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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

XIII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 11 di Giovedì 9 marzo 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Sani Luca , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina, sulle prospettive di riforma della Politica agricola comune (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati) :
Sani Luca , Presidente ... 3 ,
Martina Maurizio , Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali ... 3 ,
Sani Luca , Presidente ... 6 ,
Gallinella Filippo (M5S)  ... 6 ,
Sani Luca , Presidente ... 7 ,
Zaccagnini Adriano (MDP)  ... 7 ,
Oliverio Nicodemo Nazzareno (PD)  ... 8 ,
Russo Paolo (FI-PdL)  ... 9 ,
Sani Luca , Presidente ... 10 ,
Mongiello Colomba (PD)  ... 10 ,
Zanin Giorgio (PD)  ... 11 ,
Cova Paolo (PD)  ... 11 ,
Taricco Mino (PD)  ... 12 ,
Sani Luca , Presidente ... 12 ,
Martina Maurizio , Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali ... 12 ,
Sani Luca , Presidente ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista: MDP;
Area Popolare-NCD-Centristi per l'Europa: AP-NCD-CpE;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Scelta civica-ALA per la costituente libera e popolare-MAIE: SC-ALA CLP-MAIE;
Civici e Innovatori: (CI);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri;
Misto-UDC: Misto-UDC.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
LUCA SANI

  La seduta comincia alle 14.50.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina, sulle prospettive di riforma della Politica agricola comune.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati, l'audizione del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina, sulle prospettive di riforma della Politica agricola comune.
  Ringrazio, innanzitutto, il Ministro e i suoi collaboratori per aver accolto così sollecitamente il nostro invito. Tengo a sottolineare che quest'audizione per noi è di estrema importanza e viene a seguito di altre audizioni che abbiamo svolto sul tema della Politica agricola comune, tra le quali ricordo quella dell'onorevole De Castro.
  Inoltre, è intenzione della Commissione concludere l'esame delle risoluzioni in materia di PAC in tempo utile per fornire un proprio contributo nell'ambito del procedimento di esame presso il Parlamento europeo della proposta di regolamento della Commissione, cosiddetto «Omnibus», recante alcune disposizioni in materia di agricoltura, che, pur non potendo configurarsi come una revisione di medio termine della Politica agricola comune, danno avvio a una riflessione complessiva sulle scelte da compiere anche in vista di una riforma complessiva della Politica agricola comune dopo il 2020.
  Dall'audizione del Ministro la Commissione trarrà, quindi, elementi di conoscenza preziosi anche per questa finalità. Detto questo, darei immediatamente la parola al Ministro Martina.

