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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impegnate

Resoconto stenografico



Seduta n. 85 di Giovedì 18 maggio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Gelli Federico , Presidente ... 3 

Audizione del Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione, Raffaele Cantone:
Gelli Federico , Presidente ... 3 
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione ... 4 
Gelli Federico , Presidente ... 9 
Brescia Giuseppe (M5S)  ... 10 
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione ... 10 
Brescia Giuseppe (M5S)  ... 10 
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione ... 11 
Gelli Federico , Presidente ... 11 
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione ... 11 
Rondini Marco (LNA)  ... 11 
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione ... 12 
Carnevali Elena (PD)  ... 12 
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione ... 13 
Carnevali Elena (PD)  ... 13 
Gelli Federico , Presidente ... 13 
Fontana Gregorio (FI-PdL)  ... 13 
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione ... 14 
Carnevali Elena (PD)  ... 14 
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione ... 14 
Gelli Federico , Presidente ... 16 

Comunicazioni del Presidente:
Gelli Federico , Presidente ... 16 
Fontana Gregorio (FI-PdL)  ... 16 
Brescia Giuseppe (M5S)  ... 17 
Carnevali Elena (PD)  ... 17 
Fontana Gregorio (FI-PdL)  ... 18 
Gelli Federico , Presidente ... 18 
Fontana Gregorio (FI-PdL)  ... 18 
Gelli Federico , Presidente ... 18

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
FEDERICO GELLI

  La seduta comincia alle 9.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la trasmissione diretta sul canale web-TV della Camera dei deputati attraverso il segnale audio-video originariamente destinato al circuito chiuso destinato alla sala stampa.
  Ricordo che questa – è la prima volta che capita, da quando presiedo io – è la prima occasione in cui viene effettuata tale modalità di trasmissione, facendo seguito all'iniziativa deliberata dal Collegio dei questori della Camera per agevolare la diffusione attraverso la web-TV dei lavori degli organi parlamentari che hanno sede a Palazzo San Macuto.
  Dal punto di vista tecnico la seduta sarà ripresa con inquadratura fissa sul banco della presidenza, pertanto gli interventi degli altri oratori saranno trasmessi con il solo sonoro. La titolazione dell'oggetto della seduta sarà sul lato dello schermo, senza sottotitoli con i nomi degli oratori. La seduta sarà registrata, catalogata e ricercabile nell'archivio della web-tv della Camera.
  Non essendovi obiezioni, così rimane stabilito. Pertanto, attivo la disposizione dell'impianto.

Audizione del Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone, già intervenuto presso questa Commissione il 10 novembre 2015. Lo ringrazio, a nome di tutta la Commissione, della disponibilità di essere qui con noi.
  Lo spunto per quest'audizione deriva da numerosi motivi, che avremo modo sicuramente di affrontare nel corso di quest'audizione. Sicuramente, il motivo più importante è l'adozione del nuovo schema di capitolato per la fornitura di beni e servizi relativi alla gestione e al finanziamento delle strutture di accoglienza dei migranti.
  Il nuovo schema è stato presentato come uno strumento innovativo per supportare le prefetture e per assicurare l'uniformità delle procedure e la tutela dell'imparzialità e della trasparenza, in aderenza ai princìpi dell'economicità e della concorrenza.
  Il ministro dell'interno e anche lo stesso prefetto Pantalone hanno dichiarato che il testo di questo decreto recepisce tutte le indicazioni fornite dall'Autorità Nazionale Anticorruzione sulle procedure e sui protocolli di affidamento delle gare di appalto sulla gestione dei centri di accoglienza.
  Il ministro Minniti, nell'audizione di questa Commissione del 22 febbraio scorso, disse di considerare quest'atto molto importante, perché affronta tre grandi questioni: quella del contraente unico, quella della tracciabilità dei servizi e quella dell'incremento della capacità ispettiva da parte del Ministero dell'interno, supportato dall'UNHCR e dall'OIM.
  Voglio altresì ricordare che, proprio rispondendo ad un'interrogazione, ieri il ministro dell'interno Minniti ha ricordato l'attivazione Pag. 4 di oltre 2.000 ispezioni da verificare con una nuova task force del Ministero dell'interno entro il 2018.
  Proprio in relazione ai controlli sulle strutture, spesso la nostra Commissione si trova in difficoltà, perché l'approccio delle prefetture è necessariamente di tipo documentale, mentre magari risultano grosse lacune nell'erogazione dei servizi e delle attività di gestione.
  Dottor Cantone, per noi non è sufficiente vedere solo gli aspetti documentali. Quando andiamo a fare le nostre attività ispettive riscontriamo, purtroppo, una discrasia tra quello che è scritto nel capitolato e quella che è, ovviamente, l'attività di erogazione dei servizi.
  Potremmo sicuramente fare molti riferimenti a questo tema nelle nostre ispezioni che abbiamo fatto al CARA di Mineo, al centro di accoglienza di Cona e ad altre strutture similari recentemente. Qualcosa del genere è molto probabilmente avvenuto anche al CARA di Crotone, che noi avevamo visitato. Io ancora non presiedevo questa Commissione, ma il mio predecessore e alcuni colleghi avevano avuto modo di notare elementi di discrasia tra quello che era scritto nel capitolato e l'erogazione e la qualità dei servizi.
  Fra l'altro, proprio a riferimento dell'attualità della gestione del centro di Crotone e delle indagini in corso – fra l'altro, anche questo è un elemento che osserviamo in questo momento, con le informazioni che ci sono state fornite dalle notizie di stampa; avremo modo poi di sentire il Procuratore Gratteri e, quindi, di entrare nel merito di quell'indagine, di quell'attività giudiziaria – si è riscontrato che è stata effettuata una proroga di un anno in favore dello stesso ente gestore, pur sapendo che erano presenti forti lacune e forti perplessità e preoccupazioni dichiarate anche pubblicamente da molti interlocutori, istituzionali e non.
  A questo proposito, dottore, mi permetto di porle una domanda, prima di passarle la parola. Sarebbe interessante capire, come Commissione, lo spazio di manovra che la stazione appaltante potrebbe avere se dovessero emergere precedenti di polizia, quali turbative d'asta, false attestazioni o addirittura procedimenti penali in corso non sfociati ancora in una sentenza di condanna o in un rinvio a giudizio nei confronti di persone fisiche titolari di cariche societarie e degli enti gestori.
  Si può arrivare all'esclusione dalla gara d'appalto o dalla risoluzione del contratto di affidamento? In caso negativo, se tutto questo non è possibile, quali cautele possono essere poste in essere? Più in generale, come possono essere scoraggiati eccessivi ribassi e garantiti standard qualitativi adeguati nei servizi resi sia al momento della gara, sia nelle successive fasi di ispezione sulla gestione dei centri d'accoglienza?
  Per inciso, una delle prime applicazioni del nuovo contratto tipo interessa proprio la prefettura di Catania. Così ci è stato riferito dopo una recente ispezione che la nostra Commissione ha svolto con il gruppo di lavoro sui minori stranieri non accompagnati.
  A questo punto, cedo la parola al dottor Cantone per un'esposizione, così come mi ha indicato, una fase introduttiva. Il dottor Cantone mi ha comunicato che ci fornirà un documento più dettagliato rispetto al lavoro che è stato fatto in questi ultimi periodi dall'Autorità nazionale che lui presiede. Sarà nostro interesse eventualmente raccogliere tutte le informazioni del caso.

