Comunicazioni della presidente.
Bindi Rosy , Presidente ... 3
Sulla pubblicità dei lavori.
Bindi Rosy , Presidente ... 3
Audizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho.
Bindi Rosy , Presidente ... 3
Cafiero De Raho Federico , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ... 4
Bindi Rosy , Presidente ... 5
Cafiero De Raho Federico , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ... 5
Giarrusso Mario Michele ... 7
Cafiero De Raho Federico , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ... 7
Musolino Stefano , sostituto procuratore ... 8
Lombardo Giuseppe , sostituto procuratore ... 9
Giarrusso Mario Michele ... 14
Mattiello Davide (PD) ... 14
Bindi Rosy , Presidente ... 14
Mattiello Davide (PD) ... 14
Sarti Giulia (M5S) ... 15
Prestigiacomo Stefania (FI-PdL) ... 16
Garavini Laura (PD) ... 16
Carbone Ernesto (PD) ... 17
Mirabelli Franco ... 17
Magorno Ernesto (PD) ... 18
Cafiero De Raho Federico , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ... 18
Bindi Rosy , Presidente ... 20
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
ROSY BINDI
La seduta comincia alle 14.15.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente)
Comunicazioni della presidente.
PRESIDENTE. Buonasera a tutti. Inizio con delle comunicazioni. La prima è il benvenuto all'onorevole Sarti come nuovo Capogruppo del Movimento 5 Stelle, alla quale facciamo tanti auguri. Colgo l'occasione per ringraziare, anche se in sua assenza, il deputato D'Uva per come ha svolto questo compito in questi anni, i primi anni di lavoro della nostra Commissione.
Ci auguriamo non solo che questa proficua collaborazione prosegua nel clima che abbiamo creato in questi anni, ma che le cose non possano che migliorare, trattandosi peraltro di una donna, quindi su questo punto sono di parte. Facciamo tanti auguri e procediamo nel nostro lavoro.
La seconda comunicazione che volevo dare è che per vari motivi dovremo rinviare la missione ad Ancona, mentre manterrei il sopralluogo nelle zone terremotate, che a questo punto potrebbero fare il centro a Rieti anziché ad Ancona, come previsto in un primo momento, effettuerei il sopralluogo sia ad Amatrice che ad Arquata mercoledì 26, avendo già acquisito la disponibilità del commissario Errani, il quale verrà audito successivamente in Commissione, ma farebbe da ospite insieme alla Protezione civile.
L'altra comunicazione riguarda la nostra partecipazione alla manifestazione che si terrà a Reggio Calabria il 21, a seguito dei noti fatti di Melito Porto Salvo, che hanno riguardato la ragazza che è stata violentata da una compagnia di giovani dei quali faceva parte anche il figlio di una famiglia ’ndranghetista.
Diamo l'adesione come Commissione a quella manifestazione, alla quale parteciperanno anche la Presidente della Camera e il Ministro Boschi, che avrà il doppio registro della violenza contro le donne, ma maturata e perpetrata in un ambiente a radicamento ’ndranghetista e con un'omertà per cui abbiamo visto una popolazione comportarsi in maniera quantomeno inquietante.
In quella circostanza avremo l'occasione di incontrare magistrati del tribunale dei minori per un focus soprattutto sul tema dei minori e delle donne. La giornata del 21 inizierà quindi con la manifestazione e poi ci fermeremo nel pomeriggio. Tutto questo è stato costruito con alcune variazioni che riguardano sia l'organizzazione e il luogo della manifestazione che la nostra missione, per trovare un punto d'incontro. Credo che la formula individuata sia quella più corretta per tutti.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
Audizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del procuratore della Repubblica Pag. 4 presso il tribunale di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho, accompagnato dai sostituti procuratori Giuseppe Lombardo e Stefano Musolino.
L'audizione è dedicata a un aggiornamento sulla situazione della ’ndrangheta reggina alla luce delle recenti inchieste della procura distrettuale di Reggio Calabria che hanno evidenziato connessioni tra politica, criminalità e massoneria deviata.
Con l'audizione odierna avviamo un nuovo filone di inchiesta, dedicato alle massonerie e al rischio di infiltrazione di esponenti della criminalità organizzata all'interno di logge massoniche ufficiali e non, alla luce di quanto concordato nelle scorse riunioni dell'ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi, e dopo l'audizione del gran maestro del Grande oriente d'Italia.
A margine chiederemo al procuratore del Raho anche un approfondimento sulla recente vicenda di Melito Porto Salvo e un eventuale aggiornamento sulle indagini relative all'omicidio del giudice Antonino Scopelliti, a venticinque anni dal delitto. Ricordo anche che questa audizione è il modo con il quale partecipiamo come Commissione alla celebrazione dei venticinque anni.
Ricordo come di consueto che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera e che, ove necessario, i lavori della Commissione potranno proseguire in seduta segreta.
Cedo ora la parola al procuratore del Raho, che ringrazio per la sua presenza congiuntamente agli altri procuratori presenti.
FEDERICO CAFIERO DE RAHO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria. Grazie, presidente, componenti della Commissione, per consentirci ancora una volta di interloquire con voi e condividere le nostre conoscenze.
Come ho detto ripetutamente, il territorio di Reggio Calabria è un territorio in cui le istituzioni sono fortemente isolate. Sono isolate da un lato perché vi è una popolazione totalmente soggiogata dalla forza d'intimidazione della ’ndrangheta, dall'altro perché ancora non vi è un canale diretto con l'esterno e vi è troppa confusione sul territorio.
Non vi è identità chiara delle persone con le quali ci si rapporta e questo determina una sorta di distanza fra le istituzioni e la popolazione, che certamente non giova al miglioramento del territorio, ma nello stesso momento rappresenta lo strumento attraverso il quale le istituzioni dimostrano alla popolazione che esiste una totale imparzialità, una totale distanza rispetto non solo alla ’ndrangheta, ma a quella che può essere la rete segreta che si muove nell'ambito di quel territorio.
Ricordo innanzitutto – molto sinteticamente, perché vi abbiamo mandato gli atti – le ultime indagini, che si integrano a vicenda e dimostrano come il quadro attuale della ’ndrangheta non sia solo quello di cosche che controllano il territorio o settori dell'economia e della politica, ma vi sia qualcosa di ben più grave e specifico.
Ricordo innanzitutto che il 15 marzo 2016 è stata data esecuzione all'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Giorgio De Stefano, appartenente alla famiglia Franco, Rosmini, Serraino e Araniti, e di 19 persone che rispondevano dei reati di associazione mafiosa, estorsione ed altro.
L'indagine nasceva dal posizionamento e dall'esplosione di un ordigno in un bar, che, passato attraverso diverse mani, era poi stato fatto saltare in aria nel momento in cui si stava completando un'attività di ristrutturazione.
In sintesi, qual è stata l'importanza di questa indagine? L'importanza dell'indagine è che le cosche che apparivano interessate all'apertura di quell'attività economica intervengono tutte con una loro diretta rappresentazione, nel senso che ciascuno degli esponenti delle cosche menzionate ha avuto un ruolo nella vicenda e la vicenda è quella dell'apertura di un bar, cioè di un esercizio di libera iniziativa economica, come recita la nostra Costituzione, eppure a Reggio Calabria l'apertura di un bar determina una situazione che deve fare i conti con l'occupazione del territorio da parte della ’ndrangheta.
Il bar Malavenda ha avuto inoltre la disavventura di essere posto al confine fra Pag. 5quartieri in cui sono presenti cosche diverse. Questo ha determinato l'interessamento di soggetti diversi, ma ha anche evidenziato come tra soggetti esponenziali nell'ambito delle cosche di Reggio Calabria un ruolo di preminenza sia riconosciuto a Giorgio De Stefano.
Giorgio De Stefano emerge infatti dall'indagine come il soggetto di riferimento il quale deve fare l'assicurazione, colui che deve garantire il superamento del contrasto e dire l'ultima parola per l'apertura del bar. Sinteticamente, quindi, quell'indagine, mentre dimostra il controllo del territorio da parte della ’ndrangheta, dall'altro lato evidenzia il ruolo superiore ricoperto da Giorgio De Stefano.
Devo anche dire che, come era stato evidenziato in passato nell'operazione Araba Fenice a questa stessa Commissione, la città di Reggio Calabria è controllata in modo così profondo da imporre, anche quando bisogna procedere soltanto ad attività di manutenzione di immobili privati, il ricorso a soggetti che la ’ndrangheta dice che possono lavorare in quel quartiere.
Dall'indagine Araba Fenice emergeva addirittura una distribuzione del territorio, in modo che in ciascun quartiere anche l'impianto elettrico, l'impianto idrico o un'imbiancatura delle pareti potesse essere fatto solo dal soggetto che la ’ndrangheta indicava, altrimenti il lavoro non si sarebbe fatto.
Questo punto di arrivo che risale al 2014 evidenziava già quanto fosse profondo il controllo della ’ndrangheta sul territorio. L'indagine Sistema Reggio conferma sostanzialmente quelle acquisizioni e non fa altro che dimostrare ancora una volta che il controllo del territorio è tale per cui non solo per eseguire un lavoro, ma anche per aprire un'attività economica è sempre necessario l'intervento della ’ndrangheta.
