cosa che, per esempio, un anno e mezzo fa non c'era, all'esterno, lungo la pista.
Infatti, ho descritto la moschea come misteriosa e loro come un po’ integralisti perché erano gli unici nell'abbigliamento con barbe lunghe, ma non saprei dire l'appartenenza. Questo aspetto non era così evidente.
All'interno, mi sembra di escluderlo anche per l'alta frequentazione dei luoghi musicali: la gente andava a lavorare, ma chi rimaneva lì una sera ha festeggiato la partenza di qualcuno che aveva ottenuto il permesso umanitario o l'asilo. Erano usciti un po’. Erano pachistani e bengalesi ed erano andati a bere birra, per cui deduco che non ci fosse una sorta di legame di questo tipo.
Per quanto riguarda la domanda dell'onorevole Patriarca – credo di aver già risposto alle altre – in particolare su Mineo e i 18 mesi di questi soggetti che non avevano mai fatto il corso, e per quanto riguarda le cooperative sociali separerei i due aspetti, ma questa è una mia valutazione personale riscontrata sui fatti.
Da un lato, c'è anche la situazione d'emergenza, cioè la necessità di reperire spazi nuovi per ulteriori persone che arrivano. Dall'altro, c'è l'intoppo, perché non c'è alcuna via di uscita. Se vediamo i dati del sistema SPRAR, notiamo che l'anno scorso soltanto 1.500 persone hanno ottenuto un contratto di lavoro. Questo è l'aspetto.
Un po’ di caoticità nella procedura ci può stare. Ne va dato atto. Quello che, invece, mi ha colpito e che sottolineo anche qui è la totale mancanza di controllo di una struttura statale che è permeabile in questo modo.
Procedo molto velocemente con le ultime domande. La maggioranza di gruppi dei provenienza, tra nigeriani e altri, non la saprei dire, ma sicuramente la prefettura è in grado di darvi risposta. Ripeto che non sono mai stato controllato da nessuno, nemmeno dal personale del centro, anche perché mi tenevo alla lontana. Probabilmente si sarebbero insospettiti della mia presenza.
Per quanto riguarda il materiale lettereccio e altro, a differenza di Lampedusa, dove ero entrato secondo il percorso ufficiale Pag. 17 – ero stato ripescato in mare – qui, essendo entrato dal retro, dormivo su una piattaforma di cemento, esattamente per terra vestito, ma non ho mai visto materiale lettereccio alle altre persone. Molti il materasso se lo procuravano anche fuori, oppure avevano tranci di materassi, come quelli su cui poi Cumpà mi ha obbligato a dormire, molto sporchi, passati da persona a persona.
Soltanto nella zona eritrea, che era quella probabilmente degli ultimi arrivati, nella zona vicino alla moschea nel capannone centrale accanto alla moschea, ho visto i materassi ricoperti con lenzuola di carta. Deduco, però, che non ci fosse una fornitura di materiale come sapone e via elencando, anche perché lì dentro diventava impossibile, dato l'alto numero di abusivi, riscontrare quanti avessero diritto a stare lì e quanti fossero lì come me, senza alcun diritto.
Parlavo prima della separazione, da un lato, per l'emergenza umanitaria e, dall'altro, della mancanza del controllo sia perimetrale, sia di ciò che avviene all'interno, anche a tutela degli ospiti.
Credo di avere risposto tutto e vi ringrazio per quest'attenzione. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie a lei, dottor Gatti, per il contributo e per averci fornito ulteriori informazioni oltre a quelle che avevamo già raccolto dal suo ottimo lavoro, dalle sue interviste e dal suo dossier. Credo che tutti i colleghi siano, ovviamente, consapevoli che quello che lei ci ha raccontato, purtroppo, è la triste realtà, credo non solo del CARA di Foggia, ma, in base alla nostra presenza fisica, anche in altre strutture. Quello che vediamo è totalmente inaccettabile per un Paese che si dice civile come il nostro.
La ringrazio e dichiaro chiusa l'audizione.
Audizione del direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG), Umberto Carofiglio, e del responsabile della Cooperativa «Senis hospes», Michele De Giulio.
PRESIDENTE. Avverto che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, ove necessario, i lavori della Commissione potranno proseguire anche in seduta segreta.
Se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
L'ordine del giorno reca l'audizione del dottor Umberto Carofiglio, direttore del Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Borgo Mezzanone, in provincia di Foggia. La presente audizione, per la quale abbiamo previsto una durata di circa un'ora – un po’ meno – completa una prima informativa della situazione del centro, già oggetto di un'inchiesta giornalistica curata da Fabrizio Gatti, che la Commissione ha appena avuto modo di ascoltare.
La Commissione, conscia delle difficoltà che incontra la politica di accoglienza in Italia, ritiene però che si debbano, al tempo stesso, evitare situazioni di sfruttamento. Pertanto, a fronte di una circostanziata inchiesta giornalistica, ha ritenuto opportuno convocare tutte le parti coinvolte per potersi documentare sulla situazione del centro. La Commissione procederà nella giornata di domani anche all'audizione del prefetto, del questore e del procuratore capo di Foggia.
Nel dare il benvenuto al dottor Carofiglio, accompagnato dal signor Michele De Giulio, gli cedo la parola, ricordando che la Commissione sarebbe lieta di poter ricevere ed esaminare ogni documentazione in merito alla gestione del centro di accoglienza, che potete eventualmente consegnarci. Chiedo se nella vostra relazione siete in grado di poter descrivere la vostra attività e soprattutto il soggetto gestore che qui oggi rappresentate e che tipo di attività svolgete. Grazie.
