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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

III Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 21 di Mercoledì 26 ottobre 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 2 

Audizione della Segretaria Generale del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Ambasciatrice Elisabetta Belloni (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento) :
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 2 ,
Rabino Mariano (SCCI-MAIE)  ... 3 ,
Belloni Elisabetta , Segretaria Generale del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 3 ,
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 8 ,
Garavini Laura (PD)  ... 8 ,
Schirò Gea (PD)  ... 8 ,
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 9 ,
Nicoletti Michele (PD)  ... 9 ,
Manciulli Andrea (PD)  ... 9 ,
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 10 ,
Belloni Elisabetta , Segretaria Generale del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 10 ,
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Scelta Civica verso Cittadini per l'Italia-MAIE: (SCCI-MAIE);
Civici e Innovatori: (CI);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri;
Misto-Movimento PPA-Moderati: Misto-M.PPA-Mod.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
FABRIZIO CICCHITTO

  La seduta comincia alle 13.50.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione della Segretaria Generale del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Ambasciatrice Elisabetta Belloni.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione della Segretaria Generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Ambasciatrice Elisabetta Belloni.
  Sono lieto di dare il benvenuto all'Ambasciatrice, audita oggi nella sua qualità di Segretaria Generale della Farnesina, ruolo che ricopre dal 5 maggio 2016, allorquando è subentrata all'Ambasciatore Michele Valensise, che colgo l'occasione per salutare e ringraziare a nome della Commissione.
  La richiesta di questa audizione è frutto di una sollecitazione emersa, da ultimo, nel contesto dei lavori del Comitato per la riforma delle strutture istituzionali della politica estera, presieduto dal collega Mariano Rabino, e subito condivisa da tutto l'Ufficio di presidenza della Commissione, nell'intento di fare un punto sullo stato dell'amministrazione degli affari esteri, in ragione della crescente importanza che il Corpo Diplomatico riveste nel dibattito di politica estera e nella complessa fase internazionale in atto.
  È una centralità che deriva, innanzitutto, dal suo essere strumento fondamentale della politica estera di un Paese. Oggi si tratta di un corpo di servitori dello Stato destinatari di una responsabilità assai rilevante, riguardante il ruolo dell'Italia nel mondo e la proiezione esterna dell'insieme delle politiche pubbliche, dall'attuazione di scelte di politica economica alla gestione della sicurezza interna ed esterna: dall'amministrazione con criteri manageriali di importanti progetti di cooperazione alla creazione di condizioni competitive per promuovere investimenti e commesse all'estero. Il tutto in aggiunta alle funzioni tradizionali integrate da tempo dall'aspettativa che la diplomazia contribuisca alla realizzazione di una Pubblica Amministrazione efficace ed efficiente.
  A questo proposito, voglio anche aggiungere che mi auguro che una recente delibera del Consiglio di Stato abbia fatto grazia di un'ipotesi di riforma contenuta nella pur positiva riforma della Pubblica Amministrazione, che metteva in questione la linearità di un processo che finora ha avuto successo. Mi riferisco al fatto di costruire la carriera della nostra diplomazia su concorsi che hanno avuto una linearità e hanno fatto sì che abbiamo avuto – al netto di elementi di aristocraticismo, elitarismo e snobismo – un corpo della nostra diplomazia all'altezza dei problemi. Complicare questo meccanismo con forme di passaggio da altri settori della Pubblica Amministrazione sarebbe, secondo me, una scelta assolutamente sbagliata e negativa. Ci auguriamo, quindi, che questa partita sia stata chiusa dal deliberato del Consiglio di Stato.
  Lo dico anche perché, per ragioni di politica sia interna sia estera, la domanda che dobbiamo rivolgere alla nostra diplomazia è più impegnativa di quella del passato, anche in riferimento a qualche episodio avvenuto recentemente che avrà la Pag. 3sua eco oggi nel question time della Camera.
  Si tratta, infatti, di episodi di conformismo, di automatismo e di pigrizia che non sono più possibili per ragioni di politica sia interna sia estera.
  Lo dico molto francamente. Nel momento in cui una parte, anche se minoritaria, delle forze politiche italiane reputa che le migrazioni siano invasioni o che ci sia una identità fra islamismo e terrorismo, per chi non condivide questa ipotesi – ed è la maggioranza in questo Parlamento e nel Governo – occorre una diplomazia che non sia in nessuna occasione subalterna ad automatismi, derivanti da maggioranze che esistono all'ONU, all'UNESCO e in altre sedi, che mettono in moto meccanismi che complicano maledettamente le cose rispetto a un'esigenza di chiarezza.
  Aggiungo, per altro verso, che c'è un quadro generale di politica estera che si complica molto. Non penso solo al Mediterraneo, ma più in generale al confronto conflittuale fra gli USA e la Russia da un lato e gli USA, la Russia e la Cina dall'altro, mentre emergono molti interrogativi sul ruolo dell'Europa e sull'esistenza o meno di una sua politica estera.
  L'Ambasciatrice Belloni è una profonda conoscitrice della macchina della Farnesina. Ha già avuto responsabilità assai significative, quindi può dirci cose molto interessanti in questo quadro.
