Sulla pubblicità dei lavori:
Catania Mario , Presidente ... 3
Seguito dell'esame della proposta di relazione in materia del rapporto tra criminalità organizzata e contraffazione (relatrice on. Cenni):
Catania Mario , Presidente ... 3
Cenni Susanna (PD) ... 3
Catania Mario , Presidente ... 3
Cariello Francesco (M5S) ... 3
Mongiello Colomba (PD) ... 3
Catania Mario , Presidente ... 4
Audizione del presidente del Gruppo di lavoro Riso, presso Copa-Cogeca:
Catania Mario , Presidente ... 4
Ferraris Giuseppe , presidente del Gruppo di lavoro Riso, presso Copa-Cogeca ... 5
Catania Mario , Presidente ... 5
Ferrero Aldo , professore di Agronomia presso l'Università degli Studi di Torino ... 5
Catania Mario , Presidente ... 10
Donati Marco (PD) ... 10
Ferrero Aldo , professore di Agronomia presso l'Università degli Studi di Torino ... 10
Cenni Susanna (PD) ... 10
Catania Mario , Presidente ... 11
Pastorelli Oreste (Misto-PSI-PLI) ... 11
Catania Mario , Presidente ... 11
Ferrero Aldo , professore di Agronomia presso l'Università degli Studi di Torino ... 11
Catania Mario , Presidente ... 12
Allegato 1: Relazione approvata ... 15
Allegato 2: Documentazione prodotta dagli auditi ... 71
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MARIO CATANIA
La seduta comincia alle 14.05.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE . Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
Seguito dell'esame della proposta di relazione in materia del rapporto tra criminalità organizzata e contraffazione (relatrice on. Cenni).
PRESIDENTE . L'ordine del giorno reca il seguito dell'esame della proposta di relazione in materia del rapporto tra criminalità organizzata e contraffazione, di cui è relatrice la collega Cenni.
Sulla relazione della collega Cenni abbiamo già fatto più di una riunione in precedenza, ivi compresa una nella quale la collega ha illustrato il testo nelle grandi linee. Il testo è stato poi diramato in due stesure successive. Do per scontato che tutti voi l'abbiate già ampiamente metabolizzato.
Vi chiedo, quindi, senza – perché non mi pare opportuno, né necessario – riaprire un'altra volta una discussione generale, se c'è qualcuno che vuole reintervenire sul tema, prima di passare alla votazione finale.
SUSANNA CENNI . Vorrei solo dire che rispetto alla seduta in cui abbiamo illustrato la relazione c'è stato ancora qualche aggiustamento, con la riscrittura di alcuni capitoli, ma sostanzialmente l'impostazione resta quella che i colleghi hanno già avuto modo di vedere. Il testo è stato rinviato – credo – nella serata stessa dell'ultima riunione. Ovviamente, se ci sono osservazioni e integrazioni, i colleghi sono invitati a presentarle, perché è interesse della Commissione avere un testo il più condiviso e ampio possibile dal punto di vista dei contenuti.
Vi ringrazio per questo.
PRESIDENTE . Siamo noi che ringraziamo la collega Cenni.
Do la parola ai colleghi che desiderano intervenire.
FRANCESCO CARIELLO . Grazie, presidente. Mi aggiungo ai ringraziamenti per il lavoro svolto dalla collega Cenni e confermo che la bozza che ci è pervenuta dalla seduta dell'ultima discussione è stata da noi condivisa e vagliata. Non riteniamo di apportare ulteriori integrazioni, perché ci sentiamo ben rappresentati da quanto la collega ha sintetizzato. Ci avviamo, quindi, all'approvazione del testo con la nostra piena condivisione.
COLOMBA MONGIELLO . Vorrei fare una breve dichiarazione di voto. A nome del Partito Democratico, ringraziamo la relatrice e gli uffici, perché hanno prodotto una relazione corposa e dettagliata, che introduce anche un fenomeno del tutto nuovo, un fenomeno che noi non conoscevamo, ossia un rapporto stretto tra criminalità e contraffazione. Tra l'altro, abbiamo accertato anche una dimensione internazionale Pag. 4 del fenomeno che va a combaciarsi poi con sistemi criminali di casa nostra.
La relazione non solo raccoglie dati di inchiesta, ma cerca anche di comprendere l'intera filiera criminale, che diventa supporto del fenomeno contraffattivo, con un danno enorme al sistema produttivo italiano, che viene accelerato da tutta la produzione dell’e-commerce che abbiamo già esaminato in Commissione.
Inoltre, la relazione fa un punto molto preciso sulla violazione della proprietà intellettuale (marchi e brevetti e via elencando), con grave danno alle imprese e con la distorsione della competitività, nonché gravi danni alla salute dei consumatori. Ci riferiamo non solo all'agroalimentare, ma anche a tutti i sistemi di sostanze nocive molto usate all'estero nel campo della moda, che vengono introdotte nel nostro Paese e in tutta l'Europa.
Nella relazione si fa anche un punto su tutte le Istituzioni preposte al controllo, ma anche sulle stesse imprese criminali (camorra, ’ndrangheta e criminalità cinese), devo dire anche con una puntualità che siamo riusciti a fare proprio con una punta angolare un po’ diversa rispetto al passato, alla luce anche di un grande lavoro che ha fatto questa Commissione.
Mettiamo in luce anche alcuni sistemi che dovrebbero essere rafforzati, come le banche dati e il controllo europeo delle dogane. Ancora una volta, si tratta di rafforzare il money transfer. Sono tutte ipotesi di lavoro che la relazione consegna alle Istituzioni preposte ai controlli.
Devo dire che si tratta di un ottimo lavoro, ben argomentato. Pertanto, il parere del Partito Democratico non può che essere favorevole.
PRESIDENTE . Ringrazio la collega Mongiello e mi associo personalmente all'apprezzamento espresso. Ringrazio nuovamente la collega Cenni per l'ottimo lavoro, unitamente ai servizi e al dottor Menè, che molto si è adoperato su questa relazione.
Riprendendo il filo, vi chiedo formalmente se siete favorevoli all'approvazione del testo.
Lo pongo in votazione.
È approvato all'unanimità.
Per rimanere in tema di relazioni, il prossimo appuntamento che abbiamo è quello in Aula a settembre per la discussione della relazione del collega Baruffi.
Abbiamo ancora in piedi un lavoro di redazione sul filone di lavoro del collega Senaldi e parimenti la relazione sul farmaceutico del collega Paolo Russo.
Poi sempre a settembre – e con questo chiudo – dovremo anche fare una discussione tra di noi per vedere se vogliamo dare una chiosa complessiva a tutto il lavoro di legislatura, nel senso, per esempio, di mettere in cantiere l'eventualità di fare, raccordata da un'introduzione di carattere generale, una risistemazione unitaria di tutte le relazioni che abbiamo elaborato nell'arco della legislatura. Di questo parleremo successivamente.
Se non ve ne foste accorti, sono stati pubblicati gli atti del seminario sulla tecnologia della tracciabilità che si è svolto ad aprile. C'è questo libro, che è stato spedito a tutti i membri della Commissione. Sarebbe bene se trovassimo il modo di farne maggior comunicazione all'esterno. Ho chiesto al dottor Menè di preparare per settembre una comunicazione della nostra Commissione a tutte le associazioni di categoria, inviando una copia del volume, in modo che se ne abbia più contezza complessivamente. Esaurita questa tematica, passiamo al secondo punto all'ordine del giorno.
Audizione del presidente del Gruppo di lavoro Riso, presso Copa-Cogeca.
PRESIDENTE . L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti del mondo del riso, in particolare del presidente del Gruppo di lavoro Riso presso il Copa-Cogeca, Giuseppe Ferraris, che è accompagnato da alcuni tecnici e docenti universitari della materia, i quali ci hanno chiesto un'audizione in aderenza alle competenze di questa Commissione. Ovviamente, mi è parso opportuno, stante anche il fatto che, come vi è ben noto, c'è una crisi grave nel settore risicolo, concedere loro questa opportunità. Pag. 5
Come dicevo ai colleghi membri della Commissione, abbiamo raccolto la vostra richiesta di essere auditi oggi, stante la situazione gravissima esistente nel comparto del riso e il fatto che ci avete sottolineato anche alcune problematiche che toccano la competenza di questa Commissione, che non è una competenza, ovviamente, di mercato o di politica agricola, ma riguarda il tema della contraffazione.
Fatti questi presupposti, do la parola al Presidente Ferraris, che – lo ricordo nuovamente – è presidente del Gruppo di lavoro Riso del Copa-Cogeca dell'Unione europea.
GIUSEPPE FERRARIS , presidente del Gruppo di lavoro Riso, presso Copa-Cogeca. Grazie, presidente, onorevole Catania, di questa opportunità, che per noi è importantissima, perché, come sapete, il settore del riso sta attraversando una crisi, forse la più forte del dopoguerra, dalla quale non si vedono ancora le possibilità di uscita, tenendo conto che la Commissione e il Consiglio a Bruxelles sono nettamente contrari a riconoscere la clausola di salvaguardia per le importazioni concorrenziali che arrivano da Paesi come la Cambogia e il Myanmar.
Effettivamente stiamo soffrendo un mercato che registra una diminuzione dei prezzi del nostro riso del 40 per cento. Stiamo vendendo al di sotto nettamente dei nostri costi di produzione. Il nostro è un grido d'allarme che esprimiamo a Bruxelles e al Ministro Martina. Se non ci sono provvedimenti urgenti, nel giro di un anno o due chiuderanno moltissime aziende risicole in Italia.
Comunque, grazie per questa opportunità. Io ho elencato determinati problemi, che ho mandato al presidente, onorevole Catania. Li riconfermo. Oggi siamo qui soprattutto per esporre a voi, attraverso i nostri tecnici, un sistema di regolamentazione che deve essere applicato nella coltivazione del riso biologico per far sì che ci sia un dato sistema che valga per l'Italia, per l'Europa e anche per le importazioni.
Non dimentichiamo che arriva riso biologico anche dalla Romania. Dico «biologico» per modo di dire, perché dovete sapere che in Romania l'acqua usata per coltivare il riso è l'acqua di sollevamento del Danubio. Il Danubio in quel tratto finale è forse il fiume più inquinato del mondo. Come si possa produrre il biologico, non lo so.
A noi serve studiare delle norme nuove, che vi spiegherà il professor Ferrero, proprio per tutelare un uso onesto del riso biologico. Tutti i risicoltori dell'organizzazione sono nettamente favorevoli alla produzione di riso biologico. Vogliamo, però, che siano impostate delle norme per cui non ci siano più frodi e ci sia una coltivazione corretta.
Volevo dire questo. Il resto l'ho detto nella lettera che ho mandato all'onorevole Catania, come presidente. Poiché vogliamo essere brevi e voi siete impegnati tra poco, lascio la parola al professor Ferrero, che ci segue nella risicoltura da molti anni, come in altre coltivazioni agricole, perché vi spieghi che cosa serve per regolamentare il settore biologico del riso.
PRESIDENTE . Colleghi, come avete ben compreso, poiché il presidente Ferraris è stato molto chiaro, il profilo che ci viene sottoposto è quello della contraffazione del riso biologico. Siamo nel perimetro di attività della nostra Commissione. Come ripeto, noi non abbiamo titolo per entrare nel merito della gravissima crisi che attanaglia il comparto, ma il profilo della presenza di riso biologico contraffatto spacciato per biologico non essendo tale è un profilo che attaglia al nostro campo di approfondimento.
Fatta questa premessa, do la parola al professor Aldo Ferrero, professore di agronomia presso l'Università degli studi di Torino.
ALDO FERRERO , professore di Agronomia presso l'Università degli Studi di Torino. Grazie, presidente. Intanto vorrei cercare di sintetizzare al massimo gli aspetti che sono alla base delle criticità sollevate dal signor Ferraris. In particolare, vorrei far presente il quadro generale nell'ambito del quale si sviluppa la produzione biologica.
Innanzitutto la risicoltura biologica sta avendo un periodo di grande successo a Pag. 6 livello europeo e mondiale. Il successo è legato a due aspetti significativi: il primo è la forte domanda di prodotto a livello europeo soprattutto; il secondo è il conseguente elevato livello delle quotazioni del riso biologico, mediamente dell'ordine di 3 volte rispetto a quello convenzionale. Questo vuol dire, in termini molto concreti, parlare di 850-900 euro a tonnellata di riso biologico contro i 250-300 del riso convenzionale. Questa è una prima considerazione.
La seconda considerazione riguarda il fatto che, come è noto – credo – a tutti i presenti, la produzione biologica del riso deve necessariamente disporre di una certificazione perché possa essere riconosciuta come tale. Tale certificazione viene rilasciata da organismi, noti come organismi di controllo, che sono nel 99 per cento, anzi nella totalità, dei casi organismi privati riconosciuti dal Ministero dell'agricoltura a certificare che tutto il processo produttivo, dalla semina in campo alla raccolta fino anche alla produzione e al confezionamento, avvenga secondo i protocolli previsti dalla produzione biologica. Questo è un altro aspetto importante.
Un'altra questione che vorrei richiamare e sottolineare è che fare dell'agricoltura biologica – non solo riso biologico – è molto difficile. Non basta dire che si ritorna al passato. Fare dell'agricoltura biologica e, in particolare, risicoltura biologica, che è un segmento dei più critici dell'agricoltura in termini agronomici e colturali, vuol dire utilizzare tecniche agronomiche e agrotecniche idonee e anche rinunciare, di conseguenza, in alcuni casi, a una produzione equivalente a quella del convenzionale.
Perché? Perché, non potendo disporre di strumenti moderni, di strumenti chimici che tutti conoscono – tutti hanno sentito parlare di diserbanti e di prodotti di sintesi nella fertilizzazione – necessariamente non si riescono a contrastare le avversità. Nel caso del riso le avversità principali sono le malerbe. Quello che serve, in questo caso, è il diserbo chimico, che si usa nel caso del convenzionale. Con tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione alternativi ai mezzi chimici oggi non riusciamo a contrastarle.
Lo dico da ricercatore, sulla base anche dei dati sperimentali e della bibliografia internazionale. Tutti sanno che l'università è riconosciuta, in quanto pubblica su un piano internazionale. I nostri lavori sono valutati a livello internazionale e devo dire che, come quelli di altri colleghi di altri Paesi, evidenziano un forte calo di produzione, non potendo disporre degli strumenti moderni – ripeto ancora – diserbanti per quanto riguarda la lotta alle malerbe, fungicidi contro le malattie fungine o di altri prodotti chimici. Questa è la seconda premessa che volevo fare.
Un altro aspetto che credo talvolta venga richiamato in merito alla produzione biologica come lagnanza da parte degli agricoltori biologici è quello legato alla cosiddetta contaminazione ambientale di fondo, intesa come contaminazione delle acque dei canali di cui si servono sia gli agricoltori biologici, sia i convenzionali.
Credo che tutti i presenti siano a conoscenza del fatto che il sistema irriguo nell'ambito risicolo, vuoi che includa le aziende convenzionali, vuoi che includa quelle biologiche, è un sistema unico, in cui non si può separare il sistema biologico da quello convenzionale. L'azienda biologica fa parte del tessuto irriguo di quella convenzionale.
Questa è una considerazione che teniamo in gran conto noi che ci occupiamo di ricerca, tant'è che il mio gruppo di lavoro si occupa ormai da almeno vent'anni di problematiche legate alla contaminazione delle acque, non solo ai fini della caratterizzazione e della qualità delle produzioni, ma anche per ragioni di carattere ambientale.
Noi monitoriamo il comportamento dei prodotti nelle acque e nei terreni. Quello che vi posso garantire, perché è suffragato da pubblicazioni internazionali, è che la contaminazione che si ha nelle acque del sistema irriguo generale – tanto per dire le cose come stanno, nei canali da cui vengono derivate le acque e nei quali vengono riversate le acque reflue della coltivazione del riso, biologico o convenzionale – è comunemente, nei periodi in cui questi Pag. 7 prodotti si impiegano, di un ordine di grandezza inferiore rispetto a quella che si ha all'interno degli appezzamenti dove si fanno i trattamenti.
Mi spiego meglio. I valori si esprimono normalmente in parti per miliardo di contaminanti, che sono, per esempio, i diserbanti. Se facciamo un trattamento in una risaia, rileviamo 30-40 parti per miliardo microgrammi/litro di acqua di diserbante. Nel sistema irriguo abbiamo 2-3 parti per miliardo, un ordine di grandezza inferiore.
Pertanto, alcune lagnanze che alcuni produttori biologici in genere manifestano quando devono giustificare delle situazioni non chiare in merito alla contaminazione che viene rilevata nei loro campi non sono sostenibili da questi fatti. Un conto è trovare 3 microgrammi/litro nei loro campi, un conto è trovarne 30. Si tratta di un'evidenza molto chiara di utilizzi impropri, in questi casi. Questa è un'altra sottolineatura che mi premeva evidenziare.
Un altro aspetto importante è quello relativo all'adesione alle misure regionali dei Piani di sviluppo rurale, che, come credo sia noto a tutti, prevedono un sostegno finanziario ai produttori biologici che deriva da un finanziamento comunitario.
Credo sia forse anche noto che, parlando della mia regione, la regione Piemonte, una regione risicola di un determinato peso a livello nazionale, soltanto non più di quattro o cinque aziende abbiano aderito ai protocolli dei Piani di sviluppo rurale. Questo crea sorpresa, perché, in fondo, si tratta di aziende certificate per produrre dei prodotti biologici, che debbono rispettare i protocolli di produzione specifici.
Qual è la ragione principale? In fondo, molte persone le conosciamo e abbiamo dei contatti anche diretti con loro. In molti casi questi risicoltori temono di dover incorrere nei controlli che, in questo caso, sono controlli che vengono effettivamente realizzati da parte delle autorità pubbliche. Vengono fatti a campione sul 5 per cento degli agricoltori che hanno aderito a queste misure. Preferiscono stare alla larga da tutto questo. In fondo, detto tra noi, qui stiamo parlando di tutto ciò che potrebbe essere non corretto sul piano legale.
Apro una parentesi. C'è un discreto numero di risicoltori – ne conosco tanti – che sono estremamente corretti e lavorano molto bene. Onestamente, però, sono i primi a essere penalizzati da tutta questa situazione. Questa era un'altra considerazione che volevo fare.
Un altro aspetto che, secondo me, merita di essere sottolineato è il fatto che, come avevo detto all'inizio, le produzioni biologiche debbono essere necessariamente certificate dagli organismi di controllo. Gli organismi di controllo, che, come dicevo prima, sono privati e devono sottostare all'autorizzazione da parte del Ministero dell'agricoltura, di fatto non subiscono alcuna limitazione. Non sono penalizzati per nulla nel caso in cui l'azienda agricola che certificano non rispetti i protocolli di produzione. Loro non perdono nulla. Non succede niente a loro.
Porto sempre un esempio ai miei studenti, quando parlo di queste cose: se mi rivolgo a un ingegnere che mi fa un calcolo del cemento armato per la costruzione che eseguo e la casa non sta in piedi, l'ingegnere che ha fatto questi calcoli, se la casa crolla, deve risponderne civilmente e penalmente in tutti gli aspetti. Questo è un altro aspetto che, secondo me, andrebbe richiamato, proprio perché, in questo modo, gli organismi di controllo potrebbero essere indotti a una maggiore attenzione.
C'è ancora un'altra criticità. In primo luogo, non esiste un disciplinare preciso per quanto riguarda l'operatività degli organismi di controllo. Vi parlo di una situazione che si è determinata in questi ultimi mesi, per cui la regione Piemonte mi ha chiesto di partecipare a questo gruppo di lavoro, che riguarda una linea-guida di Federbio. Federbio è una federazione di un gruppo molto ampio di organismi di certificazione. Devo dire che ha dimostrato di avere un atteggiamento estremamente pragmatico e realista anche in merito alle criticità del settore. È arrivata a mettere a punto un protocollo che tutti gli organismi di controllo dovrebbero volontariamente – Pag. 8 almeno gli associati – rispettare, il che è già molto.