Il 10 maggio 2016 è stata data esecuzione ad un fermo del pubblico ministero nell'operazione Fata Morgana, fermo che vede tra gli indagati e destinatari del provvedimento restrittivo il dirigente del comune Marcello Cammera. Tale dirigente era già stato attenzionato negli anni precedenti, soprattutto con la nuova giunta comunale di Reggio Calabria, per una rotazione degli incarichi, ma ancora prima con i commissari prefettizi, quando però vi era stata una tale reazione da impedire questa rotazione. Successivamente, solo da pochi mesi il Cammera era stato trasferito ad un altro incarico, ma il 10 maggio è stato raggiunto.....
PRESIDENTE. Scusi se la interrompo, procuratore: nonostante le pressioni della Commissione parlamentare antimafia sia nei confronti dei dirigenti del comune durante la missione a Reggio Calabria, che nei confronti dei commissari...
FEDERICO CAFIERO DE RAHO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria. Dice benissimo, presidente. Nell'ambito dell'operazione Fata Morgana abbiamo per la prima volta la concentrazione della nostra attenzione da un punto di vista cautelare nei confronti dell'avvocato Antonio Marra e di Paolo Romeo.
Paolo Romeo è già qui un soggetto di grandissimo rilievo, perché è il riferimento dell'architetto Marcello Cammera, è persona che con lui si rapporta non dico quotidianamente, ma per le più significative attività. Con Romeo c'è Saraceno Natale. Nell'ambito di Fata Morgana abbiamo Romeo Paolo, che è il soggetto che con maggiore attivismo si muove nell'ambito dei rapporti con l'avvocato Marra e con gli altri soggetti, a loro volta risultanti legati ai De Stefano e ai Tegano.
Si tratta di un'indagine di grande significato, in quanto vi si evidenzia soprattutto il rapporto fra soggetti di rilievo nell'ambito del comune, ma anche nell'ambito di alcune attività in particolare.
Nell'ambito dell'operazione Fata Morgana del 10 maggio troviamo fra i destinatari del fermo, insieme a Paolo Romeo, Saraceno Natale, Chirico Giuseppe, uomo legato ai De Stefano, Marcianò Domenico, Frascati Emilio Angelo, Marra Antonio, Idone Antonio.
Nell'ambito di questa indagine ci si accorge che il gruppo Tegano De Stefano, unitamente a vari professionisti, tende ad Pag. 6acquisire l'attività economica del settore alimentare dei supermercati. Non solo: nell'ambito dell'attività investigativa si evidenzia come lo stesso Paolo Romeo sia protagonista della nuova ripresa del centro commerciale Perla dello Stretto. I rapporti che emergono da questa attività investigativa sono particolarmente rilevanti, perché coinvolgono anche soggetti che operano nello stesso settore della giustizia.
Fra coloro che emergono nell'ambito delle indagini abbiamo infatti anche un cancelliere, che si occupa del settore ragioneria e dell'ufficio spese delegate e che quindi opera gomito a gomito con il presidente della corte d'appello, e tale Inuso Aldo è un elemento particolarmente attivo nei rapporti con l'avvocato Marra e con la stessa rete che con lui si muove.
Nell'ambito di questa indagine emergono non soltanto soggetti esponenti della ’ndrangheta, ma viene configurato anche il reato di associazione segreta. Tale reato sembrava quasi scomparso in altre procure, ma credo che a Reggio uno dei problemi più significativi sia appunto quello della rete segreta, che lega appartenenti a quell'area grigia di professionisti, uomini della ’ndrangheta del più alto livello, a volte uomini delle istituzioni.
Quella che tentiamo di focalizzare anche in altra indagine è l'esistenza di una rete che anche in passato abbia legato questa area grigia fatta di avvocati, professionisti, appartenenti alle istituzioni, ma anche appartenenti alle forze dell'ordine e ai servizi segreti, magistrati. È questa la rete di cui emerge solo in parte e in modo abbastanza approssimativo un quadro nell'indagine Fata Morgana per la parte che è stata evidenziata.
Anche in questa parte è stata data un'informazione di garanzia, unitamente all'esecuzione del decreto di perquisizione, per il reato di associazione segreta a Paolo Romeo e Antonio Marra, che erano già destinatari di misura cautelare, ma anche a Canale Amedeo Antonio, che è stato un ex assessore comunale ai trasporti e polizia municipale nella giunta Scopelliti, a Idone Antonio, destinatario del provvedimento di fermo, a Tuccio Giuseppe, che è stato presidente di Corte di cassazione ed è interessato a diversi rapporti, e anche a Pietropaolo Domenico, che risulta essere presidente di Cittadinanza Attiva, che riunisce circa venti associazioni sul territorio, quindi è un'associazione particolarmente forte. Questa è utilizzata dal Romeo per interagire con la politica e la pubblica amministrazione.
La stessa informazione di garanzia è stata data a Rocco Antonio Zoccoli, che è componente dell'IGEA, insieme al famoso Marchese Genoese Zerbi Saverio e a Strangio Giuseppe, il parroco del santuario di Polsi, al quale è stata fatta la perquisizione. Costoro sono tutti componenti dell'Istituto studi e ricerche geomarine ecoenergetiche ambientali.
Dallo stesso fermo ma ancor più dall'ordinanza emessa successivamente (nel fermo non potevamo contestare il reato di associazione segreta, mentre nell'ordinanza successiva è stato meglio definito) emerge un quadro abbastanza chiaro dei rapporti fra questi soggetti. Devo anche dire che costoro si sostengono a vicenda in numerosissime iniziative ed è evidente che è questa la maggiore pericolosità. Il legame con i soggetti intranei alla ’ndrangheta che ho già menzionato delinea un quadro di grave pericolosità.
L'associazione segreta alla quale facciamo riferimento è un'associazione che non evidenzia dei rituali. Noi non abbiamo documenti dell'esistenza dell'associazione, né abbiamo acquisito evidenze circa il funzionamento dell'associazione. Il reato di associazione è contestato perché esiste una rete di legami finalizzata a condizionare organi comunali, ma anche costituzionali, se si pensa ai rapporti con parlamentari.
Tutto questo ha assunto per noi un significato di particolare rilievo. Anche qui c'è tutta una parte che riguarda la città metropolitana, laddove Paolo Romeo è particolarmente attivo e in città sembra addirittura protagonista di incontri, di partecipazioni in Parlamento, presso la Commissione, dove egli stesso è stato sentito nell'ambito dell'operatività di Cittadinanza Attiva. Pag. 7
Ci si accorge quindi che esistono canali attraverso i quali persone un tempo accreditatesi negativamente finiscono per recuperare i loro spazi e riemergere, quasi cancellando il passato. È come se la città dimenticasse quello che è stato, o forse resta totalmente soggiogata, per cui anche chi ha subìto determinate situazioni consente che continuino a perpetuarsi.
Questa è un'indagine particolarmente significativa, perché da un lato evidenzia il rapporto ’ndrangheta e rete segreta, dall'altro dimostra quanto questa rete segreta sia in grado di spingere anche sul terreno della vita quotidiana della città e sulle scelte che questa deve compiere.
L'altra indagine particolarmente significativa, denominata Reghion, ha portato al fermo di un indiziato di delitto. Ne è destinatario Marcello Cammera, che prima avevo citato fuori dal contesto effettivo. Marcello Cammera in Reghion risponde del reato di cui all'articolo 416-bis. In tale operazione emerge come il soggetto che ha rapporti con gli amministratori della stessa società e con altri imprenditori, attraverso i quali si giunge a un aggiustamento per quanto riguarda la proroga del servizio di depurazione e di gestione delle risorse idriche. La stessa società che aveva avuto l'appalto finisce per godere di una proroga. Ci sono ormai tutte le premesse.
Devo anche dire però che il comune ha ritardato a formalizzare la proroga, che avrebbe potuto prorogare precedentemente, ma il sindaco e la giunta ne hanno rallentato la formalizzazione ritenendo che le premesse non fossero rassicuranti. Il tempo ci ha consentito quindi di intervenire con questo fermo di indiziato di delitto per un appalto che, tenendo conto di tutti i costi, sarebbe arrivato a circa 250 milioni di euro.
MARIO MICHELE GIARRUSSO. Che appalto era?
FEDERICO CAFIERO DE RAHO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria. L'appalto di depurazione e di gestione delle risorse idriche (forniremo i particolari anche su questo).
Il passaggio è ancora una volta Marcello Cammera con altri esponenti di quella rete alla quale avevamo fatto riferimento. Numerose sono le conversazioni di Marcello Cammera con Paolo Romeo e con altri soggetti di quella che noi abbiamo ritenuto essere la rete segreta, e proprio sulla base di questi rapporti si era costruita anche la proroga dell'appalto.
Attraverso gli elementi di questo fermo, utilizzando anche il quadro descritto in modo approssimativo finora, si arriva all'esecuzione di Mammasantissima, un'indagine di altissimo valore soprattutto perché fotografa la situazione effettiva della città di Reggio Calabria e della provincia.
