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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

Commissioni Riunite (III Camera e 3a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 24 di Martedì 30 maggio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Manciulli Andrea , Presidente ... 3 

Audizione del Viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Mario Giro, nell'ambito dello Schema di Documento triennale di programmazione e di indirizzo della politica di cooperazione allo sviluppo 2016-2018 (Atto del Governo n. 414) (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento)
Manciulli Andrea , Presidente ... 3 
Giro Mario , Viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 3 
Manciulli Andrea , Presidente ... 7 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 7 
Spadoni Maria Edera (M5S)  ... 7 
Giannini Stefania  ... 9 
Manciulli Andrea , Presidente ... 10 
Giro Mario , Viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 10 
Manciulli Andrea , Presidente ... 13

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista: MDP;
Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD: AP-CpE-NCD;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile: SI-SEL-POS;
Civici e Innovatori: (CI);
Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE: SC-ALA CLP-MAIE;
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-UDC-IDEA: Misto-UDC-IDEA;
Misto-Alternativa Libera-Tutti Insieme per l'Italia: Misto-AL-TIpI;
Misto-FARE!-PRI: Misto-FARE!-PRI;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
DELLA III COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
ANDREA MANCIULLI

  La seduta comincia alle 14.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Viceministro agli affari esteri e alla cooperazione internazionale, Mario Giro, nell'ambito dello Schema di Documento triennale di programmazione e di indirizzo della politica di cooperazione allo sviluppo 2016-2018 (Atto del Governo n. 414).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Mario Giro, nell'ambito dello Schema di Documento triennale di programmazione e di indirizzo della politica di cooperazione allo sviluppo 2016-2018 (Atto del Governo n. 414).
  Saluto e ringrazio il Viceministro Giro a nome dei deputati e dei senatori presenti e ricordo che l'esame del provvedimento presso la Commissione affari esteri della Camera è iniziato lo scorso 17 maggio; è proseguito nella seduta del 25 maggio scorso con l'illustrazione del parere da parte della relatrice, onorevole Quartapelle Procopio, e si concluderà nella seduta di oggi, al termine di questa audizione.
  Ricordo, inoltre, che il 24 maggio scorso si sono svolte l'audizione della Dottoressa Laura Frigenti, Direttrice dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, presso la Camera dei deputati, e l'audizione dell'Ambasciatore Pietro Sebastiani, Direttore generale per la cooperazione allo sviluppo del MAECI, nonché quella dei rappresentanti delle ONG Cini, AOI e Link 2007, presso il Senato.
  Lascio, quindi, la parola al Viceministro Giro affinché svolga la sua relazione.

  MARIO GIRO, Viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Grazie, presidente e membri delle due Commissioni. Ormai con la legge n. 125 è formalmente acquisito che anche la cooperazione entra a far parte integrante e qualificante della politica internazionale dell'Italia, come dice la stessa legge.
  In questi anni abbiamo provato a dare forza alle quattro politiche di estroversione del Paese: la politica diplomatica, cioè la politica estera stricto sensu; la politica dell'internazionalizzazione delle imprese; la politica della promozione culturale all'estero e la politica della cooperazione.
  Questo è il modo in cui ci siamo mossi a partire dalla legge n. 125 e in particolare in questo senso mi sono mosso da quando, nel febbraio del 2016, sono stato nominato Viceministro con delega alla cooperazione.
  Il secondo punto è l'aumento delle risorse, che effettivamente c'è stato. Siamo passati dallo 0,14 per cento del reddito nazionale lordo del 2012 allo 0,22 per cento del 2015, fino allo 0,26 per cento del 2016. In termini assoluti questo significa circa 4,3 miliardi di euro e pareggia, a livello europeo, quanto mettono in aiuto pubblico allo sviluppo Olanda e Svezia, che sono notoriamente grandi contributori, anche se per loro, ovviamente, avendo un PIL più alto, lo Pag. 4«zero virgola» è più forte. Sopra di noi in Europa ci sono la Francia, con circa 8 miliardi di euro, e la Germania, con oltre 10 miliardi di euro.
  Questo cambiamento si è visto anche nei vari momenti di confronto sulla politica di cooperazione a Bruxelles. Infatti, ci si è resi conto di un ritorno dell'Italia, dopo la lenta decadenza del nostro aiuto pubblico allo sviluppo nei dieci anni precedenti. Oggi siamo il quarto donatore tra i Paesi del G7: questo era l'obiettivo che ci eravamo dati durante il Governo di Matteo Renzi, che è stato raggiunto, e speriamo di raggiungere lo 0,30 per cento entro il 2020, quindi di superare anche il Canada tra i Paesi del G7.
  All'interno di questa macro cifra di 4,3 miliardi di euro, la cooperazione a dono, quella che viene gestita direttamente dall'Agenzia (già sapete come è configurata la nuova legge), è aumentata ed è arrivata a 564 milioni di euro per il 2017, senza considerare la lunga questione che riguarda i crediti di aiuto, che sono crediti concessionali, che recentemente sono stati rivisti completamente, riuscendo a liberare altri 300 milioni di euro per nuovi crediti rispetto a crediti vecchi, interrotti, mai sborsati e ormai passati. Infatti, ho fatto riguardare tutto il grosso «libro» dei crediti d'aiuto uno per uno e abbiamo tenuto varie riunioni su questo aspetto.
  Sempre per quanto riguarda le nuove risorse, siamo riusciti a stabilire la programmazione in anticipo. In genere, infatti, la programmazione avveniva nel corso dell'anno. Nel 2016 ci siamo trovati a programmare quando l'anno era già cominciato, ma nello stesso 2016 la programmazione per il 2017 è stata stabilita e quasi completata. Naturalmente c'è sempre un margine rispetto all'emergenza delle cose che accadono.