  MAURIZIO MARTINA, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. Presidente, onorevoli deputati, vi ringrazio per quest'occasione. Credo che quest'audizione possa essere molto importante per voi, ma certamente lo sarà anche per noi, anche per me, per raccogliere stimoli, suggestioni e indicazioni e per iniziare questo lavoro di confronto in ambito nazionale in vista degli appuntamenti che abbiamo sul fronte europeo.
  Come sapete, il 2 febbraio scorso il commissario Hogan ha lanciato una consultazione pubblica sulla riforma della politica agricola, che si concluderà nelle prime settimane di maggio. Ritengo sia un'iniziativa molto importante. I contributi che stiamo ricevendo e che riceveremo saranno utili per fornire alcune indicazioni per definire le nuove priorità strategiche della PAC, in particolare su crescita e occupazione, e in particolare per ammodernare e semplificare l'intero impianto normativo, basato, come sapete, sui due pilastri, e per rispondere alle principali sfide che l'agricoltura e le zone rurali hanno da affrontare.
  In questo contesto, è ancora più decisiva la discussione che sarà avviata già da quest'anno Pag. 4 sulla riforma del bilancio dell'Unione. Com'è noto, infatti, il budget per la PAC ad ogni tornata negoziale è messo a dura prova, da un lato, per contenere la spesa complessiva dell'Unione europea; dall'altro, in quanto la PAC viene da molte parti accusata di essere troppo generosa nei confronti di un settore, il cui peso, in termini di valore aggiunto e di occupazione, è considerato da alcuni – sbagliando clamorosamente – troppo spesso marginale in ambito europeo. Questa valutazione nasce da considerazioni semplicistiche, ingenerose.
  L'agricoltura non può essere di certo valutata in un'ottica esclusivamente produttivistica. Deve essere valorizzata come bene comune, capace di generare nuove forme di welfare e di servizi pubblici, oltre che di costituire a tutti gli effetti uno dei presìdi ambientali, territoriali e paesaggistici più forti che abbiamo di fronte. Nei nostri territori, in particolare, quest'idea di agricoltura rappresenta un'occasione vitale per creare nuove opportunità occupazionali, oltre che per garantire qualità e salubrità degli elementi. Proprio l'esperienza del modello agricolo italiano nelle sue pluralità dimostra il lavoro che si può fare ancora proprio su questo fronte se si concepisce l'agricoltura in questo modo.
  Tutti questi elementi centrali del cosiddetto modello agricolo europeo, di cui l'Italia è piena espressione e che contribuisce a rendere la vita e la salute dei cittadini migliore, più in armonia con l'ambiente e con i territori, sono oggettivamente in discussione di fronte a questi passaggi. La difesa del budget per la PAC, nel quadro del bilancio comunitario, passa attraverso il riconoscimento del contributo di questa politica al conseguimento di molteplici obiettivi, come ho sottolineato prima, ben oltre il dato settoriale.
  Nel corso di quest'anno, avrà inizio il delicato negoziato sulla riforma del bilancio comunitario. Il negoziato si preannuncia molto difficile, sia per le note ragioni di carattere politico, sia per gli effetti generati sul bilancio, in particolare dalla Brexit.
  In questo contesto vanno considerati anche alcuni aspetti. Il Regno Unito è un forte contributore netto e con la Brexit si genererà una riduzione delle entrate in bilancio. Dall'altra parte, va anche considerato che l'Italia non dovrebbe più versare al bilancio la propria quota di rebate per ridurre la spesa del Regno Unito. Inoltre, con l'uscita del Regno Unito verrà a mancare uno dei pilastri che in passato si è speso per ottenere la riduzione del bilancio dell'Unione europea. Questo è un dato politico tutt'altro che irrilevante.
  In questa situazione incerta per il bilancio, credo che l'Italia possa giocare un'importante partita, sostenendo con forza le ragioni di una spesa agricola non indifferenziata, ma rivolta alla tutela del reddito degli agricoltori, al sostegno della qualità dei prodotti alimentari, alla gestione sostenibile e razionale delle risorse naturali, alla diversificazione delle attività agricole e alla valorizzazione dei territori rurali.
  Venendo alla coerenza tra obiettivi e strumenti, va detto che nell'attuale PAC, e speriamo ancora di più in quella futura, vengono dati agli Stati membri margini di flessibilità per potersi «cucire» addosso la PAC più adatta alle esigenze del rispettivo settore primario, alla specificità dei territori e delle produzioni.
  Da questo punto di vista gli Stati membri hanno assunto una rinnovata importanza nella governance di questa politica. Il rilancio del ruolo nazionale della politica agricola deve essere considerato non come un tentativo di ri-nazionalizzazione, quanto piuttosto come un'opportunità per una politica più flessibile, più attenta ai fabbisogni locali.
  Per l'Italia questo è un punto centrale per rendere la PAC più efficace, ritagliandola sulle esigenze dei diversi territori e delle diverse filiere, considerando soprattutto la ricchezza e la diversità dei modelli produttivi presenti nel nostro Paese, rispetto alle quali una PAC monolitica, che applica rigidamente gli stessi strumenti da Nord a Sud, dalle coste alla montagna interna, è stata, ed è ancora oggi, molto limitante. È stata, in passato, molto limitante, e lo è oggettivamente ancora, anche se potenzialmente questi strumenti di flessibilità, in parte, hanno generato delle novità Pag. 5 interessanti, in parte, a mio giudizio, devono ancora esprimere tutto il potenziale che dovrebbero esprimere, proprio nella logica della flessibilità e dell'aderenza ai territori e alle diverse agricolture europee.
  Per conseguire questi risultati abbiamo bisogno di una PAC più efficiente ed efficace, in cui l'allocazione delle risorse tra i Paesi sia coerente con gli obiettivi, ma non necessariamente uniforme, non omologata. L'utilizzo della superficie agricola come unica chiave di ripartizione delle risorse finanziarie è un criterio inadeguato rispetto agli obiettivi che si vuole raggiungere. Questo, per noi, è il primo vero tema di confronto in ambito europeo. È un sistema al quale continueremo ad opporci perché troppo penalizzante per le produzioni italiane. Siamo i migliori produttori a livello di valore aggiunto per ettaro, pertanto non possiamo di certo cedere su questo fronte. Questa è la prima linea di condotta che mi sento di condividere con voi e che voglio esplicitare.
  Il contributo cosiddetto flat, uguale per tutti, non può essere una risposta adeguata alle richieste di coloro che chiedono una PAC più selettiva, più allineata agli obiettivi di crescita sostenibile e occupazionale, e più efficace.
  Non esistono, infatti, ragioni economiche o tecniche, per le quali non sia opportuno ragionare su altri criteri di ripartizione. Un pagamento fondato solo sulla superficie non è un incentivo a chi lavora, ma una rendita a chi possiede e rischia di soffocare il necessario ricambio generazionale del settore. Questo, per noi, è un punto fondamentale del prossimo negoziato ed è un punto che credo dobbiamo difendere a oltranza come intero sistema agricolo italiano.
  In coerenza con il principio di orientamento al mercato, la PAC deve essere una leva per chi crea opportunità di lavoro, investe, innova, protegge l'ambiente, in linea con il fondamentale obiettivo di crescita sostenibile riassunto con il principio «produrre più con meno».
  Se guardiamo al contenuto delle politiche non possiamo far altro che constatare che la PAC, così come è impostata oggi, in particolare nel suo primo pilastro, non riesce sempre a offrire risposte soddisfacenti né per la salvaguardia del reddito degli imprenditori, né ai contribuenti che chiedono un collegamento chiaro, diretto, misurabile, tra risorse pubbliche e beni comuni prodotti.
  Di risposte adeguate non ne sono arrivate nemmeno negli ultimi due anni, quando, per affrontare le pesanti crisi che hanno colpito in particolare il settore zootecnico, è stato necessario fare ricorso a misure eccezionali, a risorse aggiuntive, la cui disponibilità non è, come sapete, assolutamente scontata.
  Altro elemento di criticità riconducibile all'attuale impianto della PAC è rappresentato dalla distribuzione del valore lungo la catena alimentare, nel cui contesto l'agricoltura ne costituisce sempre la parte più debole. La riforma della PAC deve essere, secondo me, l'occasione per rafforzare gli strumenti disponibili, prevedendo ad esempio l'estensione del modello delle organizzazioni comuni di mercato ad altri settori produttivi, come latte, carne, cereali, sia per migliorarne la competitività, sia per incrementarne la capacità di adattamento alle turbative nei mercati. L'articolazione in due pilastri della PAC può essere mantenuta, anche se gli strumenti devono essere fortemente riequilibrati e riorganizzati.
  Come dicevo, l'aiuto a superficie non può essere indifferenziato, ma collegato a precisi obiettivi, in modo da compensare adeguatamente gli agricoltori che operano in situazioni di svantaggio, la cui attività deve essere preservata, perché essa stessa costituisce un valore aggiunto per l'intera collettività.
  Da questo punto di vista, le varie componenti ambientali contenute nelle diverse forme di sostegno – faccio riferimento alle condizionalità, al greening, alle misure agro-ambientali del secondo pilastro – dovrebbero essere armonizzate e semplificate. In questo processo dovrebbero rientrare anche le misure finalizzate a compensare gli svantaggi naturali.
  Sulle misure di gestione del rischio vorrei sottolineare due questioni fondamentali. In primo luogo, è necessario incrementare Pag. 6 l'efficacia dei diversi strumenti, in modo da renderli più aderenti alle esigenze del settore. Le proposte che la Commissione ha presentato nell'ambito del pacchetto «Omnibus» vanno nella direzione giusta, anche se a mio giudizio occorre molto più coraggio e molta più incisività.
  In secondo luogo, ritengo necessario ripensare l'allocazione degli strumenti di gestione del rischio, che non possono rimanere nello sviluppo rurale, le cui procedure e i cui tecnicismi spesso vanificano le potenzialità di questi stessi strumenti.
  La gestione del rischio deve trovare una collocazione nell'ambito del primo pilastro della PAC. Alcune di queste misure, come lo strumento di stabilizzazione del reddito, dovrebbero essere riservate unicamente ai produttori che operano nell'ambito di sistemi organizzati come quelli delle OCM.
  Questa è una delle sfide cruciali dei prossimi anni ed è proprio per questo che dedicheremo ampio spazio a questi temi anche all'interno della ministeriale agricola del G7, che presiederemo proprio quest'anno nell'ambito del G7. Come sapete, l'appuntamento ministeriale agricolo è calendarizzato per la metà di ottobre.
  Concludo con lo sviluppo rurale, che rappresenta la componente della PAC certamente più allineata agli altri obiettivi strategici dell'Unione. Lo sviluppo rurale è, infatti, una politica con precise ricadute territoriali, è fortemente orientato alla competitività e all'innovazione ed è fondamentale per garantire occupazione e tenuta socioeconomica nelle aree più fragili. La politica di sviluppo rurale deve, però, essere profondamente semplificata sia a livello di programmazione, sia di gestione.
  Quello della semplificazione è un tema prioritario – ce lo diciamo sempre – è un tema decisivo, lo è ancora oggi, forse più di ieri. Gli agricoltori chiedono regole semplici, tempi certi e su questo dobbiamo essere in grado di offrire loro alcune soluzioni concrete. Questo non significa accettare un impoverimento degli strumenti a disposizione o un abbassamento della soglia rispetto ai necessari controlli.
  Dobbiamo, però, sfruttare al meglio, in particolare, le nuove tecnologie, utilizzare la grande massa di informazioni di cui già disponiamo per agevolare la vita delle imprese e ridurre il peso della burocrazia. Questo è un grande tema ancora irrisolto, che io avverto tutti i giorni, ovviamente come voi, nell'attività quotidiana anche del nostro Ministero, nel lavoro con le regioni, nel lavoro con le associazioni e il territorio.
  Credo che non possiamo non porre tale questione al centro del confronto anche con Bruxelles nel momento in cui discuteremo di un orizzonte strategico di riorganizzazione e di revisione della Politica agricola comune nei prossimi passaggi che avremo occasione di gestire.
  Vi ringrazio per quest'opportunità. Naturalmente, spero che ci possano poi essere anche altre occasioni per proseguire questo percorso di confronto.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il Ministro. Cedo ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni, dando la priorità a un rappresentante per Gruppo, per un tempo massimo di 5 minuti a intervento. Se avremo ancora spazio, ci saranno ulteriori domande puntuali dei colleghi, naturalmente in un tempo ridotto.