Pur concentrando l'attenzione sulla città, il quadro che se ne trae dimostra come la ’ndrangheta non avrebbe mai potuto raggiungere tali livelli se non fosse stata sostenuta da quella rete segreta che si è ritenuto di individuare nei destinatari dell'ordinanza.
Voglio però anche qui precisare che quando si parla degli invisibili, di questa componente riservata, non è certamente qualcosa di diverso rispetto alla ’ndrangheta, né qualcosa di superiore alla ’ndrangheta, così come la stampa in qualche caso ha riferito. Quando si parla di componente riservata, si parla semplicemente di soggetti che, per il ruolo che rivestono, per l'apporto che danno alla ’ndrangheta, per il versante su cui operano devono essere mantenuti coperti. Sono quei soggetti che operano a livelli altissimi, che hanno rapporti con la politica e con i soggetti esponenziali delle amministrazioni locali.
È necessario precisare che la componente riservata individuata attraverso quest'indagine non è la componente dei soggetti che hanno aderito alla massoneria. Vi sono ’ndranghetisti che hanno aderito al Grande oriente d'Italia, e su questo c'è tutto un capitolo nell'ordinanza, oltre che nella richiesta, nel quale si evidenzia come già dall'epoca della santa i capi avessero deciso di avere una componente riservata e avessero cominciato a pensare di dover inserire nell'ambito della massoneria dei soggetti esponenziali delle singole cosche, perché era necessario avere uno schermo Pag. 8attraverso cui entrare in rapporto con quella parte della società che secondo quella ’ndrangheta conta, attraverso la quale inserirsi negli affari e nella politica.
È cosa però diversa dalla rete segreta e dalla componente riservata che è stata qui individuata. Quello cui ho fatto riferimento è lo strumento attraverso il quale negli ultimi dieci, quindici anni la ’ndrangheta ha intrattenuto i propri rapporti con quell'area grigia che era anche inserita nella massoneria, quindi la massoneria è stata piegata all'esigenza della ’ndrangheta di entrare in contatto con la società schermandosi.
La componente riservata è formata da soggetti diversi, che restano occulti alla stessa massoneria, perché sono persone che, dovendo schermare l'organizzazione ed essendo note soltanto a determinanti appartenenti all'organizzazione dei vertici più elevati, non si possono esporre a nessuna altra forma evidente quale il Grande oriente d'Italia o similari associazioni massoniche.
Dopo questa premessa generale, qualora voi non vogliate dare delle indicazioni specifiche, lascerei la parola al collega Musolino e poi al collega Lombardo per seguire cronologicamente le indagini nel loro sviluppo.
STEFANO MUSOLINO, sostituto procuratore. Buonasera, grazie di questo invito. Il procuratore ha già tracciato le linee guida delle indagini, quindi posso soltanto aggiungere che si sono mosse tendenzialmente in una strategia che partiva dalla verifica di come sul piano non solo calabrese o reggino, ma addirittura nazionale vi siano dei flussi di spesa pubblica molto rilevanti, che sono governati da organizzazioni, gruppi, sistemi paralleli a quelli legali e istituzionali.
Questo a Reggio Calabria è reso più pernicioso dalla presenza della ’ndrangheta, che diventa un soggetto che siede e partecipa a questi tavoli di spartizione. Per darvi un'idea a proposito dell'appalto di cui parlavamo prima, anche l'ANAC aveva originariamente fatto delle verifiche sulla normativa che vincolava quell'appalto e sulla predisposizione dei mezzi e strumenti che prima la regione Calabria e poi il comune di Reggio Calabria avevano dato per definire la questione del ciclo integrato delle acque.
È un appalto che aveva l'obiettivo di realizzare un nuovo depuratore per la città di Reggio Calabria, in connessione però con tutta una serie di altre opere, che riguardavano la sistemazione del sistema idrico della città e la dotazione di contatori elettronici per ciascun utente. Il valore complessivo di queste opere si aggira intorno ai 90-100 milioni di euro, mentre 250 milioni di euro è il valore del rapporto concessorio di gestione del servizio pubblico delle acque.
La scelta adottata in questo caso è molto particolare, perché si è scelto di procedere in maniera un po’ anomala con un project financing, la società vincitrice di questo appalto era unica concorrente, peraltro con un ribasso dello 0,1 per cento (tra i fatti ricostruiti in quella operazione vi è anche come il bando di gara sia stato ritagliato a misura perfetta dell'unico concorrente che vi avrebbe partecipato) e, siccome l'entità e i valori dell'investimento, ma anche le qualità e le competenze richieste erano particolarmente rilevanti, il concorrente espressione degli interessi imprenditoriali reggini aveva trovato come alleato Acciona Agua, che è un colosso del sistema internazionale nel controllo delle acque pubbliche, secondo uno schema ripetitivo in città, svelato da Mammasantissima e altre indagini precedenti, basti ricordare che alla creazione di Multiservizi, la società mista del comune, aveva originariamente partecipato come socio anche la FIAT.
Abbiamo quindi un grosso soggetto imprenditoriale che si affianca a un soggetto imprenditoriale locale, che, essendo locale, conosce il sistema ed ha le giuste relazioni per poter operare e finisce con il gestire opere pubbliche di quelle dimensioni. Tenete conto che Rhegion Agua, la società di scopo che sarebbe stata costituita all'esito di questo appalto, avrebbe gestito questi 100 milioni di euro di opere fisiche e il sistema delle acque per circa 200 milioni di euro.
Si tratta evidentemente di situazioni nelle quali la ’ndrangheta tenta sempre di entrare, Pag. 9 lo fa con le modalità che le sono tipiche, che non sono l'esercizio dell'intimidazione aggressiva tipica della mafia siciliana, ma con quella che abbiamo definito nei nostri provvedimenti e ribadito nei provvedimenti dei giudici che ce l'hanno accolta, come una sorta di intimidazione dolce, in cui la ’ndrangheta viene riconosciuta come parte integrante del sistema di potere dominante con il quale scendere a patti per poter portare avanti una serie di situazioni.
Va detto anche che per fortuna abbiamo trovato all'interno della pubblica amministrazione non soltanto una serie piuttosto numerosa di pubblici amministratori infedeli, ma anche qualche pubblico amministratore che si è preso la briga di provare a mettere dei paletti a questo strapotere dominante in particolare di Paolo Romeo che, come vi ha già detto il procuratore, è stato capace di costruire una rete relazionale che, a partire dal Parlamento italiano, è giunta fino al comune di Reggio Calabria e ai funzionari del comune di Reggio Calabria con un controllo anche attraverso la gestione di queste relazioni e di una serie di relazioni legate ai controlli di varie società anche a partecipazione pubblica che operano sul territorio, attraverso una serie di assunzioni, circostanza che trova il suo gemello anche nell'operazione Mammasantissima, ed è in grado di condizionare significativamente le competizioni elettorali.
Abbiamo una conversazione in cui, dialogando con un suo sodale, Paolo Romeo fa riferimento alla capacità che aveva avuto di fare eleggere quattro o cinque consiglieri provinciali, e perciò si aspettava, come poi è effettivamente avvenuto, una serie di contraccambi da parte di quella amministrazione provinciale, che sostanzialmente gli aveva delegato in toto la gestione di una cosa piuttosto importante a livello progettuale.
Da queste indagini emerge anche la capacità di queste persone di creare le precondizioni per poter influenzare a loro piacere e vantaggio le scelte della pubblica amministrazione, interferenza arrivata a un punto tale che abbiamo una serie di mail intercettate, nelle quali è Paolo Romeo che scrive una serie di documenti pubblici, che poi i vari soggetti, dal Parlamento alla pubblica amministrazione, si limitano a sottoscrivere e a fare propri.
Questo è il contesto di base delle relazioni con la pubblica amministrazione, sfociate poi in una serie di accertamenti di reati di corruzione, che hanno coinvolto gli imprenditori a cui facevo riferimento prima, che credo siano la migliore introduzione. Giuseppe Lombardo vi illustrerà adesso l'indagine Mammasantissima, che prova a ricostruire, a partire da alcune di queste evenienze concrete, il sistema più ampio nel contesto in cui questi accertamenti si sono sviluppati.
GIUSEPPE LOMBARDO, sostituto procuratore. Grazie, presidente. Avevamo un'esigenza alla luce delle ricostruzioni sfociate già in sentenze passate in giudicato, che sono state portate avanti fino al 2010, le ricostruzioni che il tribunale di Reggio Calabria e il tribunale di Locri riversano nelle sentenze Meta e Crimine e ovviamente nella parallela vicenda Infinito curata dall'autorità giudiziaria milanese.
L'esigenza di base era quella di partire dalle argomentazioni stese dai giudici per rispondere ad una serie di quesiti per noi indispensabili in una strategia investigativa che ovviamente non poteva fermarsi a quel livello, per arrivare a capire cosa fosse dentro e cosa fosse fuori dall'organizzazione di tipo mafioso, quindi dalla ’ndrangheta nello specifico.