In questo caso, sapete quante ispezioni debbono essere effettuate obbligatoriamente nei terreni di coltivazione? Una, in condizioni ordinarie. Quest'una, oltretutto, non è neppure improvvisata. Deve essere annunciata e concordata, se non – questo è indicato chiaramente – nel caso di aziende cosiddette a rischio. Quali sono le aziende a rischio? Sono unicamente quelle nelle quali ci sono già dei precedenti di comportamenti non corretti nel rispetto dei protocolli, ossia chi è già stato segnalato per non avere fatto una produzione corretta. Solo in quel caso si fa un'ispezione, una unica.
Come vi dicevo prima, se si arriva a fare un'ispezione nel momento non proprio idoneo a prendere dei campioni di acqua o di suolo nei terreni – peraltro, occorrono delle persone con competenze per fare i campionamenti – in questo caso si rischia di non trovare più le condizioni per poter giudicare se il comportamento sia corretto o meno. Questo era un altro aspetto importante.
Un'altra questione ancora, che è già stata ben sottolineata dal signor Giuseppe Ferraris, è relativa all'importazione anche nel nostro Paese di partite di riso biologico, certificate tali da organismi di certificazione e da organismi di controllo, da altri Paesi. È stato citato – credo – il caso della Romania, ma non andiamo a vedere la Romania o un altro Paese. Dobbiamo già guardare in casa nostra.
Queste partite di riso vengono anche – e questo è un aspetto, secondo me, abbastanza critico – da Paesi terzi, da Paesi asiatici e soprattutto da quelli che noi chiamiamo EBA, cioè Everything but Arms. Mi riferisco, in particolare, a Myanmar e Cambogia.
Io sono un sostenitore del cercare di sviluppare un'agricoltura sostenibile in quei Paesi, compresa l'Africa, perché è l'unico modo per bloccare le migrazioni da alcuni Paesi. Come si diceva, insegniamo a pescare più che regalare pesce. Facciamo attenzione, però: dobbiamo anche fare in modo che gli strumenti utilizzati siano pari. In quei Paesi siamo ben a conoscenza che si utilizzano molti prodotti in maniera anche impropria, perché non c'è neanche la cultura tecnica idonea per un utilizzo corretto. Forse è colpa, a volte, non solo degli utilizzatori, ma anche di tutto un mondo che gira intorno a loro.
Non solo, in quegli stessi Paesi esiste anche uno stato di contaminazione generale dell'ambiente – credetemi o no – molto alto, in alcuni casi. È dovuto a che cosa? È dovuto anche a iniziative dei Paesi ricchi, non lo nego. Per esempio, sappiamo che oggi c'è una grande industria che fa della chimica – della chimica sporca, dobbiamo dire – con prodotti che hanno processi che rilasciano nell'ambiente anche dei residui importanti.
Queste aziende delocalizzano. Un tempo c'era la Cina. Adesso la stessa Cina si trasferisce in molti di quei Paesi EBA a fare delle produzioni – scusatemi il termine – sporche. Queste produzioni sporche riguardano soprattutto gli areali risicoli, perché si tratta di Paesi che vivono essenzialmente di agricoltura.
Non solo, le tecnologie che utilizzano questi Paesi nei processi di coltivazione, al di là del fatto che l'ambiente di coltivazione possa o non possa essere contaminato o che i protocolli di produzione biologica siano rispettati anche in quei Paesi – conosco delle realtà molto buone anche in quei Paesi – non sono tanto avanzate da consentire di avere un prodotto, dal punto di vista sanitario, di qualità. Adesso mi sposto un po’ su altri aspetti, che non riguardano solo la contaminazione chimica.
Guardate che anche le produzioni del passato in casa nostra, nell'anteguerra, quando veniva fatta soltanto la trebbiatura sull'aia di casa con i cavalli o i buoi che schiacciavano le piante di riso, come quelle di frumento, per separare il granello, creavano delle condizioni non favorevoli a una sicurezza sanitaria. La raccolta non fatta nei momenti più appropriati comporta anche lo sviluppo di malattie fungine.
A suo tempo – i miei genitori non esistono più – i miei genitori dicevano che in passato era tutto più sano, ma si moriva a quarant'anni e non si moriva neppure di tumori. Adesso sappiamo che le aflatossine sono dei veleni micidiali. Sono i peggiori veleni della natura. Vent'anni fa non eravamo Pag. 9 neanche in grado di determinare i livelli di azione.
Questo è il quadro di fondo. Attenzione, io qui ho gettato soltanto un grido di allarme. Ci sono delle cose che funzionano, ma noi dobbiamo andare a vedere gli aspetti critici, se vogliamo cercare di porre rimedio a ciò che non funziona. Certamente c'è molto che funziona, sia chiaro. Io sono il primo a sostenere – è stato già detto precedentemente molto bene dal signor Ferraris – che l'agricoltura biologica sia un'opportunità notevole per il nostro Paese, come la convenzionale. C'è il rischio, però, che, facendo una cattiva agricoltura biologica, non rendiamo un bel servizio ai veri produttori biologici, i quali sono di fronte a produzioni dimezzate rispetto a quelle convenzionali e a biologici non onesti, che fanno ricavi notevoli, alterando tutto il sistema del mercato risicolo del nostro Paese.
Credo sia stato ben sollevato già in altre occasioni il fatto che questa situazione abbia creato una corsa alla produzione del biologico, vero o un po’ meno. Ciò vuol dire alterare il mercato degli affitti. Nel giro di pochi anni sono quasi raddoppiati i prezzi degli affitti. Molte società finanziarie sono interessate a produrre il biologico. Hanno scoperto l'agricoltura, guardate un po’. Addirittura – è stato detto, ma noi non possiamo stabilire un nesso diretto – ci sono furti di prodotti fitosanitari. È facile poi creare un mercato parallelo.
Io ho molti studenti, molti dei quali sono risicoltori. Un ragazzo è venuto a dirmi che si voleva confessare. Gli ho risposto che non sono un prete. Lui veniva a raccontarmi la sua situazione. Ha 70 ettari di proprietà. I suoi genitori, che sono anziani, li hanno lasciati a lui in gestione. Altri 70 ettari li affittano. Il proprietario dei terreni che glieli dà in affitto ha detto al mio studente che è un bravo ragazzo e che ci tiene proprio che possa continuare a lavorare, ma gli ha detto anche che qualcuno gli viene a offrire il doppio dell'affitto che lui e suo padre hanno sempre pagato. O si adegua, o gli verranno tolti questi terreni.
Vedete, è già un piccolo esempio. Vado ad acquistare i prodotti del commerciante e li devo nascondere. Li nascondo in cucina e in camera da letto, perché esiste un tam tam per cui si sa che i prodotti sono andati nell'azienda tale del commerciante e il rischio è di essere poi visitato.
Sto un po’ estremizzando. Questo è un caso. Non è che siano tutti questi i casi, sia chiaro. Ci tengo, però, anche a darvi, attraverso questi esempi, che sicuramente non rappresentano la generalità dei casi, un'idea della criticità che si sta creando. Ci tenevo a fare questo.
Tra l'altro, di tutte queste cose che vi ho detto, in maniera forse non chiarissima – lo posso riconoscere – noi abbiamo lasciato soltanto una brevissima memoria, in cui questi punti sono richiamati molto in sintesi. Tenuto conto di queste considerazioni, proporremmo – questa è una proposta – di fare in modo che dai fascicoli delle aziende e attraverso le denunce all'Ente nazionale risi, l'organismo che di fatto riunisce tutti gli interessi del mondo della risicoltura, si definisca in modo chiaro la produzione biologica, in termini territoriali, di superficie, rispetto alla convenzionale.
C'è un altro aspetto che mi sono dimenticato di riferirvi: le normative comunitarie prevedono che l'azienda possa essere mista, ossia che possa produrre sia convenzionale, sia biologico. Questa è un po’ un'aberrazione, ma ci adattiamo.
Questa sarebbe una soluzione che, secondo me, toglierebbe determinate velleità o le tentazioni di non comportarci bene: stabilire dei livelli massimi di produzione per gruppi varietali. Credo che molti dei presenti in sala sappiano benissimo che esistono risi diversi. Ci sono i risi da risotto e i risi per altre utilizzazioni. Le rese e le produzioni a ettaro degli uni e degli altri sono molto diverse. In funzione delle varie tipologie si potrebbero prevedere delle decurtazioni. Del resto, se facciamo del vino generico, produciamo 150 quintali di vino o di uve. Se facciamo del Barolo, ne produciamo soltanto 60.
Proponiamo, inoltre, di rendere obbligatoria la rotazione colturale, il che vuol dire ridurre la pressione delle piante infestanti, e di vigilare sulla correttezza degli organismi di controllo. Pag. 10
Avrei finito. Forse vi ho rubato un po’ di tempo. Spero di essere stato sufficientemente chiaro.
PRESIDENTE . Direi che è stato ampiamente chiaro. Comunque, ci gioverà il fatto che lasciate la relazione su cui avete esposto le questioni.
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
MARCO DONATI . Pongo solo una domanda abbastanza rapida e veloce.
Sono tante le sollecitazioni che avete fornito. Rispetto agli elementi che avete portato in merito alle produzioni che provengono dall'estero, le recenti notizie fornite dai Ministeri dello sviluppo economico e dell'agricoltura sull'etichettatura d'origine per i prodotti del riso possono andare in parte incontro alle esigenze che avete rappresentato, quanto meno per la riconoscibilità del prodotto, anche nell'ottica di orientare il consumatore verso le produzioni nostrane? Le ritenete risolutive di alcune delle problematiche che avete sopra esposto, oppure sono altre le soluzioni, che in parte avete anche già suggerito nel vostro intervento?
ALDO FERRERO , professore di Agronomia presso l'Università degli Studi di Torino. Devo dire di sì. C'è stato un miglioramento sotto questo punto di vista. Tuttavia, quello che, secondo me, ancora necessita di ulteriori miglioramenti è il controllo della qualità dei prodotti all'importazione. Noi riscontriamo frequentemente dei respingimenti di partite di riso che provengono da altri Paesi, soprattutto dai Paesi che avevo citato prima, perché non rispondono agli standard minimi di sicurezza.
Secondo me, va intensificata l'azione in questo senso, al di là dell'assenza di dazio. Questo è un aspetto di cui io non mi occupo. Attiene ad altri aspetti. Per quanto riguarda la sicurezza, credo che si debba ancora migliorare, se possibile, il controllo all'importazione, soprattutto sulla sicurezza sanitaria e sulla rispondenza delle caratteristiche dei prodotti importati alle nostre normative comunitarie.
Credo sia molto chiaro che, dal punto di vista dei vincoli posti all'utilizzo dei prodotti chimici di produzione agricola, l'Europa è uno dei Paesi più avanzati. Un tempo noi guardavamo all'America come Paese di riferimento. Adesso l'America guarda all'Europa. Veramente ci sono forti limitazioni, soprattutto a livello di residui. Guardate che la sicurezza vuol dire residui di prodotti negli alimenti e il riso non è altro che un alimento. Direi che si dovrebbe porre ancora un po’ di attenzione e soprattutto creare le condizioni perché venga migliorata l'efficienza nella valutazione della qualità.
Non so se ho risposto alla sua domanda.
SUSANNA CENNI . Devo dire che ho ascoltato con grande attenzione gli interventi degli auditi. Poiché questa è una Commissione d'indagine, noi siamo abituati a prendere molto sul serio le cose che vengono dette qui, perché non si tratta di una chiacchierata fra amici, ma di un'audizione. Quindi, le considerazioni che sono state svolte appariranno negli atti e nei lavori della nostra Commissione. Tuttavia, qualche domanda anche per capire meglio mi sento di farla.
Io ho sentito una serie di osservazioni di carattere generale, non una casistica precisa a cui si fa riferimento a determinate aziende, a determinate aree del Paese e a determinate casistiche. Lo dico perché fare osservazioni di questo tipo, che non hanno un riferimento specifico, può significare dire che in questo Paese non esiste il riso biologico, perché non c'è possibilità di farlo e perché, in un modo o in un altro, ci sono contesti che non consentono questa produzione, o, ancor peggio – ovviamente, le faccio delle domande per avere conferma di queste cose – che non vengono fatti controlli sufficientemente accurati ai fini di certificare che ci sia una produzione di riso biologico.
Un'altra questione è il tema del riso che viene importato, su cui, ovviamente, il nostro Paese ha qualche possibilità in meno di fare verifiche. Dico questo perché credo che noi, come Commissione, abbiamo tutto l'interesse a far emergere tutti i fenomeni di possibile Pag. 11 contraffazione o di non corrispondenza dell'etichettatura e delle certificazioni al prodotto reale, ma non ci possiamo limitare a insinuare il dubbio. Abbiamo bisogno – io credo – di qualche dato certo.
Pertanto, mi permetto di chiedere, oltre all'insinuazione del dubbio, qualche contesto un po’ più attendibile cui fare riferimento. Magari, presidente, chiederei, a questo punto, se vogliamo approfondire il tema, di ascoltare anche le associazioni biologiche e il Ministero dell'agricoltura. Diversamente, rischiamo di aprire un piccolo fronte non completando le informazioni a nostra disposizione.
PRESIDENTE . Su questo discuteremo ad audizione terminata. Diamo la parola anche al collega Pastorelli. Poi avrete modo, se volete, di rispondere.
ORESTE PASTORELLI . Grazie, presidente. Ho ascoltato attentamente le parole degli auditi. È vero che nel nostro Paese c'è un problema che riguarda i risicoltori. C'è una forte diminuzione – questo lo dicevate anche voi – per i problemi dei dazi, che comunque fanno un mercato totalmente diverso da quello italiano e, dall'altra parte, c'è il problema che altri Paesi non adottano i sistemi di controllo italiani. I controlli italiani ed europei sono al massimo rispetto ad altri Paesi da cui viene importato il riso e i controlli non ci sono.
Questo lo dicevo in un mio intervento proprio sulla mozione alla Camera in merito al problema dei risicoltori. Presentai anche un'interrogazione di questo tipo sul problema, che investiva una grossa area del nostro Paese.
Come diceva la collega Cenni, questo è un problema importante. Noi dobbiamo, come Commissione di inchiesta sulla contraffazione, prendere tutti gli elementi per cercare di fornire degli input per risolvere il problema. Qui faccio un passaggio sull'agricoltura biologica.
A livello nazionale l'Italia porta avanti con grande interesse il problema biologico. Abbiamo approvato anche alla Camera un disegno di legge che va sull'agricoltura biologica. Sentendo oggi queste dichiarazioni, ritengo che dobbiamo cercare di affrontarle con grande riservatezza, ma entrando nel merito vero di questa problematica.
Nel momento in cui portiamo avanti a livello politico, di Governo e di Parlamento, l'etichettatura e la salvaguardia e il made in Italy dobbiamo tenere ferme e aiutare le aziende che producono sul nostro territorio.
Quanto al problema dei PSR, che sono comunque programmi gestiti a livello regionale, anche quando le aziende – lei dice – non partecipano sulla parte biologica perché continuano a produrre come vogliono, senza determinati parametri, effettuando il risultato e la vendita in una maniera inferiore, si cerca in qualche maniera di chiudere un mercato che va verso le aspettative che noi vogliamo.
Le domande che volevo fare sono queste. Come diceva giustamente il presidente, si tratta di fare una riflessione più attenta affinché la Commissione possa avere più elementi che vanno verso la direzione di aiuto a chi produce veramente biologico. Dall'altra parte, non sapevo che chi attribuisce la certificazione, se fa una certificazione falsa, non paga personalmente attraverso la certificazione che ha fatto. È un problema vero, che bisogna che noi affrontiamo.
PRESIDENTE . Do la parola agli auditi per la replica. Credo che risponda il professor Ferrero. Professore, ho visto che la sua sintesi è molto efficace. Mi raccomando, perché abbiamo una tempistica.
ALDO FERRERO , professore di Agronomia presso l'Università degli Studi di Torino. Rispondo all'onorevole Cenni. Io sono consapevole – lei ha perfettamente ragione – che si debbano considerare i fatti e definirli, ma non è facile. Non è facile e sono il primo a riconoscerlo. Giustamente, potreste chiederci allora sulla base di quale considerazione e di quali elementi oggettivi facciamo queste affermazioni.
Io riferisco solo un elemento oggettivo: poiché i capelli non li ho più, piuttosto che averli bianchi, e mi occupo da tanti anni di riso, devo dire che vorrei trovare il risicoltore che, pur utilizzando tutti gli strumenti a disposizione dell'agricoltura biologica, riesca Pag. 12 a ottenere i livelli produttivi del convenzionale. È praticamente impossibile, in un campo di riso gestito con tutte le tecniche ottimali che le buone tecniche agronomiche mettono a disposizione, la rotazione in primis, quand'anche alcuni riescano ad avere deroghe, ormai diventate regole, per non avere la rotazione. Per la rotazione un anno si coltiva riso e un altro anno altre colture, che interrompono e sfasano i cicli delle avversità. Sfido ad avere dei risi puliti.
Guardi che, in base all'esperienza – in merito abbiamo bibliografia a iosa – anche con un controllo medio degli infestanti perdiamo come minimo il 30 per cento delle produzioni. Sono questi i dati oggettivi. Basta fare dei sopralluoghi e vedere delle risaie belle pulite, con argini senza malerbe, belli gialli, che sono gli effetti tipici.
Mi rendo conto che la mia è un'indicazione di tipo generalistico e non oggettivo, ma, come dicevo precedentemente, basta non andare a fare le analisi al momento appropriato e non si riscontrano più elementi tali che provino l'utilizzo di prodotti non idonei.
Dobbiamo arrivare in maniera indiretta, secondo me, coinvolgendo gli interessati. Devo dire, avendo collaborato anche all'elaborazione delle linee-guida insieme a Federbio, ovviamente trovandomi un po’ in contrapposizione, ma in maniera giusta e dialettica tra componenti del tavolo di lavoro, che c'è stato anche il riconoscimento e la volontà di andare in questa direzione e di arrivare anche a stabilire delle riduzioni di produzione, perché non si possono fare miracoli in questo senso.
Questo è un dato. Non vorrei dire quante aziende colte, più o meno, in fallo ci siano. Sappiamo che dopo la trasmissione Report ci sono stati dei sequestri da parte della Guardia di finanza. Il tutto è stato dissequestrato dopo un po’ di mesi, perché di fatto il danno non c'era stato, in quanto questi signori, essendo stati bloccati prima, non avevano immesso sul mercato del prodotto biologico. Di fronte a una situazione difficile sarebbero usciti dalla produzione, hanno sostenuto. Ci sono situazioni che non conosco nel dettaglio. Questo è quello che viene riferito.
Facciamo attenzione. Ancora una volta, questo non è da prendere come un elemento oggettivo, ma sono pochissimi i casi in cui c'è la possibilità di disporre di dati oggettivi, proprio perché bisogna intervenire. Si può fare, ma bisogna intervenire, e intervenire vuol dire fare dei sopralluoghi, non concordati. Mi perdoni, ma è come se io dicessi – è molto forte questo – ai ladri di riferirmi quando vogliono venire a casa. Non è questo il caso. Era un esempio. Non voglio fare il parallelismo. Non posso concordare un'azione di controllo.
C'è un'altra cosa che non mi convince troppo: credo che gli organismi di controllo siano in conflitto di interessi, perché sono pagati dagli stessi controllati. Questo di solito non avviene. Questo è quanto volevo dire.