UMBERTO CAROFIGLIO, Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG). Buongiorno a tutti. Sono Umberto Carofiglio e sono il direttore del CARA di Borgo Mezzanone. Vorrei fare, prima di tutto, una premessa circa la struttura del CARA di Borgo Mezzanone e come è collocata geograficamente. È a 17 chilometri da Foggia. È una struttura dell'aeronautica militare e Pag. 18consta di diversi moduli per accoglienza dal punto di vista fisico e logistico.
Mi spiego meglio: la struttura è divisa in diverse parti, sia in muratura, sia in prefabbricati. Pertanto, per chi non conosce la struttura, abbiamo 16 stanze in muratura collocate nell'ex CPT, che non è mai andato in funzione, e 18 stanze che abbiamo divise in CPT A e CPT B solo per un fatto di identificazione.
Invece, nella parte posteriore del campo abbiamo 213 stanze e, contemporaneamente, sia a destra, sia a sinistra, perché la struttura è abbastanza grande, abbiamo 13 blocchi igienici sanitari, composti da bagni alla turca, lavabo e docce.
Dico questo perché, rispetto all'articolo giornalistico, molto spesso si rischia di fare confusione tra il campo che l'ente ha avuto in gestione e la struttura che confina, purtroppo. Appena insediatici, l'11 marzo 2014, abbiamo fatto una relazione specifica con i nostri tecnici circa le criticità strutturali del campo, che abbiamo inviato...
EDOARDO PATRIARCA. Scusi, direttore, mi perdoni se la interrompo, ma la struttura che confina ...
UMBERTO CAROFIGLIO, Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG). Non è di nostra competenza.
EDOARDO PATRIARCA. E sarebbe?
UMBERTO CAROFIGLIO, Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG). Non è di competenza di nessuno. È un famoso campo abusivo. Il campo è diviso tra la parte anteriore, dove ci sono l'ente gestore, la Commissione territoriale, l'ambulatorio e gli uffici di Polizia, tutti in muratura, e la parte posteriore – l'ex pista, se vogliamo chiamarla così, tecnicamente – dove non ci sono moduli in muratura, ma moduli in prefabbricato, dove era il vecchio aeroporto, il vecchio campo. Tutto questo è in nostra gestione. Quello che, invece, non è assolutamente in nostra gestione è ciò che confina proprio a ridosso del campo.
Non so se è chiaro.
PRESIDENTE. Abbiamo una scheda, che distribuiamo, della descrizione che sta facendo il direttore del centro, così vedete la differenza tra la cosiddetta zona dell'ex aviazione militare e quella del centro.
Prego.
UMBERTO CAROFIGLIO, Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG). Una volta insediatici, con i nostri tecnici abbiamo provveduto a relazionare a Sua Eccellenza il prefetto una serie di criticità, di cui potrò produrre documentazione. Se vuole, gliela posso fornire anche adesso.
PRESIDENTE. Ce la consegna alla fine. Grazie.
UMBERTO CAROFIGLIO, Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG). Abbiamo rilevato una serie di criticità strutturali, idriche e fognarie, nonché la mancanza di una recinzione che ci permetteva e ci permette ancora di avere una gestione asettica all'interno del campo.
Naturalmente, questa criticità, se vogliamo chiamarla criticità, comporta molto spesso la convivenza degli ospiti irregolari o abusivi che sono al campo confinante. La struttura accanto è proprio adiacente. Non sono distanti un chilometro. Sono proprio collocate fisicamente a 10 metri.
Questa è la fotografia del campo dal punto di vista strutturale. Naturalmente, se poi avete da farmi delle domande specifiche, sono a disposizione. A me premeva fornire questa fotografia, per il momento.
PRESIDENTE. Bene. Procediamo con le domande.
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
GREGORIO FONTANA. Lei ha letto – penso – l'inchiesta giornalistica del dottor Gatti. A me interessava avere una sua impressione. Avendo la cognizione di quello che avviene nel campo, vorrei sapere se quel racconto, a suo giudizio, è un racconto veritiero, se le cose che vengono dette e la situazione che viene descritta, secondo lei, Pag. 19sono rispondenti al vero e, se no, la sua opinione su questo. È un punto importante.
Da quella relazione si evidenziano vari problemi, che in parte lei accennava avere già sollevato, in ordine al problema della recinzione e via elencando, ma anche problemi di sovraffollamento. Questo è un punto delicato. Sarebbe importante avere da lei i numeri delle presenze nel centro negli ultimi periodi e, in particolare, nel periodo relativo all'inchiesta del dottor Gatti, proprio per capire.
Quello che emerge è che ci sia anche un folto numero di persone di fatto infiltrate, che non sono regolarmente registrate come presenti all'interno del campo. Vorrei sapere se questo vi risulta e se è stato fatto presente alle autorità competenti. Anche riguardo ai rapporti che lei diceva di aver inviato alle autorità, vorrei sapere quando questi rapporti sono stati inviati, in che data.
GIUSEPPE BRESCIA. Salve, direttore. Si ricorderà di me, perché sono venuto in visita a sorpresa qualche mese fa nel campo di Borgo Mezzanone, proprio per constatare i fatti che ora sono stati raccontati dal giornalista dottor Gatti, ma che, alla fine, sono ben noti per chi conosce il sistema di accoglienza in generale, come tutti noi. Ormai ci possiamo dire abbastanza esperti. Abbiamo visitato gran parte dei centri in tutta Italia e nei grandi centri abbiamo riscontrato tutte queste criticità, che sono presenti anche nel centro che voi gestite.
