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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impegnate

Resoconto stenografico



Seduta n. 67 di Mercoledì 9 novembre 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Gelli Federico , Presidente ... 3 

Audizione del presidente dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), Giorgio Alleva:
Gelli Federico , Presidente ... 3 
Alleva Giorgio , presidente dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ... 3 
Gelli Federico , Presidente ... 8 
Carnevali Elena (PD)  ... 8 
Rondini Marco (LNA)  ... 10 
Beni Paolo (PD)  ... 10 
Gelli Federico , Presidente ... 10 
Alleva Giorgio , presidente dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ... 11 
Prati Sabrina , responsabile del Servizio ... 11 
Buratta Vittoria , direttrice della Direzione centrale per le statistiche sociali e il censimento della popolazione dell'ISTAT ... 13 
Alleva Giorgio , presidente dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ... 13 
Gelli Federico , Presidente ... 13 
Prati Sabrina , responsabile del Servizio ... 13 
Gelli Federico , Presidente ... 13 
Prati Sabrina , responsabile del Servizio ... 14 
Alleva Giorgio , presidente dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ... 14 
Gelli Federico , Presidente ... 14 
Alleva Giorgio , presidente dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ... 14 
Rondini Marco (LNA)  ... 14 
Prati Sabrina , responsabile del Servizio ... 14 
Rondini Marco (LNA)  ... 14 
Prati Sabrina , responsabile del Servizio ... 14 
Conti Cinzia , ricercatrice presso ... 14 
Alleva Giorgio , presidente dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ... 14 
Gelli Federico , Presidente ... 14 
Carnevali Elena (PD)  ... 14 
Buratta Vittoria , direttrice della Direzione centrale per le statistiche sociali e il censimento della popolazione dell'ISTAT ... 15 
Gelli Federico , Presidente ... 15 

(La seduta, sospesa alle 10, è ripresa alle 10.05) ... 15 

Comunicazioni del presidente:
Gelli Federico , Presidente ... 15 
Beni Paolo (PD)  ... 16 
Gelli Federico , Presidente ... 16 
Carnevali Elena (PD)  ... 16 
Gelli Federico , Presidente ... 16 

Modifica nella composizione della Commissione:
Gelli Federico , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
FEDERICO GELLI

  La seduta comincia alle 9.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, ove necessario, i lavori della Commissione potranno proseguire anche in seduta segreta.
  Se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso e attraverso la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del presidente dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), Giorgio Alleva.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente dell'ISTAT, professor Giorgio Alleva. Innanzitutto do il benvenuto a lui e ai suoi numerosi collaboratori, i quali ritengo siano qui per fornire chiarimenti o integrazioni ad eventuali domande che i colleghi volessero porre.
  A fine settembre l'ISTAT ha prodotto un documento di grande interesse per i temi oggetto dei lavori della nostra Commissione, che è in distribuzione. Il documento è intitolato «Cittadini non comunitari: presenza, nuovi ingressi e acquisizioni di cittadinanza» e riporta un primo dato significativo, in base al quale al 1° gennaio 2016 erano regolarmente presenti in Italia 3.931.133 cittadini non comunitari. La presenza di non comunitari risulta, pertanto, non solo stabile, ma anche numericamente significativa. Come il professor Alleva ci illustrerà, per diverse comunità è maturato il periodo per l'acquisizione della cittadinanza con relativa diminuzione del numero dei permessi di soggiorno. Dal rapporto emergono molte altre considerazioni degne della nostra attenzione, su cui vorrei richiamare l'interesse di tutta la nostra attività.
  Prima di dare la parola al presidente dell'ISTAT, professor Giorgio Alleva, per lo svolgimento della sua relazione, avverto che accompagnano il professore il dottor Roberto Monducci, direttore del Dipartimento per la produzione statistica, la dottoressa Vittoria Buratta, direttrice della Direzione centrale per le statistiche sociali e il censimento della popolazione, la dottoressa Patrizia Cacioli, direttrice della Direzione centrale per la diffusione e la comunicazione dell'informazione statistica, la dottoressa Sabrina Prati, responsabile del Servizio Registro della popolazione, statistiche demografiche e condizioni di vita, la dottoressa Cinzia Conti, ricercatrice presso il Servizio Registro della popolazione, statistiche demografiche e condizioni di vita, e le dottoresse Anna Villa ed Elisabetta Segre, ricercatrici presso l'Ufficio di presidenza.
  A questo punto do la parola al professor Alleva per il suo intervento.