  Terzo punto importante è la cooperazione delegata, la cooperazione cioè che ci viene affidata dall'Unione europea, che è il simbolo del ritorno sulla scena dell'Italia. Siamo passati da 3 programmi per 33 milioni di euro a 11 per 136 milioni di euro. Questo significa che siamo annoverati tra i grandi Paesi a cui viene delegata la cooperazione europea, come la Germania e la Francia.
  Quali sono ancora le criticità? Nel sistema identificato dalla legge n. 125 abbiamo tre poli: la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo (DGCS), che si occupa dei crediti d'aiuto, in particolare, e della programmazione, in generale, delle valutazioni e delle emergenze; l'Agenzia, che si occupa di tutto il resto; la Cassa depositi e prestiti, che dovrebbe diventare la banca di sviluppo.
  Questo terzo polo ancora non funziona. Ho avuto vari incontri con l'amministratore delegato, ma la Cassa depositi e prestiti, probabilmente perché vari governi successivi in questi ultimi anni le hanno chiesto di fare un po’ troppi mestieri, ancora non si è dotata di tutti gli strumenti necessari per diventare banca di sviluppo. Ci vuole una particolare professionalità e stiamo arrivando solo adesso a mettere in campo questi nuovi strumenti, che dipendono dalla norma, ma molto dalla pratica, cioè dall'avere le professionalità giuste.
  Un altro elemento di criticità è la questione del concorso. L'Agenzia si trova a dover operare con più soldi, a fare di più con meno personale, perché questo è stato diviso: il personale diplomatico è rimasto alla DGCS e, quindi, abbiamo una struttura stressata. Questa mattina ho ricevuto le ONG, i rendiconti sono stati fatti, quindi si lavora e siamo perfettamente in linea, però è evidente che la struttura è stressata e, soprattutto, che ha bisogno di personale più giovane, nuovo.
  Noi abbiamo richiesto varie volte – e la legge stessa lo prevedeva – i soldi per l'assunzione di queste 60 nuove figure. Tenete conto che dal 1992 non si svolgono concorsi per l'Agenzia, e, quindi, il personale è invecchiato. Tenete conto anche delle nuove esigenze, gli Obiettivi del millennio sullo sviluppo sostenibile, a cui fa fronte l'Agenzia. Però c'è ancora un blocco a questo livello, che riguarda anche tutti gli altri concorsi.
  La DGCS riformata (quindi con meno uffici) sta lavorando molto bene e si sta occupando, in particolare, della cooperazione delegata, che, una volta finito il processo, Pag. 5 passerà totalmente all'Agenzia, ma per adesso transitoriamente è ancora responsabilità della DGCS.
  Un quinto punto sono le priorità, ossia l'Africa e il vicinato, quindi il Mediterraneo e i Balcani. Questa è la priorità delle priorità. Noi interveniamo anche in America centrale, in Asia e in altri luoghi, però sicuramente il continente africano è proiezione strategica dell'Italia. Poi, in termini tematici, in particolare in quest'ultimo periodo, la questione del rapporto tra migrazioni e sviluppo è un tema delicatissimo, come tutti sapete.
  Abbiamo concentrato i nostri sforzi sulle potenzialità dell'Africa e abbiamo dibattuto e stiamo dibattendo con grande determinazione a Bruxelles nell'ambito del Consiglio dei ministri alla cooperazione sull'agenda europea per creare questa connessione virtuosa tra cooperazione, quindi sviluppo, e migrazioni.
  Su questo è in corso un dibattito, perché molti Paesi del nord Europa non vogliono assolutamente che si parli di immigrazione quando si parla di sviluppo, e il dibattito poi rimbalza all'OCSE, perché quando si calcola quello che si usa, ciò che è «daccabile», come si dice in gergo, cioè quello che può essere considerato aiuto pubblico allo sviluppo, ci sono dei Paesi che vorrebbero che non si calcolasse quanto facciamo nell'ambito delle migrazioni. Quindi, c'è un dibattito in corso.
  Devo dire che la Germania e la Francia ormai sono allineate sulle nostre stesse posizioni e siamo stati i primi a porre il problema in termini di root causes, cioè di cause in radice, perché ci sono le migrazioni e ci sono le loro cause fondamentali che vanno affrontate.
  Il sesto punto è la costruzione di una sinergia. Questo Documento, come dice anche la proposta di parere, arriva a voi molto tardi, con un anno in ritardo, perché non si riuniva il Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo (CICS) che doveva prima approvarlo, come sapete. Una sua versione ridotta era già pronta quando io sono diventato Viceministro e la dobbiamo all'ex direttore generale, Ambasciatore Cantini, che aveva già preparato il Documento, però ho approfittato del tempo che avevamo davanti, che piano piano si è allungato, per cambiarlo.
  Si tratta, quindi, di un Documento squilibrato in alcune sue parti, per far rientrare in esso tutto ciò che l'Italia fa a livello di cooperazione e anche quello che fanno gli altri ministeri. Alcuni ministeri sono ben raccontati, hanno avuto il tempo di elaborare e di inserire la loro parte, come ad esempio il Ministero dell'ambiente, però (almeno questa è la mia idea, anche nella nuova versione del piano triennale che stiamo già elaborando per non essere più in ritardo, anzi già in parte è scritta) vorrei che ci fosse tutto, anche l'attività svolta dai Ministeri dell'interno e della salute e dagli enti territoriali, dai comuni.