  Ricordo che l'Ambasciatrice è stata già audita nella sua attuale funzione per la prima volta nel maggio 2016, in congiunta con il Senato, nell'ambito dell'esame di un atto del Governo sulla riorganizzazione del Ministero a seguito dell'entrata a pieno regime della riforma della cooperazione allo sviluppo, vale a dire in occasione di uno degli snodi recenti più rilevanti per l'evolvere del ruolo della nostra diplomazia.
  Fatte queste brevi e schematiche permesse, chiedo al collega Rabino se voglia aggiungere qualcosa, dopodiché darei subito la parola all'Ambasciatrice, anche perché, visto l'andamento sempre disgraziato dei nostri lavori, siamo abbastanza compressi.

  MARIANO RABINO. Voglio dire, presidente, che Lei ha è stato esaustivo e completo. Darei, quindi, la parola all'ospite di oggi, l'Ambasciatrice Belloni, e poi ai colleghi commissari la possibilità eventualmente di interloquire.

  ELISABETTA BELLONI, Segretaria Generale del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Vi ringrazio di cuore. Chi mi conosce sa quanto io tenga al confronto con il Parlamento, in particolare con la Commissione affari esteri, perché noi amministratori della macchina ne abbiamo sempre tratto un grande beneficio, anche nel nostro operare quotidiano.
  Credo che la riflessione che facciamo insieme oggi sia particolarmente utile nel momento in cui stiamo predisponendo la legge di bilancio, che anzi è già predisposta e a breve atterrerà sopra le vostre scrivanie.
  Come ha ricordato il presidente in maniera molto esaustiva, la politica estera è un investimento sempre più – è sotto gli occhi di tutti – a tutela degli interessi nazionali.
  A seguito della consapevolezza, crescente nella diplomazia italiana, dell'esigenza di soddisfare gli interessi strategici del nostro Paese sono state promosse, negli ultimi anni, una serie di riforme significative, che avevano come obiettivo il miglioramento della nostra efficacia e della nostra capacità di intervento, rispondendo alle sfide che il mondo moderno ci pone e che si collocano in un contesto internazionale di grande disordine – bisogna ammetterlo – e di incertezze globali.
  Le sfide sono una stagnazione economica che non ha precedenti che possiamo ricordare; il terrorismo; la deglobalizzazione che si accompagna all'affermazione della globalizzazione stessa; gli Stati Uniti che hanno gradualmente abbandonato il ruolo di «poliziotto» dietro il quale ci siamo a lungo riparati; una Russia che è sempre più assertiva, a titolo di esempio cito l'Ucraina e la Siria, ma anche una Cina che, seppur gradualmente, sta affermando il suo ruolo globale.
  Sono appena rientrata dal Pakistan, dove sono rimasta colpitissima dall'alleanza Pag. 4 che si sta consolidando in un'ottica cinese di proiezione verso l'Oceano Indiano.
  Abbiamo, ancora, il fallimento degli Stati, che è sotto gli occhi di tutti in Iraq, Siria, Libia e Somalia; il fenomeno dell'immigrazione; la crisi della coesione degli Stati membri dell'Unione europea e la Brexit. Potrei andare avanti, ma credo che sia sufficiente.
  Tutto questo ha comportato, per noi diplomatici, la consapevolezza di dover adattare la nostra azione, soprattutto sul piano amministrativo, in conformità con gli indirizzi del Governo, alla tutela dei nostri interessi nazionali.
  Il Ministro Gentiloni ha chiaramente fatto capire al Corpo Diplomatico che, a fronte delle priorità strategiche che conosciamo e che man mano andiamo affinando, vi è una forte necessità di incidere con un'azione propositiva.
  Proprio per il fatto che sono cambiati questi equilibri, la crisi europea, il ricollocamento degli Stati Uniti e l'azione della Russia comportano che l'Italia, pur mantenendo le priorità tradizionali (Europa, atlantismo e proiezione del Mediterraneo), debba assumere una capacità propositiva molto più incisiva.
  In questo contesto si sono collocate le iniziative che conoscete: cito la nuova edizione della conferenza sul Mediterraneo, il ruolo di leadership in Libia e così via. Non sto a ricordarlo a voi, anche a causa della ristrettezza dei tempi.
  Come abbiamo cercato di adattare gli strumenti a disposizione a fronte di queste sfide e delle esigenze che ho appena delineato?
  Innanzitutto, c'è l'esigenza di adattare gli strumenti alle priorità, agli interessi nazionali di politica estera e a una sempre crescente domanda di servizi, che non sono rivolti soltanto alla pur ampissima comunità degli italiani che risiedono all'estero, ma anche alle imprese e al mondo della cultura, ovvero a favore della proiezione esterna del nostro Paese.
  Tutto questo accade in un contesto di risorse finanziarie e umane via via decrescenti e sempre più ristrette.
  La rete è lo strumento essenziale attraverso il quale opera la diplomazia. Si tratta di una rete che si deve occupare di sicurezza non soltanto politico-militare, ma anche economica e finanziaria. Pensate all'approvvigionamento di materie prime, all'ambiente, all'energia e quant'altro.
  Si deve occupare, inoltre, di crescita, promozione dell’export e attrazione degli investimenti, e di tutelare la posizione italiana, così come viene esplicata nei contesti internazionali e in primis presso le Nazioni Unite. Non è un caso che abbiamo fatto una campagna molto assertiva per il Consiglio di Sicurezza.