  GIORGIO ALLEVA, presidente dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT). Grazie, presidente. Buongiorno a tutti. In quest'audizione l'ISTAT intende offrire un contributo utile ai lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta sul sistema di accoglienza e di identificazione ed espulsione, Pag. 4nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impegnate.
  La fase dei processi migratori attraversata dal nostro Paese è particolarmente delicata. Il nostro Paese si trova, da un lato, a gestire una fase ormai avanzata di integrazione, caratterizzata da una quota ampia di permessi di lungo periodo, da ricongiungimenti familiari e da crescenti acquisizioni di cittadinanza mentre, dall'altro, si continua a fronteggiare l'emergenza dei nuovi flussi in entrata, sempre più spesso motivati dalla ricerca di protezione internazionale e non da progetti migratori strutturati.
  I diversi territori vivono in maniera diversa l'immigrazione. Mentre il Mezzogiorno affronta quotidianamente l'emergenza degli sbarchi, al Centro-Nord ci si confronta con l'accoglienza dei profughi, oltre che con i più consolidati processi di integrazione delle comunità da più tempo presenti nel territorio. Questa crescente complessità ha prodotto nuovi bisogni informativi a supporto delle politiche e delle analisi delle migrazioni, ai quali l'ISTAT negli anni ha cercato di rispondere.
  Già a partire dagli anni Novanta l'ISTAT ha posto attenzione alla presenza straniera e alle migrazioni con l'introduzione del quesito sulla cittadinanza nella maggior parte delle rilevazioni statistiche e con l'elaborazione dei dati presenti negli archivi amministrativi, come quello dei permessi di soggiorno, di particolare importanza per la quantificazione della popolazione straniera.
  Nel complesso, la mole di informazioni che l'Istituto mette oggi a disposizione del Paese sui fenomeni migratori è estremamente ampia, tanto che dal 2013 l'ISTAT diffonde sul proprio sito, quale singolo punto di accesso a dati e metadati sul tema, un sistema informativo denominato «Immigrati e nuovi cittadini», che organizza le informazioni in 8 aree tematiche (popolazione e famiglia, salute e sanità, lavoro, istruzione e formazione, condizioni economiche delle famiglie e disuguaglianze, assistenza, partecipazione sociale e criminalità).
  Ai fini di quest'audizione, per delimitare un campo di informazioni così ampio e visto l'interesse manifestato da codesta Commissione per il comunicato stampa «Cittadini non comunitari: presenza, nuovi ingressi e acquisizioni di cittadinanza», recentemente diffuso dall'ISTAT, si è deciso di presentare i recenti processi migratori alla luce delle informazioni più aggiornate.
  I dati presentati nell'audizione di oggi sono per la maggior parte frutto della proficua collaborazione interistituzionale tra il Ministero dell'interno e l'ISTAT e offriranno un panorama delle principali informazioni demografiche su processi migratori, popolazione straniera residente, cittadini non comunitari residenti, rifugiati e richiedenti asilo e acquisizione cittadinanza e seconde generazioni.
  Se le informazioni sugli stranieri residenti provengono interamente dalla rilevazione sul bilancio demografico dei comuni, i principali stock e flussi dei cittadini non comunitari regolarmente residenti in Italia sono ricostruiti a partire dall'archivio individuale sui permessi di soggiorno forniti dal Ministero dell'interno e statisticamente rielaborati dall'ISTAT. Da questo archivio, l'ISTAT ha ricavato anche le informazioni che verranno presentate sui rifugiati e richiedenti asilo, che potrebbero essere utilmente integrate con quelle presenti nell'archivio della Commissione nazionale per il diritto d'asilo, quando fossero effettivamente disponibili.
  I dati sull'acquisizione della cittadinanza sono frutto di una stima che mette insieme i dati di fonte anagrafica (il bilancio anagrafico e le liste anagrafiche) e i dati del Ministero dell'interno sui procedimenti di acquisizione.
  Infine, anche la rilevazione sulle seconde generazioni, di cui si presenteranno in breve alcuni dati, è il risultato di una collaborazione con il Ministero dell'interno.
  I dati Eurostat sulla presenza di stranieri nei Paesi dell'Unione europea a 28 consentono di collocare l'Italia all'interno del contesto europeo. Dal 1998, primo anno in cui il dato è disponibile e in cui risultavano poco meno di un milione gli stranieri Pag. 5 residenti, nel 2015 il numero degli stranieri nel nostro Paese è quasi quintuplicato. Si tratta della crescita relativa più marcata registrata tra i Paesi europei per i quali sono disponibili i dati.
  Il quadro cambia se il numero degli stranieri viene rapportato alla popolazione complessiva. In Italia gli stranieri rappresentano l'8,3 per cento della popolazione totale, un valore più alto di quello della Francia (6,6 per cento) e di poco inferiore a quello tedesco (9,3 per cento). Quote ben più alte si registrano in Belgio (11,6 per cento), Irlanda (11,9 per cento) o Austria (13,2 per cento).
  I dati più aggiornati per l'Italia mostrano una sostanziale stabilità del fenomeno. Al 1° gennaio 2016 si contano 5.026.153 stranieri, 12.000 unità in più rispetto al 2014. Dal lato degli ingressi ad alimentare il numero degli stranieri in Italia concorrono non solo le migrazioni dall'estero, ma anche i tanti nati nel nostro Paese da genitori entrambi stranieri, più di 70.000 all'anno. Dal lato delle uscite si registra un numero crescente di persone che ogni anno da straniere diventano italiane. Sono 178.000 nel 2015.
  La composizione per genere della popolazione straniera è equilibrata, con un lieve vantaggio femminile. Le donne sono il 51,4 per cento. Questo equilibrio nasconde, in realtà, situazioni molto differenti tra le diverse cittadinanze. È noto, infatti, che alcune collettività, come quella ucraina, sono sbilanciate al femminile, mentre gli originari del Bangladesh, per esempio, registrano una netta prevalenza maschile.
  Notoriamente, la popolazione straniera si concentra nel Centro-Nord, che ospita quasi l'84 per cento della popolazione straniera residente, mentre il Sud ospita l'11 per cento e le isole circa il 5 per cento.
  La popolazione straniera è molto giovane (età media sotto i 34 anni), anche se con notevoli differenze tra i diversi gruppi di cittadinanza. In generale, la quota di ragazzi fra 0 e 14 anni fra gli stranieri è superiore di 5 punti percentuali a quella che si riscontra fra gli italiani della stessa fascia d'età. Al contrario, le persone con 65 anni e più tra gli stranieri hanno un'incidenza di poco superiore al 3 per cento, mentre nella popolazione italiana pesano per quasi il 24 per cento.
  Il 30 per cento degli stranieri residenti in Italia proviene da un Paese dell'Unione europea. Tra questi i romeni sono di gran lunga la collettività che registra più presenze (più di un milione, quasi il 23 per cento degli stranieri in Italia). I cittadini non comunitari sono, invece, il 70 per cento della popolazione straniera residente. Tra questi, il 9 per cento proviene dall'Albania e dal Marocco, mentre superano il 5 per cento i cittadini della Repubblica popolare della Cina.
  I cittadini non comunitari costituiscono un sottoinsieme numericamente rilevante di particolare interesse per le politiche migratorie. Tra il 1994 e il 2010 la crescita degli stranieri non UE con permesso di soggiorno è stata molto sostenuta, con dei picchi in corrispondenza dei processi di regolarizzazione. Dal 2011 la crescita della presenza non comunitaria è fortemente rallentata.
  Al 1° gennaio 2016 il numero di cittadini non comunitari con un regolare permesso di soggiorno in Italia (quasi 4 milioni) risulta sostanzialmente stabile rispetto al 2015, pur con delle dinamiche molto diverse per tipologia di permesso e singola collettività.
  Tra il 2015 e 2016 la tenuta del numero complessivo dei permessi di soggiorno validi è sostenuta da permessi di lungo periodo, mentre i permessi con scadenza diminuiscono di oltre 88.000 unità. La costante crescita del numero dei soggiornanti di lungo periodo è il risultato del processo di stabilizzazione della presenza straniera nel nostro Paese.
  Se le migrazioni per lavoro sono state prevalenti fino al 2010, dal 2011 il motivo d'ingresso più diffuso è divenuto, invece, il ricongiungimento familiare. Tuttavia, negli ultimi anni si registra un lieve declino anche per questa motivazione d'ingresso.
  Rispetto al 2014, nel 2015 la diminuzione dei nuovi permessi per motivi di lavoro è stata rilevante in termini sia assoluti che relativi. Questi ultimi rappresentavano più del 23 per cento dei nuovi Pag. 6ingressi nel 2014, mentre nel 2015 sono circa il 9 per cento.
