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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impegnate

Resoconto stenografico



Seduta n. 79 di Martedì 21 marzo 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Patriarca Edoardo , Presidente ... 3 

Audizione dell'Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza, Filomena Albano:
Patriarca Edoardo , Presidente ... 3 
Albano Filomena , Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza ... 4 
Patriarca Edoardo , Presidente ... 14 
Carnevali Elena (PD)  ... 14 
Patriarca Edoardo , Presidente ... 16 
Albano Filomena , Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza ... 16 
Patriarca Edoardo , Presidente ... 18

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
EDOARDO PATRIARCA

  La seduta comincia alle 14.45.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, rimane così stabilito.
  Ove necessario, anche su richiesta di un commissario, ovvero della dottoressa Albano, i lavori della Commissione potranno proseguire in seduta segreta. Al riguardo, per assicurare la massima fluidità al dibattito pubblico, prego i colleghi di riservare eventuali quesiti da sviluppare in sede riservata alla parte finale della seduta.

Audizione dell'Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza, Filomena Albano.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione della dottoressa Filomena Albano, Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza.
  Tra i compiti affidati alla Commissione rientra quello di svolgere una specifica indagine sulle modalità di protezione dei minori stranieri non accompagnati e delle altre categorie di soggetti vulnerabili. A questo fine – mi rivolgo alla dottoressa Albano – è stato costituito uno specifico gruppo di lavoro coordinato dall'onorevole Elena Carnevali. Il gruppo di lavoro dovrebbe predisporre una relazione da sottoporre successivamente alla Commissione per l'approvazione. Il gruppo di lavoro sta svolgendo alcune attività istruttorie, tra cui audizioni, missioni e raccolte di contributi documentali.
  L'Ufficio di presidenza della Commissione ha, pertanto, convenuto sull'opportunità di procedere all'audizione dell'Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza. La dottoressa Albano ha iniziato a gennaio 2017 un programma di monitoraggio delle strutture di prima accoglienza per i minori non accompagnati dei cui esiti potrebbe informare sinteticamente la Commissione.
  Si è, inoltre, espressa in più sedi in senso critico sulla riforma della giustizia civile (Atto Senato n. 2284), che porterebbe all'abolizione dei tribunali per i minori. Ricordo che si tratta di un disegno di legge delega ancora all'esame della Commissione giustizia del Senato.
  Ancora in tema di giustizia, rammento che nella proposta di legge a prima firma Zampa n. 1658, tornata alla Camera, si prevede che presso ogni tribunale per i minorenni sia istituito un elenco dei tutori volontari sulla base di appositi protocolli d'intesa tra i garanti regionali per l'infanzia e l'adolescenza e i presidenti dei tribunali per i minorenni.
  Nelle regioni in cui il Garante non è stato nominato, all'esercizio di tali funzioni provvede l'Autorità Garante per l'infanzia, con il supporto di associazioni esperte nel settore dell'immigrazione dei minori, nonché degli enti locali, dei Consigli, degli ordini professionali e delle università.
  La legislazione vigente, attraverso il decreto legislativo n. 142 del 2015, conferisce Pag. 4 la competenza alla nomina del tutore al giudice tutelare. Sul punto il Consiglio superiore della magistratura si è di recente espresso in chiave problematica, in quanto, da un lato, esiste questa competenza del giudice tutelare, mentre, dall'altro, l'albo dei tutori viene attribuito al tribunale dei minori, che, sotto altro aspetto, come appena ricordato, si intende sopprimere. Si tratta di un nodo che andrebbe sciolto almeno in termini di indirizzo da seguire.
  La stessa proposta di legge Zampa interviene sul tema dell'accertamento dell'età del minore. La relazione della Commissione in tema di hotspot ha sottolineato, fermo restando che nei casi dubbi si debba presumere l'età minorile, che sotto il profilo sanitario e più segnatamente medico-legale l'accertamento debba basarsi sulla stima dell'età ossea, tramite radiografia del polso, e dentale, tramite radiografia ortopanoramica. La proposta di legge nei casi dubbi prevede che la procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni possa disporre esami socio-sanitari volti all'accertamento della stessa.
  Sul punto ritiene si possa procedere con un approccio maggiormente aderente alla scienza medica o la sua esperienza, dottoressa Albano, la porta a ritenere indispensabili le più dispendiose ricerche di natura sociale?
  Sono alcune domande, dottoressa, che le poniamo. Poi anche i colleghi le porranno tutti i quesiti che vorranno, nella veste e nella sua funzione importantissima.
  Prima di cedere la parola alla dottoressa Albano avverto che la dottoressa Albano è accompagnata dal dottor Stefano Scarpelli, che abbiamo salutato in precedenza, funzionario presso l'Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza.
  Se nulla osta ai colleghi, darei la parola alla dottoressa Albano, ringraziandola sin da ora per la sua presenza e scusandoci anche per questo fraintendimento sugli orari. Ahimé, l'ordine del giorno e i tempi della Camera non sono in carico a questa Commissione e anche noi dobbiamo obbedire. La ringrazio ancora.

  FILOMENA ALBANO, Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza. Grazie, presidente. Grazie a tutti i presenti. Grazie a questa Commissione d'inchiesta per aver offerto oggi all'Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza la possibilità di essere ascoltata su un tema così sensibile. Tra l'altro, nella sua relazione introduttiva, presidente, ha prospettato molte delle questioni su cui intendevo già soffermarmi. Quindi, la ringrazio anche per questa introduzione.
  Consentitemi innanzitutto di spendere una brevissima premessa sull'Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza. Questa Istituzione è relativamente recente per il nostro Paese, essendo nata solo alla fine del 2011, con il compito di promuovere e tutelare i diritti dei bambini e dei ragazzi come consacrati nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo.
  Si tratta del diritto a non essere discriminati per il Paese di provenienza, per il credo religioso, per il pensiero, per l'etnia, del diritto acché sia realizzato sempre il superiore interesse del minore, del diritto all'ascolto, anche nei procedimenti giudiziari amministrativi relativi ai ragazzi, del diritto a partecipare alla vita del Paese, del diritto all'istruzione, alla sopravvivenza, allo sviluppo e alla salute, solo per citarne alcuni.
  Proprio con la finalità di attuare e promuovere la tutela dei diritti dei bambini e dei ragazzi la nostra attività si è concentrata fin dall'inizio sui minori migranti, perché fra le tante situazioni di fragilità e vulnerabilità quella dei minori migranti ci è sembrata la più fragile e vulnerabile. Parlo di persone di minore età non solo perché minori rispetto ad un maggiore, ma perché fra gli elementi della Convenzione vi è il fatto che i ragazzi e i bambini sono soggetti autonomi di diritto. I minori migranti non sono, quindi, solo persone di minore età, ma sono anche privi di adulti di riferimento, se non accompagnati – è questo il fenomeno a cui assistiamo nella gran prevalenza dei casi – e, per giunta, stranieri.
  Questa è stata la ragione per la quale l'Autorità Garante si è concentrata sulla Pag. 5situazione dei minori migranti, in particolar modo di quelli non accompagnati, proprio per verificare che i loro diritti siano rispettati, atteso che la ratifica italiana della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo richiede che questi diritti siano riservati e garantiti indiscriminatamente a tutti i bambini e i ragazzi presenti nel nostro Paese. È del tutto irrilevante ogni profilo relativo alla nazionalità o anche alla residenza. È sufficiente la presenza nel nostro Paese, che ha ratificato nel lontano 1991 la Convenzione delle Nazioni Unite del 1989.
  Consentitemi una seconda premessa. Anche questa tenterò di ridurla per non tediarvi. Riguarda l'attività internazionale dell'Autorità di garanzia. Consapevoli del fatto che siamo nati sostanzialmente imposti dall'esterno, dalle fonti sovranazionali, abbiamo anche una forte vocazione internazionale e l'abbiamo estrinsecata principalmente nell'ambito del CAHENF (Ad hoc Committee for the Rights of the Child).