Pur consci della difficoltà estrema che si può avere nel gestire un centro in un sistema generale che fa acqua da tutte le parti – sappiamo che il vostro compito è sicuramente arduo – ci sono delle leggi che vanno rispettate e ci sono dei contratti che sono stati stipulati. Pertanto, ho delle domande ben precise che ho preparato e che le rivolgo.
Voi gestite il centro di accoglienza di Borgo Mezzanone in virtù dell'aggiudicazione di una gara. Le chiedo quando si è tenuta l'ultima gara, quando l'avete vinta e quando scade.
Qual è la corretta definizione del campo? Questa è una domanda importante, perché all'ingresso del campo c'è scritto «Centro polifunzionale per immigrati», una definizione che non rientra in alcuna normativa. Le chiediamo, quindi, che cos'è il campo di Borgo Mezzanone, qual è la definizione giuridica.
Quali sono le presenze previste da bando per il centro e quali quelle effettive? Si evince che siano un problema comune a quasi tutti i grandi centri un grande sovraffollamento e una scarsa capacità di effettivo controllo delle presenze. Per esempio, questo è un problema molto comune anche al centro di Mineo, nel quale siamo stati poco tempo fa e le cui criticità sono sotto gli occhi di tutti.
Qual è la vostra posizione in merito a questa situazione? Vi chiediamo se accettate incondizionatamente il sovraffollamento come metodo per rientrare nel bilancio economico a seguito dell'aggiudicazione di gara al ribasso.
L'ultima domanda è se, a giudicare dalle criticità evidenziate anche dal lavoro del dottor Gatti, ritiene di poter ancora affermare la validità dei servizi erogati in generale e della vostra gestione.
ELENA CARNEVALI. La ringrazio di essere qui. Non nascondo, devo dire, la sorpresa di una relazione da parte sua che definire stringata è un po’ un'eccezione. Praticamente non ci ha detto nulla, se non la doverosa rappresentazione per cui voi avete una parte di controllo del campo e non, quindi, della totalità che è stata oggetto di inchiesta.
Veniamo ad alcune domande. La prima è già stata fatta relativamente al contratto. Il contratto che avete prevede anche che effettuiate eventuali manutenzioni di natura ordinaria o straordinaria e, se sì, quali?
Di fronte, per esempio, al fatto di non avere la possibilità di un contorno perimetrale, al di là delle segnalazioni che avete fatto – sembra dalle dichiarazioni che ha fatto il direttore che abbiate già comunicato nel tempo tutta una serie di criticità – a noi serve sapere qual è la corrispondenza che avete avuto tra voi e la prefettura, immagino, perché il bando di gara è avvenuto su base prefettizia. Quali sono le relazioni Pag. 20 delle segnalazioni che avete già fatto alle prefetture?
Il terzo punto è in riferimento al personale. Come giustificate il fatto, se corrisponde al vero – mettiamola in questi termini – che, mentre per contratto questo sarebbe dovuto accadere, il kit che dovrebbe essere fornito alle persone che accogliete non venga fornito? Quanto viene fornito, che cosa viene fornito e come mai, secondo l'inchiesta, sembrerebbe che di fatto le persone non dormano di sicuro in una condizione adatta a loro?
Sull'attività di controllo una cosa che mi ha incuriosito molto nel racconto del giornalista è il riferimento al badge. Abbiamo visto in altri centri che abbiamo avuto anche l'occasione di visitare che il badge funziona come un'attività, ragion per cui è possibile poi fare una registrazione effettiva. Quindi, è difficilmente sostituibile l'identità del badge che viene dato ad altri.
Lì invece sembrerebbe di capire che utilizziate un meccanismo che comporta, stando a quello che oggi ci ha dichiarato il giornalista, un cartoncino con un codice a barre. Come fate il controllo delle presenze, sulla base di che cosa?
Sembrerebbe che, per contratto, dopo tre giorni praticamente sia come se l'ospite decadesse dalla vostra possibilità di accoglienza. La domanda che vi faccio è se comunicate nell'immediato il fatto che queste persone non si sono più presentate e, quindi, che non sono a carico del corrispettivo pro capite pro die che vi viene erogato.
Un'altra domanda è ogni quanto venite pagati e sulla base di quale rendicontazione.
L'ultimissima domanda è se è sotto la vostra competenza l'accoglienza delle donne e dei minori. Che tipo di controllo, che tipo di tutela e che tipo di garanzie offrite alle figure più fragili che sono nel vostro campo? Lo chiedo anche a seguito della denuncia pubblica che è stata dichiarata dal giornalista di un presunto – questo si capirebbe – mercato di prostituzione che avviene.
Avete finito di dire adesso che l'ex pista è di vostra gestione.
UMBERTO CAROFIGLIO, Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG) (fuori microfono). No, per l'ex pista intendo la parte interna del campo.
ELENA CARNEVALI. Quindi, l'ex pista non è vostra. Quindi, tutte le attività che il giornalista ci ha riportato di caporalato...
Sulla permeabilità delle persone un'altra questione che ha segnalato – l'ha dichiarato poco tempo fa – è l'impressione che di sera non ci sia praticamente nessuno. È una consegna che viene data. Vorrei sapere se questo corrisponde al vero.
L'ultimissima domanda riguarda il rapporto relativo a quello che negli ospedali si dice tasso di saturazione dei posti letto. Trasferite questo concetto nel tasso di saturazione di posti letto che avete lì. In queste 213 stanze, più 6, più 18, mediamente quante persone ci sono in ogni stanza, a proposito di range di affollamento?