In quelle sentenze si segnalava infatti come la struttura criminale di base si interfacciasse con ulteriori componenti, che, come spiegato dal procuratore, erano chiamate ad allargare il sistema criminale e quindi a entrare in contatto con tutti gli ambiti «strategici». Passatemi questo termine per indicare il rapporto con gli apparati istituzionali, con la pubblica amministrazione, con i professionisti, con le imprese che contano, con il sistema bancario, finanziario e con tutto quello che ne deriva, anche – permettetemi di sottolineare, perché è un tassello indispensabile – con il sistema informativo.
Con «sistema informativo» mi riferisco non al sistema mediatico, ma al sistema che fornisce informazioni non di seconda Pag. 10mano, ma di primissima mano, soprattutto quelle che riguardano l'attività investigativa.
C'era un'esigenza tracciata in quelle sentenze e soprattutto c'era un aspetto che dovevamo assolutamente riempire di contenuti, perché soprattutto nell'operazione Crimine veniva evidenziato come nella strutturazione dell'organismo di vertice, che abbiamo individuato nel crimine di Polsi, mancassero alcune famiglie, non famiglie qualsiasi, ma i De Stefano Piromalli.
Alcune risposte erano emerse nell'ambito del processo Meta, che si conclude nel 2014, ma la cui parte già definita con sentenza in abbreviato era diventata definitiva e spiegava che soprattutto all'interno del mandamento di Reggio Calabria e del mandamento tirrenico le grandi famiglie, quelle che al vertice di quelle macroaree gestivano la ’ndrangheta, avevano avuto un'evoluzione diversa rispetto a tutte le altre, e soprattutto, pur mantenendosi legate al crimine di Polsi, non partecipavano direttamente a quel tipo di struttura perché avevano altri compiti.
Partendo da queste premesse, abbiamo dovuto fare un'operazione complessa, perché, cominciando a raccogliere gli elementi, ci siamo accorti (e siamo arrivati a raccogliere risultanze da ben 52 procedimenti diversi, quindi 52 attività di indagine diverse) che c'era una serie di spezzoni che letti in modo unitario davano delle risposte straordinarie.
Le risposte straordinarie rispondevano ai quesiti posti dai colleghi giudici nel momento in cui, ricostruita la struttura dell'organizzazione di tipo mafioso, ci chiedevano di accertare (almeno il nostro ufficio l'ha letto così) perché alcuni soggetti di vertice di questa organizzazione parlassero di ambiti massonici.
Questo era avvenuto nell'ambito dell'indagine relativa alla realizzazione di un tratto della statale 106 Jonica, una delle grandi opere in Calabria, non uno dei tanti appalti; questo era avvenuto nell'ambito di un'indagine curata dalla direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, l'operazione Purgatorio, in cui si diceva che, oltre alla componente visibile che tutti conoscono e che si riconosce nel crimine di Polsi, che è il vertice organizzativo della struttura criminale, ci sono ulteriori ambiti e sono quelli che contano.
Per riassumervi sul punto la viva voce dei protagonisti, Pantaleone Mancuso, vertice della cosca Mancuso di Limbadi in provincia di Vibo Valentia, intercettato (quindi la sua viva voce, mi interessa sottolinearvi questo dato) precisava che certo la ’ndrangheta esisteva ancora, ma «ormai il livello che conta è massoneria», e su questo voglio aprire una parentesi per chiarire una serie di aspetti.
Quando il soggetto di vertice della ’ndrangheta parla della massoneria, non parla del GOI o della Gran loggia regolare d'Italia, perché una serie di collaboratori di giustizia non solo calabresi ci ha spiegato che, anche se a conoscenza di tanti particolari rispetto all'organigramma complessivo della struttura criminale, quindi anche se soggetti posti al massimo grado della struttura, oltre il loro grado non erano in grado di arrivare.
Vi faccio l'esempio delle dichiarazioni di Belnome Antonino, che controlla gran parte della Lombardia meridionale come espressione delle cosche della locale di Guardavalle, un paesino in provincia di Catanzaro, al confine con Monasterace, quindi con la provincia di Reggio Calabria.
A un certo punto, essendo già stato ascoltato dai colleghi di Milano a cui aveva segnalato questo dato, ci dice di essere arrivato al grado apicale della ’ndrangheta, ma che oltre il suo grado si entra in un ambito massonico, che ha soltanto percepito perché ritenuto degno tra qualche anno di andare oltre, quindi Gallace Vincenzo, Ruga Andrea, Guardavalle e Monasterace ci hanno fatto capire che la ’ndrangheta che conta davvero (ecco l'intraneità a quel sistema criminale) sta lì, è lì che si interfacciano una serie di soggetti e lì non si è più nemici dello Stato (lo dice in questi termini, cerco di riportarvi fedelmente le sue parole), ma lì lo Stato deve essere necessariamente amico, perché altrimenti il sistema criminale si inceppa e non si arriva a perseguire gli obiettivi prefissati. Pag. 11
È lì, quindi, che il programma criminale si allarga a dismisura ed è lì che il nostro lavoro doveva tendere soprattutto per dare risposte processuali. Perché era necessario procedere in questo modo? Era necessario procedere in questo modo (ed è questo il motivo per cui ho richiamato 52 procedimenti – passatemi il termine forse poco elegante – smontati e rimontati), perché fino a pochi anni fa, quindi fino alle ultime sentenze, a Reggio Calabria ci trovavamo di fronte a ricostruzioni che contrapponevano il cartello destefaniano al cartello condelliano.
Perché questo è un dato importante? Perché la seconda guerra di mafia che si era combattuta dal 1985 al 1991, già nel 1991 aveva ricompattato la ’ndrangheta per tutti, tranne che per chi doveva svolgere un'opera di ricostruzione che fornisse risposte ulteriori. Eravamo legati ancora a quella contrapposizione che non esisteva più.
Questo lo abbiamo scoperto per merito delle collaborazioni con la giustizia del 2010. Mi riferisco al collaboratore Roberto Moio e ai più noti Villani, Consolato e Lo Giudice Antonino, che con linguaggi diversi ci hanno spiegato che esisteva una «’ndrangheta dell'apparenza», la ’ndrangheta che si vede, che aveva un ruolo diverso, nell'accezione che vi ha spiegato prima il procuratore, rispetto alla «’ndrangheta della sostanza», che è la ’ndrangheta che non si vede.
Ci hanno consentito di comprendere che dovevamo necessariamente procedere a una rilettura a ritroso di tutta una serie di elementi per capire una cosa, che poi ha costituito il punto di partenza dell'indagine Mammasantissima. Nel momento in cui, gestendo il lavoro e l'appalto relativo alla strada statale 106 Jonica, alcuni soggetti condannati per mafia in via definitiva parlavano del livello «invisibile», siamo andati a verificare se quello fosse un termine originale o facesse parte delle acquisizioni investigative svolte da noi o da altri uffici, che ci consentisse di capire di cosa parlassero.
La prima risposta l'abbiamo trovata in un processo di Milano del 1996, in cui il collaboratore di giustizia Zagari Antonio, dopo aver illustrato la struttura dell'organizzazione criminale e soprattutto la strutturazione di quella che poi nel 2010 sarà individuata come la Lombardia, diceva: «attenzione, questi sono i gradi a tutti noti, poi ci sono le cosiddette cariche speciali». La carica speciale più importante è quella di invisibile, cioè di soggetto che all'interno della ’ndrangheta non è noto neanche agli appartenenti di livello medio-alto.
Ottenuta questa risposta, abbiamo approfondito e abbiamo trovato decine di collaboratori di giustizia (non sto a elencarveli tutti, ma – credetemi – con delle corrispondenze dichiarative impressionanti) e abbiamo deciso di fare un passo ulteriore. Perché fare un passo ulteriore? Perché abbiamo ancora l'esigenza di dare ulteriori risposte su fatti di particolare gravità consumatisi in Calabria molti anni fa.
L'esigenza principale emergeva come sempre dal dichiarato dei collaboratori di giustizia, e – credetemi – fare una ricostruzione di questo tipo sulla base solo delle intercettazioni è assolutamente inutile e controproducente, perché non sempre si intercettano discorsi di persone qualificate e quindi utilizzabili in modo pieno, ma soprattutto perché una ricostruzione del genere, che speriamo abbia sbocchi processuali a breve, ha bisogno per una serie di ragioni che possiamo intuire di un apporto dichiarativo particolarmente qualificato.
Per fare questo, alla luce del fatto che Fiume Antonino, collaboratore di giustizia di espressione destefaniana, nato e cresciuto all'interno della famiglia De Stefano, aveva cominciato a spiegare la strategia politica dei De Stefano, che poi ricostruiamo in Mammasantissima e che arriva all'ordinanza di custodia cautelare emessa a carico del senatore Caridi, ad un certo punto introduce un dato di grande rilievo e dice: «attenzione, il sistema non finisce qui, ma si allarga a quella cerchia di soggetti che fino all'altro ieri avete considerato esterni all'organizzazione mafiosa e avete processato per concorso esterno, con alterne vicende perché la loro veste non era Pag. 12quella e quindi le difficoltà che si incontravano sono state tante.