  Il CAHENF è il Comitato ad hoc del Consiglio d'Europa che si occupa di monitorare e di vigilare l'attuazione della Strategia sui diritti dell'infanzia. L'Autorità Garante è capofila per l'Italia del CAHENF, ossia di questo Comitato di vigilanza istituito a Strasburgo nell'ambito del Consiglio d'Europa.
  Non ho bisogno di sottolinearvi come l'attenzione del CAHENF sui minori migranti sia un'attenzione elevatissima, tant'è che il Comitato si è strutturato in due articolazioni interne, una delle quali, per la materia che qui ci interessa, si chiama CAHENF-Safeguards ed è dedicata alla tutela dei minori stranieri non accompagnati. In questo Comitato ci si occupa di due distinti profili: uno è la tutela, l'altro è l'accertamento dell'età. L'esito prevedibile potrà essere o una raccomandazione rivolta a tutti i Paesi membri del Consiglio d'Europa o anche addirittura una Convenzione aperta alla firma di tutti gli Stati membri.
  Voglio sottolineare in questa sede che, in qualità di Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza, siamo riusciti acché il Consiglio d'Europa selezionasse proprio la candidatura italiana nell'ambito del sottogruppo di esperti del CAHENF-Safeguards, in cui siedono, su 47 Paesi del Consiglio d'Europa, solo 12 esperti. Una di questi esperti è italiana e corrisponde alla candidatura presentata dall'Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza.
  Sempre nell'ambito dell'attività internazionale, frequenti sono i nostri scambi e incontri bilaterali. Sempre per rimanere nell'ambito del Consiglio d'Europa, i nostri scambi sono stati anche con Tomáš Boček, il Rappresentante speciale per le migrazioni e i rifugiati del Segretario generale del Consiglio d'Europa, venuto in Italia in missione nel mese di ottobre 2016. Già in quell'occasione abbiamo avuto degli incontri.
  L'esito dell'attività di monitoraggio di Tomáš Boček è stato un report ufficiale presentato l'8 marzo. In questo report, in cui Boček ha tratteggiato un quadro di criticità del sistema di accoglienza e soprattutto di tutela dei minori stranieri non accompagnati, evidenzio che l'unico elemento di positività sul fronte della tutela l'ha riservato all'Autorità italiana Garante per l'infanzia e l'adolescenza, che, a suo avviso, ha iniziato un lavoro di monitoraggio sul funzionamento pratico dell'istituto della tutela che – dice il rapporto – costituisce un buon esercizio, una buona pratica, che darà dei buoni risultati.
  Sempre sul fronte degli scambi internazionali, l'Autorità Garante è costante nei rapporti all'interno dell'ENOC (European Network of Ombudspersons for Children), la Rete Europea dei Garanti per l'Infanzia e l'Adolescenza, cioè delle Autorità indipendenti. Nell'ambito dell'ENOC, l'attenzione al tema dei minori migranti e soprattutto di quelli non accompagnati è elevatissima. Anche adesso, proprio in questi giorni, stiamo esaminando un position statement che dovrà essere verosimilmente approvato a Stoccolma in una riunione il 24 aprile.
  Ovviamente, tanta sarebbe la possibile attività sul fronte internazionale, ma vi dico in premessa che l'ufficio dell'Autorità Garante, per la sua legge istitutiva, la legge n. 112 del 2011, consta di sole 10 unità di Pag. 6personale, peraltro non in pianta organica, ma comandate da altre amministrazioni. Questo vincola enormemente la nostra possibilità di agire sul fronte sia interno, sia internazionale. Questa è la ragione per cui ci siamo limitati, al Consiglio d'Europa, a seguire qualcosa nell'ambito dell'Unione europea e dell'ENOC, ma ci è difficile, proprio per le risorse disponibili, potere, come dovremmo, occuparci anche di altri contesti internazionali.
  Vengo all'attività interna, ossia a quella nazionale.
  Il quadro normativo in cui agiamo è, ovviamente, un quadro di elevatissima tutela dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza. Il nostro Paese in questo è sempre stato un faro sul fronte dei diritti. Lo dimostra la nostra tempestiva ratifica della Convenzione sui diritti del fanciullo, che risale al 1991, anche se poi abbiamo impiegato vent'anni a istituire l'Autorità di garanzia, che, come vi dicevo in premessa, è nata solamente alla fine del 2011. La ratifica della Convenzione risale, però, al 1991. L'articolo 31 della Costituzione prevede specificamente la tutela dell'infanzia.
  Venendo al settore delle migrazioni, il Testo unico in materia di immigrazione sancisce già, all'articolo 19, il principio di inespellibilità del minore, che va considerato in quanto tale, in quanto persona di minore età prima che migrante, e sancisce altresì all'articolo 28 il principio del superiore interesse.
  Peraltro, ribadisco in questa sede che, anche qualora non l'avesse previsto specificamente, tutto il nostro sistema di fonti sovranazionali, ma anche la nostra partecipazione nell'ambito dei contesti internazionali, hanno ampiamente codificato il principio del superiore interesse del minore, a prescindere dal fatto che in materia di migranti sia espressamente previsto dall'articolo 28 del Testo unico in materia di immigrazione.
  Il sistema di Istituzioni coinvolte nella gestione del fenomeno è un sistema articolato e complesso. Consentitemi di riassumerlo brevemente, prima di parlarvi dell'attività dell'Autorità Garante in questo specifico settore.
  Ci sono gli enti locali, che ovviamente sono responsabili per primi dell'accoglienza. Ci sono le regioni, che fissano anche gli standard per l'accreditamento delle comunità residenziali che accolgono le persone di minore età. Poi c'è lo Stato, nelle sue varie articolazioni istituzionali: Ministero del lavoro e delle politiche sociali; DG Immigrazione, competente sotto il versante dell'integrazione e dell'inclusione sociale, nonché del sistema di censimento e di monitoraggio dei minori presenti in Italia; Ministero dell'interno, sotto il versante dell'accoglienza; Ministero della giustizia e uffici giudiziari sotto il versante della tutela, nonché della ratifica delle misure di accoglienza.
  Si tratta, quindi, di un sistema articolato e complesso, sia sul piano orizzontale, per essere diverse le amministrazioni coinvolte nella gestione del fenomeno dell'immigrazione, sia su scala verticale, perché tra Stato, regioni ed enti locali la compartecipazione di tutti è prevista ed è necessaria, soprattutto dopo la riforma del Titolo V della Costituzione.
  Di questa complessità si è reso conto il legislatore. Noi abbiamo assistito anche nell'ultimo anno e mezzo a una serie di fonti normative che si sono succedute nel tempo e che hanno fortemente innovato questo sistema. Non possiamo non partire dal decreto legislativo n. 142 del 2015 e, segnatamente, sotto il versante dei minori non accompagnati, dall'articolo 19.
  Non possiamo prescindere dal fatto che a brevissima distanza la legge n. 160 del 2016 ha dovuto modificare proprio il decreto legislativo n. 142, introducendo un comma 3-bis. Questo perché, com'è noto – perdonatemi se lo ripeto in questa sede – il decreto legislativo n. 142 del 2015, all'articolo 19, strutturava un sistema di accoglienza per i minori non accompagnati che prevedeva una prima accoglienza che doveva durare un tempo massimo di 60 giorni e poi il passaggio ad una seconda accoglienza nell'ambito del sistema SPRAR, cui potevano accedere i minori a prescindere dalla loro qualifica di richiedenti protezione Pag. 7 internazionale oppure no. In caso di incapienza in questi posti, rimaneva l'onere a carico degli enti territoriali, attraverso le comunità del territorio, di accogliere i minori non accompagnati.