MARIA CHIARA GADDA. Vorrei riprendere alcune domande che ha già posto l'onorevole Carnevali, aggiungendo alcuni dettagli.
Per quanto riguarda le registrazioni, oltre a chiedere come avviene il processo di registrazione, vorrei capire se queste schede personali, ossia il badge e il sistema informatico, che immagino esista, riescono a identificare anche i servizi a cui accedono queste persone. Vorrei capire se esiste anche un controllo diverso dall'accesso ai pasti, magari legato a prestazioni di tipo diverso, come l'insegnamento della lingua o richieste di tipo sanitario o legale. Vorrei capire anche queste persone di quali altri servizi riescono a beneficiare.
Sui turni del personale siete in grado di garantire e certificare quante persone esistono in qualsiasi ora del giorno e della notte? Ribadisco quanto affermato dalla collega Carnevali: nell'inchiesta del giornalista si precisa che di notte di fatto si manifesta una terra di nessuno, o meglio una terra di qualcun altro piuttosto che di chi dovrebbe occuparsi di questa gestione.
Volevo poi capire se e quante verifiche ci sono state da parte della prefettura o Pag. 21delle autorità competenti in campo, ogni quanto avvengono, su quali strutture vengono fatte e che verifiche sono. Vorrei sapere se esiste anche un report di queste verifiche fatte, immagino, dalla prefettura. Comunque, se non dalla prefettura, vorrei sapere quali altre autorità hanno fatto queste verifiche.
Nell'inchiesta è stata citata anche la presenza all'interno della struttura, quindi non nel campo volo, nella pista, di market o di attività parallele che immagino non siano previste dal contratto. Come è compatibile la presenza di queste attività abusive di fatto all'interno di una struttura che, invece, deve garantire alcuni requisiti?
Inoltre, volevo capire i minori che età hanno, se esistono anche bambini molto piccoli e che tipo di servizi vengono offerti nel caso di minori magari nei primi anni di vita, se esistono.
Vorrei capire se esiste promiscuità tra donne e uomini o se, invece, riuscite a garantire al 100 per cento che le donne stiano in determinate strutture e gli uomini in altre o se esistono dei casi magari di convivenza dettata anche da legami familiari. Vorrei sapere se è una scelta delle persone che scelgono dove mettersi, oppure se è un processo guidato e coordinato da voi, tenendo i legami familiari.
EDOARDO PATRIARCA. Ho due brevi domande, direttore. Le chiedevo se i bilanci della cooperativa siano resi pubblici in siti, cioè se siano disponibili.
Inoltre, quanti sono i dipendenti? Il giornalista, dottor Gatti, ci ha fatto cenno a un numero. Le chiedevo una conferma e come sono dislocate queste risorse nei servizi che vengono erogati al CARA, nonché le forme contrattuali.
MARCO RONDINI. Intervengo molto brevemente. Il centro che gestite è un CARA e, quindi, dovrebbe prevedere solo la presenza di richiedenti asilo. Ci risulta dall'inchiesta giornalistica che, invece, così non sia, come in parte ci ha già confermato lei. C'è la presenza all'interno del centro di qualche centinaio di persone che probabilmente non dovrebbero stare all'interno del centro.
Voglio chiedere conferma eventualmente di questa circostanza e se avete fatto – sicuramente l'avrete fatta – denuncia alla prefettura di questa situazione, che poi diventa ingestibile a causa del sovraffollamento determinato dalla presenza di chi all'interno non dovrebbe stare. Vorrei sapere se, una volta fatta la segnalazione e la denuncia alla prefettura, il prefetto si sia mai degnato di dare una risposta e, quindi, di arrivare e bonificare la situazione, facendo sì che le persone che non hanno diritto a stare all'interno venissero allontanate.
PRESIDENTE. Mi sembra che abbiamo esaurito le domande. Se volete procedere con le risposte, potete anche alternarvi. Può iniziare prima lei e poi può eventualmente integrare il suo collega.
Do la parola agli auditi per la replica.
MICHELE DE GIULIO, Responsabile della Cooperativa «Senis hospes». Sono Michele De Giulio e opero nella cooperativa come responsabile dell'area immigrazione.
UMBERTO CAROFIGLIO, Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG). In riferimento all'articolo del giornalista, sinceramente mi hanno lasciato un po’ perplesso alcune considerazioni fatte e anche alcune fotografie che lo stesso ha citato. Si vede una macchina che prende fuoco all'interno del CARA. Sinceramente, non l'ho mai vista. Dietro quella macchina c'è un tendone di uva che non esiste all'interno del CARA. Non esiste. Questo mi ha lasciato veramente perplesso.
Quell'accumulo di bottiglie nei pressi della struttura non esiste.
Ci sono ospiti che dormono per terra, ma è una scelta loro. Posso dire che in quella foto ci sono degli ospiti che dormono per terra su dei materassi. Quella è una scelta che esiste in tutte le strutture. Nel periodo estivo gli ospiti non sono obbligati a dormire nella struttura. Portano fuori i materassi, ma questo accade in tutte le strutture. Mi ha lasciato perplesso questa considerazione. Pag. 22
Vado a memoria, ma, quando il giornalista parla della quota pro capite pro die di 22,21 euro e poi per gli ospiti eccedenti a 30 euro, questo non è assolutamente vero. Ci sono gli atti della prefettura. Percepiamo 22,21 euro sia per gli ospiti ordinari, sia per quelli eccedenti. Abbiamo il 10 per cento in più e in meno rispetto ai 636 che figurano nell'appalto stabilito.