Soprattutto in Lombardia, dove i problemi molti anni fa sono diventati problemi da risolvere rapidamente, non si era raggiunta soltanto l'unitarietà della ’ndrangheta che voi avete correttamente ricostruito negli ultimi processi, ma è un sistema più ampio ad essere unico e unitario: il sistema delle mafie in Italia è una cosa sola».
Ci spiega quindi che tale esigenza sorge nel momento in cui, per gestire una piazza importante come la Lombardia e soprattutto Milano già alla fine degli anni ’80, è necessario mettersi tutti insieme.
Devo dirvi la verità: fino a quando non sono arrivate conferme pesanti su questo fronte, noi non abbiamo in alcun modo forzato la mano, perché (dice bene il procuratore) su questi temi non si può forzare la mano, ma bisogna procedere con un metodo scientifico chiaro, che non abbiamo inventato noi, ma che ci viene indicato in più sentenze, a volte dettate per fatti apparentemente minori, che è il cosiddetto «giudizio controfattuale», cioè per capire quale sia il rilievo di determinate condotte bisogna estrapolare quelle condotte dal contesto e verificare se quell'estrapolazione altera o meno i meccanismi.
È evidente che, estrapolando quelle condotte, i meccanismi venivano alterati, e per ottenere conferme abbiamo iniziato a interrogare i collaboratori di giustizia siciliani, perché il raccordo principale, soprattutto in Lombardia, avveniva nel confronto calabresi-siciliani, inizialmente per gestire la grande piazza di spaccio, che era e purtroppo ritengo sia la città di Milano.
Abbiamo iniziato ad ascoltare numerosi collaboratori di giustizia che (vi rappresento il dato per come lo abbiamo vissuto, quindi con un approccio che seguisse un determinato criterio) hanno cominciato a dirci che tra ’ndrangheta e cosa nostra rapporti non ce ne sono, o meglio ce ne sono, ma sono rapporti poco rilevanti, tant'è vero che anche soggetti con ruoli di grande rilievo all'interno di cosa nostra non erano a conoscenza o conoscevano pochissime situazioni.
Fino a quando, ricostruito sul versante calabrese il circuito della componente riservata, che veniva fuori in maniera enorme da quei 52 procedimenti recuperati, con continui riferimenti ai riservati, ai segreti, agli invisibili, ai massoni, ai nobili (abbiamo dovuto ricondurre la terminologia ad una lettura unitaria, che a volte era sovrapponibile, altre non lo era, perché ovviamente ognuno utilizzava il suo gergo), ci siamo interrogati sul fatto che probabilmente anche il livello dei collaboratori di giustizia siciliani risentiva di una doppia compartimentazione di cosa nostra.
Quando lo abbiamo capito in maniera chiara? Intanto quando abbiamo ascoltato Gaspare Spatuzza e soprattutto Giovanni Brusca, il quale nel corso di un lungo interrogatorio sostanzialmente dice: «io avevo un ruolo di grande peso all'interno di cosa nostra, però, se voi mi chiedete episodi specifici che collegano ’ndrangheta e cosa nostra, in questo momento non ne ricordo. Io ricordo soltanto una cosa: che già ai tempi di mio padre quando si parlava di ’ndrangheta non si parlava di ’ndrangheta, si parlava di De Stefano e sostanzialmente si diceva che esistevano rapporti di altissimo profilo tra Stefano Bontade e i fratelli De Stefano».
Partendo da questo dato, abbiamo cominciato a ipotizzare che esistesse una componente riservata di ’ndrangheta, che fa capo ai De Stefano, Piromalli, Nirta, le tre componenti di questo mondo che si riferiscono ai tre mandamenti con il maggior peso operativo all'interno della struttura criminale di tipo mafioso (non i Nirta Strangio, ma i Nirta Pelle, cioè i cosiddetti Nirta La Maggiore, La Maggiore non per caso).
Partendo dalle dichiarazioni di Spatuzza che indicava rapporti tra i Graviano e questi Nirta, dicendo che cosa nostra acquistava armi (pesanti, non pistole) proprio attraverso i Nirta, abbiamo ipotizzato – ovviamente collaborando con i colleghi siciliani – che anche cosa nostra avesse un livello riservato. Questo lo abbiamo scoperto nel momento in cui, un po’ per fortuna, un po’ per l'attenzione prestata, abbiamo iniziato a interrogare i collaboratori direttamente collegati a Leoluca Bagarella. Pag. 13
Perché siamo arrivati ai collaboratori collegati a Leoluca Bagarella? Perché avevamo delle indagini svolte in parte in Calabria, ma soprattutto in Sicilia nell'ambito dell'indagine Sistemi Criminali della seconda metà degli anni ’90 su Palermo, che ci spiegavano come una serie di progetti politici di matrice separatista avesse interessato soggetti che sapevamo essere parti della componente riservata, tra cui Paolo Romeo, e soggetti di vertice di cosa nostra.
Recuperando il materiale palermitano, abbiamo individuato quattro collaboratori di giustizia principali, che siamo andati a interrogare. Il primo di questi collaboratori di giustizia è Tullio Cannella.
Tullio Cannella ci ha spiegato che il progetto di matrice separatista dell'inizio degli anni ’90, che poi si protrae a cavallo del settembre 1993 e cessa nel 1994, aveva coinvolto la componente calabrese per come da lui acquisito da Vito Ciancimino, il quale gli aveva detto: «se volete portare avanti questo progetto e quindi avete creato dei movimenti politici che hanno questa matrice (Sicilia Libera, Calabria Libera e altri movimenti localmente denominati), dovete coinvolgere la Calabria e la massoneria calabrese, perché solo la massoneria calabrese vi può dare il sostegno che può consentirvi di arrivare a risultati».
Parallelamente all'escussione di Cannella, siamo andati ad ascoltare Gioacchino Pennino, perché avevamo tracce per ritenere che fosse a conoscenza dell'esistenza del livello riservato di cosa nostra, ed effettivamente Gioacchino Pennino ci dice di ricordare una serie di particolari di lui bambino a Reggio Calabria, portato da suo zio, il quale ogni quindici giorni (siamo all'epoca di Stefano Bontade, quindi ci colleghiamo a quello che dice Brusca) si recava in Aspromonte in un poligono di tiro al volo, per discutere di temi collegati – da quanto aveva appreso successivamente – a un enorme «comitato d'affari» (lo definisce così), in cui si incontravano ’ndrangheta, cosa nostra, pezzi delle istituzioni, pezzi delle professioni e appartenenti infedeli ai servizi di sicurezza.
Quando lo zio era deceduto aveva appreso da Stefano Bontade che, mentre quel modello in Calabria era stato creato e reso operativo da molti anni, in Sicilia si stava formando in quel momento, e Stefano Bontade gli aveva chiesto di proseguire il lavoro dello zio, cosa che lui aveva rifiutato, però ci diceva che per capire fino in fondo quanto è successo dovevamo andare a interrogare Giuliano Di Bernardo, Gran maestro del Grande oriente d'Italia, che si dimette nella primavera nel 1993, cosa che abbiamo fatto.
Di Bernardo non è un collaboratore di giustizia, quindi avrebbe potuto tranquillamente dire: «dottore, sono fantasie», invece Di Bernardo non solo chiarisce che quello che dice Pennino è vero, perché Pennino era a conoscenza di una serie di verifiche interne al GOI, che erano state fatte in Sicilia e che si erano risolte con l'espulsione di pochi appartenenti a quel circuito, ma che il problema vero era calabrese, perché era in Calabria, come dicevano tutti i collaboratori di giustizia a partire dai primi anni ’90, che il connubio mafie-massoneria (lo ribadisco perché è importante che questo passaggio sia messo in chiaro nella versione sottolineata dal procuratore) era diventato un sistema di potere reale.
Indicava anche i numeri, in quanto diceva che il suo vice Ettore Loizzo, il quale, cosentino, era a conoscenza di tutta una serie di dinamiche regionali perché era il responsabile regionale, gli aveva comunicato che 28 logge su 32 in Calabria erano ’ndrangheta e che questo era stato comunicato ai vertici della massoneria inglese, tanto che il GOI aveva perso il riconoscimento della massoneria inglese, che aveva dato mandato a Di Bernardo di fondare la Gran loggia regolare l'Italia.
Da Pennino siamo andati ancora oltre e siamo passati agli uomini di maggiore fiducia di Bagarella, in particolare il suo autista, Antonio Calvaruso, che per primo ci dice chiaramente: «guardi che, se lei va a chiedere a cento collaboratori di giustizia che non erano all'interno del nucleo ristretto di cui si avvalevano questi soggetti – e ci fa i nomi: Riina, Bagarella, Matteo Messina Denaro, i fratelli Graviano e Antonino Gioè, che muore suicida nel carcere Pag. 14di Rebibbia nell'estate del 1993 – le diranno che i rapporti non ci sono, perché non è questo un rapporto che deve essere conosciuto dal livello medio-basso. Le dico invece io, che di Bagarella ero autista, che questo rapporto esiste e il tramite (perché il tramite è sempre ben individuato, non è casuale) con la componente riservata della ’ndrangheta e quindi tra le due componenti riservate per quanto riguarda noi sono i Graviano», conferme che poi ci sono state e che sul versante calabrese le famiglie che gestiscono questo tipo di rapporto sono le famiglie De Stefano Piromalli.
