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XVII Legislatura

Commissioni Riunite (I-III-XIV Camera e 1a-3a-14a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Martedì 31 gennaio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 3 

Audizione del Commissario europeo per la migrazione, gli affari interni e la cittadinanza, Dimitris Avramopoulos, sulle politiche europee in materia di migrazioni (ai sensi dell'articolo 127-ter, comma 1, del Regolamento della Camera dei deputati) :
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 3 ,
Avramopoulos Dimitris , Commissario europeo per la migrazione, gli affari interni e la cittadinanza ... 3 ,
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 6 ,
Palazzotto Erasmo (SI-SEL)  ... 6 ,
Cirielli Edmondo (FdI-AN)  ... 6 ,
Romani Paolo  ... 7 ,
Zampa Sandra (PD)  ... 7 ,
Brescia Giuseppe (M5S)  ... 8 ,
Garavini Laura (PD)  ... 9 ,
Mauro Giovanni  ... 10 ,
Picchi Guglielmo (LNA)  ... 11 ,
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 11 ,
Avramopoulos Dimitris , Commissario europeo per la migrazione, gli affari interni e la cittadinanza ... 11 ,
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 16

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare-NCD-Centristi per l'Italia: AP-NCD-CpI;
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Scelta civica-ALA per la costituente libera e popolare-MAIE: SC-ALA CLP-MAIE;
Civici e Innovatori: (CI);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri;
Misto-UDC: Misto-UDC.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA I COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO

  La seduta comincia alle 13.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Commissario europeo per la migrazione, gli affari interni e la cittadinanza, Dimitris Avramopoulos, sulle politiche europee in materia di migrazioni.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Commissario europeo per la migrazione, gli affari interni e la cittadinanza, Dimitris Avramopoulos, sulle politiche europee in materia di migrazioni.
  Ringrazio a nome dei presidenti delle Commissioni del Senato e della Camera che partecipano all'audizione e di tutti i colleghi senatori e deputati presenti il Commissario Avramopoulos per la sua presenza in un momento particolarmente delicato per il tema all'ordine del giorno, che sarà oggetto della riunione dei Capi di Stato e di Governo prevista per il 3 febbraio a La Valletta, e cedo subito la parola al Commissario.