  Si tratta di un sistema che, di fronte al numero elevatissimo di minori non accompagnati arrivati in Italia nel corso del 2016 – parliamo all'incirca di 26.000 ragazzi – ha avuto la necessità di essere rivisto. In che maniera? Con la legge n. 160 del 2016, che ha introdotto questo comma 3-bis, dando la possibilità ai prefetti di istituire dei centri prefettizi unicamente per i minori al di sopra di 14 anni e con numeri più consistenti. Parliamo di 50 minori per ciascun centro.
  Infine, cito il decreto del Ministero dell'interno, emanato di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze il 1° settembre 2016 e pubblicato l'8 settembre 2016, che ha individuato gli standard strutturali e i servizi funzionali dei centri governativi di prima accoglienza, prevedendo, tra l'altro, che i centri debbano trovarsi vicino alle città, in modo che i servizi formativi o ricreativi per i ragazzi possano essere facilmente accessibili, e una serie di servizi che devono essere messi a disposizione dei centri, dalla mensa al mediatore culturale, all'avvio per la nomina del tutore, all'informativa legale per i minori, soltanto per citarne alcuni.
  Nell'evoluzione normativa veniamo al progetto di legge in materia di minori non accompagnati di recente approvato al Senato, che adesso ritorna alla Camera per un passaggio che si auspica sia il più rapido possibile e che disegna una riforma organica su questa materia, che però nell'arco dell'ultimo anno e mezzo ha visto l'evolversi di queste fonti normative che ho in questa sede sinteticamente ricordato a voi e soprattutto a me stessa. Il discorso si intreccia anche, come lei ricordava perfettamente all'inizio, presidente, con la riforma del processo civile e con il DL in materia di protezione internazionale.
  Passo ai dati del fenomeno. I dati del fenomeno nel 2016 sono dati importanti, che hanno messo a dura prova un sistema che era stato attentamente studiato e calibrato. Vi sono circa 26.000 minori non accompagnati, prevalentemente maschi – parliamo del 94 per cento –, prevalentemente di provenienza egiziana, gambiana, albanese, eritrea e nigeriana e prevalentemente di età compresa tra i 16 e i 17 anni, quindi abbastanza vicini al raggiungimento della maggiore età.
  Terminata questa sintetica premessa sul fronte nazionale, vengo agli interventi dell'Autorità di garanzia, che in questo momento mi trovo a rappresentare. L'Autorità Garante è intervenuta su più fronti. Innanzitutto con una nota del 15 luglio 2016 ha rivolto delle raccomandazioni alle varie amministrazioni cointeressate da questo fenomeno. Questo perché i compiti istituzionali dell'Autorità Garante, come delineati dalla legge istitutiva, sono prevalentemente compiti di soft law.
  Mi spiego. In definitiva, la legge, che pur declina tantissime competenze – pagine di competenze – non è altrettanto diffusa sotto il versante dei poteri dell'Autorità Garante. Certamente prevede la possibilità di raccogliere dati, di svolgere attività ispettive e, implicitamente, di rivolgere delle raccomandazioni, ed è quella che abbiamo esercitato riunendo intorno a un tavolo le varie amministrazioni, come anche gli enti territoriali, attraverso l'ANCI, coinvolti nella gestione del fenomeno dei minori migranti. All'esito di questo tavolo congiunto abbiamo adottato una nota di raccomandazioni in cui sostanzialmente abbiamo previsto gli step a nostro avviso da seguire.
  Li sintetizzo in questa sede, dicendo che abbiamo chiesto una cabina di regia nazionale con la fotografia delle strutture di prima e di seconda accoglienza, in modo da assicurare un rapido passaggio dalle prime alle seconde. Soprattutto abbiamo chiesto che queste strutture fossero il più possibile diffuse e omogenee su tutto il territorio nazionale, per evitare che gravassero unicamente sulle regioni di sbarco.
  Abbiamo chiesto, sempre in questa nota, una procedura di accertamento dell'età multidisciplinare, non esclusivamente fondata Pag. 8sulla radiografia del polso, mezzo invasivo e scarsamente attendibile.
  Abbiamo chiesto una nomina tempestiva del tutore del minore non accompagnato attraverso procedure il più possibile uniformi sul territorio nazionale.
  Abbiamo chiesto, altresì, l'avvio il più possibile tempestivo di progetti di integrazione e di inclusione sociale, auspicando l'approvazione il più rapida possibile della proposta di legge organica che all'epoca – vale a dire nel mese di luglio – doveva ancora essere calendarizzata al Senato (era ancora ferma alla Camera).
  Terminata questa prima fase, abbiamo pensato di iniziare ad essere operativi, con le nostre limitate risorse, su due fronti distinti. Il primo è quello del monitoraggio dei centri di prima accoglienza. Il secondo è il versante della tutela.
  Passo al primo. Abbiamo elaborato questo programma di monitoraggio dei centri di prima accoglienza. Ci siamo focalizzati sui centri governativi di prima accoglienza, quelli istituiti a seguito dei bandi FAMI, partiti a far data dal 23 agosto 2016, perché la nostra, come vi dicevo in premessa, è una piccola struttura. Ci sarebbe piaciuto essere capillari su tutto il territorio, ma le nostre forze e le nostre risorse non ce l'hanno consentito. Quindi, abbiamo dovuto necessariamente delimitare il target da ispezionare, con qualche incursione, ovviamente, anche in luoghi in cui i minori dovrebbero non esserci proprio, come i CAS adulti (abbiamo fatto comunque un monitoraggio presso l’hub Mattei di Bologna, dove nell'ambito del CAS adulti ci sono all'incirca 80 minori).
  La nostra attività di monitoraggio ci ha condotto, quindi, nei centri di prima accoglienza. Siamo andati, fino a questo momento, in Toscana, in Emilia Romagna, in Piemonte, in Puglia e in Sicilia. Che cosa abbiamo visto? Innanzitutto i centri, essendo istituiti con i parametri del decreto del 1° settembre 2016, sono centri idonei a ospitare in due distinte strutture 30 e 20 minori. Il decreto del 1° settembre 2016 dispone 50 minori complessivi, distinti in due strutture, una delle quali non può ospitare più di 30 ragazzi.
  Innanzitutto abbiamo verificato effettivamente il rispetto di questi numeri. Generalmente, le strutture hanno al massimo 25 ragazzi – solo a Cassano delle Murge 30 – in ciascuna struttura, prevalentemente provenienti da Paesi africani.
  L'ubicazione delle strutture era in quasi tutti i contesti abbastanza funzionale alle esigenze dei ragazzi, salvo in due contesti, in cui le strutture erano isolate, San Mauro Torinese e Cassano delle Murge. In queste due strutture effettivamente per i ragazzi era estremamente difficile raggiungere qualsivoglia centro abitato o servizio che potesse essere funzionale alle loro esigenze.
  I ragazzi erano tutti ragazzi grandi, mediamente di 16-17 anni. Abbiamo visitato anche tre centri dedicati alle ragazze. Per le ragazze occorrerebbe un discorso a parte, perché la loro situazione di fragilità e di vulnerabilità ci è sembrata maggiore. È stato difficile anche instaurare momenti partecipativi con le ragazze. Su questo verrò, al limite, in una maniera più approfondita a dirvi fra breve.
  In queste strutture, nella sola Sicilia abbiamo constatato che i ragazzi avevano a disposizione un pocket money, ossia una piccola somma di danaro giornaliera.
  I tempi di permanenza sono il primo aspetto di reale criticità che mi sento di sottolineare in questa sede, sotto un doppio versante. Il primo è che il decreto legislativo n. 142 del 2015 prevede un massimo di 60 giorni per la permanenza nei centri di prima accoglienza, tempo destinato a diminuire drasticamente qualora dovesse entrare in vigore la legge sui minori non accompagnati, che ridurrebbe questi 60 giorni a soli 30.
