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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impegnate

Resoconto stenografico



Seduta n. 82 di Giovedì 6 aprile 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Patriarca Edoardo , Presidente ... 3 

Audizione dell'Ammiraglio di Divisione Enrico Credendino, Comandante della missione EUNAVFOR MED – Operazione SOPHIA:
Patriarca Edoardo , Presidente ... 3 
Credendino Enrico , Ammiraglio di Divisione Comandante della missione EUNAVFOR MED – Operazione SOPHIA ... 4 
Patriarca Edoardo , Presidente ... 10 
Rondini Marco (LNA)  ... 10 
Carnevali Elena (PD)  ... 10 
Lorefice Marialucia (M5S)  ... 10 
Fontana Gregorio (FI-PdL)  ... 11 
Patriarca Edoardo , Presidente ... 11 
Credendino Enrico , Ammiraglio di Divisione Comandante della missione EUNAVFOR MED – Operazione SOPHIA ... 11 
Patriarca Edoardo , Presidente ... 12 
Credendino Enrico , Ammiraglio di Divisione Comandante della missione EUNAVFOR MED – Operazione SOPHIA ... 12 
Patriarca Edoardo , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
EDOARDO PATRIARCA

  La seduta comincia alle 8.50.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la trasmissione diretta sul canale web-tv della Camera dei deputati attraverso il segnale audio video originariamente destinato al circuito chiuso destinato alla sala stampa.
  Ricordo che si tratta di una delle prime occasioni in cui viene effettuata tale modalità di trasmissione, facendo seguito alle iniziative deliberate dal Collegio dei questori della Camera per agevolare la diffusione attraverso la web-tv dei lavori degli organi parlamentari che hanno sede a palazzo San Macuto.
  Faccio presente dal punto di vista tecnico che la seduta sarà ripresa con inquadratura fissa sul banco della Presidenza, pertanto gli interventi degli altri oratori saranno trasmessi solo con il sonoro. La titolazione dell'oggetto della seduta sarà sul lato dello schermo, senza sottotitoli, con i nomi degli oratori. La seduta sarà registrata, catalogata e ricercabile nell'archivio della web-tv della Camera.
  Una seconda avvertenza: poiché il Presidente Gelli non potrà partecipare alla riunione odierna, l'Ufficio di Presidenza già previsto non avrà luogo. Con l'occasione porgo ai nostri ospiti saluto del Presidente della Commissione, per l'appunto impossibilitato a partecipare ai lavori odierni.

Audizione dell'Ammiraglio di Divisione Enrico Credendino, Comandante della missione EUNAVFOR MED – Operazione SOPHIA.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'Ammiraglio di Divisione Enrico Credendino, Comandante della missione EUNAVFOR MED – Operazione SOPHIA.
  Ricordo che, ove necessario, su richiesta di un commissario o dell'Ammiraglio Credendino, i lavori della Commissione potranno proseguire in seduta segreta. Al riguardo, per assicurare la massima fluidità al dibattito pubblico, prego i colleghi di rinviare eventuali quesiti da sviluppare in sede riservata alla parte finale della seduta.
  Ricordo che il Procuratore di Catania, Zuccaro, già intervenuto presso questa Commissione, ha sollevato in altra audizione presso il Comitato Schengen il tema del ruolo delle navi facenti capo alle organizzazioni non governative, che a loro volta effettuano operazioni di salvataggio in mare e che sarebbero in sensibile aumento. Se l'ammiraglio volesse darci una sua opinione anche su questo tema, gliene saremmo grati, anche eventualmente in seduta segreta, se ritenuto opportuno.
  L'ammiraglio parteciperà anche ad altra audizione presso la Commissione difesa del Senato, che intende svolgere un'indagine conoscitiva sul tema.
  Il Consiglio Affari esteri dell'Unione europea, nella riunione del 22 giugno 2015, ha deciso l'avvio dell'Operazione navale militare denominata EUNAVFOR MED, volta a contribuire a smantellare le reti del traffico della tratta di esseri umani nel Mediterraneo centro-meridionale. La missione è stata ribattezzata EUNAVFOR MED-SOPHIA dal nome di una bambina nata su Pag. 4una nave militare tedesca nel corso di un'operazione effettuata il 22 agosto 2015.
  Saremmo grati al nostro ospite se ci potesse illustrare gli obiettivi e gli esiti di tale operazione, anche alla luce del coinvolgimento della Guardia costiera libica, di cui è in corso un programma di addestramento rientrante a pieno titolo negli obiettivi della missione.
  Avverto che l'Ammiraglio Credendino è accompagnato dal Capitano di fregata Giuseppe Lai, aiutante di bandiera, e dal Sottotenente di vascello Matteo Tondini, consigliere legale, che ringrazio per la presenza.
  Cedo quindi la parola all'Ammiraglio Credendino che potrà avvalersi, ove lo ritenesse opportuno, dei suoi collaboratori.