  DIMITRIS AVRAMOPOULOS, Commissario europeo per la migrazione, gli affari interni e la cittadinanza. Grazie, presidente. Onorevoli deputati, cari colleghi, signore e signori, permettetemi di ringraziare per il vostro invito a discutere qui con voi della problematica più impellente per la nostra Unione, la crisi migratoria.
  Lasciatemi dire innanzitutto quanto trovi encomiabile il ruolo dello Stato italiano nella gestione della crisi migratoria e quanto sia essenziale rafforzare la cooperazione fra Italia ed Europa su questi temi. Il mio italiano finisce qui, amo questa lingua e impararla è il sogno della mia vita, ma ormai è troppo tardi.
  Cari colleghi, da anni l'Italia è in prima linea nella crisi migratoria e il 2017 sarà un anno ancor più decisivo, in cui dovremo progredire sia nella dimensione interna, sia nella dimensione esterna.
  La migrazione oggi è parte integrante del nostro mondo globalizzato e interconnesso. Non dico nulla di nuovo affermando che più di 60 milioni di persone nel mondo sono oggi costrette ad emigrare, alcuni fuggono la guerra o il terrorismo, altri sono addirittura nati nei campi profughi e conoscono solo la vita del profugo.
  L'Europa è stata colpita direttamente da questo vasto movimento di profughi, solo nel 2016 più di 1.200.000 persone hanno richiesto asilo nell'Unione europea, e all'interno dell'UE è stata l'Italia a trovarsi in prima linea: nel 2016 ben 181.436 persone hanno raggiunto le sue rive attraversando il Mediterraneo.
  Nonostante queste cifre senza precedenti, gli italiani sono stati all'altezza della gestione della crisi, governando la situazione e mostrando compassione verso chi ne aveva più bisogno, ma vorrei subito chiarire una cosa: nessun Paese dovrebbe essere lasciato solo a gestire questa crisi, si tratta di una sfida europea, che richiede una risposta europea.
  C'è voluto un po'di tempo a tutti in Europa per capirlo, perché all'inizio sono Pag. 4state mosse molte critiche all'Italia, alla Grecia e ad altri Paesi in prima linea, ma con il tempo si è capito che questo è un problema che riguarda tutta l'Europa e che tutti gli Stati membri devono collaborare per affrontarlo con autentico spirito di solidarietà e responsabilità condivisa.
  Per far lavorare insieme tutti gli Stati membri, però, in modo che ciascuno possa essere aiutato tempestivamente ed efficacemente dagli altri quando è sotto estrema pressione, sono fermamente convinto che abbiamo bisogno di ciò che tutti abbiamo detto: di più Europa, di un'Europa più approfondita. La nostra Europa è indispensabile per proteggere le frontiere esterne dell'Unione, per far funzionare a dovere il sistema dell'asilo, a favore di chi ne ha bisogno, per smantellare e perseguire efficacemente le reti dei trafficanti, per incrementare la nostra capacità di rimpatriare i migranti irregolari nei loro Paesi d'origine.
  Nel 2015 la situazione ha cominciato a dividere l'Unione sempre di più e ci ha portati a rimettere in discussione ciò che consideravamo scontato, mettendo a repentaglio Schengen e i valori europei. Per questo l'UE e i suoi Stati membri hanno instaurato un approccio globale, sono state concordate azioni comuni che ora si stanno applicando. Sono stati istituiti dei centri di identificazione, hotspot, sono stati creati programmi di reinsediamento e ricollocazione, anche se non funzionano bene, sono stati promossi tentativi di rimpatriare i migranti irregolari e di cooperare, ai fini della riammissione, con i Paesi terzi.
  In questo modo sono stati conseguiti risultati importanti, e sono fiero di poter dire che non siamo al punto di due anni fa: le reti degli scafisti sulla rotta del Mediterraneo orientale sono state interrotte, il numero di arrivi in Grecia è notevolmente diminuito, non ci sono più masse di migranti irregolari e di profughi che attraversano i Balcani verso l'Europa centrale, tuttavia la crisi migratoria non è finita e la situazione è molto fragile.
  Molto rimane da fare, specie nel Mediterraneo centrale e in rapporto ai flussi migratori dall'Africa. Per affrontare questa sfida l'Unione europea si sta già adoperando in ogni modo per stringere rapporti con i principali Paesi di origine e transito specialmente in Africa, per affrontare alla radice le cause della migrazione irregolare e ridurre i flussi diretti verso l'Italia. Ciò viene fatto proponendo a quei Paesi dei compact, approccio lanciato l'anno scorso dall'Unione europea, prendendo spunto da un suggerimento formulato inizialmente dal Governo italiano.
  Oltre a ciò, una settimana fa la Commissione ha proposto di potenziare l'iniziativa europea comune per stringere rapporti con la Libia e i suoi vicini in stretta cooperazione con gli Stati membri, specie quelli che già portano avanti le loro iniziative come l'Italia e Malta. Queste azioni si concentrano sui seguenti obiettivi: lotta al trasporto illegale e alla tratta di esseri umani, sostegno a una gestione più efficace dei flussi migratori, prosecuzione del salvataggio di vite in mare, miglioramento delle condizioni di vita dei migranti e dei profughi in Libia e nei Paesi limitrofi. Sono convinto che, se attuate integralmente e tempestivamente, queste azioni contribuiranno a ridurre le traversate irregolari e le morti in mare.
  In attesa del momento in cui potremo assistere alla riduzione degli arrivi irregolari, l'UE sta già fornendo un supporto mirato all'Italia come Paese di prima linea. L'Italia riceverà più di mezzo miliardo di euro dall'Unione europea da qui al 2020 per le questioni migratorie e di sicurezza. Oltre a questo, ultimamente abbiamo erogato quasi 40 milioni di euro in assistenza di emergenza alle autorità italiane, fondi che serviranno a sopperire alle crescenti esigenze che derivano dall'afflusso di migranti. Questi nuovi fondi portano l'assistenza di emergenza totale fornita all'Italia dal 2015 a quasi 63 milioni di euro.
  Gli Stati membri, in stretta cooperazione con le agenzie dell'UE, stanno anch'essi investendo risorse senza precedenti in termini di logistica e di assistenza tecnica in Italia. Tale sostegno deve essere ulteriormente potenziato. Più di 600 esperti dell'EASO (Ufficio europeo di sostegno per l'asilo) e dei corpi di frontiera e di guardia costiera europei sono dispiegati in Italia. Pag. 5
  Certo non basta, occorre anche accelerare fortemente la ricollocazione, servono maggiori sforzi di tutti gli Stati membri per far salire il tasso di ricollocazione dall'Italia, compresa quella dei minori non accompagnati. Sinora 2.917 richiedenti sono stati ricollocati a partire dall'Italia, 764 solo a dicembre, anche se nessuno di loro era un minore non accompagnato.
  Stiamo sollecitando gli Stati membri a ricollocare almeno 1.000 richiedenti al mese provenienti dall'Italia, così da raggiungere almeno 1.500 ricollocazioni al mese ad aprile. La ricollocazione coniuga la solidarietà e la responsabilità di tutti gli Stati membri, è una chiara dimostrazione dei nostri valori comuni e richiede un'intensa collaborazione fra tutti i soggetti a ogni livello.
  Per garantire l'efficacia delle nostre azioni, gli Stati membri devono dar prova di volontà politica ora, e andare avanti nella riforma del sistema europeo comune dell'asilo, in particolare il sistema di Dublino. La Commissione ha proposto una riforma che potrebbe rendere il sistema odierno non solo più efficiente, ma anche più equo. Ritengo che alla riunione informale dei ministri dell'interno europei della settimana scorsa la discussione abbia portato a capire meglio che dobbiamo conseguire una vera solidarietà europea nella gestione dei flussi migratori.
  Ripeterò una cosa che ho già detto in pubblico varie volte: la solidarietà non è soltanto una questione morale, ma è anche un dovere politico e, cosa ancor più importante, un dovere giuridico sancito dai trattati europei. Spero che saremo in grado di addivenire a un accordo sotto la presidenza maltese sul funzionamento del futuro sistema europeo dell'asilo. Dovremmo tutti sostenere la Presidenza maltese nel suo impegno per raggiungere un compromesso che soddisfi tutti gli Stati membri attorno a un meccanismo di solidarietà che sia prevedibile e garantisca che nessuno Stato membro sarà lasciato solo.
  I nostri cittadini giustamente si aspettano che i loro rappresentanti agiscano, adesso è tempo di porre in atto queste proposte. Allo stesso tempo è determinante che l'Italia rafforzi la sua politica dei rimpatri, perché dobbiamo inviare un chiaro segnale ai migranti irregolari, dimostrando che non possono continuare ad abusare del sistema. Ciò comporta in particolare, come ha indicato il Ministro Minniti e come è previsto dalla direttiva dell'UE sui rimpatri, la necessità di varare subito misure atte a evitare che i migranti irregolari cui è stata notificata una decisione di rimpatrio riescano a rendersi irreperibili e a compiere movimenti secondari dentro o fuori il territorio italiano.
  Anche la razionalizzazione delle procedure di asilo, il rafforzamento delle garanzie procedurali per le persone vulnerabili e un maggiore impegno per l'integrazione sono decisivi per una gestione sostenibile della migrazione.
  La Commissione europea si impegna a sostenere un incremento della capacità e un'assistenza globale ai migranti vulnerabili, compresi i minori non accompagnati. Nell'ambito dei fondi per l'emergenza accordati all'Italia forniremo 2,5 milioni di euro per assistenza psicosociale e mediazione culturale destinati ai minori non accompagnati che arrivano in Italia.
  Concluderò dicendo che, al di là della situazione di emergenza che oggi ci troviamo ad affrontare, dobbiamo anche guardare al fenomeno migratorio in maniera più strategica, più globale e più positiva. La storia dell'Europa stessa è stata modellata dalla migrazione e – non siamo ingenui – anche il nostro futuro lo sarà. Sapete bene quanti vantaggi abbia portato e possa ancora portare la migrazione all'Unione europea: può contribuire a far fronte all'imperativo demografico e stimolare lo sviluppo industriale.
  La qualità dell'impatto sarà però determinata dalla misura in cui i profughi saranno integrati, perché quanto più i migranti, compresi i profughi, saranno rapidamente ed efficacemente messi in grado di essere inclusi nelle comunità d'accoglienza e nei loro mercati del lavoro, tanto maggiore sarà il loro contributo alla crescita, alla prosperità e alla stabilità dell'intera società. Investire nell'integrazione farà Pag. 6dell'Europa una società più prospera, più coesa e più inclusiva.
  Cari colleghi, la risposta dell'Italia alla crisi non può che essere definita ammirevole, e desidero ribadire l'impegno della Commissione a continuare ad aiutare l'Italia in tutte le sue iniziative e sforzi. L'Italia e l'Europa insieme devono incrementare i loro sforzi e trovare nuove soluzioni alle questioni più urgenti, e questo del resto è quanto ho discusso negli incontri avuti di recente con i Ministri Minniti e Alfano.
  Come nessun Paese da solo può gestire questa situazione, così non esiste un provvedimento unico o una soluzione istantanea che possa mettere tutto a posto: la migrazione è un fenomeno molto complesso e gli storici del futuro chiameranno questa «l'epoca della mobilità umana», quindi prepariamoci bene, adottiamo una strategia globale e lavoriamo insieme su tutti gli aspetti di questo fenomeno. Conto molto sul sostegno del Parlamento italiano a ciò che cerchiamo di fare a Bruxelles, ma vi prego di non identificare Bruxelles con la burocrazia.