Per gli ospiti eccedenti fino a 700 non ci viene rimborsato nulla. Diamo ugualmente la presenza alla prefettura, ma non ci vengono rimborsati. Ci vengono pagati 636 più uno, sempre a 22,21 euro. Invece, il giornalista parla di 30 euro. Non è assolutamente vero. Potete chiedere il contratto alla prefettura e, a tal proposito, potete avere contezza di questo.
Quanto alla fotografia con i fornellini, ogni giorno effettuiamo una serie di attività di pulizie, dalle 8 di mattina alle 20 di sera. Entriamo in tutti gli alloggi. Naturalmente, sapete benissimo che, quando noi arriviamo, gli ospiti nascondono il fornellino. Se questo accade di notte, per noi diventa difficile anche dover entrare nelle stanze perché loro, quando dormono, non vogliono essere disturbati. Non è che le pulizie non vengano effettuate, anzi, vengono effettuate abbondantemente nelle aree perimetrali all'interno del campo, ma non nelle stanze. Non ci viene permesso questo.
MARIA CHIARA GADDA. Scusi, chi non permette di entrare nelle stanze?
UMBERTO CAROFIGLIO, Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG).. Quando dormono, non vado a far pulizie nelle stanze.
MARIA CHIARA GADDA. Pulizie no, però non esiste alcun tipo di controllo di notte?
UMBERTO CAROFIGLIO, Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG). Abbiamo gli operatori di notte, che sono proporzionati alla capienza degli ospiti.
MARIA CHIARA GADDA. Che cosa fanno di notte?
UMBERTO CAROFIGLIO, Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG). Fanno assistenza. Fanno pulizie esterne e fanno assistenza agli ospiti, qualora ne avessero bisogno. Abbiamo 12-15 operatori, a seconda della capienza, perché il numero degli operatori è proporzionato alla capienza del centro. Di notte fanno un lavoro di assistenza. Arrivano gli sbarchi di notte e facciamo l'accoglienza di notte, naturalmente.
È questo tipo di attività che facciamo. Continuiamo a fare regolarmente i servizi di pulizie, ma non ci viene permesso di farli all'interno di notte. Se uno dorme la notte non posso disturbare perché devo andare a fare pulizie.
PRESIDENTE. Va bene. Ci siamo capiti.
UMBERTO CAROFIGLIO, Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG). Tra l'altro, i controlli di sicurezza non li possiamo fare noi. I controlli sono demandati agli uffici di Polizia.
MARIA CHIARA GADDA. Scusi, ma il personale che fa le pulizie è il personale delle pulizie, oppure c'è un personale che fa tutto, dalle pulizie al controllo? Esiste del personale qualificato? Di che assistenza stiamo parlando? Un personale che fa le pulizie non è un mediatore.
UMBERTO CAROFIGLIO, Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG). Raccogliere con la pinzetta le carte da terra e metterle nella busta dell'immondizia non penso richieda personale specializzato.
PRESIDENTE. Continui nel suo elenco di risposte.
UMBERTO CAROFIGLIO, Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG). Abbiamo dei gruppi di lavoro. Abbiamo un gruppo di operatori addetti alle pulizie, di operatori addetti all'assistenza diretta alla persona e, naturalmente, le varie competenze, ossia mediatori, psicologi, assistenti sociali e medici presenti h24. Pag. 23
Il giornalista fa riferimento ai medici dicendo che non li ha visti. Fa un'affermazione gravissima, su cui ci riserviamo poi di rivolgerci agli uffici competenti. Ha parlato di un ospite cui è stato buttato del gasolio negli occhi e ha detto che nessuno si è preoccupato di lui.
È totalmente falso. Quell'ospite era al campo abusivo. Siamo stati informati e il nostro medico anestesista rianimatore, insieme all'Esercito, ha caricato il borsone di pronto soccorso, è andato a prelevare l'ospite e l'ha intubato. L'abbiamo stabilizzato e l'abbiamo portato con urgenza al pronto soccorso di Foggia.
È un'affermazione gravissima quella che ha fatto il giornalista. L'episodio si è svolto così e lo documenteremo con tutti gli atti sanitari.
Tra l'altro, ancora una volta ne approfitto per dire che all'interno del campo, anche se arriva un ospite che non è del campo – parliamo del campo abusivo – e ha bisogno di assistenza sanitaria, i nostri medici e i nostri infermieri fanno regolarmente assistenza sanitaria. Solo ad agosto hanno avuto oltre 200 accessi di ospiti non del campo. Produrrò regolare documentazione.
PRESIDENTE. Fra l'altro, volevo aggiungere – poi le do la parola – che ci è pervenuta una nota della prefettura, che domani naturalmente puntualizzerà queste cose, che dice: «Rispetto a questo episodio di violenza di questo nigeriano da parte dei suoi connazionali con versamento di liquido infiammabile negli occhi, di cui si parla nell'articolo, si rappresenta che risale al mese di aprile scorso e gli autori sono stati arrestati dalla polizia». Questa è la nota, per aggiungere rispetto a questo episodio specifico.
Prego, continui nella sua risposta. Grazie.
ERASMO PALAZZOTTO. Vorrei chiedere se poi nel dettaglio ci può fornire, nel corso della sua esposizione, anche i numeri dell'organico.
PRESIDENTE. L'abbiamo chiesto. Era fuori, ma l'abbiamo chiesto.
UMBERTO CAROFIGLIO, Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG). Ne approfitto allora per fornire il numero dell'organico dei medici e anche della struttura. Abbiamo quasi 20 medici, a turnazione, naturalmente. Il medico è presente h24. Invece, abbiamo 5 infermieri presenti nelle ventiquattr'ore, due la mattina, due il pomeriggio e uno la notte. Sono 5 infermieri sempre presenti nelle ventiquattr'ore.