  FILIPPO GALLINELLA. Ringrazio il Ministro della sua presenza. Finalmente parliamo di un argomento importantissimo, come la politica agricola, legata sia alle modifiche previste nel regolamento «Omnibus», particolarmente collegate alla gestione del rischio, sia soprattutto al futuro della PAC.
  Giustamente, le discussioni sulle quali i 27 Paesi membri si potranno trovare d'accordo saranno sicuramente difficili. La prima preoccupazione, che penso abbiamo tutti, come abbiamo anche espresso nelle risoluzioni, è la questione del pagamento a ettaro. Sapete tutti che oggi il 57 per cento del pagamento base è legato alla superficie ed in questo sistema è facile calcolare l'ettaro. È chiaro che inserire una misura legata al valore aggiunto e all'occupazione nelle varie superfici – per cui, ad esempio, un ettaro di grano varrà meno di un ettaro Pag. 7di olivo considerata la manodopera – sarà difficile da far digerire agli altri. La mia preoccupazione è: se così non fosse, qual è il «piano B»? Perché noi dobbiamo essere sempre pronti.
  Nella risoluzione che abbiamo presentato noi del MoVimento 5 Stelle abbiamo espresso la necessità di semplificare la questione del greening perché il 50 per cento delle aziende agricole italiane è in aree svantaggiate e rendere a loro la vita complicata produce l'effetto di impedire l'occupazione di queste zone, e questo va a svantaggio del presidio e della tutela del paesaggio.
  Con la nostra risoluzione vorremmo – se lei è d'accordo, magari ce lo dice – togliere le condizionalità per questo tipo di aree svantaggiate, semplificare il greening al massimo e lasciare condizionalità più semplici per le aree che non sono classificate come svantaggiate.
  Un'altra cosa che crea distorsioni sul mercato sono gli aiuti accoppiati. Durante le discussioni, al di là del caso di particolari colture, come la barbabietola, è emerso che se lasciamo la libertà agli Stati membri di mettere soldi su una o su un'altra coltura o su altre produzioni – parliamo di zootecnia – in un panorama così diversificato come quello dell'Italia, rispetto alla Francia che ha messo tutti i soldi sulla zootecnia, il nostro mercato della carne viene schiacciato.
  Forse bisogna portare avanti la questione che l'aiuto accoppiato, salvo rarissime eccezioni, va cancellato e tutte quelle risorse vanno messe su un fondo per interventi di rinnovamento del settore o per gestire le crisi.
  Un altro argomento che lei ha affrontato nel suo intervento è quello dello sviluppo rurale. Lo sviluppo rurale e i soldi dello sviluppo rurale, che rappresentano un terzo di tutto il pacchetto PAC, devono servire anche per la tutela del paesaggio. In questa Commissione abbiamo parlato più volte di aree la cui valenza paesaggistica è molto più importante della valenza produttiva. Questo vale per tutte le regioni, ognuna delle quali ha le sue caratteristiche. Nella nostra risoluzione vorremmo prevedere come obbligatorie – anche se sarà complicato, perché ogni regioni fa come vuole – misure specifiche per colture di pregio paesaggistico. Bisogna introdurre questo obbligo comunitario, altrimenti nessuno coltiva gli agrumeti caratteristici perché, alla fine, dal punto di vista della produttività e della resa non funzionano. Noi abbiamo approvato in sede legislativa una proposta di legge su questo, che credo sia ferma al Senato, ma dobbiamo pensare alla politica agricola anche in questa modalità.
  Da ultimo vorrei affrontare un aspetto del tema dell'OCM, che lei ha citato, che non so se sia oggetto di discussione o di riflessione da parte del Ministero. Riguardo al controllo dell'offerta, insieme a tutti gli altri strumenti di controllo della volatilità dei prezzi, il Ministero ha fatto una riflessione, pensando, ad esempio, di mettere l'articolo 222 del regolamento (UE) n. 1308/2013 non più volontario? Se le produzioni aumentano perché cambiano consumi e stili di vita, cosa succede a determinati prodotti? Mettiamo risorse all'infinito e non si riesce mai a dare un prezzo equo né ai produttori né a tutta la filiera della trasformazione. Vorrei conoscere le sue idee su questo.