  Per comprendere questa dinamica è anche necessario fare riferimento alla normativa, in particolare ai decreti sui flussi degli ultimi anni. In quello per il 2015, sono stati autorizzati 17.850 ingressi per lavoro non stagionale. Nella maggior parte dei casi si tratta di conversioni del permesso, per esempio da studio a lavoro, mentre i nuovi ingressi veri e propri autorizzati dall'estero sono stati meno di 6.000.
  Il decreto sui flussi emanato a fine 2010 prevedeva, invece, l'ingresso per lavoro non stagionale di 86.580 cittadini non comunitari residenti all'estero. Per il 2005 era stato programmato, invece, l'ingresso di 159.000 lavoratori non stagionali. A questo si deve aggiungere il peso che in passato hanno avuto le campagne di regolarizzazione degli immigrati irregolarmente presenti sul territorio.
  Nel contempo, sono rapidamente cresciuti i permessi per asilo e motivi umanitari, che nel 2015 superavano il 28 per cento del totale dei nuovi rilasci. Nel 2013 la loro incidenza, sempre sul totale dei nuovi permessi, era del 7,5 per cento. Attualmente i permessi per asilo e motivi umanitari rappresentano quasi il 10 per cento dei permessi con scadenza in corso di validità, mentre nel 2011 rappresentavano meno del 3 per cento.
  Secondo i più recenti dati diffusi da Eurostat, durante il secondo trimestre del 2016 305.700 persone hanno fatto per la prima volta richiesta di protezione internazionale presso uno Stato membro dell'Unione europea. Il dato è in crescita del 6 per cento rispetto al primo trimestre del 2016. Sei nuovi richiedenti su dieci hanno inoltrato la richiesta in Germania, che nel secondo trimestre ha accolto quasi 190.000 persone, il 61 per cento del totale. Seguono l'Italia, che nello stesso periodo ha accolto le domande di oltre 27.000 persone (circa il 9 per cento del totale), la Francia, l'Ungheria e la Grecia.
  In Italia nel 2015 al primo posto nella graduatoria delle cittadinanze dei richiedenti si colloca la Nigeria, che da sola copre oltre il 20 per cento dei nuovi ingressi. Tra il 2014 e il 2015 escono dalla graduatoria Somalia ed Eritrea, mentre entrano tra i primi dieci Paesi Ucraina e Costa d'Avorio.
  Per molte cittadinanze gli ingressi per motivi legati all'asilo sono prioritari rispetto alle migrazioni per lavoro o ricongiungimento familiare. In particolare per Mali, Gambia e Afghanistan gli ingressi per asilo hanno un peso pari o superiore al 95 per cento.
  Quella dei rifugiati e dei richiedenti asilo è una presenza con caratteristiche peculiari. In generale, la composizione di genere dei richiedenti asilo è particolarmente squilibrata in favore degli uomini (circa il 90 per cento dei casi). I minori, poco più di 2.000, rappresentano il 4 per cento dei flussi in ingresso. Anche in questo caso, il peso relativo di bambini e ragazzi sul totale degli ingressi varia molto a seconda della collettività considerata. Tra le prime dieci, l'incidenza è massima per l'Ucraina, dove rappresenta oltre il 9 per cento, e minima per il Pakistan, meno dell'1 per cento.
  Le nuove caratteristiche dei flussi migratori hanno avuto conseguenze evidenti anche nella distribuzione territoriale dei nuovi permessi concessi. Nell'immigrazione per lavoro e ricongiungimento, infatti, avevano un ruolo determinante i network migratori, che portavano i migranti a raggiungere familiari, amici e conoscenti nelle aree in cui avevano trovato lavoro e si erano stabilizzati. Molto diversi sono i flussi di persone in cerca di protezione, che arrivano per mare dalla sponda sud del Mediterraneo, influenzati da fattori di spinta piuttosto che di attrazione.
  Il Nord-Ovest ha accolto il 26 per cento dei richiedenti asilo e delle persone sotto protezione umanitaria in ingresso nel 2015, il Nord-Est circa il 21 per cento, il Centro poco più del 19 per cento. Il Mezzogiorno, con il 34 per cento dei permessi, è l'area che accoglie la percentuale più elevata di questi nuovi flussi, poiché rappresenta la porta d'ingresso principale.
  Inoltre, la propensione al radicamento sul territorio dei nuovi entrati diventa meno frequente. Considerando l'insieme dei nuovi ingressi del 2007, la quota di quanti risultano Pag. 7 ancora presenti al 1° gennaio 2016, dopo nove anni, sfiora il 65 per cento, notevolmente più elevata di quella rilevata per la coorte d'ingressi del 2011, per la quale tale incidenza, alla stessa data, supera di poco il 50 per cento.
  La differente propensione a permanere sul territorio italiano registrata per le due coorti può essere in parte riconducibile alla crescente incidenza dei nuovi permessi rilasciati per richiesta di asilo. Questa tipologia di permesso implica, infatti, una più elevata quota di mancati rinnovi. Con l'ampliarsi dell'importanza relativa degli ingressi per richiesta di asilo si può, quindi, ipotizzare che l'Italia dovrà gestire una quota crescente di migrazioni temporanee, destinate a non stabilizzarsi sul territorio.
  Richiedenti asilo e rifugiati presentano, inoltre, una più elevata propensione alla mobilità interna. Considerando la provincia di rilascio del primo permesso nel 2011 e la provincia del rinnovo, si può stimare che quasi il 42 per cento dei richiedenti ha rinnovato il permesso tra il 2011 e il 2016 in una provincia diversa da quella di prima emissione.
  Le statistiche socio-demografiche consentono non solo di monitorare il flusso in ingresso e in uscita dei cittadini stranieri, ma anche di ottenere informazioni sui processi di integrazione di lungo periodo, per esempio attraverso l'analisi dei dati sulle acquisizioni di cittadinanza.
  Negli ultimi anni è rapidamente cresciuto il numero di cittadini stranieri che ogni anno diventano italiani, da poco più di 56.000 nel 2011 a 178.000 nel 2015. Dal punto di vista territoriale, le acquisizioni di cittadinanza interessano soprattutto le province del Nord-Ovest e del Nord-Est, mentre il loro numero risulta molto più contenuto nel Mezzogiorno.
  Negli ultimi tempi sono anche cambiati notevolmente il profilo dei richiedenti e la tipologia di accesso alla cittadinanza italiana. Fino al 2008 i dati del Ministero dell'interno riportavano come più numerose le acquisizioni per matrimonio rispetto a quelle per residenza, mentre ormai è vero il contrario, tranne che al Sud e nelle isole, ma la vera novità degli ultimi anni è rappresentata dal crescente numero di giovani immigrati e ragazzi di seconda generazione che diventano italiani, come l'ISTAT ha documentato a partire dal 2011.
  Coloro che acquisiscono la cittadinanza per trasmissione dai genitori e coloro che, nati nel nostro Paese, al compimento del diciottesimo anno di età scelgono la cittadinanza italiana sono passati da circa 10.000 nel 2011 a oltre 66.000 nel 2015. Inoltre, nella metà dei casi i neoitaliani hanno meno di trent'anni. Si tratta, quindi, di un numero non trascurabile di giovani che ogni anno transitano dalla cittadinanza straniera a quella italiana. In molti casi il passaggio avviene senza che gli interessati abbiano mai vissuto l'esperienza migratoria.
  L'indagine sull'integrazione delle seconde generazioni condotta nel 2015 ha consentito di approfondire e documentare il senso di appartenenza dei giovani con background migratorio, superando il concetto di cittadinanza formale. Nel complesso, emerge che la quota di coloro che si sentono italiani sfiora il 38 per cento, il 33 per cento si sente straniero e poco più del 29 per cento non si sente in grado di rispondere alla domanda.
  Sono notevoli le differenze di atteggiamento tra le diverse collettività. I maschi appartenenti alle collettività dell'Asia e dell'America Latina sono quelli che dichiarano più frequentemente di sentirsi stranieri. Nel caso dei romeni, invece, è particolarmente elevata la percentuale di coloro che si sentono italiani.
  Oltre alla cittadinanza l'età in cui si è entrati in Italia ha un peso non irrilevante nella percezione della propria appartenenza. Tra i ragazzi arrivati dopo i 10 anni è notevolmente più elevata la quota di coloro che si sentono stranieri (quasi il 53 per cento), mentre per i nati in Italia la percentuale di chi si sente straniero si riduce a meno del 24 per cento.
  In questo quadro fortemente dinamico e complesso l'ISTAT accentuerà gli sforzi per mettere a disposizione statistiche di qualità a supporto del monitoraggio delle politiche migratorie e della programmazione di interventi rapidi a fronte di situazioni emergenti. Pag. 8 Proseguirà l'impegno per dare informazioni sempre più dettagliate anche a livello territoriale su categorie particolarmente rilevanti ai fini della programmazione di politiche di accoglienza e, più in generale, di politiche sociali. Entro novembre, per esempio, verrà diffuso un approfondimento, realizzato attraverso l'integrazione di diverse fonti, sulle recenti migrazioni di richiedenti asilo e di persone in cerca di protezione.