  PRESIDENTE. Ringrazio anche a nome degli altri presidenti il Commissario Avramopulos. Lascio la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

  ERASMO PALAZZOTTO. Ringrazio il Commissario e i signori presidenti per questa occasione e parto subito da alcune questioni. La prima è un'evidente discrasia tra le dichiarazioni di principio che vengono fuori dalla Commissione e la reale attuazione delle politiche migratorie dell'Unione, in particolare anche di quelle previste.
  Su questo vorrei affrontare alcuni nodi con il Commissario e avere delle risposte in merito a due questioni fondamentali. La prima riguarda l'accordo tra l'Unione europea e la Turchia. Oggi appare sempre più evidente che la Turchia è un Paese che non rispetta gli standard di sicurezza dei diritti umani neanche dei propri abitanti, ma che invece l'Unione europea considera un Paese terzo sicuro, elemento che è alla base dell'accordo siglato con la Turchia.
  Non ritiene che ci sia un controsenso nel fatto che dovremo probabilmente accogliere e concedere asilo a molti cittadini turchi soprattutto di origine curda che fuggono dalla repressione del Governo turco, e il fatto che l'Europa consideri la Turchia un Paese terzo sicuro e lo finanzi per accogliere, al posto dei Paesi dell'Unione europea, i profughi in fuga dalla Siria?
  La seconda questione riguarda le relocation e quindi il principio di solidarietà rispetto all'accoglienza. È evidente il fallimento oggettivo delle procedure di relocation (i numeri da questo punto di vista parlano chiaro), quindi quali sono le misure per superare lo stallo attuale in cui si trovano le politiche di relocation?
  L'ultima questione riguarda l'attuabilità delle politiche di rimpatrio che sono previste. Non ritiene che sia quasi impraticabile, sia dal punto di vista dei costi che dal punto di vista degli accordi di riammissione, immaginare, a fronte di un grosso numero di migranti irregolari nel nostro Paese, ma non solo in Europa, che queste politiche possano trovare applicazione?
  Anche in questo caso vale quanto detto per la Turchia relativamente al fatto che molti accordi bilaterali sottoscritti dall'Unione europea, ma anche dai singoli Stati, non rispettano gli standard previsti dalla Convenzione di Ginevra, quindi vorrei sapere se a suo parere vi sia coerenza tra le politiche messe in campo dall'Unione europea e la dichiarazione dei princìpi e valori fondativi dell'Unione stessa.

  EDMONDO CIRIELLI. Innanzitutto la ringrazio per le parole che ha espresso nei confronti dell'Italia, però quanto dice stride con il comportamento di alcuni importanti partner europei.
  Mi riferisco ai nostri Paesi confinanti, alla Francia e all'Austria in maniera particolare, ma anche alla Germania, Paesi che da un lato hanno accusato in passato l'Italia di non controllare gli immigrati che arrivavano sul suolo nazionale, violando l'accordo di controllo delle frontiere, e dall'altro hanno messo in campo una politica segregazionista (mi passi il termine) nei Pag. 7confronti dell'Italia, perché di fatto il blocco di Schengen ha isolato l'Italia dal resto dell'Europa e sembra quasi una misura presa nei confronti della Grecia, ma in questo frangente in particolare nei confronti dell'Italia.
  Se hanno torto, come mi è parso di capire da quanto lei ha detto a nome della Commissione, che invece loda gli sforzi dell'Italia in questo senso, per quale motivo non ci sono sanzioni nei confronti dell'Austria e della Francia che hanno bloccato le frontiere dell'Italia stessa?

  PAOLO ROMANI. Commissario, il suo intervento mi ha sorpreso, lei ha concluso dicendo che non dobbiamo identificare Bruxelles con la burocrazia, ma io ho l'impressione che voi viviate in una galassia lontana dalla realtà di questo Paese e di quello che succede nel Mar Mediterraneo.
  Non so se lei sia al corrente di come si svolga l'immigrazione clandestina oggi. Ci sono dei capannoni con centinaia di migliaia di disgraziati provenienti dai Paesi più poveri dell'Africa che lavorano per mesi in questi campi per pagarsi un passaggio, vengono dotati di due tubi di plastica, poi si devono procurare un motore e un pianale di legno sul quale montano e hanno la possibilità di fare qualche miglio in mare, in attesa che il telefono satellitare dello scafista abbia una risposta telefonica da ONG o da qualcun altro che gravita a poche miglia dalle coste libiche per essere salvati.
  Io penso che ci troviamo di fronte a una situazione emergenziale spaventosa e che questo Paese, che ha il 40 per cento di disoccupazione giovanile, un 12 per cento di disoccupazione complessiva e 15 milioni di italiani sulla soglia della povertà, al di là del fatto che lei considera strategica per lo sviluppo italiano l'immigrazione in nome anche dell'integrazione, non possa permettersi una competizione fra poveri, fra cittadini italiani poveri e coloro che arrivano clandestinamente sul territorio italiano e vengono ospitati in maniera casuale e disordinata, visto che le relocation non sono consentite o non sono efficaci come dovrebbero essere, in alberghi pagati dai cittadini quando molte migliaia di loro se non pagano il mutuo o l'affitto vengono sfrattati dalle case in cui abitano.
  Questa è la realtà emergenziale dell'immigrazione clandestina, che è sentita dai cittadini nel nostro Paese, e ho l'impressione che Bruxelles sia lontanissima da questa realtà. O Bruxelles prende quindi atto di quello che accade veramente, incomincia ad aiutare il Governo italiano (e devo dire che il Ministro Minniti sta perseguendo una politica profondamente diversa rispetto al passato, perché sta cercando di chiudere il cerchio all'inizio, all'arrivo, al confine fra Niger e Libia) e si rende conto della situazione assolutamente emergenziale che ha assunto il problema dell'immigrazione clandestina e che, quando tornerà il bel tempo, sarà ancora più tragica, oppure noi, caro Commissario, sentiremo l'Europa così lontana da ritenerla inutile.

  SANDRA ZAMPA. Signor Commissario, la ringrazio anch'io del suo intervento e delle parole di apprezzamento nei confronti dell'Italia e voglio rivendicare due punti che mi stanno molto a cuore.
  Il primo è una sorta di buon esempio che l'Italia ha dato finanziando un Fondo Africa di 200 milioni di euro nella legge di bilancio, che è un buon esempio di come si può cominciare a lavorare e di come l'Europa dovrebbe lavorare perché il fenomeno migratorio cominci ad avere una risposta dai Paesi di partenza.
  Il secondo punto di cui voglio informarla è che l'Italia è il primo Paese in Europa che avrà una legge sui minori migranti non accompagnati, una legge molto importante che desidereremmo diventasse una buona prassi europea.
  La questione dei minori stranieri non accompagnati è particolarmente delicata, dovrebbe essere tutelata già dalla Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e invece in Europa ha trovato molte infrazioni. Anch'io come lei ritengo che l'immigrazione abbia rappresentato un elemento di ricchezza per l'Europa e che occorra lavorare perché questo continui ad essere.
  Voglio confermare il mio apprezzamento anche per la consapevolezza che lei ha manifestato che l'Europa non sta facendo Pag. 8 tutto quanto è necessario. Lei ha più volte ripetuto «va potenziato», «stiamo facendo», «faremo», e io credo che, riprendendo anche le parole del collega Palazzotto, una delle questioni che ci ha più lacerato il cuore e ha nuociuto all'Europa è stato assistere a numerose violazioni dei diritti umani senza che dall'Europa arrivasse una risposta sufficiente.
  Prendo l'esempio dei minori stranieri non accompagnati, ma anche dei minori che attraversano i Balcani a piedi nella neve, dove si sarebbe almeno dovuti intervenire con un massiccio aiuto umanitario. Abbiamo letto storie di amputazioni degli arti dei bambini che perdono nel congelamento le gambe o i piedi, e così anche la difesa e la tutela delle donne, soprattutto di quelle più giovani che sono spesso ancora vittime di tratta.
  Aggiungo anche che è vero che i flussi che arrivano in Grecia e che attraversano i Balcani vanno diminuendo, ma temo che vadano diminuendo perché ormai la migrazione in maggioranza arriva attraversando la Libia e l'Italia sta proprio di fronte alla Libia, quindi evidentemente arrivano tutti qui.
  Ciò significa che occorre potenziare seriamente la risposta, e per farlo occorre anche lavorare con una politica attiva della migrazione, che invece sembra completamente mancare; occorre cioè cominciare a prevedere di nuovo e lavorare sui flussi perché, se tutti quelli che arrivano sono irregolari o clandestini e si assiste a un gioco di «teneteli voi piuttosto che un altro Paese» e ognuno scarica sull'altro, evidentemente l'integrazione non ci sarà, l'immigrazione verrà percepita dalla popolazione semplicemente come un fatto di illegalità o di fastidio per dire poco, e questo impedirà politiche di integrazione.