  ENRICO CREDENDINO, Ammiraglio di Divisione Comandante della missione EUNAVFOR MED – Operazione SOPHIA. Grazie, presidente, buongiorno, onorevoli deputati. EUNAVFOR MED-SOPHIA nasce all'indomani di quello che è ritenuto il peggior disastro avvenuto nel Mediterraneo, il 18 aprile 2015, quando un barcone di migranti si capovolse, 70 miglia al largo delle coste libiche (venne poi recuperato dall'Italia).
  Due giorni dopo questo incidente, il 20 aprile, ci fu una riunione straordinaria dei ministri degli esteri e dell'interno dell'Unione europea e fu adottata l'Agenda sulla migrazione, quindi questo è l'Action plan, i 10 punti sull'Agenda della migrazione di cui SOPHIA è il secondo punto.
  Questo è importante per ricordare che l'Operazione SOPHIA non è un'operazione a sé stante, ma va inquadrata nel pacchetto più ampio di misure adottate dall'Unione europea nel cercare di gestire il fenomeno migratorio quindi, quando si fa l’assessment e si verificano i risultati e l'efficacia dell'operazione, questi vanno sempre inquadrati nel più ampio pacchetto di misure dell'Unione europea per gestire il fenomeno migratorio.
  Il mandato principale è quello di contribuire a smantellare il modello di business delle reti criminali in mare. Il search and rescue non è nel mandato dell'operazione, tuttavia la salvaguardia della vita umana in mare è un obbligo internazionale e ancora prima un obbligo morale, quindi quando c'è necessità ovviamente facciamo i soccorsi e ad oggi abbiamo soccorso oltre 34.000 persone, una parte delle quali erano già in mare, quindi in imminente pericolo di vita.
  Però il search and rescue non rientra nel mandato. Questo significa che noi non andiamo a cercare i migranti; li soccorriamo se c'è l'esigenza di farlo, sempre sotto il coordinamento del centro di coordinamento responsabile, che in questo momento è quello italiano.
  L'operazione è divisa in quattro fasi: la prima, ultimata subito, era essenzialmente la costruzione della forza in mare. Siamo passati subito alla fase 2 Alfa, quindi lavoriamo in acque internazionali. C'è una risoluzione dell'ONU, che poi è stata rinnovata, che ci fornisce un ombrello legale necessario a molti Paesi per poter operare. Lavoriamo quindi in acque internazionali di fronte alla costa libica.
  Ci sono poi altre fasi, la successiva sarà la fase 2 Bravo in acque territoriali libiche e poi una terza fase sul territorio libico. Tuttavia, per andare avanti con queste fasi – spesso ci si chiede perché l'operazione non vada in fase 2 Bravo, in acque territoriali libiche – queste sono le condizioni necessarie: serve intanto l'invito di un Governo libico che sia un Governo effettivo, cosa che oggi non è, quindi che abbia la forza di invitare un'operazione estranea nel proprio territorio; ci vuole poi una nuova risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Un conto è operare in alto mare, quindi in acque internazionali, altro conto andare in territorio straniero, ed è più difficile avere una risoluzione che consenta questo.
  Vi è poi la questione del cosiddetto legal finish, cioè cosa fare dei trafficanti catturati in acque territoriali libiche. Oggi noi consegniamo i trafficanti che catturiamo in acque internazionali alla giustizia italiana, come deciso dal Consiglio quando SOPHIE è stata lanciata, ma questo modello non si applicherà in acque territoriali libiche, perché lì vigerà la giurisdizione libica. Quindi, se noi andassimo in acque territoriali libiche Pag. 5 e dovessimo trovarvi degli scafisti, non potremmo fermarli o, se li fermassimo, dovremmo comunque rilasciarli, perché non possiamo consegnarli ai libici, non essendoci un accordo di trasferimento tra Unione europea e Libia. Non possiamo quindi fare altro che rilasciarli, rendendo inefficace l'operazione.
  Una prima soluzione potrebbe essere un accordo tra Unione europea e Libia, perché si possano consegnare ai libici gli scafisti catturati nelle loro acque territoriali. Ma questa è una soluzione di lungo termine, perché richiede che vi sia un Governo in grado di gestire la giustizia e che vi siano carceri conformi al diritto umano (oggi la situazione in Libia non permette di consegnare ai libici nessuno, nemmeno gli scafisti). Un'altra soluzione potrebbe essere un accordo bilaterale fra un Paese membro e la Libia, in modo che gli scafisti vengano consegnati a questo Paese, che poi è quello che l'Italia sta facendo oggi quando li prendiamo in acque internazionali; ma anche questo richiede una forte volontà del Governo libico di cedere sovranità, cosa che oggi il Governo di Serraj non è in grado di fare, e la volontà del Paese membro di farsi carico di questo.
  Benché questa sia la strada più veloce, la soluzione a questo problema – che è la condizione veramente necessaria per andare avanti in acque territoriali – è lontana, quindi al momento siamo costretti e bloccati in acque internazionali.
  Andando alla migrazione, partiamo dal 4 aprile dell'anno scorso, giorno in cui è entrato in vigore l'accordo fra la Turchia e l'Unione europea. Prima del 4 aprile, il 90 per cento dei migranti prendeva la rotta balcanica, che è una rotta terrestre, poi andava in Turchia e da lì in Grecia e poi in Europa, ma con l'accordo tra Unione europea e Turchia la rotta balcanica di fatto è stata quasi chiusa, per cui nel 2016 circa il 90 per cento dei migranti giunge in Europa da sud, attraverso l'Italia, e un residuo 10 per cento di migranti ancora arriva attraverso la rotta balcanica.
  La maggior parte dei migranti provenienti da sud arriva dalla Libia, dalla Tripolitania, con minime percentuali da altri Paesi (un 7 per cento dall'Egitto, ma il flusso egiziano poi si è interrotto a novembre del 2016).
  Nel 2017 questa è la situazione nei primi tre mesi: abbiamo l'86 per cento dei migranti che proviene dalla Tripolitania e un 14 per cento che ancora prende la rotta balcanica, quindi a oggi vi è stato un aumento del 18 per cento rispetto ai primi tre mesi dell'anno scorso dei migranti provenienti da sud e una diminuzione del 98 per cento rispetto all'anno scorso di coloro che hanno preso la rotta balcanica.
  Per quanto riguarda la nazionalità dei migranti che provengono da sud, sono essenzialmente migranti dell'Africa subsahariana. Quelle in verde nelle slides sono le percentuali dei migranti nel 2017: non stanno più arrivando migranti dal Sudan e sono molto diminuiti i migranti che provengono dall'Eritrea, c'è stato un aumento dei migranti provenienti dal Bangladesh; ma questo è un caso particolare, perché i migranti provenienti dal Bangladesh hanno tutti un passaporto, quindi mediamente arrivano in aereo in Libia, non arrivano via mare o via Sudan. Comunque essenzialmente Africa subsahariana, siriani pochissimi, quindi i migranti mediorientali al momento non stanno più raggiungendo l'Europa né tramite la balcanica, né tramite la rotta da sud.
  Le donne rappresentano intorno al 13 per cento del totale degli arrivi (il 9 per cento nel 2017) ma la loro condizione chiaramente è terribile. Basti pensare che sanno tutte che verranno molto probabilmente abusate durante il viaggio, quindi iniziano la cura anticoncezionale prima di partire. Quindi è una cosa che conoscono molto bene ma, nonostante sappiano a cosa andranno incontro, decidono comunque di partire, perché evidentemente ritengono sia il male minore; ma sono consapevoli di quello che le aspetta, sia durante il viaggio che dopo.
  Per quanto riguarda i minori, l'anno scorso abbiamo avuto un 14 per cento di minori non accompagnati che sono giunti in Italia, nei primi tre mesi di quest'anno siamo al 3 per cento del totale e vediamo cosa succederà quest'anno. I Paesi di maggiore Pag. 6 provenienza sono l'Eritrea, l'Egitto, il Gambia e la Nigeria. Questi bimbi, quando vengono soccorsi, non parlano la nostra lingua, non ci capiscono e quindi è molto complicato riuscire ad entrare in contatto con loro, calmarli e gestirli.
