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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impegnate

Resoconto stenografico



Seduta n. 80 di Mercoledì 22 marzo 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Gelli Federico , Presidente ... 3 

Audizione del Capo del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Miur, Rosa De Pasquale:
Gelli Federico , Presidente ... 3 
De Pasquale Rosa , Capo del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Miur ... 4 
Gelli Federico , Presidente ... 9 
Patriarca Edoardo (PD)  ... 9 
Lorefice Marialucia (M5S)  ... 9 
Carnevali Elena (PD)  ... 10 
Gelli Federico , Presidente ... 11 
De Pasquale Rosa , Capo del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Miur ... 12 
Gelli Federico , Presidente ... 14 
De Pasquale Rosa , Capo del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Miur ... 14 
Gelli Federico , Presidente ... 15 
Carnevali Elena (PD)  ... 15 
De Pasquale Rosa , Capo del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Miur ... 15 
Carnevali Elena (PD)  ... 15 
De Pasquale Rosa , Capo del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Miur ... 15 
Carnevali Elena (PD)  ... 15 
De Pasquale Rosa , Capo del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Miur ... 15 
Carnevali Elena (PD)  ... 15 
De Pasquale Rosa , Capo del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Miur ... 15 
Carnevali Elena (PD)  ... 15 
De Pasquale Rosa , Capo del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Miur ... 16 
Patriarca Edoardo (PD)  ... 16 
De Pasquale Rosa , Capo del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Miur ... 16 
Gelli Federico , Presidente ... 16 
De Pasquale Rosa , Capo del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Miur ... 16 
Gelli Federico , Presidente ... 16 

(La seduta termina alle 10.25) ... 16

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
FEDERICO GELLI

  La seduta comincia alle 9.10.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

Audizione del Capo del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Miur, Rosa De Pasquale.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione della dottoressa Rosa De Pasquale, Capo del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Miur, il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca.
  Tra i compiti affidati alla Commissione rientra quello di svolgere una specifica indagine sulle modalità di protezione dei minori stranieri non accompagnati e delle altre categorie di soggetti vulnerabili. A questo fine, all'interno di questa Commissione è stato costituito – lo comunico alla dottoressa De Pasquale – uno specifico gruppo di lavoro, coordinato dall'onorevole Elena Carnevali. Il gruppo di lavoro dovrebbe predisporre una relazione da sottoporre successivamente alla Commissione per l'approvazione.
  Questo è uno dei filoni di attività di questa Commissione parlamentare d'inchiesta, che si aggiunge a molti altri filoni che in parte abbiamo già concluso. Per esempio, uno riguarda i sistemi di primissima accoglienza degli hotspot. Un altro ha ad oggetto la vicenda del CARA di Mineo. In un altro ancora stiamo lavorando sul tema dell'assistenza sanitaria dei migranti, anche lì con un gruppo di lavoro.
  Questo gruppo di lavoro sui minori stranieri non accompagnati è in una fase molto avanzata e, quindi, successivamente, anche attraverso le domande, ci sarà la possibilità di arricchire rispetto al suo ruolo il lavoro che il gruppo stesso sta portando avanti.
  Il gruppo di lavoro sta svolgendo alcune attività istruttorie, tra cui audizioni, missioni e raccolta di contributi documentali. L'Ufficio di presidenza della Commissione ha, pertanto, convenuto sull'opportunità di procedere all'audizione della dottoressa De Pasquale per completare il quadro informativo sull'inserimento dei minori stranieri non accompagnati.
  In particolare, solleciterei la nostra ospite a esporre alla Commissione l'azione progettuale del Ministero dell'Istruzione a favore dei minori stranieri non accompagnati. Se è vero che il problema dell'apprendimento della lingua italiana, della formazione e dell'inserimento lavorativo risulta un elemento essenziale per un positivo processo d'integrazione di molti minori non accompagnati, quasi sempre giunti in Italia all'approssimarsi della maggiore età e con precisi obiettivi di sostegno economico alle loro famiglie, come si esplicita la collaborazione tra Ministero dell'Istruzione, Ministero dell'Interno e Ministero del Lavoro per favorire gli interventi necessari?
  Saremmo, inoltre, grati alla nostra ospite se potesse fornirci, anche per iscritto, con note da trasmettere successivamente alla segreteria, dei dati sui progetti finanziati a beneficio Pag. 4 di scuole o reti di scuole, per progetti finalizzati ad azioni di accoglienza e di sostegno linguistico e psicologico rivolti a minori stranieri. Quali progetti sono stati finanziati? Quali scuole sono state coinvolte e in quali regioni sono dislocate? Quali sono ad oggi i risultati dei progetti finanziati? Da tali risultati emergono esperienze didattiche o educative efficaci che possano essere diffuse in altre scuole, le cosiddette «best practice»?
  Un altro elemento di interesse è costituito dalla presenza di minori stranieri non accompagnati nelle strutture scolastiche. Esiste una rilevazione statistica di tale fenomeno che possa consentire alla Commissione di quantificare l'andamento del flusso di studenti che rivestono la qualifica di minori stranieri non accompagnati?
  Su questi temi e sulle generali politiche di integrazione dei minori stranieri non accompagnati, cedo la parola alla dottoressa De Pasquale. Ovviamente, queste domande sono state suggerite dal gruppo di lavoro ai fini di completare la relazione finale. Poi i colleghi, se vorranno, potranno integrare con altre successive domande.
  Dottoressa De Pasquale, prego. A lei la parola.