  Questi tempi non sono rispettati. I ragazzi che abbiamo incontrato nei centri stavano lì dall'apertura del centro, ossia dal 23 agosto, o da ottobre, in alcuni casi (alcuni centri avevano aperto a ottobre). Quindi, stavano lì già da diversi mesi, ma – questo è l'ulteriore aspetto che devo sottolineare in questa sede – non vi erano arrivati dallo sbarco: non vi erano arrivati dopo una reale prima accoglienza, ma dopo essere ulteriormente transitati per mesi in altre strutture. Pag. 9
  In alcuni casi si trattava di strutture per adulti, anche perché, in taluni casi, i ragazzi solamente in una seconda fase si erano dichiarati minorenni e, quindi, erano stati spostati in questi centri – ripeto – che sono di prima accoglienza, ma di prima accoglienza tra virgolette, proprio perché i ragazzi arrivavano lì dopo essere transitati da altri centri.
  Questo si verifica sicuramente perché, in taluni casi, i ragazzi si dichiarano minorenni soltanto in un secondo momento, ma anche perché c'è difficoltà a reperire la disponibilità di posti in prima accoglienza proprio per i numeri che il nostro Paese si è trovato a dover gestire nel corso del 2016 e che, nonostante l'enorme sforzo di tutti e l'enorme impiego di energie, è stato difficile oggettivamente fronteggiare.
  Questo ha comportato il cosiddetto «doppio imbuto». È difficile trovare posti in prima accoglienza e quindi è difficile entrare nelle strutture ma, una volta che ci si è entrati, è anche difficile uscirne, perché è difficile individuare posti nell'ambito della rete SPRAR. È questo effetto, che io ho chiamato «doppio imbuto», che rappresenta una prima criticità rilevante che abbiamo constatato nella nostra attività di monitoraggio sul campo.
  Alcune di queste criticità le abbiamo immediatamente segnalate nell'ottima e costante interlocuzione che abbiamo con il Ministero dell'interno. Abbiamo segnalato, per esempio, la necessità che nei CAS adulti non vi siano minori. Questo l'abbiamo fatto con una nota di gennaio 2017. Altre realtà costituiranno oggetto di un nostro report finale, proprio perché il nostro obiettivo è anche quello di fare una comparazione delle varie realtà esistenti sul territorio. È un obiettivo che si sta delineando a mano a mano, ma che avrà un esito finale più approfondito dei cenni che sto condividendo con voi in questa giornata, chiaramente, proprio perché si tratta di un lavoro in progress e, allo stato, ancora in evoluzione.
  La questione dei tempi è una questione rilevante, non solo per l'effetto di «doppio imbuto», ma anche per un altro elemento che è emerso: i centri di prima accoglienza istituiti, i cui requisiti strutturali e funzionali sono fissati dal decreto del 1° settembre 2016, sono centri inadatti, per loro vocazione, alla reale ed effettiva integrazione dei ragazzi. Si tratta di centri dove è prevista, per esempio, solo un'alfabetizzazione approssimativa e veloce dei ragazzi.
  In definitiva, nell'arco di una settimana abbiamo constatato che i ragazzi frequentano spesso nella stessa struttura tre giorni di corsi di alfabetizzazione, ma in questi tre giorni sono impegnati all'incirca per un'ora e mezza ogni volta. Talvolta nei centri più serviti e anche più legati al territorio i ragazzi frequentano questi corsi di alfabetizzazione all'esterno della struttura.
  Il punto è che proprio un progetto individuale ad hoc per i ragazzi non è previsto, per sua natura, nel centro di prima accoglienza, essendo esso deputato alla prima accoglienza. Questo ha un senso se la prima accoglienza dura poco tempo, ossia se dura praticamente i 60 o 30 giorni che adesso prevede la proposta di legge.
  Abbiamo anche constatato sul campo, però, che, grazie anche all'impegno dei responsabili della struttura e della rete del territorio, molto spesso questi centri stanno diventando un ibrido fra una prima e una seconda accoglienza, proprio perché il protrarsi dei tempi comporta la necessità di iniziare delle attività formative che possano impegnare i ragazzi in qualche maniera o, per esempio, fornire loro un aggancio con attività ricreative del territorio, come centri sportivi o centri di origine religiosa, perché le comunità religiose sono sempre molto attive in quest'ambito.
  In quanto Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza, abbiamo ritenuto importante e imprescindibile procedere all'ascolto dei ragazzi e delle ragazze presenti nei centri, proprio perché la nostra attività di monitoraggio ha come obiettivo verificare le loro condizioni di vita. La verifica degli standard strutturali e funzionali delle strutture non è un focus che interessa l'Autorità di garanzia, se non per i riflessi che ha sulla verifica delle condizioni di vita dei ragazzi. Pag. 10
  Ove possibile, quindi, abbiamo proceduto al loro ascolto. La partecipazione dei ragazzi è stata declinata in maniera diversa a seconda del contesto in cui ci siamo trovati a operare. In alcuni momenti, in alcune strutture ci sono stati bellissimi momenti di partecipazione con i ragazzi, che avevano proprio voglia e necessità di avere un interlocutore con cui dialogare e parlare.
  I ragazzi ci hanno manifestato i loro desideri, le criticità e le difficoltà che avevano, le loro aspirazioni. Alla domanda, che abbiamo rivolto quasi a tutti, se volessero rimanere in Italia o se il loro progetto migratorio li portasse all'estero, tutti – proprio tutti – hanno detto che volevano rimanere nel nostro Paese, forse perché chi aveva un forte progetto migratorio all'estero era già andato via.
  Come sapete, il numero dei minori irreperibili, ragazzi che nella maggior parte dei casi hanno un fortissimo progetto migratorio che li porta a volersi ricongiungere a familiari o amici che si trovano prevalentemente nel Nord Europa, è un fenomeno reale e preoccupante, perché, nella loro voglia di fuga verso Nord, i ragazzi incontrano una serie di pericoli e di ostacoli. Si tratta di un fenomeno che andrebbe arginato.
  Tutti quelli che noi abbiamo trovato nelle strutture, indistintamente, ci hanno detto di voler rimanere in Italia. Tutti, a seconda della loro provenienza, avevano voglia di iniziare attività di lavoro o di studio. Questo dipende dal loro background di provenienza, perché ci sono ragazzi che hanno un bassissimo livello di scolarizzazione e che, quindi, nei loro Paesi di provenienza avevano iniziato a lavorare anche da giovanissimi e non capivano perché in Italia non li facessimo subito lavorare. Poi ci sono altri ragazzi che, invece, hanno un livello di scolarizzazione estremamente elevato e che, quindi, hanno la prospettiva di voler continuare a studiare. L'ascolto è importante anche per poter parametrarsi sui reali bisogni e sulle reali esigenze dei ragazzi.
  Dall'ascolto sono emerse anche altre criticità, come, per esempio, una grande difformità nel rilascio del permesso di soggiorno per i ragazzi. Come sapete, loro potrebbero ottenere il permesso di soggiorno per minore età, ma questo in alcuni contesti territoriali avviene soltanto previa esibizione di documenti identificativi che i ragazzi non hanno.
  Questo accade un po’ a macchia di leopardo in Italia e anche su questo l'Autorità di garanzia che rappresento ha provveduto ad inoltrare una nota al Ministero dell'interno, al Dipartimento di pubblica sicurezza, per chiedere il rilascio tempestivo del permesso di soggiorno per minore età, anche perché il mancato rilascio produce un effetto abbastanza anomalo, vale a dire la presentazione indiscriminata di domande di protezione internazionale e, quindi, ingolfa in questo senso la macchina della giustizia in maniera a volte inutile.