  L'intenso lavoro che l'Istituto sta realizzando per la valorizzazione dei dati amministrativi a fini statistici attraverso la costituzione del Registro di popolazione consentirà di analizzare in un'ottica longitudinale l'integrazione degli stranieri con un approccio multifonte e multidimensionale.
  Nel procedere verso un'architettura generale in grado di superare la visione parziale che possono offrire le differenti fonti analizzate, i Registri statistici integrati possono rispondere alle nuove esigenze conoscitive, non solo sul versante dell'organizzazione e della diffusione dei dati e delle informazioni, ma anche e soprattutto su quello della progettazione di processi produttivi delle informazioni statistiche e della strutturazione delle fonti.
  All'ISTAT spetta l'importante compito di orientare la raccolta dei dati amministrativi verso una loro maggiore fruibilità a livello statistico, così come l'onere di individuare i gap informativi da colmare attraverso indagini campionarie. Questo deve avvenire in stretta collaborazione con gli enti che trattano dati rilevantissimi rispetto alle migrazioni e alla presenza straniera, come il Ministero dell'interno.
  Nel prossimo futuro l'ISTAT lavorerà principalmente su quattro fronti: integrazione tra Istituzioni che trattano dati e gestiscono flussi migratori; integrazione di dati a livello individuale per la produzione di nuovi indicatori; diffusione integrata delle informazioni attraverso il Sistema informativo sugli stranieri; e, infine, diffusione di microdati integrati per la ricerca scientifica. Quindi, «integrazione» è la parola chiave per l'adeguamento della statistica ai nuovi fabbisogni formativi del Paese.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente, per l'interessantissima relazione, che ci offre uno spaccato che credo sinceramente non conosciuto o almeno non conosciuto da questa Commissione. È veramente un'occasione e un'opportunità ghiotta per fare alcune domande.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ELENA CARNEVALI. Ringrazio davvero moltissimo dell'audizione e della vostra presenza qui. Devo dire che il supporto che ISTAT fornisce è utile non solo per la mole di informazioni. Non si tratta solo di una lettura «fotografica» della condizione statistica, in questo caso, di focus sui non comunitari, ma anche di una lettura che si presta molto a osservazioni di natura socio-economica dei fenomeni che avvengono nel nostro territorio italiano.
  Quindi, sono veramente molto grata del supporto che l'ISTAT fornisce anche a coloro che svolgono un ruolo pubblico come il nostro. Credo che ci aiuti anche a fare chiarezza. Sul piano comunicativo credo che abbiamo ancora molto da poter divulgare in termini di dati oggettivi. Ritengo che questo ci aiuti, molto probabilmente, anche di più ad avere un giudizio molto più congruo alla condizione reale.
  Approfitto per fare delle domande, perché credo che questa sia la sede. Ovviamente, questa Commissione d'inchiesta sta facendo tutto un lavoro di analisi e di audizioni, cercando di guardare la questione da più punti di vista. Ci interessa particolarmente come sta avvenendo la gestione dei fenomeni.
  Ovviamente, il dato istituzionale, ormai lo possiamo dire, ancorché strutturale, dell'accoglienza in particolare di popolazione che viene attraverso il mare (mi riferisco soprattutto alla condizione di richiedenti asilo e profughi) sta assorbendo tutta la nostra attenzione. Sembra che abbiamo completamente dimenticato i 5 milioni di cittadini stranieri che sono sul nostro territorio, che cosa succede, come si comportano e quanto possono supportare o costare al nostro sistema economico. Pag. 9
  Soprattutto ho apprezzato molto quando, nella parte finale della relazione, il presidente ha detto che «integrazione» sarà la parola chiave di analisi, perché interessano anche i comportamenti di altre nazioni e soprattutto l'approccio che altre nazioni hanno nei confronti del fenomeno migratorio. Da un lato, alcuni applicano una sorta – passatemi questo termine – di selezione degli ingressi, una selezione rispetto alle esigenze di natura economica e di sviluppo di linee economiche che quella nazione decide di perseguire (una per tutte è la Germania), dall'altro lato ci siamo noi, che, invece, in questo momento abbiamo scelto di fare il blocco dei flussi, soprattutto dei decreti flussi, uno strumento che di fatto permetteva un ingresso regolare.
  L'unica modalità di regolarizzazione, anche secondo quanto emerge dalla relazione del presidente, di fatto è questo passaggio soprattutto attraverso la cittadinanza. Dobbiamo anche essere molto onesti e dire che il raggiungimento della cittadinanza è un percorso a ostacoli in questo Paese e che la tempistica per il raggiungimento della cittadinanza ha ancora tempi particolarmente lunghi.
  Quanto alla diminuzione dei permessi di soggiorno, mi piacerebbe riuscire a capire se abbiamo una propensione e un aumento della cittadinanza come unico strumento, ovviamente con determinate caratteristiche che bisogna avere, quali lunga permanenza, condizioni economiche di dieci anni e un determinato reddito. Servono delle precondizioni per poter avere il riconoscimento della cittadinanza.
  La domanda che viene spontanea è: che cosa succede di fronte al calo, invece, del riconoscimento dei permessi di soggiorno? Anche questa lettura tra regolarità e irregolarità ci aiuta a capire se l'indirizzo che stiamo scegliendo, cioè quello di non mettere più in campo il decreto flussi, sia la strada più opportuna per questo Paese o se dobbiamo invece riflettere sulla scelta che stiamo facendo.
  Credo che sia stata – e lo è – particolarmente utile la lettura sulle seconde generazioni, non solo di fronte a un deficit che abbiamo di possibilità di modificare la curva demografica di questo Paese. Dall'altro lato, stiamo vedendo anche un fenomeno – e anche questo è un dato che sarebbe per noi importante – per cui anche i tassi di natalità delle famiglie straniere si sta sempre di più avvicinando al modello italiano. Nemmeno questo aiuta a superare questo gap.
  Quanto si sentono italiani e quanto continuano a sentirsi stranieri? Sarebbe, a nostro giudizio, molto importante sapere che cosa influenza il non sentirsi ancora italiani, nonostante magari si sia qui da molto tempo e si possa anche diventare cittadini italiani. Non è una lettura solo di natura sociologica. Questo serve a noi per cercare anche di capire come orientare naturalmente le politiche.
  Credo che dobbiamo stare molto attenti. Giustamente, usiamo il dato percentuale, ma poi servono anche i dati di natura assoluta. Che cosa voglio dire? Se alcuni numeri e alcune percentuali sembrano particolarmente rilevanti quando, per esempio, affrontiamo il tema dei richiedenti asilo, dobbiamo sempre rapportarle al numero assoluto, che è comunque un numero di 170.000 o 200.000, mentre le percentuali riportate ai numeri della stabilizzazione – questo è l'altro fenomeno che dobbiamo andare a indagare, a mio giudizio, sempre di più – di chi decide di rimanere e di investire in questo territorio, ovviamente, coinvolgono una fetta di popolazione più ampia.
  Questa lettura, ovviamente, è molto utile. Presidente, l'ISTAT ha una grande capacità e possibilità di accedere a tutta una serie di dati. Noi, che cerchiamo di interrogarci e di conoscere sempre di più anche i dati delle statistiche, leggiamo anche altri report – penso a quelli della Fondazione Moressa o ad altri – che ci aiutano a comprendere quale sia alla fine il supporto della popolazione straniera nel sistema socio-economico.
  Si tratta di dati anche molto conosciuti, ma, secondo me, ci aiutano a comprendere se questo fenomeno di lunga permanenza e la scelta soprattutto di rimanere in modo stabile nel nostro territorio italiano siano un progetto legato anche alla possibilità, da Pag. 10un lato, di essere integrati, di poter avere un lavoro, di poter accedere all'istruzione, di poter garantire un futuro ai figli. La domanda che pongo è se, alla fine, investire in questo settore, cioè nel settore dell'immigrazione, possa essere anche un elemento di fattore economico per il nostro Paese, oltre alla dimensione di natura etica.
  Con estrema franchezza, ovviamente per noi, che dobbiamo acquisire tutta una serie di dati, in una relazione di una mezz'ora è difficile fare un'elaborazione fredda e anche ragionata. Tuttavia, sono sicuramente certa che avremo bisogno di voi e che sarete di grande supporto. Magari anche in una fase successiva ci potrete essere di aiuto per cercare di capire dove vogliamo andare a focalizzare la nostra attenzione.

