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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impegnate

Resoconto stenografico



Seduta n. 70 di Giovedì 12 gennaio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Gelli Federico , Presidente ... 3 

Audizione della responsabile della Struttura di missione per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, istituita presso il dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'Interno, Vice prefetto Maria Caprara:
Gelli Federico , Presidente ... 3 ,
Caprara Maria , Vice prefetto ... 3 ,
Gelli Federico , Presidente ... 8 ,
Caprara Maria  ... 8 ,
Gelli Federico , Presidente ... 13 ,
Rondini Marco (LNA)  ... 13 ,
Brescia Giuseppe (M5S)  ... 13 ,
Carnevali Elena (PD)  ... 13 ,
Beni Paolo (PD)  ... 15 ,
Lorefice Marialucia (M5S)  ... 16 ,
Binetti Paola (Misto-UDC)  ... 17 ,
Patriarca Edoardo (PD)  ... 18 ,
Gelli Federico , Presidente ... 19 ,
Caprara Maria , Vice prefetto ... 19 ,
Patriarca Edoardo (PD)  ... 19 ,
Caprara Maria , Vice prefetto ... 19 ,
Patriarca Edoardo (PD)  ... 19 ,
Caprara Maria , Vice prefetto ... 19 ,
Binetti Paola (Misto-UDC)  ... 21 ,
Caprara Maria , Vice prefetto ... 21 ,
Gelli Federico , Presidente ... 21 ,
Caprara Maria , Vice prefetto ... 21 ,
Gelli Federico , Presidente ... 21 ,
Lorefice Marialucia (M5S)  ... 22 ,
Caprara Maria , Vice prefetto ... 22 ,
Lorefice Marialucia (M5S)  ... 22 ,
Caprara Maria , Vice prefetto ... 22 ,
Gelli Federico , Presidente ... 22 ,
Caprara Maria , Vice prefetto ... 22 ,
Carnevali Elena (PD)  ... 23 ,
Caprara Maria , Vice prefetto ... 23 ,
Carnevali Elena (PD)  ... 24 ,
Caprara Maria , Vice prefetto ... 24 ,
Gelli Federico , Presidente ... 25 ,
Caprara Maria , Vice prefetto ... 25 ,
Gelli Federico , Presidente ... 25 ,
Caprara Maria , Vice prefetto ... 26 ,
Gelli Federico , Presidente ... 26 ,
Caprara Maria , Vice prefetto ... 26 ,
Gelli Federico , Presidente ... 26 ,
Caprara Maria , Vice prefetto ... 26 ,
Gelli Federico , Presidente ... 26 ,
Caprara Maria , Vice prefetto ... 26 ,
Beni Paolo (PD)  ... 26 ,
Caprara Maria , Vice prefetto ... 26 ,
Gelli Federico , Presidente ... 26 ,
Caprara Maria , Vice prefetto ... 26 ,
Gelli Federico , Presidente ... 27 ,
Caprara Maria , Vice prefetto ... 27 ,
Gelli Federico , Presidente ... 27 ,
Caprara Maria , Vice prefetto ... 27 ,
Gelli Federico , Presidente ... 27 ,
Caprara Maria , Vice prefetto ... 27 ,
Gelli Federico , Presidente ... 27

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
FEDERICO GELLI

  La seduta comincia alle 9.40.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

Audizione della responsabile della Struttura di missione per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, istituita presso il dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'Interno, Vice prefetto Maria Caprara.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione della responsabile della Struttura di missione per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, istituita presso il dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'Interno, Vice prefetto Maria Caprara.
  È da molto, dottoressa, che l'aspettavamo. La Commissione intende prestare particolare attenzione al tema dell'accoglienza dei minori non accompagnati. L'audizione di oggi fa parte di un pacchetto di iniziative volte ad approfondire il tema, anche in vista di una relazione della Commissione dedicata ai minori e alle problematiche connesse.
  Come sapete, dopo l'approvazione da parte della Camera in prima lettura, la I Commissione del Senato sta esaminando in sede referente il disegno di legge cosiddetto «Zampa». Sul decreto legislativo pertanto esiste anche una prospettiva di modifica, che è collegata a questo progetto di legge.
  Sul fronte finanziario, al capitolo 2353 dello Stato di previsione del Ministero dell'interno – Fondo per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati – risultano appostate risorse per 170 milioni di euro. Il contributo statale ci risulta essere pari a 45 euro pro capite/pro die, con un'integrazione a carico dei Comuni.
  Per quanto riguarda le procedure, sappiamo dello sforzo volto ad estendere ai minori il modello SPRAR per un'accoglienza diffusa nei Comuni. Nel Rapporto 2016 sui Comuni e le politiche di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, si accennava ad una capacità ricettiva della rete SPRAR destinata ai minori pari a 1.838 posti, che dovrebbero però nel frattempo essere aumentati.
  Sull'insieme di questi elementi, nonché su ogni aspetto che sia ritenuto meritevole di segnalazione le saremmo grati se volesse fornire alla Commissione il suo contributo. Questo è un argomento di grande sensibilità all'interno del quadro complessivo del sistema di accoglienza nel nostro Paese. Ieri nel nostro Ufficio di Presidenza abbiamo pianificato un programma di lavoro per i prossimi mesi e l'impegno sul filone di attività riguardante i minori non accompagnati è per noi una delle iniziative maggiormente rilevanti. Pertanto le cedo la parola per la sua relazione introduttiva, cui faranno seguito eventuali domande dei colleghi.