  Vorrei dare spazio anche a livello operativo alla Cassa depositi e prestiti, di cui si parla in questo Documento, perché finalmente risultino esempi italiani (non che ce ne siano tanti in altri Paesi) sia di blending, cioè di mescolamento di soldi pubblici e privati, che possa garantire migliori investimenti, sia di inserimento del settore privato dentro il sistema della cooperazione, che è una delle novità della legge, sia di public private partnership.
  Manca il contributo del MISE. Infatti, abbiamo scoperto sul terreno che chi fa cooperazione allo sviluppo deve anche occuparsi della nascita di piccole e medie imprese, quindi il contributo del MISE può essere molto importante, con tutto il suo sistema (ICE, SACE eccetera) e con il sostegno alla micro-imprenditoria, quindi per ciò che concerne la creazione di occupazione. Poi un altro aspetto interessante è l'attività tradizionale, come sanità ed educazione, e naturalmente l'attività del MIUR. Abbiamo lavorato con la Ministra Giannini su questo e ci ripromettiamo di continuare con la Ministra Fedeli, per fare in modo che il Documento, che vi stava arrivando in ritardo, arrivasse il più completo possibile.
  Alcune cose vanno ancora approfondite. Si parla di programmazione congiunta, si comincia a parlare di programmazione delegata, bisognerà probabilmente spiegarsi meglio ed esplicitare. Ogni capitolo è stato legato ai 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, Pag. 6 naturalmente incrociandoli, perché marchiamo ogni progetto secondo gli Obiettivi per verificare come ci stiamo muovendo rispetto ai 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.
  La legge n. 125, infatti, ha bisogno di tagliandi continui. Con l'aiuto dell'onorevole Quartapelle Procopio siamo riusciti a inserire nella scorsa legge di bilancio alcune modifiche che il MEF ci aveva chiesto. Si tratta di alcuni aspetti tecnici che non funzionavano, soprattutto riguardo al famoso miliardo che la Cassa depositi e prestiti può mettere come sua partecipazione, sia in garanzia, sia in crediti concessionali, sia in public private partnership. Poi abbiamo scoperto tante altre cose.
  La questione del settore privato è molto interessante, perché le legislazioni confliggono. Attualmente è allo studio la questione di quando c'è una partecipazione tra una ONG e un'impresa. Faccio l'esempio del CEFA e dell'ENEL, che si stanno occupando di energie rinnovabili in Kenya. Abbiamo un problema rispetto alla creazione di un'impresa mista, perché o non può fare profitti e, quindi, non è un'impresa, oppure, se noi la finanziamo, si parla di aiuti di Stato. Ci sono dei problemi giuridici che durante i lavori si scoprono e vanno affrontati di volta in volta.
  Il Documento, quindi, era già pronto, come vi ho spiegato. Prima dell'approvazione definitiva, vi sono le acquisizioni di altri pareri, oltre al vostro: quello della Conferenza Unificata e quello del Consiglio nazionale per la cooperazione allo sviluppo, che è l'organo consultivo. È stato svolto un ampio lavoro di consultazione ed è già in preparazione l'aggiornamento del Documento triennale, in modo da essere più rapidi. I soggetti si sono moltiplicati. Penso alle diaspore in Italia, quindi alle collettività straniere, penso alle organizzazioni del terzo settore, che diventano nuovi soggetti: non sono solo quelli della vecchia lista di oltre 300 ONG di un tempo, ma anche nuove associazioni che fanno parte del mondo del terzo settore, che potranno seguire i bandi. Questo aspetto lo trovate accennato e su questo dovremmo spiegarci molto meglio, perché sono cose che stiamo imparando a fare.
  Per questo ho avuto l'idea di tenere delle riunioni preparatorie sia del CICS sia del Consiglio nazionale, per lavorare più speditamente e avere dei momenti di discussione, che siano non solo momenti formali, ma anche momenti informali. Si prevede la revisione dei criteri di iscrizione, la revisione dei Paesi prioritari, senza esagerare nell'allargamento, anche trovando formule temporanee, per esempio per quanto riguarda i Paesi post-conflitto, in modo che, ad esempio, la Colombia, che entra in una fase di post-conflitto, possa essere aiutata dalla cooperazione anche se non è un Paese prioritario, perché tanti anni fa la facemmo uscire da questo elenco. Vi sono altri esempi simili.
  La penultima cosa che volevo dire è che abbiamo previsto la riunione della Conferenza nazionale della cooperazione per dicembre 2017. Essa riunirà tutto il mondo della cooperazione italiana. È una cosa che la legge ci chiede e per prepararla sto visitando le università, a partire dai corsi di cooperazione allo sviluppo e di materie internazionalistiche (ne ho già visitate cinque), presentando la riforma, facendo anche un po’ di orientamento, e presentando agli studenti le possibilità per lavorare e formarsi professionalmente nel vasto mondo dell'internazionale e, in particolare, in quello della cooperazione. Sono 21 appuntamenti, uno per regione, ne ho già svolti cinque e spero di avere il tempo di completare le visite.
  Il decimo e ultimo punto è quello dell'aggiornamento, di cui però ho già parlato. Non mi attarderei oltre sui sottosettori delle eccellenze italiane. Posso citare le piccole e medie imprese, il discorso cooperativo, il discorso dell'iscrizione anagrafica. Noi abbiamo numerosi problemi con l'identificazione. In certi Paesi non esistono anagrafi, quindi si tratta anche di creare le anagrafi. Vi sono, poi, i temi relativi alla giustizia minorile e al patrimonio culturale, oltre che alla sanità, all'educazione, all'agricoltura, alle donne.