  Infine, come dicevo, la rete deve occuparsi dei servizi per i connazionali e l'impresa. Come sapete, abbiamo circa 5 milioni di italiani iscritti all'AIRE, con 280.000 passaporti rilasciati all'anno.
  Non faccio raffronti con gli altri Paesi perché è un discorso che abbiamo già fatto in questo contesto e che conoscete benissimo. Ricordo soltanto che siamo il fanalino di coda, con circa 2,4 miliardi di euro in base alla legge di bilancio vigente.
  Per coloro che seguono questa vicenda sembrerebbe quasi ci sia un incremento rispetto agli anni passati, ma di ciò non si tratta perché un capitolo di 500 milioni che apparteneva al MEF è stato trasferito al Ministero degli affari esteri. Mi riferisco al fondo FES, che è una partita di giro che va in Europa, cosa che, però, ha fatto sì che il nostro bilancio sia formalmente aumentato e quello del MEF diminuito.
  Per fortuna – lo dico avendo fatto anche il direttore generale della cooperazione – il Governo ha deciso di aumentare l'aiuto pubblico allo sviluppo. Maggiori risorse per l'aiuto pubblico allo sviluppo (APS) comportano, però, nel complesso, un aumento del bilancio del Ministero degli affari esteri.
  Pertanto, il bilancio di cui dispone la Farnesina sembra essere di 2,4 miliardi, mentre in realtà il bilancio «operativo» ammonta a circa 800 milioni. Il resto sono partite di giro, contributi alle Nazioni Unite e APS. Insomma, è una cifra veramente irrisoria, se pensate che comprende anche gli stipendi del personale. Pag. 5
  A fronte di un bilancio estremamente esiguo, siamo un'amministrazione che produce utilità.
  La nostra Direzione generale per la promozione del sistema Paese ha promosso uno studio molto interessante, che sarebbe forse utile illustrare in Commissione appena sarà disponibile, spero all'inizio del 2017, nel quale cerchiamo di quantificare in termini di maggiori entrate il contributo della diplomazia alle commesse delle imprese che operano all'estero, cioè quanto l'azione diplomatica ha influito per l’export e per l'attrazione degli investimenti.
  Soprattutto, produciamo utili di bilancio attraverso le entrate delle percezioni consolari e dei visti e – ne parleremo a breve – con la vendita degli immobili. Menziono questi perché sono i settori sui quali abbiamo puntato fortemente per incrementare la nostra capacità operativa e la nostra efficacia di intervento.
  Abbiamo contribuito alla riduzione della spesa pubblica. Anche su questo non voglio soffermarmi perché ne abbiamo parlato in altre sessioni. Abbiamo ristrutturato, cercando di corrispondere all'esigenza di partecipare alla spending review, quindi abbiamo tagliato. Tuttavia, il taglio per noi è stato uno strumento – ci tengo a sottolinearlo – per ristrutturare in senso di maggiore efficacia anche la nostra rete.
  C'è stato un dibattito anche acceso che si è svolto proprio in quest'aula. Chiudere sedi non è l'obiettivo del Ministero degli affari esteri. Posto che abbiamo dovuto farlo a causa della spending review, abbiamo cercato di farlo razionalizzando e riorientando, cioè usando le risorse in quelle locazioni che maggiormente ci consentono di corrispondere agli interessi strategici del nostro Paese.
  È un processo che è ancora in corso e che faremmo sempre di più. Sono molto contenta che dopo la fase che ci ha costretto a chiudere ben 63 sedi, finalmente, proprio nei giorni scorsi, abbiamo cominciato a fare un'azione di ristrutturazione e di riorientamento che prevede l'apertura di alcune sedi.
  A luglio abbiamo inaugurato la nostra sede ad Ulan Bator. Abbiamo riaperto Santo Domingo, ma soprattutto abbiamo aperto in Niger e in Guinea Conakry, Paesi chiave anche in un'ottica di crisi migratoria.
  La razionalizzazione degli strumenti comporta anche una revisione delle nostre disponibilità in termini di patrimonio demaniale. Il Ministero degli affari esteri è un'amministrazione che ha molte risorse da questo punto di vista. Abbiamo moltissimi immobili, di cui molti in condizioni disastrate, che necessitano investimenti. Stiamo facendo un'azione di identificazione. In verità, siamo a buon punto perché abbiamo identificato le strutture che rimangono indispensabili per il nostro funzionamento e per la proiezione anche dell'immagine del nostro Paese, ma abbiamo anche identificato le strutture che possono essere alienate, ricavando delle risorse che vanno a bilancio dello Stato.
  Vi è poi anche un'azione alla quale tengo moltissimo che è quella di riassegnazione di parte delle risorse per consentirci il mantenimento di quelle strutture che, invece, devono rimanere patrimonio del Ministero e a tal fine essere adeguatamente mantenute.
  Vi sono state – lo sapete bene perché abbiamo parlato anche di questo – delle riforme che hanno riguardato il personale del Ministero. Non voglio ritornarvi.