  MARIA CAPRARA, Vice prefetto. Ringrazio lei, Presidente, e la Commissione per questa occasione che mi viene data di fare il punto sul sistema di accoglienza dei Pag. 4minori stranieri non accompagnati, che ha già costituito oggetto di un'audizione svoltasi nei primi giorni del mese di ottobre del 2015.
  Il sistema di accoglienza per i minori stranieri non accompagnati è tuttora in costruzione ed è il sistema che venne delineato nella seduta della Conferenza Unificata del 10 luglio 2014, nella quale venne approvato il primo Piano nazionale per far fronte al flusso straordinario di cittadini extracomunitari adulti, famiglie, minori stranieri non accompagnati. Vorrei sottolineare che per la prima volta c'è stata con questa Intesa un'attenzione particolare e specifica, rivolta proprio al tema dei minori stranieri non accompagnati.
  L'Intesa in Conferenza Unificata – credo di non dire cose nuove – è un momento importante per l'Italia, perché ha costituito la formalizzazione della consapevolezza acquisita dal nostro Paese che il fenomeno migratorio è un fenomeno che ormai connota ordinariamente la società italiana, come molte società europee, e che la connoterà ancora per molti anni.
  Da questa consapevolezza derivò anche la necessità di cambiare il metodo di approccio al fenomeno; il metodo varato in quella Intesa è quello della concertazione tra i vari livelli di governo del territorio, quindi lo Stato, le Regioni e i Comuni. In concreto, cosa vuol dire applicare il metodo della concertazione? Vuol dire che per fare accoglienza bisogna avere un approccio che sia condiviso il più possibile con i territori, perché l'accoglienza deve essere, prima di tutto, accettata e sostenibile.
  Nel caso dei minori stranieri non accompagnati, l'approccio si qualifica in modo particolare proprio per la specifica vulnerabilità dei beneficiari dell'accoglienza. I minori sono infatti per definizione soggetti vulnerabili per effetto della minore età, dell'essere stranieri e di trovarsi in un Paese diverso da quello di origine, senza avere una cura, un'assistenza specifica, una rappresentanza legale.
  L'ordinamento italiano da sempre è molto tutelante nei confronti di tutti i minori, italiani e stranieri, che si trovino sul territorio. Proprio per garantire una tutela il più possibile ampia e completa a questi ragazzi, l'ordinamento ha previsto e prevede tuttora la responsabilità dei sindaci. Questo è un intento di tutela maggiore, in quanto dal primo momento (nel nostro caso oggi soprattutto dal momento dello sbarco) è necessario che qualcuno si faccia carico di questi ragazzi.
  L'incremento del numero dei minori presenti (minori che provengono per l'Italia soprattutto dagli sbarchi) ha reso però difficile per i sindaci e per i Comuni far fronte a questa grande responsabilità. È una responsabilità che riguarda la presa in carico a 360 gradi dei minori, anche se comunemente si pensa soltanto agli oneri economici, che certo ci sono e sono rilevanti. È storia nota che alcuni Comuni italiani, soprattutto nel sud d'Italia, in Sicilia, hanno rischiato o addirittura raggiunto il dissesto proprio per gli oneri derivanti da questa specifica accoglienza.
  Lo Stato ha preso atto di questa grande difficoltà ed è intervenuto, già nel 2012, istituendo il Fondo per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, che inizialmente era attestato nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
  L'aumentare dei flussi però è stato tale che anche questa misura si è presto rivelata non del tutto sufficiente a sostenere i Comuni; quindi con l'Intesa del luglio 2014 in Conferenza unificata c'è stato un cambio di passo: il compito di curare l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati è stato affidato al Ministero dell'interno, incaricato, come dice la Conferenza, di ricondurre il fenomeno ad una governance di sistema. Per questa sorta di reductio ad unum anche le risorse del Fondo sono state trasferite dallo stato di previsione del Ministero del lavoro a quello del Ministero dell'interno, presso il quale il Fondo è tuttora attestato.
  Successivamente, i contenuti fondamentali dell'Intesa in Conferenza hanno avuto una formalizzazione con norme primarie, prima con la legge di stabilità 2015 e poi con il decreto legislativo n. 142, che a un anno appena dalla sua entrata in vigore ha già subìto delle modifiche. Pag. 5
  A questo punto farei solo un rapido accenno ai dati dei minori che arrivano sul territorio nazionale provenienti da sbarco. Nel 2014 sono approdati in Italia 13.026 minori, l'anno successivo, il 2015, 12.360, dato sostanzialmente stabile. Nell'anno appena concluso, i minori da sbarco sono stati 25.846, quindi siamo al raddoppio.
  Una precisazione: questi sono i dati dei minori che provengono da sbarco; a questo dato andrebbe sommato (ma non è possibile) il dato dei minori che arrivano in Italia attraverso i valichi terrestri. Anche questo dato è in aumento da alcuni anni: prima era più interessato il confine orientale, come vediamo anche in modo indiretto dai dati dell'accesso al Fondo. La Regione Friuli inizialmente, avendo pochi minori, non chiedeva nemmeno l'accesso al Fondo, ora lo chiede in maniera sempre più consistente, e questo – sia pure indirettamente – permette di comprendere quanto questo dato sia in crescita.
  Oggi ci sono dei fenomeni particolari, quali i minori che arrivano da Ventimiglia, i minori che dalla Confederazione elvetica vengono respinti e quindi si riversano nella provincia di Como. Queste sono situazioni contingenti, che però danno un'idea del fenomeno. Posto quindi che non abbiamo il dato complessivo dei minori che arrivano sul territorio, credo comunque che sia evidente la difficoltà di costruire un sistema di accoglienza quando il numero dei beneficiari è in forte crescita.
  Vorrei accennare brevemente, per dare l'idea di cosa abbiamo cercato di fare per costruire un nuovo sistema di accoglienza, all'attività svolta dal mio ufficio, la Struttura di missione per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, costituita a pochi giorni dall'Intesa in Conferenza: il 10 luglio ci fu l'Intesa e con decreto del successivo giorno 29 il Ministro dell'interno pro tempore istituì la Struttura di missione, che opera presso il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione.
  Appena appreso del compito che ci era stato affidato, abbiamo capito subito che era necessario avere risorse a disposizione, quindi ci siamo rivolti all'Unione europea: attraverso interlocuzioni con la Commissione, abbiamo rappresentato prima di tutto la nostra esigenza di fare accoglienza, di avere un aiuto, anche finanziario, e abbiamo proposto una linea di attività.
  La Commissione ha condiviso la nostra proposta e quindi ci ha finanziato una Misura emergenziale con risorse economiche complessive per 13 milioni di euro (mi pare che fossero circa 11 milioni di finanziamento europeo e più di 1 milione di cofinanziamento nazionale). La Misura emergenziale è denominata «Miglioramento della capacità del territorio italiano di accogliere minori stranieri non accompagnati».
  Nell'ambito di questa Misura abbiamo proceduto con l'adozione di due Avvisi pubblici. Perché due? Perché il primo non ha consentito di selezionare tutti i progetti di accoglienza finanziabili (li chiamiamo progetti perché questo è il termine delle regole europee). Con il primo Avviso pubblico siamo riusciti ad attivarne solo dieci, poi, siccome c'erano altre risorse, abbiamo deciso di fare un nuovo Avviso; così nell'anno 2015 siamo arrivati ad attivare complessivamente quindici progetti, per complessivi 787 posti.
  Uno dei propositi che ci eravamo dati era quello di avviare, anche per i minori stranieri non accompagnati, un'accoglienza diffusa sul territorio nazionale, per vari motivi. Era opportuno tener conto delle regioni di sbarco, quindi soprattutto Sicilia, Puglia, Calabria, che hanno un'esigenza di pronta ricettività perché devono fronteggiare sbarchi anche massicci, che a volte si ripetono a distanza di pochi giorni, per cui il territorio non riesce ad assorbire i minori.
  Da un lato, quindi, c'è l'esigenza di una pronta ricettività, dall'altro, c'è il problema di non appesantire ulteriormente territori già provati da anni di sbarchi, da una presenza massiccia di migranti adulti e ora anche minori che restano sul territorio.
  Riteniamo infine che per fare un'accoglienza degna di questo nome i ragazzi non debbano restare in territori già provati dal fenomeno migratorio, perché per dare loro un'opportunità bisogna portarli in aree che possano garantire un'accoglienza di qualità, Pag. 6 cioè prospettare il prima possibile al ragazzo i percorsi che potrà avere restando in Italia o in altri Paesi, avvalendosi di altre opportunità, quali ricongiungimenti familiari e la relocation.
  Attraverso questi quindici progetti, siamo riusciti a coprire la Sicilia (quattro progetti), la Campania (quattro progetti); la Calabria, la Puglia, la Basilicata, il Lazio, la Toscana, l'Emilia Romagna e la Liguria (un progetto per ciascuna regione).
  Mancavano totalmente alcune regioni non perché i progetti non fossero stati selezionati, ma perché non c'è stata partecipazione agli Avvisi. Questa è una difficoltà che, come loro sapranno meglio di me, riguarda anche l'accoglienza degli adulti, laddove non tutti i territori sono pronti ad accogliere o ad accogliere ancora, perché ritengono di essere già gravati e di non poter offrire altre opportunità.
  Tutti i progetti inizialmente dovevano partire il 20 marzo 2015, ma di fatto abbiamo avuto una prima tranche di dieci progetti che ha cominciato le attività il 20 marzo, una seconda tranche di cinque progetti che ha cominciato le attività il 3 giugno. Per tutti la data di cessazione delle attività inizialmente prevista era, il 17 dicembre 2015, ma non abbiamo potuto, né voluto rinunciare a un piccolo pezzettino di accoglienza in più, a questi 787 posti che possono sembrare irrisori rispetto alle esigenze di accoglienza, ma che ci hanno consentito di sostenere i territori almeno nelle situazioni più urgenti.
  Faccio presente che – certamente non con intenti discriminanti – quando i colleghi ci chiamano dalle prefetture dicendoci che nello sbarco ci sono minori particolarmente piccoli o che appaiono particolarmente vulnerabili, noi cerchiamo di dare loro un'accoglienza che speriamo sia migliore. Non abbiamo quindi voluto, né potuto rinunciare a questa accoglienza.
  Siamo quindi intervenuti con il sistema delle proroghe. La prima proroga, quella dal 17 dicembre 2015 al febbraio 2016, è stata finanziata con le economie maturate nell'ambito della Misura emergenziale. Abbiamo poi avuto l'aiuto dall'Autorità Responsabile del Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione (FAMI), il Prefetto Malandrino, che si è fatto carico di aiutarci e attraverso interlocuzioni con la Commissione europea ha messo a disposizione risorse ordinarie del FAMI, facendo sì che i progetti continuassero l'attività dal 20 marzo 2016 al 22 agosto dello stesso anno.
  Perché questa data del 22 agosto? Perché il 23 è cominciata – sia pure in modo graduale – l'attività dei nuovi progetti dell'ultimo Avviso pubblico, così non abbiamo dovuto interrompere mai le attività. Vorrei precisare che questo Avviso è stato finanziato con risorse ordinarie del FAMI (quindi ormai siamo fuori dalla Misura emergenziale) per complessivi 51 milioni di euro, che consentono di finanziare progetti per 1.000 posti in strutture dedicate esclusivamente ai minori stranieri non accompagnati, per il periodo dal 23 agosto 2016 al 27 marzo 2019.
  Noi speriamo che questa disponibilità ci consenta di fare altri interventi. Mentre si svolgevano le attività dei primi due Avvisi pubblici abbiamo infatti messo a punto l'altro e cerchiamo sempre di affinare i contenuti di questa accoglienza. Si tratta certamente di una politica di piccoli passi sotto il profilo dei numeri, però è quanto riusciamo a fare per ora.
  Ad oggi sono attivi venti progetti, quelli che hanno cominciato l'attività a partire dal 23 agosto. Sarebbero dovuti partire subito il 23, però purtroppo ci sono problemi legati alla normativa statale e regionale in materia di accoglienza dei minori. Esiste una legislazione dello Stato, la legge 328 del 2000, che stabilisce i requisiti e gli standard strutturali dei centri di accoglienza.
  Questa legge stabilisce i criteri generali che certamente non possono essere superati dalla normativa regionale, ma le Regioni se vogliono (quasi tutte l'hanno fatto) possono darsi una normativa nell'ambito della legge nazionale. Questo comporta diversità sul territorio: in alcuni casi sono le Regioni, in genere sono i Dipartimenti delle politiche sociali, che autorizzano le strutture e ognuno con un proprio sistema.
  Si parla di autorizzazione, in alcuni casi autorizzazione e accredito, quindi le Regioni Pag. 7 autorizzano, però c'è sempre una competenza forte anche dei Comuni, per esempio delle ASL per i requisiti igienico-sanitari. Le Regioni possono esercitare direttamente i controlli o delegare i Comuni. In altri casi, invece, la normativa regionale demanda proprio ai Comuni o ancora agli ambiti socio-sanitari i poteri autorizzatori.
  Questa è una difficoltà per noi, per orientarci, perché è una normativa complessa, e in alcuni casi una difficoltà anche per chi vuole fare accoglienza. Per esempio, nei nostri primi Avvisi era previsto che la capacità delle strutture dovesse essere di 50 posti. In Sicilia non ci sono stati problemi, perché il 14 agosto 2014, con l'impennata degli arrivi di minori stranieri non accompagnati, c'era stata una delibera di Giunta della Regione Siciliana, tuttora valida, che prevede che per le strutture che ospitano minori stranieri non accompagnati la capienza possa arrivare addirittura a 60 posti. In Sicilia, quindi, chi ha voluto partecipare ai nostri Avvisi non ha avuto problemi.
  Diversamente è avvenuto in altre regioni, ad esempio in Campania e Puglia, che a fini di tutela (comprensibilissime quindi le scelte operate) stabiliscono che la capienza delle strutture per minori non possa superare gli 8 posti, elevabili a 9 o 10 in caso di necessità e di urgenza.
  Questo ha comportato che in Sicilia abbiamo attivato con il primo Avviso anche strutture da 50 posti, cioè tutti insieme in un unico immobile, mentre in regioni come la Campania e la Calabria abbiamo attivato i 50 posti, però in più strutture. Questo ovviamente è stato un aggravio per chi ha operato, perché magari l'accoglienza è migliore in strutture più piccole, che possono essere simili all'ambito familiare, però comporta maggiore spesa, per esempio per le équipes di operatori che si devono spostare, anche perché noi abbiamo chiarito nell'ultimo Avviso pubblicato che deve essere garantita un'omogeneità di servizi tra le diverse strutture di accoglienza.
  Abbiamo chiesto che non ci fossero distinzioni tra strutture diurne e strutture notturne per avvicinarci di più a una situazione che, se non familiare, comunque fosse amichevole per i ragazzi: credo che l'articolazione dell'accoglienza in struttura diurna e notturna sia la negazione di ciò che può evocare, sia pure in modo lontano, una situazione familiare.
  I nostri progetti (al momento 20) sono stati attivati, le regioni più o meno sono le stesse, in più abbiamo come new-entry un progetto nella regione Piemonte e un progetto nella regione Sardegna. Questo è l'ultimo progetto, che ha avviato le attività il 9 gennaio.
  Teoricamente i progetti sarebbero 21, ma un progetto della regione Calabria in questo momento ha dovuto sospendere l'attività, perché ha operato per circa due mesi con un'autorizzazione provvisoria della Regione ed è in attesa del rilascio dell'autorizzazione definitiva. Per ora l'attività è sospesa, quindi abbiamo dovuto trasferire altrove i minori, perché certo non potevamo lasciarli in una struttura che non fosse autorizzata, essendo scaduta l'autorizzazione provvisoria.
  La Regione Calabria si trova in difficoltà a seguito di una modifica normativa, per cui ora la competenza ad autorizzare non è più della Regione, ma è stata devoluta agli ambiti socio-sanitari. Non sono informatissima, ma credo che sia in corso una sorta di avvalimento, cioè che la Regione aiuti a gestire questa nuova competenza.
  Questo per quanto riguarda la prima accoglienza.
  In modo parallelo ci siamo curati, secondo il sistema delineato dalla Conferenza e poi ripreso dalla normativa primaria, della seconda accoglienza. Nel 2015 abbiamo curato l'elaborazione del primo Bando dedicato esclusivamente ai minori per l'accoglienza nello SPRAR, che per noi è fondamentale essendo una delle innovazioni dell'Intesa in Conferenza.
  Poiché al momento l'accoglienza nel sistema SPRAR è considerata la migliore per i minori, l'Intesa in Conferenza sancisce che debba essere offerta a tutti i ragazzi, indipendentemente dall'eventuale presentazione di una domanda d'asilo. È irrilevante ai fini dell'accoglienza. Il minore che presenta la domanda ha comunque diritto ad espletare la relativa procedura, quindi le Pag. 8strutture di prima accoglienza hanno anche il compito di supportare il ragazzo e fare emergere questo intendimento, spiegare cosa significhi una domanda di asilo, quindi aiutarlo anche in questo: ciò non incide ai fini dell'accoglienza, proprio per una maggior tutela, per offrire a tutti un'accoglienza di maggiore qualità.
  Con il primo Bando SPRAR dedicato esclusivamente ai minori abbiamo attivato nuovi posti, 1.010. Anche qui c'è stata un'attivazione graduale di questa nuova ricettività, a far data dal 1 dicembre 2015. Ad oggi, l'accoglienza totale nello SPRAR è di 2.039 posti, quindi sicuramente un incremento c'è stato, se consideriamo che nel luglio 2014, cioè all'epoca dell'Intesa in Conferenza e della costituzione della nostra Struttura di missione, i posti nello SPRAR erano poco più di 600.
  Abbiamo fatto quindi un passo avanti, ma certamente questa rete deve essere ulteriormente potenziata. A questo proposito vorrei già accennare che l'Autorità Responsabile del FAMI ha messo a disposizione risorse per circa 110 milioni di euro per finanziare 2.000 posti nella seconda accoglienza SPRAR. Anche qui i progetti sono finanziati dalla data in cui partiranno (i lavori della Commissione non sono conclusi) fino al 31 dicembre 2018.
  Segnalo però una criticità: sono state presentate poche domande, sono 50 proposte progettuali. I lavori della Commissione sono in corso, però consentiranno forse di arrivare a 800 posti a fronte dei 2.000 stimati come fabbisogno. Sembra che l'adesione al Bando pubblico non sia stata significativa come speravamo.

  PRESIDENTE. Dovrebbe essere il contrario...