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione. Grazie, presidente. Grazie stamattina per l'audizione, che abbiamo rinviato. Neanche a farlo apposta, l'audizione è capitata casualmente «a fagiolo», neanche l'avessimo voluto. Risponderò molto volentieri alle sue domande.
  Le anticipo che depositeremo un piccolo appunto che abbiamo redatto in questi giorni grazie al lavoro instancabile degli uffici che collaborano con me, del segretario generale, della dottoressa Pierantoni e soprattutto della dottoressa Bova, che è seduta vicino a me, la quale mi ha dato una mano nell'organizzare e riprendere una serie di cose che avevamo fatto nel corso del tempo. Pag. 5
  Un ringraziamento particolare mi permetta di farlo anche al nostro ufficiale di collegamento con la Guardia di Finanza, il generale Zaccagnini, che stanotte ha letto tutto il fermo, per fornirmi qualche dato più preciso e anche più specifico sulla vicenda del CARA in questione. Del CARA, ovviamente, ci occuperemo per verificare – le anticipo – se ci siano i presupposti per un intervento di commissariamento ai sensi dell'articolo 32 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari).
  L'appunto che mi ha fatto il generale è, di per sé, un appunto molto inquietante, che desta una preoccupazione maggiore rispetto a quanto emerso dalle notizie di stampa, soprattutto per la lunghezza di questo appalto.
  Bene ha fatto il ministro a disporre immediatamente un'ispezione, i cui esiti chiederemo per capire se, soprattutto nella fase funzionale dell'appalto, ci siano stati alcuni problemi. Di questo parlerò rispondendo in seguito alla sua domanda.
  Io volevo fare una brevissima premessa, riportandomi allo scritto che invierò, con riferimento a quello che noi abbiamo fatto su questa materia. Devo dire che questo è stato uno dei temi che, più di ogni altro, come Autorità, abbiamo attenzionato. L'abbiamo fatto anche e soprattutto prendendo spunto – anche prima, per la verità – dalle indagini di «Mafia capitale». Esse avevano evidenziato come il settore dei servizi sociali, che credo rappresenti per il nostro Paese una delle medaglie, una delle cose migliori mai esistite nel volontariato della parte migliore del Paese, fosse stato macchiato da interessi e da situazioni di tipo patologico.
  Anche prendendo spunto da questo, ma anche in modo autonomo, abbiamo svolto una serie di accertamenti che ci hanno portato a mettere in campo una serie di attività di regolazione. Questo è fondamentalmente il nostro compito: partendo dai casi specifici, dobbiamo provare a ricavare regole che possano evitare il ripetersi di situazioni patologiche.
  Devo dire – lo anticipo, ma tornerò a parlarne in questo senso – che ringrazio il ministro Minniti, che ha voluto questo decreto ministeriale, che è stato il primo argomento di cui abbiamo parlato nell'incontro subito dopo la sua nomina, perché era un provvedimento che noi avevamo più volte chiesto. Avevamo chiesto, cioè, di modificare una sorta di «bando tipo» che era stato fatto con un decreto ministeriale del 2008, che credo sia stato, indirettamente e involontariamente, anche causa di qualche problema e di qualche patologia in quella che era una vicenda che oggi definire emergenziale è un po’ – scusi – ridicolo, perché un'emergenza che dura da anni non può essere più considerata un'emergenza.
  Che cosa abbiamo fatto e qual è la cronistoria delle vicende? Credo che sia importante farvi cenno. Partirei dal nostro parere n. 15 del 25 febbraio 2015, quello che riguardava il CARA di Mineo. Facciamo attenzione, perché in quel momento c'era stata una prima tranche delle ordinanze di «Mafia capitale», ma non c'erano state le indagini specifiche sul CARA di Mineo.
  Noi ricevemmo una richiesta di parere da parte di uno dei concorrenti esclusi e in quel parere verificammo che il bando era stato costruito in modo tale da escludere completamente la concorrenza. In particolare, il bando era stato costruito con una logica unitaria, senza divisione di lotti, richiedendo una serie di presupposti anche specifici, per esempio il centro di cottura a una determinata distanza, nonché una qualità e una quantità di attività che potessero essere fatte. Lo dico perché ex post è anche più facile: mancava semplicemente che indicassero anche il nome del vincitore. Era un classico bando «su misura».
  Devo dire che questa esperienza ci segnò molto, perché, malgrado noi avessimo indicato subito al CARA – che, lo ricordiamo, era una struttura gestita da un consorzio dai comuni, il Consorzio Calatino – l'esistenza di questa patologia, verificammo un vero e proprio fuoco di sbarramento contro il nostro provvedimento. Esso venne anche attaccato in qualche audizione parlamentare e venne soprattutto Pag. 6fatto oggetto di resistenza netta da parte del CARA, che si rifiutò e si è rifiutato di revocare l'atto, malgrado ci fossero elementi chiarissimi sul modo in cui era stato costruito il bando.
  Questo era avvenuto anche utilizzando il decreto ministeriale del 2008 che forniva delle indicazioni, a nostro modo di vedere, forse corrette per quel momento specifico, ma che rischiavano di apparire fuorvianti in questa prospettiva e in questa logica. Soprattutto il criterio della gestione unitaria, senza la suddivisione in lotti, e l'individuazione di un unico operatore rappresentavano un criterio che, di per sé, eliminava completamente la concorrenza. Come è noto, infatti, nel CARA di Mineo ci fu un'unica offerta con un ribasso dell'1 per cento.
  Non devo aggiungere altro, perché le dichiarazioni emerse più tardi sulla stampa da parte del signor Odevaine hanno dimostrato che quello che noi avevamo scritto era riscontrato dai fatti.
  Perché cito questa vicenda? Non per prenderci i meriti, perché non è questo il punto, né ci interessa, ma perché questo fu il primo tentativo di verificare quali fossero le patologie di questa specifica materia. Mai come nel caso di specie l'individuazione delle regole e delle tipologie di regole incide moltissimo sui rischi di patologia del sistema. Ovviamente tutti sappiamo che si tratta sempre di un problema di uomini, ma, se le regole vengono messe in maniera tale da rischiare di essere utilizzabili in un determinato modo, le vicende come quelle del CARA di Mineo si verificano.
  Credo che sul CARA di Mineo ci siano ancora dei problemi che dovranno essere verificati, anche su come venne acquisita e utilizzata la struttura. Ma questo sarà un problema della procura.
  Successivamente, soprattutto prendendo l'avvio da questa specifica vicenda, abbiamo maturato l'idea che l'individuazione di un lotto unico fosse particolarmente pericolosa e soprattutto che lo fosse l'individuazione di servizi che avevano fra loro un carattere di eterogeneità. Ciò faceva sì che nel nostro Paese fossero davvero pochissimi i soggetti che potevano competere, soprattutto forse alcuni consorzi e alcune realtà imprenditoriali di un dato tipo.
  Dico solo per incidens che poi l'appalto del CARA di Mineo è stato commissariato e che attualmente è ancora commissariato. Malgrado la struttura del CARA sia stata sciolta e commissariata, l'appalto nuovo non è ancora stato fatto e il contratto continua ancora con il gestore di allora, sia pure con i commissari nominati dal prefetto.
  Passando al secondo passaggio importante – cercherò di essere veloce, ma la vicenda del CARA di Mineo credo sia una vicenda troppo emblematica per poter essere eliminata in poche battute –, da lì a poco cominciammo a maturare l'idea dell'individuazione di tipologie di appalti diversi. Per esempio, l'esperimento fatto molto positivamente dalla prefettura di Treviso – lo indico come una sorta di best practice – sul modo in cui strutturare l'appalto rappresentò un punto di riferimento ulteriore, soprattutto per quanto riguardava la necessità di dividere la gara in lotti tali che consentissero una concorrenza vera ed effettiva nel sistema degli appalti. Quel tipo di parere a cui il prefetto di Treviso si adeguò, mandandoci un bando che noi ritenemmo scritto particolarmente bene, rappresentò un punto di passaggio.
  Nel 2016 elaborammo le prime linee-guida che riguardavano l'intero sistema degli affidamenti a enti del terzo settore e alle cooperative sociali. Presidente, lei sa benissimo che questo è uno degli snodi principali. Semplificando, qui non si deve assolutamente buttare l'acqua sporca e il bambino. Le cooperative sociali e gli enti del terzo settore, ripeto, rappresentano per il nostro Paese un vanto; ma è evidente che ci sono una serie di rischi di patologie, soprattutto da parte di chi non ha nulla a che vedere con gli enti del terzo settore e con le cooperative sociali.
  Attraverso queste linee-guida, che sono state anche il frutto di un confronto molto serrato, noi abbiamo provato a fornire indicazioni per tutti questi sistemi nei quali di fatto ci sono deroghe molto significative al codice dei contratti, vere e proprie riserve che vengono stabilite a favore degli Pag. 7enti del terzo settore e delle cooperative sociali. Sono riserve assolutamente giuste, sulle quali però abbiamo verificato che nessun controllo vero viene fatto.
  Si prevedeva – lo dico per fare un esempio – che alcune cooperative potessero avere affidamenti diretti quando avevano al proprio interno una serie di soggetti disagiati pari al 20 o al 30 per cento (adesso non ricordo) del personale. Ebbene, abbiamo verificato che, se in teoria bastava dichiarare l'esistenza di questi soggetti, nessuno verificava che effettivamente essi ci fossero, ma soprattutto nessuno verificava che questi soggetti venissero utilizzati per quello specifico appalto.
  Pertanto, nelle linee-guida abbiamo previsto l'obbligo per le stazioni appaltanti sia di far certificare alle imprese che quei soggetti davvero svolgevano questa attività, sia di svolgere attività di controllo.
  Questo è l'altro problema che abbiamo verificato. Se uno degli aspetti principali ha riguardato la tematica della struttura del bando, l'altro aspetto molto negativo o patologico ha riguardato l'assenza reale di meccanismi di controllo.
  Vi era un'assenza reale di meccanismi di controllo perché queste tipologie di appalto, per loro natura, si prestano a una rendicontazione successiva. Non si sa quale sia davvero il numero dei migranti ma i pagamenti devono essere effettuati in relazione a coloro che effettivamente beneficiano dei servizi. Se non ci sono strumenti di controllo, è evidente il rischio di una patologia.
  Qui noi citiamo una situazione molto diversa da quelle precedenti, ossia la gestione del centro di accoglienza di Castelnuovo di Porto, qui a Roma. In tale contesto, patologie in merito a come è stato fatto l'appalto non ci sono state. Anzi, l'appalto era stato fatto in modo oggettivamente corretto.
  Tuttavia, siamo andati a verificare che cosa avvenisse in concreto, mandando gli ispettori della Guardia di finanza a fare un'ispezione «a sorpresa», un po’ fuori dagli schemi tipici dell'attività di un'Autorità indipendente. L'abbiamo mandata a verificare, in un giorno qualsiasi, come funzionasse il sistema dei controlli.
  Ebbene, abbiamo verificato che la rendicontazione era effettuata sostanzialmente sull'autodichiarazione e che non c'erano reali meccanismi di controllo. Abbiamo verificato che ci potevano essere una serie di patologie soprattutto per la verifica dei numeri dei soggetti realmente esistenti.