  Andando adesso all'Operazione SOPHIA, noi lavoriamo nell'area di operazione, che nella slide è quella in blu e va dal confine libico al confine con la Tunisia fino al confine con l'Egitto. Copre tutta la Libia, è un'area piuttosto estesa e ad oggi lavoriamo di fronte alla Tripolitania per quanto riguarda il mandato principale, da dove proviene tutto il flusso di migranti. Abbiamo 5 navi straniere con la flagship, la nave di bandiera, che da ieri è nave San Giusto, dove c'è l'ammiraglio che in mare comanda la flotta e gli aerei, e abbiamo 3 aerei da pattugliamento e alcuni elicotteri.
  Ad oggi abbiamo arrestato e consegnato alla giustizia italiana 109 sospetti scafisti, abbiamo neutralizzato 414 imbarcazioni utilizzate dagli scafisti e abbiamo soccorso oltre 34.000 migranti. È importante neutralizzare e distruggere le imbarcazioni usate dagli scafisti, perché altrimenti le riuserebbero, come succedeva prima di Mare Nostrum, quando soprattutto le grandi imbarcazioni di legno venivano usate più volte.
  Sottraendo queste imbarcazioni agli scafisti si contiene il flusso, che quest'anno è aumentato del 18 per cento, ma sarebbe aumentato molto di più se avessero ancora avuto le grandi imbarcazioni in grado di ospitare fino a 800 migranti, imbarcazioni che poi rischiano il ribaltamento perché sempre sovraffollate.
  È fondamentale togliere la logistica agli scafisti, questo è il nostro compito e quindi noi, ultimato il soccorso, distruggiamo sempre l'imbarcazione, che peraltro non può essere lasciata in mare perché rappresenta un pericolo per la navigazione.
  Oggi, quindi, gli scafisti non sono più in grado di uscire dalle acque territoriali libiche, sanno che siamo lì e che verranno catturati se escono delle acque territoriali libiche, quindi rimangono dentro e stanno perdendo le imbarcazioni e i motori che usano sui gommoni, che rappresentano la materia prima che utilizzano.
  Nell'estate dell'anno scorso sono stati aggiunti 2 ulteriori compiti all'operazione, il capacity building e il training della Guardia costiera e della Marina libica, e l'implementazione dell'embargo di armi provenienti in Libia via mare, e noi siamo oggi l'unica operazione che ha implementato l'embargo.
  Per quanto riguarda il training, lo scopo è dare ai libici le capacità e l'addestramento per pattugliare le proprie acque territoriali, in modo da combattere a casa loro ogni forma di crimine, quindi non solo la tratta di esseri umani, ma anche il contrabbando di petrolio e di armi, in modo da aumentare la sicurezza delle acque territoriali libiche.
  L'anno scorso sono morte oltre 5.000 persone nel Mediterraneo centro-meridionale, quest'anno siamo già a 600, la maggior parte di queste muore nelle vicinanze delle acque territoriali libiche o in acque territoriali libiche, perché noi e le altre forze militari siamo troppo lontani per intervenire in tempo. Basti pensare che il gommone una volta messo a mare, se il mare è mosso, si capovolge e nessuno dei migranti sa nuotare, non hanno salvagenti, quindi annegano quasi subito.
  È quindi molto importante dare ai libici mezzi e capacità per intervenire, anche per evitare ulteriori morti in mare in quella zona, dove nessuno riesce a soccorrerli in tempo, quindi lo scopo è da un lato aumentare la sicurezza delle acque territoriali libiche, dall'altro evitare ulteriori morti in mare in quella zona.
  L'addestramento è stato strutturato su tre pacchetti. Il primo pacchetto si è svolto su due navi anfibie molto grandi, è durato 14 settimane su una nave italiana e un mese su una nave olandese, e abbiamo addestrato i primi 93 libici. Tra questi ci sono tre equipaggi delle famose motovedette che l'Italia comincerà a donare a breve alla Libia. Due di questi tre equipaggi sono in questo momento a Gaeta, dove stanno completando l'addestramento presso la Guardia di Finanza sulle imbarcazioni che poi riporteranno in Libia, immagino nei prossimi due mesi. Pag. 7
  Queste saranno le prime imbarcazioni che arriveranno in Libia. Dovrebbero essere destinate una a Tripoli e una a Misurata, ma questa è una questione che riguarda i rapporti bilaterali italo-libici. Il mio compito era addestrare questi 93 libici e preparare tre equipaggi da consegnare poi all'Italia per il successivo e finale addestramento a bordo.
  In Libia ci sono due Guardie costiere, una militare e una civile: quella militare appartiene al Ministero della difesa, quindi Marina Ministero della difesa, quella civile al Ministero degli interni. Noi addestriamo la Guardia costiera militare.
  Dato che lavoriamo con quella militare, i nomi che abbiamo addestrato sono più o meno quelli che già conoscevamo, con cui la nostra Guardia costiera ha lavorato spesso in passato nell'era di Gheddafi, nell'era post-Gheddafi e adesso. Sono più o meno sempre gli stessi, sono piuttosto neutrali e hanno cercato di fare quanto potevano con i modestissimi mezzi in loro possesso. Basti pensare che nel 2015 hanno soccorso 800 persone nelle loro acque, nel 2016 ne hanno soccorse tra 14.000 e 16.000 (i numeri sono ballerini), con pochissimi mezzi perché hanno un rimorchiatore, due motovedette molto vecchie e alcuni gommoni; certamente a volte hanno agito in maniera sconsiderata, ma è proprio per questo che dobbiamo addestrarli.
  In questo addestramento fatto a bordo c'erano anche l'UNHCR, l'OIM – le agenzie dell'ONU che trattano le questioni umanitarie facevano parte del pacchetto addestrativo –, c'era la Croce Rossa. Quindi un team multidimensionale che ha fatto un addestramento a tutto tondo sui compiti di Guardia costiera per questi ufficiali e sottufficiali.
  Abbiamo iniziato adesso il secondo pacchetto a terra. Si è svolto un primo addestramento in Grecia, un secondo si sta concludendo oggi a Malta, a breve dovrebbe iniziare un terzo addestramento in Italia per 255 libici e poi in Spagna per altri 30. L'obiettivo è di addestrare 4-500 persone entro la fine del secondo mandato di SOPHIA, che scade il 27 luglio di quest'anno.
  Proprio in questi giorni è in corso la revisione strategica dell'operazione, dopodiché verrà presentata ai Paesi membri la decisione se terminare l'operazione a luglio oppure proporre l'estensione del mandato di un altro anno.
  Per quanto riguarda il contrasto al traffico di armi, noi abbiamo implementato la risoluzione dell'ONU relativa all'embargo allo scopo di evitare che armi arrivino in Libia. La maggior parte delle armi arriva in Libia via terra, via mare ce ne sono poche, comunque noi stiamo lavorando in maniera molto attiva soprattutto nella parte est della Libia e abbiamo la nave sempre davanti ai porti di Derna, Misurata e Bengasi, dove c'è anche un possibile traffico interlibico. Comunque siamo lì, siamo molto attivi, c'è un effetto deterrente che stiamo producendo su questa questione.
  Una delle mie attività principali, essendo io comandante strategico dell'operazione – poi in mare alle mie dipendenze c'è un altro ammiraglio che, come ho detto, comanda la flotta – riguarda le interazioni con i Paesi del Mediterraneo e con le organizzazioni internazionali, che possono contribuire a conseguire l'obiettivo. In questa slide ci sono tutti i Paesi e le organizzazioni che ho incontrato durante il mio mandato, in rosso sono indicati quelli con cui oggi SOPHIA ha degli accordi di diversa natura.
  Oggi, quindi, lavoriamo con Europol, Eurojust, l'ufficio delle Nazioni Unite che combatte il crimine organizzato, a breve Interpol (stiamo concludendo l'accordo) per costruire insieme il puzzle degli scafisti e dei trafficanti di esseri umani in Libia, con le interazioni che hanno nel resto del mondo.
  Lavoriamo moltissimo con le agenzie dell'ONU che si occupano di questioni umanitarie, quali UNHCR, OIM, UNSMIL con cui siamo costantemente in contatto (ho un ufficiale di collegamento a Tunisi che lavora appunto con UNSMIL). Stiamo stringendo un accordo di cooperazione con la nuova operazione Sea Guardian della NATO, quindi noi, come EUNAVFOR MED e Sea Guardian, saremo anche un banco di prova per la nuova cooperazione NATO/Unione Europea, l'accordo dovrebbe essere firmato Pag. 8nei prossimi giorni. Siamo in contatto con gli Stati Uniti per lo scambio di intelligence informativo, sul quale loro sono molto avanzati, e andrò a Washington la settimana prossima.