C'era un altro aspetto su cui condivido quello che l'onorevole Pastorelli ha detto precedentemente. Non vedo delle cose da aggiungere.
PRESIDENTE . Abbiamo esaurito l'ordine del giorno. Vedremo, secondo le giuste sollecitazioni della collega Cenni, ma anche l'intervento del collega Pastorelli, nella prossima riunione a decidere quali saranno gli eventuali seguiti di questo dossier. Acquisisco la relazione cartacea e chiedo al professore, sulla base degli elementi che ha ricevuto, di mandarci questa relazione per posta elettronica, in modo che possa essere fatta circolare a tutti i membri della Commissione.
Dichiaro conclusa l'audizione e dispongo che la relazione presentata sia allegata al resoconto stenografico della seduta odierna.
La seduta termina alle 15.05.
Pag. 13ALLEGATI
Pag. 14 Pag. 15ALLEGATO 1
RELAZIONE SUI RAPPORTI TRA CRIMINALITÀ
ORGANIZZATA E CONTRAFFAZIONE
(Relatrice: on. Susanna Cenni)
1. INTRODUZIONE
In questi anni di attività della Commissione le audizioni, gli approfondimenti svolti, le indagini concluse, ci hanno consegnato un quadro di informazioni piuttosto chiare circa le tendenze del fenomeno contraffazione:
- una sua crescita esponenziale;
- un quadro normativo e politiche di contrasto disomogenee a livello internazionale;
- una flessibilità «straordinaria» nell'innovare e adattare le tecniche di contraffazione;
- un intreccio assai diffuso con il lavoro nero, i fenomeni di inquinamento ambientale, ecc.
Questi elementi sono stati, ed in alcuni casi purtroppo continuano ad essere, una sorta di humus per un forte intreccio con varie forme di criminalità organizzata, come emerso da indagini svolte nel nostro Paese ed in contesti internazionali.
Numerose audizioni hanno informato la Commissione su queste relazioni con camorra, ’ndrangheta, cosa nostra e anche con dinamiche di finanziamento delle forme di terrorismo internazionale.
La Relazione, come deliberato dall'Ufficio di Presidenza, è frutto del lavoro di molti mesi e di un percorso che ha cercato di indagare, per quanto possibile, il fenomeno, di raccogliere dati, di interrogarsi sulle ragioni di questo rapporto.
L'Ufficio di Presidenza della Commissione ha deliberato quindi lo svolgimento dell'inchiesta in oggetto, in considerazione della gravità del fenomeno considerato l'enorme sviluppo in sede internazionale della contraffazione, sia per lo sviluppo dei commerci in sede mondiale e della globalizzazione dell'economia, sia per il sempre più penetrante intervento della criminalità organizzata in questo settore.
La delibera istituiva del 25 settembre 2013, infatti, attribuisce alla Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo il compito (articolo 1, comma 4, lettera i) di raccogliere dati sulle diverse realtà territoriali e dei distretti industriali italiani, allo scopo di accertare la dimensione del fenomeno, anche con riferimento alle connessioni con la criminalità organizzata.
Già nel corso delle precedenti relazioni approvate dalla Commissione era emerso con chiarezza il ruolo crescente della criminalità organizzata nello sviluppo del fenomeno della contraffazione e come Pag. 16 senza analizzare questo profilo l'analisi del fenomeno complessivo fosse incompleto.
Preoccupazione costante della Commissione nel corso della legislatura è stata quella di non limitare l'analisi ai dati evidenti del fenomeno, che spesso privilegiano i momenti terminali di una filiera costituiti dalla vendita al dettaglio e all'attività di contrasto delle forze dell'ordine e della magistratura che portano ai sequestri della merce contraffatta e ai successivi procedimenti penali, ma invece di risalire e comprendere l'intera filiera del fenomeno.
Una serie di caratteristiche della contraffazione attuale – quali le caratteristiche di internazionalizzazione di tale business, dove la merce contraffatta, prodotta spesso nei Paesi asiatici, giunge in Europa ed in America attraverso un flusso ordinario e costante che comprova la disponibilità di reti ed infrastrutture per i traffici marittimi, terrestri ed aerei per la loro movimentazione, lo sviluppo del fenomeno anche tramite il commercio elettronico, la diffusione sul territorio dello smercio di tali beni – comprovano l'esistenza di un livello molto strutturato ed organizzato delle filiere di tale fenomeno che trovano nel ruolo della criminalità organizzata un supporto ed un protagonismo essenziale.
Di qui la necessità di approfondire il tema, di evidenziarne le caratteristiche, sottolineandone la pericolosità e valutare alcune proposte per intensificarne il contrasto.
L'indagine si è svolta con un numero ampio di audizioni, che hanno visto le istituzioni e le associazioni impegnate nella lotta alla criminalità organizzata, e tramite alcune missioni sul territorio.(1) Pag. 17
Mentre in passato la contraffazione aveva una dimensione locale e sostanzialmente artigianale, oggi questo fenomeno è diventato una vera e propria «industria della contraffazione», con canali del tutto nuovi e collocati anche nella rete elettronica, realizzata in modo sistematico e su dimensione sovranazionale come emerso dalla «Relazione sul fenomeno della contraffazione sul web», da parte del relatore Baruffi e approvata dalla Commissione il 23 marzo 2017.
Vi è l'evidenza, dimostrata, di una crescente presenza delle organizzazioni criminali nel settore.
Nel corso di una visita della Commissione a Napoli il 3 e 4 maggio 2017 è stata sottolineata l'evoluzione del fenomeno della contraffazione negli ultimi decenni, passata da un ambito locale, che sfruttava una propensione, ad esempio nell'area del Napoletano, delle maestranze locali ai falsi di qualità e che operano in specifici settori (ad esempio nella pirateria digitale con i CD e DVD falsi) ad una dimensione internazionale nella quale le organizzazioni criminali di stampo mafioso gestiscono in modo imprenditoriale le attività.
Per tali organizzazioni risulta molto profittevole commercializzare merce contraffatta, sia prodotta in Italia, sia favorendo l'importazione di merce fornita da organizzazioni criminali straniere con le quali si stringono accordi di collaborazione, fermo restando che le organizzazioni criminali italiane impongono le proprie regole di controllo del territorio.(2)
La Commissione ritiene che occorra non limitarsi a guardare il fenomeno a valle, considerando solo lo smercio della merce contraffatto in sede di negozi etnici o di ambulantato, ad esempio sulle spiagge d'estate, spesso espressivi di situazioni di marginalità sociale e di sfruttamento, ma che occorra invece risalire «a monte» la filiera della produzione, spesso a carattere sovranazionale, dei prodotti contraffatti posti in vendita.
Ci si deve rendere conto, in altri termini, che dietro lo smercio al dettaglio opera una filiera internazionale estremamente organizzata, spesso collegata alla criminalità organizzata.
In tal senso devono essere ricordate le dichiarazioni del Ministro della giustizia Andrea Orlando in audizione presso la Commissione il 19 novembre 2015, che, riferendosi alle relazioni della Direzione nazionale antimafia, ha evidenziato come «il fenomeno della contraffazione abbia assunto negli anni le caratteristiche di una vera e propria impresa criminale altamente organizzata, con un mercato di riferimento internazionale e una rete produttiva e distributiva transnazionale, che fino a tempo fa erano limitati ai soli beni di lusso collegati alla moda, ma che sempre di più hanno invaso ogni settore commerciale, compresi Pag. 18 quelli relativi ai beni di uso comune, con ricadute frequenti e gravi anche sulla salute dei consumatori.»
Il dato che la contraffazione sia oggetto di particolare attenzione, in sede internazionale, da parte delle associazioni organizzate di stampo criminale è confermato dallo studio elaborato nel 2013 dall'UNICRI, in cooperazione con il MISE e la Direzione Nazionale Antimafia e altre forze di polizia. Sulla base dell'analisi di 27 casi giudiziari sulla criminalità organizzata, è stato evidenziato che i clan di camorra, soprattutto, e ’ndrangheta si siano orientati in maniera sempre crescente al commercio e alla produzione di merci contraffatte.(3)
Un altro profilo che è emerso dalle audizioni è quello della strumentalità della contraffazione, in quanto fonte di grandi profitti per le organizzazioni criminali, intesa come fonte di finanziamento per gruppi criminali dediti al terrorismo.
Il quadro che è emerso da questa ampia ricognizione dei problemi e confronto con i soggetti più qualificati del settore, e che la presente relazione intende approfondire, è pertanto molto complesso.
2. LE DIMENSIONI DEL FENOMENO
2.1 Le dimensioni quantitative della contraffazione.
Alcuni dati evidenziano la gravità del fenomeno.
Nello studio «Trade in Counterfeit and Pirated Goods» del 2016, a cura dell'OCSE e dell'Ufficio per la proprietà intellettuale dell'Unione europea (EUIPO), si stima che il 2,5 per cento degli scambi mondiali sia costituito da beni contraffatti, per un valore corrispondente a 338 miliardi di euro al tasso di cambio dell'epoca, che al tasso odierno equivale a 461,85 miliardi di dollari, una cifra pari al PIL dell'Austria o alla somma del PIL di Irlanda e Repubblica Ceca. Le importazioni di merce contraffatta in Europa riguardano il 5 per cento del totale. È importante sottolineare che il report certifica che l'Italia dopo gli Stati Uniti è il Paese più interessato dal fenomeno della contraffazione.
Le tabelle che seguono, presentate dall'OCSE nell'audizione in Commissione del 27 marzo 2017, mostrano la rilevanza della contraffazione nel panorama globale dei traffici illeciti di beni, per un importo totale di 461 miliardi di dollari nel 2016, prima voce mondiale all'interno dell’«Illicit Trade», molto superiore al traffico di stupefacenti. Il trend è in forte crescita, in quanto nel 2008 il volume globale si attestava a 200 miliardi di dollari, pari all'1.9 per cento del totale del traffico commerciale.
La grafica evidenzia le direttrici di alimentazione a livello mondiale. La seconda tabella mostra che il 5 per cento di tutte le merci importate in Europa risulta contraffatta, per un volume totale pari a 85 miliardi di euro (116 miliardi di dollari).
Per quanto riguarda la provenienza geografica della merce contraffatta, l'OCSE ha fornito una rappresentazione riferita al 2013, Pag. 20 riportata nella tabella che segue, riferita al numero di sequestri effettuati, con suddivisione anche per tipologia merceologica e Paesi più colpiti dalla contraffazione:
La tabella evidenzia la prevalenza assoluta della Cina come Paese di provenienza, e come tra i Paesi più colpiti dal fenomeno dopo gli Stati Uniti vi sia proprio l'Italia. Nell'analisi dell'OCSE ciò dipende dal fatto che l'industria italiana è molto forte in termini di marchi, in quanto il made in Italy costituisce una tendenza mondiale, ed è pertanto molto vulnerabile alla contraffazione.
Per l'Italia tra i Paesi maggiore provenienza delle merci contraffatte, dopo Cina ed Hong Kong, largamente al primo posto, vi è la Grecia: il porto del Pireo, controllato da società cinesi, date le lacune dell'azione di contrasto in Grecia, può diventare una grande porta d'accesso delle merci illegali in Europa; seguono Singapore, Thailandia, Turchia; Marocco, Germania, Tunisia, Emirati Arabi Uniti e Senegal.
Nel rapporto del CENSIS «La contraffazione: dimensioni, caratteristiche ed approfondimenti», del giugno 2016(4) , si stima che il fatturato della contraffazione in Italia nel 2015 ammonti a 6,9 miliardi di euro, Pag. 21 con un incremento del 4,4 per cento rispetto ai 6,5 miliardi di euro stimati per il 2012; la perdita di gettito fiscale conseguente a tale giro d'affari illecito è stimata in 5,7 miliardi di euro (1,7 miliardi di euro per la produzione diretta e 4 miliardi di euro per la perdita di gettito sulla produzione indotta in altri settori connessi), con un valore aggiunto sommerso di 6,7 miliardi di euro ed oltre 100.000 posti di lavoro in meno. Un'eventuale immissione sul mercato di un equivalente di merci legali al valore di quelle contraffatte sarebbe suscettibile di determinare un incremento della produzione interna pari a 18,6 miliardi di euro (lo 0,6 per cento del totale), con aumento del valore aggiunto del Paese di 6,7 miliardi.
La contraffazione riguarda quasi tutti i settori merceologici.
Il settore maggiormente esposto è quello dell'abbigliamento, con un valore della produzione di 2,2 miliardi di euro, pari al 32,5 per cento del totale. Seguono il comparto degli audiovisivi, con quasi 2 miliardi di euro (28,5 per cento del totale), il materiale elettrico e i prodotti informatici con un 1 miliardo di euro, i prodotti alimentari anch'essi con 1 miliardo di euro. In termini di sequestri effettuati dalla Guardia di Finanza nel periodo 2012/2016, su un totale di oltre un miliardo di pezzi, i macro-settori «beni di consumo» (439 milioni di unità) e «giocattoli» (251 milioni di unità) coprono il 63 per cento del totale, seguiti dagli «articoli elettronici» (al 22 per cento con il sequestro di oltre 245 milioni di pezzi) e dal settore «moda» (al 15 per cento con oltre 164 milioni di pezzi).
La tendenza in atto è quella all'ampliamento della gamma di beni oggetto di contraffazione, con sempre maggiori pericoli per la salute del consumatore a causa dei materiali utilizzati: dal pellet per uso domestico di provenienza est-europea ai cuscinetti a sfera importati dalla Cina via internet; dai tappi in plastica e coprilattina con marchio di note bibite; dai capi di maglieria realizzati con «pelo di coniglio» in luogo del cachemire ai cosmetici e profumi contenenti alte percentuali di toluene e benzene ai termocaloriferi assemblati con fibre di amianto; dai rubinetti che rilasciano il piombo ai giocattoli contraffatti contenenti ftalati; dai gioielli contraffatti con un'alta concentrazione di nichel alle scarpe e alla pelletteria con anomale percentuali di cromo esavalente; dalle sigarette contraffatte con valori di catrame, piombo ed arsenico centinaia di volte superiori alla norma alle «cheap white», sigarette originali prodotte in Russia, Bielorussia, Emirati Arabi Uniti, Cina e Ucraina, ma non commercializzabili nell'UE in quanto non conformi ai parametri di produzione e commercializzazione previsti dalla normativa comunitaria.(5)
Anche il CENSIS, come già visto per l'OCSE, evidenzia che il principale Paese di provenienza di merci contraffatte è la Cina, con il 66 per cento del totale dei beni sequestrati alle frontiere europee nel 2013 (23,7 milioni di pezzi sul totale di 36 milioni), con la specializzazione di altri Paesi per tipologia merceologica (Egitto per gli alimentari, Turchia per profumi e cosmetici, Hong Kong per elettronica). L'Italia è stata leader nel 2013 per numero di pezzi sequestrati (4,9 Pag. 22 milioni) e al quarto posto per illeciti riscontrati in dogana (5.492 su un totale europeo di 86.854).(6)
2.2 La pericolosità della contraffazione.
La contraffazione è un fenomeno estremamente dannoso per il sistema produttivo e per i consumatori italiani, La sua pericolosità è accentuata dal fatto che si tratta di un fenomeno in costante crescita, tanto più nell'ambito della globalizzazione dell'economia e dei commerci e, non da ultimo, della crescita dell’e-commerce, con quello che ciò comporta in tema di incremento dell'offerta di prodotti contraffatti.
I danni recati dalla contraffazione sono molteplici.
La violazione sistematica dei diritti di proprietà industriale (marchi, disegni, brevetti) e della proprietà intellettuale (diritto d'autore, compromesso dalla pirateria digitale e multimediale) genera non solo effetti nocivi sulla concorrenza e sul fatturato delle aziende, cui viene sottratto illecitamente una fetta del mercato, ma sulla stessa competitività delle imprese. L'Italia, la cui economia è tipicamente vocata alla manifattura, anche attraverso un prezioso tessuto di piccole medie imprese, è particolarmente colpita dal fenomeno.
La falsificazione dei marchi e dei prodotti e la pirateria digitale, oltre ad una grave distorsione complessiva dell'economia determina un danno a lesione particolarmente marcata proprio ai prodotti di qualità che costituiscono l'essenza del «made in Italy». Si tratta di prodotti ad alto valore aggiunto, che hanno i propri elementi qualificanti, rispetto alle produzioni di altri Paesi, nello stile e nel design, ad esempio dei prodotti dell'abbigliamento oppure nella qualità dei prodotti dell'agroalimentare. Le aziende colpite vedono infatti ridursi il proprio fatturato, laddove sono sempre più richiesti investimenti qualificati per sviluppare costantemente l'innovazione e adeguare le produzioni.
In secondo luogo devono essere considerati i danni alla salute del consumatore, in quanto molte delle produzioni contraffatte o false sono realizzate con materiali di scarsa qualità o addirittura nocivi per la salute, ad esempio nel settore agroalimentare ma anche, ad esempio, per l'impiego di coloranti o altri materiali nocivi per la salute nel campo della moda. Questo profilo risulta in crescita anche dalle statistiche: il numero di sequestri di prodotti contraffatti operati dalla Guardia di Finanza è in forte crescita per il profilo della pericolosità per la sicurezza dei cittadini.(7)
In terzo luogo devono essere considerati gli effetti sul piano sociale della costituzione di vere e proprie «filiere», sia della produzione che dello smercio al dettaglio, di prodotti contraffatti: nel primo caso queste si caratterizzano per lo sfruttamento di lavoro in nero, in violazione di ogni normativa sulla sicurezza su lavoro, mentre nel secondo costituiscono una forma di reclutamento o del c.d. caporalato Pag. 23 o di manovalanze già impiegate in attività di criminalità o microcriminalità, spesso anche con lo sfruttamento dell'immigrazione.
In quarto luogo va considerata la collateralità dei processi produttivi di merce contraffatta rispetto a gravi fenomeni di inquinamento ambientale, come confermato alla Commissione nella missione a Napoli dello scorso 3 e 4 maggio 2017. Nel corso di tali audizioni è stato sottolineato dal Sindaco di Napoli De Magistris come lo smaltimento delle lavorazioni della produzione della merce contraffatta inquini le falde acquifere e i fiumi, come avvenuto nelle zone tra Avellino e il Nolano. Nell'audizione con la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli del 4 maggio 2017 a Napoli è stato affrontato il tema dello sversamento di rifiuti industriali legati alle lavorazioni di merce contraffatta nella Terra dei fuochi nell'agro campano. La Procura di Napoli(8) ha scelto di coniugare il contrasto all'attività di contraffazione con il perseguimento dello smaltimento illegale di rifiuti: gli interventi dei Vigili del fuoco hanno dimostrato che gran parte dei roghi di rifiuti che caratterizzano tale zona è dovuta agli scarti di materiale utilizzato per l'attività calzaturiera, di pelletteria, conciaria, tessile, avendo le province di Napoli e Caserta il triste primato di circa il 43 per cento della produzione in regime di contraffazione in questi settori. Le periferie nord-orientali di Napoli sono interessati da almeno 700-900 roghi di rifiuti all'anno. Il protocollo investigativo elaborato dalla procura di Napoli, previa concertazione con le forze di polizia e i Vigili del fuoco, prevede che la segnalazione alla polizia giudiziaria e particolarmente alla Polizia Municipale, specificatamente impegnata sul fronte della tutela dell'ambiente e del contrasto alla contraffazione, fa sì che i Vigili del fuoco si impegnino in tali casi a cercare di risalire alle ditte che smaltiscono illecitamente gli scarti di lavorazione, cosa possibile nel caso di parziale o incompleta combustione degli scarti. Alla segnalazione seguono gli interventi di propria competenza della Polizia giudiziaria delegata dalla magistratura e della Guardia di Finanza, dell'ASL e dell'Ispettorato del lavoro, sotto il profilo degli accertamenti fiscali, dell'evasione contributiva e assicurativa, dell'elusione della normativa relativa alla sicurezza sui luoghi di lavoro.