  GIUSEPPE BRESCIA. Commissario, lei ha esordito parlando di «crisi migratoria» e secondo me già qui c'è l'errore nell'approccio che voi avete nei confronti di questo che in realtà è un fenomeno strutturale, come tutti sanno, e come tale dovrebbe essere trattato. Le consiglio quindi di cambiare linguaggio, perché forse con il linguaggio cambierà anche il vostro approccio a questo fenomeno che, come lei ha ben detto, è la sfida delle sfide, la sfida su cui l'Unione europea deve dimostrare di servire ancora a qualcosa.
  L'Unione europea finora ha adottato politiche di fatto protezioniste, cioè ha spostato semplicemente i confini un pochino più in là, ha siglato accordi scellerati (i motivi per cui sono scellerati sono già stati detti) come quello con la Turchia, che non ha avuto altro effetto se non bloccare la rotta balcanica e appesantire ulteriormente quella del Mediterraneo che interessa in primo luogo proprio l'Italia.
  Questa politica che è stata messa in atto contraddice quello che lei ha detto, ossia che nessun Paese deve essere lasciato solo, a cominciare dall'Italia e dalla Grecia, in quanto l'Italia è lasciata completamente da sola a combattere questa battaglia, che non è una battaglia italiana, ma è una battaglia dell'Unione europea, anzi direi una sfida globale, che dovrebbe interessare anche le grandi potenze mondiali, perché gli studi dicono che saranno centinaia di milioni le persone che si sposteranno dai Paesi più poveri verso i Paesi benestanti, quindi non è certo mettendo dei muri o facendo accordi per bloccare i flussi che riusciremo a far fronte a questo fenomeno.
  Altri esempi di come l'Italia venga lasciata sola: lei ha parlato di altre cifre, ma nel Documento di economia e finanza del Governo italiano leggiamo che, a fronte di 4 miliardi spesi nel 2016 dallo Stato italiano, soltanto 112 milioni arrivano dall'Unione europea, e questo assieme alle politiche messe in atto tra hotspot e ricollocamenti che non funzionano mi sembra una grande presa in giro da parte dell'Unione europea nei confronti dello Stato italiano.
  Lei si complimenta con l'Italia, ma vorrei capire di cosa si stia complimentando perché, guardando il sistema italiano (noi abbiamo una Commissione d'inchiesta che lavora sul sistema italiano di accoglienza), le posso dire che il sistema di accoglienza italiana fa acqua da tutte le parti ed è fucina di illegalità, quindi le uniche persone a cui noi possiamo fare i complimenti sono gli uomini della Guardia costiera, che sono impegnati e sono oberati di lavoro Pag. 9proprio perché devono far fronte a qualcosa che non dovrebbero affrontare da soli, ma che comunque portano a termine per salvare le vite umane nel Mediterraneo.
  Altra questione importante: bisognerebbe smetterla di pensare soltanto al Mediterraneo, bisognerebbe lavorare molto prima, perché, come è stato già detto, la tratta degli esseri umani parte da molto più lontano, come tutti sanno in Libia ci sono dei veri e propri campi di concentramento dove queste persone sono costrette a stare per pagare il proprio debito e poter accedere a quel viaggio in mare, quindi bisognerebbe cominciare a lavorare molto più in là delle sponde del Mediterraneo.
  Noi abbiamo individuato e fatto approvare da questo Parlamento delle soluzioni per far fronte a questo fenomeno, dalla politica comune d'asilo che l'Unione europea dovrebbe adottare al superamento del Regolamento di Dublino, ma non nel senso delle revisioni che sono sul tavolo in questo momento, che sono peggiorative, ma nel senso di rivedere quella parte del Regolamento che costringe il primo Paese d'approdo a gestire l'accoglienza e quindi a redistribuire quote su tutto il territorio europeo, anche in base alle reali esigenze dei migranti, molti dei quali non vogliono restare in Italia, ma vorrebbero andare in Germania, in Svezia, raggiungere i loro parenti in altri Paesi membri, ma non è permesso dal Regolamento di Dublino che li costringe a stare in Italia circa due anni, perché le procedure per ottenere il giudizio sulla richiesta d'asilo sono così lunghe.
  Bisognerebbe adottare corridoi umanitari per salvare le persone e quindi evitare il viaggio in mare, applicare i reinsediamenti su cui l'Unione europea si era impegnata, ma non sono mai stati attuati, mentre sul territorio italiano ci ritroviamo gli hotspot, dove almeno in parte potete controllare se noi effettuiamo le identificazioni. Dico «in parte» perché abbiamo quattro hotspot sul territorio nazionale, ma ci sono decine di porti in cui arrivano i migranti, il porto dove ne arrivano di più è quello di Augusta, ma ad Augusta non c'è un hotspot e vorrei sapere come fate a controllare se effettivamente avvengano le identificazioni in tutti questi altri porti.
  Vorrei chiederle infine cosa stia facendo l'Unione europea per dare stabilità alla Libia. Leggo qui che voi prendete accordi con le autorità libiche, ma di quale autorità stiamo parlando, data l'instabilità che c'è in quel territorio, con quale legittimità state prendendo accordi con la Libia? Si tratta di accordi che secondo me non saranno mai rispettati proprio perché non c'è una legittimità politica delle persone con cui li state prendendo.
  In conclusione crediamo che, se l'Unione europea ha motivo di esistere, è proprio per far fronte a questo fenomeno, ma quello che vediamo è che le politiche messe in atto finora sono la firma del fallimento dell'Unione europea.