  Si è messo in moto un mondo, con tutte le sue richieste, con tutte le percezioni e le Pag. 7diverse sensibilità intorno a questa nuova cooperazione italiana. Non per fare i complimenti a noi tutti, ma ormai i dati sulla trasparenza sono quasi tutti pubblicati non solo sui nostri siti, ma anche su Open Aid, fondazione che si occupa della trasparenza nella cooperazione.
  Avete seguito tutti le critiche che sono state rivolte alle ONG che lavorano in ambito save and rescue. Non ci sono solo queste, ce ne sono anche altre. È un mondo complesso, noi abbiamo la particolarità di avere piccole ONG rispetto alle grandi ONG mondiali. La più grande delle nostre ONG ha un bilancio non superiore ai 20-25 milioni di euro, mentre Medici Senza Frontiere (MSF) ha un bilancio di 700-800 milioni di euro, Oxfam di oltre 1 miliardo, Care di oltre 1 miliardo, Save the children di oltre 1 miliardo. Pertanto, ci stiamo confrontando con un mondo molto diverso e, quindi, dobbiamo fare sistema.
  Il Paese è così e questo vale per le piccole e medie imprese e per i nostri comuni. È un Paese fatto in questa maniera, quindi noi ci stiamo confrontando con questo aspetto e devo dire che l'interesse per l'Italia, che ritorna nel mondo della cooperazione, almeno a Bruxelles, è molto forte e anche all'ONU abbiamo avuto prova di questo.

  PRESIDENTE. Grazie. Lascio la parola ai colleghi che desiderino intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Ringrazio molto il Viceministro per l'audizione e anticipo una questione che poi emergerà anche dalla proposta di parere: in questo Documento triennale si rileva un salto di qualità nel pensiero sia politico sia organizzativo, che dà struttura alla riforma della cooperazione, di cui alla legge n. 125 del 2014.
  Credo che questo punto vada messo agli atti. È evidente quanto la cooperazione italiana stia crescendo non solo dal punto di vista delle risorse, che pure sono una chiara indicazione di priorità, ma anche dal punto di vista delle pratiche e delle priorità di carattere politico. Credo che questo sia un elemento che dà atto al Governo del lavoro fatto in questi anni.
  Ho una domanda abbastanza specifica sulla questione del meccanismo di coordinamento. In parte il Viceministro ne ha parlato, però è uno degli elementi che mancano al ciclo di audizioni, in quanto abbiamo audito vari attori del sistema italiano della cooperazione e mancava l'autorità politica, che, secondo la legge, ha il compito di far funzionare un meccanismo di coordinamento interministeriale e anche intraministeriale, se così si può dire.
  In particolare, però, siccome questo è il primo anno in cui abbiamo il Documento annuale rispetto all'attività del 2015, rileva moltissimo come il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale sia in realtà il terzo attore ministeriale rispetto all'erogazione di fondi per la cooperazione. Il primo è il Ministero dell'economia e delle finanze; il secondo è il Ministero dell'interno, per ragioni che hanno più a che fare con la «daccabilità» di alcune spese che altro; il terzo è il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e poi c'è tutta una serie di altri ministeri.
  Sarebbe interessante per noi capire quanto abbia funzionato la capacità di coordinamento attribuita al MAECI dalla legge. In parte il Viceministro ha già risposto quando ha sottolineato come alcuni organismi che dovevano essere convocati con una certa frequenza non lo siano stati. Però, sul tema delle politiche migratorie e ambientali di contrasto al cambiamento climatico, è opportuno capire come stia funzionando e quali possano essere in futuro gli strumenti per rafforzare i poteri che la legge attribuisce al Ministero.

  MARIA EDERA SPADONI. Prima di tutto mi rammarico del fatto che questa audizione venga svolta oggi: avrebbe dovuto essere svolta la settimana scorsa e credo si sia dovuta posticipare per una motivazione dovuta alla Commissione e non al Governo. Ovviamente, reputo abbastanza ridicolo il fatto che, dopo questa audizione, si debba procedere ad approvare un parere che ovviamente è già stato preparato. Non dico che l'audizione del Viceministro in questo Pag. 8momento (mi perdoni, Viceministro) sia inutile, ma quanto Lei ha detto non potrà essere integrato nella nostra proposta di parere, perché ovviamente essa è già stata redatta.
  Per quanto riguarda il Documento triennale, ricordo che il Movimento 5 Stelle è sempre stato a favore di uno stanziamento maggiore di fondi. Che sia aumentato l'aiuto pubblico allo sviluppo rispetto al PIL dallo 0,22 per cento allo 0,26 per cento è un fatto vero, ma, come specificato nell'audizione della settimana scorsa, purtroppo, questo dato, dal nostro punto di vista, è annacquato dal fatto che una buona percentuale viene usata per l'accoglienza dei rifugiati in Italia.
  C'è stato un dibattito anche la settimana scorsa con la maggioranza, la quale parlava delle linee OCSE-DAC sull'accoglienza dei rifugiati in Italia. Però il problema è un altro; infatti, se sono considerate attività di cooperazione anche le iniziative di aiuto ai rifugiati effettuate nel Paese donatore, questo non vuol dire che si debba gestire l'intero fenomeno migratorio.
  La grossa spesa non riguarda il momento in cui un rifugiato viene considerato tale, ma riguarda la prima accoglienza, il riconoscimento del richiedente. Quindi condivido i dubbi esposti in audizione dalle ONG: se noi aggiungiamo fondi ma poi questi servono per gestire un fenomeno in Italia, continuo a pensare che questi fondi vengano usati non per la cooperazione ma per gestire un fenomeno, che, secondo le linee OCSE-DAC, dovrebbe mirare alla gestione di rifugiati ma si traduce in stanziamenti che vanno a finire, invece, nella fase precedente, che è la fase più grande.