  ROSA DE PASQUALE, Capo del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Miur. Grazie per questa opportunità. Intanto saluto tutti i membri della Commissione, anche ognuno personalmente. Non c'è la possibilità di stringere la mano a ognuno, ma è come se lo facessi.
  È importante l'enorme lavoro che il MIUR fa sulle scuole. Parlo della scuola militante. Il MIUR è al servizio della scuola. È il ministero che deve cercare di dare omogeneità a tutte le opportunità che la scuola può offrire e, quindi, anche di fare in modo che non ci siano scuole di eccellenza e scuole che rimangono molto indietro.
  Il lavoro del ministero deve essere quello di uniformare e di dare equità sul territorio nazionale, attraverso linee che siano comuni e sostegni. Come diceva don Milani, fare la più grande ingiustizia è fare parti uguali fra disuguali. Quindi, il ministero deve avere quest'occhio e riuscire anche a far sì che la scuola italiana cresca tutta insieme, pur nella sua diversità.
  È questa la questione più complessa. Non è tanto fare uguale per tutti, ma è riuscire, nella diversità di ogni territorio, di ogni esigenza, di ogni scuola e anche di ogni singola scuola – su 8.000 scuole – ad avere quell'attenzione e quell'occhio perché davvero ci sia, pur nella diversità, la giusta possibilità per ogni nostro alunno o alunna, studente o studentessa.
  Si tratta di un compito enorme, molto impegnativo, che dobbiamo svolgere insieme con tutte le parti sociali, ossia con chi ha responsabilità politiche e istituzionali, ma anche sociali, come le associazioni. Penso che siano davvero fondamentali questi momenti di incontro con tutti coloro che operano nella scuola, per la scuola e per il Paese. La scuola, come dico sempre, è davvero il motore di crescita e di cambiamento di un Paese. Se non crediamo che possa essere questo e se non lavoriamo affinché sia questo, tradiamo la nostra vocazione.
  Questo è un po’ il quadro all'interno del quale si colloca anche l'attuale situazione in cui le nostre classi e le nostre scuole si vengono a trovare, ossia quella di trovarsi continuamente di fronte a ragazzi e ragazze che arrivano da altri Paesi e di dover riuscire ad accoglierli in modo costruttivo, sia per loro, sia per chi accoglie.
  Ho presente davanti agli occhi un'esperienza bellissima fatta a Vibo Marina da un istituto comprensivo. Lì avviene circa uno sbarco al mese. Quel porto ha proprio la forma quasi di un abbraccio sul Mediterraneo. La comunità educante si inventa continuamente nuove possibilità e nuove idee per far sì che questi nuovi arrivi, questi nuovi sbarchi siano davvero una potenzialità, sia per chi arriva, sia per chi vive in quel Paese, per chi vive in quell'entroterra così difficile, come quello calabrese.
  Magari poi, se volete, vi posso far mandare anche le tante esperienze – Vibo è una; mi viene in mente perché ci sono stata recentemente – che le scuole nella loro «fantasia», come dico io, si inventano per far diventare ciò che può sembrare e ciò che è effettivamente una difficoltà una risorsa, sia per chi arriva da fuori, sia per chi sta già nella scuola e sta già in quella comunità. Pag. 5
  Come mi chiedeva il presidente, posso prendere l'impegno di mandarvi un po’ di esperienze belle, costruttive e positive, ma anche di difficoltà che si incontrano. In questa stessa Vibo adesso è stato fatto un protocollo d'intesa.
  Come ordinamento, abbiamo la scuola dell'infanzia, la scuola primaria, la scuola secondaria di primo grado e la scuola secondaria di secondo grado. Molto frequentemente, l'infanzia, la primaria e la scuola secondaria di primo grado sono in un'unica istituzione scolastica, in un'unica autonomia scolastica, il cosiddetto «comprensivo». Poi ci sono i Centri Provinciali per l'Istruzione degli Adulti (CPIA), che sono un altro tipo di istituzione scolastica, ma hanno sempre un'autonomia scolastica, con un loro dirigente scolastico, completamente formato.
  Questi tipi di scuola si dovrebbero occupare di tutta l'accoglienza di chi viene da fuori, della formazione, dell'istruzione linguistica e dell'acquisizione dei titoli di base, come la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado. Quindi, la realtà dell'ordinamento di scuola primaria e secondaria e la realtà del CPIA, a mio parere, sono due realtà che sempre più devono integrarsi. È pur vero che il CPIA deve essere più attrezzato per tutta l'accoglienza e anche per la formazione linguistica, ma è anche vero che si deve poi riuscire a inserire questi soggetti. Non si possono lasciare come una dimensione scolastica a sé, isolata. Si devono far dialogare le diverse realtà per fare in modo che coloro che passano dai CPIA, se hanno età confacenti, una volta che hanno una determinata formazione, possano essere integrati pienamente all'interno delle realtà scolastiche ordinamentali e ordinarie.
  Queste sono ancora tutte difficoltà che stiamo cercando di comprendere come superare, perché i CPIA hanno quattro anni. Sono una realtà molto giovane. Stiamo cercando di capire come fare. Sicuramente vi posso rappresentare esperienze molto positive e poi eventualmente esperienze che sono ancora in via di consolidamento.
  Ho messo giù un paio di paginette per rappresentarvi la situazione attuale della scuola e anche alcuni progetti che il ministero porta avanti per questa dimensione. Prima vi leggerò quello che ho e poi vi riferirò alcune altre idee che ci erano venute.
  Parto da un quadro generale e dai dati.
  L'aumento negli ultimi anni degli alunni con cittadinanza non italiana di recente immigrazione, i cosiddetti NAI (nel testo hanno messo la sigla, anche se a me le sigle non piacciono), in un contesto di generale rallentamento della crescita di alunni stranieri, è sicuramente influenzato dall'incremento del numero dei minori stranieri non accompagnati.
  L'aumento progressivo di questi minori a partire dall'anno 2013 e dei numerosi arrivi via mare pone nuove questioni organizzative e didattiche alle scuole, che si occupano della loro accoglienza e integrazione. Si tratta di un fenomeno complesso e multiforme, i cui dati generali dell'ultima registrazione disponibile (il Report sui minori stranieri non accompagnati in Italia, a cura della Direzione generale dell'immigrazione e delle politiche dell'integrazione del Ministero del Lavoro, pubblicato a dicembre 2016) fanno registrare un numero che supera le 15.000 unità nel 2016 (poi vi lascio il testo). Nel complesso, la maggior parte dei minori ha un'età compresa tra i 15 e i 17 anni (92,2 per cento) ed è prevalentemente di sesso maschile.
  Anche con riferimento alla distribuzione territoriale, in Italia i dati mostrano una maggior concentrazione dei minori nelle regioni maggiormente esposte al fenomeno degli arrivi via mare e in quelle in cui sono presenti grandi città e, dunque, le comunità di appartenenza di questi minori. Tra le principali regioni di accoglienza ci sono Sicilia, Calabria, Puglia, Lazio, Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana.
  Passando ai Paesi di provenienza, nella ripartizione dei minori per provenienza troviamo nei primi posti questi Paesi: Egitto, Albania, Eritrea, Zambia, Nigeria, Somalia e Bangladesh. Un numero significativo di questi minori è, però, irreperibile, in particolare coloro che provengono da Egitto, Eritrea, Somalia e Afghanistan.
  Bisogna sottolineare, a questo proposito, che il mondo dei minori non accompagnati è molto variegato. Le diversità biografiche sono tali che è difficile darne una visione unitaria. Le risposte e le progettualità didattiche delle Pag. 6scuole devono essere, quindi, diverse e flessibili. Bisogna mettere in moto la fantasia. Un minore afgano che ha visto con i propri occhi l'orrore delle esecuzioni di massa o della tortura e decide di fuggire per salvarsi è molto differente da un suo coetaneo egiziano arruolato da un gruppo di criminali che vedono in lui una fonte di guadagno e gli organizzano il viaggio in Italia, così come molto diversa è la storia di un ragazzino bengalese o albanese a cui la famiglia chiede di partire per mandare i soldi a casa o per avere un futuro migliore. In quest'ultimo caso questi minori risultano non accompagnati, ma mantengono legami e contatti con i propri familiari e parenti, con cui si sentono molto spesso.
  C'è una proposta di legge sui minori non accompagnati, sostenuta da un gruppo di deputati dei principali Gruppi politici – la conoscerete sicuramente – e ora è in discussione al Senato. È inutile dirlo a voi.
  Passo alle azioni del ministero e alle risorse. Il Ministero dell'Istruzione, Direzione generale per lo studente, con il bando n. 830 del 24 luglio 2015 e con il DM 633 del 1° settembre 2016 ha messo a disposizione delle scuole, o reti di scuole, risorse per progetti di accoglienza e integrazione dei minori stranieri non accompagnati: 500.000 euro il primo, quello del 2015-2016, e un milione di euro il secondo, nel 2016-2017.
  In totale nella prima annualità sono stati selezionati 60 progetti in 11 regioni e coinvolti nei progetti di integrazione scolastica circa 800 studenti minori non accompagnati. Nella seconda annualità, in corso di svolgimento – quella 2016-17 – i progetti di scuole o, più di frequente, reti di scuole sono 161. Coinvolgono tutte le regioni d'Italia, in modo particolare le regioni Sicilia e Calabria. Sono in corso il monitoraggio in progress dei progetti e la verifica del numero dei minori iscritti a scuole e partecipanti all'azione finanziata dal ministero.
  Quanto alla formazione, sono stati organizzati specifici seminari di formazione nazionale per insegnanti, dirigenti scolastici e operatori, per mettere a confronto strumenti e buone pratiche, a Firenze, per esempio, a novembre 2015 e dicembre 2016, a Santa Severina, a Crotone, in programma per il 25-26 maggio 2017.
  A questo proposito, sulla formazione con i fondi FAMI erogati dal Ministero dell'Interno e dal Ministero del Lavoro abbiamo messo in piedi anche un progetto MICS-Mediatori per l'intercultura e la coesione sociale in Europa, relativo all'istituzione in alcune università italiane di corsi universitari per mediatori culturali. È stato presentato dalla Ministra Fedeli la scorsa settimana. C'è stato un convegno in Calabria, la scorsa settimana.
  Secondo me, il discorso dell'introduzione di uno specifico corso universitario per mediatore culturale è molto importante, perché il mediatore culturale è fondamentale in una scuola ormai multietnica, come è quella nostra e come è ormai quella europea e a livello mondiale. L'idea è di avere qualcuno che sia formato davvero per aiutare e agevolare le connessioni all'interno della scuola e anche con le famiglie, perché la scuola, in fondo, è come un presidio importante e fondamentale di formazione e istruzione delle nuove generazioni. Come dicevo prima, è il motore di crescita e di cambiamento di una società, di una comunità, di un territorio. Pertanto, se la scuola riesce a presidiare e a costruire molto bene legami e relazioni interculturali positive, la ricaduta è come un sasso buttato nello stagno, che arriva con i suoi cerchi dove non sappiamo nemmeno.