  Ci sono, però, situazioni in cui non è stato possibile procedere all'ascolto dei ragazzi e delle ragazze. L'ufficio dell'Autorità Garante non ha adottato una politica preventiva, ma si è rapportato alla situazione concreta che si è trovato a gestire. Accanto quindi a bei momenti di partecipazione, ci sono stati altri contesti in cui i ragazzi vivevano situazioni di tensione e quindi non è stato assolutamente possibile procedere all'ascolto.
  In altri contesti ancora – forse questi sono i peggiori – i ragazzi erano in una situazione di apparente indifferenza rispetto alla nostra visita o comunque all'arrivo di chicchessia e, quindi, non si sono alzati dal divano o dal letto. In tutto questo, a seconda della situazione che abbiamo trovato, ci siamo rapportati di conseguenza. Ciò ha confermato – ripeto – che le realtà sono variegate e che la nostra attività di monitoraggio faticosa su scala nazionale deve avere anche l'obiettivo di comparare delle situazioni diverse e difformi.
  In particolar modo, tra le situazioni difformi segnalo – ne avevo già accennato prima – quella delle ragazze. Tra le ragazze prevalentemente abbiamo visto ragazze nigeriane, ivoriane e somale. L'età delle ragazze è anche più bassa di quella dei ragazzi. Abbiamo incontrato anche ragazze Pag. 11 quattordicenni. Tutte o quasi nel corso del viaggio che le ha portate in Italia hanno subìto ogni forma di violenza. Molte sono vittime di tratta. La loro situazione di fragilità e di vulnerabilità ci è sembrata veramente critica.
  Il loro livello di scolarizzazione è generalmente basso, molto più basso di quello dei ragazzi. Il tipo di intervento e di approccio alla loro situazione dovrebbe essere mirato alla criticità anche per non perdere tempo. Dovrebbe essere un approccio multidisciplinare specialistico, proprio perché le ragazze, ancor più dei ragazzi, vengono da situazioni critiche.
  Veniamo alla tutela. La tutela ha un focus specifico sui minori migranti non accompagnati, che, come dicevo in apertura, sono, fra le categorie dei ragazzi, quelli forse più vulnerabili, proprio perché uniscono alla minore età l'essere privi di genitori e l'essere, per giunta, stranieri.
  Molto spesso nel corso dei nostri colloqui abbiamo visto che i ragazzi avevano proprio voglia di parlare, anche a prescindere dal filtro del mediatore culturale. Anche il discorso linguistico, la barriera di non potersi esprimere nella loro lingua è a volte veramente un ostacolo pesante per loro, anche perché per chi è appena arrivato in Italia la barriera della diffidenza anche nei confronti del mediatore culturale e degli interpreti è ancora una barriera presente. Quindi, il filtro della comprensione linguistica è rilevante.
  Vengo al discorso della tutela. È questo il secondo filone di attività su cui in questo momento stiamo lavorando tanto, come si è accorto anche il Rappresentante speciale delle migrazioni e dei rifugiati del Consiglio d'Europa, che – ripeto – ha citato proprio l'attività di monitoraggio sull'istituto della tutela che l'Autorità Garante italiana sta conducendo come elemento di positività.
  Che cosa abbiamo fatto? Abbiamo fatto due distinte note, una diretta al Ministero della giustizia e l'altra ai garanti regionali. Al Ministero della giustizia abbiamo chiesto di procedere a una ricognizione, attraverso tutti gli uffici giudiziari italiani, in ordine al funzionamento pratico dell'istituto della tutela. In particolar modo, volevamo capire in quali tempi gli uffici giudiziari procedessero alla nomina del tutore, chi venisse nominato tutore e se ci fosse un monitoraggio in ordine all'attività del tutore nominato.
  Questo perché? Perché la tutela, come delineata dal nostro Codice civile, è nata con tutt'altra finalità, ossia quella di amministrare il patrimonio degli orfani. Si trattava di una tutela impostata, ai sensi dell'articolo 343 e seguenti del Codice civile, come conservazione del patrimonio di chi rimaneva privo di genitori. Adesso ci troviamo a utilizzare questo istituto per finalità completamente diverse, ossia per tutelare ragazzi che un patrimonio non ce l'hanno. Pertanto, abbiamo iniziato una ricognizione sugli uffici giudiziari da questo punto di vista.
  Vi premetto, però, su questo punto che anche nell'ambito della nostra attività di monitoraggio dei centri di prima accoglienza, prima di andare in ispezione nelle strutture, la mattina noi abbiamo sempre svolto, con la collaborazione enorme che abbiamo avuto da parte delle prefetture, un'attività di rete anche con gli uffici giudiziari. In definitiva, nel corso della mattinata, ci riunivamo intorno a un tavolo con i prefetti, ma anche con le procure delle Repubbliche, il tribunale ordinario e il tribunale per i minorenni – adesso vi spiegherò perché entrambi – proprio per fare una ricognizione sul funzionamento degli istituti sul campo.
  Al di là di questo, abbiamo fatto una ricognizione di carattere sistematico, avvalendoci della collaborazione che ci è stata prontamente prestata da parte del Ministero della giustizia. Questo è un fronte.
  Sull'altro fronte ci siamo mossi con i garanti regionali. L'Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza è a capo della Conferenza nazionale di garanzia che riunisce i garanti regionali d'Italia, almeno per le regioni che hanno il Garante regionale, perché ci sono alcune regioni tuttora prive di questa figura, anche se l'attività di sensibilizzazione che stiamo conducendo in maniera intensa ha portato a una copertura Pag. 12 abbastanza diffusa sul territorio dei garanti regionali.
  Perché ci siamo rivolti ai garanti regionali? Per precedere in un certo qual modo la proposta di legge sui minori non accompagnati, che, come lei ricordava, presidente, all'articolo 11 prevede che questa nuova figura, ossia il tutore volontario, sia istituita, selezionata e formata proprio dai garanti regionali.
  Abbiamo chiesto, quindi, ai garanti regionali, che sono figure nella maggior parte preesistenti all'istituzione dell'Autorità di garanzia, molti dei quali avevano già iniziato delle sperimentazioni sotto il versante di tutori volontari, se avessero stipulato protocolli con le altre amministrazioni coinvolte e se avessero istituito degli elenchi di tutori volontari e in che modo questi tutori volontari venissero selezionati e formati.
  Abbiamo agito su questi due ambiti. Stiamo collazionando adesso le risposte che ci sono pervenute. Il quadro che emerge, che vi posso anticipare in via sintetica in questa sede – scusate fin da ora l'imprecisione, perché anche questo è un lavoro in progress, che però ho il piacere oggi di condividere con voi – è il seguente: prevalentemente il tutore è ancora una figura istituzionale e, quindi, è il sindaco o l'assessore delegato alle politiche sociali. Questo, da un lato, garantisce la presenza di un riferimento istituzionale al minore privo di genitori, ma, dall'altro, comporta che la stessa persona fisica sia tutore indistintamente di un numero rilevante di minori, come accade soprattutto nelle regioni di sbarco.
  Nell'ambito dei tutori istituzionali, nella ricognizione che ci ha trasmesso il Ministero della giustizia, sono stati inseriti anche gli avvocati, che sono l'altra categoria ampiamente presente. Gli avvocati vengono in seconda battuta nominati con una determinata frequenza tutori dei minori non accompagnati.
  Del tutto residuale, allo stato, invece, è la nomina di tutori volontari, vale a dire di privati cittadini con le funzioni di esercenti la responsabilità genitoriale del minore. Questo nonostante i garanti regionali, in maniera abbastanza intensa, soprattutto nell'ultimo periodo, stiano procedendo alla stipula di protocolli d'intesa con gli uffici giudiziari, ma anche con gli enti territoriali, proprio per istituire degli elenchi in cui inserire privati cittadini che loro stessi, i garanti regionali, hanno avuto il compito di formare e selezionare per costituire questi elenchi, proprio perché le autorità giudiziarie potessero poi attingervi.