  LAURA GARAVINI. Fa piacere, Commissario, sentire così netta la sua dichiarazione secondo la quale le questioni migratorie sono una questione di interesse non più soltanto nazionale, ma europeo, fa piacere dopo che l'Italia per alcuni anni si trovava da sola a rendere forte questo messaggio e l'Europa purtroppo nella sua complessità faceva spesso orecchi da mercante.
  È molto positivo che invece adesso ci sia un approccio di questa natura, anche se dopo il forte impegno nel 2015 e nel 2016, anche alla luce della forte presa di posizione da parte della Germania, però si avverte ugualmente anche il rischio di una sorta di ritorno al passato, nella misura in cui da un lato appuntamenti elettorali prossimi, dall'altro un atteggiamento arroccato da parte del gruppo dei Paesi di Visegrad lasciano temere che questa ondata di solidarietà, che si era venuta a realizzare nel 2015, possa essere quanto mai fragile e possa di nuovo essere messa in discussione. Le pongo quindi tre quesiti.
  Lei diceva giustamente che l'Italia deve rafforzare la sua politica dei rimpatri, certo, e il Ministro Minniti sta procedendo con parole chiare e fatti concreti, ma anche questo non è un compito che possa essere ricoperto soltanto dall'Italia, anzi è un compito di cui l'Europa si deve fare carico nella sua interezza. Pag. 10
  Quali passi sta mettendo in campo l'Europa, anche magari tenendo conto delle indicazioni che l'Italia aveva dato anche attraverso la proposta del Migration Compact, proponendo misure concrete, accordi con i Paesi di partenza, in particolare il Niger, la Somalia, l'Etiopia, che coprono tutta la rotta del Mediterraneo che colpisce i Paesi del sud Europa?
  Vi è la necessità di prevedere forti investimenti di natura europea in questi Paesi di partenza, magari condizionandoli anche agli impegni dei rispettivi Paesi di un maggiore controllo delle frontiere, di un maggiore contrasto al crimine organizzato e soprattutto ad una disponibilità di questi Paesi ad accogliere quei cittadini che, non avendo ottenuto diritto d'asilo in Europa, possano essere rimpatriati nei Paesi di partenza. A che punto è e quali misure sta mettendo in atto l'Europa da questo punto di vista?
  Lei ha ben evidenziato come lo strumento delle relocation non abbia funzionato, quindi quali misure conta di mettere in atto l'Europa? Può immaginare la possibilità di prevedere limiti alla concessione di risorse, di fondi a quei Paesi che si sottraggono ad un approccio solidale e che dunque non si rendono disponibili ad accogliere profughi?
  Un ultimo quesito: a che punto siamo con la rettifica del Trattato di Dublino? Dalle prime informazioni emerse ci pare di capire che si stia andando esattamente nella direzione opposta a quanto auspicato; la rettifica del Trattato di Dublino ha senso nella misura in cui si svincoli l'obbligo di chiedere asilo nel Paese di arrivo, ma, se così non dovesse essere, si rischia di avere una rettifica che può addirittura peggiorare la situazione rispetto a quei Paesi di prima accoglienza quali l'Italia e la Grecia.

  GIOVANNI MAURO. Ringrazio il Commissario a cui porgo il saluto della Commissione politiche dell'Unione europea del Senato, che ha più volte avuto modo di affrontare il tema. Mi attendo dalle risposte che darà di veder sgombrare il campo da talune perplessità che ci angustiano particolarmente.
  Lei ribadisce il ringraziamento al nostro Paese per lo sforzo che sta effettuando, così come succede nelle rare mozioni di censura nei confronti di quei Paesi comunitari che non hanno lo stesso atteggiamento di solidarietà e non affrontano il tema con la stessa determinazione con cui lo hanno fatto e lo fanno la Grecia, l'Italia e altri Paesi del Mediterraneo.
  Io pongo una questione molto forte: l'Unione europea deve impadronirsi del problema in quanto Unione europea, non può limitarsi alla vigilanza che le determinazioni che vengono assunte su un settore così delicato vengano adottate nei Paesi membri con rigore e con la solidarietà che viene richiesta.
  Così come in mare i Paesi dell'Unione agiscono sotto la bandiera europea, quindi non importa se la nave che raccoglie i profughi sia italiana, francese o maltese, così a terra devono essere mantenuti lo stesso atteggiamento e la stessa modalità. Gli hotspot oppure i centri di prima accoglienza, i centri di identificazione devono agire sotto la bandiera europea, non può essere l'Ufficio di Questura italiana o il centro di accoglienza italiano, può agirvi, ma deve agire sotto la bandiera europea, l'assunzione di responsabilità deve essere piena e questo non potrà che avere un risvolto sia politico che pratico.
  Il risvolto politico è che anche il premier ungherese, nel momento in cui propone la costruzione di muri per arginare il fenomeno, deve sapere che sta sotto la stessa bandiera che a Pozzallo o ad Augusta sta agendo in una linea diversa, perché non basta più la solidarietà, è il momento dell'assunzione di responsabilità, o l'Europa c'è o l'Europa non c'è.
  Per identificare la presenza di un'entità politica esistono le bandiere e le emanazioni della propria sovranità, quindi deve intervenire Europol per quanto riguarda le azioni di polizia, devono intervenire gli organismi di supporto di carattere europeo. Solo così potremo capire che la solidarietà europea è piena, solo così potremo capire che l'Europa ha fatto la scelta di gestire i flussi migratori e se ne assume piena la responsabilità con le proprie insegne, Pag. 11 con i propri mezzi e con le proprie forze operative.
  Spesso noi europei appariamo come coloro che pensano di poter comprare quello che serve, se diamo un miliardo di euro o più alla Turchia, magari ne blocchiamo un po’ da quel versante, se diamo qualche investimento in più alla Libia o qualche supporto a questo o a quel governo, magari riusciamo a ottenere altro, ma purtroppo è un fatto epocale, è una trasmigrazione di popoli, non è una questione che ci lava la coscienza con interventi di tipo economico, è un'assunzione piena di responsabilità.
  Dobbiamo assumerci la responsabilità di dire che siamo di fronte a un fenomeno sociologico, a una migrazione che parte da esigenze dei popoli e quindi va vista anche in termini di prospettiva lunga, non di emergenza. Perché continuiamo a parlare di emergenza migranti quando questo fenomeno perlomeno da 7-8 anni ha assunto le proporzioni enormi che vediamo in questo momento? Non è più un'emergenza perché non esistono emergenze così lunghe, non è un'emergenza perché non esiste una prospettiva a breve di soluzione di questo problema.
  Chiedo quindi di conoscere il suo parere e di sapere se la sua azione possa essere improntata all'assunzione piena della sovranità del problema da parte dell'Unione europea. Sappia che i Parlamenti europei riunitisi a Malta non più di due settimane fa con la COSAC (Conferenza degli organi parlamentari specializzati negli affari dell'Unione dei parlamenti dell'Unione europea) hanno deciso di trovarsi il 6 maggio prossimo a Ragusa, a Pozzallo, luogo dove il maggior numero di migranti arriva, purtroppo non sempre viva. Una cosa che mi fa impressione rappresentarle è infatti che non ci sono più obitori per fare le necessarie perizie necroscopiche, ed è un fatto che non può non toccarci come popolo europeo.
  I Parlamenti con la troika della COSAC in rappresentanza di non meno di dieci Parlamenti europei saranno lì perché vogliono essere presenti per testimoniare la volontà di agire collettivamente, ma, se la Commissione europea continuerà a dare pacche sulle spalle di ringraziamento a chi dimostra solidarietà e ad esprimere blande parole di riprovazione nei confronti di chi non lo fa, falliremo in una delle sfide più importanti della Comunità europea e nei confronti dei cittadini europei aggraveremo il senso di distacco e di inutilità dell'organismo stesso.