  MARIA CAPRARA, Vice prefetto. Dovrebbe essere il contrario anche perché l'accoglienza SPRAR è l'accoglienza del futuro per tutti, per adulti e minori. Capisco però che anche i Comuni hanno le loro difficoltà e incertezze, che i problemi sono tanti. Certo un migliore approccio al fenomeno migrazione e all'accoglienza sono sicuramente una priorità.
  Per quanto riguarda il metodo che ci siamo dati come Struttura di missione, anche noi abbiamo cercato di seguire il metodo della concertazione, quello inaugurato dalla Conferenza Unificata del 2014, e lo abbiamo fatto curando l'elaborazione dei primi Avvisi pubblici del 2015. L'abbiamo fatto condividendo i contenuti di questi Avvisi con l'ANCI e con le Regioni, proprio perché ci rendevamo conto di quanto fosse importante il profilo della compatibilità con i territori, ma anche lo snodo delle autorizzazioni. Abbiamo quindi condiviso i testi degli Avvisi pubblici con l'ANCI e con le Regioni.
  Abbiamo previsto nei Bandi (credo che anche questa sia una forma di concertazione) che gli enti locali potessero presentare le proposte progettuali o come capofila dei progetti o come partner. Attualmente, ad esempio, nei progetti avviati dal 23 agosto ad oggi abbiamo alcuni Comuni che sono capofila di progetto come il Comune di Bologna (in Emilia ora ci sono due progetti, uno a Bologna e il progetto dell'ANCI Emilia-Romagna, di cui l'ANCI è capofila), il Comune di San Fele in Basilicata che è capofila e tra i partner c'è poi anche il Comune di Rapone, un Comune della provincia di Potenza in cui ha sede una delle strutture.
  Ci sono altri casi in cui il Comune non è capofila, ma è partner, come per esempio il comune di Catania, partner del progetto ora attivato, il progetto della Toscana, di cui partner è il Comune di Firenze, il progetto di Trapani e poi un progetto su Catania che addirittura vede partner due Comuni sedi delle strutture. Riteniamo che la presenza del Comune in una delle due vesti, capofila o partner, sia molto importante e significativa, anche perché agevola l'offerta dei servizi; è anche una sorta di garanzia per la sostenibilità del progetto sul territorio. Vuol dire infatti che la compatibilità è già stata valutata, altrimenti un Comune non darebbe questa disponibilità.
  Oltre a questa possibilità, abbiamo previsto che al momento della presentazione delle proposte progettuali fossero allegate anche le prese d'atto del Comune, quando non partecipa al progetto, dell'ASL e della Pag. 9prefettura, per garantire la compatibilità del progetto con il territorio e la fruibilità dei servizi.
  Allo stesso modo, quando abbiamo messo a punto la procedura che consentisse di inserire i minori provenienti da sbarco soprattutto, ma anche rintracciati in momenti successivi sul territorio, abbiamo considerato l'esigenza di coinvolgere tutti i soggetti istituzionali che hanno competenza in materia di minori: l'Autorità Giudiziaria minorile, le prefetture, le questure, i Comuni. Quindi anche nelle disposizioni di trasferimento informiamo sempre il Comune interessato dallo sbarco o da rintraccio, il Comune che ospita la struttura, e così facciamo per le prefetture, le questure e prima di tutto per l'Autorità Giudiziaria minorile.
  Parlavo di minori sbarcati o comunque rintracciati sul territorio; Inizialmente il nostro primo Avviso era dedicato solo ai minori provenienti da sbarco, poi ci siamo accorti dall'esperienza quotidiana di come il fenomeno si atteggi, perché a volte il minore sbarca, viene messo subito in una pronta accoglienza, però poi si allontana e viene rintracciato tempo dopo in un altro territorio, in un'altra regione, in un altro comune, quindi abbiamo esteso la possibilità di inserire i minori rintracciati in un momento successivo a quello dello sbarco.
  Ovviamente c'è stata un'interlocuzione specifica su questo punto con la Commissione europea, che, come emerge da questa mia prima esperienza ha dimostrato grande sensibilità nel cogliere il significato dell'accoglienza che vogliamo realizzare, la diversità delle situazioni, nonché, infine, le nostre richieste, differenti nel tempo, perché rapportate ad un fenomeno che muta rapidamente.
  Tornando al metodo della concertazione, anche se qui forse è improprio parlare di concertazione perché è più una collaborazione tra istituzioni, abbiamo svolto delle visite in loco presso i progetti che abbiamo attivato. Le abbiamo svolte avvalendoci del supporto delle prefetture, delle questure e talora dei Comuni; a volte abbiamo chiesto un sopralluogo dei Vigili del fuoco oppure della ASL per verificare i requisiti igienico-sanitari o di sicurezza.
  C'è stata un'ampia consultazione con l'ANCI e con le Regioni svoltasi lo scorso anno per l'elaborazione del decreto ministeriale previsto dall'articolo 19, comma 1 del decreto n. 142, la norma che disciplina i centri governativi che dovremo istituire. La disposizione del comma 1 rimanda a un decreto del Ministro dell'interno, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze per i profili finanziari, per mettere a punto le modalità dell'accoglienza, gli standard strutturali e i servizi che devono essere offerti nei centri.
  C'è stata un'ampia condivisione, che ha richiesto diverso tempo, con l'ANCI e le Regioni anche su questo provvedimento e finalmente siamo riusciti ad andare al concerto con l'Economia. Ripeto: l'elaborazione del decreto ha richiesto parecchio tempo per coinvolgere tutti gli attori istituzionali interessati.
  Vorrei dire che il tempo trascorso, che certamente ritarda l'istituzione dei centri governativi, non è stato vano. Nell'ultimo Avviso che abbiamo pubblicato, quello dei centri partiti il 23 agosto, abbiamo già riversato i contenuti di questo decreto ministeriale: i centri che abbiamo attivato rispondono ai requisiti che il d. lgv n. 142 richiede per i centri governativi.
  Stiamo cercando di affinare le nostre esperienze: ci eravamo resi conto che la condivisione di questo decreto e la concertazione con l'Economia avrebbe richiesto tempo, quindi la seconda ondata di Avvisi pubblici è già conformata su quelli che dovranno essere i requisiti dei centri governativi.
  Questo è frutto dell'esperienza quotidiana. Per esempio, ci siamo accorti tra i primi Avvisi adottati e l'ultimo, che stabilire un'accoglienza – sia pure una prima accoglienza – a 50 posti è troppo, perché difficilmente si riesce a far funzionare una struttura a 50. Come prevedeva il decreto ministeriale, quindi, i centri governativi saranno di 50 posti (questo è già nei progetti), però in almeno due strutture, e ciascuna non potrà superare i 30 ospiti: altrimenti è difficile fare un'accoglienza di qualità. Del Pag. 10resto, però, le emergenze impongono di dare comunque un'accoglienza ai minori, quindi bisogna elevare la ricettività.
  Come dicevo, questa esperienza maturata per l'elaborazione del decreto ministeriale sui requisiti degli istituendi centri governativi è stata messa a disposizione dell'Autorità Responsabile del FAMI, che ha curato l'ultimo Avviso. Anche questo è stato poi condiviso con le Regioni e con l'ANCI, come ormai sempre avviene.
  La nostra attività quotidiana è diretta quindi in via prioritaria ad ampliare la rete dell'accoglienza, di primo e di secondo livello. Soprattutto, dovremmo individuare una proporzione tra la prima e la seconda. Per esempio, con gli ultimi Bandi FAMI abbiamo deciso di ampliare di 1.000 posti la prima e di 2.000 la seconda. A parte verificare se l'intento riesca (non sembra purtroppo che stia riuscendo per la seconda), il fatto che rispetto all'anno appena concluso siamo già al raddoppio del numero dei minori arrivati in Italia induce a ritenere che questa rete debba essere ulteriormente ampliata.
  Fare accoglienza non vuol dire soltanto aumentare la capienza dei centri, ma bisogna puntare anche ai contenuti. Ritengo che soprattutto quelli che lavorano in prima persona con i ragazzi debbano acquisire la capacità di immaginare prima possibile il percorso che il minore potrà fare e considerare che i momenti dell'accoglienza sono tutti concatenati.
  Il decreto legislativo n. 142 fornisce indicazioni forti: per esempio, all'articolo 18 sancisce il diritto all'ascolto del minore, un principio che tutti conosciamo da tempo, contenuto in tutte le convenzioni internazionali in materia, che però ora viene ribadito e declinato. Il decreto n. 142 stabilisce infatti espressamente che bisogna consentire al minore di esercitare questo diritto e prevede specificamente che almeno un colloquio con uno psicologo dell'età evolutiva debba avvenire nella fase di prima accoglienza, che dovrebbe durare 60 giorni, ma purtroppo dura molto di più.
  Credo che averlo inserito in una norma primaria sia più agevole e più cogente anche per gli operatori dei centri e per i responsabili delle strutture. Ora è veramente un adempimento cui non si può sfuggire, non è più un principio. Questo è il primo criterio.
  Sono ragazzi che hanno molto sofferto, – cosa che non dobbiamo dimenticare –, probabilmente per esperienze nel Paese di origine, per difficoltà che tutti sappiamo, perché ci sono guerre, conflitti, un forte differenziale tra i livelli di vita, tra i Paesi di origine e le nostre società europee, un divario che oggi la rete consente di conoscere e di vedere molto bene.
  Si tratta di ragazzi che fuggono perché vogliono aiutare le loro famiglie, che spesso li fanno partire per dare loro una chance, un'opportunità: in genere viene fatto partire il primogenito maschio, che ha poi l'onere di aiutare la famiglia, in molti casi innanzitutto di ripagare il debito contratto per affrontare il viaggio, e poi di sostenere la famiglia, di consentire ad un altro familiare, per esempio un fratello, di venire da questa parte del Mediterraneo. Si tratta quindi di ragazzi duramente provati, senza pensare a quello che affrontano durante il viaggio che compiono da soli, anche se a volte con gruppi di migranti adulti, situazione non sempre di tutela per il minore.
  Non sappiamo bene cosa accade in questi viaggi, sappiamo che attraversano da soli la Libia, sappiamo che in Libia vivono quasi tutti un periodo di detenzione, poi lavorano, poi si devono pagare il passaggio per mare, sono vite veramente difficili per ragazzi così giovani. Sappiamo che alla fine c'è il viaggio, che è l'ultimo trauma: sono ragazzi che spesso non hanno mai visto il mare e quindi immaginare cosa significhino queste traversate notturne sui barconi, sui gommoni.
  Tutto questo ci deve far riflettere, ci deve far capire che noi dobbiamo comprendere questi ragazzi, dobbiamo cercare di capire la loro intenzione, cosa vogliono fare, se vogliano restare in Italia o meno, perché, come ho già accennato, hanno la chance dei ricongiungimenti familiari e della relocation. Per fare tutto questo, però, ci vuole un sostegno forte da parte degli operatori delle strutture, che devono essere preparati perché sono quelli più vicini ai Pag. 11ragazzi (gli operatori, non solo il responsabile).
  Ci possiamo avvalere di supporti forti di organizzazioni come l'UNHCR, l'OIM, Save the Children, organizzazioni che nell'ambito della Misura emergenziale erano, insieme alla Croce Rossa e all'ANCI partner dei nostri progetti. Attualmente, sempre a valere sul FAMI, sono state stipulate o sono in corso di stipula delle convenzioni con l'UNHCR, l'OIM, che, nell'ambito di una collaborazione più generale con il Ministero dell'interno nel campo dell'accoglienza dedicano in vario modo un'attenzione particolare ai minori stranieri non accompagnati.
  La prima di queste convenzioni, operativa dal 1° ottobre dello scorso anno, è quella con Save the children, il progetto Children come first, cioè intervento in frontiera (frontiere sia marittime che terrestri). Il primo approccio con questi ragazzi è soprattutto un supporto informativo, Save si occupa di far capire le varie possibilità che hanno in Italia. Poi c'è la collaborazione con l'UNHCR attraverso una convenzione che non riguarda solo i nostri centri, ma in un quadro più vasto offre una disponibilità. Gli operatori dell'UNHCR comunque faranno attività presso i nostri centri, potranno intervenire, come è sempre stato, su chiamata, in caso di problemi particolari.
  L'OIM, in particolare per i minori, si occuperà di far emergere situazioni di specifica vulnerabilità (pensiamo alla tratta a fini di sfruttamento lavorativo e sessuale). Questo sicuramente è un aiuto grande che ci viene offerto e che dobbiamo ai minori.
  Un altro proposito che cerchiamo di attuare è quello di offrire un'accoglienza di qualità: ma cosa vuol dire? Fare in modo che i ragazzi, che dovrebbero stare 60 giorni nella prima accoglienza, accoglienza che purtroppo però si protrae a volte a lungo, possano vivere una vita il più possibile simile a quella dei loro coetanei italiani. Pensiamo quindi alle attività scolastiche, che, a seconda del grado di preparazione del ragazzo, sono sia lezioni che corsi di alfabetizzazione di lingua italiana fatti nelle strutture; quando è possibile invece, i ragazzi vengono iscritti a scuola e frequentano con i coetanei; talora le scuole si mostrano disponibili e fanno dei corsi appositi. Frequentare l'ambito scolastico vuol dire che almeno incontrano altri coetanei italiani e questo è un primo passo.
  Fare la stessa vita dei loro coetanei, dei nostri figli, significa anche occupare il loro tempo libero, per esempio fare in modo che questi ragazzi svolgano attività sportive. Qui vorrei segnalare che la Direzione centrale per le politiche dell'immigrazione e dell'asilo del Dipartimento libertà civili ha varato diverse iniziative, che insieme vengono a costituire un sistema integrato di interventi.
  Il primo protocollo, siglato nel giugno scorso, è stato quello con il CONI, che consentirà ai ragazzi accolti nelle strutture di prima o seconda accoglienza di svolgere la pratica sportiva. Sono stati sottoscritti altri protocolli che riguardano minori e anche giovani adulti, ad esempio il protocollo con la Conferenza dei Rettori delle università italiane. Il Ministero dell'interno concede le borse di studio e le università si sono impegnate a non far pagare ai ragazzi le tasse universitarie ed altre eventuali spese.
  Un altro protocollo è stato fatto con la Pontificia Università Lateranense e riguarda degli stages di alta formazione per i ragazzi che continuano gli studi in Italia. A breve, dovrebbe essere discussa (credo che sia stata presentata in questi giorni) un'altra proposta progettuale, che viene dall'Istituto nazionale per la promozione della salute dei migranti e per il contrasto alle malattie della povertà. Anche questa potrà essere una buona occasione.
  Tutti insieme cerchiamo di aiutare questi ragazzi. L'accoglienza di qualità dovrebbe essere questa, affinché l'accoglienza vissuta nel nostro Paese, sia che i ragazzi decidano di restare, sia che desiderino raggiungere altri Paesi dell'Europa, non sia tempo buttato via, ma sia messa a frutto; questa è la vera opportunità che dobbiamo dare ai ragazzi, orientarli anche in queste scelte, supportarli.
  La domanda d'asilo ad esempio è una scelta importante, significa che il ragazzo non tornerà più nel Paese di origine, quindi Pag. 12bisogna farlo riflettere bene. Non è uno strumento per restare. È importante creare un rapporto con i ragazzi, che nelle strutture deve essere un rapporto di fiducia e di credibilità. In questo senso è fondamentale il ruolo degli operatori.
  Vorrei anche dire che l'accoglienza può migliorare. Nella precedente tornata di centri FAMI, ad esempio, due ragazze eritree accolte in centri della Campania hanno avuto due storie parallele: volevano scappare e sono state riprese tante volte, una addirittura a un certo punto è caduta da una finestra, si è fatta molto male, è stata operata, è stata seguita anche in questa fase. Entrambe hanno poi capito che non era necessario scappare, se volevano ricongiungersi una a uno zio in Inghilterra, l'altra a un fratello in Germania.
  Le ragazze addirittura hanno mandato messaggi ai centri che le hanno ospitate, messaggi che hanno fatto pervenire anche a noi, per ringraziare e dire ai ragazzi che si trovano nelle loro condizioni di non scappare, anche perché fuggire significa mettersi di nuovo a rischio
  È fondamentale anche confrontarci con altri Paesi europei. Per esempio, nel giugno e poi nel novembre scorso il Dipartimento libertà civili ha ospitato a Roma due incontri del GDISC, il gruppo che raccoglie i Direttori generali dell'immigrazione dei Paesi d'Europa, non dell'Unione (ad esempio c'è anche la Svizzera) e il confronto è stato interessante.
  Il primo di questi incontri si è svolto sul tema Children on the move in Europe, i ragazzi in movimento nell'Europa, poi la segreteria del GDISC ci ha chiesto di ospitare un nuovo incontro sul tema della qualità dell'accoglienza, ma con un focus dedicato all'accertamento dell'età. È stato un confronto molto interessante, ci sono sempre buone pratiche, scambi positivi che si possono avere.
  Tra gli interventi che vogliamo mettere a punto a favore degli operatori dei centri c'è un'iniziativa che è inserita nel Piano dell'EASO, l'Agenzia europea per l'asilo, per il 2017: sono previsti incontri sul territorio, rivolti agli operatori dei centri e ovviamente ai nostri colleghi delle prefetture, ai Comuni, a chi vorrà partecipare. Ci saranno rappresentanti dell'EASO, dell'UNHCR, una collega che è con noi nella Struttura di missione e che ha già maturato esperienza per diversi anni come Presidente delle Commissioni territoriali asilo, quindi darà un buon apporto.
  Anche l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza ha manifestato interesse per la nostra attività e, nell'esercizio del mandato istituzionale, dei compiti che la legge le attribuisce ha convocato prima dell'estate un tavolo con un'ampia partecipazione (oltre al Ministero dell'interno quello della Giustizia, il CSM, una rappresentanza dell'Ordine degli assistenti sociali), in cui sono stati affrontati temi importanti, quali la nomina e la formazione del tutore, l'istituzione di un albo dei tutori, temi che spesso troviamo sul nostro cammino.
  È stata valutata anche l'ipotesi di introdurre una cartella sociale che segua il ragazzo dallo sbarco e dall'ingresso in struttura durante tutto il percorso. Ora il Garante ha seguito anche l'attivazione di questi nuovi centri di accoglienza e ha programmato una serie di visite. Credo che la prima sarà domani a Firenze.
  Ho parlato tanto di capienza dei centri, che deve essere contenuta, ho parlato del limite dei 50 posti, che però sarà applicato ai centri governativi articolati in più strutture. Purtroppo, però, all'inizio dell'estate scorsa abbiamo dovuto non fare un passo indietro, ma rivedere questa posizione. Abbiamo introdotto una modifica all'articolo 19 del decreto n. 142, il comma 3-bis, e abbiamo previsto che, in caso di ripetuti afflussi di minori stranieri sul territorio, qualora i Comuni non possano far fronte all'accoglienza, il prefetto possa attivare strutture ricettive temporanee, per le quali è prevista la capienza dei 50.
  Ripeto, non è un passo indietro, è un adeguamento alla realtà, perché con il raddoppio degli arrivi è stata necessaria questa misura. I c.d. CAS minori sono in via di istituzione, per ora ne sono nati 26 su tutto il territorio. Per questi, che ho chiamato impropriamente CAS (me ne scuso) perché sono strutture ricettive temporanee per minori, il pagamento delle spese è sempre a Pag. 13carico del Fondo per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, la cui gestione dal luglio 2015 è stata affidata alla Struttura di missione.
  Per quanto riguarda le risorse del Fondo i dati sono pubblici e noti. Abbiamo avuto nel primo anno, il 2015, una dotazione complessiva di 90 milioni, anche se da legge di stabilità lo stanziamento era 32,5 milioni.
  Abbiamo messo a punto una procedura per l'accesso al Fondo, perché quando lo stesso era al Ministero del lavoro la procedura era diversa e prevedeva un decreto del Ministro, noi invece abbiamo proceduto in altro modo, abbiamo utilizzato le prefetture: i Comuni che fanno accoglienza chiedono, attraverso le prefetture, il contributo a valere sul Fondo. In questo modo procediamo attraverso l'accredito delle risorse alle prefetture, che poi le riversano ai Comuni, che, a loro volta le riversano a chi ha fatto l'accoglienza.
  Per il 2016 la dotazione complessiva del Fondo era di 170 milioni, poi ci sono stati degli spostamenti verso altri capitoli e, complessivamente, abbiamo gestito quasi 108 milioni. Ad oggi i pagamenti effettuati sono per circa 92.600.000 euro, che comprendono anche le spese per le prime strutture ricettive temporanee attivate sul territorio. Alcune sono già state pagate, per altre è stato fatto l'impegno di spesa. In totale sono 26.
  Questa è una realtà in movimento, so che ora dovrebbero nascerne altre due in Calabria, e sono diffuse un po’ su tutto il territorio, per esempio anche a Como, dove ora con il fenomeno dei minori respinti dalla Confederazione elvetica sono stati attivati dei «CAS».
  Mi scuso e chiudo.