Naturalmente, abbiamo anche un report, che produrremo, di tutti gli accessi in ambulatorio che facciamo. Abbiamo proprio uno schema. Tra l'altro, ne approfitto per dirvi che ho portato un mese a campione, tipo agosto, ma che tutte le nostre relazioni bimestrali, come previsto dal capitolato, vengono consegnate mensilmente alla prefettura. È previsto dal capitolato. Diversamente, non ci potrebbero erogare le spettanze. Naturalmente, anche in quelle circostanze vengono evidenziate sia l'attività giornaliera che svolgiamo, sia le criticità che in quel mese abbiamo riscontrato da questo punto di vista.
Sull'organico le posso fornire un numero orientativo. Attualmente abbiamo quasi 200 dipendenti. Naturalmente, questi 200 dipendenti hanno una flessibilità di carattere indicativo, perché sono subordinati alla presenza degli ospiti. Dobbiamo modulare anche le ore del personale.
Abbiamo avuto una visita ispettiva dell'Ispettorato del lavoro e di funzionari mandati dal prefetto per verificare a campione una giornata. L'abbiamo avuta quasi un mese o un mese e mezzo fa. Sono arrivati un funzionario dell'Ufficio provinciale del lavoro, due funzionari e un funzionario dell'INPS. Hanno voluto verificare tutti i fogli di firma del personale, gli ospiti presenti in quel momento e le presenze del personale e hanno relazionato direttamente al prefetto. Erano stati mandati direttamente dal prefetto. L'hanno detto: «Ci manda il prefetto per verificare».
Tra l'altro, il prefetto qualche tempo fa ha nominato di sua iniziativa una Commissione di verifica sul CARA, comprendente il medico della Polizia, l'Ispettorato del lavoro, il Comandante dei Vigili del fuoco, il medico della ASL e tutte le figure che, Pag. 24ognuna per la propria competenza, accedono ai servizi.
MICHELE DE GIULIO, Responsabile della Cooperativa «Senis hospes». Il personale fino a 636 ospiti, così come previsto dalla convenzione, è fisso. Abbiamo una griglia, compresa nel capitolato, per cui fino a 600 ospiti e poi per multipli di 100 c'è quel personale. È chiaro che con l'aumento degli arrivi il personale viene aumentato in base al numero delle presenze degli ospiti all'interno del campo.
EDOARDO PATRIARCA. La domanda che ho fatto al direttore riguarda medici, mediatori e addetti alle pulizie. Vorrei capire come queste persone sono state dislocate in termini di competenze dentro il campo. Ci sono professori che insegnano?
PRESIDENTE. Magari facciamo in modo di stilare una relazione scritta, altrimenti qui con il tira e molla non ne usciamo... Prepariamo magari una relazione scritta con le vostre richieste e le vostre domande, gliela mandiamo, così otterremo una risposta scritta puntuale.
UMBERTO CAROFIGLIO, Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG). Tra l'altro, nella relazione bimestrale che inviamo a Sua Eccellenza il prefetto, nella griglia, sono evidenziate tutte le ore che il personale per le proprie competenze svolge.
Quanto alla gara, abbiamo preso possesso del CARA l'11 marzo 2014 ed è stata stipulata una presenza di 636 ospiti giornalieri. Questa gara scade l'11 marzo del prossimo anno. Sono 36 mesi, da contratto.
Naturalmente, abbiamo avuto un'impennata di presenze il 15 dicembre 2015, quando abbiamo avuto la presenza massima di 1.468 ospiti, come ben sapete. Erano 1.395 presenze stamattina. Non so se nel frattempo stiano facendo dimissioni, perché ospiti sono trasferiti agli SPRAR, oppure sono decaduti per altre attività e non hanno presentato ricorso al tribunale ordinario. Ci sono una serie di dimissioni.
Rispondo all'altra domanda sulla manutenzione. Lei mi ha fatto una domanda sulla manutenzione. La manutenzione, sia ordinaria, sia straordinaria, è affidata alla ditta Romeo. La prefettura ha fatto una gara sul sistema nazionale. Quindi, non è gestita da noi la manutenzione, né ordinaria, né straordinaria.
Anche in questo caso, quando siamo giunti al campo, non esisteva proprio la manutenzione, né ordinaria, né straordinaria. La prefettura ci ha autorizzato, almeno per l'emergenza – si otturava la fogna, il lampione non funzionava, si rompeva la pompa per il liquame e via elencando – a operare come previsto dal capitolato all'articolo 8, che ci autorizza per pre-autorizzazione. Noi segnalavamo il problema e loro ci autorizzavano. Quindi, abbiamo dovuto portare avanti questa emergenza. Non supera i mille euro.
Quando Sua Eccellenza è arrivata a Foggia, si è resa conto di questa criticità e ha provveduto immediatamente a stipulare un contratto con la ditta di manutenzione, sempre con la Consip. Siamo stati alleggeriti anche da quest'altro tipo di problema.
EDOARDO PATRIARCA. Avete occasione di interagire con questa ditta? Mi perdoni se le faccio domande un po’ così. Non li vedete?
UMBERTO CAROFIGLIO, Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG). Attualmente ci sono quattro operai: sono due elettricisti, un muratore e un idraulico.
EDOARDO PATRIARCA. Come mai rispetto alle denunce che fatto il giornalista abbiamo una situazione della recinzione così?