  PRESIDENTE. Ringrazio il collega anche per il rispetto dei tempi. Do ora la parola al collega Zaccagnini.

  ADRIANO ZACCAGNINI. Ringrazio innanzitutto il Ministro. Ci sono vari scenari che anche in un documento che proprio la Commissione ha redatto verso fine febbraio vengono esemplificati su come potrebbe cambiare la PAC, con cinque scenari principali: da quello di mantenere la PAC così com'è, a toglierla completamente, ad introdurre misure che riequilibrino gli scompensi, quindi di gestione del rischio, investimenti sulla ristrutturazione, sostegno alle PMI, azioni su clima, ambiente, innovazione. L'ultimo scenario è quello che vede una forte redistribuzione dei fondi che passerebbero dalle grandi alle più piccole aziende agricole, appunto quelle che rispettano maggiormente l'ambiente, che possono Pag. 8 soddisfare requisiti ambientali più severi, e quindi investire sulle filiere corte e sui mercati locali.
  Questo ci pare lo scenario da privilegiare, ovviamente tenendo conto di mediazioni politiche necessarie, ma ci permettiamo di suggerire che questo probabilmente è il sentiero migliore per uno sviluppo armonico e, soprattutto, duraturo della PAC in Europa.
  Quello che mi viene da aggiungere è che investire su filiere sostenibili è anche un modo per garantire ai cittadini un cibo sano, quindi una sicurezza alimentare, uno dei motivi per cui era nata la PAC negli anni Sessanta. Abbiamo visto, invece, come il diffondersi del cibo industriale abbia provocato vari squilibri e costi economici e sociali indiretti.
  In particolare, su quest'argomento, come abbiamo sempre sottolineato, ci sembra che vada mantenuta la posizione, che condividiamo, del Ministero sulla questione degli OGM. Brevemente sottolineo la gravità, comunque, della situazione che si è venuta a sviluppare il mese scorso, quando su indicazione del Ministero della salute, da quello che abbiamo capito, l'Italia ha votato a favore delle autorizzazioni per gli OGM.
  Ci sembra che lei, Ministro, debba chiarire alcune cose e cercare un coordinamento istituzionale maggiore con un Ministero che comunque ha una responsabilità formalmente prioritaria, ma che ci sembra fuori luogo che arrivi addirittura sostanzialmente a delegittimare il lavoro politico fatto dal Parlamento in questi anni.
  Le distorsioni del mercato e la globalizzazione spinta del libero mercato necessitano di reti protettive, quindi di misure difensive. Riscontriamo come percorribili alcune misure difensive, quali quella dell'etichetta di origine degli alimenti, alti standard o come i dazi, che per determinate filiere di prodotti crediamo possano avere ancora la loro efficacia e la loro sensatezza. È evidente per tutti, infatti, come alcuni prodotti e alcune produzioni non reggano più il mercato, proprio perché c'è un'invasione di prodotti che non rispettano i nostri standard e vengono prodotti con costi molto minori.
  Concludo, Presidente, con una nostra questione per così dire più interna. Il Ministro sottolineava che la tenuta socioeconomica di determinate aree è fondamentale. Condividiamo assolutamente questo suo pensiero e crediamo che per le nostre aree svantaggiate, quelle più interne, montane, debba svilupparsi un processo di aggregazione e di ricomposizione fondiaria.
  Ciò può avvenire, in particolare, grazie al riconoscimento dei vari modelli delle agricolture, anche delle agricolture familiari e contadine, che può permettere una ricomposizione fondiaria attraverso un processo di richiesta da parte di assegnatari dei terreni abbandonati. È necessario affrontare quest'argomento e, probabilmente, un interessamento maggiore da parte del Ministero aiuterebbe a risolvere questa situazione in breve tempo.

  NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Signor Presidente, capita raramente nella vita, ancora più in politica, ma voglio esprimere un sentimento di gratitudine, e lo faccio pubblicamente a nome di tutto il gruppo del Partito Democratico, per il lavoro che finora ha svolto il Ministro. L'ho sempre visto impegnato in tanti campi agricoli e, soprattutto, per sostenere il reddito degli agricoltori. L'agricoltura che noi abbiamo oggi è completamente diversa da quella di due anni fa. Ho potuto constatare in questi due anni anche la grande capacità della sua struttura, a partire dal capo di gabinetto, dottor Ferrara, di seguire quotidianamente, costantemente, le misure che il Ministero e il Parlamento hanno sempre proposto in occasione di leggi di stabilità, di attività parlamentari, che ognuno di noi ha visto e constatato quotidianamente. Del resto, i risultati sono davanti agli occhi di tutti.
  Oggi, signor Presidente, vorrei riprendere alcuni temi che il Ministro ci ha trasferito. Il primo di questi riguarda la grande coincidenza con quello che il presidente Juncker nel discorso sullo stato dell'Unione ha fatto, associando il tema dell'agroalimentare ad un dato a lungo Pag. 9trascurato: il numero delle imprese e delle persone impiegate.
  Credo che per la prima volta dopo tanto tempo, ma è necessario farlo oggi, dopo la Brexit, si debbano associare, oltre a quello della superficie, altri criteri fondamentali, qualificanti non solo per la nostra agricoltura. Mi riferisco al dato economico, all'occupazione, ai livelli occupazionali che sviluppa il settore, al valore aggiunto.
  Se non indichiamo questi criteri, credo che probabilmente non riusciremo nemmeno a difendere le nostre risorse, il nostro budget in Europa. Da qui, infatti, dobbiamo partire sia per valorizzare quello che produce l'agricoltura, l'occupazione – sappiamo bene quali sono i dati sviluppati in questa fase – sia per dare più forza al nostro comparto. Anche questo è un punto fondamentale della nostra risoluzione.
  Vi è poi la necessità di migliorare la competitività del settore mettendo in atto forme organizzative che possano dare forza ai produttori e garantire un equilibrio all'interno della filiera.
  Signor Presidente, quando ci troviamo di fronte al fatto che, per comprare un caffè, un agricoltore deve portare 2,5 litri di latte; quando ci troviamo di fronte al fatto che, per comprare un caffè, in alcune zone del Mezzogiorno un agricoltore deve portare 4 chili di pesche nettarine, c'è un problema che non possiamo sottovalutare.
  Allo stesso modo, non possiamo sottovalutare – lo dico qui, non per un elemento campanilistico – che, se un agricoltore di Rosarno per comprare un caffè deve portare una cassetta di arance di 12 chili, c'è qualcosa che non va. Questo qualcosa deve essere preso ulteriormente in considerazione se vogliamo dare risposte certe anche al reddito degli agricoltori, favorendo il ricambio generazionale.
  Un'altra iniziativa che voglio sottolineare è quella di una riprogrammazione della politica agricola che possa dare prospettive anche alle misure di gestione del rischio, che devono essere più efficaci e garantire una forza ulteriore, un'assicurazione vera, una fideiussione vera agli agricoltori in caso di calamità e di altre questioni inerenti la perdita del reddito.
  Sul sistema degli aiuti accoppiati ognuno di noi ha detto quello che pensa. La Conferenza Stato-Regioni non ha assicurato nemmeno la sua presenza per quest'audizione, perché non trova un'intesa, ma non ritengo che possa trovare le intese facendo questi «spezzatini» di accoppiato, mettendo cioè tutte le filiere e non dando la possibilità vera di creare un'occasione con l'accoppiato di dare una specificità ulteriore alla nostra agricoltura. Bisogna sicuramente intervenire sulle filiere in crisi, ma bisogna anche dare la possibilità di far svolgere all'accoppiato un ruolo anticiclico. Questo è un aspetto importante per tutti noi.
  Infine, signor Presidente, vorrei richiamare l'attenzione del Ministro su un'ulteriore possibilità: quella di abbassare la soglia per i fondi di stabilizzazione dei redditi oltre la quale scatta la possibilità di compensazione. Sappiamo che oggi la soglia è del 30 per cento; il lavoro che ci attende è quello di far capire che può essere anche una percentuale più bassa del 30 per cento. Comprendo che non è una competenza tipica del Ministero per le politiche agricole, ma in fase di negoziazione dobbiamo porre all'attenzione dell'Europa anche questo tema.
  La nostra risoluzione contiene tantissimi altri aspetti, ma credo che il punto fondamentale sia stato espresso bene dal Ministro: l'auspicio è che questa nuova riprogrammazione possa favorire la crescita e l'occupazione, che possa garantire un'attenzione al welfare, a chi ha di meno, e soprattutto possa dare ulteriori certezze sulla qualità e sulla salubrità dei prodotti. Credo che lo meritino l'Italia, i nostri esportatori, i mercati internazionali, ma anche e soprattutto la salute dei cittadini.

  PAOLO RUSSO. Ho apprezzato l'approccio del Ministro e le linee di indirizzo che ha voluto qui sinteticamente esprimere, così come ho ascoltato con attenzione l'enfasi del collega Oliverio.
  Ricorderei al Ministro e al collega Oliverio che l'agricoltura di qualità in questo Paese c'era anche prima che arrivasse il Presidente del Consiglio Renzi. Vorrei evitare Pag. 10 che si adottasse il modello di esposizione politica «De Luca-Crozza», quello cioè che fa ritenere qualunque azione, seppur positiva, un'azione capace di cancellare quanto di positivo nel passato è stato fatto.
  Ho apprezzato anche il fatto che il Ministro ed il Governo ritengano che la consultazione sia un elemento essenziale in questo processo e che, in quanto tale, sia capace di aprire una vasta pagina di impegno sociale, civico, ambientale e produttivo anche nel nostro Paese.
  Io proverei a elencare rapidamente alcune questioni che credo possano essere utili a migliorare la performance rispetto al futuro.
  La prima questione che ci viene sollecitata da più parti è un'azione ancor più severa, se volete ancor più efficace, sul fronte della burocrazia. Se provassimo a lavorare con strumenti che siano sempre meno intermediati dalla burocrazia degli esperti, probabilmente renderemmo un favore non solo a chi già opera, ma a chi avrebbe voglia di investire e di intraprendere in questo mondo.
  Proverei, Ministro – in questo senso, ho compreso la sua disponibilità anche per il futuro a guardare insieme un po’ di dati – a capire se abbiamo studi, analisi, elementi che ci dicano con chiarezza qual è la resa della spesa della PAC per numero di occupati, per qualità del prodotto, per mercati, in modo tale da provare a orientare, se volete ad aiutare, anche le sollecitazioni utili alle regioni affinché calibrino meglio le loro scelte.
  Guardate, la misura non è data dalla spesa tout court, ma dalla capacità di misurare quella spesa per numero di occupati e, soprattutto, per modernità, quella modernità che ci piace, che è capace di contemperare le esigenze della storia dei luoghi, ma che non stravolge la qualità del prodotto.
  Vengo ad altre due questioni. Una riguarda gli standard fitosanitari, un'altra – è stata ripresa da diversi colleghi – concerne il profilo della tracciabilità, che sembra essere distinto dalle azioni della PAC. Eppure troppe volte sarebbe fin troppo facile attivare misure e procedure che consentano elementi aggiuntivi, elementi di vantaggio, su questo fronte. Mi piacerebbe che anche il piano agrumicolo potesse rientrare in questa programmazione.
  Sottopongo al Ministro un'ultima sollecitazione. Mi domando se, ovviamente nel rispetto delle normative e del quadro costituzionale esistenti, sia giunto, forse, il momento per provare a mettere in campo un piano economico unico nazionale? Ci sono i margini per cominciare a mettere in campo un'iniziativa di questo genere nel rispetto delle regioni, delle diversità dei piani regionali? C'è un margine entro il quale poter cominciare a muoversi per prevedere un piano economico nazionale, articolato e diviso in venti piani regionali?
  Vogliamo cominciare, non a scimmiottare la Francia, ma a mettere in campo modelli che ci consentano di evitare dispersione di risorse, ma soprattutto di evitare rimessioni di risorse?
  Con queste sollecitazioni, ho piacere soltanto di ringraziare il Ministro per la cortese attenzione che sta avendo nei confronti del lavoro che proviamo a svolgere.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Russo. Adesso abbiamo lo spazio per qualche brevissimo e puntuale intervento. Do la parola all'onorevole Mongiello.