  Tengo solo a sottolineare che, proprio nel quadro della «riforma Madia» della dirigenza, il Ministero degli affari esteri è fra le amministrazioni che ha promosso – siamo anche qui a uno stato molto avanzato – una revisione delle componenti accessorie di retribuzione del personale. Il 25 per cento, quindi un quarto, dello stipendio dei dirigenti, anche dei diplomatici, viene subordinato a una valutazione meritocratica. Mi riferisco alla cosiddetta «componente di risultato». Siamo, infatti, fra le amministrazioni che hanno la percentuale maggiore di «componente di risultato». Questo comporta una revisione dei sistemi di valutazione, che devono essere molto più trasparenti, e soprattutto una differenziazione corrispondente alla valutazione di merito. Pag. 6
  Un nuovo elemento che stiamo introducendo – confesso, non senza difficoltà da parte soprattutto dei sindacati – è il profilo unico del personale. A fronte del poco personale a disposizione, si tratta di cercare di unificare le capacità operative del nostro personale e utilizzarlo trasversalmente. Questo ci permette, soprattutto nelle sedi più piccole, di poter coprire diversi settori con un'unica figura, ovvero con un'unica unità lavorativa.
  Questo comporta, anche da parte nostra, un forte impegno di formazione. Bisogna, infatti, formare il personale a saper fare più cose, quindi svincolare il grado dalla funzione, puntando, appunto, sulla formazione.
  Mi duole moltissimo – lo dico in tutte le occasioni, quindi il presidente mi perdoni se lo dico anche qui – la soppressione dell'Istituto diplomatico, che è, a mio modestissimo avviso, un errore che è stato fatto recentemente e che toglie al Ministero uno strumento importantissimo per formare il proprio personale.
  C'è una specificità del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, non solo della carriera diplomatica, perché anche i dirigenti amministrativi e le aree funzionali devono sapere cosa vuol dire fare pratiche consolari, export, attrazione degli investimenti dall'estero o parlare più di una lingua.
  Ebbene, tutto questo era un compito che svolgeva, con 450.000 euro l'anno (quindi con niente) l'Istituto diplomatico e temo che non sia parimenti efficace l'azione che, invece, è stata affidata alla Scuola nazionale dell'Amministrazione. Mi duole sottolineare che, se vogliamo portare a casa il profilo unico, dovremmo fare uno sforzo aggiuntivo perché è venuto meno uno strumento molto importante.
  È fondamentale il parere che ci ha dato l'ARAN – non lo leggo per mancanza di tempo – a fronte di alcuni sindacati che si oppongono al profilo unico. Il parere che abbiamo acquisito è del tutto favorevole perché è pienamente sulla linea che abbiamo promosso.
  Riguardo alla spending review, ho accennato alla composizione delle risorse del Ministero degli affari esteri. Vorrei aggiungere una parola sulla cooperazione, che è una fetta importante del nostro bilancio.
  La legge sulla cooperazione allo sviluppo ormai è in vigore. L'Agenzia, come sapete, è pienamente operativa. Rimangono due elementi sui quali terrei ad attirare la vostra attenzione.
  Il primo riguarda il famoso concorso per i profili che devono lavorare presso l'Agenzia. Uno dei presupposti della riforma – guardo alcuni di voi che hanno lavorato su questa materia – era il fatto che la cooperazione non aveva le professionalità tecniche specifiche in grado di garantire le progettualità che sono demandate alla cooperazione stessa, per cui se non si fa il concorso per assumere queste figure viene meno un elemento fondamentale della legge che avete approvato. Quindi, mi auguro che con la legge di bilancio finalmente si possa autorizzare il concorso.
  Mi permetta, presidente, di ringraziare la Commissione affari esteri per il ruolo che ha svolto su questo punto specifico, che è stato per noi particolarmente utile.
  L'altro punto riguarda la cooperazione. Mi auguro vengano formalizzate le norme per consentire a Cassa depositi e prestiti di mobilitare i propri fondi ai fini di cooperazione. Avere introdotto Cassa depositi e prestiti nella legge sulla cooperazione è stata una grande innovazione, ma è necessario che ci sia il passo successivo per rendere queste attività pienamente attuabili.
  Sulle percezioni consolari, conoscete le cifre, quindi non voglio sottrarre ulteriore tempo a questa audizione. Tuttavia, vi invito a leggere l'annuario statistico che abbiamo appena pubblicato perché è uno strumento utile non solo per rendersi conto di come sono suddivise le percezioni, ma anche per avere un'indicazione dell'importanza di queste entrate per il bilancio dello Stato.
  Come sapete, una quota parte delle percezioni consolari vengono riassegnate al Ministero degli affari esteri proprio per rafforzare le attività consolari stesse e il nostro operato nel settore consolare, ma Pag. 7non ci risulta che siano stabilizzate le riassegnazioni che corrispondono al differenziale delle entrate nel 2015 relative al 2014. Si tratta di circa 7 milioni.
  So anche che l'onorevole Porta ha molto insistito per la riassegnazione delle entrate sulla tassazione per le cittadinanze. Naturalmente, il Ministero degli affari esteri sarebbe ben felice di poter usufruire anche di questa quota per poter rafforzare le proprie capacità in questi settori. Vi è, però, come sapete benissimo, una chiusura da parte del MEF. Tuttavia, tengo a sottolineare che non è sufficiente avere le risorse. Insomma, le risorse sono, ovviamente, importanti, ma se continua il blocco del turnover, cioè l'impossibilità di aumentare il personale, possiamo avere anche le risorse, ma poi non abbiamo chi materialmente può fare le pratiche. Allora, è del tutto evidente che risorse umane e finanziarie vanno di pari passo.