  Si tratta di immettere nella società un germe positivo di intercultura e di crescita insieme nelle famiglie, nelle associazioni delle famiglie e nelle società che vivono queste famiglie straniere. Il mediatore culturale è davvero un ponte molto importante.
  Secondo me, questo progetto col fondo FAMI è molto importante e va sostenuto e fatto crescere. Per ora mi pare che sia partito in 2-3 università, che hanno dato la loro disponibilità. È un germe e anche una sperimentazione. Se funziona, va fatto crescere.
  Un'altra cosa che stiamo facendo coi fondi FAMI è la formazione per tutti gli operatori scolastici. Abbiamo istituito, con tutte le università di Scienze della formazione e con i Dipartimenti di Sociologia, Psicologia, Pedagogia e via elencando, dei master per i dirigenti scolastici e per i docenti proprio sull'intercultura, sulla formazione all'approccio interculturale della scuola. Anche questo progetto Pag. 7 sta partendo. Abbiamo già sottoscritto la Convenzione con le Università di Scienze della formazione e adesso abbiamo messo in piedi il Comitato scientifico che dovrà dare l'avvio ai master.
  Questi sono – mi pare – un paio di milioni di euro. Non voglio dirvi una sciocchezza, perché non me l'hanno scritto. Ve lo mando. Vi mando una bella informativa su tutti e tre i progetti FAMI. Uno è MICS, quest'altro è sulla formazione. Oltre ai master avrà anche altri momenti di formazione proprio nelle scuole, anche per il personale ATA, proprio per tutto il personale scolastico.
  Poi c'è un altro progetto biennale – questo è il secondo e ultimo anno – che consiste nel creare un contatto nel Giorno della memoria, il 3 ottobre, a Lampedusa. Si tratta di fare tutto un progetto prima annuale sulle scuole, facendo lavorare scuole italiane e scuole europee insieme, e poi di concludere – l'anno scorso c'è già stato il primo momento – con dei workshop, dei laboratori, a Lampedusa, portandovi i ragazzi dall'Italia e dall'Europa. Quest'anno si dovrebbe concludere questo progetto. Finisce con il secondo anno.
  Abbiamo poi un altro progetto, che però è proprio agli inizi, sempre con i fondi FAMI e sempre in collaborazione con il Ministero dell'interno e del lavoro, su una governance. Il progetto riguarda quella che vuole essere la governance della gestione di tutta la dinamica dell'integrazione all'interno, che colleghiamo fortemente – come anche questi altri progetti dei fondi FAMI – con l'Osservatorio istituito dal ministro, l'Osservatorio per gli stranieri, in cui rientrano tutti i ministeri che si interessano di questa problematica, anzi di questa realtà. Non è un problema, ma è una realtà, una dimensione attuale.
  Ci sono molte associazioni rappresentative che si interessano di questo tema e l'Osservatorio è molto vasto. All'interno dell'Osservatorio – questa è una novità – abbiamo previsto una sorta di «gruppo esecutivo» che dovrà valutare tutti i vari progetti e capire anche come impostare i nuovi progetti che dovessero venire. Non vogliamo essere noi, ministero autoreferenziale, a decidere da soli che cosa sia utile per la scuola. Vogliamo farlo attraverso il dialogo e il lavoro con coloro che su questa realtà sono già molto impegnati. L'Osservatorio ha questa dimensione e ha un gruppo esecutivo – la Giunta esecutiva, la chiamo io – per poterci incontrare in modo più snello. Su questo magari vi faccio una relazione più puntuale.
  La mia relazione continua parlando proprio dell'Osservatorio nazionale per l'integrazione degli alunni stranieri e per l'intercultura. Sono due righe. All'interno del ricostituito Osservatorio nazionale per l'integrazione sono comprese competenze scientifiche di associazionismo relative alle tematiche dei minori stranieri non accompagnati: la Scuola di lingua italiana dell'Università di Palermo, la Cooperativa sociale «Dedalus» di Napoli, l'organizzazione Save the Children, promotrice della proposta di legge in discussione in Parlamento, e molti altri. Si aggiungono poi tutti i ministeri che si occupano di queste realtà.
  Passo a esperienze delle scuole, buone pratiche e indicazioni didattiche: risalire sulla barca che si è «capovolta» e capacità di resilienza.
  Molti minori stranieri non accompagnati provengono da contesti sociali drammatici ed esperienze dolorose e traumatiche. Diventa, quindi, particolarmente importante, per la scuola che li accoglie, la presa in carico anche psicologica e relazionale di questi minori, con l'obiettivo di far emergere le traiettorie biografiche insieme alle competenze linguistiche e culturali di ciascuno.
  Le scuole che stanno già lavorando su questo tema si sono poste l'obiettivo di promuovere o di fare emergere capacità di resilienza, ovvero la capacità di resistere e di adattarsi a contesti di particolare vulnerabilità, a situazioni stressanti e traumatiche, con la convinzione che sia possibile far fronte alle avversità con successo.
  Il termine «resilienza» proviene dalla metallurgia e indica la proprietà di un metallo di resistere alle forze che gli vengono applicate. L'idea di resilienza, opposta al concetto di fragilità e di vulnerabilità, è transitata dalla metallurgia alla psicologia e all'educazione in contesti difficili. Etimologicamente il termine viene anche fatto derivare dal latino resalio, iterativo di salio, anche nell'accezione di «risalire su un'imbarcazione Pag. 8capovolta dalle onde del mare». Risalire sull'imbarcazione capovolta significa costruirsi un futuro al più presto e con i pezzi rimasti.
  L'accoglienza e la protezione sono garantite fino a che si è minori. Questo è uno dei grossi problemi. Compiuti i diciott'anni, questi soggetti diventano immediatamente un'altra realtà. Secondo me, invece, bisognerebbe prevedere davvero un accompagnamento per evitare che si passi dall'essere seguiti al nulla.
  È interessante, a questo proposito, l'osservazione di un mediatore culturale che dice: «A loro, che arrivano qui da noi e che hanno 16 anni in media, con alle spalle vite difficili e proprio sbandate, come quella di Mohamed, o che parlano un'altra lingua e praticano usi, costumi e religioni diverse, si chiede di diventare in soli due anni capaci di intendere e parlare l'italiano e di aver fatte proprie le nostre abitudini, di trovare un lavoro con il quale mantenersi e vivere autonomamente, insomma ciò che ai nostri figli, ben cresciuti ed educati, si chiede dopo i trent'anni».
  Sottolineo adesso l'importanza dei linguaggi non verbali, delle relazioni con l'extrascuola e delle intese con le strutture professionali del territorio. Un'altra indicazione che viene dalle pratiche didattiche delle scuole riguarda l'utilizzo e il potenziamento dei linguaggi non verbali, dall'arte alla musica, al teatro, allo sport, anche in collaborazione con le associazioni e gli operatori delle comunità di accoglienza.
  Il gruppo di lavoro di studenti, docenti e ricercatori della Scuola di italiano per stranieri dell'Università di Palermo, che accoglie molti minori stranieri non accompagnati e fa da punto di riferimento per molti istituti scolastici, definisce «un'immersione nel territorio» la necessità di uscire dal modello del corso di lingua in classe con uno spazio-tempo limitato e chiuso. Ci vogliono momenti di incontro dentro e fuori la scuola, contesti di relazioni che spezzino il sentimento di estraneità di chi è sopravvissuto a drammi collettivi e individuali. Serve un «bagno linguistico» nei tanti linguaggi della città e della vita reale. Questa è l'indicazione didattica che viene dall'esperienza palermitana e di diverse altre scuole.
  Nell'intento di valorizzare il patrimonio di conoscenze di cui gli studenti sono portatori – vi dicevo anche di quella scuola calabrese, che coinvolge tutta una comunità – e di rafforzare la creazione di legami tra allievi, in alcune pratiche scolastiche sono state incentivate le esperienze di peer-to-peer, ossia fra pari, valorizzando le relazioni interpersonali tra studenti.
  Un'altra indicazione proveniente dalle pratiche scolastiche è la necessità di coinvolgere i mediatori culturali e costruire intese e percorsi con strutture della formazione professionale del territorio per far acquisire ai minori competenze spendibili velocemente nel mercato del lavoro.
  Prioritaria è anche, come vi dicevo prima, l'intesa con i CPIA, i Centri provinciali istruzione per adulti. L'iscrizione dei minori non accompagnati è prevista con carattere di ordinarietà dai 15 anni nei Centri per l'istruzione degli adulti. Secondo me, come ministero, dobbiamo trovare una migliore interazione tra i CPIA e la scuola ordinaria. Questa è una questione molto presente.
  Quello dei minori non accompagnati è, per taluni aspetti, un tema nuovo. Dall'esperienza delle scuole è emersa chiaramente la necessità di accrescere la consapevolezza e la sensibilità degli insegnanti attraverso momenti e strumenti di formazione, d'intesa e in collaborazione con enti e strutture coinvolti nelle problematiche dei minori. Abbiamo detto che col FAMI stiamo portando avanti questa formazione.
  L'ultima cosa che vi volevo dire, prima di dare la parola al presidente, è che stiamo constatando una realtà molto interessante, che è quella delle seconde generazioni. Adesso andrò a un convegno, che è già il secondo o il terzo, in provincia di Reggio Emilia, a «Casa Cervi». Si tratta di un'associazione che lavora molto, anche a livello nazionale. Hanno l'accordo col comune, con la regione e anche con altri comuni fuori regione, dove portano avanti proprio questa dimensione del sostenere le nuove generazioni, perché le nuove generazioni stanno prendendo coscienza di essere davvero un ponte fra coloro che sono solo italiani e coloro che vengono da fuori, i «nuovi italiani». Pag. 9
  Io li ho sentiti parlare. Hanno costituito associazioni proprio per costruire dialoghi e per immettere nuove idee, perché si sentono pienamente italiani. Hanno questa dimensione dell'appartenenza, che è una dimensione fondamentale per essere cittadini, in particolare cittadini che sanno costruire un domani, ma hanno, nel contempo, anche la dimensione globale, perché si sentono anche pienamente cittadini di un altro Paese.
  Hanno, dunque, quella dimensione della «glocalità» senza la quale nel mondo attuale, a mio parere, anzi a nostro parere, non riusciamo a trovare il giusto equilibrio: o insistiamo troppo sull'appartenenza e, quindi, escludiamo, oppure insistiamo troppo sulla globalità e non apparteniamo e, dunque, non riusciamo ad avere quelle radici che ci permettono di vedere un futuro migliore e anche di saperlo leggere e costruire. Secondo me, le nuove generazioni sono il ponte strategico per questa glocalità, che può davvero darci un equilibrio corrente.