Questa ricostruzione ci ha consentito di chiarire un aspetto che ritengo particolarmente rilevante, ma soprattutto ci ha consentito di ricollocare esattamente nella sua veste l'avvocato Paolo Romeo, che anche in Sicilia era venuto fuori in maniera chiara nell'ambito dell'indagine Sistemi Criminali.
Riacquisito e riletto tutto il materiale che già esisteva in parte (ovviamente c'è anche materiale formato di recente – ci sono condotte fino al 2016 – e non stiamo facendo un'opera di ricostruzione che non abbia riferimenti attuali) siamo stati in grado di capire che effettivamente quel progetto, che a livello di componente riservata non era un progetto tipicamente criminale, non solo era stato creato e portato avanti, ma verosimilmente aveva governato a livello locale molti anni della vita politica e amministrativa.
Soprattutto rileggendo, riascoltando e ritrascrivendo le acquisizioni della DDA di Catanzaro in un'indagine del 2001, infatti, emergeva che questo progetto era curato in questi termini, era un progetto interno alla ’ndrangheta e aveva consentito lo sviluppo di una serie di carriere, quella di Alberto Sarra, quella di Antonio Caridi, altre carriere sulle quali con questo metodo bisogna ottenere dei risultati e che quindi non erano chiacchiere, ma che tutto si era tradotto poi nel meccanismo accennato da Stefano Musolino, che attraverso le società municipalizzate aveva avuto ricadute enormi anche sul livello di base della ’ndrangheta, già da noi ampiamente ricostruito. Mi fermerei qui, poi se ci sono aspetti specifici....
PRESIDENTE. La ringrazio. Posso fare in segreta una domanda? Propongo di passare in seduta segreta.
(Così rimane stabilito. I lavori procedono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).
MARIO MICHELE GIARRUSSO. Grazie, presidente. L'ascolto di questa relazione suscita tante domande, ma una, che è stata affrontata dal dottore Lombardo di sfuggita, è se forse abbiamo guardato nelle logge sbagliate, perché una caratteristica dell’’ndrangheta e di cosa nostra è la transnazionalità, la globalità, l'essere radicati in due o più continenti, e sappiamo che cosa nostra ha un forte radicamento negli Stati Uniti, la ’ndrangheta in Canada e in Australia.
C'è traccia nelle attività sin qui svolte – se è possibile saperlo – di riconducibilità a logge transnazionali dell'appartenenza di questi invisibili?
DAVIDE MATTIELLO. Grazie, presidente, farò un massimo sforzo di sintesi. Intanto prendendo la parola mi permetta di esprimere pubblicamente la solidarietà alla dottoressa Manzini per quanto è successo pochi giorni fa nell'ambito dell'udienza del processo Black Money, un fatto gravissimo che peraltro conferma molte delle cose che sono state dette oggi pomeriggio.
PRESIDENTE. Tra l'altro ho incontrato la dottoressa Manzini ieri a Cosenza, quindi le esprimiamo la nostra solidarietà. Ricordi lei quello che è accaduto...
DAVIDE MATTIELLO. Senza fare troppa pubblicità al delinquente, che però era in videocollegamento, Pantaleone Mancuso si è permesso di fare una serie di affermazioni di carattere quantomeno intimidatorio e violento all'indirizzo anche della dottoressa Manzini.
Credo quindi che, oltre alla censura fatta durante l'udienza stessa da chi la presiedeva, sia opportuna, giusta, necessaria la nostra censura rispetto a quel fatto e Pag. 15l'esplicita attestazione di vicinanza nei confronti della dottoressa Manzini per quanto è successo.
Venendo alle domande, cerco di farle nella maniera più sintetica possibile. La prima domanda: se nel lavoro della DDA di Reggio Calabria rispetto a quanto ci avete rappresentato, da Mammasantissima tornando indietro, siano stati utili gli atti di impulso della DNA, in particolare fino al 2013, quelli del dottor Donadio, atti di impulso che di tanto in tanto sono oggetto anche della nostra attenzione, e dei quali almeno fino al 2013 (penso al lavoro delegato dall'allora Presidente Grasso al dottor Donadio) sarebbe utile che la Commissione e la presidente valutassero l'acquisizione.
La seconda domanda è se esista (ed eventualmente di quale natura) un collegamento tra tre inchieste, che, a quanto riesco a capire, sono rappresentative di questo ipotizzato sistema di potere che sta a cavallo tra ’ndrangheta e quanto avete detto. Le tre inchieste sono Mammasantissima, Breakfast e Labirinto a Roma, e colgo l'occasione della vostra presenza perché mi pare che quanto ci state raccontando rimandi anche a quelle ipotesi.
Finisco facendo alcuni nomi, rispetto ai quali per il tempo che avremo e per quanto voi riterrete opportuno mi interessa una reazione. Primo nome: Nino Lo Giudice, il collaboratore di giustizia più volte evocato. Da come ne avete parlato mi pare che lo riteniate credibile, ma, se Lo Giudice è credibile, è ancora più interessante capire cosa sia accaduto nel 2013, perché Lo Giudice si sia comportato in quel modo e cosa rimanga delle accuse che mosse nei confronti di magistrati e non magistrati, come Pignatone, Prestipino e lo stesso Donadio.
Marcello Fondacaro, collaboratore di giustizia calabrese: mi piacerebbe capire quanto voi lo riteniate credibile, perché per quanto si conosce di ciò che sta raccontando mi sembra una persona che ben rappresenta la coesistenza della massoneria ufficiale e della massoneria fai da te che serve a rapportarsi con determinati ambienti.
Amedeo Matacena: per chiedervi se abbiate contezza di un avanzamento nella trattativa diplomatica tra Italia ed Emirati per la sua estradizione, e per informarvi che, sulla base di una risoluzione presentata in Commissione giustizia dal Movimento 5 Stelle e di un'interrogazione parlamentare presentata dal Partito Democratico, proprio questa mattina ne abbiamo discusso in Commissione giustizia chiedendo al Governo di fare tutto il possibile con urgenza per risolvere questa situazione.
L'ultimo nome è quello di Omar Pace, per sapere, sempre per quel che si può, se ci siano delle novità rispetto alla sua morte. Grazie.
GIULIA SARTI. Grazie, presidente, sarò sintetica anch'io. Molte delle domande sono ovviamente già state poste e penso che dal quadro che è emerso sia molto importante considerare che per capire il presente è necessario conoscere e continuare ad indagare e a scandagliare ciò che è successo in passato. Ritengo che questo sia un insegnamento importante, che dovrà far parte dei lavori della nostra Commissione, con riferimento sia al periodo stragista, sia ai periodi precedenti e successivi.
Sul rapporto massoneria/mafia anche a me interessava capire se ci siano stati riscontri, come già chiesto dal collega Giarrusso, di un sistema importato anche nelle logge estere, laddove quanto è avvenuto in Italia può essere accaduto anche nelle logge dei Paesi esteri, dove la ’ndrangheta ha ormai la sua presenza conclamata da tanti anni.
Solo una nota per la nostra Commissione: si dice che i vertici delle logge potevano sapere e non sapere, ma è un dato di fatto (abbiamo audito Stefano Bisi, il gran maestro del GOI) che per eleggere il vertice del GOI i voti della componente calabrese sono determinanti, perché nella regione Calabria ci sono più di 2 mila iscritti, dato che è importante tenere in considerazione per i nostri lavori.
Per quanto riguarda le collusioni con il sistema informativo, cioè magistrati o persone che non si comportano rettamente e possono svelare o mettere i bastoni fra le ruote a chi invece sta facendo indagini rispettando il segreto istruttorio e cercando di svolgere un lavoro molto delicato, anche Pag. 16nell'indagine Mammasantissima c'è stato questo tipo di risultanze da parte vostra, con riguardo a esponenti delle forze dell'ordine, ad avvocati e magistrati?
Mi interessa capire a che punto arrivi questo livello, cioè se riusciate ad essere sicuri della segretezza delle vostre indagini, perché è importante anche per la nostra Commissione lavorare su questo fronte, valutando se dentro le forze dell'ordine, la magistratura o gli avvocati degli indagati ci possano essere delle storture.
Con riferimento a ciò che diceva il collega Mattiello sulle dichiarazioni di Lo Giudice e Villani, a me interesserebbe capire se ci siano stati riscontri su quanto disse in riferimento a Giovanni Aiello, quindi se si sia andati avanti anche in quella direzione, perché Giovanni Aiello viene tirato in ballo in tante occasioni, da ultimo il procedimento tuttora in corso a Palermo per la morte dell'agente Nino Agostino e di sua moglie il 5 agosto 1989.
Nei confronti di questo ex funzionario di polizia si stanno portando avanti dei lavori, si è accertato ad esempio chi fosse il suo capo alla sezione antirapine della squadra mobile di Palermo, si è verificato se abbia svolto servizio a Reggio Calabria negli anni in cui avrebbe partecipato a riunioni con il clan Lo Giudice?