  Il «decreto Madia» contiene, in una sua parte, la possibilità di creare sezioni speciali della dirigenza. Noi stiamo valutando – anche qui siamo molto avanti – la possibilità di creare una sezione speciale esteri all'interno del ruolo unico dei dirigenti statali, proprio per salvaguardare quell'elemento di specificità a cui facevo prima riferimento.
  Sapete benissimo che si tratta di prevedere alcune prove specifiche, per l'accesso al Ministero degli affari esteri, su materie internazionalistiche, consolari, sul settore linguistico e soprattutto amministrative in quanto operare amministrativamente all'estero è evidentemente diverso dall'operare in Italia.
  Prima di concludere, vorrei spendere una parola sulla nuova legge di bilancio, che ha fatto sì che anche il Ministero degli affari esteri facesse la sua parte. Abbiamo offerto alcune idee per maggiori entrate, sempre lavorando nel settore degli immobili e dei tagli in quei pochi capitoli dove ancora esiste margine, anche se ormai siamo arrivati veramente agli sgoccioli.
  Abbiamo chiesto un rafforzamento della sicurezza. Questo è un tema importantissimo perché la sicurezza non riguarda solamente le nostre sedi, sulle quali abbiamo focalizzato la nostra attenzione in questi ultimi mesi, ma quella in generale degli italiani all'estero, quindi delle nostre imprese, degli italiani che vivono in determinati contesti, degli operatori di cooperazione e quant'altro.
  Sono contrarissima – lo dico francamente – al ricorso, come abbiamo dovuto fare, ai contractor locali perché le garanzie di sicurezza che possono dare i nostri Carabinieri, anche se costano di più perché vengono dall'Italia, sono un lusso che dobbiamo permetterci. Parliamo di pochi milioni. Nella finanziaria vi è una specifica richiesta per questo settore.
  Abbiamo previsto – ripeto – il concorso per cooperazione. Infine, vi è tutto il settore culturale, sul quale abbiamo un pacchetto interministeriale con la Ministra Giannini, il Ministro Franceschini e il Ministro Gentiloni. È stata presentata una progettualità per la maggiore proiezione culturale del nostro Paese all'estero. In questo contesto è previsto un concorso per assumere le figure della cosiddetta «area della promozione culturale» perché oggi ci troviamo nell'assurdità di avere più istituti di cultura rispetto alle persone che possono dirigerli. Pertanto, anche su questo bisogna fare una scelta molto precisa.
  Aggiungo una parola sugli enti gestori all'estero. Come sapete, a bilancio vi sono 6 milioni. Le esigenze, però, sono di 12, quindi la richiesta del Ministero degli affari esteri è quella di mettere a regime la cifra reale. Su questo mi sento abbastanza tranquilla perché so che posso contare anche sull'appoggio della Commissione.
  Abbiamo, inoltre, la scadenza del 4 dicembre, dunque il voto. Sapete benissimo che all'estero vi sono 4,1 milioni – questa è l'ultima cifra che stanno ancora affinando al Ministero dell'interno – di aventi diritto al voto rispetto ai 4,8 milioni iscritti all'AIRE.
  Si tratta di procedure che il Ministero degli affari esteri ha ormai consolidato nel corso degli anni. Peraltro, anche recentemente c'è stato il referendum sulle trivelle, quindi abbiamo una routine ormai consolidata. È ovvio che si tratta di sforzi notevoli Pag. 8 per la nostra rete, che si trova a dovere gestire un numero considerevole di votanti.
  Io mi fermerei qui. Ho cercato di essere breve, visti i tempi. Sono, comunque, a disposizione per i vostri quesiti.

  PRESIDENTE. La ringrazio per l'operazione non facile di combinare la sintesi con la complessità del quadro che abbiamo davanti. Do la parola ai colleghi che desiderino intervenire, pregandoli di provare a stare all'altezza della nostra interlocutrice, che è stata insieme sintetica ed esauriente.

  LAURA GARAVINI. Presidente, mi scuso con Lei e con la Segretaria Generale perché più tardi dovrò allontanarmi per essere presente in Giunta, dove ci aspettano votazioni. Mi dispiace, dunque, se non potrò essere presente nel momento della sua risposta.
  Vorrei complimentarmi per un'inversione di tendenza, anche rispetto a pochi anni fa, che dimostra il ruolo dell'Italia nel mondo, un'Italia capace, anche attraverso la propria rete diplomatico-consolare, di mettere in campo politiche che ne facciano, appunto, una protagonista nel mondo.
  È, dunque, un'inversione di tendenza che ci vede di nuovo Paese protagonista, in primis a livello europeo, ma anche sullo scenario internazionale per fungere sia da interlocutore privilegiato nel tentativo di sedare alcuni conflitti, sia da promotore non soltanto di aiuti umanitari, ma anche di stabilizzazioni in diverse aree di guerra.
  Tutto questo si manifesta, per quanto riguarda la rete diplomatico-consolare, in un'inversione di tendenza concreta rispetto agli ultimi anni, testimoniata dal fatto che non si procede con ulteriori chiusure, ma si inizia addirittura ad aprire nuove sedi, tra l'altro anche in località strategiche, come il Niger e la Guinea, che sono bacino di grossi flussi migratori nei confronti non soltanto dell'Italia, ma dell'intera Europa.