  GUGLIELMO PICCHI. Poche parole. Il Commissario ha detto che vede nelle migrazioni il futuro dell'Europa, ma non credo che questo sia il futuro dell'Europa, anzi rischia di essere la fine dell'Europa. Teniamo ben presente che la solidarietà europea non esiste in materia di immigrazione, l'Europa si è divisa nel 2015, i popoli europei hanno deciso una separazione nel 2016, con i britannici che anche sul fenomeno migratorio hanno deciso di uscire dall'Unione europea, le politiche sono tardive, piccole, investire 500 milioni, come ha dichiarato lei, in Italia da qui al 2020 sono noccioline rispetto a quanto dobbiamo affrontare.
  Il problema non sono i profughi, il problema è l'85 o addirittura il 90 per cento di migranti puramente economici, che vengono a fare competizione all'interno dell'Unione europea con altri 40 milioni di poveri che già esistono, non c'è solidarietà interna, figuratevi se può esistere la solidarietà esterna!
  Quale solidarietà europea, quando pochi giorni fa alcuni Paesi (Francia, Germania, Svezia e Danimarca) hanno confermato l'ulteriore sospensione di Schengen per altri tre mesi? La solidarietà non c'è. Già un'altra volta si è vissuto fenomeni di immigrazione di massa e hanno portato alla distruzione di un avamposto di civiltà, l'Impero romano. Speriamo che non si ripeta tutto questo.

  PRESIDENTE. Lascio la parola al commissario per la replica.