  PRESIDENTE. Ringrazio la dottoressa De Pasquale.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  EDOARDO PATRIARCA. Mi perdoni, ma sono arrivato tardi e, quindi, ho perso la prima parte della sua introduzione. Le chiederei alcune informazioni riguardo ai progetti. Lei citava 11 progetti nel 2015-2016 e poi 111 progetti nel corso del 2016-17.
  Non le chiedo l'esposizione dei progetti. Io sono stato tanto tempo professore di scuole superiori e per questo motivo mi sento coinvolto anche professionalmente. Come avviene l'ingresso, la presa in carico della scuola di questi minori non accompagnati, di questi ragazzi? Qual è la modalità?
  Ieri abbiamo incontrato l'Autorità Garante per l'infanzia, che ci parlava anche di un tutore. Volevo comprendere un po’ il meccanismo della presenza di questi minori dentro la scuola e come accade. Accade all'inizio dell'anno – mi perdoni se vado nel dettaglio – ragion per cui i ragazzi rimangono tutto l'anno scolastico nell'istituto, oppure l'ingresso è previsto anche quando lo si ritiene opportuno?
  Questa è la prima cosa che le chiedo. Vorrei capire come evolvono questi progetti e come si strutturano nella vita scolastica. Mi incuriosisce, perché mi ricordo che le cose erano un po’ complicate. Vorrei sapere, quindi, come stanno evolvendo e come si struttura la relazione tra il minore, il tutore e la scuola.
  La seconda cosa riguarda il rapporto coi CPIA. Io credo che siano una grande risorsa poco usata, poco utilizzata. Esistono i CPIA, ci sono, ma non mi pare che funzionino sempre benissimo. Le chiedo se il ministero non intenda attivare questa risorsa. Forse sono anche poco aggiornato e poco informato, ma mi sembrano poco attivi, poco utilizzabili, poco utilizzati, persino dagli italiani. Le domando se questa risorsa, che, secondo me, è utile e importante e che pure c'è, non possa essere maggiormente mobilitata per quanto riguarda soprattutto l'accesso alla lingua, come lei diceva.
  La terza cosa che le chiedo è se può dirmi, rispetto a questo campione di 111 progetti, qual è il tipo di scuole coinvolte. Parliamo di scuole superiori, primarie o secondarie? Lei parlava di 16-17 anni, quindi immagino scuole superiori. Quali sono le scuole coinvolte? Sono, per usare sempre un modulo che ormai conosco bene, solo le scuole professionali, oppure ci sono anche scuole come il liceo e scuole di altre tipologie?