  Questa inversione di tendenza trova concreta esplicazione anche nella rete diplomatico-consolare, che ci vede, nonostante una necessità di spending review, impegnati, attraverso la legge di bilancio, a ripristinare tagli precedentemente previsti. Non possiamo non salutare in modo estremamente positivo il fatto che si continui a operare con l'apertura di sedi anche in località emergenti oppure che sono testimonianza di soluzione di problemi (penso in particolare al flusso migratorio).
  Mi risulta che la rete diplomatico-consolare sia impegnata anche rispetto a innovazioni che riguardano la prestazione di servizi non soltanto ai cittadini italiani all'estero, ma in generale per la promozione del sistema Paese all'estero.
  Le reti diplomatiche o consolari sono impegnate, in primis, nei processi di telematizzazione e di dematerializzazione dei servizi che interessano anche la Pubblica Amministrazione a livello nazionale. Su questo le vorrei porre un quesito per capire quale sarà la tempistica per la rete diplomatico-consolare all'estero. A livello nazionale si parla del termine di due anni. Ecco, si sarà nelle condizioni anche per quanto riguarda l'estero di mantenere un ritmo così spedito di dematerializzazione e di telematizzazione di un insieme di servizi?
  Se sì, quali potranno essere accessibili agli utenti all'estero, che siano cittadini residenti all'estero, imprese o altri utenti?

  GEA SCHIRÒ. Sarò breve. Non potrei aggiungere nulla di più o detto meglio di chi mi ha preceduto, quindi vado sul punto. Lei ha parlato delle nostre sedi di ambasciata. Mi ricollego a quanto detto dall'onorevole Garavini, che ha toccato il punto dei consolati. Ecco, la sua esposizione mi ha fatto venire in mente, coniugando l'esigenza della rappresentatività e della pervasività sul territorio, il ruolo dei consoli onorari che sono dei servitori dello Stato, ma non dipendono dallo Stato, anche se per certi versi dipendono dal Ministero degli affari esteri.
  Noi abbiamo moltissimi consoli onorari, sia stranieri presenti in Italia sia italiani nel mondo, a fronte delle – cito a memoria – 340 sedi consolari su 520 attive. Visto che stanno sul territorio periferico, proprio in un'ottica di spending review, non potremmo potenziarli come aiuto e controllo del territorio? Pag. 9
  Lei è troppo esperta per avere bisogno di ulteriori incoraggiamenti sul ruolo dei consoli onorari. Tuttavia, potrebbero essere un vero aiuto e un collegamento con le sedi di ambasciata.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Vorrei ringraziare la Segretaria Generale per l'audizione e il collega Rabino per averla promossa. Noi parliamo spesso in questa Commissione di scenari e strategie della politica estera e degli attori, ma tendiamo, alle volte, a dimenticare che, rispetto agli scenari, alle strategie e agli obiettivi della nostra politica estera, servono anche gli strumenti.
  Quindi, l'audizione di oggi ci è servita per fare il punto prima della legge di bilancio, sul tema del Corpo Diplomatico, anche congiuntamente all'esame dei decreti attuativi della «riforma Madia» che viene fatto in I Commissione, sul resto dei funzionari, con la specificità del Ministero degli affari esteri, e sulle risorse e sulle sedi, che sono elementi che vanno effettivamente a costituire la nostra politica estera.
  Esprimo il sostegno – ne abbiamo parlato anche in altre sedi – sui punti che ha delineato e che verranno presentati in legge di bilancio, in particolare sulla novità della sicurezza che mi sembra molto opportuna e sulla riforma della cooperazione.
  Mi viene da porle una domanda sul tema dei servizi consolari. Qual è lo stato di una possibile discussione su altri tipi di fornitura dei servizi consolari? Altri Paesi danno, per esempio, a privati la gestione dei passaporti o dei visti. Ecco, è possibile provare a immaginare, anche per liberare le risorse diplomatiche di un aggravio pesante e in alcuni casi un po’ meccanico, che nella riorganizzazione di cui si parlava e su cui state lavorando da anni si definisca una diversa fornitura di questi tipi di servizi?

  MICHELE NICOLETTI. Ringrazio la Segretaria Generale per la presentazione. Tocco solo un punto, che è stato accennato dal presidente e poi ripreso dalla Segretaria Generale, quello della professionalità della nostra presenza all'estero, che riguarda sia il Corpo Diplomatico – qui condivido in pieno la difesa della necessità di profili di elevata professionalità e indipendenza, che è stata fatta anche da Lei con riferimento al funzionariato interno – sia tutte le altre figure che ci rappresentano all'estero (insegnanti, dirigenti scolastici, persone che lavorano nelle università) e che non sempre sono di diretta responsabilità del Ministero degli affari esteri, ma sono reclutati entro programmi di corresponsabilità tra Ministero degli affari esteri e MIUR.
  Ora, siccome c'è un desiderio crescente di Italia e di cultura italiana all'estero – in questo senso l'iniziativa degli stati generali della lingua italiana va nella direzione giusta – abbiamo bisogno di fare sistema. Tutto questo, dunque, va bene, ma abbiamo bisogno di elevatissime professionalità anche in questo campo, reclutate in modo assolutamente trasparente.