  Si tratta quindi di un'attività molto intensa di contatti per spiegare, soprattutto ai Paesi nordafricani, Unione Africana e Lega Araba, cosa facciamo, cosa non facciamo, qual è lo scopo, perché l'approccio alla questione migratoria non può che essere un approccio globale. Quindi l'attività va in questa direzione.
  Abbiamo creato questo Forum all'inizio dell'operazione, con lo scopo di riunire intorno a un tavolo tutti gli attori che nel Mediterraneo si occupano di sicurezza e di migrazione, quindi all'ultima riunione hanno partecipato 64 organizzazioni e Paesi, tutti i Paesi del Mediterraneo e 64 organizzazioni. Tutte le shipping companies, le operazioni militari e civili e le ONG vengono invitate a questo tavolo e partecipano.
  Lo scopo è conoscersi, trovare soluzioni per migliorare il coordinamento in mare e possibili soluzioni alla gestione del fenomeno migratorio in mare. Ci sono alcuni gruppi di lavoro e la prossima riunione si svolgerà l'8 e 9 giugno, qui a Roma. Questi sono i gruppi di lavoro allo scopo di produrre best practices che consentano di gestire meglio quello che avviene in mare.
  Un esempio è quello sulla parte legale. In Libia abbiamo infatti osservato che la distinzione tra traffico e tratta di esseri umani è sempre più labile, ma uno dei problemi che rende difficile combattere i trafficanti di esseri umani e gli scafisti è proprio la natura del crimine. La pirateria si combatte molto meglio perché è un crimine internazionalmente riconosciuto. Io sono stato anche comandante dell'operazione antipirateria dell'Unione Europea nell'Oceano Indiano e tutti potevano arrestare i pirati in qualunque momento, ovunque li incontrassero.
  Questo non può avvenire nei confronti del traffico di esseri umani per la natura del crimine, che è un crimine transnazionale. Se quindi riuscissimo a trasformarlo in un crimine a giurisdizione universale, le cose sarebbero molto diverse. Una possibilità è trasformarlo in un crimine contro l'umanità, ci sono le caratteristiche, lo Statuto della Corte penale internazionale prevede alcune condizioni perché un crimine possa essere definito crimine contro l'umanità, che sono quelle indicate in lastrina.
  È possibile trovare in Libia tutte le caratteristiche del crimine contro l'umanità, quindi questo gruppo di lavoro nel mese di giugno farà questa proposta alla comunità internazionale, cui spetta decidere se adottare questa soluzione. Ci sono diversi modi. La strada migliore probabilmente è che l'ONU faccia una risoluzione dedicata o dia mandato alla Corte internazionale dell'Aja di provvedere a questo. Chiaramente la proposta deve partire da qualcuno, da uno dei Paesi membri ad esempio. Noi faremo una proposta nel mese di giugno e poi vedremo.
  L'Italia, che in questo momento siede nel Consiglio di sicurezza, potrebbe farsi promotrice di questa azione, che veramente potrebbe essere la chiave di volta nella lotta agli scafisti e ai trafficanti di esseri umani. E comunque è evidente che questo è un crimine contro l'umanità, nello sfruttamento dei migranti ci sono tutti gli elementi.
  I risultati dell'operazione.
  Oggi abbiamo una buona comprensione di come funziona il modello di business degli scafisti e dei trafficanti, che sono bloccati in acque territoriali libiche. Certamente per essere più efficaci noi dobbiamo andare avanti, ma per andare avanti dobbiamo risolvere le questioni citate all'inizio, soprattutto il problema legale.
  L'addestramento della Guardia costiera libica consentirà di superare il problema del legal finish, perché dando ai libici le capacità di operare saranno loro ad arrestare gli scafisti nelle proprie acque territoriali e noi potremo avere un ruolo di monitoring, cioè verificare come lavorano per migliorare le loro capacità, ma dando loro i mezzi in un certo modo questo consentirà di superare l’impasse. Anche trasformare il crimine da crimine transnazionale a crimine contro l'umanità rappresenterà sicuramente un passo avanti nella lotta ai trafficanti di esseri umani. Pag. 9
  Questi sono i numeri di quello che abbiamo fatto: come dicevo, abbiamo neutralizzato 414 imbarcazioni, arrestato 109 scafisti, siamo molto attivi nell'embargo, interroghiamo tutti i mercantili o quelli sospetti che transitano nell'area, facciamo ispezioni e inchieste di bandiera.
  Noi siamo parte del comprehensive approach dell'Unione europea ed è così che va intesa e valutata l'operazione. Siamo considerati in maniera favorevole da molti Paesi africani, come ci viene riportato da più fonti, perché salviamo i loro cittadini, quindi loro questo vedono e in questo modo ci considerano.
  L'addestramento della Marina e della Guardia costiera è la chiave di volta per andare avanti. Certamente la situazione è complessa. Ad esempio i libici ricevono gli stipendi, ma hanno difficoltà a ritirarli dalle banche perché manca la liquidità. Ai libici addestrati era stata promessa dal Governo libico un'indennità giornaliera con cui avrebbero potuto sfamare le famiglie. Molti infatti, avendo difficoltà a ritirare i salari, fanno un doppio lavoro e di notte guidano il taxi o lavorano in pub e ristoranti, garantendosi il cash per vivere e sfamare le famiglie. Venendo a bordo per 14 settimane, il doppio lavoro lo hanno perso e quindi si sono trovati veramente in difficoltà.
  A questo serviva l'indennità che il Governo aveva promesso e che ancora non viene data, ritardando le successive fasi dell'addestramento. Il rischio è che, se non si dà un'indennità ai libici, questi si rivolgano alle reti criminali e facciano altro, quindi è molto importante che questo problema venga risolto.
  L'Alto Rappresentante sta lavorando con il premier Serraj per cercare di sbloccare la situazione. Certamente quello che avviene in Libia è nelle mani dei libici, noi siamo solo in supporto. Ci vuole la volontà libica di interrompere i traffici, ci vuole la volontà del Governo e del popolo libico di cambiare questo sistema, che in effetti produce una parte del GDP libico, il prodotto interno lordo che in parte proviene dal traffico di esseri umani. Questa è una realtà.
  Perché questo possa interrompersi bisogna dare ai libici un'alternativa ed è qui che può funzionare l'approccio globale dell'Unione europea con tutti i progetti messi in campo non solo in Libia, ma anche nei Paesi di partenza dei migranti. Bisogna ridare lavoro, istruzione, ricostruire lo Stato, e questo richiederà non mesi, ma anni.
  Certamente il mandato può essere conseguito solo se c'è una volontà libica e in questo senso bisogna andare avanti. Spesso siamo accusati di essere il pull factor, il fattore di attrazione per i migranti, che gli scafisti cioè mettano in mare i migranti perché c'è l'Operazione SOPHIA. Questo non è vero perché, come si vede, noi abbiamo fatto soltanto l'11,8 per cento del totale dei soccorsi, quindi un numero tutto sommato basso; 34.000 persone sono tante, sono un grande paese, ma è l'11 per cento del totale, perché il SAR (Search & Rescue) non è nel nostro mandato: le navi vengono impiegate per combattere gli scafisti, non per fare i soccorsi, anche se eventualmente non ci tiriamo indietro, ma altre organizzazioni soccorrono i migranti, quindi non siamo noi il pull factor.
  I migranti non partono certamente perché ci sono le navi in mare, ma partono perché ci sono i push factor, i fattori che li spingono a partire (le guerre, il terrorismo, la mancanza di acqua e cibo). Anche senza SOPHIA i migranti partirebbero comunque, la prova è che quando c'è stata l'interruzione di Mare Nostrum, che era accusata di essere un fattore di attrazione, prima che si attivasse Mare Sicuro sono passati alcuni mesi, durante i quali il numero di migranti in mare è aumentato, non diminuito, mentre se Mare Nostrum se fosse stato un pull factor sarebbero diminuiti.
  Possono cambiare le tattiche usate dagli scafisti, se ci sono navi che lavorano molto vicino alla costa, ma i migranti partirebbero comunque, fintanto che non si risolvono le cause che originano la migrazione, fintanto che non si va nei Paesi di origine, cosa che l'Unione europea ha iniziato a fare. Io avrei concluso, ma sono a disposizione per eventuali domande.