  Allo stato, le proporzioni sono di un 80 per cento di tutori istituzionali, dove per tutori istituzionali intendo il soggetto pubblico (sindaco, assessore delegato alle politiche sociali o avvocato), e di un 20 per cento, invece, di tutore volontario.
  Quanto al monitoraggio dell'attività del tutore, questo è un altro tema nevralgico. Perché? Perché il nostro Codice civile prevede il monitoraggio declinato come rendicontazione, per il motivo che vi dicevo in premessa, ossia perché l'istituto è nato come tutela di interessi economici. Adesso, mutuato con una diversa prospettiva alla cura della persona del ragazzo, il monitoraggio dovrebbe essere un'attività che tenga conto e non possa prescindere dall'ascolto del ragazzo. Questo accade, nell'ambito della nostra rilevazione, solo presso il tribunale di Asti.
  Peraltro, anche sotto il fronte di chi debba nominare il tutore ci sono dei problemi. Il decreto legislativo n. 142 del 2015, che allo stato è la fonte normativa specifica della materia, ai sensi dell'articolo 19, prevede che a nominare il tutore debba essere il giudice tutelare, che, come tutti sapete, è un giudice ordinario. Lo stesso articolo 19 prevede, però, che il tribunale per i minorenni debba essere l'organo giudiziario che procede alla ratifica delle misure di accoglienza. Già la fonte normativa prevede, quindi, una sorta di frammentazione di interventi, ossia l'intervento del giudice ordinario e del giudice minorile sotto due aspetti diversi: la ratifica delle misure di accoglienza, cioè la ratifica del collocamento del minore nella comunità, e il versante della tutela.
  Questo non è irrilevante, anche perché il tribunale per i minorenni è su base distrettuale, oltre ad avere, ovviamente, Pag. 13una specificità in materia minorile. È su base distrettuale e quindi può anche assicurare un'uniformità di indirizzo e di guida nell'ambito del distretto, laddove il giudice tutelare ha competenza circondariale e quindi è più frammentato sul territorio.
  Questo è così vero che, allo stato, nonostante l'articolo 19 del decreto legislativo n. 142 del 2015, taluni tribunali per i minorenni, aprendo la procedura di adottabilità, continuano loro stessi a nominare il tutore, ovvero, in altri tribunali per i minorenni, a nominare un tutore provvisorio, trasmettendo poi gli atti al giudice ordinario (vedi giudice tutelare) per la conferma e, quindi, la nomina del tutore in via definitiva. Questo l'abbiamo constatato, sempre nell'ambito della nostra attività sul territorio, proprio attraverso queste reti, questo tavolo che organizzavamo la mattina prima della visita nella struttura.
  Il problema dell'individuazione dell'autorità giudiziaria competente rischia di complicarsi ulteriormente con l'approvazione – auspicabile – della legge sui minori non accompagnati, perché la proposta di legge sui minori non accompagnati prevede questa nuova figura del tutore volontario, figura, come ho detto prima, nata in via di fatto dalle esperienze di molti garanti regionali e di molti protocolli stilati sul territorio. Se dovesse entrare in vigore la riforma di legge organica sui minori non accompagnati, la figura del tutore volontario sarebbe prevista per legge. Allo stato, lo prevede l'articolo 11 della proposta di legge.
  I tutori volontari dovrebbero essere selezionati e formati proprio dai garanti regionali, che sono coordinati dall'Autorità Garante nell'ambito della Conferenza nazionale, Autorità Garante che dovrebbe intervenire poi direttamente, come lei ricordava prima, presidente, nei territori in cui il Garante regionale non è stato nominato e quindi non c'è.
  L'articolo 11 della proposta di legge prevede che questi protocolli d'intesa debbano essere fatti tra il Garante regionale e i tribunali per i minorenni. Tornano qui i tribunali per i minorenni, fra i vari soggetti: tribunale per i minorenni per i protocolli, tribunale per i minorenni per la ratifica delle misure di accoglienza. Per il discorso, che è estremamente rilevante e sensibile, della tutela del minore, ossia per l'individuazione del soggetto che deve avere la responsabilità genitoriale per il minore non accompagnato, c'è il giudice ordinario.
  Sarebbe stato auspicabile – in questa sede mi sento di reiterare questa raccomandazione – che, in relazione alle funzioni dei tribunali per i minorenni, anziché essere essi eliminati e soppressi, venissero rinforzati. Poteva essere questa la sede per attribuire ai tribunali per i minorenni tutte le competenze in materia di minori non accompagnati e, quindi, le competenze sotto il fronte della nomina del tutore, della ratifica delle misure di accoglienza, della stipula dei protocolli e della gestione in definitiva di questi elenchi dei tutori volontari. Questo e solo questo avrebbe potuto garantire l'esclusività di funzioni e l'estrema specializzazione in una materia estremamente complessa. Proprio perché organo giurisdizionale a livello distrettuale, avrebbe potuto garantire un'uniformità, ossia linee-guida omogenee, nell'ambito del distretto e un raccordo anche più facile sotto il fronte nazionale.
  Ripeto, anziché eliminare i tribunali per i minorenni, si sarebbe dovuto, mai come in questo momento storico, con questi numeri che stiamo con grande fatica gestendo, rinforzarli. Nel rinforzarli si poteva pensare di attribuire ai tribunali per i minorenni financo le domande di protezione internazionale relative alle persone di minore età, anche perché da una rapida e sommaria ricognizione che abbiamo fatto abbiamo constatato che i numeri di rigetto delle domande di protezione internazionale sono numeri elevati.
  A fronte di questi numeri elevati, i ricorsi giurisdizionali non so quanti siano. Non penso che i numeri siano altrettanto elevati. Non ho avuto la possibilità di effettuare questa ricognizione e non so neanche, francamente, se questi dati siano disponibili. Nel mio passato professionale ero giudice della famiglia, ma anche giudice Pag. 14 dell'immigrazione, perché al tribunale di Roma la sezione prima, dove lavoravo, è la sezione che si occupa di famiglia e di immigrazione. Non ricordo ricorsi giurisdizionali di protezione internazionale avverso le decisioni di rigetto delle Commissioni internazionali relative a persone di minore età. Evidenzio, peraltro, che attualmente il decreto legge, nel sopprimere anche l'appello, onererebbe a presentare direttamente ricorso per Cassazione. Questo complica ulteriormente il quadro.
  Mi fermerei qui, per il momento.

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa, per la sua relazione. Ha accennato anche a dei rapporti, a dei report che l'Autorità elaborerà nei prossimi mesi. Ovviamente, le saremo grati se ce ne renderà partecipi e se eventualmente, accanto alla sua audizione, avesse dei materiali da fornire alla Commissione. Se le riflessioni che ci ha proposto le ha annotate in un testo, ci farebbe piacere averlo. La ringrazio di cuore.
  Detto questo, passo la parola alla collega Carnevali del Partito Democratico.

  ELENA CARNEVALI. Innanzitutto la ringrazio. La ringrazio davvero, non formalmente. Devo dirle che nella sua relazione ha avuto una cronicità anche dello sguardo e della settorialità con cui ha affrontato il tema dei minori stranieri non accompagnati in generale e anche delle necessità di continuare anche per il nostro Paese a corrispondere a ciò che abbiamo sottoscritto quando abbiamo deciso di ratificare la Convenzione.
  Mi soffermo su alcuni punti. Purtroppo, abbiamo molto poco tempo, dovendo i lavori dell'Aula iniziare alle 16. Mi soffermerò, quindi, solo su alcune questioni.