  Su questo punto voglio essere molto chiaro perché purtroppo ci vengono segnalati episodi negativi, magari non per responsabilità del MAECI, ma perché sono collaborazioni o procedure ereditate dal passato. A ogni modo, non possiamo pensare di competere all'estero nel campo della lingua, della cultura e della presenza nelle università con procedure raffazzonate.
  Noi siamo disponibili a fare il massimo per sostenere anche finanziariamente questo tipo di intervento, ma ci attendiamo dal Ministero il massimo dello sforzo per garantire il massimo delle competenze e della trasparenza nella nostra presenza all'estero.

  ANDREA MANCIULLI. Non voglio intervenire per porre questioni, ma soltanto per mettere a verbale il mio personale apprezzamento per la linea di coerenza scelta, che oggi è stata espressa molto bene. Tengo a dire che in questo momento, visto il processo di riforma in generale che è cominciato e non sappiamo quando e come finirà, è particolarmente importante che ci sia una linea così chiara, che impegna anche noi a contribuire positivamente.

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  PRESIDENTE. Do la parola all'Ambasciatrice Belloni per una breve replica.

  ELISABETTA BELLONI, Segretaria Generale del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Il processo di innovazione riguarda tutta l'Amministrazione. Il Ministero degli affari esteri, quando ha fatto l'ultima riforma strutturale, ha ridenominato la direzione generale del personale, in «Direzione generale per le risorse e l'innovazione», di cui sono stata direttore generale, introducendo quasi da precursore il concetto che la modernizzazione passa anche attraverso l'innovazione.
  Il processo di dematerializzazione e informatizzazione a cui faceva riferimento l'onorevole Garavini è certamente in corso. Se la legge di bilancio ce lo consentirà, abbiamo un programma piuttosto ampio.
  Sulla domanda specifica – ovvero se la rapidità con la quale è prevista la modernizzazione a livello italiano possa comportare un miglioramento anche dei servizi all'estero – mi sentirei di dire senz'altro di sì perché, così come è concepita, questa modernizzazione comprende tutti i servizi erogabili dall'Italia, che vengano erogati in Italia o all'estero.
  Uno dei punti chiave di questo percorso è l'omogeneizzazione delle banche dati. Siamo a buon punto. Io stessa, personalmente, ho partecipato ad alcune riunioni specifiche su questo tema proprio perché, come Ministero degli affari esteri, abbiamo fortemente affermato l'esigenza di omogeneizzare i dati che sono a disposizione. Se si fa questo passaggio, è automatico lo sviluppo in parallelo. Quindi, mi sentirei di essere positiva.
  I consoli onorari sono certamente uno strumento che abbiamo ampiamente utilizzato. Nel momento in cui abbiamo dovuto effettuare una riduzione delle nostre strutture all'estero (una buona parte erano consolati, anche se minori) ci siamo naturalmente rivolti allo strumento dei consoli onorari, che sapete essere regolato dalla Convenzione di Vienna.
  Il punto è che abbiamo messo in atto iniziative volte a rendere più efficace e più ampio lo spettro di attività che potevano essere svolte dai consoli onorari. Ad esempio, le famose macchinette per le impronte digitali che consentono il rilascio di determinati documenti sono state fornite anche ai consoli onorari. Stiamo aumentando il numero dei consoli onorari che possono disporre di queste macchinette.
  Vi è, tuttavia, un elemento fondamentale. Il console onorario non può fare le stesse attività che devono essere inevitabilmente svolte da funzionari di ruolo dello Stato. Questa è una norma che si applica a tutti gli Stati e che credo che il nostro Paese dovrebbe continuare a mantenere perché non è concepibile una commistione di responsabilità fra consoli onorari e consoli di ruolo.
  A ogni modo, è uno strumento importantissimo. Negli ultimi anni il numero dei consoli onorari che abbiamo nominato è aumentato considerevolmente. Ovviamente, le strategie di politica estera devono essere promosse nella misura in cui vengono forniti gli strumenti, come giustamente diceva l'onorevole Quartapelle.
  Il ricorso a privati è, ovviamente, una possibilità nei limiti che ho appena descritto. Ciò che il privato, infatti, può fare non corrisponde alla competenza tipica che spetta al pubblico, ovvero al funzionario di ruolo. Peraltro, già lo facciamo. Pensate, ad esempio, alle gare anche piuttosto complesse che facciamo quando affidiamo la raccolta della documentazione per i visti all'estero. Ormai credo che in quasi tutte le nostre sedi vi siano le agenzie specializzate nei visti. È ovvio, però, che poi questa mole di documentazione viene riversata sui tavoli dei funzionari di ruolo che devono trattarla, assumendosi la responsabilità dell'atto amministrativo che viene rilasciato.
  Vorrei aggiungere un commento su questo punto. Certamente il ricorso al privato è utile perché snellisce, com'è stato giustamente detto. La mia osservazione è anche quella di fare attenzione perché il costo del finanziamento al privato andrebbe confrontato con quanto costerebbe il personale di ruolo preposto a fare la stessa attività.
  Va bene, quindi, il ricorso al privato nella misura in cui introduce flessibilità e Pag. 11semplifica in determinati contesti, ma stiamo attenti a non cavarcela mantenendo il blocco del turnover e affidando tutto al privato perché è necessario che ci sia un equilibrio.