Queste sono domande importanti, perché da quanto è emerso finora e che tutti possiamo verificare, il suo capo della sezione antirapine di Palermo era Vincenzo Speranza, che è stato questore di Reggio Calabria nel 2006. Luigi Ilardo prima di morire parlò di un Vincenzo Speranza (non so se sia lo stesso) al ROS, e Luigi Ilardo fu anche il primo che parlò di «Faccia da mostro» prima di essere barbaramente ucciso nel 1997.
In questo quadro, nel tentativo di continuare a investigare sul passato per capire cosa accada nel presente, se potete dirci qualcosa anche su questo personaggio. Grazie.
STEFANIA PRESTIGIACOMO. Grazie, presidente, innanzitutto anch'io ringrazio il procuratore e gli aggiunti per l'audizione, per il tempo che ci hanno dedicato e anche per il quadro e le tante informazioni che ci hanno fornito.
La mia domanda è di carattere generale, ma aiuta a contestualizzare il lavoro che state portando avanti negli ultimi mesi. Voi avete parlato di questo collegamento tra organizzazioni criminali, mondo della massoneria invisibile e pezzi delle istituzioni e della politica.
Io vengo dal sud, quindi conosco le caratteristiche dell'uomo politico del sud, soprattutto quello potente, in quanto spesso l'uomo politico del sud è potente a prescindere, però è anche vero che, poiché questi collegamenti con il mondo politico devono fruttare qualcosa, anche i cambi di casacca vanno letti in questo quadro.
Il dottor Lombardo ha fatto dei nomi che fanno parte della storia politica del mio partito, ci sono delle indagini, ma non è di questo che voglio parlare, sono tre persone, alcune delle quali io ho conosciuto, una meno, sulle quali personalmente mi sono fatta una mia opinione, ma non è questo il punto.
In Calabria la stagione politica è cambiata, sia il governo della città che il governo della regione, le organizzazioni criminali continuano ad avere il loro fatturato. Queste indagini che state portando avanti investono l'uomo politico potente a prescindere, che poi magari gabba anche i vertici del proprio partito, perché è capace camaleonticamente di collocarsi dove gli è più utile, e spesso accade che i vertici nemmeno conoscano esponenti a livello locale del proprio partito, anche se questo non giustifica e non assolve.
Le stagioni politiche cambiano, ma a che punto sono le indagini oggi rispetto alla presenza di esponenti politici in questa catena, dove c'è sempre l'anello della politica? Ovviamente mi può rispondere in maniera riservata.
LAURA GARAVINI. Grazie, presidente, alcune domande molto puntuali. Mi aggiungo anch'io ai colleghi che mi hanno preceduto nel complimentarmi non soltanto per la relazione, ma soprattutto per il lavoro che in poche ore ci avete illustrato, ma che è il frutto di un'analisi e di un lavoro pluriennale. Pag. 17
Proprio in questo senso volevo chiedere se sia identificabile l'arco temporale che queste 52 indagini vanno a coprire, perché altrimenti si rischia di confondere la scansione degli eventi e delle responsabilità.
Credo, presidente, che laddove non ci siano ancora agli atti sia utile che la Commissione provveda ad acquisire le diverse indagini, perché dall'analisi dei procuratori mi pare di capire che siano di estrema rilevanza, al punto da poter dare una chiave di lettura nuova e diversa rispetto a quella pluridecennale caratteristica delle mafie di origine italiana oggi, dunque credo che sia importante che come Commissione antimafia le andiamo ad acquisire.
Anche se mi rendo conto di distrarre l'attenzione dalle peculiarità che ci avete indicato, mi farebbe piacere conoscere anche le proiezioni internazionali, specialmente perché da quanto ci diceva il procuratore Lombardo la presenza della massoneria gioca un ruolo importante anche per il conseguente riciclaggio di proventi derivanti dalle varie attività criminali, dunque mi viene da pensare che le proiezioni delle nostre mafie all'estero possano essere nella chiave di lettura di riciclaggio di denaro sporco. Se su questo ci potesse essere un focus più specifico sarebbe di particolare interesse.
Vorrei sapere inoltre se tra le diverse attività messe in campo in particolare dalla ’ndrangheta ma non solo siano emerse anche truffe a danno dell'Unione europea. Questo sarebbe per noi di particolare interesse, dal momento che con il Comitato relativo alla presenza e alla ramificazione delle mafie di origini italiane all'estero stiamo facendo un focus proprio su questo aspetto.
ERNESTO CARBONE. Anch'io, presidente, mi associo ai ringraziamenti dei miei colleghi soprattutto per il lavoro che i tre magistrati svolgono in una regione difficile come la Calabria.
Brevemente, dalle vostre parole ho avuto una sensazione (magari sbagliata): è come se fosse già tutto scritto. Quando il dottor Lombardo dice «smontare e rimontare» le indagini e fa riferimento a interrogatori e a processi di dieci, quindici o venti anni fa, la sensazione è che fosse già tutto scritto, ma evidentemente prima non fosse stato visto. Vorrei sapere se abbiate mai accertato responsabilità di chi ha condotto quelle indagini quindici – venti anni fa (la risposta potrebbe essere segretata qualora ci siano indagini in corso).
FRANCO MIRABELLI. Grazie, presidente, vi ringrazio molto per il lavoro che state facendo. Questa audizione è stata molto importante, perché sono emerse almeno tre cose su cui dovremo riflettere.
Sottolineo la prima perché mi pare che anche le domande dei colleghi che mi hanno preceduto richiedano questa sottolineatura. Mi pare che rispetto alla vicenda di Reggio Calabria ci sia qualche segnale di una migliore collaborazione con l'amministrazione comunale (la rotazione degli incarichi, la collaborazione), per cui vorrei sottolinearlo.
Sul rapporto con la massoneria, che mi pare un tema fondamentale, vediamo se ho capito: gli ’ndranghetisti si iscrivono alla massoneria, anche alle logge scoperte, per avere una sorta di status, ma quelli che contano e hanno interesse a restare segreti non vanno ricercati nelle logge scoperte.
C'è un'associazione segreta, che ricalca le modalità di funzionamento della massoneria delle logge coperte, che però probabilmente sarà composta solo, come diceva il procuratore, da persone legate alla ’ndrangheta, perché dubito che la ’ndrangheta faccia riferimento a un livello segreto riservato di cui facciano parte anche altri, oltre alle persone legate a quell'organizzazione.
Credo che questo sia interessante, perché distingue l'inchiesta, la ricerca sulle logge scoperte, la massoneria, il GOI, dal ragionamento sulla parte riservata e l'organizzazione riservata che si sta scoprendo.
L'altro è un aspetto su cui vorrei capire a che punto di convinzione siate arrivati, perché il dottor Lombardo ha insistito molto sull'unitarietà delle mafie. Vorrei capire se stiamo dicendo che c'è un livello riservato, che in qualche modo si connette con tutte le organizzazioni mafiose, o se ragioniamo sul fatto che stiamo andando a un'omologazione, perché rispetto a molte delle inchieste Pag. 18 che stiamo facendo, ai rapporti della Direzione nazionale antimafia e delle distrettuali non sempre abbiamo colto un'omologazione tra le diverse organizzazioni, tra ’ndrangheta, camorra e mafia c'è sempre stata una differenza almeno operativa anche al nord, dove operano.
Vorrei capire quindi che livello di approfondimento ci sia su questo tema, che definisce un'innovazione rispetto all'analisi, perché è la prima volta che qui ragioniamo su un'unitarietà così forte, come quella di cui ha parlato il dottor Lombardo, tra le diverse organizzazioni mafiose.
ERNESTO MAGORNO. Ringrazio anch'io i magistrati qui presenti, molte delle cose che avrei voluto chiedere sono state già dette dai colleghi che mi hanno preceduto.
Dalla descrizione che abbiamo ascoltato si comprende che c'è un quadro molto compromesso nella nostra regione, nella provincia di Reggio e nella città. Quanto potrebbe essere utile alla magistratura reggina un potenziamento degli organici? Ne abbiamo parlato anche in altre occasioni, nelle visite fatte dalla Commissione in prefettura: quanto potrebbe decongestionare, quanto potrebbe aiutare l'opera della magistratura nella condizione in cui versa il tessuto sociale della città di Reggio?
PRESIDENTE. Questa domanda dell'onorevole Magorno ha avuto da parte della Commissione una risposta in una relazione in cui abbiamo documentato la necessità di rafforzare gli organici, ma il procuratore ci ha detto che qualcosa si sta muovendo.
Adesso passo la parola al procuratore e ai suoi aggiunti, naturalmente mi unisco ai ringraziamenti, però chiedo a loro e a noi quanto tempo abbiamo a disposizione perché, se il pomeriggio è a disposizione per tutti, lavoriamo fino ad esaurimento. I senatori possono restare fino alle 17.30, vediamo se riusciamo a concludere, altrimenti chiederemo agli auditi di tornare oppure continueremo a Reggio Calabria.
Sul tema internazionale aggiungo che siamo stati in Canada. Anche lì c'è una provincia calabrese e c'è già un collegamento con cosa nostra, quindi non ci sono anticorpi, e anche sui latitanti già localizzati dall'Italia al Ministero di giustizia ci hanno detto poco.