  Abbiamo contestato questi aspetti alla prefettura di Roma, che però ha evidenziato una serie di difficoltà nello svolgimento dei controlli. Difficoltà reali, non difficoltà teoriche. Gli atti sono stati mandati anche, per eventuali reati posti in essere dalla cooperativa, alla procura della Repubblica. Non sappiamo se la vicenda abbia avuto seguito.
  Al di là dell'aspetto specifico, questa vicenda illuminava il secondo momento della patologia: non solo il modo in cui gli atti vengono posti in essere, ma anche l'esecuzione, perché su entrambi gli aspetti la patologia è particolarmente rilevante. In questo senso va il decreto del Ministero dell'interno.
  Ci sono altri episodi di cui ci siamo occupati. Per esempio, prendendo spunto dalle indagini della procura di Napoli, abbiamo svolto un accertamento nei confronti di un'altra onlus – assolutamente falsa – che si chiamava «Un'Ala di Riserva», messa in campo da un soggetto che aveva precedenti giudiziari che facevano pensare che tutto fosse tranne che un esponente di una onlus, che aveva utilizzato gran parte dei soldi per comprare beni in Montenegro e che utilizzava una serie di sottoscala e garage per sistemare gli extracomunitari. Abbiamo verificato che, nel caso di specie, gli appalti che erano stati affidati, in quello specifico caso, attraverso la Regione, erano stati affidati senza alcun controllo né preventivo, né successivo. E soprattutto senza alcuna gara.
  Si tratta di una situazione che, purtroppo, in quel momento storico – stiamo parlando di alcuni anni fa, 2013-2014, credo – venne fatta veramente in modo da creare le condizioni per trovare semplicemente il modo di risolvere il problema. Infatti un'altra delle questioni che abbiamo verificato Pag. 8essere problematica su questo specifico punto è che molto spesso chi offre la soluzione del problema è benvenuto, senza che ci si faccia troppe domande su come i problemi siano risolti.
  Arriviamo al punto. Non traccerò tutti gli aspetti del decreto del Ministero dell'interno. Nella relazione scritta li abbiamo evidenziati. Come già detto, fu una nostra richiesta che trovò immediatamente il ministro Minniti disponibile. Il decreto è stato oggetto di un confronto. Noi abbiamo evidenziato una serie di piccole perplessità che c'erano sullo schema del decreto, soprattutto per le modalità con cui dovevano essere fatti i lotti, perché il criterio della divisione in lotti è diventato strutturale.
  Il criterio della divisione in lotti è diventato strutturale soprattutto per gli appalti più grandi, perché per i centri maggiori a 300 posti è prevista la possibilità di individuare quattro lotti, con differenze in relazione alle tipologie di attività, che io credo che questo possa rappresentare uno strumento utilissimo per evitare che si verifichino fatti patologici.
  Qualche giorno fa, alcuni giornali hanno evidenziato che ci sarebbe stata una sorta di polemica con il ministro. Nel caso di specie, mai come in questo caso il rapporto con l'autorità di Governo è stato perfetto. Noi non possiamo che plaudire al decreto.
  Il decreto ovviamente ha un problema, di cui in questi giorni il ministro si è reso conto e che nel decreto noi avevamo fatto inserire. Mi riferisco alla fase successiva.
  Nel decreto ci sono numerosi articoli che riguardano la fase del monitoraggio e la fase della vigilanza e del controllo. Credo che questo decreto ministeriale, che sostituisce per taluni versi anche nel precedente «bando tipo» e che rappresenta vere e proprie linee-guida operative per la gestione del decreto, vada nella giusta direzione. Sappiamo tutti bene che poi, nell'attuazione pratica, la fantasia dei truffatori è sempre molto, molto fervida, ma il decreto, secondo noi, mette una serie di paletti specifici.
  Da ultimo – ovviamente riservandomi di rispondere con molto piacere alla sua domanda – si pone il tema a volte dell'adeguatezza delle prefetture nello svolgimento degli appalti. Sono uno strenuo difensore dell'importanza delle prefetture da sempre, perché ogni giorno nell'ambito della nostra attività lavoriamo a stretto contatto con le prefetture. Io ritengo che le prefetture abbiano assunto nel nostro Paese un ruolo fondamentale nell'ambito della prevenzione della mafia e della corruzione, una prevenzione amministrativa che, se è ben fatta, è persino più efficace – lo dico da magistrato – dell'attività giudiziaria, perché un'interdittiva antimafia fatta bene ottiene risultati rapidi ed efficaci molto maggiori – se mi si scusa questo paradosso, questo utilizzo del «molto maggiori» – rispetto ad attività giudiziarie che richiedono tempi lunghi.
  Non tutte le prefetture, però, hanno le medesime capacità di interfacciarsi. Per esempio, abbiamo verificato che in questo periodo – è un tema che porremo anche al ministro dell'interno – da parte di alcune prefetture a volte ci giungono delle richieste di pareri che sono assolutamente ingiustificate e che dimostrano la difficoltà di interfacciarsi con la materia degli appalti.
  Non è una critica. Vi è la difficoltà di interfacciarsi da parte di chi nasce per svolgere un'altra attività con questo tema particolarmente delicato che riguarda gli appalti, anche molto specifici, come questi appalti di servizi, che sono servizi fra loro molto complessi.
  Le domande che ci sono state fatte erano tali da dimostrare proprio la scarsa capacità di approcciarsi al codice. Si tratta – devo dirlo con grande onestà – di situazioni al limite, ma di situazioni che evidenziano un passaggio che credo debba essere evidenziato al ministero. Adesso si tratta di mettere in condizioni le prefetture di attuare uno strumento che noi riteniamo utilissimo e molto ben scritto e molto ben fatto.
  Devo dire, a onore del ministero – va detto – che le nostre proposte di modifica sono state davvero lievi. Il decreto del ministero era scritto bene fin dall'inizio. Pertanto, non ci dobbiamo prendere nessun merito che non abbiamo. Pag. 9
  Rispondo poi velocemente alla sua domanda, riservandomi di farle avere, se la Commissione avrà interesse, una relazione sui temi di cui ho trattato anche un po’ più precisa, nonché indicazioni specifiche su singole norme del decreto ministeriale.
  Il tema che lei pone è un tema molto delicato, perché il codice dei contratti prevede espressamente la possibilità di escludere il contraente solo in caso di sentenze di condanna che incidono sostanzialmente sul rapporto contrattuale e che devono, fra l'altro, essere passate in giudicato.
  Nell'ultimo periodo noi abbiamo evidenziato – l'abbiamo fatto in vari casi, anche in uno dei casi recenti attenzionato anche dai mass media – che le stazioni appaltanti hanno comunque uno spazio di manovra. Nella possibilità di verificare gli illeciti professionali possono considerare anche comportamenti che sono oggetto di indagini penali e che, pur non rientrando in quella specifica fattispecie che è la condanna penale, possono avere rilevanza.
  In più di un'occasione abbiamo invitato le stazioni appaltanti a tener conto di questo specifico aspetto per verificare eventualmente se quel comportamento ritenuto penalmente rilevante possa integrare un illecito professionale, anche svolto in altri appalti, che può far venir meno il rapporto fiduciario e consentire alla stazione appaltante di recedere dal contratto.
  È una strada delicata, ma è una strada che qualche stazione appaltante ha seguito con risultati non negativi, anche confermati dal TAR. Abbiamo il caso di una società pubblica che l'ha fatto con riferimento a una vicenda di un appalto molto delicato, che si è verificato, fra l'altro, nella mia regione.
  Questa strada è una strada utile. Poi ce n'è un'altra. Io credo che la possibilità di stilare i patti di legalità con le prefetture introduca la possibilità espressa – si tratta di una modifica che chiedemmo di fare quando vennero fatti i controlli all'Expo e che era stata poi recepita dal Ministero dell'interno in una delle linee-guida sui patti di legalità – di prevedere nei contratti la clausola che consente la rescissione anche nel solo caso in cui dovessero intervenire provvedimenti cautelari che riguardino fatti corruttivi e reati analoghi.
  Questa clausola è una clausola che credo vada estesa sempre più. A me pare – su questo non ho certezza, ma mi è stato riferito – che, per esempio, nella vicenda del CARA questa norma del patto di legalità era inserita.
  Quali cautele devono essere prese? Credo che il tema vero, a questo punto, si ponga sotto un duplice profilo e credo di averlo in parte già anticipato nella mia relazione: un profilo è quello dell'attuazione di questo strumento, che è uno strumento – ribadisco – utilissimo messo in campo dal ministero, ma che richiederà anche da parte delle prefetture di essere attrezzate e di essere in grado di esercitarlo. L'altro è lo svolgimento dell'attività dei controlli.
  Abbiamo verificato che la fase di attuazione di questi contratti viene sostanzialmente lasciata alla buona volontà dei soggetti che hanno vinto il bando o che sono affidatari, in qualche caso, attraverso sistemi di trattativa privata. Non ci sono meccanismi di controllo, anche eventualmente a sorpresa, per verificare se esistano meccanismi attraverso i quali vengono fatti i conteggi, se vengano forniti effettivamente i pasti che vengono promessi, se le situazioni che a volte devono accompagnare la gestione dei migranti sul piano anche sociale e culturale vengano effettivamente mantenute.
  Credo che il tema principale – ho visto con molto piacere che il ministro già ieri l'ha affrontato – sia oggi certamente quello del controllo. È molto meglio se riusciremo ad attuare il bando nei termini che abbiamo detto, ma il bando è un pezzo: se nessuno controlla, poi tutto diventa molto più complicato.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Cantone. Direi di organizzarci con i colleghi nel modo che illustrerò. Immagino che ci saranno molte domande.
  Dottor Cantone, noi abbiamo un obbligo per la seduta che credo inizierà, più o meno, intorno alle 10. Se riusciamo a concludere le domande, va bene, altrimenti troveremo un'altra modalità per concludere quest'audizione. Pag. 10
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIUSEPPE BRESCIA. Grazie, presidente.
  In premessa, in merito a quanto lei ha detto in apertura, facendo riferimento alle dichiarazioni del ministro Minniti, che vorrebbe avviare ispezioni in tutti i centri in Italia, fornisco un suggerimento, anche alla luce di quanto ha detto Minniti quando è stato ospite qui in Commissione, ovvero che avrebbe voluto collaborare con noi. Il suggerimento è di partire dal lavoro che noi abbiamo fatto, perché è da tre anni che andiamo in giro per centri e abbiamo fatto relazioni. Ci sono tanti spunti dai quali si può partire, perché abbiamo fatto già emergere tante criticità. Questa è, quindi, un'occasione in più per non rendere vano il nostro lavoro.
  Si è fatto più volte riferimento alle indicazioni fornite dall'ANAC recepite dal ministro Minniti nel decreto. Sarebbe di grande utilità avere il documento che contiene tutte queste indicazioni, così da poterlo studiare approfonditamente. Chiedo al dottor Cantone se può lasciare agli atti della Commissione questo documento.