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  PRESIDENTE. Grazie, ammiraglio, per le sue informazioni, alcune utilissime per la Commissione perché non ci erano note.
  Lascio la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MARCO RONDINI. Intanto la ringrazio per l'esposizione e per la presenza. Parto dalle sue ultime dichiarazioni, in cui evidenziava che l'Operazione SOPHIA ha fatto solamente l'11 per cento dei salvataggi in mare, mentre il 40 per cento è riconducibile alle ONG.
  Questo vuol dire che il maggior numero di contatti con gli scafisti lo hanno avuto le organizzazioni non governative, cosa che sembra dar ragione a Frontex che denunciava questo effetto indesiderato, che ha portato anche all'apertura di inchieste sull'eventuale contatto tra ONG e gli scafisti, in quanto, operando nelle acque territoriali libiche, agevolano o incentivano il traffico di esseri umani. Volevo conoscere il suo parere su questa questione, considerato che abbiamo letto alcune sue dichiarazioni in merito a questa questione che sono state pubblicate dalla stampa.
  Per quanto riguarda invece l'addestramento della Guardia costiera libica, che tempi vi siete dati, anche alla luce dei problemi di finanziamento di questo addestramento?
  Lei diceva che oggi non è pensabile arrestare uno scafista in acque territoriali libiche perché poi non potreste consegnarlo alle autorità libiche, non essendoci un accordo bilaterale con la Libia. Mi chiedo allora come sia possibile portare avanti l'addestramento della Guardia costiera libica. Presumibilmente in questo caso c'è un accordo bilaterale, che però dovrebbe prevedere anche altre misure, quali la possibilità di consegnare gli scafisti alle autorità libiche. Grazie.