  PRESIDENTE. Non si deve scusare, anzi grazie della dettagliata relazione. Era da tanto che aspettavamo questo aggiornamento così completo. Lascio la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

  MARCO RONDINI. Grazie, presidente. Lei ci ha dato i numeri relativamente ai minori non accompagnati che sono sbarcati. Mi interesserebbe sapere qual è il numero totale di questi sistemati all'interno dal sistema dell'accoglienza, che sia prima o seconda accoglienza, e di quanti invece si sono perse le tracce.
  Forse ho compreso male, ma lei ci diceva che non abbiamo un dato certo rispetto al numero di minori non accompagnati che non arrivano via mare. Certo che, se così è, diventa difficile anche fare una programmazione più puntuale dell'accoglienza. Vorrei sapere quali ricerche vengano fatte nei Paesi di origine al fine di individuare i familiari e quindi procedere eventualmente alla nomina dei tutori.
  Ancora, quali sono gli esiti dei ricongiungimenti familiari ai sensi del Regolamento di Dublino e come sono distribuiti sul territorio dello Stato a livello regionale i minori non accompagnati? Infine mi interesserebbe conoscere qual è la fascia di età dei minori non accompagnati che sono arrivati da noi. Grazie.

  GIUSEPPE BRESCIA. Grazie alla dottoressa per la esaurientissima spiegazione molto competente ed esaustiva. Volevo fare soltanto una domanda, perché a molte delle domande che ci eravamo preparati ha già risposto (magari la mia collega Lorefice potrà intervenire).
  Vorrei un chiarimento rispetto a un tema che lei ha toccato rapidamente parlando delle relocation. Siccome è un problema che abbiamo già evidenziato più volte perché sappiamo che non hanno funzionato come avrebbero dovuto, le chiederei di approfondire l'argomento e farci conoscere la sua esperienza. Grazie.

  ELENA CARNEVALI. Non me ne vogliano i colleghi se mi prendo più di qualche minuto, ma approfitto e lo faccio anche a nome del gruppo di lavoro sui minori della sua disponibilità. La ringrazio e eventualmente approfitteremo anche oltre la seduta della Commissione. Le chiediamo la disponibilità per mezzo di integrazioni scritte successive.
  Ovviamente tralascio la complessità della situazione che stiamo affrontando e anche Pag. 14l'evoluzione positiva, almeno dal punto di vista della vision che dobbiamo raggiungere al netto delle difficoltà oggettive, che nelle nostre ambizioni giustamente (almeno questo è il punto di vista personale, ma condiviso non solo nell'ambiente politico, ma anche in quello di chi si occupa di minori) è di andare meno nella costruzione di pseudo-orfanotrofi (chiamiamoli così per stressare il termine) e più nella ricerca di un modello familiare. Questo è l'obiettivo che dovremmo garantire a questi minori.
  Mi perdoni se, nonostante gli straordinari e splendidi progetti che abbiamo avuto la fortuna di conoscere anche attraverso convegni ai quali abbiamo partecipato, quindi conosciamo le nostre esperienze positive, entro nel merito di ciò che invece rileviamo come criticità, ma questo è un po’ il nostro compito.
  Innanzitutto partiamo dal tema. Sono 25.000 i minori non accompagnati che di fatto risultano sul nostro territorio. Il dato che mi colpisce moltissimo dai report che noi riusciamo ad avere in modo molto dettagliato, che comprende anche alcuni dei quesiti che sono stati posti qui prima, riguarda la questione delle domande nelle Commissioni, perché dai dati attuali di quest'anno sui richiedenti asilo dei minori stranieri non accompagnati, che sono circa 6.000, risultano pendenti 3.800. Di quelli esaminati, quindi circa 1.400 minori non accompagnati, la percentuale di riconoscimento è del 66 per cento. Che ne facciamo di quelli non riconosciuti?
  Esaminando la distribuzione per fasce di età, circa 10.000 di questi 25.000 sono nella fascia di età compresa nei 17 anni, quindi abbiamo il problema legato a coloro che non sono stati riconosciuti, che possono proporre successive istanze, protraendo il percorso. Cosa succede dopo il passaggio tra la minore e la maggiore età, perché è evidente che circa 15.000 minori viaggiano tra i 15 e i 17 anni?
  Mi ricollego a questo perché dovremo orientarci sempre di più anche nello sforzo di accordo che stiamo facendo con i Comuni, che considero un'esperienza molto positiva, anche nella determinazione di questo 2,5 per cento per 1.000 abitanti, a una distribuzione più equa che deve passare necessariamente tramite un accordo con gli enti territoriali.
  Da qui si potrebbe lavorare per avere una maggiore disponibilità sulla parte di competenza delle Regioni con riguardo alla questione dei centri di accoglienza, perché so bene che gli accreditamenti viaggiano su un massimo di 10 posti per moltissime Regioni e questo va considerato se vogliamo garantire una certa qualità dell'accoglienza che penso che sia il nostro primario obiettivo.
  La domanda è quindi se abbiate previsto, in un accordo in Conferenza Stato-Regioni, di chiedere alle Regioni, sulla base del quadro legislativo nazionale, la legge 328 del 2000, di uniformare almeno il rispetto ad alcuni standard, perché il tema del rapporto tra risorse economiche e standard qualitativi che vorremmo o dovremmo offrire è sicuramente un tema che è stato posto, a volte perché uno dei temi è che noi corrispondiamo 45 euro, ma spesso i Comuni non riescono a garantire l'integrazione. I posti disponibili sul territorio offrono standard di natura economica che viaggiano tra gli 80 e i 90 euro, quando questo va bene, quindi c'è il problema che c'è l'obbligo dell'integrazione da parte dei Comuni e spesso la non sostenibilità sul piano finanziario.
  Se potremo accreditare strutture diverse soprattutto per i minori che sono adolescenti, che hanno magari bisogni diversificati, probabilmente riusciremo a raggiungere anche un rapporto più equo tra risorse economiche e, non dico stare nei 55 euro, però credo che ci si possa avvicinare che sia un obbligo di approfondimento o perlomeno una ipotesi di lavoro sulla quale dobbiamo andare.
  Rimane tutto il tema aperto sulla questione del rapporto tra gli altri enti. Io ho apprezzato soprattutto l'orientamento che stiamo assumendo come dipartimento, purtroppo le cose non vanno in modo così sereno come ci stiamo raccontando qua. I minori sono soprattutto in alcune zone del nostro territorio italiano, quindi abbiamo la grande pressione dei territori del sud, che ci ha portato anche ad accettare il fatto Pag. 15che abbiamo messo la possibilità (usiamo impropriamente questo termine, perché qui ci capiamo) di arrivare a realizzare dei CAS da 50 posti per minori, per cercare di alleggerire le Regioni attualmente maggiormente sotto pressione con questa nuova ondata migratoria di minori.
  È necessario capire però quali sono le diversità di standard che noi vogliamo tra la prima e la seconda accoglienza, perché abbiamo bisogno di capirlo. Nel dettaglio che il report fa sulla ripartizione dei minori per cittadinanza emerge il dato legato ai minori provenienti dall'Albania. Tocco questo tema perché credo che la questione legata ai Balcani non sia irrilevante. Conosciamo famiglie (sono fenomeni che i nostri Comuni conoscono benissimo) in cui i genitori accompagnano sul nostro territorio i minori albanesi e poi tornano al loro destino.
  Da questo punto di vista mi rendo conto che cerchiamo di togliere l'acqua dal mare con il cucchiaio, ma credo che relazioni e rapporti tra Stati possano consentirci in questo caso politiche di rimpatrio, ovviamente nelle condizioni di garanzia di tutela per il minore. Non spediamo nessuno indietro se non in condizioni di totale tutela dei diritti dei minori, però credo che questo sia un fenomeno da affrontare, perché per alcuni territori sta diventando davvero difficile.
  Rimane la questione dei finanziamenti, che purtroppo è stato tema di dibattito anche ieri nella nostra Commissione. Abbiamo colleghi che ci esprimono difficoltà soprattutto nel contesto della Sicilia, dove cooperative, nello sforzo di costruire patti di trasparenza, di qualità, per cercare di contrastare fenomeni di abusivismo e di scorrettezza nell'uso di quanto pattuito, stanno però lavorando con le anticipazioni di cassa, che non sono più sostenibili per alcune, oltre al fatto che credo non sia giusto.
  Si tratta di un tema affrontato anche quando abbiamo svolto la missione a Catania e altre missioni, ma non si capisce dove sia l'inghippo, quindi ci spieghi come transitano le risorse. Una volta che voi date il via al pagamento, che strada deve fare, passa dalle prefetture e poi dalle prefetture ai Comuni che le trasferiscono? Queste risorse di fatto non stanno arrivando come dovrebbero.
  C'è tutto il tema che noi dovremmo garantire a questi minori qualità soprattutto nel campo della formazione. Se le proiezioni sono quelle di cui stiamo parlando, 17.000 minori nella fascia tra i 15 e i 17 anni, difficilmente noi li vediamo accolti nella scuola ordinaria. Spesso funzionano nei corsi di formazione professionale, perché c'è più necessità di una forte professionalizzazione. Loro sono qua perché vorrebbero garantirsi un lavoro.
  Credo che anche da questo punto di vista il Dipartimento dovrebbe costruire un accordo con il Ministero dell'istruzione. Conosciamo le disponibilità dei corsi professionali che ci sono, oltre alle difficoltà economiche di finanziamento, perché esistono anche meccanismi di natura regionale. Questo pezzo sulla qualità dell'accoglienza, salute, politiche di inclusione e formazione sono l'altro pezzo importante, quindi anche da questo punto di vista avremmo la necessità di rafforzare il sistema.
  Ho particolarmente apprezzato lo sforzo che si sta facendo; rimane il fatto che di fronte a numeri così forti le disponibilità totali delle accoglienze, se noi facciamo le somme tra le disponibilità degli SPRAR, le disponibilità dei progetti, le disponibilità nei luoghi di accoglienza prefettizi sono largamente insufficienti. Alcuni rimangono per lungo tempo nei luoghi di prima accoglienza. Grazie.