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione. Intende il nostro parere che venne dato al ministero? Lo possiamo allegare alla relazione che manderemo.

  GIUSEPPE BRESCIA. Grazie. Poi avrei delle domande.
  Rispetto alla questione di Mineo, da quanto lei stesso dice, traspare una certa preoccupazione per come si continua a gestire il CARA. Il Governo ha affermato che si sta operando addirittura una sorta di allargamento dell'area, con una parte che dovrebbe essere destinata addirittura ai casi dei migranti vulnerabili.
  Noi abbiamo già commentato negativamente questa ipotesi, così come quella di prevedere un hotspot in coesistenza con il centro di prima accoglienza, che sembrerebbe un'ipotesi svanita, al momento. Abbiamo presentato addirittura una mozione per la chiusura del centro di Mineo nel più breve tempo possibile, mozione che, purtroppo, è stata bocciata.
  Questo centro, come lei stesso ha detto, è l'emblema della mala gestione dell'accoglienza in Italia. Le chiedo che cosa pensa che si possa fare per evitare che il centro di Mineo continui a essere operativo e a generare illegalità di ogni genere. Queste sono parole anche di diversi procuratori della Repubblica che lavorano a indagini nel centro e non nostre. Mi riferisco al fatto che il centro sia fucina di illegalità di ogni genere.
  Il secondo quesito parte da un caso particolare che vorremmo porre sotto la sua attenzione, che è quello dell’hotspot di Taranto.
  Io ho fatto una visita l'11 aprile scorso. Dopo questa visita abbiamo proceduto a una richiesta di accesso agli atti per meglio ricostruire le vicende di avvio, gestione e affidamento del centro, che erano state caratterizzate da passaggi abbastanza fumosi. Si erano rilevate, per esempio, procedure di affidamento diretto per l'erogazione di servizi fondamentali e forniture.
  Il centro è affidato in gestione dal Governo direttamente al Comune di Taranto. Dopo sollecitazioni, a seguito di una precedente visita che avevamo effettuato nell'aprile del 2016, l'ente locale ha proceduto ad avvisi pubblici per la selezione di soggetti per l'erogazione di servizi fondamentali e forniture.
  Dai documenti che abbiamo visionato, emerge che il presidente della Commissione giudicatrice sia lo stesso direttore del centro e, in ogni caso, lo stesso soggetto che aveva precedentemente affidato in maniera diretta la gestione dei servizi fondamentali ad un'associazione del territorio, che poi si rivela essere lo stesso aggiudicatario del bando, peraltro pubblicato sull'Albo pretorio in maniera poco evidente sotto la voce «Direzione Polizia Municipale» e poi ritirato dalla pubblica consultazione online.
  La stessa sorte è capitata alle fatture di diverse forniture e servizi di gestione del centro scomparse dall'Albo pretorio online. Ritiene questo iter procedurale conforme Pag. 11alle norme e, in caso di dubbio fondato, quale tipo di intervento suggerirebbe per far luce su dinamiche di questo tipo?
  L'ultima domanda riguarda ancora la necessità di controlli e monitoraggi effettivi da parte delle autorità competenti. Anche se di questo ha già parlato, considerati i fatti di cronaca relativi al centro di Isola di Capo Rizzuto, è bene approfondire ulteriormente.
  Il nuovo capitolato di gara per la fornitura di beni e servizi relativi alla gestione e al funzionamento delle strutture di accoglienza dei migranti, approvato recentemente dal Governo sulla base delle vostre indicazioni, può essere in qualche modo utilizzato in maniera retroattiva, oppure è uno strumento soltanto per le future gare?
  Vi sono strumenti per poter intervenire efficacemente sul controllo della gestione di tutti i centri già attivi sul territorio e di quelli straordinari di recentissima attivazione?