  COLOMBA MONGIELLO. Grazie Presidente, sarò brevissima. Ho già sentito alcune considerazioni dei colleghi che mi hanno preceduta.
  È ovvio che la PAC venuta fuori da questo settennio e, successivamente, questa PAC di medio termine, non tiene conto di Brexit. Noi dovremmo ragionare, da qui a ottobre, su ciò che verrà fuori da questo nuovo mondo che è andato via via configurandosi, in termini sia di budget sia di scelte operative. A noi preoccupano molto i mercati, così come la tenuta degli scambi commerciali che abbiamo con questo Paese; di conseguenza, andrebbero definite alcune linee programmatiche. Su due o tre punti credo che dobbiamo fare una seria riflessione.
  Sulla semplificazione concordo col Ministro: avevamo parlato già alcuni anni fa, Pag. 11quando avevamo disegnato la PAC, di burocrazia e semplificazione. Forse è il tasto più delicato che viene fuori dal primo biennio PAC.
  La crisi di mercato non è soltanto dovuta a condizioni climatiche particolari, ma è una crisi di mercato, c'è la fluttuazione dei mercati, la vicenda dei prezzi: possiamo pensare sempre a interventi affrontati in emergenza? Pongo questa riflessione al Ministro.
  Noi siamo intervenuti anche con alcuni provvedimenti, e prendo come spunto quello sul grano, quando abbiamo sperimentato per la prima volta come affrontare la gestione del prezzo. La pongo come riflessione al Ministro, così come il tema della competitività. Ci sono alcuni problemi irrisolti. A volte spuntano anche delle provocazioni, come l'etichetta «semaforo», in relazione alla quale ho letto una sua presa di posizione, una presa di distanza forte dell'Italia, sulla quale concordo.
  Sull'accoppiato, e con questo concludo, avevamo avuto forti perplessità due anni fa, quando ne avevamo parlato. Ancora oggi, sono fortemente contraria. Aver fatto lo «spezzatino» dell'accoppiato non è servito a nessuna filiera. Forse, come hanno fatto altri Paesi europei – sarebbe servito anche il coraggio della Conferenza Stato-Regioni – bisognerebbe compiere delle scelte appropriate. Noi le avevamo individuate; sono state disattese, ma ancora oggi mi accorgo che su questo avevamo ragione. Pongo queste mie riflessioni alla sua attenzione.

  GIORGIO ZANIN. Mi pare che siamo tutti incoraggiati a pensare sempre positivo, grazie anche a quest'intervento che lei ha delucidato sulle nostre linee di tensione.
  Mi permetto di aggiungere un elemento che giudico di particolare rilevanza, che purtroppo sta avendo una ridotta attenzione: come iscrivere il nuovo corso della PAC dentro la stagione del cambiamento climatico.
  Noi abbiamo dei fenomeni che si stanno già rivelando davvero di grande rilevanza. Guardi, da ultimo – lo dico perché magari i colleghi non lo sanno – l'ente che tutela la pesca della mia regione mi segnala che gli allevatori che fanno acquacoltura si ritrovano adesso con lo svernare dei cormorani in Friuli-Venezia Giulia. Siamo dentro una stagione che vede un innalzamento standard, siamo oltre un grado ormai accreditato negli ultimi quindici anni. Io provengo da una regione del Nord e i dati vengono dall'osservatorio OSMER della mia regione.
  Credo che su questa materia troppo poco si dica e, soprattutto, si faccia. Siccome si tratta di trasformazioni che hanno un'incidenza di prospettiva e di percorso non insignificante anche per la rendita costruttiva dei soldi che investiamo nel bilancio europeo – siamo oltre il 30 per cento – direi che su questa materia, e dunque con l'annesso e connesso piano della ricerca, che va a parare dentro questo contesto, abbiamo bisogno di istituire degli aiuti e dei sostegni di carattere europeo.
  Capisco che l'agricoltura non è il modello della difesa europea di cui in questi giorni e anche ieri il Presidente Gentiloni ha parlato. Credo sia evidente che il modello dell'agricoltura che abbiamo spinto anche in questa Commissione e nel suo Ministero sia un modello legato ai territori, e dunque tenda non a unire gli sforzi, quanto piuttosto a differenziarli e a valorizzarli.
  Ritengo, però, che su questo tema della ricerca, collegato al cambiamento climatico, occorra uno sforzo particolare di messa a fuoco, proprio per la sua natura e le sperequazioni che porterà in campo a livello agricolo su scala europea.