  La prima riguarda soprattutto la relazione col Consiglio d'Europa. La premessa è che condivido molto le osservazioni che sono state fatte anche nella sua relazione. Da parte del Consiglio d'Europa è giusto anche l'osservatorio particolare nei confronti del Paese Italia. Vorrei chiederle, in quanto Garante dell'infanzia per il nostro Paese, che tipo di relazione abbiamo rispetto ad alcuni impegni che gli altri Paesi dell'Unione europea non stanno assumendo.
  Giustamente ha fatto molto bene a ricordare che i minori sono inespellibili e che dobbiamo garantire a tutti non solo tutela e protezione, ma anche la massima integrazione possibile, cosa che ancora non siamo nelle condizioni di fare per tutti. Sulla possibilità di soddisfare gli adempimenti che sono stati sottoscritti anche a livello europeo vedo che abbiamo ancora molte lacune. Penso anche ai rimpatri assistiti. Vorrei sapere se questo è un argomento che viene trattato all'interno del Consiglio d'Europa.
  Dell'evoluzione di natura normativa ci ha già fatto uno spaccato pieno. Penso che nel giro di qualche settimana arriveremo all'approvazione del testo Zampa-Pollastrini. La questione che apre sulla difficoltà delle relazioni tra il tribunale ordinario e i tribunali dei minorenni mi sembra un'attenzione particolare che lei ci ha posto, su cui, peraltro, so bene che in questo momento abbiamo una situazione non solo di poca chiarezza, ma a volte anche di conflitto, per essere molto schietti.
  In parte la causa è dovuta alla competenza e al ritardo dei giudici ordinari a poter procedere alle nomine. Questo rende tutto molto più complicato, perché non solo lasciamo minori senza tutela, non solo abbiamo un doppio imbuto, ma forse abbiamo anche un collo di bottiglia che non si apre proprio più. A fronte di 3.000 sbarchi al giorno, francamente, penso che siamo in una condizione davvero di estrema difficoltà.
  Più che fare io una domanda, mi sembra che lei la risposta l'abbia già data. Penso alla sua contrarietà alla riforma in atto sulla questione del tribunale dei minorenni. Il suo punto di vista mi sembra che non l'abbia per nulla nascosto. Ha suggerito, invece, il rafforzamento del tribunale dei minorenni, al quale lei penserebbe di dover affidare anche queste competenze.
  Sulla questione relativa, invece, al tutore volontario, anche alla luce dell'approvazione del PdL Zampa, mi sembra di Pag. 15particolare importanza una sorta di investimento nei confronti di queste figure, a fronte del fatto che l'80 per cento sono amministratori, ossia sindaci, che poi di fatto svolgono l'attività attraverso la delega che affidano agli assistenti sociali, i quali rappresentano l'intermediazione nei confronti dei minori. Anche qui, se, da un lato, la figura istituzionale garantisce la più alta protezione possibile, dall'altro, nell'esercizio della pratica della tutela, dati i numeri e forse anche il ruolo, spesso la situazione è complicata.
  Non accade dappertutto così. Con riguardo all'esperienza bresciana – io sono bergamasca – so che, per esempio, l'affidamento non lo fanno quasi più. Lo fanno direttamente gli assistenti sociali. Non passano neanche dalle figure istituzionali.
  Credo che, a questo punto, sia davvero molto forte un investimento nella formazione degli eventuali tutori volontari. Questo ci permetterebbe forse di svolgere il ruolo di tutore non tanto per patrimoni che non esistono, quanto per il processo di cura, di accoglienza e di integrazione che vorremmo nei confronti di questi minori.
  Rimane un problema evidente. Nella difficoltà che abbiamo del quadro normativo anche rispetto a chi venga affidata la competenza della nomina dei tutori emerge, però, un dato oggettivo: spesso questi sono minori che diventano maggiorenni nel giro di pochissimo tempo. Questa è l'altra questione. Se guardiamo il tema dal punto di vista dei minori che hanno la possibilità di rimanere sul nostro territorio, non dico per lungo periodo, ma per un periodo anche minimamente in grado di cominciare ad abbozzare una sorta di progetto dedicato alla persona, la penso totalmente ed esattamente come voi. Lo dico per esperienza personale.
  Se questa questione la guardo invece sapendo che la maggior parte di questi ragazzi sta in modo non congruo, in tempi lunghi, in prima accoglienza, noto che, quando i ragazzi hanno la fortuna di passare nei progetti di seconda accoglienza, sono praticamente nel passaggio che consente loro di diventare adulti e, quindi, escono dalla funzione di controllo del tribunale dei minorenni e diventano figure in capo ai tribunali ordinari.
  Questo è un problema oggettivo. La domanda pertanto è: questa preoccupazione è una preoccupazione solo mia personale o è una preoccupazione che avete anche voi? Ed eventualmente che tipo non dico di risposta ma di pensiero state facendo? Questo, al netto dello sforzo che dovremmo fare nei confronti qui, chiama molto le responsabilità territoriali, perché gli accordi di programma e i protocolli di intesa li facciamo con i territori, dove poi si trovano i ragazzi e le ragazze.
  La ringrazio molto del focus che ha fatto. Devo dirle che nella relazione – lo dico a memoria – del gruppo di lavoro della Commissione uno spaccato sul genere non l'abbiamo fatto. La ringrazio molto. Molto probabilmente a volte agiamo peccando di avere uno sguardo indistinto, mentre sia le situazioni da cui provengono i ragazzi, sia l'attività multidisciplinare di cui avrebbero bisogno meritano sicuramente un focus di attenzione.
  Cosa dirle? Mi rendo conto che – credo – stiamo attraversando una delle fasi più difficili, in cui, peraltro, abbiamo a che fare con le figure più vulnerabili nelle condizioni ancora più vulnerabili possibile. Penso ai minori stranieri non accompagnati, di cui ci siamo occupati oggi, con la fatica di questo Paese e soprattutto con la fatica – questo è emerso anche dal gruppo di lavoro – di una disponibilità di recettività da parte dei territori.
  Noi l'abbiamo visto. Pur avendo cambiato i criteri dello SPRAR per consentire di avere un'apertura non per bandi ma continuativa, c'è davvero poca disponibilità da parte dei territori per le preoccupazioni che hanno di presa in carico di queste persone. Questo è. Come unico faro, dovremmo avere esclusivamente l'attenzione nei confronti dei minori. Purtroppo, però, nelle pratiche questo non accade.
  Mi rimane da dire che dobbiamo garantire un sistema italiano che sia all'altezza di ciò che abbiamo sottoscritto. Mi verrebbe da aggiungere che spero di poter avere, anche grazie alla sua competenza e al vostro Pag. 16 aiuto, anche una relazione migliore con l'Unione europea. Se continuiamo a pensare che possiamo risolvere la questione da soli, più sento, più ascolto e più credo che siamo davvero nelle condizioni di un'enorme difficoltà.
  C'è un'ultimissima cosa che mi ha incuriosito. Il fatto che voi facciate un'attività di controllo è sicuramente una cosa importante. Mi rendo conto, però, che ci sono più soggetti chiamati alla verifica sui controlli dei centri di prima accoglienza. Sul sistema SPRAR un po’ meno, perché c'è un'attività di autocontrollo che mi sembra già molto forte.
  Anche sulle attività di controllo bisognerebbe migliorare la cabina di regia. Ci sono molti soggetti che dovrebbero fare i controlli. Ci sono molti soggetti che fanno i controlli, anche per le competenze, ma che hanno pochi poteri, ma anche indisponibilità di mezzi e di uomini, come ci ha ricordato. Ho l'impressione che forse, anche da questo punto di vista, una cabina di regia sarebbe auspicabile.

  PRESIDENTE. Grazie. Dottoressa Albano, abbiamo poco tempo. Mi perdonerà se le chiedo di essere sintetica. Eventualmente avremo anche l'occasione di rivederla. Credo che anche con il Presidente Gelli, che oggi non ha potuto essere qui con noi, avremo l'occasione di riapprofondire alcune sue riflessioni.