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione. Presidente, posso chiederle di rispondere velocemente domanda su domanda, così guadagniamo tempo?

  PRESIDENTE. Certamente.

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione. Con riferimento al CARA di Mineo, credo che la situazione oggi non sia così drammatica. Fra l'altro, mi permetto di dire che, dal punto di vista del centro, il CARA di Mineo, che nasce per ben altra funzione, è in assoluto uno dei centri più belli che ci siano nel nostro Paese. Tutti sappiamo che l'immobile era destinato ad altra funzione, tant'è che anche sull'immobile e sulle ragioni della destinazione, come sapete, ci sono delle polemiche.
  Ad oggi il centro di Mineo è gestito dai commissari del prefetto. Quindi, sotto questo profilo, sicuramente lo standard di legalità è avanzato. La scelta se chiudere o no il centro è una scelta politica e noi non abbiamo nulla da dire. Ovviamente, riteniamo che sia assolutamente indispensabile che si faccia al più presto l'appalto, perché, sia o no il centro di Mineo il quale debba essere l'oggetto, è indispensabile intervenire.
  Per quanto riguarda l’hotspot di Taranto, ammetto di non saperne nulla. Se ci fa avere questa segnalazione, interverremo sicuramente per fare le verifiche, anche perché le cose che lei dice, se fossero vere, sembrerebbero eclatanti; fermo restando che fra presidente della Commissione e direttore del centro non c'è un'incompatibilità assoluta, vogliamo verificare. Se ci fa avere un esposto, poiché non possiamo procedere d'ufficio al di fuori di situazioni... controlleremo sicuramente.
  Per quanto riguarda i controlli e i monitoraggi, ovviamente non c'è bisogno del decreto per farli. Il controllo della fase di esecuzione è previsto dal codice dei contratti. Ovviamente, le modalità con cui possono essere fatti i controlli possono essere rafforzate direttamente.
  Il tema vero è che le grandi prefetture hanno il personale in grado di svolgere le attività, mentre per le altre si pongono dei problemi oggettivi ed effettivi. In merito bisognerebbe pensare – ma ovviamente è una scelta politica – se non si possa anche in qualche caso – ovviamente senza eccedere e senza poi distogliere le forze di polizia – far svolgere i controlli, visto che l'autorità che li dispone è il prefetto, anche alle forze di polizia.

  MARCO RONDINI. Innanzitutto ringrazio il dottor Cantone per sua la presenza.
  Lei ci diceva che, in sostanza, i controlli per verificare il rispetto del capitolato di bando dovrebbero essere effettuati dalle prefetture, cosa che presumibilmente non avviene, tant'è vero che ci sono diverse inchieste che hanno attestato che il capitolato non viene assolutamente rispettato.
  Fra le diverse cose che vengono lasciate alla fantasia di chi gestisce la situazione di accoglienza vi è la registrazione delle presenze. I colleghi che fanno parte della Commissione non potranno che confermare quello che dico.
  Quando siamo stati in visita presso diversi centri, ci siamo accorti che ogni centro ha il suo modo di registrare le presenze, Pag. 12che poi comunicano alla prefettura, sulla base delle quali poi vengono corrisposti i famosi 35-37,50 euro al giorno pro capite.
  Volevo sapere se lei ha suggerito una soluzione a questo, che di fatto è uno dei problemi che si porta dietro un sistema di accoglienza che è stato lasciato al caso per tanto, troppo tempo.

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione. Grazie, onorevole. Io ho parlato dei controlli delle prefetture perché il soggetto attuatore nell'ultimo periodo sono le prefetture, ma in passato l'attuazione del sistema è stata delegata a vari organismi. Per esempio, nel CARA di Mineo non c'erano le prefetture, ma c'era il Consorzio Calatino, che era un consorzio di comuni. Nella vicenda di «Un'Ala di Riserva» di Napoli il soggetto attuatore era un ufficio della Regione.
  L'individuazione di soggetti attuatori unici è già, di per sé, una scelta che, secondo me, va nella logica e nella razionalità. Noi non possiamo che plaudire all'idea che questo soggetto attuatore, cioè chi materialmente si occupa degli appalti, sia la prefettura. Ciò è assolutamente positivo.
  Noi non siamo intervenuti in merito alla registrazione delle presenze. Sono assolutamente d'accordo con lei che uno dei meccanismi di patologia sia quello dell'individuazione dei presenti. Noi non abbiamo fornito indicazioni. In questo senso il ministero dice qualcosa nel decreto. È evidente come qui sia difficile creare un meccanismo unico in relazione a tipologie di appalti che possono essere diversi fra loro: il centro di 300 persone è ben diverso dall'ipotesi del piccolo centro di 30 persone, che è più controllabile.
  Credo che questo aspetto debba essere sempre meglio strutturato nei capitolati di appalto, individuando dei criteri. Resta, secondo me, imprescindibile la possibilità di effettuare dei controlli. Se si stabilisce un criterio banale, ossia quello della firma ogni mattina di chi è presente, e si va a verificare, anche a campione, se in quelle giornate le firme non sono state messe, con controlli mirati, credo che questo possa essere uno strumento di deterrenza molto particolare.
  Resto scettico rispetto all'idea di individuare un criterio unico per tipologie di appalti, che, come lei sa, dipendono molto anche dalle disponibilità dei locali. Nei confronti delle singole prefetture ho fatto qualche piccolissima critica, ma a loro va tutta la mia gratitudine, perché fanno un lavoro improbo, soprattutto nel trovare le disponibilità degli enti locali, facendo veramente miracoli.
  Per piccoli centri a volte messi a disposizione dei comuni non si può pensare a meccanismi di controllo analoghi, per esempio, a quelli dei due CARA di cui abbiamo parlato oggi. Insisto che bisogna lavorare molto per indicare nei capitolati regole più specifiche e poi fare i controlli.