Ci è giunta l'ennesima notizia dell'aggressione ai beni confiscati, che si è molto acuita negli ultimi tre giorni. Volevamo capire a cosa si attribuisce tutto questo.
L'ultima domanda la faccio in segreta e poi vi passo la parola. Propongo di passare in seduta segreta.
(Così rimane stabilito. I lavori procedono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).
FEDERICO CAFIERO DE RAHO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria. Per quanto riguarda i rapporti tra rete segreta e massoneria cui ha fatto riferimento l'onorevole, si è detto che la massoneria, quella ufficiale, è servita da oltre vent'anni molto più alla ’ndrangheta per inserirsi e infiltrarsi nel territorio, quasi tutte le cosche hanno scelto dei loro esponenti spendibili.
Si tratta di ’ndranghetisti che vanno in giacca e cravatta, che entrano e si iscrivono, quindi non per questo la ’ndrangheta diventa di per sé riconoscibile e la loggia massonica evidentemente inquinata: la loggia massonica continua ad adoperare con soggetti di ’ndrangheta, a volte sapendolo, a volte non sapendolo.
Sono d'accordo che non possono non sapere, ma questa è un'affermazione che il dottor Lombardo non intendeva sicuramente sostenere: il primo nostro dovere è quello di accertare e dubitare sempre, anche quando riteniamo di aver acquisito un quadro ineccepibile temiamo sempre che qualcosa ci sia sfuggito.
È proprio per questo che Mammasantissima ha avuto così pochi arresti rispetto ad un quadro di oltre duemila pagine che coinvolge tantissime persone, ed è per questo che anche per le altre indagini che hanno un rilievo straordinario gli arresti sono stati veramente centellinati. In ogni misura, in ogni indagine per la quale si è arrivati a un'ordinanza di custodia cautelare sono state sei, sette, massimo otto le persone tratte in arresto, proprio perché come lei diceva, onorevole, noi prestiamo la Pag. 19massima attenzione, mai penseremmo di poter commettere un errore, né mai lasceremmo il dubbio o il pericolo di un errore al giudice. Il giudice è un altro giudice: noi siamo il primo giudice degli atti e delle indagini che facciamo.
Primo punto: c'è una diversità fra rete segreta e massoneria ufficiale e questa componente riservata, che è fatta di persone invisibili, ma sono invisibili non alle indagini, sono invisibili a tutti. È chiaro che per riconoscerli servono indagini particolarmente prolungate e profonde.
In relazione al territorio il dottor Lombardo non voleva certamente dire che siamo arrivati a sostenere l'unitarietà delle mafie, questo è impensabile perché cosa nostra non è la ’ndrangheta, la ’ndrangheta non è la camorra, ogni organizzazione ha una propria struttura, ha una configurazione, il tutto naturalmente non ci è noto in pieno, per cui quando andiamo ad approfondire la ’ndrangheta ci chiediamo perché solo alcuni collaboratori di giustizia ci abbiano parlato di determinate riunioni, ad esempio la riunione che ha visto partecipare alcuni esponenti della ’ndrangheta e alcuni emissari di cosa nostra prima degli omicidi dei carabinieri. Perché di questo non ci hanno parlato tutti, ma soltanto alcuni, dopo che abbiamo spinto per capire cosa fosse avvenuto, perché avevamo un tema ben specifico da approfondire?
È evidente che esiste una parte che non è nota ed esistono anche nella ’ndrangheta soggetti che conoscono, ma possono conoscere per essere i vertici storici o per essere stati in un certo momento coloro che da autisti hanno accompagnato i loro capi, e, a seconda del soggetto che poi è in grado di riferire, noi riusciamo ad acquisire un segmento minuscolo o invece un'area di conoscenza molto ampia.
Ancora non abbiamo chi ci riferisce un'area di conoscenza molto ampia, al momento abbiamo sempre avuto chi ci riferisce un segmento minuscolo. Probabilmente, quando il collaboratore di giustizia ha iniziato a collaborare (mi riferisco ad alcune fonti che risalgono nel tempo, anche a vent'anni fa) non ha ritenuto utile parlare di quel segmento, perché quasi gli sfuggiva, o il magistrato che ascoltava poteva non ritenere utile annotare che in un certo giorno quel soggetto aveva accompagnato il suo capo in Calabria, perché era soltanto un viaggio. Quel viaggio però diventa importante nel momento in cui si ricostruisce uno scenario o si parte da un qualcosa da trovare.
L'unitarietà non solo non è dimostrata, ma non è nemmeno sostenuta. Quel che si voleva dire è che ci sono dei collegamenti fra ’ndrangheta e cosa nostra che a volte sono stati molto importanti, tanto da determinare l'adesione a vere e proprie strategie, che in certi momenti hanno finito per rendere le due formazioni criminali unitarie nella finalità, ma che poi l'evoluzione della scelta ha visto separarsi.
Si parlava dei movimenti autonomisti, delle varie leghe del sud che si erano formate, e vi è stata un'evoluzione paritetica da un lato in Sicilia e dall'altro in Calabria, e queste evoluzioni sono state sostenute sia da cosa nostra che dalla ’ndrangheta. C'era ad esempio Calabria Libera, un movimento che voleva la Calabria separata, i movimenti separatisti erano dei progetti condivisi dalle organizzazioni che finivano per incontrarsi su questo punto, che per loro era importante perché attraverso il conseguimento del governo di quei movimenti si sarebbe riusciti a migliorare la posizione delle stesse organizzazioni criminali, che avrebbero avuto maggior potere.
Vorrei però che venisse sgomberato il campo dal dato «unitarietà delle mafie», perché questo non è assolutamente provato, è solo la spinta che abbiamo ad approfondire il tema dei rapporti tra cosa nostra e ’ndrangheta.
Devo anche dirle che i rapporti fra le procure distrettuali sono molto stretti e gli scambi informativi di atti sono frequentissimi, in tre anni ho partecipato ad almeno 90 riunioni di coordinamento presso la DNA e non ho partecipato nemmeno a tutte le riunioni di coordinamento! Questo evidenzia come siano frequentissimi i temi nei quali si condividono le indagini.
Può essere capitato che qualche magistrato non abbia dato gli atti, cosa che in genere viene stigmatizzata nelle sedi opportune, Pag. 20 o che siano arrivati in ritardo, ma il metodo di lavoro nelle DDA con il coordinamento della Direzione nazionale antimafia è quello del coordinamento assoluto e dello scambio di atti e di conoscenze, a partire dall'inserimento degli atti nella banca dati SIDDA/SIDNA, che per quanto riguarda Reggio Calabria curo personalmente, considerando di volta in volta, mese per mese quanti atti sono stati inseriti e quanti sono i procedimenti iscritti, e via via l'aggiornamento.
Scrivo continuamente a tutti i magistrati che il coordinamento e la conoscenza condivisa sono alla base del funzionamento delle DDA e della DNA. Credo quindi che sia stata un'eccezione se qualcuno ha accolto un grido di allarme circa il mancato collegamento.
Il senatore Giarrusso ha accennato alla possibilità di fare ricerche sulle logge transnazionali, in verità non abbiamo fatto rogatorie sotto questo profilo, se non in relazione al GOI per quanto riguarda il Grande oriente d'Italia e l'affermazione che era stata acquisita in ordine all'inserimento di tantissimi nominativi calabresi facenti parte della ’ndrangheta. Un accertamento più approfondito è stato fatto in relazione a questo dato specifico, ma non in modo generalizzato presso tutte le sedi delle massoneria, cosa peraltro impossibile.
Con gli altri Paesi, in particolare con Olanda e Germania, per quanto attiene alle indagini, soprattutto quelle che riguardano il riciclaggio e il traffico internazionale di stupefacenti, è stato attivato un canale molto attivo attraverso Eurojust ed Europol anche con la partecipazione della DNA. Personalmente ho partecipato a due riunioni a settembre e ad ottobre con questi due Paesi, ed è significativa anche la collaborazione con il Canada, da cui abbiamo avuto una risposta a una nostra importante rogatoria, così come il Canada ha avuto da noi atti importanti.
Il lavoro che viene fatto è un lavoro enorme proprio perché la ’ndrangheta a livello internazionale ha rapporti con tutti i territori degli Stati esteri, non solo in Europa. Con gli Stati Uniti, con la DEA siamo in continuo contatto per tantissime indagini, come anche con la Spagna, la Colombia, l'Argentina, la Bolivia, Panama. Per quanto riguarda il traffico internazionale di stupefacenti abbiamo collegamenti che consentono agli uomini della rete investigativa che opera con la procura distrettuale di Reggio Calabria di alzare il telefono e parlare direttamente con un corrispondente.
Quello che è necessario per combattere e contrastare la ’ndrangheta è la velocità, la tempestività. La rogatoria è troppo lenta, una richiesta scritta è troppo lenta, quando sappiamo che un carico sta partendo da Panama, si chiama e si dice: «guarda, c'è questo container, vai a vedere se effettivamente c'è qualcosa». Loro vanno e così hanno sequestrato anche i container.
PRESIDENTE. Propongo di passare in seduta segreta.
(Così rimane stabilito. I lavori procedono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).
PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 18.