  Questo è uno degli aspetti critici dal nostro punto di vista. Vi è, inoltre, la questione degli anni. Come Lei diceva, abbiamo un Documento triennale che tratta del periodo 2016-2018, ora siamo a metà del 2017 e rimane il dubbio rispetto a cosa stiamo discutendo, perché è arrivato con un anno di ritardo. Stiamo discutendo di un testo oggettivamente già datato, quindi anche in questo caso ci sono delle responsabilità del Governo che ha presentato questo Documento in ritardo.
  Per quanto riguarda la Cassa depositi e prestiti, rimango abbastanza sconcertata dalla Sua dichiarazione. La dichiarazione per cui la Cassa depositi e prestiti ancora non funziona perché non si è dotata di strumenti per diventare banca di sviluppo, come Lei ha appena detto, mi lascia sconcertata. In quanto presidente del Comitato permanente sull'attuazione dell'Agenda 2030 e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, proprio la settimana scorsa avevo richiesto l'audizione di rappresentanti di Cassa depositi e prestiti su questo Documento triennale. Credo che non ci sarà la possibilità di svolgerla a livello di tempistica, ma la sollecito di nuovo affinché sia svolta anche dopo l'approvazione del parere sul Documento triennale, perché bisogna chiedere loro quali siano le problematiche.
  Personalmente ne vedo tante. Ne vedo tante anche rispetto all'Agenzia, visto che la Dottoressa Frigenti ha dichiarato in audizione che manca metà del personale. Le vedo nella Cassa depositi e prestiti quando Lei dice che non funziona perché non si è dotata di strumenti. Le vedo anche sul Suo ruolo di Viceministro, perché la legge n. 125 parlava di una delega di pieni poteri al Viceministro, delega che ancora non c'è. Da ciò e dal fatto di svolgere la Sua audizione dovendo esprimere il parere subito dopo, senza poterlo integrare con quello che Lei sta dicendo, emerge anche il peso politico che il Viceministro ha in questo momento. Mi dispiace dirlo ma credo che si tratti effettivamente di un peso politico che, non so perché, evidentemente non Le vogliono dare.
  Per quanto riguarda il Documento triennale, riguardo alla trasparenza Lei ha parlato di Open Aid. Era uno dei nostri pilastri: durante la discussione della legge n. 125 erano stati approvati degli emendamenti del Movimento 5 Stelle che chiedevano più trasparenza e soprattutto più efficacia. Tutto molto bello nel famoso libro dei sogni di cui stiamo discutendo oggi, in cui, al punto 5, si parla dell'efficacia e della trasparenza. Leggo che dovrebbe esserci un Comitato consultivo per la valutazione, composto anche da personalità indipendenti, creato nel 2016. Abbiamo chiamato anche questa mattina Pag. 9 la DGCS e ci viene risposto che questo Comitato non è mai stato convocato.
  Anche in questo caso abbiamo un problema, nel senso che, se nel Documento triennale, che è un libro dei sogni, viene scritto che un Comitato valuterà l'efficacia dei progetti e poi questo Comitato non si convoca, scusatemi, ma personalmente mi sento presa in giro da queste belle parole a cui non seguono i fatti.
  Anche su Open Aid non dico che stenderei un velo pietoso, ma quasi, perché sul sito ci sono i progetti, viene detto quanto viene stanziato e uno dei Paesi nei quali vengono erogati più fondi è l'Afghanistan. C'è un progetto di 94 milioni di euro per la famosa strada da Herat a Chist-e Sharif, ma non si indica l'anno in cui si concluderà il progetto. Vengono semplicemente stanziati questi 94 milioni di euro. Mi chiedo, in un ambito emergenziale come l'Afghanistan, a chi serva una strada da Herat a Chist-e Sharif: probabilmente ai nostri militari che hanno il loro compound a Herat ma le priorità dovrebbero essere altre.
  Noi presenteremo una proposta di parere di minoranza, nella quale esprimiamo un parere favorevole a determinate condizioni. Da conversazioni intercorse con la maggioranza sembra che non ci sia una disponibilità a recepirle, almeno non in toto, quindi credo che per questo Documento triennale il nostro parere sarà contrario.

  STEFANIA GIANNINI. Vorrei esprimere soddisfazione per questa audizione, a prescindere dal lieve ritardo con cui è avvenuta, per i contenuti che il Viceministro ha presentato alle Commissioni, a partire dal tema delle risorse, peraltro, già felicemente noto a tutti i commissari. Si tratta di un incremento significativo che restituisce all'Italia un protagonismo internazionale, che ci fa, ovviamente, piacere.
  Apprezzo anche l'onestà intellettuale nel riconoscere alcune criticità che sono in atto e che l'implementazione di questa legge e degli strumenti che essa assegna al settore della cooperazione, credo ormai crucialmente definito e definibile come un segmento di politica estera a tutti gli effetti, potrà aiutare a superare. Ce lo auguriamo e cercheremo, per quel che resta di questa legislatura, di lavorare in tal senso.
  Ho una domanda e un commento più specifico che riguarda un settore fondamentale per la sua trasversalità nell'attuazione dell'Agenda 2030, che è quello dell'istruzione, soprattutto dell'istruzione superiore. Plaudo all'iniziativa delle visite e del coinvolgimento dei singoli atenei in questa fase preparatoria della Conferenza nazionale, che si terrà a fine anno. Questa iniziativa potrà dare ulteriori occasioni di sviluppo delle singole specialità e delle iniziative che molti atenei promuovono da molti anni.