  L'ultima domanda è quella che forse mi sta più a cuore. Il discorso che Lei ha fatto l'avrei potuto fare io anche con maggiore vigore. Ringrazio il presidente per avere fatto un riferimento a quella norma contenuta nella riforma Madia che lascia intravedere la possibilità – con tutti i paletti che vi erano stati introdotti – di consentire l'ingresso in carriera diplomatica attraverso il concorso generale della dirigenza.
  Si tratterebbe, a mio avviso, di un errore gravissimo. Lo abbiamo detto e denunciato, per cui siamo felici che il Consiglio di Stato abbia espresso parere negativo su questo punto specifico, non già perché vogliamo mantenere l'orgoglio di una casta – come qualcuno ci accusa di essere – o perché vogliamo essere speciali.
  Noi siamo speciali nella misura in cui – vi assicuro, nel modo più trasparente del mondo e con uguali opportunità date a tutti – il concorso diplomatico è difficile perché richiede una professionalità che viene verificata non soltanto al momento dell'ingresso, ma riconfermata in ogni passaggio di carriera. Noi siamo selettivi e carrieristici, ma lo dico con orgoglio perché questo fa sì che è molto raro che ai vertici della nostra amministrazione si trovino persone non competenti.
  Si possono trovare persone più o meno capaci – siamo tutti esseri umani – ma costruiamo la nostra professionalità nel corso di tutta una carriera e credo che tentativi di diminuire questa professionalità siano sbagliati per il Paese, non già per questo gruppo molto ristretto di funzionari (siamo soltanto 900).
  Peraltro, questa professionalità si riferisce non soltanto ai diplomatici, ma a tutto il personale del Ministero degli affari esteri. Ho cercato di dirlo prima e lo ripeto adesso: i diplomatici sono i dirigenti di questa struttura, ma siamo orgogliosi di avere altri dirigenti che abbiamo aumentato – è un'operazione che ho fatto io come direttore del personale – e sui quali puntiamo sempre più per determinate funzioni specifiche.
  Inoltre, abbiamo le aree funzionali, la cui età media oggi è di 54 anni. Negli ultimi anni – dal 2006; non sono certa ma posso controllare – le abbiamo ridotte di circa 1.000 unità. È necessario quindi ringiovanire e reclutare sulla base di concorsi, che sono certamente trasparenti – per rispondere al punto sollevato – ma che devono sempre più basarsi sulle qualifiche professionali, sulle capacità e sulla competenza.
  In ogni caso, la competenza in materia di politica estera è articolata e speciale. Da questo punto di vista, siamo tutti speciali al Ministero degli affari esteri.
  Quindi, La ringrazio, presidente, per avere menzionato quel punto specifico del decreto sulla dirigenza pubblica attualmente all'esame del Parlamento. Siamo fiduciosi che il parere del Consiglio di Stato modifichi quella norma specifica e comunque contiamo sull'aiuto di questa Commissione.
  La domanda si riferiva anche ad altre professionalità di cui si deve avvalere il Ministero soprattutto all'estero (a Roma ormai non ci sono più consulenti o quant'altro).
  All'estero, vi sono diverse figure, soprattutto in alcune sedi di particolare rilevanza ed importanza. Mi riferisco, ad esempio, alla Rappresentanza Permanente presso l'Unione Europea a Bruxelles.
  Certo, il Consiglio di amministrazione del Ministero svolge un ruolo di verifica. Dobbiamo sensibilizzare sempre di più anche le altre amministrazioni che ci forniscono il supporto tecnico per questo tipo di valutazione. Non posso che dire che concordo al cento per cento con quello che è stato detto.
  Voglio concludere dicendo che questa professionalità, sulla quale oggi molto si è insistito, è per noi motivo di orgoglio che al tempo stesso comporta dei sacrifici che spesso nell'opinione pubblica italiana non vengono adeguatamente compresi e apprezzati.
  Non c'è soltanto l'immagine del diplomatico che gira. Io credo di essere fra i funzionari che, nonostante non abbia passato moltissimo Pag. 12 tempo in sedi all'estero, hanno viaggiato di più. Conosco quasi tutte le sedi in cui siamo presenti all'estero. Il nostro valore aggiunto come diplomazia italiana sta proprio nell'estensione della rete. Siamo fra i Paesi con l'estensione maggiore di presenze consolari, diplomatiche e istituti di cultura, quindi non la dobbiamo perdere perché è – ripeto – un vero valore aggiunto.
  Questo, però, comporta che dobbiamo trovare delle formule per incentivare il nostro personale ad andare in tutte le sedi di cui disponiamo. Una delle crisi che stiamo affrontando in questi giorni è proprio il fatto che, mentre i diplomatici sono dei servitori dello Stato che ovunque e comunque obbediscono, le aree funzionali devono avere un minimo di incentivo.
  Oggi troviamo moltissime difficoltà a coprire alcune sedi con le aree funzionali perché, essendo l'età media 54 anni, è difficile convincere delle famiglie di sessantenni ad andare in Congo o in altri Paesi non particolarmente agiati. Su questo chiedo una riflessione della Commissione perché gli incentivi sono, appunto, importanti.

  PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.45.