  MARCO RONDINI. Ringrazio anch'io il presidente dell'ISTAT per la disponibilità e per essere venuto oggi qui a soffermarsi sui dati che sono il frutto del lavoro di diversi anni sulla presenza della popolazione straniera in Italia. A me interessava, in particolare, conoscere semplicemente un paio di aspetti.
  Vorrei sapere se abbiamo dati sui settori di impiego nei quali trovano maggiormente sistemazione gli immigrati e quali sono i trend della disoccupazione, fra l'altro anche fra i richiedenti asilo, se avete un dato che fa riferimento ai richiedenti asilo, visto che dopo due mesi possono cominciare a lavorare.
  L'altro dato, invece, è relativo al costo dell'immigrazione e alla comparazione con la spesa sostenuta per l'immigrazione da altri Paesi.

  PAOLO BENI. Mi scuso se sono arrivato in ritardo e non ho sentito l'inizio della relazione. Volevo porre una questione.
  Veniva già detto dalla collega che la percezione della presenza straniera nel nostro Paese si presta a questa contraddizione. Parlare di presenza straniera nel nostro Paese oggi, dal punto di vista dell'opinione pubblica, significa parlare dei profughi in arrivo (parliamo di 160-170.000 persone), mentre gli stranieri regolarmente presenti sono più di 5 milioni. È un tema rimosso, per i motivi che sono stati detti e che non starò a ripetere.
  Eppure, vedendolo nella prospettiva lunga dei processi storici, è evidente che il flusso di popolazioni, se non altro per le tendenze degli andamenti demografici, dal continente africano all'Europa sarà inevitabile e di dimensioni consistenti. Si tratta di un flusso che da parte degli Stati europei si può provare a pianificare, gestire e governare oppure si può subire. L'impressione è che le politiche adottate negli ultimi anni abbiano portato a prepararsi a subirlo, più che a pianificarlo. È quanto veniva detto sul decreto flussi.
  Il fatto che negli ultimi anni si sia spostato l'equilibrio dei nuovi ingressi dall'ingresso per lavoro più ai ricongiungimenti, che è chiaramente un segnale di stabilizzazione di quelli che ci sono, ma soprattutto in favore degli ingressi per richiesta di protezione, è legato ad alcuni fattori. Sicuramente la crisi economica dei Paesi europei non costituisce una grande attrattiva da questo punto di vista e i conflitti nell'area mediterranea portano una spinta.
  Questi, però, sono elementi della contingenza attuale. Dal punto di vista statistico, siete in grado di vedere una proiezione del fenomeno nel periodo medio-lungo? Immagino che ci abbiate provato, perché è un tema estremamente interessante. Si tratta chiaramente di un tema che attiene proprio ai processi demografici e che credo dovrebbe porre anche sotto una luce diversa l'approccio al fenomeno migratorio contingente. I 160-170.000 che arrivano quest'anno stanno dentro un processo. Nei prossimi trent'anni che cosa significa tale processo e che tipo di approccio devono avere i Paesi europei rispetto alla pianificazione dei flussi d'ingresso?

  PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, do la parola al presidente Alleva. Se eventualmente il presidente ha necessità di farsi integrare da qualcuno dei suoi collaboratori che lo assistono, basta che mi venga detto.
  Do la parola al presidente Alleva per la replica.

Pag. 11

  GIORGIO ALLEVA, presidente dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT). Intanto vi ringrazio per le domande e le osservazioni e per l'apprezzamento che mostrate del valore dei dati che forniamo. La nostra idea è proprio quella, al di là del rispetto dei regolamenti, di supportare la discussione e le scelte politiche rispondendo ad una domanda istituzionale di informazione in campi specifici.
  Certamente questo tema dell'immigrazione è importante e, come è stato sottolineato, va presentato non solo nella sua dimensione del fenomeno stock e flussi, ma anche nelle sue caratteristiche, con una lettura della popolazione straniera in riferimento ai temi del lavoro, dell'istruzione, della demografia, della salute, del welfare e tanti altri.
  C'è la necessità, quindi, di una lettura che consenta anche una valutazione di interventi mirati, perché si tratta di un universo variegato, non solo per età e cittadinanza, ma anche per problemi differenti.
  Certamente il tema delle previsioni è un tema rilevante per la programmazione degli interventi. Devo dire che abbiamo avuto degli esempi molto recenti della difficoltà di maneggiare le previsioni sulla società. Noi produciamo previsioni demografiche che si fondano sulle dinamiche attese di tassi di natalità e mortalità. Esse sono ben più facili da prevedere rispetto agli ingressi e alle uscite per movimenti migratori, che sono fortemente collegati anche alle normative, da un certo punto di vista prevedibili, ma non solo a quelle di casa nostra, naturalmente, perché si tratta di un meccanismo ben più complesso.
  Ci sono scenari credibili di una grande domanda di mobilità da parte dei Paesi del Nord Africa, dall'altra sponda del Mediterraneo. Per il 2050-2065 le stime internazionali parlano di 40 milioni di persone che si muoveranno, persone giovani ed anche istruite. Ci sono Paesi in cui cresce anche il tasso d'istruzione. D'altra parte, cresce l'informazione sulle vite, le opportunità e i rischi che ci sono nel mondo, diminuiscono i costi di trasferimento e, quindi, c'è una domanda anche più qualificata di spostarsi e costruire il futuro in altri territori.
  Naturalmente, poi, c'è il tema della guerra e delle fughe, che è ben più complesso. Detto questo, si tratta di fare scelte con questa consapevolezza, in modo che poi tutto questo possa rappresentare opportunità e non solamente problemi, che naturalmente verranno programmati e maneggiati. Noi nel Mediterraneo da questo punto di vista possiamo avere un ruolo.
  Noi non produciamo queste previsioni, ma questa dinamica, non emergenziale bensì strutturata, del pianeta ce l'abbiamo. Si tratta di pensare al futuro, al di là dei prossimi mesi e del prossimo anno.
  Detto questo, l'ISTAT, con il Sistema informativo, sta cercando di mettere nelle condizioni di capire tutto questo che cosa comporti e come anche nella società italiana questa componente abbia una sua rilevanza.
  Prima di dare la parola a Sabrina Prati e a Roberto Monducci, perché sono stati sottolineati diversi aspetti, vorrei dire che l'ISTAT risponde con piacere a queste occasioni di incontro istituzionale. Per noi è importante che siano valorizzati i dati che diffondiamo. Quindi, siamo disponibili per quest'attività di supporto alla Commissione anche in momenti successivi. I dati e le nostre competenze possono essere valorizzati in queste occasioni.

  SABRINA PRATI, responsabile del ServizioRegistro della popolazione, statistiche demografichee condizioni di vita dell'ISTAT. Grazie per le molte sollecitazioni. Ne raccolgo alcune. Poi, se ho dimenticato qualcosa, ci ritorniamo.
  Partirei dal discorso dell'integrazione. Quello dell'integrazione è un tema complesso, che assume tantissime sfaccettature. Dal punto di vista demografico e sociale abbiamo cominciato a monitorarlo fin dall'inizio attraverso alcuni indicatori che ci fornivano dei segnali di una progettualità da parte dei cittadini stranieri di stabilizzarsi nel nostro Paese, in modo particolare perché nel nostro Paese formavano o ricostituivano una famiglia e nel nostro Paese decidevano di avere figli. Nel contesto internazionale gli indicatori, per esempio, di fecondità, il contributo alla fecondità dei cittadini stranieri e la nuzialità, i Pag. 12comportamenti nuziali, sono da sempre considerati degli importanti indicatori di stabilizzazione delle comunità straniere nel Paese che li ospita.
  A seguito delle grandi regolarizzazioni degli anni 2002-2003, da questo punto di vista abbiamo avuto un’escalation del contributo dei cittadini stranieri alla dinamica demografica del nostro Paese, in particolare alla dinamica naturale, che di per sé è abbastanza fiacca e debole. È stato un contributo importante, che ha consentito di fronteggiare per diversi anni la forte tendenza alla riduzione delle nascite della popolazione italiana.
  Quello a cui ora stiamo assistendo è un fenomeno che ci dice, però, che anche questa spinta, questo motore che proveniva dai cittadini stranieri, sta esaurendo gran parte della sua forza propulsiva. In demografia usiamo, perché è abbastanza efficace per capire gli andamenti di fondo dei fenomeni, riferirci alle coorti, intendendo per «coorte» l'insieme degli individui che sono caratterizzati dall'aver sperimentato un determinato tipo di evento nello stesso anno.
  Per i regolarizzati degli anni 2002-2003 quest'ottica di coorte funziona molto bene: sono un contingente molto grande, caratterizzato da una popolazione che aveva una grande propensione alla stabilizzazione nel nostro Paese e che negli anni a seguire ha fornito un grosso contributo dal punto di vista della dinamica naturale.
  Per esempio, le donne hanno avuto numerosi figli. La fecondità di queste donne nei primi anni del loro ingresso nel nostro Paese era di quasi tre figli per donna, quando noi siamo intorno a 1,3. Ora la fecondità di queste donne, come veniva osservato, è molto più bassa: siamo scesi sotto i 2 figli per donna, che è ancora molto più alta di quella delle donne italiane. Se, però, andiamo ad analizzare la fecondità per ordine di nascita, per esempio, e vediamo quante donne hanno avuto il primo figlio, il secondo e il terzo, ci rendiamo conto che il grosso di questo contributo alla fecondità ci viene dalle stesse donne.
  Inizialmente, hanno fatto tutte il primo figlio, appena arrivate nel nostro Paese. Poi molte hanno fatto il secondo e molte stanno facendo il terzo. C'è un effetto molto forte di generazione, che si riferisce a una fetta di questa popolazione straniera fortemente radicata nel nostro Paese, che però ha avuto poco ricambio negli anni successivi.
  La popolazione che è arrivata negli anni successivi ha avuto caratteristiche completamente diverse da quella dei regolarizzati. Sono arrivate sì molte donne, ma sono arrivate donne breadwinner, che vengono nel nostro Paese per lavorare. La comunità ucraina, per esempio, che è molto numerosa, è costituita da donne di età media abbastanza alta, che spesso hanno avuto figli nel loro Paese. Li lasciano nel loro Paese e vengono qui per lavorare. Non fanno figli nel nostro Paese.
  Come vi dicevo, questo contributo dei cittadini stranieri alla dinamica demografica del nostro Paese sta perdendo un po’ della sua forza propulsiva e, in assenza di nuovi ingressi consistenti, è difficile immaginare che possa aumentare di nuovo.
  Quanto alla diminuzione dei permessi di soggiorno, sicuramente – è stato anche ricordato – il grosso calo dei permessi per motivi di lavoro fa la sua parte. Dicevamo che il nostro Paese fronteggia due tipi di immigrazione, quella dell'emergenza e quella, invece, che trovava attrattivo il nostro Paese. L'attrazione del nostro Paese è diminuita moltissimo negli anni della crisi, ma questo è comprensibile. Poi c'è questo contingente sempre più numeroso di cittadini stranieri che non lasciano il nostro Paese, ma la variabile cittadinanza non ci consente più di misurarli adeguatamente, perché diventano italiani.
  Questo è un problema ben noto. È un problema che si pone in tutti i Paesi in cui il fenomeno migratorio comincia a diventare sedimentato, tant'è che la sfida che la questione pone alla statistica è quella di andare oltre la misura della componente straniera, cominciando a parlare in termini di origine straniera e, quindi, cercando di misurare il background migratorio, la storia migratoria dei cittadini.
  Per esempio, il calo dei nati da cittadini stranieri in parte è dovuto a questo, perché alcune di queste donne, in realtà, hanno Pag. 13alle spalle un background migratorio ma ora sono italiane e i loro bambini sono bambini italiani. Quindi, con un occhio alla statistica anche per l'interesse che riveste lo studio dei comportamenti di una popolazione che ha alle spalle un background migratorio, diventano importanti, insieme alla cittadinanza, per esempio, informazioni sul Paese di nascita, sul Paese di provenienza. Sono queste informazioni che concorrono a ricostruire.
  Diventa importante, come diceva il presidente, quest'adozione di un'ottica longitudinale nello studio dei fenomeni, che dovrebbe essere propria dei registri, in particolare del Registro di popolazione, in cui si ha la possibilità di osservare gli individui con le loro caratteristiche non solo ad una determinata data, ma anche sapendo come siamo arrivati ad avere questi dati.
  Mi avvarrei anche del contributo di Roberto Monducci per quanto riguarda gli stranieri e il mercato del lavoro.