  MARIALUCIA LOREFICE. Grazie innanzitutto per l'illustrazione che ha fatto del lavoro che il ministero cerca di fare riguardo ai minori stranieri non accompagnati.
  In generale, quello che abbiamo notato è che sul territorio c'è una difformità nei servizi che vengono erogati. Questo problema, naturalmente, riguarda anche gli stessi servizi scolastici. Quello che sarebbe interessante capire, al di là dei progetti che – mi sembra di capire – il ministero sta portando avanti, poiché uno dei concetti che si stanno cercando di promuovere e di diffondere è quello dell'accoglienza diffusa, con che tipo di interventi e in che tempi il ministero sta cercando di rendere omogenei su tutto il territorio nazionale i servizi scolastici. Pag. 10
  Questa è la prima domanda: come intende il ministero rendere omogenei i servizi scolastici sul territorio, visto che il fenomeno migratorio, con l'arrivo dei minori stranieri non accompagnati, non può più essere considerato un'emergenza, ma una realtà di fatto e un'esigenza che il nostro stesso Paese, oltre che i minori stranieri stessi, ha?
  L'altro problema che ci è stato segnalato è quello che riguarda le qualifiche professionali per chi insegna la lingua italiana e, quindi, per i docenti che devono occuparsi di insegnare l'italiano ai minori stranieri in generale. Poiché l'italiano, naturalmente, è un passo fondamentale per un vero e proprio progetto di integrazione, vorremmo sapere che tipo di attenzione il ministero sta dedicando a questa questione.
  Anche alla luce di quello che lei ha detto, mi è venuta in mente un'altra domanda. Ha parlato di un Osservatorio. In determinati territori ci sono dei problemi che sono, per alcuni aspetti, connessi al caporalato. Che cosa voglio dire? Ci sono delle persone che provengono, per esempio, dai Balcani o dal continente africano e che vengono sfruttate soprattutto nei campi.
  Sappiamo che ci sono delle famiglie che vivono, anche in conseguenza di questo fenomeno, in una situazione proprio di ghettizzazione, con minori che vengono privati anche del servizio scolastico, ossia che non vanno a scuola e che crescono in una situazione di completo isolamento. Vorremmo sapere se il ministero è al corrente di situazioni del genere, anche perché a farsene carico in questo momento sono soprattutto organizzazioni – penso, per esempio, alla Caritas – e se sta pensando di mettere in atto degli interventi.