  PAOLO COVA. Ringrazio il signor Ministro per l'intervento.
  Io vorrei porre innanzitutto alla vostra attenzione il tema della semplificazione. In particolare, credo che uno degli aspetti che deve essere preso in considerazione sia quello del sistema informatico di gestione di tutti i dati. Avere una banca dati e un sistema informatico che funzionano può consentire una semplificazione di tante procedure e di tante pratiche. Ad oggi, questo sistema non funziona. Più volte vengono segnalate delle difficoltà, il sistema informatico Pag. 12 non funziona. Anche tutto il rapporto con la banca dati nazionale della sanità non è omogeneo. Credo che si debba arrivare a un'uniformità di questo sistema informatico, proprio perché potrà portare a una semplificazione nel presentare le varie domande, soprattutto per la PAC, e per la funzione di controllo. Semplificazione vuol dire, quindi, migliorare il sistema informatico.
  Il secondo aspetto che mi sembra importante affrontare è quello della zootecnia. Ho apprezzato la sua considerazione sull'importanza di intervenire favorendo chi produce e non chi possiede. Anche sviluppare in alcune zone interne la produzione zootecnica su alcuni terreni attualmente fermi o abbandonati, che potrebbero favorire un recupero del territorio, secondo me può essere positivo. Penso soprattutto alle produzioni ovicaprine, a tutto il settore della carne, della carne bovina, che attualmente credo sia in grave difficoltà.
  A questo proposito, segnalo anche la difficoltà di avere un'anagrafe degli ovicaprini. Noi non sappiamo quanti ne abbiamo e questo crea grosse difficoltà. Pensare di incentivare alcune produzioni in alcuni territori può essere positivo.
  Concludo sul tema del PSR. Credo che la scelta fatta da questo Parlamento di puntare sul tema della consulenza aziendale stia andando persa perché fino ad oggi le regioni non l'hanno attivata, mentre era, ed è, una di quelle misure che l'Unione europea e l'Italia avevano previsto per sostenere le aziende, soprattutto per limitarne i costi di produzione. Questo non sta avvenendo. Io credo, invece, che la consulenza aziendale debba essere presa in considerazione e, soprattutto, essere rilanciata col prossimo PSR.
  Sempre sui PSR, credo che chi ha un po’ di dimestichezza con le varie regioni sappia che in alcune di esse diventa difficile partecipare ai PSR, perché i criteri sono altamente selettivi. Quando un bando della regione Lombardia per partecipare e vincere vale 600.000 euro di investimento, in un periodo di crisi come quello attuale per le aziende agricole, vuol dire che siamo di fronte a una grande difficoltà. Probabilmente, le aziende hanno bisogno anche di interventi minimi, più bassi, ma che possano permettere loro di migliorare. Osservo, invece, che questo non sta avvenendo.
  Ringrazio il Ministro anche per gli interventi strutturali che ha previsto nell'ambito delle politiche portate avanti dal suo Ministero e credo che questi daranno dei frutti nell'arco degli anni.

  MINO TARICCO. Sarò telegrafico. Ho sentito in tante occasioni, giustamente, palesare la necessità di mettere mano alle misure accoppiate, per certi versi arrivando a definirle così come sono fatte a «spezzatino» e quasi inutili. Vorrei sottolineare che, se oggi non avessimo le misure accoppiate, credo che la nostra zootecnia da carne sarebbe non dico in ginocchio, ma sicuramente in grossissima difficoltà.
  Credo pertanto che sia necessario, nel caso, semplificare e ridurre le misure, ma non fare passi affrettati, che rischierebbero di mettere in grossissima difficoltà alcuni nostri comparti strategici, soprattutto perché in molti casi presidiano territori che diversamente sarebbero non dico abbandonati, ma quasi.

  PRESIDENTE. Non ho altre richieste di intervento. Do la parola al Ministro per una replica.