PRESIDENTE. Abbiamo detto che tutte le eventuali puntualizzazioni sulle questioni cui non viene data risposta le chiederemo formalmente per iscritto.
Se vuole concludere, visto che ha raccolto un po’ di spunti o ha da aggiungere altre cose con il suo collega, lo può fare, altrimenti le invieremo la richiesta scritta.
UMBERTO CAROFIGLIO, Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG). Le segnalazioni Pag. 25 vengono fatte quotidianamente alla prefettura, se ci sono delle criticità strutturali del campo. Chi ha avuto la fortuna, o la sfortuna, di conoscere il CARA di Borgo Mezzanone saprà che una è struttura abbastanza vecchia. L'onorevole ha avuto modo di vedere questa struttura. Per noi non è facile gestire non solo l'attività giornaliera, ma anche le criticità strutturali. Quindi, ci siamo organizzati anche noi con la ditta di manutenzione.
Quanto al personale e ai kit, naturalmente il kit viene corrisposto all'ospite al suo arrivo. Quando l'ospite giunge e viene identificato dagli uffici di Polizia, noi riceviamo l'anagrafica. Quindi, passa dall'amministrazione e deve fare la fotografia per il badge con il codice a barre. In quel momento gli viene fornita la carta dei servizi, naturalmente alla presenza del mediatore, e gli vengono corrisposti 15 euro di scheda telefonica una sola volta. Immediatamente viene accompagnato al nostro magazzino, dove gli viene fornito il kit completo previsto dal capitolato: due tute, le coperte, quattro paia di calze... Ognuno riceve il proprio kit completo e già da quel momento matura il pocket.
ELENA CARNEVALI. (fuori microfono). Mi scusi, ma quello vale da qui all'eternità?
UMBERTO CAROFIGLIO, Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG). Poiché state parlando di kit, vi dico che quello è il kit.
PRESIDENTE. Scusi, direttore, credo che la cosa migliore sia appurare le informazioni in nostro possesso dal contratto e dal materiale che ci verrà fornito dalla prefettura domani. Quando poi avremo raccolto e letto i documenti, tutte le notizie mancanti le faremo presenti al direttore, perché altrimenti è un continuo aumentare il numero delle domande.
Ringraziamo il direttore per la disponibilità. Lei non è stato molto chiaro, glielo dico, perché si è interrotto e fermato. Ci voleva una risposta magari più organica e magari anche una relazione più organica. Comunque, se anche il suo collega vuole aggiungere qualcosa, lo può fare.
MICHELE DE GIULIO, Responsabile della Cooperativa «Senis hospes». Naturalmente, posso intervenire. Su che cosa non è stato preciso?
PRESIDENTE. Rispetto alle domande fatte, avete esaurito le vostre risposte?
MICHELE DE GIULIO, Responsabile della Cooperativa «Senis hospes». Sul kit?
PRESIDENTE. No, le domande erano moltissime.
MICHELE DE GIULIO, Responsabile della Cooperativa «Senis hospes». Infatti, abbiamo preso appunti. Risponderemo eventualmente alle domande.
PRESIDENTE. Abbiamo terminato qui?
UMBERTO CAROFIGLIO, Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG). No, dovevo finire di rispondere.
Per quanto riguarda i pagamenti – mi avete chiesto dei pagamenti – vengono effettuati dalla prefettura bimestralmente.
Con riguardo alle donne e ai bambini, il campo è prettamente di uomini. Il campo di Borgo Mezzanone è destinato alla presenza maschile. Abbiamo il 99 per cento di presenza di uomini.
Abbiamo avuto solo ultimamente alcuni sbarchi di donne e di bambini, di concerto con la prefettura, che immediatamente sono stati trasferiti in strutture che la prefettura ha individuato. Nella giornata o al massimo il giorno successivo sono state tutti trasferiti.
Pertanto, al CARA di Borgo Mezzanone non ci sono donne presenti. A parte 8 eritree giunte in compagnia dei loro mariti, non ci sono donne presenti nel campo, per una scelta di ricollocazione. Non ci sono donne.
Il giornalista parla di donne, di prostituzione e di bambine minorenni, ma non abbiamo mai avuto bambine minorenni di 12 anni. Mai. L'età anagrafica la potete Pag. 26verificare dagli accessi agli atti della Polizia e della prefettura. Non abbiamo avuto questi problemi.
MICHELE DE GIULIO, Responsabile della Cooperativa «Senis hospes». Vorrei intervenire sul badge, se posso rispondere.
Come vengono poi accolti i beneficiari? Nel momento in cui gli organi di Polizia trasmettono l'elenco con i nominativi di tutte le persone da accogliere, entra in gioco l'ente gestore. Gli ospiti vengono trasferiti negli uffici amministrativi, dove viene fatta una regolare foto e viene predisposto un badge. Dopo aver ricevuto quel badge, i migranti vengono presi in carico e registrati come ospiti presenti nella struttura.
Subito dopo vengono accompagnati dove viene loro consegnato il kit completo, composto dalle tre schede telefoniche da 15 euro, il kit igiene e il kit vestiario. Il kit vestiario, se vuole, glielo elenco pure, ma comunque è previsto da capitolato e quello è. In quel momento stesso i beneficiari e, quindi, gli ospiti – dipende anche da che ora arrivano – con quel badge hanno diritto a una serie di servizi all'interno del campo. Quali sono i servizi? Sono i servizi sanitari, i servizi psicologici, i servizi di mediazione, così come il servizio mensa.