  VITTORIA BURATTA, direttrice della Direzione centrale per le statistiche sociali e il censimento della popolazione dell'ISTAT. Sono Vittoria Buratta, non Roberto Monducci. Sul lavoro vi fornisco intanto un'informazione.
  Circa un anno fa abbiamo pubblicato proprio un approfondimento su stranieri e integrazione nel mercato del lavoro. Ovviamente, è sul nostro sito, dove, come abbiamo detto, c'è una sezione tematica dedicata. Noi l'abbiamo chiamata «Immigrati e nuovi cittadini» proprio perché vorrebbe un po’ anche raccontare le storie di questi cittadini.
  Vi trovate un approfondimento che è stato fatto proprio nell'ambito della rilevazione delle forze di lavoro presso la popolazione sulla qualità del lavoro svolto. È stato chiesto questo a uomini e donne ed emergono cose che sono anche abbastanza note nel dibattito sulla dequalificazione di buona parte di questi lavoratori.
  Quindi, se volete un focus, c'è questo documento. Sebbene sia dell'anno scorso, complessivamente il panorama non sembra mutato. Sappiamo i settori in cui sono principalmente allocati questi soggetti, che sono i servizi alla persona, che prima riguardano le badanti, le quali poi diventano anche infermiere, perché c'è anche un percorso, poi gli stagionali, il lavoro nei servizi e via elencando. Troverete anche ulteriori approfondimenti che possono servire. Naturalmente, siamo a disposizione.

  GIORGIO ALLEVA, presidente dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT). Questo tema del lavoro è interessante e molto variegato, perché ci sono anche gli imprenditori stranieri.

  PRESIDENTE. Approfitto di avere il microfono per farvi una domanda. A quanto corrisponde il saldo tra le nascite e i decessi nel nostro Paese? Sapevo che questo è un dato significativo, molto significativo, nel senso che avevo letto che senza la popolazione migrante vi è una sostanziale denatalità ed un saldo negativo pari a 500-600.000...
  La domanda non è peregrina. È per capire effettivamente le cose che diceva lei e se la popolazione straniera abbia influenzato in senso positivo la natalità del nostro Paese, visto che siamo una popolazione che invecchia.

  SABRINA PRATI, responsabile del ServizioRegistro della popolazione, statistiche demografichee condizioni di vita dell'ISTAT. Lo trovate anche nella prima pagina del bilancio demografico allegata nella documentazione che è stata portata. Il contributo è importante. In base ai dati del bilancio demografico che abbiamo pubblicato a giugno si registra, per la prima volta, una diminuzione della popolazione italiana. Contribuisce alla diminuzione della popolazione proprio la dinamica naturale negativa. Il saldo naturale della popolazione, ossia nati meno morti, è negativo nel complesso per 162.000 unità. Quello dei cittadini stranieri, invece, è positivo per 66.000 unità. Quindi, sono i residenti italiani che tengono negativo il saldo, con un deficit che è molto più ampio ed è pari a 227.390 unità.

  PRESIDENTE. Quindi, se non ci fossero stati gli stranieri, il saldo negativo per la Pag. 14popolazione italiana sarebbe stato di 227.000 tra quelli che muoiono e quelli che nascono.

  SABRINA PRATI, responsabile del ServizioRegistro della popolazione, statistiche demografichee condizioni di vita dell'ISTAT. Esattamente.

  GIORGIO ALLEVA, presidente dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT). Senza tenere conto di quanti hanno acquistato la cittadinanza.

  PRESIDENTE. Certo. Se non erro, sono 70.000 ogni anno. Ho letto bene la vostra relazione? Sono questi che acquistano la cittadinanza annualmente?

  GIORGIO ALLEVA, presidente dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT). Sono 178.000.

  MARCO RONDINI. Intervengo semplicemente perché non mi pare che abbiate risposto alla domanda che avevo fatto rispetto ai costi.

  SABRINA PRATI, responsabile del ServizioRegistro della popolazione, statistiche demografichee condizioni di vita dell'ISTAT. La risposta è no. Non abbiamo questo tipo di dati. È una valutazione anche difficile, che richiede l'utilizzo di molti indicatori. Non abbiamo dati su questo.

  MARCO RONDINI. Invece, per quanto riguarda il numero di richiedenti asilo presenti in Italia che hanno un contratto, avete dei dati?

  SABRINA PRATI, responsabile del ServizioRegistro della popolazione, statistiche demografichee condizioni di vita dell'ISTAT. Su questo mi sembra che non ci siano dati.

  CINZIA CONTI, ricercatrice presso il ServizioRegistro della popolazione, statistiche demografichee condizioni di vita dell'ISTAT. Visto che il fenomeno è emergente ora, come dicevamo prima, e tra l'altro anche numericamente è diventato rilevante soltanto negli ultimi anni, non c'è ancora un approfondimento. Stiamo facendo, come ricordava il presidente, dei link, stiamo collegando vari archivi, ma ci vorrà ancora un po’ di tempo prima di avere un dato da poter diffondere rispetto a questo tema. Le forze lavoro che citava prima la dottoressa Buratta non hanno ancora la disaggregazione per questa particolare categoria di migranti.

  GIORGIO ALLEVA, presidente dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT). Vorrei dire che non c'è un lavoro complessivo di valutazione costi-benefici da parte dell'ISTAT. Con l'armonizzazione dei bilanci pubblici, nazionali e locali, c'è una razionalizzazione dei sistemi di classificazione e quindi si potrà valutare di riuscire a comprendere la dimensione, per esempio, degli interventi pubblici in questa direzione. È un lavoro da fare non facile.
  Qualche cosa, invece, è stato fatto sul fronte del welfare, facendo il saldo tra i contributi versati. Su questo c'è un saldo positivo credo piuttosto noto. Questo, in effetti, è un elemento che arricchirebbe un po’ il dibattito. È vero che è un tema sul quale bisognerebbe costruire un'informazione adeguata.