  PAOLO BENI. Probabilmente mi ripeto, ma giusto per «vedere se mi sono capito», come disse quello, apprezzo molto la sua esposizione rispetto alle linee di indirizzo che la Struttura di missione si è data, ai criteri relativi agli standard qualitativi, a come ha illustrato il modello qualitativo di accoglienza dei minori, ma devo dire che il problema mi sembra sia in che rapporto stiano queste lodevoli intenzioni con la situazione reale delle presenze di minori rispetto anche alla situazione oggettiva dei numeri che lei citava. Pag. 16
  Quando lei parla dei centri governativi si riferisce a quei venti progetti nati a seguito del finanziamento europeo, successivamente coperti dai fondi FAMI? Lei a un certo punto diceva che concordate i bandi con l'ANCI, con le Regioni, e in molti casi i Comuni sono partner o capofila, quindi si riferisce ai centri governativi, anche perché per gli SPRAR i Comuni devono essere per forza capofila.
  Le 26 strutture temporanee, chiamiamole CAS per minori, rientrano nelle competenze della Struttura di missione? Alla fine mi sfugge il quadro complessivo, ma forse è un problema mio che facevo fatica a seguire. Anche facendo la somma dei 1.800 SPRAR, dei 1.300 arriviamo a 4.000 circa. Domando: c'è qualcuno che a livello del Ministero dell'interno ha il quadro complessivo delle presenze dei minori non accompagnati nel Paese anche in relazione ai Comuni, che probabilmente avranno altri dati, che è la presenza in virtù delle competenze dei Comuni? Manca un po’ questo pezzo, che non è indifferente alla visione consapevole del problema.
  Anche sulla questione delle fonti di finanziamento non so se possa schematicamente riassumere i diversi canali di finanziamento dei centri per minori. Questo proprio per chiarezza. Grazie.

  MARIALUCIA LOREFICE. Anche da parte mia innanzitutto i ringraziamenti, perché il prefetto ha cercato di toccare tutti i punti e ha dato delle risposte prima ancora che ponessimo le domande. Naturalmente quello che voglio sottolineare è che poi nella realtà ci si trova ad affrontare tutta una serie di problemi, ai quali soprattutto i Comuni e i sindaci non riescono a dare delle risposte.
  Lei ha parlato dei centri di prima accoglienza per minori, però ci sono realtà come Pozzallo, dove c'è un hotspot in cui i minori si trovano collocati da diversi mesi. Ancora oggi, dopo la nostra visita ispettiva, centinaia di minori (forse addirittura 300) sono collocati in quell’hotspot.
  A giugno è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, quello sugli enti locali, che prevedeva anche una misura rivolta proprio ai minori stranieri non accompagnati, cioè fare in modo che la prima accoglienza fosse destinata ai minori in centri adeguati e in condizioni di non promiscuità con gli adulti.
  Oggi, invece, ci troviamo proprio in questa situazione, cioè minori collocati in hotspot, in condizioni di promiscuità con gli adulti. Le chiedo se siate a conoscenza di questo fenomeno e che interventi stiate cercando di mettere in atto e soprattutto in che tempi per rientrare da questa situazione che naturalmente è molto difficile.
  L'altro problema che riguarda sempre i nostri Comuni è quello a cui lei ha fatto riferimento, cioè quello relativo al tutore. Non vorrei sbagliare, però immagino che fino a quando non vengono trovati dei tutori il responsabile sia il sindaco, quindi in situazioni come quelle di Pozzallo abbiamo un sindaco che finisce per essere responsabile di 300 minori!
  Probabilmente lei l'ha già detto e mi è sfuggito, ma vorrei capire quali interventi stiate avviando e in che tempi, per rendere il sistema di nomina di questi tutori quanto più fluido, rapido ed efficiente possibile.
  Mi ricollego infine al problema sollevato dalla collega Carnevali, quello relativo alla quota pro capite/pro die che è prevista per la gestione di tutto ciò che ruota attorno al minore straniero non accompagnato. Anche rapportandoci con queste cooperative che devono gestire il minore giornalmente, è stato sollevato il fatto che le stesse non riescono a rientrare nei 45 euro giornaliere, sforano questo budget. La restante parte è a carico dei Comuni, che però non possono far fronte a questa quota eccedente, quindi le cooperative si trovano in una situazione di credito, ma ad un certo punto non riescono più a far fronte a questo anticipo di cassa e alcune rischiano davvero di chiudere perché non ricevono risposta e non riescono ad interloquire per avere le risorse che hanno anticipato.
  Secondo lei questa somma di 45 euro, che tra l'altro prevede anche degli operatori che siano formati e specializzati per avere a che fare con i minori, è una quota sufficiente per gestire giornalmente ciascun minore? Qualora non dovesse bastare perché Pag. 17 il Ministero non si fa direttamente carico della parte eccedente, considerando che la maggior parte dei nostri Comuni versa in una situazione, se non di dissesto, comunque molto critica?
  Sarebbe importante che ci fosse un'interlocuzione diretta tra le cooperative, magari tramite le prefetture, e il Ministero piuttosto che i Comuni che non riescono a farsi carico di queste risorse. Spero di essere stata chiara, eventualmente cercherò di spiegarmi meglio.

  PAOLA BINETTI. Intanto ringrazio per l'abbondanza di dati. La sensazione che ho avuto io, però, è che ci fosse una particolare attenzione e concentrazione riservata a quelli che lei ha chiamato i minori più fragili, i famosi ragazzi che rientrano in quella cifra di 1.000 posti, che su questi si concentrassero tutte le energie di creatività e anche di finanziamento delle persone e delle strutture che si occupano di loro, e che, ammesso che sia possibile in un contesto così complesso come quello che stiamo affrontando, rappresentassero una sorta di nicchia di particolari cure.
  Quello che colpisce è quello a cui a un altro livello faceva riferimento prima il collega Beni, la sproporzione tra questi e i 25.000. È come se molte energie e molta attenzione venissero riversate su progetti che possono arrivare a coprire, se ho ben capito, il 10 per cento della totalità e non gli altri.
  Il mio problema in questo momento sono gli altri. Quando dico «gli altri» mi riferisco non soltanto a quelle situazioni a cui faceva riferimento la collega Lorefice dei ragazzi che sono accolti a Pozzallo, ma agli altri che sono nella strada, ai minori non accompagnati, i dispersi, perché sappiamo che è proprio sui dispersi che si concentrano le maggiori linee di frattura, perché possono essere facilmente oggetto di adescamento, possono essere facilmente coinvolti in esperienze di piccola malavita, soprattutto le bambine possono essere avviate a una via di prostituzione sotto vario tipo, genere o specie.
  È chiaro che questo fa sì che il lavoro svolto dal Ministro dell'interno da un lato abbia come interfaccia giusta il Ministero dell'istruzione se io voglio guardare una riqualificazione costante e progressiva di questi ragazzi, dall'altro necessariamente deve fare i conti quasi con il Ministero della giustizia con tutto il problema che questo pone.
  In questa linea di concertazione che lei ha descritto così bene, che va dal Ministero alle Regioni, alle province, ai Comuni, mi chiedo se vi sia una linea trasversale che attraversa i diversi Ministeri e che ponga bisogni diversi ed esigenze diverse in una visione che è una sorta di atteggiamento problem solving, non soltanto legato al singolo problema. È ovvio che la nostra preoccupazione va particolarmente a queste persone anche perché capiamo che è lì che si annidano le maggiori sacche di sofferenza e di disagio personale sociale e qualche volta anche a livello nazionale.
  I 45 euro secondo me sono sufficienti se mi rivolgo al bambino, pago la parte del vitto e forse anche la parte dell'alloggio, il piccolo nucleo che riguarda il bambino, ma, se su questa cifra devo far gravare l'intero sistema educativo, sanitario, giudiziario, socio-assistenziale, è chiaro che questi 45 euro non basteranno mai a nessuno.
  Questa è la cifra di quanto costa un bambino, ma è come se noi a un figlio dicessimo che su quella cifra deve gravare tutta l'istruzione, tutta l'assistenza, tutti i trasporti, è impossibile! Nella realtà sociale che viviamo il principale problema con cui ci cimentiamo giorno per giorno è la mancanza di lavoro, perché in questo momento questo è il problema che l'Italia deve affrontare soprattutto rispetto a quella fascia di giovani che sono portatori della più alta ricchezza di ideali, di valori, di passione, di voglia di spendersi, di creatività. Gli ultimi dati di due giorni fa davano ancora una volta in ascesa la disoccupazione giovanile.
  È possibile che non si riescano a creare dei filoni di concentrazione che forniscano servizi, realtà di competenze e che fungano da cerniera? Questo alleggerirebbe molto il lavoro dei Comuni, sposterebbe una parte del costo del personale su altre voci e risponderebbe ad un'altra emergenza sociale, i minori non occupati. In questo caso Pag. 18non sono minori nostri, ma sono quella fascia borderline dei nostri minori, cioè dei giovani appena usciti dall'Università che entrano in una sorta di diversa disabilità sociale. Credo che questo tema potrebbe riguardare un ripensamento dei costi, ma anche un ripensamento delle risorse e delle soluzioni. Grazie.