  DIMITRIS AVRAMOPOULOS, Commissario europeo per la migrazione, gli affari interni e la cittadinanza. Grazie per le vostre osservazioni e le vostre domande. Cercherò di parlarvi in modo politico. Pag. 12
  Non sono qui come rappresentante della burocrazia europea, come ho detto all'inizio, perché mi sono trovato dall'altra parte del tavolo, sono stato parlamentare, sono stato tante volte ministro e ho difeso gli interessi del mio Paese quando dovevo partecipare a dibattiti dalla parte greca a Bruxelles o altrove nel mondo, quindi capisco come vi sentite.
  Quello che ho riscontrato è che questa assemblea è un po'divisa nel modo in cui affronta la crisi migratoria: alcuni di voi adottano un punto di vista nazionale (e lo capisco), altri hanno un punto di vista europeo, gli uni e gli altri non sono però in conflitto tra loro, perché tutto ciò che è locale e nazionale automaticamente diventa europeo.
  Sessant'anni fa (festeggeremo presto a Roma quel grande evento) fu presa una decisione da persone sagge che avevano sperimentato la tragedia della guerra, che crearono l'Unione europea, uno spazio di libertà, di democrazia, di stabilità, di crescita, fu la prima volta nella storia dell'umanità, ma è successo, ha funzionato per sessant'anni e ha fornito a tutti noi una nuova vita.
  Abbiamo affrontato molte crisi in passato, ma siamo riusciti a superarle. Come ho detto oggi in un'intervista, non è la crisi economica che divide l'Europa, è la crisi dei profughi, perché i princìpi e i valori su cui è costruita l'Europa sono messi a repentaglio a causa del modo in cui affrontiamo tale crisi.
  Comincerò dall'ultima osservazione secondo cui le migrazioni non sono il futuro, ma forse saranno la fine dell'Europa. Pensiamo a Paesi come gli Stati Uniti che, se un secolo fa non fossero arrivati i greci e gli italiani, oggi non esisterebbero, e parlando in puri termini demografici, a Bruxelles abbiamo studi che dimostrano che l'Europa in futuro avrà bisogno di tantissimi migranti.
  Sì, siamo stati travolti da queste ondate di profughi e di migranti irregolari che attraversano illegalmente le nostre frontiere e arrivano da noi, ma non dimentichiamoci che, anche se adesso possiamo pensarla così, allora noi non eravamo preparati (né l'Europa, né l'Italia, né la Grecia, né Malta, né gli altri Paesi), c'è voluto un po'di tempo per capire che dobbiamo lavorare assieme.
  Da allora abbiamo compiuto dei progressi, non siamo a posto al 100 per cento, perché fate bene a dire che i princìpi fondamentali dell'Europa sono posti in dubbio, la solidarietà soprattutto. Come ho detto all'inizio, solidarietà e responsabilità non sono belle parole, valori morali: sono termini giuridici vincolanti, esplicitamente ripresi nei testi dei trattati, diciassette volte nei trattati fondatori appare la solidarietà. Cosa è la solidarietà? Ciò che stiamo cercando di fare adesso.
  Sì, ci sono dei politici in Europa che non hanno questo punto di vista, però dobbiamo distinguere tra Stati membri e Governi, è importante per tutti noi che siamo politici capire che noi non siamo qui per sempre, i Governi vanno e vengono, ma quando, molti decenni fa, i nostri Paesi presero la decisione di entrare nella casa europea, i vostri predecessori in questa assemblea conoscevano i perché di quella decisione, perché tutti volevamo vivere in un ambiente come quello che ho prima descritto.
  Quindi sì, la crisi migratoria mette a repentaglio i valori. Non c'era una politica migratoria in Europa, non c'erano meccanismi, non c'erano progetti, non c'era niente, e all'inizio molti dicevano in Italia e in Grecia che sarebbe bastato bloccare le frontiere, non farli arrivare, ignorando che siamo tutti vincolati dalla Convenzione di Ginevra ad accogliere chi ha bisogno di protezione internazionale, siamo tenuti a farlo, non possiamo ignorarlo.
  Abbiamo cominciato a pensare a come gestire la situazione e in breve tempo (qui vengo a qualcosa di più personale) quando sono stato designato Commissario agli affari interni, alla migrazione e alla sicurezza, mai avrei immaginato che ad appena cinque mesi dalla mia nomina i miei temi sarebbero stati al primo posto dell'agenda non solo europea, ma globale, e adesso so dal di dentro cosa è successo e cosa potrebbe succedere in futuro. Pag. 13
  Il messaggio che vorrei mandarvi da questo luogo sacro della democrazia italiana è che il sogno europeo è in pericolo, e che tornare indietro al tempo in cui gestivamo i nostri Paesi da soli vuol dire che noi faremmo marcia indietro e riporteremmo la nostra Unione alle pagine oscure della sua storia.
  La gestione della crisi dei profughi ha fatto emergere, alla fine, le debolezze della famiglia europea e, venendo all'Europa, come vi ho detto in soli cinque mesi siamo riusciti (e non è stato facile, perché sapete come funziona la burocrazia di Bruxelles, e io la vivo dall'interno) ad adottare un'agenda europea comune sulle migrazioni e molte altre politiche, i programmi di ricollocazione e reinsediamento, che non funzionano bene ma li abbiamo varati, ed è stata una decisione presa da tutti gli Stati membri in Lussemburgo un anno e mezzo fa.
  Alcuni di loro poi hanno di colpo cambiato posizione, e non intendo qui rimproverare o svergognare dei Paesi, non è questo il mio lavoro e anzi con i colleghi a Bruxelles cerco di mettere tutti gli Stati membri intorno a un tavolo e convincerli a cooperare, adottando gli stessi princìpi nel gestire la questione così delicata della migrazione e della sicurezza. Quindi sì, la solidarietà non funziona, la ricollocazione non funziona, ma allora che facciamo, stimoliamo le trasgressioni anziché le soluzioni? Certo che no, proviamo a convincerli, e ultimamente ci sono stati dei primi segnali positivi che ispirano ottimismo, la ricollocazione comincia a funzionare, vi ho fornito cifre che riguardano l'Italia e i vostri vicini greci, si profila un approccio diverso.
  Vi avevo detto, però, che volevo essere molto politico. È il momento, per chi non ha mai creduto nell'Europa, di fare il proprio gioco: l'euroscetticismo, l'antieuropeismo. Anche dei soggetti esterni all'Europa colgono l'occasione per mettere fine al sogno europeo, ma noi dobbiamo sostenere le conquiste europee e, invece di soccombere a questa pressione, andare avanti, sostenendo e potenziando ciò che abbiamo raggiunto finora.
  La Commissione non vuole aprire casi di violazione, per adesso, ma ha i poteri, i mezzi, gli strumenti e le politiche per farlo. Quello che cerchiamo di fare nel frattempo è convincere quei Paesi cui prima accennavate che è anche nel loro interesse seguirci. È molto difficile, perché siamo davanti a percezioni, anche a pregiudizi ideologici, la realtà è questa, ma la maggioranza dei cittadini europei, al di là di quanto si può vedere qui, è a favore dell'Europa, non riesce a immaginare di poter più vivere in un Paese isolato.
  Le grandi conquiste di Schengen sono le conquiste più tangibili dell'integrazione europea, e rientrano nelle mie competenze. Schengen è in pericolo, si è parlato di reintroduzione dei controlli alle frontiere da parte dei Paesi limitrofi, ci sono stati problemi, io sono andato lì, per cercare di sostenere l'Italia sulla questione del Brennero mesi fa, perché era così ingiusto nei confronti dell'Italia, la situazione alla fine è stata sistemata.
  Sì, molti politici e molti partiti nei nostri Stati membri cercano di chiudere i loro Paesi all'interno delle frontiere nazionali, ma ciò è fuori da quanto siamo tenuti a fare per preservare l'Europa. Avete parlato della cooperazione con i Paesi terzi, che fa parte di ciò che stiamo facendo a Bruxelles, in quella che è stata definita la «galassia di Bruxelles». Io non credo di essere una stella di questa galassia, però posso dirvi che da dentro noi sappiamo come motivare le istituzioni, ci sono ottimi funzionari, tra cui bravissimi italiani, in servizio anche da quarant'anni, dovete essere molto orgogliosi di chi avete a Bruxelles, dove al di là e al di sopra della politica l'Italia è rappresentata, nel mio staff ho tre o quattro italiani bravissimi e convinti europei, che soffrono con noi di queste reazioni.
  Comunque a Bruxelles lavoriamo sodo, il nostro obiettivo è non solo gestire la situazione, ma anche sostenere i valori europei, e conosciamo i problemi, al di là di quanto viene realizzato. Vengo ai compact e ai partenariati con i Paesi terzi. Ho viaggiato da un capo all'altro dell'Africa del Nord per parlare con quei Governi, ma la difficoltà con loro è che non si vogliono Pag. 14riprendere i loro cittadini: se un italiano, un francese o un greco è in pericolo in qualche parte del mondo, i nostri Paesi vanno là ad aiutarlo, mentre alcuni di quei Paesi non riconoscono i loro cittadini, ci dicono che non sono eritrei, non sono etiopi, non li conoscono! Come si fa a instaurare rapporti di fiducia e firmare accordi di riammissione con Paesi che non si vogliono riprendere indietro i loro cittadini? È un esercizio politico e diplomatico molto arduo, ma va fatto e lo facciamo, e abbiamo registrato progressi anche su quel terreno.
  Posso dirvi poi che anche l'Italia si sta adoperando intensamente a questo scopo, dati i rapporti storici, culturali, economici e politici del vostro Paese con parecchi di quegli Stati, e noi invitiamo il vostro Governo a essere presente, ad andare sul posto. Di recente, prima del rimpasto di Governo, avevamo previsto una tournée congiunta con il vostro ex Ministro degli Esteri, ora Presidente del Consiglio, per andare a discutere con quei Governi. Io sono stato personalmente in Pakistan e ho lungamente discusso con quel Governo, sono tornato con molte promesse, impegni e addirittura fiori, ma il giorno in cui eravamo pronti alla prima operazione di rimpatrio, cinque minuti prima del decollo dalla Spagna dell'aereo che doveva passare dall'Italia e dalla Grecia per caricare dei pachistani da riportare in patria, le autorità pachistane hanno detto «no, non li accettiamo», e questo è stato molto duro. D'altra parte non si può respingere perché vige il principio di non-refoulement, non respingimento, sono le convenzioni internazionali che ci legano e questo è tutt'altro che facile da gestire.