  ELENA CARNEVALI. Ringrazio molto della presenza qui oggi dell'Autorità nazionale anticorruzione e del dottor Cantone e anche della possibilità di tornare di fatto a riflettere sulle modalità per garantire trasparenza e legalità, soprattutto perché stiamo parlando di attività che si rivolgono ad una garanzia di qualità della dignità umana che dovremmo offrire e alla contemporanea garanzia di una totale trasparenza, che anche i recenti fatti ci dimostrano non avvenire.
  Alla luce di quanto detto, apprezzo la tempestività e anche un certo vigore col quale è intervenuto il ministro Minniti, il quale ha messo in campo tutta una serie di nuove attività, compreso questo ottimo rapporto, e gli eventuali suggerimenti, anche di correzione, colti sul decreto Minniti, proprio relativamente alla questione degli appalti.
  Vengo al primo punto. Lei riferiva della possibilità – noi non abbiamo ancora il testo del decreto – della suddivisione in quattro lotti per i centri di accoglienza che ospitano un gran numero di migranti. La frammentazione in lotti – è una considerazione che abbiamo già condiviso in questa sede – permette una garanzia di concorrenza e maggior controllo. La domanda è: come riuscire a garantirla, se è prevista con le stesse modalità, quando la realizzazione dei centri è per numeri più bassi, più piccoli? Dobbiamo tener presente che, da un lato, abbiamo un obiettivo politico e, Pag. 13dall'altro, abbiamo un obiettivo di controllo amministrativo e di controllo pubblico di legalità.
  Francamente, dottor Cantone, devo dirle che vorremmo non vedere più i centri di 300-400 persone. Vorremmo che in un'accoglienza molto più diffusa ci fosse esattamente la stessa possibilità di controllo.
  La seconda questione è quella della tempistica. Giustamente, lei sottolineava prima che dobbiamo avere degli strumenti che possono essere applicati e devono essere applicati in una condizione che non è di emergenza. Non è di emergenza il fenomeno, ma è l'emergenza il modo con il quale lo affrontiamo. Nonostante le prefetture facciano i bandi, questi bandi spesso non vanno neanche a buon fine e c'è questa reiterazione di gare pubbliche per assolvere alle questioni di urgenza e di accoglienza.
  La terza domanda è sulla questione relativa all'interdittiva antimafia, strumento fondamentale perché, ci permetterebbe di fare una selezione alla fonte. Il tema è la tempistica con cui è possibile ottenerla. Presumo che rispetto all'interdittiva antimafia non facciamo più il controllo esclusivamente su un soggetto. Dovremmo fare il controllo su tutto, a partire da tutti coloro che hanno un ruolo nella gestione. Chiedo anche come questo si concili con l'esigenza dovuta di garantire la qualità dell'appalto.
  Passo all'ultimissima cosa. Anche noi, dopo molte missioni che abbiamo fatto, abbiamo inviato molte segnalazioni. Lo facciamo sulla base della documentazione amministrativa. Siamo anche ormai arrivati a definire uno schema con il quale andiamo durante le nostre missioni a fare determinate verifiche. Le facciamo anche sul campo, anche se non è il nostro compito. O meglio, è il nostro compito, ma non nelle modalità e con gli strumenti che altri hanno.
  Il punto è il seguente: avendo gli strumenti amministrativi, che spesso le carte non ci evidenziano – abbiamo avuto spesso la possibilità di vedere la non coincidenza tra ciò che è scritto in un capitolato e ciò che viene fatto – non basta semplicemente un sopralluogo. Si dovrebbe stare lì magari anche per dodici ore per vedere se effettivamente ciò che viene corrisposto sia coerente rispetto a ciò che si deve corrispondere.
  Un'altra cosa riguarda l'ipotesi di escludere da qualsiasi possibilità di accesso al bando quelle che noi definiamo le cooperative o le società «cattive» dalla partecipazione ai bandi.
  L'ultimissima questione riguarda la proliferazione, cioè chi ha la possibilità di accedere ai bandi in una Regione e in tutte le altre Regioni. A noi è capitato.

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione. Non ho capito.

  ELENA CARNEVALI. Le spiego. Ci è capitato anche di sentirci dire da qualcuno di essere una cooperativa magari con più di mille dipendenti e una determinata capacità di poter accedere ai bandi e, quindi, di praticare la possibilità di accesso ai bandi in tutta Italia. Nessuno, ovviamente, può impedire la partecipazione. Il sospetto è che questa possa essere un'attività di grande interesse, se poi non riusciamo a misurare la qualità di chi ha un «eccesso di partecipazione» ai bandi, diciamo così.

  PRESIDENTE. Darei subito la parola all'onorevole Fontana, poi il dottore, come d'accordo, risponderà complessivamente agli ultimi due interventi.

  GREGORIO FONTANA. Velocemente, parliamo del nuovo schema di capitolato per la fornitura di beni e servizi. Sicuramente questo schema si pone obiettivi condivisibili ma può avere, in fase di attuazione, degli effetti da valutare.
  In particolare, dal punto di vista operativo, non so se – su questo volevo avere una sua valutazione – l'effetto operativo rispetto all'interlocuzione del prefetto, avendo diversi interlocutori, per esempio, per la mediazione culturale o per la gestione dell'igiene e delle pulizie ambientali, non rischi di complicare un po’ le cose.
  Un altro elemento da valutare è quello della tempistica relativa alle procedure di affidamento degli appalti. Mi chiedo se questa nuova impostazione non rischi di Pag. 14rendere più lunghi i tempi e le procedure di appalto, con il conseguente ricorso al regime di proroga, che, come abbiamo visto, molto spesso crea situazioni negative.

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione. Ovviamente, su tutti i temi ci sarebbero da dire molte cose. Come si può gestire la situazione dei rapporti più piccoli? È un po’ quello che diceva in parte, con riferimento a questioni operative, anche l'onorevole Fontana.
  Credo che si debba dare a questo provvedimento anche il tempo di strutturarsi. Penso alla possibilità, per esempio, di azionare contratti-quadro. Si tratta di prevedere che alcuni singoli servizi possano essere centralizzati anche per i centri più piccoli. Nelle realtà dove ci possono essere più piccoli centri si potrebbe prevedere, per esempio, che la fornitura dei pasti, le attività di pulizia e alcune attività di servizi, anche quelle di mediazione sociale, vengano assegnate attraverso contratti-quadro a operatori di un determinato contesto a cui i singoli vincitori dell'appalto o della gestione possano fare capo per ottenere questi servizi.

  ELENA CARNEVALI. (fuori microfono). E la concorrenza?