  ELENA CARNEVALI. Ringrazio moltissimo l'ammiraglio non solo per la presentazione, che rende per noi più chiaro il quadro, perché spesso la distanza non ci rende consapevoli del grande lavoro, del grande sforzo, della competenza, della professionalità in campo di politica internazionale, oltre che del lavoro che svolgete nelle nostre acque a difesa degli esseri umani e anche in difesa del nostro Paese. Quindi davvero un grazie e un plauso.
  Oltre alle attività che vengono svolte sulla base di accordi internazionali (non parto dalla volontà esclusiva del Governo italiano), giacché lei diceva che con il 27 di luglio si conclude la fase di addestramento, se non ho capito male, di queste 400 persone, oltre alla parte molto importante del riconoscimento da parte della Corte internazionale dell'Aja del crimine come crimine contro l'umanità, che consentirebbe di adottare ulteriori strumenti per il contrasto al traffico di esseri umani, ci sono altre azioni che possono essere messe in campo per contrastare il traffico di esseri umani? Questo sapendo che c'è una precondizione (è quindi una domanda a cui lei ha già dato risposta), in quanto tutto dipende dalle condizioni del Paese di origine, la Libia, quindi dalla una volontà di controllo da parte dello Stato libico.
  Sul sequestro delle imbarcazioni ci sono accordi con il Governo libico? Il nostro problema è evitare la partenza, quindi su questo le chiederei di dirci qualcosa di più. Per il resto è stato talmente chiaro ed esplicito nei numeri e nelle funzioni che non avrei altro da dire.