  EDOARDO PATRIARCA. Anche io rinnovo i ringraziamenti dei colleghi. L'ho ascoltata volentieri perché utilizza un linguaggio di una persona coinvolta non solo tecnicamente, ma anche con la sua testa e la sua passione, e questo fa piacere, perché talvolta ascoltiamo interventi molto tecnici, legati a commi e stracommi, ogni tanto ascoltiamo interventi che fanno riferimento certo ai testi legislativi, ma mostrano un'attenzione a risolvere i problemi e a «metterci il cuore», come dico sempre.
  Molte cose sono state dette e quindi non sto a ripeterle, la collega Carnevali ha posto la questione dei minori albanesi, io ho avuto delle segnalazioni nella mia Regione, dove è un fenomeno strabordante. Le cito il comune di Forlì, dove il sindaco si ritrova con un numero incredibile di minori albanesi e la questione sta diventando francamente rilevante rispetto ai problemi che abbiamo anche su altri minori che provengono dalla riva sud del Mediterraneo, quindi mi pare davvero che più che aiutarci accentui il problema e credo che si possa risolvere. L'Albania è di fronte a noi, abbiamo rapporti significativi con il Governo albanese, quindi credo che questa piccola questione andrebbe risolta.
  La seconda nota veniva ricordata dalla collega Binetti: sono convinto che la cifra dei 45 euro non è sufficiente. Conosco molti amici e colleghi che lavorano nell'assistenza, nel recupero in strutture per i minori e mi si dice con estrema franchezza che, se davvero si vuole garantire un servizio degno dei parametri che lei ci forniva, un servizio educativo che tocca tutte le sfere della persona, di un minore, quella cifra è insufficiente, perché parliamo di educatori, di assistenza sanitaria, di assistenza psicologica, di professionisti che meritano di essere pagati, parlo dei giovani che lavorano nelle cooperative.
  Parliamo spesso di disoccupazione giovanile, ma questo è un settore che, se visto anche come un'opportunità di lavoro per i nostri giovani, potrebbe essere una grande occasione di riqualificazione delle professioni sociali. Molti nostri ragazzi studiano, si laureano nel settore e non trovano adeguata riconoscenza retributiva nelle cooperative, in quanto è un lavoro preziosissimo, ma pagato malamente, e questo non aiuta il sistema a qualificarsi.
  Inviterei quindi la sua struttura e anche il ministro, quando riusciremo ad audirlo, a riverificare i costi, che non sono costi in realtà, ma io dico sempre che sono investimenti, perché sono strutture che aiutano a crescere minori che possono essere un'opportunità per il nostro Paese.
  Su questa questione delle risorse come tutti i nostri colleghi presenti riceviamo telefonate quotidiane e le devo dire che è un po’ imbarazzante, non so più cosa dire. Il quesito che poneva la collega Carnevali è una questione urgente, altrimenti il sistema esplode, se salta anche la collaborazione con il mondo del terzo settore e le nostre cooperative, il sistema salta e dopo non so dove andiamo a finire.
  Due ultime note. Le chiedo se non sia, come accennavano credo anche i colleghi che mi hanno preceduto, rispetto al tema di un'offerta formativa questa trasversalità auspicata dalla collega Binetti, cioè se con il Ministero della pubblica istruzione ma anche con il Ministero degli affari sociali, del lavoro non sia opportuna un'interazione, perché parliamo di coinvolgimento del cosiddetto «terzo settore», abbiamo una legge, quindi un potenziamento. Mi domando se non si debba quindi costruire un'alleanza con questi Ministeri proprio per verificare l'opportunità di risorse.
  L'ultima battuta. Noi abbiamo audito anche Save the Children. Mi permetto soltanto di chiedere se non sia il caso di aprire un confronto con altre reti associative sul fronte dei minori. Ci sono molte associazioni che sono vocate per missione e fanno già educazione non formale nel nostro Paese.
  Non voglio citare le sigle perché rischio di dimenticarmene qualcuna, ma vado dall'AGESCI Pag. 19 agli scout, all'ARCI, all'Azione cattolica, perché oggi c'è tutto un sistema diffuso sui territori con migliaia e migliaia di sedi (penso alla UISP, al CSI e a tutti i centri di volontariato sportivo). Queste potrebbero essere convocate per costruire un sistema che mobiliti davvero tutte le risorse, perché questi educatori volontari già lo fanno per gli italiani e probabilmente già lo fanno per i minori stranieri. Benissimo Save the children, ci mancherebbe, ma mi chiedo se non sia il caso di convocarle e di provare a costruire una sorta di mobilitazione delle associazioni vocate.
  Certo, poi bisogna passare attraverso i Comuni, però mi domando se non sia possibile una riflessione, una chiamata all'impegno di tutti.

  PRESIDENTE. Bene, dottoressa, mi sembra che l'abbiamo sommersa di domande, quindi a lei l'imbarazzo della scelta su come ordinarle.

  MARIA CAPRARA, Vice prefetto. Cercherò di raggruppare per argomenti le domande. Numero delle presenze dei minori stranieri non accompagnati che approdano sul territorio nazionale, cioè provengono da sbarco: quel dato è possibile averlo ed è sempre stato disponibile perché con lo sbarco il minore non può sfuggire, in qualche modo viene censito.
  Il dato invece degli arrivi via terra non è e non sarà mai disponibile, perché i minori arrivano alla spicciolata. Arriva anche un solo minore, che da tre anni si muove dall'Afghanistan verso l'Europa, verso l'Italia. Arrivano singolarmente, non vengono censiti al momento dell'arrivo, ecco perché non riusciamo a dire quanti ne arrivano nell'arco dell'anno.
  Magari quello stesso minore – ripeto – non viene intercettato al valico di frontiera terrestre, ma successivamente viene trovato sul territorio, come si dice «rintracciato», e viene messo nell'accoglienza, quindi è censito nel momento in cui entra in un'accoglienza regolare e come tale censita. Nel momento in cui entra in Italia però non è possibile censirlo perché viene da solo e «a piedi», attraverso un qualsiasi valico terrestre. Questa è la prima difficoltà.
  Poi c'è il censimento dei minori stranieri non accompagnati, già noto alla Commissione, che si trovano in accoglienza. Questo dato per disposizione di legge ora ribadita anche dal decreto n. 142, il comma 5 dell'articolo 19...

  EDOARDO PATRIARCA. Dottoressa, mi scusi, però sui rintracciati è possibile avere qualche dato? Lei dice che li censiamo quando li rintracciamo. Sarebbe possibile riuscire...

  MARIA CAPRARA, Vice prefetto. Cioè capire quanti ne vengono rintracciati sul territorio?

  EDOARDO PATRIARCA. Esatto, avere il quadro di questo fenomeno.

  MARIA CAPRARA, Vice prefetto. Questo è un dato un po’ difficile, perché rintracciato sul territorio vuol dire che... Facciamo l'esempio degli albanesi, di cui lei ha tanto parlato. Il minore albanese viene accompagnato davanti alla casa comunale di Forlì da mamma e papà, che poi scappano; quando vedono che c'è qualcuno i genitori si allontanano, così stanno tranquilli. Quello è un rintraccio.
  Lei capisce che è difficile sommare questi numeri, perché non sono solo in provincia, ma in tutti i Comuni, c'è il minore che direttamente si può presentare in un centro di accoglienza oppure scappa da un centro e poi ricompare tre giorni o tre mesi dopo e va a chiedere aiuto e accoglienza in un'altra casa. I rintracci sono veramente difficili.
  Il dato quindi è difficile da avere. Il censimento cui facevo cenno, quello curato per disposizione di legge dal Ministero del lavoro, è il censimento dei minori che entrano nell'accoglienza ed è quello che viene sempre dato e che avete anche voi. Ora noi stiamo aspettando quello conclusivo dell'anno 2016, che è pubblicato sul sito del Ministero, siamo fermi al 30 novembre.
  Questo è un report molto ben fatto, perché fornisce tanti elementi. Per esempio abbiamo visto quest'anno che è in aumento la percentuale delle femmine. L'anno scorso Pag. 20erano circa il 5,6 per cento, ora il dato è in crescita, infatti nei nostri centri avevamo stimato un 5 per cento di posti femmina, 56 posti in tutto il territorio, che si stanno rivelando insufficienti. Purtroppo questi flussi non sono preventivabili.
  Come sono distribuiti i minori sul territorio nei centri di accoglienza. Anche questo ce lo dice il report del Ministero del lavoro, ma è una distribuzione che noi conosciamo a posteriori, perché non dobbiamo dimenticare che c'era ed è tuttora prevista la responsabilità dei sindaci, ribadita da ultimo dal decreto legislativo n. 142, quindi il sindaco è responsabile dell'accoglienza del minore.
  Il Ministero dell'interno è entrato per costruire il nuovo sistema proprio perché quello dei sindaci si sta rivelando insufficiente, ma questo è un dato di fatto insufficiente come posti a disposizione; poi c'è il problema delle risorse. Perciò noi parliamo di costruzione di un nuovo sistema di accoglienza, ma i tempi purtroppo sono lunghi.
  Le risorse ci sono. Perché ci siamo rivolti all'Europa e abbiamo chiesto le risorse europee? Perché le risorse nazionali sarebbero insufficienti, con il Fondo con il quale diamo il contributo ai Comuni non potevamo pensare di costruire anche i centri di prima accoglienza. Intanto abbiamo utilizzato le risorse europee, se poi riusciremo a costituire i centri governativi come prevede il nostro mandato, ci dovrà essere un finanziamento ad hoc, perché con il Fondo non ce la facciamo.
  Il contributo a valere sul Fondo è, nella misura di 45 euro pro die/pro capite. Questa misura è stata stabilita, sempre nel luglio del 2014, con una circolare del Capo dipartimento, il Prefetto Morcone. Ovviamente la cifra era stata all'epoca condivisa, nessuno si era svegliato e aveva detto che non sarebbero state più di 45. Giustamente si dice che la cifra è bassa, ma ci sono diverse posizioni. Le risorse sono quelle che sono, quindi dobbiamo cercare di dare il contributo a tutti coloro che fanno accoglienza, quindi a tutte le cooperative che operano insieme ai Comuni o a qualche comune che direttamente eroga servizi ai minori, ma si tratta soprattutto di cooperative, di imprese sociali.
  La misura dei 45 euro. Chiunque abbia dei figli si rende conto di quanto costino, però consideriamo che 45 euro al giorno sono 1.200 euro al mese. La cifra certo non è altissima, però consideriamo anche che molti servizi sono offerti dal territorio, cioè il minore nel momento in cui entra nell'accoglienza, per esempio, fruisce del Servizio sanitario nazionale come i minori italiani. Non bisogna comprare il vaccino del meningococco che costa 99 euro se non hai la prescrizione del medico o 56: questa spesa è già a carico del Servizio sanitario nazionale.
  Il minore che va a scuola e riesce, subito o dopo un certo periodo di tempo, ad inserirsi nelle classi normali non costa alla struttura di accoglienza; certo la struttura deve approntare corsi di alfabetizzazione di lingua italiana, a volte ho visto che fanno corsi di italiano e anche di inglese, dipende anche dai ragazzi che hanno in accoglienza, per origine alcuni sono anglofoni, altri francofoni. I costi sicuramente ci sono, ma sinceramente non credo che 1.200 euro siano proprio da buttar via.
  Consideriamo anche una situazione a cui non si fa ancora molto ricorso: l'istituto dell'affido familiare che sicuramente offre una sistemazione migliore per il minore, perché è una sistemazione in famiglia. L'affido familiare è un istituto che coinvolge la competenza del Comune e la competenza dell'Autorità Giudiziaria minorile; il Comune è protagonista con i servizi sociali perché segue il minore anche dopo che l'Autorità Giudiziaria ha dato il via e che si è concretizzato l'affido.
  Il minore in famiglia costa meno, come vediamo dalla rendicontazione relativa al Fondo. I casi non sono molti, quindi la statistica è piccola e come tale vale poco, però la spesa rendicontata si aggira sui 36-37 euro al giorno, quindi ancora meno dei 45 euro. Certamente non sta a me valutare, rappresenterò la criticità sollevata da parecchi di voi, cioè l'irrisorietà dei 45 euro al giorno. Se ne potrà parlare, ma ovviamente è un problema grosso, perché Pag. 21comporta la destinazione di nuove risorse al Fondo.

  PAOLA BINETTI. Mi scusi, avevo capito che su questa cifra voi facevate anche convergere una serie di obblighi per le strutture, ossia fornire psicologi, educatori, personale specializzato, quindi tutto questo si sottraeva, quindi che di 1.200 euro 600 euro fossero i costi di vitto e alloggio e 600 per tutto questo. È chiaro che probabilmente questi costi non ci sono quando sei in una famiglia o sono servizi esternalizzati. La mia domanda era soltanto per distinguere tra i servizi e il costo del minore.