Il legame tra contraffazione e reati ambientali, segnatamente per lo smaltimento illegale dei residui di lavorazione delle produzioni di merce contraffatta, è stato illustrato in Commissione anche nell'audizione, il 6 febbraio 2017 con il Comandante del Corpo di Polizia Locale di Napoli, Ciro Esposito.(9)
Infine, per quanto riguarda la dannosità della contraffazione nei confronti dello Stato, la produzione illecita di merci contraffatte causa un rilevante fenomeno di evasione fiscale e, dal punto di vista dell'ordine e della sicurezza pubblica, un degrado della vivibilità delle aree urbane ed un incremento dei profitti delle organizzazioni criminali, cui si connettono spesso il riciclaggio e il reimpiego dei proventi illeciti.(10)
3. IL RUOLO DELLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA
L'intervento della criminalità organizzata nel business della contraffazione va di pari passo alla crescita di tale fenomeno illecito. Occorre quindi soffermarsi preliminarmente sui fattori generali di crescita del fenomeno contraffattivo.
3.1 Fattori di crescita della contraffazione
Lo sviluppo del fenomeno contraffattivo è ascrivibile a molteplici fattori:
a) è evidente che la contraffazione si inquadra in un contesto che ha visto l'enorme sviluppo delle reti di commercio internazionale, anche in rapporto alla crescita esponenziale delle reti tecnologiche di comunicazione e di commercio elettronico; negli ultimi vent'anni si sono aperti interi nuovi mercati sia di produzione che per la vendita, ad esempio in conseguente dell'apertura all'economia di mercato dell'Europa dell'Est, della Cina e di molti altri Paesi dell'Asia;
b) la quantità di merci in movimentazione rende difficile i controlli in sede doganale per individuare le merci illegali nei container veicolati nei porti, per l'esigenza di non ostacolare tout court le attività commerciali, in una sorta di contrapposizione ineliminabile tra l'efficacia dei controlli e le esigenze di crescita del traffico delle merci; questo è emerso anche nel corso di una missione a Bruxelles della Commissione che ha incontrato esponenti della Direzione competente della Commissione europea, che hanno ribadito la necessità di privilegiare le esigenze dello sviluppo dei traffici rispetto ad altre esigenze di carattere istituzionale. D'altro canto, per quanto riguarda lo sviluppo del commercio elettronico, si è determinata una crescita del trasporto di piccole spedizioni tramite corrieri o con spedizioni postali che arrivano negli aeroporti, rendendo difficili i controlli;
c) va considerato che i rischi della gestione di tali attività illecite sono limitati, non essendo considerato dalla normativa penalistica il contrasto alla contraffazione come una priorità, in termini sanzionatori, rispetto ad altri settori criminali. Quindi a profitti elevati derivanti da tale business corrispondono rischi tutto sommato contenuti;
d) il contrasto istituzionale alla contraffazione, in un contesto di elevata internazionalizzazione del fenomeno, soffre di forti disomogeneità tra le varie normative nazionali, come sottolineato anche dal Ministro della Giustizia Orlando in audizione, che le carenze degli strumenti di coordinamento internazionale, superando i limiti sempre più ristretti delle giurisdizioni nazionali, non consentono di superare. Da ciò discende la difficoltà del contrasto da parte della magistratura e delle forze dell'ordine ad operare per contrastare un fenomeno che si sviluppa in ambito internazionale;
e) rilevano gli alti profitti che derivano dallo smercio di prodotti contraffatti, che stimolano ad investire in tale settore, derivanti dall'uso Pag. 25 di materie prime scadenti o nocive, dallo sfruttamento del lavoro nero, e dalla totale evasione fiscale per le produzioni illegali;(11)
f) va considerato l'impulso ai traffici di merce contraffatta fornito dallo sviluppo del commercio elettronico, sia per merce dichiarata come contraffatta, sia per merce commercializzata come apparentemente originale;
g) infine, va considerata l'esistenza di una considerevole domanda di prodotti contraffatti, da parte di consumatori non consapevoli della dannosità del fenomeno, a fronte di un possibile vantaggio economico e sociale, legato al possesso di beni di presunto pregio altrimenti irraggiungibili. Il problema è più sensibile tra i giovani, nei quali il disvalore dell'acquisto fraudolento è meno percepito e su questo aspetto occorre mettere in campo iniziative di informazione, comunicazione e formazione, anche scolastica, per sensibilizzare i giovani e i consumatori in generale sulla nocività del fenomeno.
3.2 L'intervento della criminalità organizzata nel business della contraffazione.
Nell'analisi della Guardia di Finanza si evidenzia che «è possibile affermare che, nell'ultimo decennio, si è assistito ad un aumento dell'interesse della criminalità organizzata, nazionale e straniera, nel traffico di prodotti contraffatti»(12) , citando le conclusioni di uno studio del MISE dell'UNICRI del 2012, secondo il quale «...la quasi totalità del mercato dei prodotti contraffatti in Italia è gestita dai consorzi criminali...»(13) . La criminalità organizzata, grazie anche al suo potere finanziario, intimidatorio e corruttivo, gestisce tutte le fasi della filiera del falso, dalla produzione, alla spedizione, alla distribuzione, al dettaglio.
L'ingresso della criminalità organizzata ha determinato un salto di qualità del fenomeno della contraffazione, favorendone il passaggio da attività di livello artigianale a vera e propria impresa criminale di carattere globale, business transnazionale che ottimizzare i luoghi più adatti per la produzione, le migliori vie di transito e i giusti mercati di sbocco.
Anche nell'analisi dei Carabinieri emerge che «Il fenomeno della contraffazione ha assunto, nel tempo, le sembianze e le peculiarità di una impresa altamente organizzata, con un mercato di riferimento internazionale e con una rete produttiva e distributiva transnazionale.»(14)
Nell'audizione con Europol del 6 ottobre 2016 è stato confermato che in molti casi di contraffazione è stato accertato un legame con la Pag. 26 criminalità organizzata, per la facilità di guadagnare con i reati contro la proprietà intellettuale, per il fatto che, in generale, le condanne sono più lievi rispetto a quelle per i reati connessi alla droga e per l'assenza di una consapevolezza da parte dell'opinione pubblica.
Secondo la relazione della Direzione Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo del primo semestre 2016 il coinvolgimento di organizzazioni criminali transnazionali che operano nel settore della contraffazione è in costante e rapida crescita. Si tratta sia di organizzazioni straniere che italiane, con una forte tendenza alle sinergie tra di esse.
Nell'audizione con la Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo(15) è stato sottolineato come le organizzazioni criminali, applicando alla contraffazione collaudate tecniche adoperate negli altri settori di attività criminali, abbiano realizzato una rete di vendita organizzata, secondo un vero e proprio modello di marketing aziendale volto a garantire la diffusione e il successo del commercio illegale, parallelo o sommerso. Oltre ad esigenze di flessibilità vi è anche l'intenzione di rendere difficoltosa la ricostruzione e la repressione dell'intera filiera produttiva e di commercializzazione illegale. Ciò si realizza sia attraverso la dispersione geografica delle fasi di fabbricazione dei prodotti, spesso ricorrendo ad operazioni di sub-fornitura, sia tramite la diversificazione degli itinerari e delle rotte, sfruttando varchi doganali di più agevole accesso.
Diverse sono le forme di produzione di beni contraffatti: una prima modalità è quella della sovrapproduzione degli ordinativi all'interno delle stesse aziende ove si producono gli originali, ovvero in altri laboratori ad opera degli stessi operai che hanno lavorato o lavorano nell'impresa madre; una seconda modalità vede l'assemblaggio di componenti contraffatte, spesso diversificando la fase di realizzazione di un semilavorato in un Paese e assemblando con i marchi e il packaging in altro diverso Paese, al fine di trasportare merci all'ingrosso prive di riscontri formali di illegalità.
Le merci contraffatte provenienti dall'area europea giungono prevalentemente attraverso i confini terrestri, mentre quelle di provenienza asiatica arrivano soprattutto via mare, in container, o con spedizioni aeree. L'intensificarsi di sistemi di controllo doganale efficaci presso i porti ed aeroporti italiani ha indotto le organizzazioni criminali a mutare gli itinerari, introducendo le merci nell'Unione europea tramite paesi diversi da quelli di effettiva destinazione e a diversificare le tecniche di frode, ad esempio con la falsificazione della documentazione doganale, con triangolazioni commerciali con altri Paesi comunitari o l'utilizzazione di società fantasma o facendo sbarcare i beni contraffatti illeciti in porti commerciali di importanza secondaria o con ripetuti transiti in Paesi diversi, per celare la reale origine delle merci.
I canali di distribuzione sono anch'essi diversificati: i negozi al dettaglio, la vendita ambulante, i mercati o le fiere campionarie, il circuito del commercio elettronico su internet.
Nell'analisi della Direzione Nazionale Antimafia, che cita il rapporto pubblicato nel gennaio 2012 da «SOS Impresa» dell'Associazione Confesercenti, si evidenzia come in aree sotto il controllo di compagini Pag. 27 mafiose sia stata imposta la vendita di merce contraffatta ad esercizi commerciali regolari, in sostituzione del pagamento del cd. «pizzo», ovvero siano state organizzate attività che vedono le organizzazioni criminali nel ruolo di grossisti in grado di offrire prodotti contraffatti insieme agli originali.
Particolarmente importante è stata l'analisi del fenomeno svolta in Commissione dal Ministro della Giustizia Orlando, nell'audizione del 6 giugno 2017.
Il Ministro ha riferito che «La scelta di talune associazioni criminali di tipo mafioso, soprattutto appartenenti ad alcune storiche famiglie criminali di camorra, di investire nel settore della contraffazione costituisce un dato accertato in numerosi processi celebrati sul territorio nazionale ed internazionale ed è sostanzialmente dovuta al basso rischio penale a cui vanno incontro gli associati, se comparato, ad esempio, a quello connesso con il traffico di stupefacenti, ed alla contemporanea, elevata redditività delle attività di contraffazione».
Le organizzazioni criminali «classiche» sono in grado di utilizzare per la contraffazione le proprie reti internazionali di influenza, realizzando vere e proprie strutture di merchandising anche all'estero.
I modelli utilizzati sono diversi.
Vi sono casi in cui le produzioni di merce contraffatta sono gestite in proprio dalle organizzazioni di tipo mafioso o camorristico, sia per la produzione che per la vendita.
In altri casi imprese dedite alla contraffazione non direttamente riconducibili alla criminalità mafiosa e camorristica concludono accordi con la queste organizzazioni, stipulando accordi di fornitura commerciale. Il Ministro ha riferito come in questa ipotesi non sia semplice distinguere tra attività legate alle organizzazioni di stampo mafioso attraverso un rapporto estorsivo e attività legate da un rapporto di cooperazione commerciale, per così dire, volontaria.
La diversità dei modelli criminali seguiti è stato sottolineato in audizione dalla Procura della Repubblica di Roma, che ha riferito della compresenza di modelli di intervento diversi, nei quali accanto da interventi diretti di camorra, ’ndrangheta o Cosa nostra, risalendo alcune filiere della contraffazione non necessariamente si arriva dentro la struttura di queste organizzazioni di tipo mafioso, ma in strutture che hanno una composizione mista e diversificata: «l'interferenza, il condizionamento delle organizzazioni criminali di tipo complesso, soprattutto di quelle mafiose, sul fenomeno della contraffazione non ha un unico un segno distintivo. È un'incidenza, un condizionamento, un'interferenza che si realizza secondo modelli diversificati. Non c'è sempre lo stesso modello»(16)
Lo studio effettuato nel 2013 dall'UNICRI, in cooperazione con il MISE, la DNA e altre forze di polizia, concernente 27 casi giudiziari sulla criminalità organizzata, ha evidenziato come i clan di camorra, soprattutto, e ’ndrangheta siano dediti in maniera sempre crescente al traffico, talvolta anche alla produzione, di merci contraffatte.
L'ingresso nel settore della contraffazione è stato effettuato dapprima da organizzazioni camorristiche dell'area napoletana, che ha Pag. 28 utilizzato la «forza lavoro» già operante nel territorio, quali i cd. «magliari», gli ambulanti o i venditori «porta a porta» dei capi di abbigliamento contraffatti.
Nel tempo queste attività si sono strutturate come reti di fornitura su vasta scala, legandosi all'importazione di prodotti contraffatti dalla Cina, integrando la falsificazione dei prodotti privi di marchi con l'applicazione «a domicilio» degli stessi. Dal punto di vista finanziario lo smistamento dei proventi è avvenuto attraverso i circuiti dei Money Transfer e reti non appartenenti al circuito bancario, quali strutture abusive in grado di operare transazioni finanziarie, quali rivendite di tabacchi, ricevitorie del lotto, phone center e Internet points.(17)
In tal senso sarà importante verificare l'impatto del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 90 attuativo della direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, che ha introdotto misure per il controllo dell'attività svolta dai Money transfer.
Anche la ’ndrangheta calabrese risulta assai attiva nella filiera della contraffazione del falso, come accertato in inchieste che hanno portato al sequestro di società e patrimoni considerevoli.
Nell'analisi dei ROS dei Carabinieri mentre la camorra si occupa anche della produzione in loco di merce contraffatta, attraverso opifici clandestini dell'hinterland napoletano avvalendosi anche di manodopera straniera, la ’ndrangheta, invece, opera secondo un approccio di spiccato pragmatismo imprenditoriale, proponendosi quale intermediario di servizi tra l'ambito della produzione e quello della vendita, ovvero come facilitatore per l'ingresso in Italia della merce contraffatta proveniente dall'estero; cosa nostra, invece, fatto salvo il settore agroalimentare, allo stato non dimostra uguale dinamismo nel settore, per la scarsa propensione a gestire relazioni con organizzazioni criminali asiatiche per la mancanza di una tradizione nella filiera del falso e per la lontananza della Sicilia dalle rotte di import-export. Altra caratteristica essenziale della presenza criminale è la compresenza di criminalità italiana ed etnica, in rapida crescita, in un rapporto paritario e sinergico nella movimentazione dei grossi carichi di merce.
Resta il tema di come nonostante l'ottimo lavoro di controllo svolto dai vari corpi competenti (Guardia di Finanza, Agenzie delle dogane, ecc.), di cui la Commissione ha potuto prendere atto anche durante la missione svolta a Napoli, le merci contraffatte riescano ad entrare nei porti, come segnalato in modo molto esplicito anche da parte dell'audizione del Vice Comandante dei ROS dell'Arma dei Carabinieri, col. Roberto Pugnetti.
È evidente che occorre anche in questo la messa a punto di ulteriori affinamenti degli strumenti a disposizione.
3.3 Fattori di sviluppo del ruolo della criminalità organizzata.
L'inserimento della criminalità, sia nazionale che internazionale, nel mondo della contraffazione e la crescita di questa attività illecita è stata favorita da una serie di fattori.
Nell'audizione del Procuratore f.f. della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Nunzio Fragliasso del 4 maggio 2017 è stato confermato il crescente interesse della criminalità organizzata per l'attività di contraffazione, per un triplice ordine di motivazioni: perché l'attività di contraffazione costituisce una forma di finanziamento per i clan; perché questa attività costituisce una modalità di riciclaggio del denaro che proviene da altre attività criminose; e perché attraverso tale attività si realizza un capillare controllo del territorio. Dalle recenti acquisizioni investigative in Campania, ad esempio, si riscontra che l'interesse della criminalità organizzata all'attività di contraffazione si è diversificato. Accanto ad un'attività a carattere estorsivo rispetto a ditte già operanti nel settore della contraffazione, imponendo l'acquisto per la rivendita di prodotti contraffatti o l'acquisto sul mercato nero di materie prime da utilizzare per la produzione e il confezionamento di prodotti con marchi contraffatti, se ne affianca un'altra, nella quale i clan criminali sono divenuti essi stessi imprenditori, attraverso imprese organiche agli stessi clan, che investono direttamente i capitali della «holding» criminale e che sono dirette da soggetti ai vertici delle stesse organizzazioni criminali. Del tutto superata, nell'analisi della Procura di Napoli, è la dimensione artigianale e locale della contraffazione, sostituita da un'attività di natura imprenditoriale, avente estensione nazionale e transnazionale.
Molteplici sono i fattori che spingono le organizzazioni criminali a intervenire nel business della contraffazione:
a) deve essere considerato innanzitutto l'interesse e la convenienza delle organizzazioni criminali nel riciclare denaro in grandi quantità, derivante dagli ingenti profitti delle attività criminali gestite da camorra e ’ndrangheta, in attività meno rischiose come la contraffazione: tale settore è quindi, allo stesso tempo, sia fonte di ricavo di ingenti proventi finanziari, sia occasione di riciclaggio di denaro, ad esempio per l'investimento nell'acquisizione di macchinari che costano centinaia di migliaia di euro;
b) va poi evidenziata la disponibilità da parte delle grandi organizzazioni criminali internazionali dell'accesso alle reti di movimentazioni delle merci, già utilizzate per altri traffici illegali (stupefacenti, armi, ecc.);
c) vi è poi il tema del controllo del territorio di cui dispongono le organizzazioni criminali, che si sostanzia nella disponibilità di manovalanza da adibire alla produzione e allo smercio, a volte inserita nel tessuto criminale, a volte legata alla presenza di sacche di povertà, sottosviluppo o sottoccupazione che accetta l'impiego per ragioni di natura economica. In alcune aree territoriali, ad esempio nel Napoletano, l'esistenza di attività produttive e commerciali di piccole dimensioni, la diffusione della vendita in forma ambulante, l'esistenza di una tradizione artigianale che ha fatto definire Napoli come la patria del falso d'autore e la difficoltà da parte dei cittadini di trovare occupazioni Pag. 30 lavorative stabili, hanno favorito il fenomeno. La presenza nel business della contraffazione assicura anche un controllo indiretto del territorio, funzione svolta capillarmente dai negozi e dalle bancarelle posizionate in determinate aree;(18)
d) altro elemento rilevante è costituito dalla presenza di comunità etnicamente coese, si pensi al caso delle comunità cinesi, ad esempio nel tessuto produttivo del tessile a Prato, oppure a Roma e Napoli, utilizzabili all'interno delle filiere produttive o di commercializzazione illecite. Altre comunità etniche, ad esempio i bengalesi nell'area di Palma Campania, ovvero i senegalesi nel Napoletano, sono utilizzate come manovalanza dalle organizzazioni criminali italiane, entrando nel settore agroalimentare nel fenomeno del caporalato ed infiltrandosi in tal modo nelle filiere legali della produzione agricola;
e) l'esperienza mostra poi che le organizzazioni criminali si caratterizzano nel settore per un'elevata dinamicità gestionale, essendo in grado di spostare le produzioni illecite o le sedi di ingresso delle merci a seconda della convenienza in termini di carenza degli apparati normativi di contrasto o di rigidità dei controlli doganali.(19) Va citata al proposito l'analisi dei c.d. «mercati notori» effettuata dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, che indica 301 watchlist di luoghi fisici o virtuali critici per il business USA fuori dai confini nazionali, in quanto non garantiscono efficace protezione ai diritti di proprietà industriale o intellettuale, per l'esistenza di normative non adeguate o livelli di enforcement non efficaci. Oltre a piattaforme di commercio on line critiche sotto questo profilo, il report individua il problema delle c.d. zone di libero scambio (Free Trade Zones), che ammontano a più di 3000 in 135 Paesi e che sono utilizzate principalmente proprio da contraffattori;(20)
f) deve essere poi considerata la convenienza per le organizzazioni criminali di diversificare le attività illecite rispetto ai settori tradizionali del crimine, in quanto la contraffazione costituisce un settore che fornisce elevati profitti e rischi limitati; l'Europol in uno studio del 2015 ha stimato che un euro investito in stupefacenti può generarne 2700 di profitto, a fronte di 40.000 generati da un investimento in alimenti contraffatti o beni di largo consumo e 50.000 investiti in farmaci contraffatti. I clan di stampo mafioso hanno l'interesse a infiltrare le filiere legali della produzione del commercio, sostituendo al tradizionale «pizzo» in denaro la fornitura di prodotti contraffatti, con profili di rischio dal punto di vista penale molto meno severi;
g) infine, per quanto riguarda i rischi penali dell'illecito contraffattivo rispetto ad altri reati nei quali è attiva la criminalità organizzata, Pag. 31 va rilevato che la contraffazione non è percepita dall'opinione pubblica come fenomeno di grave pericolosità sociale; lo stesso contrasto da parte delle istituzioni, anche per l'apparato sanzionatorio penale insufficiente per la lievità delle sanzioni, nonostante il grande sforzo compiuto dalla magistratura e dalle forze dell'ordine, non è prioritario rispetto a settori criminali tradizionali (traffico di stupefacenti, traffico di armi, sfruttamento della prostituzione, tratta degli emigrati, estorsioni, ecc.) ed è stato e continua ad essere non proporzionato alla grave pericolosità sociale ed economica del fenomeno. La mancata consapevolezza dell'opinione pubblica circa la gravità del fenomeno della contraffazione richiede un intervento forte di comunicazione, informazione e sensibilizzazione su questo tema. Nell'audizione con l'OCSE(21) si è sottolineata la convenienza per le organizzazioni criminali rappresentata dal basso rischio e dall'alto margine di profitto. A tenere basso il livello del rischio, a fronte dell'importanza crescente degli Intellectual Property Right nelle società moderne, contribuiscono la mancanza di cooperazione internazionale, anche attraverso lo scambio di dati tra le forze dell'ordine e il fatto che la lotta alla contraffazione nell'ordine di priorità non è in posizione apicale, con sanzioni spesso esigue.