  La Turchia, adesso. È stato detto che quello tra Unione europea e Turchia non è un accordo, agreement: in diritto internazionale, per adottare un accordo occorre seguire una procedura ben precisa. Questo fra Unione europea e Turchia è uno statement, una dichiarazione. Vi posso dire che finora è rispettata e attuata dalla parte turca. Rispetto all'anno scorso, quando decine di migliaia di persone mettevano la loro vita in mano a scafisti senza scrupoli, oggi i numeri sono calati a 50-60 persone al giorno.
  Ci si chiede perché non facciamo la stessa cosa con la Libia, ma avete fatto bene a chiedere quali siano gli interlocutori in quel Paese, perché la realtà è questa, anche se gli italiani si stanno adoperando molto per costruire ponti con la Libia. Domani intendo incontrare il Primo Ministro libico, a cui faccio i migliori auguri e che spero rimanga in carica a lungo ma, se la stabilità in Libia non torna, non c'è speranza di poter collaborare con quel Paese.
  In questo momento ci sono 300.000 persone ammassate sulle rive libiche che aspettano di fare la traversata per andare in Europa, cioè in Italia (sappiamo qual è la situazione). L'operazione Sofia ha avuto molto successo, siamo riusciti a smantellare molte reti di trafficanti, sono stati i vostri e i nostri che hanno combattuto assieme quei criminali, quindi dobbiamo gestire una situazione molto complessa.
  Ecco perché l'annuncio che abbiamo fatto con Federica Mogherini l'altro giorno a Bruxelles ha un obiettivo: anzitutto ripristinare l'ordine in Libia, poi salvare vite, combattere più efficacemente le reti dei trafficanti e fornire a tutte queste persone disperate sostegno umanitario sul suolo libico.
  Tornando alla Turchia, noi non diamo soldi alla Turchia (dir questo è un errore), noi diamo soldi a un Fondo speciale istituito per dare sostegno, aiuto, assistenza medica, cibo ai profughi, non un euro è stato dato al Governo turco. È stato chiesto se la Turchia sia un Paese sicuro, ma, se qualcuno dalla Turchia fa domanda di asilo, seguirà una procedura analoga a quella di tutti gli altri, perché chiunque ha diritto all'asilo in Europa da qualunque Paese provenga, ma per chi deve essere ricondotto in Turchia, quello è un Paese sicuro?
  Per quanto riguarda i profughi, la Turchia è un Paese sicuro. Attualmente tre milioni di profughi vivono in Turchia, nella parte meridionale del Paese, tre milioni, e dobbiamo riconoscere che le autorità turche offrono sostegno sul terreno, poi ciò che succede in Turchia è un affare interno Pag. 15turco, ma le vite di tutta questa gente non sono in pericolo finora (questo per rispondere alla domanda se la dichiarazione Turchia/UE stia funzionando).
  La ricollocazione dall'Italia. Capisco pienamente la vostra sensibilità su questo punto, il numero totale di persone ricollocate dall'Italia al 25 gennaio di quest'anno è pari a 2.917, un numero molto basso. C'è stato un incremento nelle ricollocazioni, dalle 230 del settembre scorso a più di 750 a dicembre. Mentre vi parlo, 200 persone dall'Italia sono in via di ricollocazione in Germania e questo proseguirà in futuro, per questo ho detto che nelle ultime due settimane abbiamo dei primi segnali molto positivi, speriamo che funzionerà ma ancora non siamo a punto.
  Quando si tenne la riunione del Consiglio in Lussemburgo, un anno e mezzo fa, e annunciai le 160.000 ricollocazioni, dissi quel numero ma non vi nascondo che non ero sicuro che ci saremmo arrivati, e in effetti così è stato.
  Torniamo alle osservazioni di carattere politico. L'Europa adesso è alquanto divisa, e questo mi fa molta paura perché, se crolla il progetto europeo, non sarà così semplice come sembra, perché c'è chi ormai dà per scontato ciò di cui beneficiamo in Europa e crede che continuerà così anche in futuro, ma emergeranno rivalità, e ritorneranno vecchi conflitti, antagonismi e frontiere chiuse.
  Appartengo a una generazione che ha ricordi come questi: quando ero studente e volevo viaggiare all'estero, il primo Paese che visitai fu l'Italia e tornai un mese dopo, perché i più anziani fra voi ricorderanno il biglietto Interrail, 150 dollari per andare ovunque in Europa per un mese. Ebbene, non vi nascondo che io dormivo in treno per vedere di più, nuovi paesi, gente nuova, e quando tornai a casa fu necessario sostituire il passaporto perché c'erano troppi timbri e non si poteva più usare. Questo non succede più.
  Vi immaginate un'Europa che torna alle frontiere nazionali? Potete immaginare un'Europa senza Schengen? È questo che dobbiamo difendere e salvaguardare, mettendo fine a tutto ciò che divideva il nostro continente appena settant'anni fa. Sono ottimista e penso che se noi ci facciamo carico delle nostre responsabilità come politici, come cittadini e come Governi, potremo difendere e preservare l'Europa.
  Avendo discusso questi temi con altri vostri colleghi dell'Europa meridionale, ma anche dell'Europa settentrionale, dove l'approccio è completamente diverso, capisco che anche voi diate la precedenza alle esigenze e ai problemi quotidiani che la società italiana, il popolo italiano vive ogni giorno con questo fenomeno senza precedenti della crisi migratoria, però cerchiamo di guardare oltre ciò che dobbiamo fare nella quotidianità. Sarete d'accordo con me che il nostro dovere è andare oltre, capire come si creano i meccanismi e le istituzioni che ci permetteranno di mantenere in vita tutte queste conquiste.
  Credo di aver cercato di trattare in termini politici tutte le vostre osservazioni su ciò che stiamo facendo, ciò che è successo, dove l'Europa non ce l'ha fatta, dove può fare di più. Ritengo personalmente che l'Europa avrebbe potuto fare di più, perché, come vi ho detto, è stata colta di sorpresa. Ora però siamo sulla strada giusta e, se sostenuti da tutti, potremo fare anche di più.
  Vi prego, non accusate l'Europa senza spiegare chi debba essere accusato, perché il problema non sono le istituzioni, ma qualcosa che va al di là, sono gli atteggiamenti e le mentalità di coloro che non credono in questa causa e non capiscono che saranno chiamati a rispondere in futuro, come dirigenze oggi al potere, se mettono la loro firma sotto l'atto di morte dell'Europa.
  Noi comunque continueremo a lavorare tenendo conto delle sensibilità di tutti gli Stati membri, ma avendo un unico obiettivo: come mantenere l'Europa in piedi davanti a queste sfide e come consolidare e completare a medio termine il progetto europeo.
  Chiudo con queste osservazioni. Se noi non continuiamo a lavorare sulle conclusioni del Trattato di Lisbona, se non facciamo un passo avanti nel completamento del progetto europeo con l'adozione di una Pag. 16politica di sicurezza e difesa comune, perché anche in campo economico – e Paesi come i nostri ne pagano oggi il prezzo – un giorno potremmo svegliarci avendo in tasca la valuta più forte del mondo, ma senza necessariamente avere l'economia più forte del mondo...
  Avremmo dovuto quindi, come primo passo, adottare una politica economica comune, poi una valuta comune, politiche comuni in tutti questi campi per una sorta di federalismo funzionale. Certo, per l'Europa è ben difficile diventare federale allo stesso modo degli Stati Uniti, io sono stato tra i fautori del federalismo da studente, ma con gli anni, e particolarmente in questo periodo, ho capito che è molto difficile.
  Ciò che possiamo fare, però, nel pieno rispetto delle nostre tradizioni, delle nostre nazioni, delle nostre storie e culture, è accomunare forze e menti per adottare politiche comuni. Una di queste politiche comuni è appunto quella che stiamo adottando per affrontare la crisi dei migranti e dei profughi, ma anche nel campo della sicurezza abbiamo l'Agenda europea sulla sicurezza, abbiamo fatto tante cose negli ultimi due anni e siamo in una situazione migliore rispetto a prima.
  È bene tuttavia che sappiate che ciò che ci manca in Europa, specie nei rapporti fra Stati membri è la fiducia tra noi, anche oggi i servizi di intelligence degli Stati membri non si scambiano le informazioni, chiedono tantissimo senza avere l'intenzione di dare qualcosa in cambio, e gli autori degli atti terroristici in Europa sarebbero stati intercettati prima se i nostri servizi di intelligence avessero cooperato in quel campo, quindi più fiducia, una fiducia più profonda, una collaborazione più stretta e fede nella nostra impresa europea.
  Credo che in assemblee come la vostra, dove il dialogo democratico ci permette di parlare liberamente, possiamo raggiungere un accordo. Dobbiamo però lavorare insieme in uno spirito di sintesi per sostenere e preservare quanto ci è stato tramandato dalle generazioni precedenti, senza dare per scontato che ciò che abbiamo adesso durerà per sempre.
  Questa è una responsabilità che dobbiamo condividere anche nel caso della crisi dei profughi e dei migranti, che è la prima delle nostre priorità, così un giorno saremo fieri di poter dire ai nostri figli che anche noi abbiamo fatto il nostro dovere.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Commissario Avramopoulos a nome di tutti i componenti delle sei Commissioni riunite.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.