  Le università sono fondamentali non solo per il contributo educativo che danno ai Paesi in via di sviluppo. Penso, Viceministro, a un'occasione che abbiamo vissuto insieme lo scorso anno: l'incontro che il Presidente Mattarella ha avuto con l'allora Presidente dell'Unione Africana, Nkosazana Dlamini-Zuma, in cui uno dei temi fondamentali su cui all'Italia, in una relazione multilaterale con l'Unione Africana, veniva richiesto di intervenire era proprio quello dell’high education and research, insieme al women's empowerment, ma anche perché le università si portano dietro almeno il 70 per cento della ricerca di base prodotta in questo Paese, altro elemento da non dimenticare.
  La domanda specifica, Viceministro, è questa: esistono e sono già stati programmati luoghi e strumenti di incontro e di coordinamento del sistema universitario che, parimenti a quanto da Lei sottolineato per le piccole imprese, per le istituzioni e le autorità locali, soffre storicamente di una certa tendenza – credo ineliminabile, se non si trova il modo di coordinare – alla frammentazione e all'eccesso di autonomia? Sono peccati originali che si pagano con maggiore intensità quando ci si presenta come sistema Paese in altri Paesi, soprattutto in Paesi in via di sviluppo. Penso ad esempi che hanno preceduto la legge n. 125 e la stessa delineazione dell'Agenda 2030 e hanno dato un grande risultato per il nostro Paese in tema di cooperazione. Nel 2008, quando l'Italia aveva il lead Giustizia in Afghanistan, il tavolo Pag. 10composto dalla Conferenza dei rettori come strumento stabile presso l'allora Ministero degli affari esteri ha consentito a università dotate di know how e di una specializzazione nel settore di dare all'allora responsabile, Ambasciatrice Iolanda Brunetti, una qualità di lavoro da spendere in quel Paese.
  Il secondo esempio, da me vissuto in prima persona, è quello dell'assistenza nel post-tsunami allo Sri Lanka – e non solo a quel Paese – per tutto il tema della prevenzione delle catastrofi, che oggi, con la sensibilità emersa nei recenti e complessi incontri del G7 di Taormina per il cambiamento climatico e le questioni ambientali, è un tema di grandissima importanza. Mi chiedo e Le chiedo, quindi, se sia stato pensato (e, se sì, con che tempi e quali strumenti) un luogo fisico in cui far convergere il patrimonio di alta formazione e di ricerca che il nostro sistema universitario esprime.

  PRESIDENTE. Non essendoci altre richieste d'intervento, lascio la parola al Viceministro Giro per la replica.

  MARIO GIRO, Viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Innanzitutto, voglio ringraziarvi non solo per le domande, ma anche per l'accompagnamento di questo anno e tre mesi, almeno da quando mi occupo di questo settore. Abbiamo fatto tante cose, tante ancora sono da fare. Abbiamo avuto un'interlocuzione con i vari gruppi, in particolare con il PD e con il Movimento 5 Stelle, su queste tematiche, perché siamo di fronte a una novità assoluta: ci sono delle criticità, però è anche vero che, guardando la situazione in prospettiva rispetto a com'era prima, è cambiato tutto.
  Il coordinamento con la società civile è previsto nel Consiglio nazionale della cooperazione; con i Ministeri, come chiedeva l'onorevole Quartapelle Procopio, nel CICS, ma il CICS deve essere convocato dal Presidente del Consiglio, che l'ha convocato due volte, se considero anche il periodo precedente al mio insediamento, quando c'era il Viceministro Pistelli.
  Secondo me non può funzionare, è troppo formale e troppo lontano nel tempo. Per questo mi sono inventato i CICS informali, ma per ora si tratta di riunioni del tutto informali, così come le riunioni del tutto informali del Consiglio nazionale della cooperazione da me convocate, a cui ha partecipato anche qualche deputato, per discutere con i quattro gruppi di lavoro istituiti nel CICS. Infatti, c'è bisogno di più dibattito interno, anche su alcuni temi da voi evidenziati.
  Il grande tema della «daccabilità» che ha posto l'onorevole Spadoni è molto importante, perché è un tema ancora in discussione in tutti i Paesi europei. Pochi sono quelli che hanno una posizione definita. Infatti, non siamo solo noi a considerare parte delle spese per l'accoglienza come cooperazione allo sviluppo, lo fanno un po’ tutti. Quindi rimane quest'area di ambiguità in ambito OCSE quando si calcolano le spese per la cooperazione allo sviluppo. Se non fosse così, tutti dovrebbero diminuire la propria percentuale.
  Rispondo sul coordinamento e anche su quello che ha detto la senatrice Giannini rispetto alla questione dell'università. Noi abbiamo tenuto una riunione apposita (i ministri non hanno potuto partecipare e l'ho presieduta io) con tutte le università, perché, in primo luogo, sta aumentando molto il flusso degli studenti stranieri che legalmente viene a studiare in Italia dall'Africa o da altri Paesi e, in secondo luogo, dato che le università lo hanno richiesto, ci siamo impegnati ad aumentare il tasso di presenza di stranieri in Italia. Tale indice è del 4 per cento in media nazionale e vorrei portarlo al 10 per cento (non dico al 40 come succede ad Oxford, ma almeno al 10), così da non lamentarci soltanto della fuga dei cervelli ma diventare anche attrattivi, perché ci sono le due facce della medaglia: se uno ne guarda una, deve guardare anche l'altra.