Il fenomeno dinanzi al quale ci si deve rapportare con lucidità e consapevolezza da parte delle istituzioni è quindi quello di una contraffazione che opera su scala internazionale, con organizzazioni criminali asiatiche di grande forza e che curano rapporti di collaborazione con associazioni criminali nazionali di stampo mafioso e camorristico presenti in Italia.
Alcuni dati forniti dal Ministro della Giustizia Orlando nel corso dell'audizione del 6 giugno 2017 mostrano le dimensioni processuali del fenomeno.
Tra i procedimenti iscritti presso le Direzioni Distrettuali Antimafia, i procedimenti per delitti di associazione per delinquere (articolo 416 c. p.) realizzati allo scopo di commettere i fatti di contraffazione previsti dagli articoli 473 e 474, sono 25 per un numero di 320 indagati, mentre per i delitti di contraffazione compiuti da associazioni di stampo mafioso (articolo 416-bis c. p.) i procedimenti sono 31, per un numero di 453 indagati. L'attività nel settore della contraffazione coincide con le attività economico-criminali tipiche delle associazioni di stampo mafioso, camorristico o ’ndranghetistico, al fine di assicurare proventi ai propri affiliati e garantire la sopravvivenza alle strutture criminali.
Nonostante il grande sforzo delle istituzioni competenti, della Magistratura e delle Forze dell'ordine le difficoltà per un efficace opera di contrasto sono notevoli, proprio per le caratteristiche di transnazionalità del fenomeno e per lo sviluppo capillare della contraffazione sia sul territorio sia attraverso il commercio elettronico.
3.4 Rapporti tra attività contraffattive e terrorismo.
Uno dei profili più delicati sui quali la Commissione intende porre l'attenzione delle Istituzioni e dell'opinione pubblica è quello dell'utilizzazione Pag. 32 degli ingenti proventi derivanti dalla produzione e smercio di merce contraffatta per l'approvvigionamento delle organizzazioni terroristiche, in una sorta di autofinanziamento di tali attività.
In questo caso non si tratta di una diversificazione dei «rami di attività» delle attività illecite di associazioni criminali ma di una sorta di collateralismo volto unicamente a reperire finanziamenti a basso rischio da destinare alle attività terroristiche.
In tal senso si devono ricordare le affermazioni rese dal Comandante generale della Guardia di Finanza Toschi in audizione presso la Commissione il 28 settembre 2016.
In quella sede fu sottolineato che la contraffazione può rappresentare una possibile fonte di finanziamento di altre gravissime attività criminali organizzate, non escluso il terrorismo di matrice confessionale. Nel corso dell'operazione «Tuareg» del 2006 a Milano la Guardia di Finanza aveva accertato un possibile utilizzo dei traffici di merce contraffatta per finalità di finanziamento di azioni terroristiche.(22)
Il rapporto del 2015 di Europol ed EUIPO(23) riporta che alcuni manuali di addestramento utilizzati da Al Qaeda e rinvenuti nel 2002 raccomandavano la vendita di merci contraffatte per finanziare le cellule terroristiche.
Sui legami tra contraffazione e contrabbando con la criminalità organizzata e il terrorismo si ricordano altresì le affermazioni rese dall'OLAF in audizione a Bruxelles il 27 giugno 2016, circa l'esistenza di prove sulla sussistenza di tale fenomeno.(24)
In Francia, un dossier redatto nel marzo 2016 dall'Union des Fabricants, che ha condotto, unitamente a Interpol, Europol e forze di Polizia interne, contiene un'analisi delle connessioni finanziarie tra traffico di prodotti contraffatti e attività terroristiche. Esaminando le tipologie di finanziamento che le cellule di terroristi jihadisti responsabili degli attentati alla redazione del giornale Charlie Hebdo nel gennaio 2015 e al club Bataclan e allo Stade de France nel novembre 2015, lo studio rilevava che uno dei terroristi, noto alla Polizia francese per la vicinanza agli ambienti dell'estremismo islamico, fu escluso da un regime di sorveglianza speciale nel giugno 2014 perché ritenuto non più pericoloso e dedito soltanto a traffici di scarpe contraffatte acquistate via web, pagate attraverso agenzie di Money transfer e consegnate per via postale. Il report ritiene indubbio che l'attività illecita contraffattiva, ritenuta «minore», sia servita per reperire i finanziamenti delle attività prodromi che agli atti terroristici (approvvigionamento di documenti, stabilimento di contatti e reperimento di armi) e come tali Pag. 33 legami siano frequenti rispetto a cellule terroristiche operanti in modo diffuso e parcellizzato sul territorio.
Il contrasto della contraffazione trova quindi un ulteriore rafforzamento anche nella chiave di combattere le attività di supporto al terrorismo internazionale.
4. LE INDAGINI PIÙ RILEVANTI IN TEMA DI CRIMINALITÀ E CONTRAFFAZIONE
Nella Relazione del Ministro dell'Interno al Parlamento sull’Attività svolta e risultati conseguiti dalla Direzione investigativa antimafia, relativa al primo semestre 2016 si traccia un quadro analitico della presenza delle organizzazioni criminali nella contraffazione.
Le organizzazioni più coinvolte risultano essere la camorra e la ’ndrangheta.
4.1 La camorra.
Un'analisi accurata dei fenomeni criminali che interessano la contraffazione è contenuta nella relazione consegnata alla Commissione dal Comando provinciale della Guardia di Finanza nel corso della missione della Commissione a Napoli il 3 e 4 maggio 2017.
In Italia, le aree più rilevanti per la produzione di merci contraffatte sono concentrate in alcuni quartieri di Napoli (Sanità, Pendino-San Lorenzo, Gianturco e zona Porto) e della provincia (Terzigno, San Giuseppe Vesuviano, Ottaviano, Palma Campania, Casoria, Arzano, Melito, Mugnano, Afragola), oltre che a Milano e Prato.
Nella provincia di Napoli i clan camorristici più coesi hanno spostato i propri interessi verso settori amministrativi, economici e finanziari, acquisendo, attraverso l'impiego di capitali illeciti, «il controllo dell'intera filiera di alcuni comparti dell'industria della contraffazione: dall'import-export di merci fino alla vendita, potendo contare su una fitta rete di punti di distribuzione disseminati in Italia ed all'estero».(25) Circa le dimensioni del fenomeno è stato rilevato che «facendo le dovute proporzioni, nella provincia di Napoli il fenomeno della contraffazione ha sostituito quello che era una volta il contrabbando di sigarette. Il posto sul territorio viene preso dalle bancarelle di merci contraffatte.»(26)
Nell'audizione di Napoli del 4 maggio 2017 è emersa con chiarezza, nell'analisi del raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri, l'intreccio tra il fenomeno della contraffazione e la criminalità organizzata, che controllano alcuni mercati degli ambulanti (ad esempio il mercato rionale della Maddalena), addirittura con estorsioni ai danni dei commercianti stessi, al fine di controllare la filiera del falso.(27) Pag. 34
La camorra è stata ritenuta dalla Guardia di Finanza(28) e dai Carabinieri(29) l'organizzazione più dinamica ed attiva nel controllo e nella direzione di questo genere di attività illecite. Le organizzazioni camorristiche campane risultano aver diversificato le aree di azione criminale (la contraffazione di merci insieme al riciclaggio, ai traffici di armi e di stupefacenti) anche all'estero. I proventi di tale attività sono reinvestiti in settori ad alta redditività, quali la ristorazione, il turismo e le scommesse clandestine.
Nell'analisi della Guardia di Finanza, supportata dalle risultanze di ormai numerose indagini(30) è emerso che per la camorra la contraffazione è considerata «un vero e proprio ramo di affari spesso finanziato e, talvolta, direttamente gestito dai vertici dei clan e composto da soggetti che possono definirsi intranei alla struttura criminale camorristica, di cui rafforzano la componente economica, ma anche la struttura militare di controllo del territorio. In particolare, viene spesso realizzata una “holding economica criminale”, organica al sodalizio criminoso, che agisce attraverso una fitta rete di strutture periferiche operanti nei più disparati mercati esteri. L'attività è gestita da soggetti in costante contatto con gli esponenti apicali delle famiglie camorristiche».
Si può quindi ritenere accertata la diretta partecipazione dei vertici dei clan nel controllo e nella direzione unitaria dell'attività, sempre più diffusa e capillare, della contraffazione, con un'ampia compenetrazione nelle organizzazioni camorristiche delle c.d. «strutture economiche». Queste si devono configurare non solo come contigue o legate da rapporti di affari con i clan, ma come vere e proprie strutture commerciali dell'impresa camorristica. Accanto alla tradizionale struttura illegale dei clan camorristici si realizzano sempre più delle strutture imprenditoriali parallele, formalmente legali, ma strettamente inserite nell'organizzazione criminale.
Nell'incontro con i responsabili delle Forze dell'ordine nell'area campana il 4 maggio 2017 a Napoli(31) ci si è soffermati sulla tendenza della camorra a gestire non solo la produzione diretta di beni contraffatti di alcuni settori merceologici ma anche l'attività di importazione da organizzazioni internazionali di «semilavorato», che viene poi completato sul territorio con l'apposizione dei marchi e la successiva commercializzazione. Recenti risultanze investigative confermato poi che la nuova modalità del commercio contraffatto è a tutti gli effetti la Pag. 35 rete internet, che assicura velocità nelle transazioni e garantisce un'apparente garanzia di anonimato.(32)
La tabella seguente concerne la presenza camorristica nella contraffazione dal 2013:
I rapporti della Guardia di Finanza(33) richiamate alcune delle più importanti operazioni riguardanti la camorra impegnata nella contraffazione:
l'operazione «Via della Seta», del 2014 ha evidenziato la capacità del clan Mazzarella di imporre ai venditori del quartiere Mercato e del quartiere di Poggioreale-Vicaria la propria rete di approvvigionamento del materiale contraffatto, sulla base di una sorta di «clausola» di esclusività nella vendita degli articoli falsi trattati dall'organizzazione: i venditori, oltre a doversi approvvigionare dalla rete distributiva del clan, dovevano versare una «tariffa» settimanale; dalle indagini è emerso come il clan camorristico avesse creato una vera e Pag. 36 propria holding in materia di contraffazione, con collegamenti di livello internazionale; l'indagine ha portato alla denuncia di 76 soggetti (di cui 49 arrestati), al sequestro di 18 fra opifici industriali e depositi, 442 macchinari per la produzione industriale e circa 300.000 capi di abbigliamento contraffatti;
nel 2015 è stato accertato il coinvolgimento di clan importanti come il clan dei Misso per il rione Sanità, del clan Aprea e Mazzarella per San Giovanni a Teduccio in prossimità dell'area portuale, area dove hanno sede anche parecchi magazzini di proprietà cinese. In alcuni quartieri di Napoli, come nel mercato rionale della Maddalena, i clan Mazzarella e quello Sibillo-Giuliano si contendono la supremazia del territorio per la gestione delle estorsioni ai danni dei commercianti ambulanti, e per il controllo del mercato del falso. Nell'analisi dei Carabinieri le indagini del gennaio 2017, a seguito del ferimento di tre senegalesi tra i banchi del mercato nella zona della Maddalena, dopo un raid punitivo organizzato da esponenti del clan Mazzarella contro gli extracomunitari che non versavano le quote di tangente per poter vendere la merce contraffatta, hanno mostrato l'esistenza di accordi con i responsabili della comunità cinese, funzionali a uno sfruttamento del mercato della contraffazione in maniera pacifica e vantaggiosa per tutte le organizzazioni criminali;
nel settore della pirateria digitale nel novembre 2009 l'operazione «Nuovo cinema camorra» riguardava 40 affiliati al clan Mazzarella, per associazione mafiosa, contraffazione di supporti audiovisivi, estorsione ed altro, relativamente al controllo della produzione e distribuzione dei CD/DVD contraffatti provenienti dalla Cina;
l'operazione «Gomorrah» ha portato alla luce una vera e propria joint venture tra clan camorristici campani e consorterie di origine straniera, responsabile di traffico di prodotti elettrici e meccanici contraffatti importati dalla Cina e smistati in vari Stati europei;
l'operazione «Gran Bazar» del marzo 2016(34) , condotta dal Nucleo di Polizia Tributaria di Napoli, ha rivelato l'esistenza di un mercato del falso di grandi dimensioni: sono state imposte misure cautelari nei confronti di due distinte organizzazioni dedite alla contraffazione ed alla ricettazione di prodotti falsificati di importanti marchi nazionali e internazionali, eseguendo sequestri preventivi di beni mobili, immobili, società, cassette di sicurezza, polizze assicurative e conti correnti per circa 5 milioni di euro; una delle organizzazioni, ramificata anche in Turchia, importava capi contraffatti di alta qualità, che arrivavano con container provenienti da Germania e Gran Bretagna e rivenduti, con la complicità di titolari di Outlet, in Lombardia, Piemonte, Veneto, Toscana e Puglia; l'altra organizzazione produceva nell’hinterland partenopeo, in un opificio industriale molto attrezzato, rotoli di pellame, serigrafati con loghi e marchi di note ditte, destinati ad opifici che li usavano per realizzare articoli di pelletteria, completandoli Pag. 37 con parti ed accessori provenienti da imprese regolari; i numeri dell'operazione sono stati estremamente consistenti;(35)
l'operazione «Pulito Sicuro» del giugno 2016, eseguita dal Gruppo Pronto Impiego di Napoli, ha disarticolato un sodalizio criminale dedito alla commercializzazione di detersivi e prodotti per l'igiene personale contraffatti, con la scoperta di sette opifici clandestini a Napoli, la denuncia a piede libero di 11 italiani il sequestro di 605.318 prodotti contraffatti, 9.978 litri di detersivo e sapone contraffatto; 21.846 kg. di polvere di sapone contraffatto, 7 fabbricati, 28 macchinari, 1 furgone e 1.000 punzoni;
l'indagine conclusa dal Gruppo di Fiumicino nel luglio 2016 ha portato al sequestro di 5 opifici e 6 depositi tra Napoli, Villaricca, Afragola e Casoria utilizzati da un'organizzazione criminale composta da 28 persone, specializzata nella produzione di scarpe contraffatte di note marche, e l'apposizione di sigilli a più di 100 macchinari industriali, 476 stampi e il sequestro di oltre 265.000 pezzi contraffatti, tra scarpe e semilavorati;
l'indagine conclusa a Napoli nel 2016 che ha portato all'individuazione di 3 impianti produttivi illegali per la contraffazione di occhiali delle più note marche, ricavati all'interno di box auto, alla denuncia di 21 persone, al sequestro di quasi 78.000 articoli contraffatti, 2 automezzi, 8 telefoni cellulari, macchinari e materiale utilizzati nell'illecita attività.
4.2 La ’ndrangheta.
Anche la ’ndrangheta calabrese è attiva nel settore della contraffazione, come evidenziato dalla seguente tabella tratta dalla citata relazione della DIA:
Pag. 38 L'interesse della ’ndrangheta per la contraffazione è stata accertata già dal 2009, nel corso di un'indagine coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria(36) , conclusasi con il processo, al termine del quale i soggetti arrestati sono stati tutti condannati, in rapporto alla gestione delle attività portuali a Gioia Tauro. Questa indagine ha rivelato la sussistenza di tre poli criminali tra di loro connessi ma indipendenti, operanti sulla base di un accordo: la ’ndrangheta gestiva le attività di controllo criminale del porto e lucra sulla movimentazioni delle merci, senza entrare direttamente nel business della contraffazione; un imprenditore operante come spedizioniere, non affiliato ma colluso in senso penalmente rilevante con la ’ndrangheta, si occupava di sdoganare le merci nel porto di Gioia Tauro; un'organizzazione molto agguerrita di cinesi importava merci contraffatte di vario genere, dai giocattoli fino a prodotti di abbigliamento, attraverso container per via marittima, spostati da Napoli a Gioia Tauro, in forza delle «protezioni» criminali fornite. Le merci contraffatte erano indirizzate, da una parte, a Roma e dall'altra alla Repubblica Ceca.
La Procura della Repubblica di Firenze(37) ha riferito in audizione di indagini legate all'infiltrazione nella provincia di Arezzo di esponenti Pag. 39 della cosca Mancuso di Limbadi, in provincia di Vibo Valentia, con l'introduzione e la commercializzazione di capi di abbigliamento e calzature con marchi contraffatti, proveniente da laboratori clandestini turchi ed esportata in Germania e di qui in Italia. Sequestri di merce nell'ambito di queste indagini sono stati effettuati in Toscana, Lombardia, Veneto, Sicilia, Calabria ed Emilia-Romagna.
La Guardia di Finanza ha riferito in Commissione dei risultati conseguiti nel giugno 2016 dal Gruppo di Reggio Calabria che, all'esito di una complessa attività investigativa, ha smantellato un'intera filiera di produzione e distribuzione di capi d'alta moda ed accessori falsificati, che si approvvigionava dei materiali da assemblare in Turchia, Cina e Romania. Sono stati sequestrati oltre 150.000 pezzi illegali, 4 laboratori clandestini e 25 macchinari industriali; dei 37 soggetti denunciati alla magistratura 16 sono stati tratti in arresto in stato di custodia cautelare per i reati di associazione a delinquere finalizzata alla contraffazione.
L'operazione «Bucefalo» condotta nella prima metà del 2015 dalla Guardia di Finanza di Reggio Calabria, dal Servizio Centrale Investigazione sulla Criminalità Organizzata (S.C.I.C.O.) e dal Nucleo Speciale di Polizia Valutaria, sono venute in evidenza le ingerenze della cosca «Piromalli-Molè», imperante nella piana di Gioia Tauro. Sono state eseguite ordinanze di custodia cautelare verso 11 soggetti e sequestrate di società e patrimoni per circa 210 milioni di euro, accertando l'esistenza di una fiorente attività di vendita di articoli di abbigliamento ed accessori recanti marchi contraffatti posta in essere da un noto imprenditore locale sodale alla cosca.