  ELENA CARNEVALI. Ringrazio molto la dottoressa De Pasquale per averci illustrato le attività che sta facendo il ministero, che da molto tempo è sotto pressione per cercare di offrire, giustamente, una scuola che non sia una scuola che non tiene conto delle differenze. Mi trova particolarmente d'accordo sull'osservazione che non dobbiamo fare divisioni in parti uguali tra persone disuguali.
  In questo sforzo, ovviamente, la scuola è uno degli elementi fondamentali per gestire non solo il processo di integrazione dei tanti alunni minori stranieri che abbiamo sul territorio, ma anche per garantire una vera opportunità per loro di trasformarsi veramente in risorsa di questo Paese.
  Credo che sia giusta l'ultima osservazione. Parto dalla coda del suo intervento. Il lavoro che la scuola sta facendo sulle seconde generazioni mi sembra un lavoro piuttosto rodato e la presenza di un'immigrazione «regolare», quella che stiamo affrontando da circa 15 anni, nonché la didattica, ma anche tutto ciò che può essere utile – penso anche alle arti espressive – si stanno rivelando buoni strumenti per facilitare la relazione.
  Anche il rapporto tra pari sta diventando una delle chiavi importanti. Ovviamente, mi trova particolarmente d'accordo e soprattutto mi sento di valorizzare il lavoro che si sta facendo sulla formazione dei docenti, che deve fare in modo di garantire un'uniformità su tutto il territorio italiano nelle scuole.
  Il primo punto riguarda la presenza dei mediatori nella scuola. Credo che questa, soprattutto per quanto riguarda l'impatto dei 15.000 alunni o comunque minori che si trovano adesso nelle scuole, sarebbe un'opportunità, che però oggettivamente non viene garantita in questo momento. Si pone, quindi, tutto il tema di rendere un quadro professionale riconosciuto all'interno della scuola, perché i mediatori non sono docenti come gli altri. Quest'attività è legata soprattutto all'opportunità di progetti che vengano riconosciuti e al limite valorizzati, ma non siamo ancora nell'ambito di riconoscere la figura del mediatore come una parte rilevante tanto quanto quella del corpo docente.
  Questo è importante, a mio giudizio. Anche nella relazione tra scuola e territorio, che è l'altro pezzo fondamentale per garantire inclusione e integrazione, questo diventa un elemento che dovrebbero forse fornire anche gli enti locali. Lo Stato è sempre lo Stato e capisco che la coperta è sempre corta.
  Voglio sottolineare due cose. Siamo di fronte – lo dico anche rispetto al tipo di relazione che stiamo facendo – in questo momento, al problema di garantire una miglior qualità di presa in carico e di cura soprattutto dei 15.000 ragazzi. Stiamo affrontando questo «cono ottico», più che il tema generale Pag. 11 del rapporto tra scuola e studente straniero.
  Questi 15.000 sono un impatto importante e noi – metto l'osservazione in collegamento con l'audizione che abbiamo fatto ieri dell'Autorità Garante – in realtà, garantiamo a queste persone in tempi più lunghi nei centri di prima accoglienza, dove la prima alfabetizzazione la lasciamo di fatto in carico alle strutture che fanno accoglienza. Il trasferimento di questi ragazzi nei contesti di seconda accoglienza dovrebbe essere accelerato. Lei ha fatto un'osservazione corretta: chiediamo a questi ragazzi ciò che ai nostri chiediamo a trent'anni.
  Come avviene l'integrazione, ma soprattutto come avviene l'inserimento di questi ragazzi nel mondo della scuola, nel riconoscere le specificità e le esigenze specifiche di ogni ragazzo, sapendo che c'è tutto il tema di capire in quale classe inserirli a seconda del livello formativo e di conoscenza, nonché a seconda dell'età? Questo è l'altro punto. Tendenzialmente si cerca di non inserirli in classi particolarmente lontane dall'età anagrafica.
  C'è anche il fatto che sono tutti maschi. Nella maggior parte dei casi sono tutti maschi. Credo che questa specificità vada particolarmente riconosciuta. Lo dico in particolare in riferimento ai CPIA. Sono d'accordo con lei, quando dice che i CPIA hanno bisogno di essere rafforzati, ma le riferisco l'esperienza e l'appello che arrivano da molti CPIA sul territorio, che in questo momento, da un po’ di tempo, ancorché abbiano una vita di quattro anni, sono titolati al riconoscimento del certificato linguistico. Sono coloro che sono titolati al riconoscimento dell'eventuale titolo. Rapportiamo questo al fatto che la maggior parte di questi ragazzi arrivano tra i 15 e i 17 anni e che solo queste certificazioni degli eventuali titoli consentono loro di poter accedere al mercato del lavoro.
  Anche qui c'è una distinzione: ne abbiamo alcuni molto istruiti e alcuni che, invece, hanno una formazione – lo diceva anche ieri l'Autorità Garante – per cui si aspettano di essere quasi immediatamente immessi nel mercato del lavoro. Altri, invece, hanno una formazione più avanzata.
  Il rafforzamento dei CPIA, non solo della parte amministrativa, ma anche del corpo docente, almeno dalle informazioni che ci stanno arrivando, mi pare uno degli elementi critici che forse si potrebbe rafforzare, a risorse ovviamente disponibili, visto che le conosciamo.
  L'altro tema è quello della scuola professionale. La maggior parte di questi ragazzi accede ai corsi professionali che hanno anche una grande competenza legata all'incidenza e alla volontà delle regioni di insistere e di valorizzare questi corsi formativi. Non si tratta solo di una competenza dello Stato. Tutti sappiamo che c'è una legislazione concorrente in materia. Una difformità è data anche da questo.
  Sulla questione relativa ai bandi, l'incremento da 60 a 161 progetti sicuramente dà il segnale di una crescita da questo punto di vista. La cosa che forse ci sarebbe utile capire, senza entrare nel dettaglio, a che cosa puntano questi progetti che vengono finanziati. Rafforziamo la parte più della formazione dei docenti, consentiamo di avere degli insegnanti che magari si trovano con più ragazzi appena immessi nel mondo della scuola, conosciamo le fatiche anche del corpo docente di non dover affrontare in una classe bisogni che sono molto diversificati.
  Sulla capacità di resilienza credo che abbia fatto bene a sottolineare questo investimento, che mi sembra particolarmente necessario, sui buoni progetti. Mi sembra utile cercare di avere una governance e un'uniformità, ma, almeno a me personalmente, non è ancora chiaro non solo in quale arco temporale, ma alla fine come riusciamo a garantire che questa uniformità si realizzi veramente.
  Come ultimissima domanda, vorrei sapere se avete un quadro anche di tipo numerico di quanti minori inseriti nella scuola poi proseguano, anche minori stranieri non accompagnati, e con quali modalità proseguono il corso formativo e di istruzione all'interno delle nostre scuole.