In riferimento al badge, nel momento in cui un beneficiario per 72 ore non utilizza alcuno di questi servizi, automaticamente il nostro sistema manda in alert quel nominativo con quel numero di identificazione. Se verifichiamo materialmente che l'ospite nell'alloggio in cui era stato messo non c'è, trasmettiamo i dati alla prefettura e da quel momento l'ospite non è più presente nel campo, o meglio non è più presente come ospite di quella struttura.
PRESIDENTE. Voleva aggiungere un'ultima cosa il direttore e poi chiudiamo.
UMBERTO CAROFIGLIO, Direttore del CARA di Borgo Mezzanone (FG). Volevo aggiungere la questione del pocket. Negli anni scorsi – anche quest'anno lo faremo – abbiamo restituito il credito alla prefettura, con una nota di credito, qualora l'ospite abbandonasse il campo e non ritirasse il pocket. Di ogni ospite mandiamo alla prefettura l'elenco e l'importo che non ha ritirato. Abbiamo avuto già diversi casi in questi anni. Quindi, la prefettura ha le note di credito sia del 2014, sia del 2015 e avrà anche quest'anno la nota di quanto restituiremo.
A tal proposito, abbiamo avuto un ospite ricoverato agli Ospedali Riuniti di Foggia, che successivamente è stato ricoverato a San Giovanni Rotondo. È stato assente per 40 giorni al campo e poi è deceduto, perché aveva un tumore polmonare. Abbiamo restituito con fattura l'intero importo della presenza dell'ospite direttamente all'Ufficio contabilità della prefettura. Questo volevo segnalarlo perché abbiamo sia le relazioni, sia le fatture emesse.
MARCO RONDINI. Volevo solo chiedere se riusciva a rispondere alla domanda che avevo fatto rispetto alla presenza di chi non avrebbe diritto di stare all'interno del CARA. Vorrei sapere se la segnalazione è stata fatta alla prefettura.
PRESIDENTE. Questo è l'argomento più importante. Mi permetto di riprenderlo e chiudiamo questa audizione.
Dall'inchiesta giornalistica appare evidente come ci sia un colabrodo nell'accesso all'interno del sistema, perché ci sono tanti varchi di accesso. Come fate a stabilire se realisticamente queste persone rimangono al centro oppure no? Attraverso il controllo dei pasti, nel momento in cui vengono a ritirare i pasti? Se non c'è un controllo di entrata e di uscita dal centro, è evidente che non siete in grado di verificare chi è presente. Lo chiedo per capire.
MARCO RONDINI. In particolare, vorrei sapere se avete registrato la presenza all'interno del CARA di persone che non hanno diritto a starvi, se avete segnalato la questione al prefetto e se il prefetto è intervenuto.
MICHELE DE GIULIO, Responsabile della Cooperativa «Senis hospes». In merito a questa situazione, così come diceva il Pag. 27direttore prima, per intenderci – forse l'onorevole ha visitato il campo e sa di che cosa stiamo parlando – prima la struttura che ospitava i migranti era quella che oggi occupano gli abusivi, lungo la pista. Prima la struttura di Borgo Mezzanone constava dei due moduli in muratura cui faceva riferimento il direttore, CPT A e CPT B, poi c'era un enorme terreno incolto e dietro questo terreno c'era la famosa ex pista con i moduli abitativi, la famosa pista.
Quando sono stati realizzati i nuovi moduli abitativi, all'interno di quell'area che era prima incolta, hanno pensato forse di lasciare tutti quei moduli fuori, sulla pista, così com'erano. È chiaro che negli anni quei moduli sono stati occupati da chiunque. Ecco perché il direttore ha parlato prima delle nostre competenze, perché quello che c'è fuori non è nostra competenza e non sappiamo.
Per ovvie ragioni, non è che sostino all'interno del CARA degli irregolari. Non hanno alcun interesse a stare all'interno del CARA. Se è pur vero che ci sono delle aperture in alcuni punti della rete, non hanno interessi a stare nei CARA, anche perché non forniamo loro da mangiare.
È inutile nasconderlo, qualche volta ci arriva qualcuno che vuole mangiare, perché è irregolare, ma noi non forniamo cibo a loro, per una semplice ragione, ossia perché poi nella gestione da uno diventano dieci, da dieci diventano cento e da cento diventano mille. Li controlliamo con i badge perché i nostri beneficiari, cioè coloro che hanno diritto alla permanenza all'interno del CARA, hanno un nostro badge. Se arriva uno che il badge non ce l'ha, non lo serviamo. Laddove, però, abbiano bisogno di assistenza sanitaria, i nostri medici intervengono senza alcuna distinzione.
Come diceva il direttore, quando siamo entrati a gestire quella struttura, resisi conto di una serie di criticità che aveva la struttura stessa, i nostri tecnici, che erano all'interno della cooperativa, hanno redatto una relazione con tutti i punti di criticità, trasmessi a Sua Eccellenza.
Sua Eccellenza prende atto, poi subito dopo bandisce una gara per la manutenzione e la gestione delle strutture. Dopodiché – questo lo sappiamo, perché abbiamo partecipato anche a dei tavoli tecnici in prefettura – si iniziò a parlare con il Provveditorato ai lavori pubblici della benedetta recinzione che dividesse le due strutture, quella che noi gestiamo e quella abusiva, quella esterna.
Proprio l'altro giorno siamo stati di nuovo in audizione dal prefetto e pare che il progetto definitivo e quasi esecutivo per la recinzione sia già pronto. Quindi, dovrebbero intervenire per quanto riguarda la recinzione stessa.
PRESIDENTE. Ringrazio il direttore e il suo collaboratore e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 14.
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