  MARIA CAPRARA, Vice prefetto. Certo, se il minore è in famiglia e i servizi sociali del comune insieme agli affidatari valutano che il minore – sia pure per un periodo – abbia bisogno di un'assistenza psicologica, si potrà rivolgere ove possibile agli psicologi del Servizio sanitario nazionale, quindi quel costo può non esserci. Certo, la struttura deve avere uno psicologo che sia presente nel centro di accoglienza e che sia disponibile ad esempio tre giorni a settimana e calendarizzi gli appuntamenti.
  Sicuramente rappresenterò questa esigenza manifestata, ma veramente penso che questa cifra non sia così bassa come ci viene detto, anche perché (bisogna essere onesti) visitando queste strutture a volte penso che potrebbero dare qualcosa di più ai ragazzi con i 45 euro; io addirittura vado oltre, perché ci sono accoglienze buone e accoglienze meno buone.
  Il problema del Fondo. Al Ministero del lavoro la procedura era diversa, noi abbiamo creato un sistema sperando di poter agevolare chi fa accoglienza, soprattutto le cooperative e le imprese sociali che si trovano ad affrontare in modo diretto i costi.
  Il sistema è questo: la cooperativa sociale che lavora per il comune XY quantifica le spese che ha sostenuto e invia al comune la richiesta di contributo. Il comune ovviamente fa le sue verifiche su questa richiesta di contributo e la sottoscrive, asseverando il fatto che i servizi di accoglienza sono stati erogati in una struttura accreditata/autorizzata per lo specifico target minori. Ovviamente c'è una firma del sindaco o di un suo delegato che lo attesta, perché certamente noi non paghiamo ciò che non è autorizzato, noi paghiamo l'assistenza regolare.
  Una volta che il comune ha compiuto le sue verifiche, trasmette questi modelli (abbiamo fatto un piccolo sistema informativo che non è una banca dati, è solo un modo per velocizzare la procedura) alle prefetture, che fanno i loro controlli e ce li inoltrano. Alla fine di ogni trimestre, da ogni prefettura ci vengono quantificate le esigenze attraverso questi modelli, che poi sono le richieste di contributo dei Comuni, e noi facciamo le nostre verifiche.
  Abbiamo fatto anche delle piccole modifiche a questo sistema informativo che vanno in automatico, ad esempio per i minori comunitari (ora meno, ma nel 2015 erano tanti) ci venivano chiesti contributi, ma il minore comunitario non rientra nella categoria del minore straniero non accompagnato, quindi non possiamo pagare quel tipo di accoglienza. Ci venivano indicati anche dei periodi successivi al compimento della maggiore età, perché il ragazzo era ancora in accoglienza, ma il sistema ora espunge automaticamente queste giornate, quindi ci aiuta anche nel calcolo.
  Compiamo comunque le nostre verifiche e appena possibile facciamo i decreti. Ormai c'è la procedura on line con il SICOGE, abbiamo solo il decreto da mandare al nostro Ufficio centrale di bilancio e quindi i soldi affluiscono alle prefetture. Ora non so chi si lamenti, ma noi non abbiamo ricevuto lamentele, nessuno ci dice che non lo abbiamo pagato; quali sono queste cooperative?

  PRESIDENTE. Credo che il problema principale sia il ritardo dei finanziamenti non per i minori non accompagnati, ma per gli adulti.

  MARIA CAPRARA, Vice prefetto. È un'altra questione. Se è per i minori, segnalateci i nomi delle cooperative.

  PRESIDENTE. Credo che il fenomeno del pagamento per i centri dei minori sia in Pag. 22proporzione minore rispetto al fenomeno dei ritardi dei pagamenti per le strutture per gli adulti.

  MARIALUCIA LOREFICE. La questione cui faceva riferimento ieri Burtone è una questione che conosco anch'io e che riguarda sicuramente la Regione Siciliana. Non so se, essendo a Statuto speciale, ci siano addirittura due normative...

  MARIA CAPRARA, Vice prefetto. È lo stesso.

  MARIALUCIA LOREFICE. Il problema sollevato da Burtone era proprio questo, cioè che le cooperative non riescono a rientrare nei 45 euro, quindi devono anticipare dei soldi. La parte eccedente dovrebbe essere a carico del comune, ma i Comuni non hanno la capacità di pagarla, perché sono o vanno in dissesto. Le cooperative spesso ricorrono agli avvocati per avere le risorse che a loro spettano, quindi il problema è capire come ci si debba comportare.

  MARIA CAPRARA, Vice prefetto. Chiedo scusa, allora non avevo capito io. Il problema è questo: la cifra stabilita di 45 euro (mi farò portavoce ovviamente delle esigenze che avete rappresentato) sarà valutata, c'è anche il Tavolo nazionale di coordinamento, il Ministro dirà poi l'ultima parola, se sia il caso di rivedere questa misura dei 45 euro. Questo è un primo problema.
  Ripeto, resto convinta del fatto che non in tutti i casi questa somma sia irrisoria, perché molto è già pagato, ci sono i servizi del territorio, c'è la ASL, c'è la scuola, ci sono associazioni di volontariato, anche ragazzi che gratuitamente in alcune realtà vanno a «far compagnia», ad interagire con questi minori, li coinvolgono nelle loro attività. Come diceva l'onorevole Patriarca, questa è storia, perché non chiedono proprio nulla e dedicano una parte del loro tempo a questi ragazzi. La cifra potrà comunque essere rivista.
  Il discorso di colmare il gap tra quello che effettivamente le cooperative asseriscono di spendere per i ragazzi e i 45 euro è altro profilo. Se i Comuni se la sentono di accollarsi questa spesa, lo facessero, ma io non sono responsabile di questo, posso proporre l'esigenza di una rivisitazione di questa misura.
  L'onere di accoglienza è dei Comuni. Lo Stato nel 2012, quando istituì il Fondo presso il Ministero del lavoro, è subentrato per supportare i Comuni, perché era evidente che non potessero sostenere un onere così forte, però in tempi di ristrettezze di bilancio bisogna che un po’ tutti contengano le richieste.

  PRESIDENTE. Credo, dottoressa, che siano due ordini di problemi. Un primo ordine di problemi è legato alla tempistica dell'erogazione di quanto dovuto dai rapporti di natura contrattuale con i soggetti erogatori dei servizi. C'è un ritardo strutturale soprattutto per la gestione dei centri degli adulti molto forte, che crea fenomeni di grande difficoltà in tutto il territorio nazionale.
  Altra cosa sono le spese sostenute aggiuntive di cui si fanno carico i Comuni per poter garantire il sistema complessivo di accoglienza, che probabilmente è aggiuntivo al finanziamento, va in deroga rispetto alla questione dei famosi 45 euro.
  Credo siano due problemi diversi pur all'interno dello stesso fenomeno, quello delle risorse disponibili per la gestione dell'accoglienza dei minori.

  MARIA CAPRARA, Vice prefetto. Ripeto – noi non abbiamo lamentele, riusciamo a pagare velocemente. Colmare il differenziale tra i 45 euro e quello che le cooperative e i Comuni spendono resta un problema. Questo c'è sempre stato per la Regione Sicilia, dagli anni in cui il fondo era al Ministero del lavoro, lo so perché qualcuno ancora ci scrive e noi facciamo presente che all'epoca il Fondo non era presso di noi.
  In alcuni casi erano anche le Regioni che, avendo disponibilità, colmavano quella differenza spesa dalle cooperative, però questo è un problema che non riguarda direttamente il Ministero dell'interno. Pag. 23
  Vorrei aggiungere che noi non abbiamo rapporti diretti con le cooperative e neanche con i Comuni: la cooperativa si deve interfacciare con il comune e il comune con la prefettura. Certo, se ci sono problemi particolari, ci vengono segnalati.
  La relocation è un tema che ci sta molto a cuore, come forse avrei dovuto dire già prima. La relocation per gli adulti non ha dato i risultati sperati, almeno come tempi. Per i minori c'è un problema in più: il minore accolto sul territorio nazionale per la nostra legislazione non è espellibile e non può essere trasferito non solo all'estero, ma prima ancora da un comune all'altro, se non c'è il visto dell'Autorità Giudiziaria minorile.
  Di recente abbiamo scritto una lettera al Ministero della giustizia, visto che anche alcuni Paesi europei fanno pressioni, mettono a disposizione borse di studio e borse lavoro e ci chiedono di inviare i minori attraverso l'istituto della relocation. Abbiamo chiesto a quel Ministero di individuare – congiuntamente, se vogliono – una procedura che consenta di concludere questo procedimento per i minori in tempi più contenuti e soprattutto di permettere a un numero consistente di ragazzi di avvalersi contemporaneamente di questo istituto: non possiamo trasferire un minore alla volta, diventa una questione di costi inimmaginabili, quindi ci vorrebbero dei gruppi.
  Ho sentito telefonicamente il magistrato che cura questa questione e ci ha promesso una risposta a breve, quindi vedremo cosa possiamo fare, perché crediamo veramente che la relocation sia un'altra, vera reale opportunità che ai ragazzi può essere data e che al tempo stesso alleggerisce il sistema nazionale di accoglienza.
  Quando parlavo dei protocolli recentemente conclusi dal Ministero dell'interno ho dimenticato l'importante accordo quadro con la Confindustria. Abbiamo intrapreso tante iniziative, perché così qualche risultato si avrà in tema di formazione.

  ELENA CARNEVALI. Quanti ne sono stati sottoscritti?

  MARIA CAPRARA, Vice prefetto. Per ora credo che sia stato sottoscritto solo quello con la Confindustria a livello centrale e sono state messe a disposizione delle borse formazione-lavoro. La nostra Direzione centrale per le politiche dell'immigrazione e dell'asilo si sta spendendo in questa materia, però vorrei ricordare che la competenza vera in tema di integrazione è del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che ha le sue iniziative. Noi ci occupiamo in modo prioritario ma non esclusivo dell'accoglienza.
  Per dare un senso a questa accoglienza, perché i ragazzi non siano «parcheggiati» inutilmente nei mesi che purtroppo dura a volte anche la stessa prima accoglienza, cerchiamo di aiutarli, di mettere a disposizione un piccolo pacchetto che è un avvio, un modo di far loro vedere le prospettive di integrazione e le iniziative del Ministero del lavoro, poi c'è la seconda accoglienza SPRAR.
  I minori che non hanno il riconoscimento della protezione. Che cosa succede a questi ragazzi quando diventano maggiorenni? Questo è un problema che bisogna porsi per tempo, con la conversione del permesso di soggiorno. Anche qui c'è una competenza del Ministero del lavoro che rilascia un parere per la conversione del permesso di soggiorno al raggiungimento della maggiore età. Quel Dicastero ha indetto di recente una Conferenza di servizi per rivedere le linee guida che riguardano la conversione del permesso, quindi ce ne stiamo occupando.
  Certamente per i ragazzi che sono sul territorio si cerca di dare un valore al tempo che hanno trascorso qui: vengono valorizzati i percorsi di studio già avviati e si può avere una conversione del permesso di soggiorno per studio, per attesa occupazione, per lavoro. Certamente però i passaggi che i ragazzi hanno fatto devono essere documentati.
  Uno dei problemi è quello dei ragazzi grandi che giungono in Italia quando hanno già compiuto i 17 anni: il tempo è veramente poco ed è difficile sostenerli in questa fase. Resta il fatto che finché sono minori non possono essere espulsi, in un momento successivo bisogna valutare caso per caso. Ritengo quindi che l'iniziativa Pag. 24assunta dal Ministero del lavoro con la Conferenza di servizi sia veramente molto utile. Poi ci sono tanti problemi, per esempio i ragazzi che si trovano negli istituti che fanno capo al Ministero della giustizia.
  Se non ho frainteso, l'onorevole Carnevali accennava al piano ANCI che riguarda il riparto sul territorio. Quel piano ANCI in sostanza è uno sviluppo del sistema delle quote varato sempre dalla Conferenza Unificata, per ripartire i migranti in modo più equo ed equilibrato all'interno di ciascuna Regione, però quel piano non riguarda i minori. I motivi che ostano alla relocation sono sempre gli stessi. Noi per i minori non facciamo quote, proprio perché ci deve essere ogni volta. una valutazione specifica.

  ELENA CARNEVALI. Forse mi sono spiegata male. Sulla base di quella esperienza che mi sembra molto positiva per cui dall'accordo del luglio del 2014 stiamo passando a questo piano in accordo con ANCI, ho chiesto se possiamo fare un accordo in Conferenza Stato-Regioni per superare il problema che abbiamo e fare in modo che tutti abbiano standard uniformi quando parliamo di strutture di accoglienza per minori. Questo è il punto.
  Il tema dei 45 euro che bastano o non bastano noi dobbiamo differenziarlo rispetto ai progetti che pensiamo di fare nei confronti di questi minori, soprattutto i minori nella fase di adolescenza. Noi che lavoriamo con le cooperative che fanno questo servizio sappiamo che è molto diverso accogliere un minore da 0 a 3 anni o da 0 a 7 anni madre compresa e invece i minori adolescenti che spesso sono anche cresciuti anticipatamente e hanno altri bisogni.
  Può essere che non bastino i 45 euro, può essere che si possa trovare una misura più adeguata, ma il problema sono gli standard, il fatto che le Regioni hanno un'autonomia legislativa per cui accreditano rispetto agli standard che si sono date.
  Il problema nasce perché attualmente, visto il totale delle disponibilità che abbiamo e il totale del fabbisogno, quando i minori non accompagnati arrivano sul territorio e in virtù dell'articolo 404 del codice civile la competenza è dei Comuni, li metti nelle strutture disponibili, il cui costo unitario mediamente viaggia tra gli 80 e i 90 euro, quando va bene. Quel differenziale sono costretti a mettercelo i Comuni, non hanno opzioni, quindi i Comuni non hanno i soldi e non possono fare il pagamento oppure hanno i soldi ma sforano i bilanci. A Comuni di comunità molto piccole tre minori non accompagnati fanno saltare il bilancio. Questo è il punto.
  Per questo bisogna costruire un accordo con le Regioni e trovare una modalità per cui si possano individuare degli standard che garantiscano le tutele che dobbiamo a questi minori (io dico soprattutto agli adolescenti) e trovare un accordo anche con gli enti gestori, per cui tra i 45 e i 90-100 euro si può probabilmente trovare standard comunque altamente qualitativi.
  Ritengo infine che o prendiamo la questione delle Commissioni per le corna o non ne usciamo, non so più come dirlo, sono tre anni che mi sgolo su questo problema, perché, se abbiamo 6000 domande e 4000 pendenti ogni anno solo per i minori non accompagnati, come facciamo? Non suona distorcente il fatto che diciamo di dover anticipare il più possibile il progetto che abbiamo nei confronti di questo minore? Sono assolutamente d'accordo con lei, ma questi non sanno di che morte devono morire, perché aspettano un anno o un anno e mezzo per poter essere esaminati dalle Commissioni. Questo ci dicono i dati che abbiamo e sono solo per 4.000 minori (non parlo degli adulti sui quali stendiamo un velo pietoso).
  Nonostante lo sforzo, questo sistema si inceppa, oltre al fatto che di questi il 27 per cento riceve un diniego, poi vanno in terzo grado di giustizia – e poi vedremo il DDL del Ministero della giustizia.