  Le chiedevo soltanto una nota, ma non le chiedo una risposta. Mettiamo in elenco delle questioni che eventualmente possiamo richiedere in un'altra occasione. Su questo tema dell'accoglienza dei minori ci sono esperienze positive?
  Spesso siamo «costretti», nel senso che è nostro compito, pur essendo una Commissione d'inchiesta, a dover indagare soprattutto esperienze a volte sgradevoli e poco positive. Le chiedo se invece, nelle vostre funzioni di controllo e di monitoraggio, avete anche avuto, soprattutto rispetto alle donne e alle ragazze, esperienze di integrazione che possano essere portate spesso all'opinione pubblica e al racconto anche dentro le Istituzioni.
  Almeno per mia prospettiva personale, dico che dobbiamo sempre denunciare le cose che non vanno, ma talvolta è bene raccontare anche le cose che funzionano e che possono rappresentare una sorta di faro e di punto di riferimento per l'esperienza. Le chiedo se questo ci sia.
  Le faccio una domanda sui tutori volontari, ma mi fermo subito: per quello che lei conosce, sono soggetti che lo fanno per scelta personale o sono soggetti che appartengono a realtà associative? Come vengono scelti questi tutori? Sono accompagnati nella loro attività anche associativamente? Ci sono relazioni con associazioni di volontariato che hanno scelto di impegnarsi su questo fronte oppure si tratta di esperienze molto personali, di famiglie?
  Mi fermo. Do la parola alla dottoressa Albano per la replica.

  FILOMENA ALBANO, Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza. Grazie a entrambi per le domande, che mi offrono anche l'occasione di puntualizzare aspetti che mi erano sfuggiti, lo confesso.
  Per quanto riguarda il contesto sovranazionale, concordo con l'onorevole che ha parlato prima. Certo, il nostro focus in questo momento non è tanto l'Unione europea, quanto il Consiglio d'Europa, semplicemente perché – l'ho detto in premessa – le nostre forze non ci consentono di operare come vorremmo. Abbiamo anche chiesto però al Ministero degli affari esteri, in una nota ufficiale, di avere una ricognizione di tutti i negoziati ascendenti che vedono l'Italia partecipe nell'ambito dell'Unione europea.
  Nel Consiglio d'Europa il discorso, impostato sul fronte dei diritti, è leggermente diverso. Ripeto, relativamente alla migrazione, pur nella consapevolezza che anche la relocation e i rimpatri assistiti sono un tema fortemente sensibile, allo stato noi sediamo nel gruppo su cui il CAHENF ha investito, il gruppo Safeguards, che si occupa dell'accertamento dell'età e della tutela e non di altro.
  Quanto al discorso di tribunale ordinario e tribunale per i minorenni, ugualmente sono del tutto d'accordo con lei. Ci tengo a evidenziare in questa sede – non l'avevo fatto – che il giudice tutelare spesso si Pag. 17trova a rivestire tante altre funzioni in contemporanea ed è questa anche la ragione per cui i tempi della nomina dei tutori sono tempi non così brevi, perché non può garantire quell'esclusività nell'espletamento delle funzioni che ha il tribunale per i minorenni.
  Per questo motivo non solo ho parlato di contrarietà alla riforma, ma ho anche fornito la mia proposta, ossia la proposta di attribuire – si potrebbe fare anche adesso, in sede di conversione del DL in materia di protezione internazionale, con effetti immediati – la nomina del tutore al tribunale per i minorenni, eventualmente conferendogli anche la competenza in ordine alle domande di protezione internazionale relative alle persone di minore età.
  Ringrazio soprattutto per la domanda sul tutore volontario, perché ho completamente dimenticato di dirvi che l'Autorità Garante ha istituito un gruppo di lavoro, che partirà il 28 marzo, proprio per creare la rete dei tutori volontari. Abbiamo istituito questo gruppo di lavoro, in cui saranno coinvolti anche esperti selezionati da persone che si sono occupate di questo tema. È un gruppo di lavoro che vede la partecipazione anche dei garanti regionali, perché, ovviamente, sono loro il link dell'Autorità di garanzia sul territorio.
  Si tratta, quindi, di un gruppo misto, che vede la partecipazione di garanti regionali e di esperti, proprio in previsione dell'entrata in vigore della proposta di legge e comunque per diffondere la cultura del tutore volontario, che prevalentemente adesso viene da realtà associative o da contesti municipali. Penso alla città di Palermo, che ha creato la Città educativa. Viene da un contesto di rete sul territorio, che vede anche le associazioni di carattere religioso molto presenti. La provenienza è prevalentemente da quel contesto.
  Ripeto, questo gruppo di lavoro ha la funzione di implementare l'attività di monitoraggio sui tutori volontari iniziata con queste due distinte note al Ministero della giustizia e ai garanti regionali e di andare oltre, in modo da favorire la diffusione di questa figura, creando rete sul territorio. Questo partirà il 28 marzo. Avevo completamente dimenticato di dirvelo.
  Quello dei minori che diventano maggiorenni è fra i problemi più spinosi. Noi l'abbiamo ben presente. Ovviamente, è una nostra responsabilità il fatto di abbreviare i tempi. Come dicono i ragazzi quando li vado a sentire nelle strutture, noi siamo i loro «genitori».
  Per loro il tempo è tutto, lei ha ragione, ma il problema di rendere questo tempo effettivamente funzionale alle loro esigenze è un problema che richiede una nostra responsabilità istituzionale a vari livelli, fermo restando che, ovviamente, in base all'articolo 32, c'è la possibilità di conversione del permesso di soggiorno per minore età in permesso per lavoro, formazione e studio sulla base del parere della DG Immigrazione. L'importante è, prima di questa fatidica maggiore età, iniziare un percorso di integrazione. Questa è una nostra precisa responsabilità.
  Le esperienze positive ci sono. Quando ci si trova in sede istituzionale, si è portati a evidenziare le criticità. La ringrazio, quindi, presidente, di questa domanda. Ne cito una a titolo esemplificativo.
  In Sicilia, a Catania, abbiamo visitato una struttura di prima accoglienza, che tra l'altro ci ha presentato un bellissimo esempio di orto. I ragazzi che non avevano un elevato livello di scolarizzazione in quel contesto erano stati impegnati nella creazione da zero di un orto cittadino. È stata un'esperienza veramente bella.
  Esperienze di integrazione non ne ho, perché il nostro focus è stato sulle strutture di prima accoglienza, che, come ho spiegato in apertura, non sono deputate all'integrazione per loro vocazione istituzionale. Questa è la ragione per cui non ho un'esperienza su questo campo. Tuttavia, esperienze positive di accoglienza ci sono.
  Citerei fra le esperienze positive anche alcuni contesti dove la struttura è ubicata lontano da centri cittadini, come San Mauro Torinese: la struttura di San Mauro Torinese, lontana da tutto, è una struttura in cui abbiamo vissuto bellissimi momenti di partecipazione con i ragazzi. Questo significa che la tenuta, anche da parte dei Pag. 18responsabili della struttura, nonostante l'isolamento del contesto e l'impossibilità di fatto dei ragazzi di uscire, se non accompagnati e se non sporadicamente, è stata una tenuta positiva e ragguardevole.
  Spero di aver risposto alle vostre integrazioni. Già oggi vi posso lasciare le note di cui vi ho parlato in apertura, ossia le note di raccomandazione indirizzate dall'Autorità di garanzia. Mi riservo, nel momento in cui avremo terminato l'elaborazione dei due distinti report relativi all'attività di monitoraggio dei centri di accoglienza e ai tutori, di metterli a disposizione di questa Commissione.

  PRESIDENTE. Ringrazio la dottoressa Albano e il dottor Scarpelli e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.15.