  PRESIDENTE. Ovviamente, se avete la possibilità di inviarci ulteriori approfondimenti rispetto a questi temi, per quanto di vostra competenza, ve ne saremmo grati.
  L'onorevole Carnevali voleva intervenire di nuovo.

  ELENA CARNEVALI. C'è un'unica richiesta che faccio. Lascio ovviamente a voi la valutazione di quali strumenti e quali indicatori usare. Sono indicatori ISTAT, ma sono utili per mettere in relazione anche dati di natura europei e internazionali. Credo che lo studio sulle seconde generazioni sia per noi particolarmente importante, perché è uno studio recente, perché viene approfondito da troppo poco tempo, perché l'apporto e le politiche da mettere in campo incidono moltissimo, ovviamente, sulla lettura dei dati che possiamo fare, non solo in termini statistici e demografici, Pag. 15ma anche in termini evolutivi: quanti accedono ai percorsi formativi, che tipo di formazione fanno, che tipo di possibilità hanno di crescere o di frequentare il prolungamento dello studio, quanto entrano subito nel mercato del lavoro, tutti indicatori che potrebbero anche esserci utili. Non solo le coorti, ma anche i collettivi di passaporto hanno comportamenti molto diversi tra un collettivo e un altro.
  Pertanto, un invito che faccio a titolo personale – ma sono convinta che questo sia un aiuto che serve a noi, non solo di questa Commissione, ma anche della sanità, della cultura e della scuola – è se questa questione fosse possibile approfondirla di più, sempre nell'ottica dell'integrazione. Credo che questo sia per noi di grande aiuto.

  VITTORIA BURATTA, direttrice della Direzione centrale per le statistiche sociali e il censimento della popolazione dell'ISTAT. Su questo abbiamo proprio fatto un lavoro ad hoc e stiamo per ripetere un'indagine ad hoc. Ho qui una copia del report che abbiamo fatto proprio sulle seconde generazioni, sulla loro integrazione e sui loro percorsi.

  PRESIDENTE. Grazie al presidente e ai suoi collaboratori. Per noi l'audizione è stata veramente molto utile. Ci aggiorniamo presto. Ai colleghi dico di rimanere perché abbiamo un Ufficio di presidenza rapidissimo.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta, sospesa alle 10, è ripresa alle 10.05.

Comunicazioni del presidente.

  PRESIDENTE. Mi permetto di fare delle brevissime comunicazioni in seduta plenaria riguardanti i documenti di bilancio che saranno a breve esaminati in Aula. Mi sono permesso di far predisporre agli uffici alcune brevi note che, ovviamente, sono a vostra disposizione e che possono essere utili nelle valutazioni complessive delle cose che stiamo approvando.
  Per quanto riguarda la manovra finanziaria presentata dal Governo nei giorni scorsi, segnalo alla Commissione alcuni aspetti pertinenti alla nostra attività. In primo luogo, pongo l'attenzione al disegno di legge n. 4110 – che sarebbe il famoso decreto fiscale, per capirci – «Conversione in legge del decreto legge 22 ottobre 2016 n. 193 recante disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili». L'articolo 12, in particolare, contiene misure urgenti a favore dei comuni in materia di accoglienza. Il comma 1 incrementa di 600 milioni di euro per l'anno 2016 le spese inerenti l'attivazione, la locazione e la gestione dei centri di trattenimento e di accoglienza per stranieri.
  Com'è noto, si tratta di un settore che sta attraversando grandi difficoltà. Molti di voi mi hanno segnalato la difficoltà dell'erogazione di questi finanziamenti e anche del pagamento dei soggetti gestori, che gestiscono queste strutture, provocando un blocco dei pagamenti da parte delle prefetture. Questa è stata una segnalazione di cui mi sembrava opportuno dar conto, visto che nel decreto fiscale vengono inseriti questi 600 milioni per il 2016.
  Il comma 2 prevede il concorso dello Stato agli oneri che sostengono i comuni che accolgono le persone richiedenti protezione internazionale. A tal fine è stata autorizzata una spesa di 100 milioni di euro per l'anno 2016. In realtà si tratta di una misura una tantum, che interviene solo sul 2016, quindi per l'anno che si sta concludendo, mentre gli altri 600 milioni sono per il futuro.
  Con decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, da adottare entro 20 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, sono definite le modalità di riparto delle risorse del fondo tra i comuni interessati, nel limite massimo di 500 euro per richiedente protezione ospitato e comunque nei limiti della disponibilità del fondo medesimo (sono i famosi 500 euro a migrante per ogni comune che fa accoglienza).
  Per quanto riguarda, invece, il disegno di legge di bilancio che stiamo discutendo Pag. 16proprio in queste ore, segnalo che nella tabella 8, recante lo stato di previsione del Ministero dell'interno per l'anno finanziario 2017 e per il triennio 2017-2019, la dotazione per le politiche legate all'immigrazione segna un significativo incremento. Nel 2016 la spesa iniziale della missione 5 – si chiama così – Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti, era prevista in euro 1.315.581.688; nel 2017 la medesima posta cresce a 2.093.952.717, con un incremento pari al 59 per cento.
  Aumenta anche la dotazione prevista per il secondo e il terzo anno del triennio: +32 e +42 per cento rispetto al 2016. Comunque, è tutto inserito nella tabella, che potete estrapolare direttamente voi dalla legge di bilancio, ma che vi posso anche tranquillamente distribuire io.
  Era una breve comunicazione che mi sentivo in dovere di fare, visto che forse può essere utile anche per le nostre valutazioni durante il dibattito nelle Commissioni di nostra competenza e durante il dibattito in Aula.

  PAOLO BENI. Ai 100 milioni da ripartire, con il massimo di 500 euro, c'è un riferimento nel decreto? So che era aperta questa discussione e non so come sia venuto fuori il testo. C'è un riferimento di differenziazioni tra gli SPRAR e i non SPRAR, oppure no? C'era l'ipotesi che venissero privilegiati i progetti SPRAR.

  PRESIDENTE. Non lo so. Lo verifichiamo. Facciamo questo approfondimento.

  ELENA CARNEVALI. C'è una modifica, con l'emendamento Misiani, che concede dei benefici ai comuni sui quali c'è il carico dell'accoglienza. Comunque, è stato approvato ieri e vale la pena di farne un'analisi. Lo trovate, perché è uscito anche sulla stampa.

  PRESIDENTE. Ho un'altra comunicazione da farvi. Come ricorderete, la Commissione aveva di recente attribuito l'incarico di consulente al dottor Marco Accorinti del CNR, con particolare riferimento al tema dei minori stranieri non accompagnati. Il dottor Accorinti ha comunicato di dover rinunciare all'incarico per ragioni di salute, ringraziando la Commissione per il riconoscimento ricevuto.

Modifica nella composizione
della Commissione.

  PRESIDENTE. Comunico infine che la presidente della Camera ha chiamato a far parte della Commissione la deputata Camilla Sgambato, in sostituzione del deputato Khalid Chaouki.
  Bene. Mi sembra che possiamo concludere così anche la nostra seduta. Grazie.
  La seduta è tolta.

  La seduta termina alle 10.10.