Nella citata audizione con i ROS dei Carabinieri si sottolinea il ruolo del porto di Gioia Tauro per l'ingresso e successivo instradamento della merce contraffatta. Si ricordano al riguardo alcune indagini:
l'indagine «Rilancio» del 2009, in collaborazione con la Polizia della Repubblica Ceca, ha riguardato una cosca di matrice ’ndranghetista della cosca Alvaro di Sinopoli (RC), che reinvestiva i proventi delle attività delittuose in esercizi pubblici e immobili commerciali e residenziali a Roma e in un'organizzazione criminale transnazionale con cellule in Italia, ove si curava l'arrivo della merce nel porto di Gioia Tauro, attraverso una ditta di spedizioni, per la successiva commercializzazione nei Paesi dell'Unione Europea, nella Repubblica Ceca, ove si curava la falsificazione della documentazione di accompagnamento della merce e in Vietnam, che reperiva in Asia le merci contraffatte: vi sono stati 12 indagati soggetti a misure di custodia cautelare per associazione per delinquere per l'introduzione in Europa di ingenti quantitativi di merce contraffatta, aggravata dalla transnazionalità, ed il sequestro preventivo della società di import-export «M.C.S.-Mediterranean Container Service Shipping s.r.l.», attiva a Gioia Tauro ed interventi estesi alle province di Roma, Reggio Calabria, Vibo Valentia, Biella e Latina e in Repubblica Ceca, Polonia, Ungheria, Austria e Germania, con mandato d'arresto europeo;
nel 2009, nell'ambito dell'operazione «Maestro», erano eseguiti provvedimenti di custodia cautelare nei confronti di 25 affiliati alle cosche Molè e Pesce della piana gioiese, indagati per associazione di tipo mafioso e associazione per delinquere per l'introduzione in Europa di ingenti quantitativi di merce contraffatta e altri reati doganali, con Pag. 40 un decreto di sequestro preventivo di beni per 25 milioni di euro; la cosca controllava le operazioni di sdoganamento di merce proveniente dalla Cina nel porto a favore di esportatori di nazionalità cinese attivi sull'intero territorio nazionale, ed in particolare nelle città di Roma, Napoli, Salerno, Firenze, Palermo e Mantova.
4.3 La criminalità cinese.
Altro filone di attività criminale da considerare nel settore è quello delle organizzazioni criminali straniere operanti in Italia
La criminalità cinese è molto attiva nelle aree urbane ad alta industrializzazione: Firenze e Prato, Milano e l’hinterland di Napoli, in particolare l'area vesuviana.
La citata relazione della DIA riferisce che tali strutture criminali, spesso complesse e a vocazione transnazionale, mantengono i propri vertici decisionali nei luoghi di origine, posizionando nei Paesi europei esclusivamente le «cellule terminali», impiegate nella ricezione e nello smistamento degli stupefacenti, delle merci contraffatte e delle vittime della tratta di esseri umani.
Nel rapporto della Fondazione Caponnetto sulle mafie cinesi(38) , sono state identificate tre distinte tipologie criminali operanti in Italia: le Triadi, le Gang, la Nuova mafia economica. Circa la contraffazione, le zone del territorio nazionale più interessate sono la Campania (per abbigliamento, componentistica, beni di largo consumo), la Toscana, il Lazio e le Marche (pelletteria), il Nord Ovest e il Nord Est (componentistica ed orologeria).
Le organizzazioni criminali cinesi sono organizzate rigidamente su base etnica, hanno una connotazione transnazionale e si caratterizzano per un'organizzazione efficiente. Garantiscono costanti approvvigionamenti sia di articoli del settore del lusso (prodotti di abbigliamento, alta moda, tessile, pelletteria, calzature e borse; orologeria), che di prodotti di largo consumo (parti elettriche, audiovisivi, accenditori, giocattoli, carte da gioco, ceramiche e altri beni di consumo).
Tali organizzazioni criminali straniere si relazionano in modo non conflittuale e collaborativo con le associazioni di stampo mafioso e camorristico nazionali, con le quali hanno sviluppato vere e proprie sinergie delinquenziali, a partire storicamente dal traffico degli stupefacenti per giungere a vere e proprie «joint-venture» criminali per la distribuzione e vendita dei beni. Con tali accordi eludono i controlli doganali nazionali, alterano l'origine dei prodotti attraverso transiti in Paesi terzi, o sdoganano la merce in altri Paesi UE, con la successiva introduzione in regime di transito comunitario.
Oltre ai rapporti di collaborazione con le organizzazioni di stampo mafioso nazionali le mafie cinesi hanno rapporti con organizzazioni africane cui affidano in taluni casi la distribuzione al dettaglio.
La DIA identifica tra i settori di attività di tali organizzazioni la contraffazione, oltre al contrabbando, all'immigrazione clandestina connessa allo sfruttamento sessuale e all'impiego di lavoro nero di connazionali, al traffico di stupefacenti e al riciclaggio dei capitali illeciti. Alcune di queste attività illecite sono connesse tra loro. Pag. 41
È stato ricordato in audizione che ad una organizzazione cinese condannata per delitti commessi in provincia di Prato è stato riconosciuto con sentenza passata in giudicato la sussistenza della fattispecie di cui all'art. 416-bis, unico caso riferibile a organizzazioni criminali estere operanti in Italia.(39)
Nella filiera della contraffazione le organizzazioni cinesi operanti in Italia gestiscono sia la fase della produzione in laboratorio che il commercio di merci contraffatte importate dalla Cina.
Per quanto riguarda l'arrivo delle merci nella missione effettuata a Napoli presso le strutture della Guardia di Finanza il 3 e 4 maggio 2017 la Commissione ha approfondito il ruolo del porto di Napoli nella gestione dei traffici commerciali, anche di merce contraffatta. Il porto di Napoli ha rappresentato per un periodo di tempo lo scalo privilegiato dalle compagnie di navigazione cinesi per i traffici commerciali operati nel Mediterraneo, di cui costituiva il 30 per cento del totale. Il principale terminal container operante nel porto, la Co.Na.Te.Co S.p.a., è stata controllata, fino al settembre 2016, dal colosso mondiale cinese COSCO, quando le quote di proprietà di tale società cinese sono state cedute a Marinvest S.r.l., società del Gruppo MSC.
Negli ultimi anni si è registrata una deviazione di traffico dal porto di Napoli verso altri porti: la Guardia di Finanza ritiene che la stringente azione di contrasto delle autorità italiane abbia stimolato le organizzazioni cinesi a far transitare i container cinesi in Paesi comunitari meno attenti al fenomeno della contraffazione (ad es. Malta, Cipro, Spagna, Grecia ecc.), con l'obiettivo di far diventare comunitaria la merce entrata in tali porti. Dal 2016 le compagnie di navigazione cinese (per lo più della stessa COSCO) hanno spostato nel porto del Pireo in Grecia il terminal principale per lo sbarco e l'imbarco dei container. Dal porto del Pireo e dal porto di Ashdod in Israele vi sono collegamenti settimanali con il porto di Napoli.
Va segnato che le organizzazioni cinesi hanno dimostrato di sapersi adattare alle forme di contrasto portato dalle istituzioni competenti in sede di controlli doganali, scegliendo di far sì che le merci non arrivassero più come prodotti finiti e contraffatti realizzati in Cina. Come evidenziato anche nella Relazione sulla contraffazione nel settore tessile: il caso del distretto di Prato, approvata dalla Commissione il 4 agosto 2015, negli ultimi anni si è accentuata l'importazione dai paesi asiatici di ingenti quantitativi di beni c.d. «neutri», ossia privi di marchi e come tali non definibili come contraffatti, a cui i marchi dei prodotti di cui costituiscono contraffazione sono aggiunti successivamente, in opifici clandestini operanti in Italia.(40)
La commercializzazione delle produzioni contraffatte avviene attraverso due canali: tramite operatori commerciali legali, che, o per il basso costo della merce contraffatta o a loro insaputa, la vendono nel proprio negozio accanto a quella originale (nella zona limitrofa alla stazione di Napoli Centrale, ad esempio, sono molti i negozi cinesi che Pag. 42 operano in tal modo); tramite extracomunitari nordafricani, spesso con l'ambulantato.
Nell'analisi della DIA le organizzazioni cinesi si caratterizzano per un'elevata «propensione imprenditoriale ed espansionistica», che le ha portate ad impegnarsi anche nel settore finanziario: «recenti acquisizioni info-investigative, infatti, confermano l'operatività della c.d. terza generazione, cui appartengono liberi professionisti ed imprenditori di origine cinese, nati in Italia e rivelatisi in grado di architettare sofisticate operazioni finanziarie».
Il profilo della diversificazione delle organizzazioni cinesi sui versanti economici e finanziari, è stato descritto altresì nelle audizioni con i rappresentanti delle forze dell'ordine a Napoli il 3 e 4 maggio 2017, facendo riferimento a società registrate costituite da cinesi che legittimano l'acquisto di immobili e che gestiscono la parte finanziaria delle attività. Per questo aspetto i clan cinesi sono assimilabili all'esperienza di cui vi è evidenza nel Nord Italia, dove la ’ndrangheta ha investito gli ingenti proventi delle attività criminali in attività legali, consolidando il ruolo delle attività finanziarie da essa controllate e che costituiscono ormai un'attività parallela rispetto a quelle criminali tradizionali.(41)
Sempre sullo stesso tema la Fondazione Caponnetto, audita dalla Commissione il 6 febbraio 2017, ha sottolineato la mutazione in corso delle organizzazioni criminali cinesi. Queste non si limitano più ad operare all'interno delle proprie isole culturali (le c.d. Chinatown), ma hanno iniziato ad operare nel contesto italiano con attività commerciali formalmente in regola, ovvero attraverso l'utilizzo di associazioni culturali neocostituite oppure infiltrandosi in associazioni esistenti, i cui ricavi sono sottratti al fisco attraverso molteplici prestanome e con rimesse in Cina grazie ai Money transfer per importi calcolati in oltre 4 miliardi di euro all'anno in media.
I pagamenti delle partite di merci contraffatte sono effettuati infatti con continuative ed ingenti rimesse di denaro in Cina, ancora una volta mediante il sistema del Money transfer, che garantisce l'anonimato grazie alla parcellizzazione dei versamenti sotto la soglia massima dei trasferimenti. Statisticamente la Cina è il primo paese beneficiario di tali flussi finanziari, con circa il 20 per cento delle rimesse (5,5 miliardi nel 2013). Altro modo di trasferimento del denaro provento dei traffici illeciti in Cina, emerso da controlli doganali di cittadini cinesi in uscita dall'Italia (alle frontiera sia aerea che terrestre) consiste nella frequente individuazione di soggetti che provano varcare i confini in possesso di consistenti somme di denaro contante non dichiarate.
Una recente mappatura delle organizzazioni criminali cinesi operanti in Campania è stata fornita dal Comando provinciale della Guardia di Finanza nella missione della Commissione a Napoli il 3 e 4 maggio 2017.
Tra le inchieste riguardanti la criminalità cinese vanno ricordate:
l'operazione «Alì Babà» nel luglio 2014, condotta dal Nucleo Polizia Tributaria di Napoli, che ha riguardato diverse organizzazioni Pag. 43 criminali, autonomamente operanti, e tra loro collegate, dedite alla produzione e all'introduzione in Italia di merci – dalla Cina per quelle meno elaborate e dalla Turchia per i prodotti più di lusso – e alla successiva commercializzazione di rilevanti quantitativi di abbigliamento, calzature ed accessori recanti marchi e segni distintivi contraffatti di note griffes. La merce di origine asiatica era gestita da una famiglia cinese che curava la programmazione della produzione degli articoli da parte di vari fabbricanti in Cina e l'ingresso nell'UE in Polonia. Sono stati sequestrati 412.000 prodotti contraffatti, 4.235 metri lineari di tessuto/pellame (per 10.588 metri quadri), 6.596 articoli privi di marchi registrati, 1 punzone, 16 locali adibiti a depositi e opifici clandestini, 24 macchinari industriali, 16 banchi da lavoro e 4 automezzi, per un valore complessivo di 5 milioni di euro. Sono stati emessi ordinanze limitative della libertà personale per 36 indagati e un sequestro preventivo di 39 unità immobiliari (fabbricati e terreni), n. 22 automezzi, 11 conti correnti, ecc.;
la citata «Operazione Gomorrah» nel 2015 a Napoli sulla contraffazione di capi di abbigliamento e prodotti tecnologici cinesi distribuiti negli Stati Uniti (Procura di Napoli);
nel 2015 l'operazione «Volturno» a Firenze ha portato allo smantellamento di un'organizzazione dedita alla produzione e commercializzazione di accessori di abbigliamento contraffatti, operante in Toscana e con ramificazioni sull'intero territorio nazionale, di cui facevano parte 10 cittadini cinesi, 2 soggetti senegalesi ed un italiano, tutti oggetto di custodia cautelare: sono stati sottoposti a sequestro circa 30.000 accessori di abbigliamento contraffatti, un immobile adibito a laboratorio di pelletteria, 22 macchinari per la produzione di manufatti e 7 punzoni, nonché un appartamento, 7 autovetture e disponibilità bancarie per un valore complessivo di oltre 290.000 euro;
l'operazione «Caveau» conclusa nel 2016 a Genova, ha consentito di ricostruire una filiera di produzione e commercializzazione di merce contraffatta destinata alla Liguria, composta da senegalesi, commercianti ed artigiani italiani e cittadini cinesi, che operava tra Liguria e Lombardia; sono stati sequestrati 1,5 milioni di prodotti contraffatti, 5 immobili ed attrezzature professionali, e denunciati 22 soggetti;
il 19 aprile 2016(42) la Guardia di Finanza ha eseguito a Napoli 17 provvedimenti cautelari personali nei confronti di appartenenti a due organizzazioni criminali presenti ramificati sull'intero territorio nazionale e con proiezioni in Cina e in Turchia, dediti alla commissione di delitti in materia di contraffazione: in seno all'organizzazione un ruolo di primo piano era rivestito da due coniugi cinesi i quali, in veste di titolari di regolari attività commerciali, provvedevano ad importare dalla Cina merce del medesimo modello di quella originale, che veniva contraffatta successivamente con l'apposizione di marchi I capi di abbigliamento erano commercializzati come originali in outlet di Napoli e delle province di Caserta e Crotone;
l'operazione «Song e’ Napule» nell'aprile 2016, condotta dal Nucleo Polizia Tributaria di Napoli, ha avuto origine dal sequestro di Pag. 44 borse ed accessori contraffatti di nota marca occultate all'interno di un deposito clandestino gestito dalla camorra, con le successive indagini che hanno ampliato il perimetro delle investigazioni a soggetti cinesi, titolari di ditte individuali e ad altri soggetti operanti sia nell'hinterland napoletano che in altre regioni italiane: sono stati sequestrati 320.000 capi di abbigliamento ed accessori contraffatti, 75.000 articoli ed accessori in corso di contraffazione, 13 macchinari, 74 punzoni utilizzati per la creazione di prodotti contraffatti, 7 locali utilizzati come opifici e depositi, per un valore complessivo di 700.000 euro; il G.I.P. presso il Tribunale Napoli ha emesso ordinanze di custodia cautelare, il sequestro preventivo di 94 rapporti bancari, 7 automezzi, 16 ditte individuali e quote societarie nonché numerosi beni mobili/mobili registrati e 62 immobili, per un valore stimato in oltre 5.000.000 di euro;
altre operazioni hanno riguardato la Toscana: il sequestro di un centro di produzione di borse e pellami contraffatti a Campi Bisenzio (Procura di Firenze), nel 2015, con la merce spedita in Russia e all'estero; il sequestro a operatori cinesi a Sesto Fiorentino di 60 rotoli di pelle, cuoio o stoffa, 1.232 ritagli di valutazione, 700 accessori metallici, 270 borse semilavorate, 121 borse finite e 52 etichette metalliche recanti noti marchi; a distanza di mesi sono stati sequestrati in Emilia-Romagna, ad Argelato, 16.000 portafogli, scarpe e borse recanti marchi contraffatti di una ditta e 23.765 borse di altro marchio;(43)
l'operazione «Commercity» per la contraffazione cinese indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Roma, ha portato al sequestro, in un hub situato nel quartiere Portuense, di ingenti quantitativi di beni – tra cui quote societarie, compendi aziendali, immobili, autovetture di lusso e disponibilità finanziarie – nella disponibilità di 35 imprenditori cinesi, costituiti dalle quote di 14 società e relativi compendi aziendali, 25 unità immobiliari – per un valore complessivo di oltre 5 milioni di euro e il sequestro di oltre 3 milioni di capi di abbigliamento ed oltre 1 milione e 300 mila pezzi di accessori; sulla base del confronto tra volumi d'affari dichiarati, anormalmente bassi e riscontro della documentazione contabile e di pedinamenti di TIR e container sui quali viaggiava la merce, è stata scoperta una grande filiera di capi di abbigliamento falsamente etichettati «made in Italy», ma in realtà prodotti in Cina ed introdotti in Italia grazie alla «intermediazione» di fornitori e confezionatori operanti nella «Chinatown» di Prato. Le verifiche fiscali hanno accertato la mancata dichiarazione di redditi per 44 milioni di euro ed una evasione dell'IVA per 7 milioni di euro;
l'operazione «Lanterne Rosse» nel maggio 2006, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, ha portato all'arresto di 10 persone appartenenti ad un'organizzazione italo-cinese dedita all'importazione in Italia, attraverso i porti di Napoli e Civitavecchia, di merci contraffatte provenienti dalla regione cinese dello Zhejiang, nonché al trasferimento in Cina dei profitti illecitamente conseguiti. Nel corso Pag. 45 dell'operazione sono stati sequestrati oggetti contraffatti di varia natura per un valore di circa 9,5 milioni di euro;
nell'aprile 2007 l'operazione «Gulliver», ha portato all'esecuzione di ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal GIP del Tribunale di Napoli, nei confronti di 42 indagati per associazione per delinquere finalizzata alla frode in commercio, truffa, contraffazione di marchi, corruzione ed altri reati, relativa ad accordi tra imprenditori cinesi e spedizionieri italiani, per l'introduzione illegale nel porto di Napoli di ingenti quantità di prodotti industriali fabbricati in Cina, recanti marchi falsificati o privi del prescritto marchio CE e derrate alimentari sprovviste di certificazioni sanitarie e merce di contrabbando;
nell'ottobre 2013 l'operazione «Compagnia delle Indie» ha portato all'esecuzione di 35 ordinanze di custodia cautelare in carcere per importazione, fabbricazione e commercializzazione di prodotti contraffatti, con quattro distinte organizzazioni criminali, con ramificazioni particolare nelle regioni Lazio, Lombardia, Marche e Toscana – facenti capo rispettivamente a quattro organizzazioni camorristiche, indiane e cinesi, autonome ma operanti in coordinamento, che importavano in Italia e nell'UE capi di abbigliamento di alta gamma contraffatti provenienti dalla Cina.