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione. No, è il contrario. Questo è un sistema che garantisce la concorrenza. È di fatto la suddivisione in lotti anche per i piccoli appalti.
  Per esempio, 5-6 comuni che si consorziano fra loro possono utilizzare un contratto-quadro per utilizzare la stessa impresa di pulizia in più centri. Questo avrebbe un effetto positivo dal punto di vista del risparmio, consentirebbe di evitare l'individuazione di più servizi da parte di soggetti che non sempre hanno le stesse caratteristiche, aprirebbe, invece, alla concorrenza, perché consentirebbe anche a chi, per esempio, non è in grado di fare la cottura di mettere a disposizione strutture a favore degli immigrati e soprattutto consentirebbe meccanismi di controllo certamente più efficaci.
  Certo, qui si pone il tema che un po’ aleggia in tutti gli interventi e che avevo anche provato ad accennare: c'è sempre il problema di come organizzarsi sui tempi, ma quello che lei diceva, onorevole Carnevali, mi sembra assolutamente fuori discussione. Parlare ancora di emergenza è veramente un fuor d'opera. Stiamo parlando di un tema che abbiamo affrontato negli stessi tempi ormai da dieci anni.
  È un problema di organizzazione. Non possiamo sempre limitarci a dire che c'è un'emergenza. Finirà questa emergenza, ma poi riprenderà. Dobbiamo essere attrezzati. Perché non prevedere strumenti a regime?
  Per esempio, i contratti-quadro sono, per loro natura, contratti che non comportano spese per la pubblica amministrazione, perché il contratto-quadro fa sì che lo si possa azionare solo se è necessario. Per creare meccanismi che consentano di far fronte a situazioni d'urgenza vera, per esempio, se in determinate realtà si raddoppiano gli immigrati, senza dover utilizzare strumenti eccezionali, è necessario mettere in campo, a monte, strumenti organizzativi adeguati. Questo si può chiedere a strutture stra-oberate come quelle delle prefetture? È un tema di carattere politico, ma gli strumenti ci sono eccome. Bisogna semplicemente volere gli strumenti.
  Con riguardo al tema dei controlli antimafia, sono assolutamente d'accordo, perché questo è un argomento delicatissimo. Fra l'altro, l'utilizzo da parte delle organizzazioni mafiose di questa tematica emerge chiarissimo nella vicenda del CARA di Isola di Capo Rizzuto.
  Purtroppo, credo che sia uno dei casi in cui c'è questa presenza delle organizzazioni mafiose, ma il fenomeno è destinato, per sua natura, a ripetersi, perché, per una serie di ragioni, lì ci sono tutta una serie di settori sensibili che interessano alle organizzazioni mafiose, soprattutto a quelle che operano in determinati territori. Sono in gioco tantissimi posti di lavoro e tutta una serie di servizi, quali quelli delle pulizie, della ristorazione, nei quali la presenza delle organizzazioni mafiose in talune realtà è assolutamente scontata. Pag. 15
  Il tema di fare intervenire prima le interdittive antimafia e di farlo in tempi debiti è un tema enorme, ma è un tema che, ovviamente, grava sempre sullo stesso soggetto. Le prefetture non sono Nembo Kid.
  Come si potrebbe lavorare in questo senso? In una logica non di breve periodo. Si potrebbe, per esempio, utilizzare sempre più l'idea dell'albo dei fornitori. Non si tratta necessariamente di fare contratti aperti, ma contratti con procedure che consentano, per esempio, di far fare le offerte mediante albi di fornitori che siano tendenzialmente ampi e che siano monitorati prima, per esempio, attraverso i sistemi delle white list.
  Questo richiede, però, evidentemente, un'organizzazione a regime. Il decreto ministeriale va nella giusta direzione, ma è il primo passaggio se vogliamo creare le condizioni per allontanare la mafia da questo sistema. Questo è un argomento – credo – molto delicato e preoccupante per varie ragioni.
  Pensiamo anche a quanto sembra emergere da alcune vicende minori rispetto a questa, per esempio nell'area del foggiano, in cui i richiedenti asilo sono stati anche sfruttati come manodopera in nero. Da chi? Mica da organizzazioni che passavano lì per caso. Ci può essere un forte legame fra chi li gestisce e chi dà loro, facendo finta, l'opportunità di andare a lavorare.
  Come si può lavorare, se non provando a restringere il numero dei fornitori, senza restringere la concorrenza? Facendo albi di fornitori seri all'interno della prefettura, pre-monitorati, quindi con già l'interdittiva antimafia. L'interdittiva antimafia fatta bene, soprattutto sulle cooperative, è difficilissima, perché a volte sono decine i soggetti che fanno parte delle cooperative e spesso sono semplicemente i dipendenti, mentre i veri domini tutti sappiamo essere altri. Le interdittive, però, si possono fare. Alcune prefetture sono attrezzate in questo senso.
  Da tempo avanzo l'idea che l'interdittiva antimafia debba essere profondamente rivisitata e che non tutte le prefetture siano in condizioni di avere le forze di polizia idonee a fare le interdittive. Non ha nulla a che vedere con questo tema, ma sarebbe davvero paradossale prevedere meccanismi di centralizzazione in un'unica realtà regionale per tutte le interdittive della Regione, mettendo però quelle prefetture in condizioni di avere forze di polizia, per esempio la DIA, in grado di svolgere attività di prevenzione vera.
  Diversamente, finisce – così come è successo per molti aspetti che riguardano i reati fallimentari – che qualcuno va a mettere le mani nei luoghi in cui è più difficile fare i controlli antimafia. Questo che sto dicendo non è semplicemente teoria.
  Vengo all'ultimo passaggio, che riguarda la questione dei controlli. È un tema che ritorna. Credo che la questione dei controlli sia un tema che fino a questo momento non è stato proprio posto e che dovremo porre in una logica che non sia emergenziale, andando ad affinare via via il sistema dei controlli. Bisognerà capire anche come funzioneranno materialmente queste prime ispezioni che il ministero ha opportunamente disposto e che altro si possa fare.
  Lei ha ragione a dire che bisognerebbe stare dodici ore, ma non possiamo neanche pensarlo. Lo dico per paradosso. Lei ha ragione, perché così dovrebbe essere, ma non si può pensare di mettere un controllore accanto ad ogni controllato. Il vero problema è intervenire in modo radicale nei confronti di chi non rispetta le regole.
  Se interveniamo in modo draconiano revocando l'appalto a chi non si comporta bene, questa sanzione, che è una sanzione che economicamente incide sugli imprenditori e che è molto più seria di tante altre sanzioni, rappresenta una controspinta effettiva per chi eventualmente vorrà pensare a farlo.
  L'ultima questione è delicata ed è quella delle grosse cooperative. Prima di tutto, riguarda il tema di quali cooperative, buone o cattive. Qui l'albo dei fornitori potrebbe essere un aiuto. Deve trattarsi, però, ovviamente, di albi di fornitori che siano corposi, non che rappresentino uno strumento per limitare la concorrenza.
  Si pone il tema delle grosse cooperative. Io non me la sentirei di sparare a zero rispetto a realtà grandi, anzi; credo che il problema non sia di strutture grandi o piccole. Il problema è di strutture serie o no, perché grosse cooperative che siano in Pag. 16grado di mettere in campo un know-how significativo offrono molta più garanzia di soggetti che a volte si improvvisano da un giorno all'altro.
  Per esempio, io veramente vorrei che qualcuno avesse la pazienza di guardare l'ordinanza su una vicenda banale, quella di «Un'Ala di Riserva», fatta dalla procura di Napoli. Questo soggetto è un soggetto che nella sua vita non si era mai occupato neanche lontanamente di queste tematiche e che si è «inventato» non appena ha verificato l'affare che c'era dietro.
  Le grandi cooperative non sono il problema. Il problema vero è quello di verificare che le attività vengano svolte in modo corretto.
  Su quello che diceva l'onorevole Fontana sono d'accordo. C'è un problema di rischio dei tempi. Sono d'accordo anche che questi meccanismi rischiano nel breve periodo di avere effetti ingessanti. Ovviamente, fare gli appalti in teoria è semplicissimo, in pratica è complicatissimo. Tuttavia, non credo ci sia un'alternativa.
  Se affrontiamo sempre la logica come l'emergenza del momento, gli effetti sono quelli che dice lei. Se pensiamo che con questo tema, purtroppo, dovremo convivere, ottimisticamente, nei prossimi anni, forse un allungamento dei termini in una fase può essere utile per la fase successiva. Comunque, gli eventuali termini che si dovessero allungare in questa fase possono sempre essere compensati dal fatto che nelle fasi dei contratti si possono utilizzare strumenti extra ordinem, come le proroghe e gli affidamenti diretti, e si può intervenire con logiche più di sistema.
  Ne dico una, perché i temi sono tantissimi. Nelle nostre linee-guida abbiamo evidenziato un dato, che anche il ministero ha ripreso correttamente, quello di evitare di creare il monopolio. Se facciamo un appalto nel quale consentiamo al soggetto di mettere in campo, per esempio, anche la proprietà degli immobili, gli abbiamo dato un monopolio sul quale non torneremo più indietro.
  Vedendo un po’ quello che è avvenuto a Isola di Capo Rizzuto, notiamo una situazione analoga. Se, per esempio, ci si organizzasse mettendo in campo beni immobili demaniali e consentendone l'utilizzo, questo consentirebbe una reale concorrenza. Se io ho la proprietà dell'immobile, vincerò quell'appalto e anche i successivi. Chi potrà mettere in campo una struttura analoga?
  Se la proprietà dell'immobile fosse pubblica, e in molti casi c'è – consentire a strutture private di utilizzare, in comodato gratuito e con regole molto precise, immobili pubblici – questo ad esempio offrirebbe garanzie sul piano della trasparenza e anche sul piano della concorrenza.
  Ovviamente, le regole vanno adottate in relazione ai luoghi. Se gli immobili pubblici non ci sono, bisognerà adattarsi, ma bisogna pensare in una logica che non è una logica di breve periodo.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il dottor Cantone per la rapidità e la tempestività con la quale ha fornito le risposte alle nostre domande e lo salutiamo. Ci faccia poi avere il materiale.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Comunicazioni del presidente.

  PRESIDENTE. Prima di concludere la seduta volevo avvertirvi che nel resoconto sommario della seduta verrà incluso l'elenco dei consulenti a titolo gratuito e a tempo parziale della Commissione per il 2017, per i quali si era convenuto di procedere ad una procedura di riconferma. L'elenco è ovviamente disponibile per chi fosse interessato.