  Penso che abbiamo moltissimo da dare e ci sono molti problemi. Non è tanto un problema di soldi perché le famiglie che vogliono dare migliore istruzione ai loro figli sono disponibili a pagare. Più che altro è un problema burocratico, formale, legale, che riguarda i visti e tutto il resto. Abbiamo anche chiesto al Ministero degli affari esteri Pag. 11e della cooperazione internazionale di essere più flessibile con i visti: per esempio, gli studenti che vengono dal Camerun, dove c'è un sistema di selezione già avviato (è il primo Paese africano che manda studenti universitari al sistema italiano), sono passati da 200 a 400 l'anno.
  Tutte queste persone tornano nel loro Paese e io le ho viste in opera quando abbiamo partecipato alla fiera delle imprese in Camerun, con 80 imprese italiane e tutte le loro imprese, ormai bilingui e binazionali. È questo che serve al sistema. Non è semplice insegnare a costituire una PMI. Noi italiani sappiamo che costituire una PMI significa arti e mestieri, tradizioni, relazioni, tecnologia e poi significa anche una sedimentazione storica. È più facile creare una filiale di una transnazionale in un altro Paese che spostare un distretto industriale all'italiana, ma è la prima cosa che tutti ci chiedono di fare, quindi, per volontà politica, abbiamo avuto numerosi momenti di coordinamento.
  Penso che sia necessario continuare questo impegno, con il MISE in un senso e con il MIUR in un altro senso. Abbiamo tenuto anche molte riunioni con il Ministero dell'interno e qui arrivo al tema rifugiati. Innanzitutto, deve essere chiara una cosa: dei 564 milioni di euro che gestisce l'Agenzia neanche un euro va all'accoglienza dei rifugiati, perché la legge prevede che siano spesi all'estero. Quindi, l'aumento che c'è stato è tutto andato su questo fondo. I 120 milioni di euro più 120 milioni di euro ogni anno (speriamo anche per l'anno prossimo), promessi e dati dal Presidente Renzi in occasione delle due leggi finanziarie approvate quando era Presidente del Consiglio, sono andati tutti sul fondo dell'Agenzia e tutti, per legge, sono stati spesi all'estero.
  Quando si dice che una parte di questo «zero virgola» fa parte del resto delle poste della cooperazione, che arriva a 4,3 miliardi di euro, si parla di fondi che per la gran parte provengono dalle banche e dai fondi di sviluppo, da quello che noi diamo all'Unione europea, che poi ci può tornare indietro come cooperazione delegata, che viene «daccata» dall'Unione europea, non da noi, come operativa. Noi diamo ogni anno blocchi da 600 milioni di euro ai vari fondi, come tutti i Paesi, e poi finanziamo le grandi banche di sviluppo (Banca africana di sviluppo, Banco americano di sviluppo, Banca mondiale).
  La terza parte della cooperazione è rappresentata da quello che fanno i Ministeri, per esempio il Ministero dell'interno. Non ricordo quanto il Ministero dell'interno quest'anno o l'anno scorso abbia chiesto di «daccare», se 300 o 600 milioni di euro, però sappiate che, in parallelo, ci sono i soldi di tutti gli altri Paesi; non siamo gli unici, per questo è una discussione internazionale.
  In ambito OCSE-DAC si è deciso che se spendi 3 miliardi di euro per attività di search and rescue, te ne abbonano il 20 o il 30 per cento: si va a spanne ed è una decisione eminentemente politica. È evidente che noi spendiamo più dei nostri partner in termini di search and rescue e meno in termini di integrazione. Altri Paesi, come la Germania, spendono meno in search and rescue (qualche nave ce l'hanno anche loro) e più in termini di integrazione, dipende anche dalle leggi.
  Voglio che sia chiaro che tutto ciò che passa per l'Agenzia e per la DGCS non viene speso all'interno e neanche per operazioni in mare, è tutto sospeso al di là del mare.
  Il Fondo Africa, che è un unicum, di cui una parte è stata affidata alla cooperazione, segue le stesse regole.
  Sulla questione della Cassa depositi e prestiti, onorevole Spadoni, bisogna dire le cose come stanno. La Cassa depositi e prestiti è una grande macchina, cui i vari governi hanno chiesto di fare tante cose, tanti mestieri (salvare questo, salvare quell'altro) e anche di occuparsi di cooperazione allo sviluppo. Negli anni si era limitata ad occuparsi della gestione del fondo rotativo, cioè i crediti d'aiuto; oggi dovrebbe fare cooperazione collegata al privato. Sta facendo i primi tentativi, ancora non ci siamo e io lo devo dire.
  Non direi neanche che è colpa di qualcuno. A un anno e tre mesi di distanza, una macchina gigante, molto più grande di noi, Pag. 12dello stesso Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, come la Cassa depositi e prestiti, si deve dotare di esperti che decidano qual è il rischio da prendere quando si finanzia un'operazione, perché si tratta di grandi operazioni.
  Quello che vogliamo dalla Cassa depositi e prestiti è che faccia la stessa cosa che fa la Banca africana di sviluppo: che finanzi grandi opere. Sono cose complicate che non può fare l'Agenzia, forse può farle in parte, ma non adesso. Sono stato varie volte dall'amministratore delegato, abbiamo parlato e svolto tantissime riunioni, e forse prima di andarmene riuscirò a mostrarvi le prime operazioni compiute dalla Cassa depositi e prestiti, ma vi assicuro, non essendo poi un esperto in termini finanziari (lo ammetto), che è molto complicato. Questo non per scusarmi, ma per dirvi le cose come stanno. Io non critico nessuno – voi, ovviamente, potete farlo –, però mi sono trovato di fronte a qualcosa di molto complicato.