4.4 La criminalità nel settore agroalimentare.
La diffusione delle contraffazioni nel settore agro alimentare è in crescita, pur a fronte di uno scarso numero di processi penali relativi al fenomeno: nel 2016 sono stati 16 i processi giunti in fase dibattimentale per il reato di contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine di prodotti agroalimentari (articolo 517-quater c. p.).(44)
Nell'audizione con la Fondazione Caponnetto è stato riferito che sono gestite dalle organizzazioni criminali italiane e straniere non solo la contraffazione dei diritti di proprietà industriale, ma anche quella nel comparto alimentare(45)
I legami tra contraffazione nel settore agroalimentare e criminalità organizzata nazionale per il controllo dell'intera filiera agroalimentare (produzione, arrivo della merce nei porti, confezionamento, commercializzazione nei mercati all'ingrosso e nella grande distribuzione) sono stati confermati dal Ministro della giustizia Orlando sia nell'audizione del 19 novembre 2015 che del 6 giugno 2017, sottolineando che ogni passaggio delle filiera illecita produce fatturati enormi.
Sia in quest'ultima audizione, come anche nell'audizione del Comandante generale della Guardia di Finanza del 28 settembre 2016 è stato riferito in Commissione degli interessi di «Cosa Nostra», dei clan camorristici e delle ’ndrine calabresi, nel settore, attraverso l'accaparramento di terreni agricoli, l'acquisizione di aziende di produzione, trasformazione e commercializzazione di prodotti, la gestione delle Pag. 46 attività di trasporto, stoccaggio ed intermediazione commerciale, al fine di incrementare la presenza in questo ramo di affari illeciti.
Secondo il «Rapporto sui crimini agroalimentari» dell'EURISPES il business illecito ed organizzato nel settore agroalimentare avrebbe superato nel 2015 i 16 miliardi di euro, con un incremento di circa il 4 per cento rispetto all'anno precedente.
L'UNICRI, in cooperazione con il MISE, in un report presentato ad Expo 2015, ha analizzato l'approccio al contrasto delle violazioni e delle contraffazioni in ambito agroalimentare nel Bacino del Mediterraneo(46) , sottolineando come l’enforcement della lotta alla contraffazione sia fortemente disequilibrata, con una scarsa tutela dei diritti di IPR in Paesi crocevia dei traffici internazionali (ad esempio la Turchia), ove i reati connessi alle violazione dei diritti IP non sono perseguibili d'ufficio, con grave danno alla lotta alla contraffazione.
Nell'audizione in Commissione con l'Osservatorio Placido Rizzotto-Flai Cgil è emerso un quadro preciso della connessione tra «agromafie» e caporalato nella filiera agroalimentare e sulle modalità di penetrazione della criminalità nei vari comparti dell'agroalimentare. Secondo quest'analisi il fenomeno della contraffazione alimentare è legato sia all'attività delle organizzazioni mafiose tipiche, localizzate nel sud Italia, sia ad un’«imprenditoria criminale», a cavallo tra legalità e illegalità, spesso proveniente dall'estero, anche dall'Europa dell'Est.
Nell'analisi dell'Osservatorio e nelle relazioni della Direzione nazionale antimafia, i mercati ortofrutticoli italiani sono fortemente penetrati dalle organizzazioni mafiose tradizionali italiane, anche in rapporto con organizzazioni criminali straniere, come accertato nelle inchieste «Sud Pontino» e «Bilico», ad esempio rispetto al mercato di Fondi, ove le associazioni di stampo mafiose nella gestione di tali mercati operano secondo una logica di cartello e di limitazione della concorrenza.
Per quanto riguarda l'imprenditoria operante tra legalità e illegalità, una misura idonea a contrastare i fenomeni illeciti, sia per la tutela dei consumatori e la lotta alle frodi sia rispetto alla tutela dei diritti dei lavoratori, è quella contenuta nella legge 29 ottobre 2016, n. 199 sul caporalato, che prevede l'introduzione della rete del lavoro agricolo di qualità, che dovrebbe svolgere un ruolo di certificatore pubblico per una piena tracciabilità dei prodotti e per il rispetto dei diritti dei lavoratori. Nella citata audizione con l'Osservatorio Rizzotto è stato sottolineato, rilevando che allo stato solo circa 2.000 sono le aziende agricole che hanno aderito alla rete, e che pertanto serve uno sforzo del mondo imprenditoriale e di quello legato alla grande distribuzione.
I fenomeni di contraffazione, sofisticazione e alterazione dei prodotti con l'illegale reperimento delle materie prime, etichettatura mendace e falsa dichiarazione di congruità tra le certificazioni di qualità e la qualità dei prodotti, si accompagnano infatti, quasi sempre, ad un'illegalità diffusa nei rapporti di lavoro, nell'ambito di fenomeni già presenti quali il lavoro nero, lo sfruttamento e il caporalato. L'alterazione della competizione legale nel mercato agroalimentare, dovuta a questi fattori, riduce il margine di profitto per gli imprenditori Pag. 47 e i lavoratori che operano nella legalità. Secondo il CENSIS la contraffazione nel settore agroalimentare nel 2010 assorbe da sola circa il 16 per cento di tutto il fatturato della contraffazione in Italia, per un totale di circa 1 miliardo di euro, considerando solo il valore dei prodotti falsi acquistati dai consumatori italiani.(47)
Per quanto riguarda i settori dell'agroalimentare più esposti al fenomeno della contraffazione vi sono il comparto lattiero-caseario, quello vitivinicolo e quello oleario, tutti oggetto di una vera e propria aggressione da parte della criminalità organizzata di stampo mafioso. Nel settore lattiero-caseario si ricordano le operazioni «Bufale sicure» e «Bufale sicure 2» nella provincia di Salerno e Caserta, gestite da organizzazioni camorristiche, con ramificazioni in tutta Italia: a Brescia, con il sequestro di circa 3,5 tonnellate di latte etichettato made in Italy, che, in realtà, proveniva dalla Germania; l'operazione «Stracchino» con il sequestro di 15 tonnellate di prodotto proveniente dalla Slovacchia ed etichettato made in Italy. Nel settore vitivinicolo si registra la presenza di Cosa nostra in Sicilia. Tra le operazioni di riferimento nel settore vitivinicolo si segnalano le operazioni «Amarone» e «Amarone bis» nelle province di Vicenza, Verona, Novara; operazioni a Chieti e Salerno, con il sequestro di vino Aglianico e Falanghina contraffatto, a Siena, nell'ambito della rete Opson, con ramificazioni fino in Danimarca. Nel settore oleario opera la Sacra corona unita in Puglia. Molte le operazioni di contrasto compiute (a Siena, Arezzo, Foggia, Bari, Palermo e Catania). Vi sono altri settori interessati da infiltrazioni criminali: la macellazione bovina ed equina, per la quale oltre alle attività condotte al Sud dalle organizzazioni mafiose, si sono svolte operazioni in aree del centro-nord (a Reggio Emilia, Brescia e Macerata) che hanno portato alla scoperta di centri di macellazione clandestina, con capi provenienti dall'est europeo, privi di tracciabilità o con l'utilizzo intensivo di farmaci e ormoni per gonfiare la resa dei vitelli destinati alla macellazione; il settore della panificazione e della pasta: processi di panificazione clandestina sono stati evidenziati dall'inchiesta «Doppio zero» in provincia di Napoli, che producevano pane con materie prime scadenti, come farine scadute e legno tossico, per un valore di circa 50 milioni di euro, con lavoratori operanti in nero, mentre a Bari sono state condotte operazioni nel settore della pasta con l'utilizzo di farine etichettate come italiane ma in realtà provenienti da Paesi esteri; il settore della pesca, ove vi sono stati casi conclamati della pesca dei datteri di mare ad esclusivo appannaggio dei clan attivi nella provincia di Napoli, e del ruolo dei mercati ittici all'ingrosso, nei quali sono commercializzati oltre ai prodotti tracciati anche prodotti contraffatti o conservati male e dannosi alla salute dei cittadini.
Nell'analisi della Direzione Nazionale Antimafia, nella citata audizione, è stato ritenuto che la peculiarità della contraffazione nel settore agroalimentare, rispetto ad altri settori produttivi, consiste nella falsificazione dell'origine geografica del prodotto o alla denominazione Pag. 48 di origine, non sempre realizzata attraverso la falsificazione di tali marchi collettivi, ma attraverso l'imitazione fraudolentemente evocativa delle caratteristiche dei prodotti italiani (c.d. Italian Sounding). Si tratta di una forma di concorrenza sleale, che non integra solo la contraffazione di marchi o di denominazioni d'origine, ma che consiste spesso nella produzione e commercializzazione di generi alimentari con nomi, immagini e simboli apposti sulla confezione che richiamano in modo ingannevole una presunta italianità dei prodotti.
Nell'analisi della DNA l'infiltrazione della criminalità organizzata nel settore agroalimentare ha determinato il controllo di intere filiere agroalimentari – dalla produzione agricola, all'arrivo della merce nei porti, dai mercati all'ingrosso alla grande distribuzione, dal confezionamento alla commercializzazione – con un fatturato stimato in 12,5 miliardi di euro all'anno. Le agromafie operano in modo illecito ad ampio raggio, oltre che con l'intervento nelle filiere anche con l'illecita percezione di finanziamenti pubblici a sostegno del reddito erogate dagli Enti nazionali, e di «aiuti» all'agricoltura dell'Unione Europea nell'ambito della politica agricola comune e con il ricorso ai fenomeni dei «falsi braccianti agricoli» e del «caporalato», drenando ricchezze alle aziende che operano nella legalità e riducendone fortemente la competitività.
Il disegno di legge governativo per la riforma dell'apparato penale in materia di reati di contraffazione per il settore agroalimentare, elaborati dalla Commissione istituita presso il Ministero della giustizia e presieduta da Giancarlo Caselli, che prevedeva l'introduzione dei reati di disastro sanitario e di agro-pirateria, allo stato, non è stato ancora presentato dal Governo in Parlamento(48) .
La Guardia di Finanza ha sequestrato nel periodo gennaio 2015-luglio 2016 circa 9.000 tonnellate di alimenti (l'82 per cento cereali, l'11 per cento paste alimentari e il 7 per cento altri alimenti) e 313.481 ettolitri di liquidi (essenzialmente vino) oggetto di frode e contraffazione, per la maggior parte nel settore delle false indicazioni di origine e indicazione geografica.
5.I PROBLEMI DELL'AZIONE DI CONTRASTO IN SEDE NAZIONALE
Nell'analisi della Direzione Nazionale Antimafia resa in Commissione nella citata audizione è stato ritenuto che per «lungo tempo il limite dell'attività di contrasto è stata la frammentazione delle attività di indagine e, dunque, l'assenza di una visione d'insieme unitaria essenziale per ricostruire organicamente l'interesse delle organizzazioni criminali verso tali settori economici. In tale ottica, nell'esercizio delle funzioni di coordinamento e impulso svolte dalla Direzione nazionale nel settore della contraffazione, è stata evidenziata la necessità di potenziare il coordinamento tra le forze dell'ordine cui sono demandati gli interventi anticontraffazione a fini di analisi ed elaborazione per individuare i punti di convergenza o gli elementi che valgono ad inserire una singola Pag. 49 condotta in un contesto associativo. È stato poi sollecitato un costante scambio informativo tra le Direzioni distrettuali antimafia e tra queste e le Procure ordinarie che procedono su singoli delitti di contraffazione che si inseriscono, spesso, in un contesto associativo più ampio che opera in ambito nazionale e/o internazionale.»
Hanno dato risposta a tali preoccupazioni le innovazioni normative recate dalla legge 23 luglio 2009, n. 99, che: ha inserito il delitto di associazione per delinquere finalizzato alla commissione dei delitti di contraffazione (articoli 473 e 474 c.p.) nell'elenco dei reati riservati alla competenza delle Direzioni Distrettuali Antimafia, ai sensi dell'articolo 51 comma 3-bis c.p.p.; ha rafforzato il rafforzamento degli strumenti di contrasto sotto il profilo patrimoniale, con la confisca obbligatoria delle cose servite o destinate a commettere il reato e delle cose che ne costituiscono l'oggetto, il prodotto, il prezzo o il profitto, a chiunque appartenenti (articolo 174-bis c.p.), la confisca per equivalente dei beni di cui il reo abbia la disponibilità per un valore corrispondente al profitto qualora non sia possibile procedere al sequestro delle cose che costituiscono il prezzo o il profitto del reato e il sequestro e la confisca per sproporzione; ha inserito i delitti previsti dagli articoli 473, 474, 517-ter e 517-quater c.p. nell'elenco dei reati che determinano la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e delle società ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001. La legge n. 136/2010 ha inserito i delitti previsti dagli articoli 473 e 474 cod. pen. tra quelli per i quali sono consentite le operazioni sotto copertura e la legge n. 9 del 2013 ha esteso le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni telefoniche e di altre forme di telecomunicazioni (articolo 266 lettera f-ter c.p.p.) anche ai reati di contraffazione.(49)
Alcuni dati forniti in audizione il 6 giugno 2017 dal Ministro della giustizia Orlando forniscono le dimensioni dell'attività di contrasto.
Nel 2016 la fattispecie numericamente più significativa riferita ai giudizi per delitti legati alla contraffazione pendenti dinanzi ai Tribunali italiani, riguarda l'articolo 474 c. p. «Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi», con una cifra totale di 4380 processi iscritti; l'abusiva duplicazione di opere dell'ingegno (articolo 171-ter l. 633/1941) cala da 1060 processi iscritti nel 2013 a 633 nel 2016, anche se dai dati diffusi dalla Guardia di Finanza emerge che l'aggressione al bene giuridico tutelato dal reato di «pirateria» si è modificato per ragioni tecnologiche dovute alla diffusione del web, in quanto la duplicazione delle opere dell'ingegno sul web è passata da 9 milioni di unità nel 2012 a 16 milioni nel 2013 e 90 milioni di unità nel 2015, con l'aumento anche dei siti internet illegali individuati e bloccati, passati da 45 siti nel 2012 a 620 nel 2016.
I dati relativi alle attività di contrasto realizzate dalla Guardia di Finanza mostrano trend più elevati: tra gennaio 2012 e dicembre 2016 la Guardia di Finanza ha complessivamente eseguito 58.417 interventi nei settori della contraffazione (37.403, pari al 64 per cento del totale), della sicurezza prodotti, della pirateria audiovisiva e della tutela del made in Italy. In base alla cittadinanza dei soggetti denunciati i cittadini italiani diminuiscono dal 47 per cento nel 2012 al 36 per cento nel 2016, Pag. 50 seguiti dai senegalesi, dai cinesi (12,8), da originari del Bangladesh (8,6 per cento) e del Marocco (2,8 per cento).
Il contrasto del fenomeno richiede l'attivazione, nell'impostazione della Guardia di Finanza(50) , di tre linee d'azione principali: il controllo del territorio, il presidio delle frontiere e l'attività investigativa; l'obiettivo è quello non solo di intercettare le partite di prodotti illegali, ma anche di contrastare alla radice le filiere del falso, nelle fasi di approvvigionamento, produttive e distributive, e le fonti di finanziamento e di guadagno delle organizzazioni criminali.
Nel periodo gennaio 2015-luglio 2016, le deleghe d'indagine complessivamente ricevute dalla Guardia di Finanza da parte della magistratura in tutti i settori d'interesse istituzionale sono state circa 136.000, di cui oltre 111.000 già oggetto di riscontro. Di queste 5.888 deleghe hanno riguardato reati di contraffazione, pirateria e tutela del made in Italy, di cui 4.983 (pari all'85 per cento del totale) sono state concluse, con la denuncia all'Autorità Giudiziaria di 1.629 soggetti. Uno strumento investigativo importante è rappresentato dai «piani operativi»,campagne d'intervento, definite a livello centrale nelle loro linee generali ed affidate per l'esecuzione ai Reparti, concentrando le capacità d'intervento sul territorio. Dei 40 piani operativi sviluppati nel 2015 e 45 nel 2016, 3 sono stati riservati alla «Lotta alla contraffazione», alla «Tutela made in Italy e sicurezza prodotti» e alla «Tutela diritto d'autore». Un quarto piano riguarda la tutela dei «Distretti industriali», minacciate da condotte di contraffazione, di evasione, di impiego di manodopera in nero, di riciclaggio di proventi di origine illecita. Nell'ambito dei 17.898 interventi eseguiti tra gennaio 2015 e il luglio 2016, sono stati denunciati alla magistratura 15.246 persone, 170 delle quali tratte in arresto e sequestrati più di 485 milioni di pezzi illegali (+15 per cento rispetto al biennio 2013-2014).
Nel dicembre 2015 il Comando generale della Guardia di Finanza ha emanato una direttiva per i Reparti, per realizzare in ogni Comando Provinciale un «Dispositivo permanente per il contrasto alla contraffazione e all'abusivismo commerciale organizzato», supportata dall'elaborazione di «Linee guida» contenenti istruzioni per la mappatura del fenomeno sul territorio, l'individuazione delle aree operative di più proficuo intervento e le modalità di sviluppo dei servizi di contrasto.
A fronte di un impegno che la Commissione ha potuto valutare come massimo da parte delle forze di polizia e della magistratura e che ha portato a risultati significativi, si deve rilevare che le caratteristiche transnazionali della contraffazione richiedono un rafforzamento della collaborazione informativa e operativa delle forze dell'ordine a livello internazionale.
5.1 Il coordinamento delle forze di polizia.
A livello nazionale un profilo che occorre esaminare è quello del maggiore coordinamento e dell'implementazione di forme di specializzazione tra le forze di polizia impiegate nel settore, onde assicurare sempre più efficacia all'opera di contrasto alla contraffazione ed evitare duplicazioni o carenze di intervento. Pag. 51
La Guardia di Finanza ha una competenza specifica a carattere generale in materia di contraffazione; i Carabinieri hanno una specializzazione nelle frodi alimentari; la Polizia postale ha maturato una specializzazione nel copyright, particolarmente nel contrasto della pirateria musicale e cinematografica, con attenzione anche ad attacchi ad infrastrutture critiche, al crimine finanziario cibernetico, alla pedopornografia e al terrorismo.
Il principio della specializzazione delle forze polizia è già presente nell'ordinamento in forza di disposizioni di legge e di provvedimenti amministrativi.
Da ultimo, con il decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177, che ha dettato misure per la razionalizzazione delle funzioni di polizia e l'assorbimento del Corpo forestale dello Stato, è stato ribadito il principio della costituzione di comparti di specialità delle Forze di polizia, rinviando per le relative modalità ad un decreto del Ministro dell'interno, ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 121 del 1981.
Tale principio rappresenta una soluzione operativa volta a temperare la situazione oggi esistente di un pluralità di forze di polizia aventi competenza generale, che informa largamente l'ordinamento della Polizia di Stato, dell'Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, a ciascuna delle quali sono attribuite i compiti di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza che la legge rimette a ciascuna Forza di polizia ed ai suoi appartenenti.
Il Decreto 28 aprile 2006 del Ministero dell'interno recante «Riassetto dei comparti di specialità delle Forze di polizia» fissa attualmente, in attesa di un nuovo decreto modificativo, previsto dall'articolo 2, comma 1 del citato D.Lgs. n. 177/2016, le direttive per il riassetto dei comparti di specialità delle Forze di polizia, ritenendo «necessario riconsiderare l'assetto dei comparti di specialità delle Forze di polizia, in coerenza con l'evoluzione del quadro normativo di settore, al fine di attuare una coordinata pianificazione interforze che assicuri la massima efficacia dell'azione di prevenzione e contrasto per le finalità generali di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica».(51) Considerando l'evoluzione normativa, che ha creato problemi di sovrapposizione delle competenze di più Forze di polizia nei medesimi ambiti di attività e la circostanza che più fonti legislative hanno già recato elementi di specializzazione tra le forze di polizia(52) , tale decreto precisa che «all'attribuzione di un comparto di specialità e alla individuazione di ambiti di intervento rimessi – per legge o ai sensi della presente direttiva – alla competenza esclusiva o prevalente di una Forza di polizia deve, pertanto, conseguire – come già stabilito nella direttiva del 1992 – che Pag. 52 solo la Forza di polizia prescelta ha facoltà di create strutture deputate all'esercizio di quella funzione e che essa, inoltre, costituisce per le altre Forze di polizia il fondamentale polo di gravitazione informativa e di analisi».