  PRESIDENTE. Bene. La dottoressa De Pasquale può iniziare eventualmente a fornire le risposte, ovviamente con l'impegno poi di mandarci i documenti.
  Do la parola alla dottoressa De Pasquale per la replica.

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  ROSA DE PASQUALE, Capo del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Miur. Poi mi scrivo tutto quello che devo mandare. Intanto grazie per l'attenzione. Si vede che avete ascoltato. È sempre interessante. Fa piacere essere ascoltati. L'ascolto è una virtù.
  Sui progetti metto insieme le domande dell'onorevole Patriarca e anche dell'onorevole Carnevali: i 60 progetti consistono essenzialmente in progetti che ideano le scuole, sia singolarmente, sia in rete, con associazioni del territorio, università e centri di ricerca. Sono essenzialmente quasi tutti ricerca-azione: nuove metodologie didattiche, formazione dei docenti, momenti di interazione con la comunità e, quindi, con le associazioni, workshop, incontri, testimonianze che vengono portate e poi sviluppi di discussioni in classe e sviluppi di temi.
  Per esempio, un progetto che mi viene in mente è il discorso della produzione di un calendario interreligioso con tutti i diversi momenti di feste diverse e anche con varie frasi estrapolate dalle varie religioni e dalle varie tematiche, anche raffrontate. Sono più le cose che uniscono che quelle che dividono, tante volte. Su questo calendario si tratta poi di festeggiare le diverse feste insieme e di capirne anche le diversità, ma anche – ripeto – di promuovere momenti di incontro. Si possono anche far venire persone di diverse religioni che stanno sul territorio e fare dei momenti di incontro.
  I progetti sono vari e sono di questo tipo. Sono quelli che le scuole realizzano. Noi facciamo dei bandi e le scuole partecipano. Costituiamo delle Commissioni miste con docenti, dirigenti e personale del ministero. Ci sono delle scuole, o reti di scuole, che vincono. Chiaramente abbiamo delle griglie di valutazione.
  Quello che mi propongo dal prossimo anno è di trovare il modo di comunicare queste griglie anche alle scuole che non vincono, per aiutarle, su alcuni punti su cui sono un po’ più deboli, a capire meglio che cosa possono fare, in maniera che non siano sempre le solite scuole a vincere i progetti, ma che ci sia una possibilità di disseminazione. Bisognerà riuscire a creare – questa è un'altra cosa che ci proponiamo – una piattaforma di buone pratiche, in modo che ci sia una conoscenza sempre più diffusa di quello che viene fatto di positivo perché possa essere utile anche per altri.
  Come avviene la presa in carico? Questa è più una questione che riguarda probabilmente le autorità e altri tipi di ministero. Quando arrivano, ci sono gli hotspot. Con riguardo alla scuola, sono coloro che li prendono in carico che rappresentano alla scuola la presenza di tot ragazzi.
  Io vivo la situazione dove c'è una preside «matta» che se li va a prendere proprio all’hotspot, dove arrivano ancora prima, altrimenti se li perde, perché, tra il passaggio dalla prima accoglienza ai CIE, alcuni non ci sono più. Quindi, lei addirittura li va a prendere.
  Le modalità sono molto diverse. Questo dipende dall'Autorità che li prende in carico o li affida a delle famiglie. Per esempio, in alcune scuole alcuni i docenti si sono messi insieme e hanno chiesto l'affido di questi ragazzi. Oppure sono affidati a delle case famiglia o rimangono nei CIE. La modalità è molto diversa a seconda di come questo viene gestito, come avviene per coloro che non hanno famiglia o che hanno famiglia ma sono in affidamento. Praticamente il rapporto è quello.
  Come si decide in che classe mettere i ragazzi? La scuola si rapporta con l'Autorità, ossia col tutore che li ha in affidamento, come per i minori. Se deve chiedere il permesso per portarli a fare gite o per tenerli di più a scuola, fa sempre riferimento a coloro che li hanno in affido.
  Come avviene la decisione di metterli in una classe o in un'altra? È il Collegio dei docenti che decide. Fa una valutazione, insieme al ragazzo. Se c'è la possibilità di avere qualche documento, valutano i documenti, oppure incontrano il ragazzo o la ragazza e chiedono loro, chiaramente con un mediatore culturale, che a questo punto è fondamentale, perché è anche un traduttore linguistico, l'esperienza che hanno fatto. In base all'età e anche ai titoli e alle competenze, il ragazzo viene collocato.
  Come dicevo prima, il passaggio dal CPIA è fondamentale, perché quasi tutti i minori accompagnati che hanno più di 15 anni passano Pag. 13 attraverso il CPIA. Il CPIA è una modalità di fare scuola sicuramente molto più adatta, perché è per classi disomogenee. Non sono classi tutte di 6 o di 7 anni, ma classi disomogenee di persone anche più adulte. Immediatamente c'è la presa in carico dell'insegnamento della lingua e delle strutture basilari per l'impianto civico. Voi sapete che, per ottenere la cittadinanza, ci sono anche corsi sulla storia e sulla geografia di base.
  Chiaramente il CPIA ha molta più libertà anche di avere collegamenti, per esempio, con imprese locali e con realtà produttive. Quello che, però, ritengo – ribadisco quello che dicevo prima – è che fra la scuola e il CPIA ci debba essere molta più interazione, perché il CPIA non può essere solo la scuola degli stranieri. Secondo me, non può esistere una scuola di tipo diverso. È la scuola. È un'espressione scolastica che è più adatta e ha compiti più adatti.
  Adesso, per esempio, PAIDEIA, l'associazione dei CPIA, sta studiando un ordinamento e delle modalità didattiche adatti ai CPIA. Siamo riusciti finalmente a chiudere l'anagrafe dei CPIA, ossia le anagrafi degli alunni dei CPIA, che non avevamo. Avevamo l'anagrafe degli studenti e delle studentesse, ma non avevamo l'Anagrafe degli studenti e delle studentesse dei CPIA.
  Trattandosi di una realtà molto nuova, effettivamente è una realtà ancora in sperimentazione, che, mentre cresce, capisce come può crescere meglio per essere utile per i compiti che ha. Ho incontrato molte volte i responsabili. Per esempio, c'è un organico molto ridotto. È andata via l'onorevole dei 5 Stelle, ma adesso magari riprendo il punto.
  Non c'è una classe per cui si può decidere un organico fisso che faccia tot ore di italiano e tot ore di matematica. Ci sono delle classi che a momenti ci sono e a momenti non ci sono, che a momenti sono di un dato numero e a momenti sono di un altro. Bisogna trovare la modalità di capire un modo di non lasciarli sguarniti di organico, perché ci devono essere i docenti, ma occorre capire come fare. Non si può nemmeno fare un investimento di un organico fisso per tutto l'anno, perché poi avremmo problemi col MEF.
  Quanto all'idea – è una domanda che ha chiesto lei – di docenti qualificati per l'insegnamento della lingua italiana come L2, come quelli che provengono da università quali Siena e Perugia, proprio specializzate in questo, oppure da Palermo, questi sono, per esempio, molto adatti ai CPIA, come tipo di docenti. Infatti, abbiamo fatto un concorso che ha validità triennale e i primi vincitori, quelli del primo anno, e poi via via quelli del secondo e del terzo anno che hanno vinto il concorso sulla classe di concorso L2, andranno nei CPIA, ovviamente.
  Questa è una mia convinzione personale, proprio per essere stata sul campo. Provengo da un'esperienza sul territorio. Da sempre sono nell'amministrazione, ma nell'amministrazione territoriale. Al ministero sono da un anno e mezzo. Proprio per aver visto la scuola militante, come la chiamo io, so che è fondamentale questa interazione fra CPIA e scuole, come è fondamentale l'interazione fra CPIA, scuole e società civile, associazionismo, Istituzioni, enti locali e via elencando.
  Rispetto agli ex CTP (Centri Territoriali Permanenti) – che erano una sezione all'interno di una scuola che si occupava della formazione e dell'istruzione lungo tutto l'arco della vita e, quindi, non aveva un'autonomia scolastica, ma era all'interno di un'altra autonomia scolastica, che poteva essere un comprensivo – i CPIA hanno messo insieme i CTP come sezioni distaccate e sono diventati un'autonomia scolastica con un dirigente. In base alla norma, però, hanno cambiato un po’ pelle e sono diventati più istituti tipici per rilasciare titoli di studio per coloro che non ce l'hanno e che vogliono prendere un altro titolo di studio, nonché per l'insegnamento della lingua.
  I CPIA tengono i corsi previsti per ottenere la cittadinanza con le risorse erogate dal Ministero dell'interno, mentre i CTP – mi riaggancio sempre alla domanda dell'onorevole Patriarca – erano prima proprio più centri per l'istruzione e la formazione durante tutto l'arco della vita. Quindi, si studiavano le lingue e altro. I CPIA hanno un po’ cambiato pelle in questo senso e, avendo cambiato pelle, devono trovare quale sia la pelle più adatta a loro, anche secondo le esigenze. Pag. 14
  Quali sono le scuole più coinvolte? Sicuramente sono i professionali e i CPIA. Se i ragazzi sono più piccoli, si cerca di metterli alle medie e alle elementari. Quell'età è un'età bruttissima. È un'età difficile in generale per tutti. Metterli nei professionali, a mio parere, non è proprio la soluzione migliore, anche perché non è detto che questi ragazzi abbiano la vocazione a fare una scuola come il professionale. Secondo me, bisogna riuscire a costruire qualcosa di un po’ più articolato.
  Comunque, i CPIA sono già questo, o potrebbero esserlo. Bisognerebbe riuscire probabilmente attraverso i CPIA a far entrare diversi tipi di scuole, come approccio. Vi può essere anche l'idea che i CPIA siano un po’ il presidio e che attraverso i CPIA si pensi alla possibilità per licei, tecnici e professionali di avere dei momenti di approccio e di conoscenza di queste persone, senza decidere di metterle subito nel professionale.
  Questo diventa un problema non solo per i ragazzi, ma anche per il professionale, che è già una scuola molto problematica, ma è l'unica scuola che – purtroppo, non ne ha tanto quanto dovrebbe avere – ha comunque un'attività laboratoriale. Adesso con la delega, grazie a Dio, forse riusciamo ad aumentare le ore di laboratorio, che sono state tagliate (a mio parere in modo molto problematico, perché la didattica laboratoriale è fondamentale, non solo per i professionali).
  Un altro modo per aiutare la scuola nell'integrazione, anche proprio per tutti i ragazzi, è quella di cambiare metodi didattici. Questo è lo snodo vero e reale del cambiamento di una scuola inclusiva, che non lascia indietro nessuno e che sa cucire, come diceva una vecchia maestra, un vestito su misura per ogni ragazzo. Alla fine, è questo.
  C'era un bellissimo filmato in cui la scuola veniva messa sul banco degli imputati e si teneva una requisitoria. Davanti c'era una boccia dei pesci rossi. Il filmato diceva: la scuola pretende che tutti i pesci salgano sugli alberi, ossia pretende le stesse cose per tutti, ma non tutti sono pesci. Qualcuno è un pesce, qualcuno non lo è. Non possiamo pretendere che tutti i pesci salgano sugli alberi. Finché non faremo questo, non riusciremo a cucire un vestito su misura.
  In questo senso le nuove modalità didattiche sono essenziali. Penso all'apprendimento-servizio, che non insegna di meno, ma rimette al centro la comunità e fa comprendere al soggetto perché deve imparare e qual è il senso del suo crescere cittadino che sa, che conosce.
  Non so quanto tempo ho. Non voglio andare oltre.

  PRESIDENTE. Abbiamo finito.