  La delega c'è, onorevole Spadoni, ed è anche scritta. Il problema è che noi abbiamo una legge, uno Statuto, una convenzione, che sono stati approvati prima che arrivassi. Se lo Statuto viene letto in parallelo con la legge, in parte ci sono delle contraddizioni. Questo è stato già detto in quest'Aula, quindi la questione è cosa si vuole.
  Ciò, però, non mi ha impedito di intervenire a tutto campo, sentendo sempre anche cosa pensava il ministro di turno (se ne sono susseguiti quattro). Quindi, sono preoccupato per le criticità che vi ho esposto, non per la questione formale, su cui si è tanto discusso all'epoca in cui si approvò la legge. Voi sapete che all'origine c'erano varie posizioni sulla questione della necessità di un ministro o di un viceministro, ma penso che se ci si impegna, alla fine, le cose si possono fare e devo dire che nessun ministro mi ha mai impedito di fare qualcosa in termini di cooperazione.
  Stiamo assistendo a un effetto paradossale: proprio nel momento in cui abbiamo tanti problemi di bilancio, la cooperazione è aumentata. È aumentata già prima degli aumenti apportati dal Governo Renzi, perché i primi 100 milioni di euro sono stati stanziati all'epoca del Governo Monti, poi ci sono stati altri 60 milioni di euro all'epoca del Governo Letta e poi i 120 milioni più 120 milioni di euro, e si spera, così com'è previsto, altri 120 milioni di euro nello stesso fondo.
  Questo ha invertito totalmente la rotta e da quattro o cinque anni si sono avuti dei buoni risultati, delle buone prospettive. Se noi avessimo tutto il personale di cui abbiamo bisogno, come ha già detto la Dottoressa Frigenti, potremmo andare sicuramente molto più spediti.
  Sulla valutazione devo dire che fino a due anni fa non si faceva proprio o si faceva random. Finalmente la legge la prevede e la DGCS ha istituito un Comitato di valutazione. Mi dicono che si è riunito tre volte, l'ultima l'11 maggio. Tale Comitato è stato istituito su suggerimento dell'OCSE in sede di peer review e con decreto del Direttore generale Cantini. In ogni caso, la DGCS ha un compito di valutazione. Tutti i programmi, che peraltro sono a disposizione, saranno valutati (non con metodo random). Resta il fatto che la valutazione, sia sulla congruità sia sull'efficacia, è fondamentale, quindi sono d'accordo.
  Per quanto riguarda l'Afghanistan, sappiate che è un tema relativo al decreto missioni. Ho voluto essere molto chiaro, perché in passato il decreto missioni serviva anche per coprire i buchi che si creavano dall'altra parte (parlo sempre della vecchia DGCS, prima dell'Agenzia). Io ho effettuato una separazione: se il Parlamento ci dà i soldi per fare i programmi previsti dal decreto missioni, si fanno quei programmi; se non ce li dà, quei programmi non si fanno.
  Prima veniva tutto mescolato e spalmato, aspettando il Parlamento. Ora si programma senza aspettare il decreto missioni, che si occuperà solo di Afghanistan o Somalia, solo di quello per cui è nato, in modo che sia chiaro fin dall'inizio e non ci siano passaggi da un programma all'altro, in modo che sia chiara la responsabilità di tutti, che sia chiaro se dobbiamo farlo o non dobbiamo farlo, e perché non si fanno Pag. 13certe cose. Infatti, questa è una responsabilità politica.
  Non entro sulla questione della strada di Herat. Mi dicono che non servirà soltanto ai nostri militari. Infatti, anch'io chiesi a cosa servisse e mi fu risposto che serve a désenclaver, come dicono i francesi, cioè a rendere raggiungibile una regione che è isolata.
  Mi sembra di aver detto tutto, vi ringrazio ancora. Naturalmente non credo che tutto quello che abbiamo fatto sia stato perfetto e me ne assumo l'intera responsabilità. Il sistema della cooperazione, incluso il ruolo della Cassa depositi e prestiti, può diventare una delle eccellenze italiane, lo dimostra la cooperazione delegata perché, altrimenti, l'Europa non ci offrirebbe i soldi nella misura in cui ce li sta offrendo adesso. Certo, il sistema è sotto stress, però non ci offrirebbe finanziamenti.
  Purtroppo i soldi in cooperazione delegata non sono «daccabili», perché li ha già «daccati» l'Unione europea per sé. Però considerate che, oltre a tutto il resto, c'è anche questa parte che sta aumentando e io conto molto sulla Cassa depositi e prestiti perché può utilizzare queste risorse. Per usufruire della cooperazione delegata bisogna aver fatto il 7 pillar assessment, cioè aver superato una selezione che in Europa è molto dura, che la DGCS superò con successo all'epoca in cui l'Ambasciatore Belloni era Direttrice generale e che oggi è ancora in capo alla DGCS. L'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo deve fare la stessa selezione, la Simest la fece e ha ottenuto un successo e può superarla anche la Cassa depositi e prestiti, perché oggi la Simest è diventata parte della Cassa depositi e prestiti e questo è molto interessante.
  Ho in animo di chiedere anche ad altri ministeri (e qui mi taccio, presidente) di fare il 7 pillar assessment. Penso che il coordinamento del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale si sia rafforzato in quest'ultimo periodo, perché abbiamo invitato tutti i ministeri da noi a discutere di questo aspetto, ma è chiaro che non è una questione egemonica: per coordinare devi offrire servizi ed essere disponibile ed è quello che ho provato a fare.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Viceministro Giro e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.