  MARIALUCIA LOREFICE. Grazie per l'intervento che è stato molto esplicativo. Anch'io faccio una domanda riguardo ai rapporti con la Guardia costiera libica. Come lei evidenziava, uno dei compiti di EUNAVFOR MED è la collaborazione alla formazione della Guardia costiera libica. Oggi la Libia ha una situazione complicata per quanto riguarda il fatto che vi sia o meno uno Stato riconosciuto, uno dei problemi è che (c'è anche un video del Times in proposito) la stessa Guardia costiera è stata accusata di abbordaggi di imbarcazioni con i migranti in cui avrebbe aperto il fuoco per costringere i migranti a salire sulle imbarcazioni. Avete delle garanzie circa l'operato della Guardia costiera libica? Siete certi che in realtà non violi i diritti umani?

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  GREGORIO FONTANA. Grazie, comandante, a lei e per suo tramite ai suoi uomini, per l'impegno. Certamente EUNAVFOR MED è un'operazione importante, ma per avere pieno successo bisogna avere la piena operatività della fase 2 e passare alla fase 3, la cui realizzazione è compito non dei militari, ma dei Governi e delle relazioni diplomatiche, perché solo così la missione potrà dispiegarsi nei suoi effetti più importanti.
  In merito al sequestro delle imbarcazioni vorrei capire meglio quale sia la dinamica, una volta entrati in possesso di queste imbarcazioni, come ne venga gestita la distruzione. Per quanto riguarda l'addestramento delle forze libiche presso le nostre strutture, lei ritiene che, divenute operative, questo assetto, questo numero, questi mezzi potranno realmente cambiare qualcosa? Quale effetto avrà l'entrata in piena operatività di questo assetto?