  ROSA DE PASQUALE, Capo del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Miur. Un'altra volta vi racconterò che cos'è l'apprendimento-servizio, che, secondo me, è bellissimo.
  Onorevole Lorefice, la difformità sui territori dei servizi erogati sicuramente è vera, ma è una realtà differenziata, perché ci sono luoghi in cui ci sono Istituzioni e anche enti locali più forti, più attenti e più organizzati e altri in cui ce ne sono di meno. Penso, però, che a livello nazionale ormai ci sia questa sensibilità e che, quindi, con i fondi FAMI, anche il Ministero dell'Interno sia molto presente e, quindi, riesca a operare. È chiaro che delle differenze ci sono sempre, ma molto più di prima si riescono a fare delle accoglienze adeguate.
  A proposito di ciò che diceva del caporalato, secondo me, in quei territori non è solo una questione di scuola. La scuola deve riuscire a non disperdere nessuno, ragion per cui, se ci sono dei minori che vanno a fare altri lavori, deve trovarli, ma deve farlo in collaborazione con tutti gli enti che sono deputati a questo. Essenzialmente è un reato. È un reato, quindi va debellato, per poter riportare a scuola anche i ragazzi; ma potremmo dirlo anche per i Rom e per tante altre realtà.
  La presenza dei mediatori sicuramente è da mettere a sistema. Ho detto che, secondo me, è importantissima, non solo per i minori, ma per tutte le realtà. È da mettere a sistema. Dobbiamo metterla a sistema un po’ come abbiamo messo a sistema – lo dico sempre – gli insegnanti di sostegno. Magari non saranno insegnanti, saranno un'altra figura, ma avremo un personale.
  Ho finito. Quanti proseguono nelle scuole? Non lo so. Posso sentire se abbiamo Pag. 15questo dato. Mi scrivo quello che devo farvi avere.

  PRESIDENTE. C'è un'ultima domanda dell'onorevole Carnevali.

  ELENA CARNEVALI. Aggiungo due cose. La prima è se magari, rispetto ai dati che ci può fornire nella popolazione, prendiamo come riferimento il 2016.

  ROSA DE PASQUALE, Capo del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Miur. Questa è di dicembre 2016, quella dei 15.000.

  ELENA CARNEVALI. Non so se l'anagrafica di cui parlava prima, che comprende anche i CPIA, ci possa fornire uno spaccato che indichi, a fronte di una popolazione giovanile – parlo sempre di minori stranieri non accompagnati – come questi ragazzi sono stati distribuiti all'interno del sistema scolastico. Questo ci aiuta a capire quanti accedono solo ai CPIA e quanti si distribuiscono sulle altre scuole. Credo che questo ci aiuterebbe di sicuro.
  La seconda questione, invece, è una criticità enorme che abbiamo verificato anche nel percorso di audizioni varie che abbiamo fatto per arrivare a questo report finale, come gruppo di lavoro: si tratta del fatto di non avere la possibilità della certificazione di assolvimento dell'obbligo scolastico, perché questi ragazzi hanno una modalità diversa da chi ha l'opportunità di frequentare il ciclo scolastico nella sua interezza.
  Ciò non consente a questi ragazzi di accedere ai tirocini, ragion per cui noi li martoriamo due volte, a proposito di resilienza, perché non abbiamo la possibilità di poter fornire loro non dico una formazione molto breve e, per quello che è possibile, una sorta di certificazione di assolvimento dell'obbligo scolastico, né forniamo a questi ragazzi l'opportunità di passare attraverso le opportunità che il tirocinio offre.
  Questa finisce per essere davvero una «mazzata» finale. A questi ragazzi noi impediamo di fatto di poter accedere...

  ROSA DE PASQUALE, Capo del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Miur. Questo lo dà il CPIA. La certificazione dell'obbligo scolastico la danno i CPIA.

  ELENA CARNEVALI. Questa cosa, dottoressa, faccio un po’ fatica a capirla, perché ricordo la storia, che ho sempre potuto apprezzare, degli ex CTP. Giustamente, lei ha osservato che adesso i CPIA hanno cambiato pelle e sembrano quasi un'istituzione autonoma dentro l'istituzione scolastica.

  ROSA DE PASQUALE, Capo del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Miur. È così.

  ELENA CARNEVALI. Ma stanno sempre dentro il Ministero dell'Istruzione, non sono figli di un'altra Istituzione. È giusto?

  ROSA DE PASQUALE, Capo del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Miur. Sì.

  ELENA CARNEVALI. Quanto all'integrazione tra i due sistemi, è ancora lo Stato che deve garantire che siano due sistemi sempre del sistema scolastico. Non possiamo dire che questa sia una competenza dei CPIA.
  Il problema non sono solo i 15.000; il problema è l'impatto che avremo con i nuovi. Siamo nell'ordine di 3.000 accoglienze giornaliere. Questi sono i dati che abbiamo. Devo dire la verità: io ho un po’ di perplessità sul fatto di dare una specificità esclusiva solo ai CPIA. Ho un po’ la preoccupazione di realizzare due sistemi paralleli non molto integrati.
  È giusto lo sforzo nel poter integrare questo sistema con il sistema scuola nel suo complesso, ma ho un po’ il timore che realizziamo una scuola di serie A e una di serie B. Questa è una preoccupazione personale. L'importante è riuscire a fornire gli strumenti migliori per consentire a questi ragazzi di diventare davvero risorsa per il nostro Paese, oltre che per se stessi.
  Se non rafforziamo il sistema, perché abbiamo stabilito che la maggior parte confluiscono lì, è chiaro che abbiamo un sistema davvero «monco». Quindi, la necessità adesso riguarda i bandi e il recupero di una Pag. 16parte anche dell'organico. Mi piacerebbe capire quanti di questi abbiano l'opportunità di essere iscritti all'interno proprio delle istituzioni CPIA, con riguardo ai nuovi ingressi di docenti che abbiamo fatto attraverso i bandi.
  Le consegno davvero l'esigenza dell'obbligo scolastico per consentire l'accesso ai tirocini. Gliel'assicuro, è uno dei problemi più importanti che stiamo affrontando.

  ROSA DE PASQUALE, Capo del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Miur. Faccio un riassunto delle cose che vi devo dare, così mi dite che se c'è qualcos'altro: come sono distribuiti all'interno del sistema scolastico, quanti vanno nei CPIA, quanti vanno nelle altre scuole e in quali. Aggiungo poi quest'ultima cosa della certificazione dell'obbligo scolastico: come fare ad averla e su 15.000 quanti ce l'hanno.
  Poi vi devo mandare i progetti dei fondi FAMI, questi tre progetti che abbiamo già fatto. Inoltre, volevate anche sapere quali scuole hanno vinto i bandi e anche i progetti, più o meno, quali sono.
  C'è altro?

  EDOARDO PATRIARCA. Sul mediatore culturale c'è qualche materiale del ministero?

  ROSA DE PASQUALE, Capo del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Miur. Vi mando il progetto MICS, il progetto col fondo FAMI. Vi mando i tre progetti del fondo FAMI che dicevo, uno dei quali è l'istituzione della laurea per mediatore.

  PRESIDENTE. Mi sembra che siamo a posto, dottoressa. La ringraziamo.
  Trattenetevi solo un attimo per l'Ufficio di presidenza. Ringraziamo la dottoressa.

  ROSA DE PASQUALE, Capo del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Miur. Grazie a voi e buon lavoro.

  PRESIDENTE. Buon lavoro anche a lei.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.25.