  GREGORIO FONTANA. Presidente, a questo proposito, anche in base a quello che si è detto nell'Ufficio di presidenza di ieri – che purtroppo, a causa degli impegni parlamentari, riusciamo a fare sempre in maniera parziale e veloce – occorrerebbe, secondo me, porre attenzione all'attività della Commissione, magari facendo anche una seduta plenaria, per fare il punto preciso di tutte le scadenze che abbiamo fissato, in particolare anche in base alle relazioni che abbiamo da presentare rispetto al nostro lavoro e anche al lavoro dei cosiddetti gruppi di lavoro, di cui, a parte quello sui minori e quello sul CARA di Pag. 17Mineo, non abbiamo più notizia. Sarebbe importante fare il punto su questo aspetto.
  Inoltre, come probabilmente lei sa, il Parlamento europeo ha affrontato il problema dell'immigrazione in Europa e, ovviamente, anche in Italia. Sarebbe importante far sì che tutti gli atti che sono stati fatti dal Parlamento europeo possano essere messi a disposizione della Commissione.
  Ancora, mi sembra che la settimana prossima ci sarà l'audizione dell'ambasciatore Bocek. L'importante è rendere disponibile questa relazione ai membri della Commissione in tempo utile.

  GIUSEPPE BRESCIA. Non posso che condividere le sollecitazioni del collega Fontana. Davvero c'è la sensazione che la Commissione stia perdendo, a mano a mano, di efficacia nel suo lavoro.
  Io, per esempio, faccio parte del gruppo di lavoro per la relazione sul CARA di Mineo. La scadenza era stata stabilita ormai non so neanche più quanti mesi fa. C'è bisogno di monitorare i nostri processi, di essere un po’ più presenti e di arrivare alla conclusione di tutti i lavori che stiamo portando avanti da tre anni a questa parte. L'intervento che ho fatto prima, in presenza del dottor Cantone, rispetto all'efficacia del nostro lavoro si riferiva anche a questo.
  Inoltre, sono davvero molto numerose le segnalazioni che noi abbiamo fatto rispetto a tantissime realtà sul territorio. Sia con la Commissione, sia personalmente, ormai abbiamo questa missione di andare a fare la verifica di tutto il sistema di accoglienza in Italia. Sarebbe bene che la Commissione si dotasse di strumenti per rendere operative queste segnalazioni e, laddove ci siano delle criticità molto gravi, fare qualcosa affinché tali criticità vengano perseguite in qualche modo.

  ELENA CARNEVALI. Cambio un attimo il tiro e poi vengo sul punto di cui hanno parlato i colleghi.
  Con riguardo all'audizione che abbiamo fatto oggi e anche andando un po’ a memoria a tutta una serie non di linee di indirizzo, ma di osservazioni che abbiamo fatto per quanto riguarda il tema della verifica dei controlli degli appalti, credo che potrebbe essere di aiuto anche proseguire su questa strada e arrivare magari a un lavoro, che possiamo anche consegnare al ministero, rispetto a quello che noi verifichiamo, quando facciamo le nostre missioni. Potremmo fornire anche lo strumento che è stato messo in campo come contributo al ministero rispetto all'attività di monitoraggio che stiamo facendo.
  Secondo me, questo, rispetto all'impegno assunto in questo momento dal ministro Minniti con l'attività di controllo e la realizzazione di questo nucleo, può essere di aiuto anche rispetto alla tempestività con la quale segnaliamo, laddove riteniamo che ci sia la necessità di un intervento maggiore. Siamo qui anche per fare questo.
  Siamo disponibilissimi a fare un nuovo check per capire quale sia l'indirizzo e quali le modalità di lavoro. Voglio, però, su questo punto fare un'osservazione ai nostri componenti del gruppo.
  Il Gruppo del PD è composto da 9 membri ed è in maggioranza, ma la titolarità di questa Commissione non è esclusiva solo del Partito Democratico. Dico questo, collega Fontana, perché il problema – perlomeno, parlo per il gruppo di lavoro sui minori stranieri non accompagnati – me lo sono posto tante volte. Io coordino il gruppo ma il gruppo di lavoro è composto da me e dalla collega Lorefice. Il gruppo di lavoro che riguarda Mineo molto probabilmente è composto da una persona sola.
  Se noi veniamo qui e diciamo che bisogna fare tutta una serie di cose, sapendo che poi c'è un lavoro di back office che qualcuno fa e che magari altri non fanno – non dico che non abbiano niente da fare; sono concentrati, molto probabilmente, in altro; chapeau, conosco le fatiche parlamentari –, questo meccanismo non funziona. Molto probabilmente, si potrebbe immaginare anche con gli altri gruppi di lavoro di assumerci responsabilità diverse, un po’ più distribuite anche su altre forze politiche e, quindi, proseguire.
  Del resto, ci siamo lasciati una vita fa cercando di individuare chi fossero i referenti di quel gruppo di lavoro; non l'abbiamo scoperto adesso, lo sappiamo da Pag. 18tempo. Una volta che abbiamo questi, si deve prendere, partire e organizzarsi. Poi, quando si lavora, vuol dire che una settimana o due si viene qui, si lavora con i funzionari e si cerca di mettere in campo qualcosa e di approfondire.
  Secondo me, da un lato, dobbiamo sapere che abbiamo questo lavoro di audizione e che dobbiamo vedere rispetto a quegli obiettivi. Dall'altro lato, c'è un altro lavoro che porterebbe alla conclusione anche di rami di indirizzo di lavori che abbiamo scelto che, con un lavoro un po’ più collettivo, molto probabilmente potrebbe anche essere un po’ più celere.
  È un suggerimento.

  GREGORIO FONTANA. L'onorevole Carnevali ha toccato un argomento sul quale bisogna fare chiarezza: questa Commissione è stata istituita dal Parlamento, è una Commissione che ha una sua maggioranza e che ha degli organi. Il suo presidente eletto è un esponente di maggioranza. La Commissione ha deliberato anche recentemente, per quello che riguardava il lavoro del collega Beni, con relazioni di maggioranza e di minoranza. Ognuno fa il suo mestiere.
  L'elenco dei punti che sono stati individuati come obiettivo della Commissione è un aspetto di cui la maggioranza e la presidenza si devono fare carico. Voi avete la maggioranza di questa Commissione, che è una Commissione d'inchiesta; avete la presidenza di questa Commissione – ed è già una cosa un po’ anomala che la presidenza vada ad un presidente di maggioranza –; avete la maggioranza di Governo. Scusate, adesso venite a dire che questa Commissione non funziona perché magari i membri dell'opposizione forse non sono tanto presenti? Non scherziamo. Questa Commissione non si è riunita per un mese.

  PRESIDENTE. Mi dispiace interromperla, onorevole Fontana. Con riguardo a questa storia che continua a ripetere, la Commissione si è riunita e ha svolto missioni. Mi permetta, la Commissione ha lavorato. Alcuni nostri colleghi sono andati in missione due volte – mi riferisco all'onorevole Lorefice e all'onorevole Carnevali – con i nostri Uffici. Non potevamo convocare la Commissione quando loro erano in missione.
  Quindi, non è vero che la Commissione non si è riunita. Non si è riunita qui, in questa sede.

  GREGORIO FONTANA. Rispetto a quello che è avvenuto in quel mese si sarebbe dovuta riunire di più, allora. Diciamo così? Vogliamo fare l'elenco delle cose che sono avvenute in quel mese di grande rilevanza delle competenze di questa Commissione e che non sono state neanche messe all'ordine del giorno?
  Aggiungo un'altra cosa importante. Visto che il ministro Minniti ieri ha parlato di un progetto di controllo sulle attività delle strutture di accoglienza, penso che questo, per esempio, non sia un progetto estraneo alle competenze della Commissione.

  PRESIDENTE. Infatti. Ovviamente, accetto molto volentieri di fare una verifica del nostro piano di attività. Convocherò la prossima settimana una riunione che dedicheremo solo a questo argomento. Voglio ricordarvi, però, che nell'ultimo Ufficio di presidenza abbiamo indicato già delle scadenze: mercoledì 24 avremo la discussione in quest'Aula della relazione sul CARA di Mineo; il 25 verrà audito il prefetto Pantalone. L'ho contattata ieri personalmente per chiederle se potessimo avere il piano di attività di controllo che loro hanno predisposto, quello che ha annunciato il ministro. Quindi il prefetto verrà a relazionarci anche su questo.
  Comunque, credo che questa possa essere un'occasione per rivederci e per discutere in maniera compiuta di tutti i gruppi di lavoro e delle scadenze che ci siamo dati. È utile sicuramente per tutti noi. Grazie.
  La seduta è tolta.

  La seduta termina alle 10.10.