  PRESIDENTE. Non essendoci altri interventi, lascio la parola all'Ammiraglio Credendino per la replica. Nel caso ritenesse che qualche sua dichiarazione necessiti di secretazione, magari in merito alla nota vicenda delle ONG, me lo segnalerà.

  ENRICO CREDENDINO, Ammiraglio di Divisione Comandante della missione EUNAVFOR MED – Operazione SOPHIA. Cominciando con la Guardia costiera, il mandato di SOPHIA scade il 27 luglio, quindi noi dobbiamo fare tutto quello che è previsto al momento entro il 27 luglio. È molto probabile che il mandato verrà esteso di un altro anno, ma questo chiaramente dipende dai Paesi membri, quindi adesso sarà presentata la revisione strategica dell'operazione, ci sarà una proposta di estensione – immagino – del mandato di un altro anno.
  Ricordo che l'operazione antipirateria Atalanta era nata per durare un anno ed è nell'ottavo anno, perché soprattutto in questo caso, come ha detto il Presidente Gentiloni, non c'è la bacchetta magica: qui ci vorranno anni per risolvere la questione e SOPHIA oggi è l'unica realtà europea concreta in mezzo al mare che sta lavorando.
  L'obiettivo intanto è di addestrare un primo pacchetto entro la fine di luglio, ma parallelamente l'Italia su base bilaterale ha iniziato l'addestramento della Guardia costiera civile con tempi invece più lunghi. Per le difficoltà che ci sono in Libia e per il problema degli aspetti economici stiamo avendo un ritardo nei nomi dei 255 che dovremmo addestrare in Italia, quindi ci vorrà più tempo.
  Le prime motovedette andranno in Libia forse il prossimo mese. Come ho detto i libici con pochissimi mezzi l'anno scorso sono intervenuti per salvare 16.000 persone contro 800 dell'anno precedente. Quindi la Guardia costiera militare ha la volontà di farlo, ma bisogna darle i mezzi per pattugliare, e le 10 motovedette italiane sono un buon numero. Quando avranno queste motovedette saranno in grado veramente di pattugliare in maniera molto più efficace le proprie acque e quindi anche di combattere gli scafisti.
  Potranno quindi intervenire in mare, dopodiché dipende sempre dalla volontà del Governo e della popolazione e bisogna trovare delle misure che consentano alla popolazione di avere dei proventi, ad esempio la pesca, perché il mare libico è il mare più pescoso del Mediterraneo, ma i pescatori libici non pescano più oggi perché hanno paura degli scafisti, perché sequestrano i pescherecci. Se noi convincessimo i libici a tornare a pescare, magari anche dando loro protezione, questo potrebbe essere un passo avanti per i Paesi di partenza dei migranti lungo la costa.
  Gli accordi bilaterali al momento con la Libia per volontà libica prevedono solo il training, quindi il mio accordo con la Libia prevede solo il training e non il sequestro delle imbarcazioni. Questi saranno eventualmente passaggi successivi, una volta che l'operazione potrà andare avanti, quindi fase 2 Bravo e 3.
  Al momento noi, quando troviamo una barca in alto mare, una volta ultimato il suo corso fatto da noi o da altri, se è possibile la sequestriamo e la portiamo alla giustizia italiana perché rappresenta una prova per i nostri procuratori, ma è molto difficile riuscire a rimorchiare una di queste Pag. 12 barche in Italia perché sono piccole rispetto a una nave militare, sono fatiscenti, sono vecchie, quindi quando ci proviamo solitamente affondano. Molte sono malandate, in precarie condizioni di galleggiabilità e affondano direttamente.
  La cosa importante è che gli scafisti non le riprendano, perché le barche di legno possono essere usate più volte. I gommoni, che sono veramente fatiscenti, sono costruiti per fare un viaggio, sono gommoni scadenti, cinesi o assemblati direttamente in Libia, ma sono fatti per durare un viaggio, e fare un viaggio è un'avventura, farne due diventa veramente un'impresa, quindi è bene distruggerli in modo che non possano essere reimpiegati.
  Sull'efficacia della Guardia costiera. Dare loro 10 motovedette e un addestramento completo sulle funzioni di Guardia costiera, assisterli durante la loro attività è certamente un primo passo, ma in Libia va ricostruito tutto l'apparato di sicurezza, quindi noi daremo adesso 10 motovedette, ma poi bisogna costruire tutta la rete radar costiera, bisogna costruire il centro di coordinamento marittimo, che l'Italia ha avuto mandato dall'Unione europea di ricostruire entro il 2018, in modo che poi i libici possano agire nella propria area di competenza, cosa che oggi non fanno ed è l'Italia che sta svolgendo questa funzione al loro posto. Ci vorrà del tempo.
  Per quanto riguarda le ONG, intanto io sono il comandante dell'Operazione SOPHIA e quindi rispondo di quello che fanno i miei mezzi, posso osservare alcuni comportamenti, ma non li commento perché non sta a me commentarli. Perché altre organizzazioni agiscano in un certo modo va chiesto a quelle organizzazioni o a Frontex, che ha fatto un rapporto molto dettagliato, o al Procuratore Zuccaro.
  Quando io ho fatto alcuni interventi nei consessi previsti dall'Unione europea (il Comitato di sicurezza e altri) o alcune interviste, ho sempre fatto riferimento al rapporto di Frontex e a quanto dichiarato dal Procuratore Zuccaro. Quello che abbiamo osservato è che certamente dal giugno dell'anno scorso c'è un numero maggiore di ONG che lavorano in area e che è sempre più attivo, non hanno mai intralciato direttamente la mia operazione e anzi noi dobbiamo lavorare tutti insieme, coordinarci in mare, perché poi in mare la situazione è molto complessa, ed è il motivo per cui anche le ONG vengono invitate e partecipano a quel Forum, quindi saremo di nuovo tutti insieme l'8 e 9 giugno per discutere e i trovare metodi di coordinamento sempre più efficaci.

  PRESIDENTE. Ringrazio ancora una volta l'Ammiraglio Credendino e il suo staff.

  ENRICO CREDENDINO, Ammiraglio di Divisione Comandante della missione EUNAVFOR MED – Operazione SOPHIA. Grazie a voi, e scusate se mi sono dilungato.

  PRESIDENTE. No, ci mancherebbe, siamo noi che abbiamo tempi imposti dal ritmo delle attività parlamentari. Nel ringraziare il nostro ospite, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.40.