  MARIA CAPRARA, Vice prefetto. Anche su questo problema delle Commissioni forse bisognerebbe sentire chi segue la cosa, comunque sono sempre i numeri che creano difficoltà perché quando in un anno gli arrivi raddoppiano, tutto quello che è stato fatto non dico che viene annullato, però ne viene inficiata fortemente la validità. Io so che con il raddoppio delle Commissioni e con l'istituzione delle sezioni la tempistica Pag. 25si era fortemente ridotta, però se ora siamo al raddoppio delle presenze sul territorio, voi capite che gli interventi attuati non bastano.
  Conosciamo bene il problema dei minori albanesi, che va avanti da anni e riguarda soprattutto la Romagna, l'Emilia e in parte anche l'alta Toscana. I minori arrivano, stanno in accoglienza e restano in Italia, a volte, perché poi si trovano bene, trovano lavoro e si stabiliscono. Sappiamo tutti che non sono in realtà minori stranieri non accompagnati, perché manca lo stato di abbandono: le famiglie li accompagnano, sanno in quale città devono andare, in quale comune, anche in quale comunità perché scelgono anche quella, perché c'è stato il fratello o il cugino, sanno che si sta bene, hanno degli amici. Il problema è grande.
  Circa un anno fa venne convocato a Bologna un tavolo regionale dedicato proprio al problema dei minori stranieri non accompagnati albanesi. Era presente la Vice Presidente della Regione Gualmini, molto attiva su questo tema, però purtroppo grossi risultati non si sono visti. Ora sappiamo che sono in corso interlocuzioni proprio con l'Albania: è una notizia che abbiamo dall'Ufficio di Gabinetto del Ministro, ci stiamo scambiando degli aggiornamenti sulla questione. Speriamo di raggiungere qualche risultato, anche perché si tratta di una parte importante dell'accoglienza.
  Ovviamente anche qui credo che il metodo che si vuole usare sia quello di parlare fuori dai denti e dire che se l'Albania ha bisogno di fare formazione ai ragazzi, di mandarli a scuola e fare una formazione lavoro, noi li supporteremo, accettando una quota, però una quota che decideremo insieme ogni anno, in maniera ufficiale, come nell'ambito di un progetto di cooperazione. Oppure siamo disponibili, come proponeva la Vice Presidente Gualmini, a portare in Albania quello che i loro ragazzi vengono a prendere in Italia. Spero quindi che qualcosa si possa muovere sulla questione dei ragazzi albanesi.
  Forse sono stata poco chiara: le risorse nazionali a disposizione per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati sono solo le risorse del Fondo e le risorse del Fondo non sono sufficienti a finanziare tutti gli interventi. Ci sono state variazioni di bilancio per cui alcune risorse sono state trasferite ad altri capitoli, per tamponare le esigenze dell'accoglienza adulti. Come diceva lei, il problema c'è, non possiamo nasconderlo.

  PRESIDENTE. Da 170 siamo passati a 108.

  MARIA CAPRARA, Vice prefetto. Sì, a 108 milioni. Abbiamo dovuto dare una mano. Noi per ora siamo riusciti a pagare tutto quello che ci era stato quantificato e ad impegnare le somme per quello che le prefetture hanno stimato (sostanzialmente il quarto trimestre dell'anno). L'accoglienza non era ancora finita quando i termini per i pagamenti, fissati al 7 dicembre sono scaduti; abbiamo fatto l'impegno della spesa e siamo riusciti a pagare con le risorse del Fondo anche le strutture ricettive temporanee – o meglio, 20 sono state pagate e per 4 abbiamo fatto l'impegno di spesa.
  Presumo che ancora per un po’ di tempo si farà ricorso alla possibilità per i prefetti di istituire le strutture ricettive temporanee a 50 posti, quindi si tratta di un altro onere che va a ricadere sul Fondo. Ci siamo rivolti all'Europa per avere a disposizione altre risorse, così con i primi due avvisi abbiamo creato 787 posti, adesso ne abbiamo 1.000 che potrebbero diventare 1.050 se il progetto della Calabria venisse autorizzato e quindi riprendesse l'attività attualmente sospesa. Abbiamo finanziato anche un bando SPRAR.
  Secondo me abbiamo fatto molto, per questo seguiamo i due canali almeno finché è possibile, perché è un modo per ampliare le risorse nazionali, anche se costa molto in termini di impegno. Io non le conoscevo, ma in questa occasione ho avuto il primo approccio con le procedure europee, che non sono semplici per le amministrazioni e neanche per chi fa accoglienza, perché per la rendicontazione è necessario chiedere aiuto a qualche consulente. Le procedure non sono facilissime, almeno all'inizio.

  PRESIDENTE. Per capire le dimensioni macroscopiche dei numeri, dal vostro capitolo Pag. 26 di spesa 108 milioni, se ho capito bene...

  MARIA CAPRARA, Vice prefetto. Tra speso e impegnato.

  PRESIDENTE. A questi si vanno a sommare i 51 milioni dell'Unione europea?

  MARIA CAPRARA, Vice prefetto. Sommare no, sono paralleli.

  PRESIDENTE. Ai 108 milioni del Fondo per i minori non accompagnati si vanno a sommare le risorse che l'Unione europea ci ha destinato su vari progetti...

  MARIA CAPRARA, Vice prefetto. Certamente, 51 per lo SPRAR e 13 per la prima accoglienza.

  PRESIDENTE. Quindi sono 51 per lo SPRAR, 13, più 108. Queste sono le cifre macroscopiche dal punto di vista economico che noi riusciamo a mobilitare sul tema dei minori. È così, dottoressa, più o meno?

  MARIA CAPRARA, Vice prefetto. No, scusi, abbiamo sbagliato: 13 milioni era la Misura emergenziale, quindi il primo avviso. Sono 51 per il primo l'Avviso per la prima accoglienza e molti di più per lo SPRAR, però vi facciamo avere il prospetto completo e vedo se posso farmi scorporare il cofinanziamento nazionale dal dato complessivo. La quota è un 10 per cento.

  PAOLO BENI. I 51 sono del FAMI?

  MARIA CAPRARA, Vice prefetto. Sì, 51 sono del FAMI per finanziare la prima accoglienza. Poi c'è un'altra cifra per lo SPRAR, 51 milioni per la prima accoglienza e 111 circa per la seconda SPRAR.

  PRESIDENTE. Quindi dicevamo bene: le cifre impegnate, sia da risorse di bilancio dello Stato sia da risorse FAMI, europee, sono circa 51 più 111. Comunque poi ci manderà lo specchietto.

  MARIA CAPRARA, Vice prefetto. Senz'altro. Il tema della tutela, della nomina dei tutori e anche della formazione è una questione nota, che spetta al Ministero della Giustizia risolvere. Sappiamo che è aperta un'infrazione comunitaria su questo tema, perché sarebbero troppo lunghi i tempi per la nomina, uno stesso tutore avrebbe in tutela un numero troppo alto di minori, è auspicata una preparazione specifica di chi viene nominato tutore, tanto che ora si parla (credo che anche il disegno di legge cosiddetto «Zampa» sia in tal senso) di istituire un albo dei tutori per facilitarne la nomina.
  Questo sicuramente è un problema, però bisogna tenere presente anche il numero dei minori che approdano sul territorio e quanto i Tribunali per i minorenni e i giudici tutelari soprattutto al Sud siano gravati, perché ogni minore comporta tanto lavoro.
  Si è parlato di minori che non sono nell'accoglienza, i cosiddetti «minori dispersi» che vagano sul territorio, che a Roma sostano di notte alla stazione Termini, a Tiburtina, al Verano, al centro Baobab. Questo è un grosso problema, però ricordiamoci che in Italia il minore non decade mai dall'accoglienza. Questi ragazzi o non sono mai entrati in accoglienza o non ci vogliono tornare, perché, anche se viene offerta loro ospitalità, non vogliono stare in accoglienza. Questo è un fatto.
  Si sta utilizzando negli ultimi tempi anche l'espressione – che non condivido – di «minori in transito», per indicare i ragazzi che sostano alla stazione Termini perché appena possibile devono cercare di raggiungere Milano e da lì andare in un altro Paese europeo. Addirittura qualcuno invoca la predisposizione di accoglienze specifiche.
  Questa categoria dei minori «in transito» è un'arma a doppio taglio, non è affatto tutelante per i minori. Qualcuno in un'intervista radiofonica mi chiese con riferimento ai minori che dormivano all'ingresso del Verano se non fosse più tutelante per loro stare in un gruppo con adulti piuttosto che da soli. Non mi sento assolutamente di considerare tutelante la situazione di un minore che sta in un gruppo di adulti che non conosce, senza rapporti Pag. 27 di parentela o di amicizia, anche se dello stesso Paese di origine. Non mi sento di dire che è una situazione tutelante, perché sappiamo purtroppo che spesso lo sfruttamento dell'adulto sul minore avviene proprio ad opera di connazionali.
  Se non ho capito male, si diceva quasi che il Ministero dell'interno si rivolge sempre agli stessi attori del privato sociale. A me non sembra vero. Quando ho cominciato ad occuparmi di accoglienza dei minori era in atto il progetto «Praesidium», che è stato rinnovato per 8-9 anni, con l'UNHCR, l'OIM, l'ANCI e Save the children, quindi abbiamo avuto questi Enti come partner della Misura emergenziale perché c'era già una collaborazione in corso con il Ministero. Chiunque può rivolgersi al Ministero dell'interno e presentare una proposta progettuale, che poi viene valutata.
  Adesso, per esempio, si sta per avviare una iniziativa di collaborazione con l'INMP, però so che il Ministero nel passato ha lavorato con Medici senza frontiere, con Emergency; mille sono le attività sul territorio e spesso finisce che vengono messe a regime proprio sul territorio. Le modalità sono tante e il Ministero dell'interno è pronto a collaborare, anzi ben vengano le proposte.

  PRESIDENTE. Per concludere la nostra audizione, dottoressa, vorrei farle una domanda che forse è stata formulata solo in parte. Esiste un capitolato d'appalto generico, come previsto per i CAS o gli altri centri, per gli enti gestori dei centri per minori?

  MARIA CAPRARA, Vice prefetto. No, non esiste, anche perché per ora l'accoglienza ha fatto capo ai Comuni. Adesso abbiamo predisposto l decreto ministeriale di concerto con il Ministero dell'economia e crediamo che possa essere sufficiente anche perché, essendoci normative regionali, non si possono specificare modalità che riguardino tutto il territorio. È, ad esempio, la normativa regionale che stabilisce quale debba essere il rapporto tra gli operatori e i ragazzi.

  PRESIDENTE. Quindi c'è questa autonomia regionale che inficerebbe...

  MARIA CAPRARA, Vice prefetto. In qualche modo. Credo che sia molto interessante la proposta dell'onorevole Carnevali di chiedere alle Regioni di uniformarsi, per venire incontro a noi e soprattutto a chi opera nell'accoglienza. Mi pare che le Regioni abbiano istituito una Commissione sull'immigrazione, quindi sicuramente ci stanno già provvedendo: questa potrebbe essere una via per portare a soluzione il problema.
  Vorrei aggiungere soltanto: abbiamo pubblicato diversi avvisi. Quasi tutti i soggetti che erano stati selezionati e finanziati hanno ripresentato la domanda per l'avviso più recente; molti sono stati selezionati nuovamente, però con i progetti completamente nuovi. Non era prevista alcuna premialità, tutti hanno partecipato alla pari ed ex novo, come è giusto che sia.
  Molti hanno partecipato nuovamente e sono stati nuovamente selezionati, ma – ripeto – hanno partecipato da esterni, senza alcuna premialità.

  PRESIDENTE. Noi la ringraziamo, dottoressa, e la invitiamo – se fosse possibile, grazie alla sua struttura – a farci avere eventualmente la sua relazione.

  MARIA CAPRARA, Vice prefetto. Eccola. Io avevo preparato anche un po’ di materiale, di dati. Vedo però che avete già il report del Ministero del lavoro.

  PRESIDENTE. Benissimo, poi ci farà avere il prospetto degli aspetti economici del fondo e delle risorse europee.
  Nel ringraziare il Vice prefetto Maria Caprara, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 12.05.