  MAURIZIO MARTINA, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. Vi ringrazio per questi contributi, tutti per me molto utili per cercare di sviluppare questa riflessione anche nel corso delle prossime settimane all'interno della complessità che veniva richiamata da alcuni di voi, legata anche al tema politico più generale in ambito europeo in ragione di Brexit, della discussione che si farà sul tema economico-finanziario di bilancio dell'Unione, dei tempi con cui verranno condotti i percorsi di definizione sia dell’«Omnibus» sia, più in prospettiva, di revisione completa della PAC.
  Alcune suggestioni meritano, secondo me, di essere richiamate e sviluppate anche nelle prossime settimane. Pag. 13
  Parto dall'onorevole Russo. Credo che sarebbe certamente interessante capire la praticabilità di un piano nazionale. Chi ci ha provato negli anni passati, purtroppo – o, comunque, il dato di fatto è questo – non ce l'ha fatta. Non voglio uscire dal seminato, ma qui il tema evidente è l'articolazione delle competenze tra regioni e Stato centrale nella capacità del sistema di produrre linee strategiche nazionali che abbiano anche quell'ambizione.
  Tutte le volte che qualcuno ha provato ad abbozzare un piano si è trovato di fronte a un dato oggettivo, e cioè il blocco da parte regionale di questa possibilità. È un tema, lo credo anch'io. Di fronte ai casi che sono stati giustamente richiamati – da quello del grano agli esempi che faceva l'onorevole Oliverio, al tema richiamato da Cova e da altri – sarebbe certamente interessante poter immaginare un sistema più virtuoso anche tra sistemi regionali nell'allocazione delle risorse disponibili in una logica di cooperazione e competizione tra sistemi che, lavorando di più, possono anche prendere di più dal lato delle risorse pubbliche.
  Credo, però, che tutti dobbiamo fare i conti con alcuni elementi oggettivi che allo stato attuale delle cose difficilmente ci consentono di lavorare lungo questa prospettiva. Rilevo, infatti, senza voler far polemiche, che se, come è stato detto dall'onorevole Oliverio, non si arriva nemmeno a poter prender parte a una discussione come questa dal lato delle regioni – lo ripeto, non è una polemica e non è un tema di diatriba – emerge un dato che dovrebbe preoccupare tutti, e io per primo sono preoccupato: credo che in questo modo si faccia fatica anche a capire bene le esigenze, le istanze, i percorsi territoriali differenti che possono essere condivisi.
  Naturalmente ci lavoreremo tutti, fianco a fianco con le regioni, nel rapporto positivo che c'è in particolare con il coordinatore e il coordinamento della Conferenza, ma questo è un tema che richiama molto il dato che veniva appunto citato prima.
  Più in generale, tutti i temi posti sono, secondo me, sul tavolo e meritano anche da parte nostra di essere visti e traguardati nell'ambito di questo percorso. Riguardo al greening, anch'io la penso come chi diceva che sui pagamenti accoppiati bisogna avere una lettura ragionata anche della scelta che è stata fatta. È vero, infatti, che se per alcuni settori, in particolare per la zootecnia, come diceva Taricco, non avessimo avuto la possibilità di misurare queste scelte, avremmo certamente indebolito ancora di più il sistema e ci troveremmo oggi in una condizione ancora più fragile.
  È vero, però, che dal lato delle scelte strategiche, delle opzioni strategiche, con gli accoppiati o hai una governance politica forte o c'è il rischio dello «spappolamento», della frantumazione. Questo è un tema – come diceva l'onorevole Mongiello – che dobbiamo sempre avere presente perché basta poco per scivolare verso un fronte che poi rischia di non essere compreso.
  Sulla zootecnia penso che abbiamo fatto un mestiere giusto. Forse, la discussione a valle potrebbe essere fatta su altre scelte, che sono state più vissute come una sorta di riequilibrio e non, invece, come strategiche, convincenti, perché innanzitutto i proponenti ne fossero convinti. Questo è, secondo me, un argomento per tutti noi.
  Un conto è se lo fai perché nasce una misura funzionale ad un'analisi del problema; altro è se lo fai perché, nell'ambito di una governance complessa del sistema, hai bisogno di mettere in campo dei riequilibri che hanno la loro funzione, che io non disconosco, ma anche dentro al tema del riequilibrio vale la capacità di avanzare un'idea forte. Se è solo un riequilibrio astratto, rischia di essere, come giustamente veniva detto, anche poco efficace. Questo è un tema per tutti, a partire dal sottoscritto.
  Quanto al tema richiamato da Zanin sul clima, penso sia una questione molto legata all'incapacità che ha spesso il sistema agricolo anche di comunicare quello che fa. Non ne voglio fare solo un fatto di comunicazione, ma se guardo ad esempio a quello a cui le politiche agricole comunitarie orientano, anche dal lato delle scelte nazionali, sul versante ambientale, secondo me c'è una discrasia evidente tra sforzo Pag. 14prodotto e capacità di raccontare questo sforzo.
  Non vuol dire che non ci sia il problema, anzi, è ancora più evidenziato ad esempio dalla stagione che abbiamo alle spalle. Se in Lombardia discuti di siccità e in Puglia, in Calabria o in Basilicata devi discutere di abbondanti nevicate che creano un'emergenza, questa è la fotografia del problema anche in campo agricolo. Parliamo di quest'inverno, di quello che abbiamo vissuto. Il tema, quindi, c'è. Dico che, però, secondo me c'è un dato di fondo: non riusciamo a rendere conto dell'attività che si sta facendo, con tutta la fatica del caso, anche sul versante della risposta in agricoltura al tema dei cambiamenti climatici, dopodiché quello è un fronte apertissimo, che va aggiornato, completato e, certamente, non banalizzato.
  Sul tema del greening già mi sono soffermato. L'onorevole Gallinella poneva dei temi che secondo me vanno gestiti e pensati dentro al percorso che faremo nelle prossime settimane.
  Riguardo all'articolo 222 citato dall'onorevole Gallinella, osservo che per ora mi pare che siamo nel campo degli annunci, che però poi non si traducono in percorsi efficaci di tenuta di potenzialità nuove da questo lato. Ciò detto, io sono favorevole a capire se riusciamo a maneggiare anche meglio questo articolo 222 per renderlo più funzionale anche ad alcuni passaggi di alcuni settori del nostro modello agricolo.
  Sono d'accordo con l'onorevole Oliverio quando dice che dobbiamo porre in termini politici la questione della soglia del 30 per cento, la flessibilità di quella frontiera. Abbiamo ottenuto un avanzamento, un passo nell'ambito dell’«Omnibus» piuttosto significativo, perché per la prima volta il moloch intoccabile del 30 per cento viene toccato e gestito.
  Qui rivendico l'iniziativa che ha avuto, in particolare, il nostro Paese nel corso degli ultimi due anni, quando costantemente abbiamo posto ai vari commissari a Bruxelles sempre la questione dei requisiti fondamentali per intervenire di fronte a crisi di mercato e gestioni straordinarie, quel vincolo che non ci ha mai consentito di praticare concretamente alcuni interventi abbozzati nella sperimentazione e mai applicati.
  Rivendico, grazie anche al vostro contributo, la sperimentazione attuata sul versante del grano per quel che riguarda l'assicurazione ricavi. Lo dico anche qui, come lo abbiamo detto in ambito di presentazione: siamo nel campo di una sperimentazione, quindi io non so come andrà e non mi aspetto che cambi, realisticamente, lo scenario.
  So che siamo gli unici in Europa ad avere organizzato, sulla base di un'emergenza di quella natura, una risposta da questo fronte, interpretando cioè uno strumento assicurativo che potenzialmente ha l'obiettivo di aiutare, in particolare, questo settore ad accompagnarsi quando, di fronte a volatilità di prezzi e temi legati al ricavo, ha bisogno di qualche strumento di accompagnamento. Il fatto che l'Italia sperimenti questo strumento per me è molto rilevante.
  Vi prego di aiutarci, nei territori che conoscete, a rendere esplicita, pubblica, visibile, evidente, attraente, questa strumentazione. Se rimane solo nell'ambito di un comunicato stampa del Ministero o di qualche attività di carattere regionale e non diventa, invece, informazione diffusa, non vorrei trovarmi poi a commentare uno strumento che si è utilizzato poco perché pochi lo conoscevano. Proviamo a vedere. Mi piacerebbe di più vivere l'effetto opposto, cioè c'è più domanda che disponibilità, quindi accelerate. È una sfida per tutti, ma credo che sarà molto interessante capire come andrà a segno.
  L'onorevole Zaccagnini, e ho concluso, poneva il tema degli OGM. Qui voglio ribadire in maniera molto chiara che la posizione del mio Ministero non è cambiata di una virgola e non cambierà. Siamo pronti a confrontarci con tutti. Abbiamo argomenti per farlo, ma quello che abbiamo sempre detto dal lato dell'impostazione strategica sul tema rimane confermato e si presidia in tutti i passaggi, anche quelli in cui bisogna approfondire ulteriormente, Pag. 15 ma abbiamo una posizione che confermiamo in tutto e per tutto.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro. Credo che la discussione di questo pomeriggio sia molto utile al nostro lavoro anche in previsione degli atti di indirizzo che assumeremo la prossima settimana.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.55.

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