Va rilevato che tra i settori oggetto di indicazioni nel decreto, che risale ormai a molti anni fa e che, come detto, dovrebbe essere oggetto di prossima rivisitazione, il tema della contraffazione non è rubricato unitariamente, come settore omogeneo di intervento, ma vi sono riferimenti ad essa in specifici settori.
La seguente tabella mostra con evidenza, per settori di attività, il complesso di competenze che riguardano attualmente la lotta alla contraffazione, che occorre considerare attentamente, considerando la frammentazione delle competenze, per valutare la possibilità di interventi di ulteriore razionalizzazione e specializzazione delle stesse:
SICUREZZA DELLE FRONTIERE
Attività | Competenza | Competenza
|
Attività di polizia di frontiera terrestre, marittima ed aerea | PS | GdF (nell'esercizio dei compiti di polizia economica e finanziaria) |
TUTELA MEZZI DI PAGAMENTO*
Attività | Competenza | Competenza
|
Prevenzione, ricerca e repressione di violazioni in materia di valute e titoli; valori e mezzi di pagamento (nazionali ed esteri); movimentazioni finanziarie e di capitali. | GdF (art. 2, lett. h) D.Lgs. n. 68/2001) | PS-polizia postale (raccordandosi con GdF): quando uso distorto di strumento informatico o delle tecnologie di rete rappresenta il modo esclusivo o assolutamente prevalente di perpetrazione dei reati. |
Circuiti di pagamento (anche carte di debito e di credito e pagamenti e movimenti di capitali effettuati on line.) |
RETI DI COMUNICAZIONE*
*Comprese nella voce unitaria Sicurezza delle reti di comunicazione: la Forza di polizia competente ad intervenire è individuata avuto riguardo alla natura del fatto e dei reati, o delle violazioni amministrative ad esso ricollegabili, che si intendono prevenire o contrastare.
KNOW-HOW, BREVETTI, MARCHI E DIRITTI DI PRIVATIVA INDUSTRIALE
Attività | Competenza | Competenza
|
Relativamente al loro esercizio e sfruttamento economico | GdF (art. 2, c. 2, lett. l) D.Lgs., n. 68/2001 | - |
DIRITTO D'AUTORE
Attività | Competenza | Competenza
|
Investigazione per la prevenzione ed il contrasto alle violazioni sul diritto d'autore | GdF (art. 2, c. 2, lett. l) D.Lgs., n. 68/2001 (anche verso AGCOM) | PS-polizia postale (raccordandosi con GdF): quando uso distorto di strumento informatico o delle tecnologie di rete rappresenta modo esclusivo o assolutamente prevalente di perpetrazione dei reati. |
SANITÀ, IGIENE ED ALIMENTI
Attività | Competenza | Competenza
|
Prevenzione e contrasto degli illeciti in materia di sanità, igiene e sofisticazioni alimentari; frodi nel settore agroalimentare e sofisticazioni di alimenti e bevande | CC – Comando per la tutela della salute | Ex CFS (ora CC) – concorso in attività per il rispetto di norme su sicurezza alimentare del consumatore e biosicurezza; concorso in attività per il rispetto delle norme su sicurezza agroalimentare, con riferimento ai cicli produttivi in pieno campo.
|
FALSO NUMMARIO
Attività | Competenza | Competenza
|
Prevenzione e contrasto del falso nummario | CC-Com. antifalsificazione monetaria e
| PS-Polizia postale – tutela dei prodotti e dei processi produttivi nel settore postale e filatelico. |
5.2 Le banche dati.
Altro tema che merita attenzione è quello delle banche dati, che appare particolarmente bisognoso di una riconduzione ad unitarietà, dal momento che la situazione attuale è caratterizzata da una certa frammentarietà e da duplicazioni di strumenti.(53)
Dal 2008 esiste IPERICO, banca dati sulle attività di contrasto alla contraffazione (sequestri) gestita dal Ministero dello sviluppo economico con il supporto di esperti della Guardia di Finanza, dell'Agenzia delle dogane e del Servizio analisi Criminali del Ministero dell'interno. In tale banca dati sono replicati i dati in possesso della Guardia di Finanza e dall'Agenzia delle Dogane, ma non quelli derivanti da operazioni condotte da Carabinieri e Polizia di Stato. Nel rapporto CENSIS-MISE 2014 i dati relativi ai sequestri sono riportati infatti distintamente, a seconda delle forze delle ordine procedenti.
Dal 2014 è stato avviato il Sistema Informativo Anti Contraffazione della Guardia di Finanza (SIAC), piattaforma informatica plurifunzionale a supporto della attività operative dei Reparti del Corpo e delle altre forze di polizia. Altre banche dati esistono presso l'Agenzia delle dogane, con riferimento alle attività connesse negli spazi doganali. La banca dati SIDNA della Direzione nazionale contiene informazioni di carattere giudiziario acquisite attraverso l'immissione diretta da parte delle singole Procure o attraverso le funzioni di collegamento investigativo svolte dai sostituti procuratori nazionali. Il coordinamento si deve estendere anche alle banche dati delle Camere di commercio e dell'anagrafe tributaria, al fine di consentire un efficace controllo sulle nuove imprese che specialmente in certi comparti, si pensi al distretto tessile di Prato interessato dal fenomeno delle imprese cinesi che si costituiscono e poi mutano denominazione o cessano rapidamente di esistere, ferma restando la continuazione delle attività nei medesimi capannoni industriali, attualmente presenta numerosi problemi.
Nella citata audizione con la Direzione Nazionale Antimafia è stato riferito che nella Conferenza di alto livello sulla lotta alla contraffazione di Alicante del 25-26 febbraio 2016, è stata condivisa da tutti gli Pag. 55 stakeholders l'idea di non creare nuovi sistemi di raccolta dati ma di potenziare e utilizzare al meglio e quelli già esistenti.
Il problema si pone tra le diverse Forze di polizia ma anche nel rapporto tra queste e le Polizie Locali. Nell'audizione del 6 febbraio 2017 con il Comandante del Corpo di Polizia Locale di Roma Capitale Diego Porta ha sottolineato come elemento critico il mancato accesso da parte delle Polizie Locali di tutta Italia alla banca dati delle forze di polizia, ai sensi della legge n. 65 del 1986. L'accesso è possibile solo relativamente ai veicoli rubati, ma non per effettuare un accertamento sull'identità delle persone relativamente ai carichi pendenti, per il quale devono rivolgersi alla Questura.
5.3 Il controllo in sede doganale.
Altro tema rilevante è quella della mancanza di una politica unitaria europea in tema di controllo delle dogane.
La Commissione ha più volte modo di appurare come le linee di gestione dei controlli nelle varie dogane europee seguano orientamenti diversi: l'analisi di rischio delle dogane di Rotterdam o del Regno Unito, ad esempio, segue modelli e logiche più orientati a favorire l'espansione dei traffici commerciali rispetto all'esigenza di contrastare i fenomeni di illegalità quali la contraffazione, come invece effettuato dell'Agenzia doganale italiana.
La prima impostazione privilegia l'implementazione del volume complessivo dei flussi commerciali e la rapidità delle operazioni di sdoganamento, per l'obiettivo di accrescere i flussi finanziari derivanti dalle operazioni portuali, mentre in Italia vi è grande attenzione anche ad evitare l'ingresso di merci ad alto rischio per la non conformità alle prescrizioni dell'UE, pericolose per la salute e per i consumatori.
L'attività repressiva in Italia provoca praticamente una diminuzione delle importazioni e spinge gli spedizionieri a modificare le rotte di movimentazione delle merci, favorendo l'utilizzazione di altri porti.
Questa differenza non appare coerente con un impegno comune dell'Unione europea per contrastare le attività illecite collegata alla movimentazione delle merci, segnatamente della contraffazione, dal momento che dal 2014, la contraffazione delle merci e i possibili rischi per la salute e la sicurezza costituiscono formalmente una priorità per l'UE, e risponde invece ad una diversità di impostazione nella quale le esigenze commerciali e finanziarie sono di fatto ritenute prevalenti rispetto alle finalità istituzionali.
6. I PROBLEMI DELL'AZIONE DI CONTRASTO IN SEDE INTERNAZIONALE
Poiché i traffici di merce contraffatta hanno le caratteristiche di una marcata transnazionalità, tanto più se realizzate da organizzazioni criminali, occorrono risposte istituzionali adeguate, idonee a superare i limiti delle diverse giurisdizioni di ambito nazionale. Sono ben note, al proposito, le difficoltà e l'onerosità di svolgimento delle procedure di rogatoria tra Stati per indagini sovranazionali. Anche lo stesso sviluppo della contraffazione via internet comporta problemi di identificazione degli interlocutori responsabili a livello di provider, per la tendenza alla Pag. 56 «smaterializzazione» delle attività digitali e alla parcellizzazione delle competenze tra strutture operanti in Paesi diversi.(54)
Allo sviluppo della transnazionalità concorrono una serie di fattori, sottolineati dalla Guardia di Finanza in audizione:(55)
la tendenza alla localizzazione dei poli di produzione dei beni illeciti all'interno dell'Unione Europea, per contenere il rischio di individuazione degli illeciti in dogana e i costi di trasporto;
lo sfruttamento delle Zone di Libero Scambio per il transito delle merci illegali;
il crescente ricorso ai centri di smistamento postale per la spedizione di piccole partite di prodotti illeciti per lo più reperiti ed acquistati tramite internet.
Dal 2014, la contraffazione delle merci e i possibili rischi per la salute e la sicurezza è diventata una priorità per l'UE.
Il limite delle giurisdizioni nazionali costituisce un problema rispetto all'efficacia delle risposte da fornire ad attacchi aventi dimensioni sovranazionali.
Il canale privilegiato oggi attivabile è quello della partecipazione alle iniziative di coordinamento internazionale, sotto l'egida dell'Unione europea e degli organismi sovranazionali di Polizia.
In linea generale, dalle audizioni, è emerso peraltro che uno dei problemi da risolvere è dato dal fatto che tali strutture di coordinamento presentano i limiti strutturali di agenzie che svolgono un ruolo di analisi o costituiscono punti organizzativi di collegamento e per lo scambio di informazioni tra le varie polizie nazionali. Quello che manca è un coinvolgimento delle diverse forze di polizia e delle magistrature nazionali nell'esecuzione di indagini comuni, le quali continuano invece ad essere gestite direttamente dalle Forze di polizia nazionali.
Per quanto riguarda le iniziative di contrasto guidate congiuntamente da Europol ed Interpol, esse si caratterizzano per essere operazioni i cui obiettivi sono predeterminati per settore, con cadenza annuale, e quindi in qualche modo avente un carattere dimostrativo e non legato all'emergenza di specifici filoni investigativi.
Un altro problema che sembra potersi affermare è la sussistenza di una pluralità considerevole di organismi, la cui attività va quindi coordinata, anche per evitare punti di sovrapposizione delle varie attività.
Di qui è sorta l'esigenza di uno step ulteriore, con la realizzazione di squadre d'investigazione comuni previste dagli accordi internazionali e di recente dalle legislazioni nazionali, di cui al successivo punto 6.1.
6.1 I Joint investigation teams (J.I.Ts).
Nel corso della legislatura con il decreto legislativo n. 34 del 2016 è stata recepita la Decisione Quadro 2002/465/GAI del Consiglio dell'Unione europea del 13 giugno 2002, concernente l'istituzione delle «Squadre Investigative Comuni» (Joint investigation teams – J.I.Ts.).
Tale strumento permette alle autorità giudiziarie e alle forze di polizia di almeno due Stati membri di creare team comuni incaricati dello svolgimento di indagini penali in ambiti specifici e per una durata di tempo limitata. Le J.I.Ts sono utilizzabili per indagini concernenti qualunque reato che, a giudizio dell'autorità giudiziaria procedente, richieda il compimento di indagini complesse sul territorio di più Stati membri o richieda un forte coordinamento.
Gli atti compiuti dalle squadre comuni sono acquisiti direttamente nei fascicoli processuali delle indagini in corso in ciascuno Stato partecipante, senza necessità di effettuare una rogatoria. Il ricorso alle rogatorie costituisce da sempre un punto debole del contrasto in ambito transnazionale, per la lentezza e l'onerosità di tali procedure: pertanto tale nuova misura potrebbe determinare una sensibile contrazione dei tempi e delle risorse investigative.
L'importanza del provvedimento è stato sottolineato dal Governo in Commissione(56) , che ha ritenuto «del tutto evidente che solo la realizzazione di una squadra comune di investigatori, che sia a conoscenza della struttura organizzativa criminale che movimenta il traffico di prodotto contraffatti e ne dispone l'importazione e poi la commercializzazione e che, non di meno, possa operare in tutti i paesi europei in cui lo smercio dei prodotti o la stessa falsificazione finale vengono compiuti, è realmente in grado di assicurare la completezza delle investigazioni e la loro contestualità» e che «la trasmigrazione diretta delle attività compiute dalla squadra nei due procedimenti paralleli gestiti dalle autorità nazionali e la loro utilizzabilità come elementi di prova, rappresenta l'unica possibile risposta ad un fenomeno strutturalmente sovranazionale. Ovviamente, la medesima opportunità di procedere al sequestro, non solo dei prodotti contraffatti, ma anche dei proventi della vendita, risulta amplificata nell'ipotesi in cui possa essere impiegata una squadra investigativa comune concretamente in grado di modulare le investigazioni e le competenze in ogni paese ove il delitto sia realizzato.»
6.2 L'INTERPOL
Va ricordata innanzitutto la partecipazione alle attività pianificate dall'International Crime Police Organization (I.C.P.O./Interpol), nonché dall'Organizzazione mondiale delle dogane, per una maggiore assistenza tra le autorità di Polizia e doganali (O.M.D.). Pag. 58
In audizione la Guardia di Finanza ha riferito(57) della partecipazione alle operazioni organizzate con cadenza annuale, guidate da Interpol ed Europol:
«Opson», in materia di contraffazione e frodi agroalimentari(58) ;
«In our sites» (IOS), in materia di commercio illecito on line, che ha portato al sequestro di nomi di domìni, condotta insieme alle autorità competenti degli Stati Uniti;(59)
«Wafers», in materia di traffici di semiconduttori contraffatti;
«Pangea», in materia di commercio illegale di farmaci;
«Silver Axe», in materia di traffico di pesticidi non a norma e contraffatti, dannosi per la salute, condotta in Belgio, Paesi Bassi, Germania, Spagna, Francia, Italia e Slovenia, con il sequestro di più di 190 tonnellate di materiale;
«Copycat», per il contrasto alla contraffazione di prodotti sportivi.
Nel corso dell'audizione del 3 novembre 2016(60) , sono state ricordare alcune iniziative condotte per la lotta alla contraffazione: l'operazione Pangea, riguardante la commercializzazione dei medicinali contraffatti attraverso Internet, coordinata dal Segretariato generale dell'Interpol di Lione, nella quale l'Ufficio nazionale Interpol coordina l'attività di tutte le Forze di polizia, l'Agenzia delle dogane e le principali società dei circuiti delle carte di credito, che ha visto dal 30 maggio al 7 giugno 2016 la partecipazione di 103 Stati, con 193 agenzie e Forze di polizia e la sospensione di quasi 5.000 siti web in cui erano venduti medicinali contraffatti; il progetto Energia, che riguarda il commercio illecito di sostanze illecite dopanti, in collaborazione con la WADA (Agenzia mondiale antidoping).
6.3 L'EUROPOL
In secondo luogo va menzionata l'attività di analisi della agenzia Europol.(61) Pag. 59
Europol si attiva solo in casi di reati gravi o legati alla criminalità organizzata, con il coinvolgimento almeno di due Stati membri e su attivazione delle autorità nazionali; in taluni casi vi sono state iniziative promosse su segnalazione di imprese, da cui poi è scaturito un coinvolgimento delle autorità pubbliche.
Rispetto alla criminalità organizzata Europol elabora dal 2013 il SOCTA (Serious Organised Crime Threat Assessment), che contiene raccomandazioni per il COSI (Comitato permanente per la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna) per operare lavorare su priorità precise in tema di valutazione della minaccia rappresentata dalla criminalità organizzata, una delle quali concerne la contraffazione dei prodotti. In audizione è stato riferito di alcune operazioni condotte da Europol insieme ad Interpol, secondo il modello di operazioni dimostrative che si ripetono con cadenza annuale, non legate a filoni investigativi collegati ad emergenze criminali, riportate nel precedente punto 5.1, nonché del supporto fornito alle polizie nazionali.(62)
Europol ha avviato una stretta collaborazione con l'Ufficio per la proprietà intellettuale dell'Unione europea (EUIPO), con sede ad Alicante, che ha contribuito al finanziamento dell'IPC3.
Di rilievo è l'istituzione presso Europol dell'Intellectual Property Crime Coordinated Coalition (IPC3), nuovo centro per la cooperazione in materia di lotta alla contraffazione, anche mediante lo sviluppo di sinergie con il settore privato e l'Università, sul modello di analoghe esperienze promosse dall'International AntiCounterfeiting Coalition (IACC) negli Stati Uniti d'America.
L'IPC3 comprende il Focal Point COPY (contraffazione e pirateria) e il Focal Point SOYA (contraffazione dell'euro), nei quali, per l'Italia lavorano componenti dei Carabinieri, della Polizia e della Guardia di Finanza. L'obiettivo fondamentale della Coalizione IPC3 è, principalmente, quello di contrastare i reati commessi su internet. Si avvale di un gruppo consultivo di esperti, tra i quali l'Italia ha assunto un ruolo di guida, condotta insieme dai NAS dei Carabinieri e dalla Guardia di Finanza. Anche l'OLAF partecipa al Focal Point COPY ed Europol partecipa a riunioni di coordinamento con le autorità giudiziarie all'interno di Eurojust.
L'IPC3 ha firmato cinque memorandum d'intesa con diversi soggetti: AAPA (Audiovisual Anti-Piracy Alliance); ETICS (European Testing Inspection and Certification Systems); UL (Underwriters laboratories), società che si occupa della certificazione negli Stati Uniti; IACC statunitense; Università di Trento.
6.4 L'OLAF
Nell'Unione europea opera poi l'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) nell'ambito dell'European Union Policy Cycle dell'Unione Pag. 60 europea, progetto quadriennale per il contrasto delle fenomenologie criminali, tra cui anche la contraffazione. In tale progetto la Guardia di Finanza ha assunto il ruolo di «capofila» per l'Europa.
Nell'incontro a Bruxelles con il Direttore Investigazioni dell'Ufficio europeo antifrode (OLAF), Ernesto Bianchi, il 27 giugno 2016, è stato precisato come il ruolo dell'OLAF sia quello di proteggere gli interessi finanziari dell'Unione europea, con indagini di natura amministrativa e non penale, su tutte le frodi o irregolarità che impattano sui bilanci comunitari, sia per le entrate, che per le uscite. In particolare la Direzione investigativa B si occupa delle frodi doganali e commerciali, tra cui anche la lesione degli IPR (Intellectual Property Rights) e il contrabbando di sigarette. Per la contraffazione, dato atto della resistenza di alcuni Stati circa la conduzione di indagini amministrative, per ragioni di sussidiarietà e di competenza, l'OLAF si è concentrata, avendo risorse limitate, su indagini sui prodotti suscettibili di recare danno alla salute dei cittadini europei o all'ambiente.
L'OLAF conclude «Agreement on Administrative Cooperation», accordi di cooperazione con le autorità antifrode e anticorruzione e con le dogane, sia europee, sia di Stati terzi e invia rapporti alle autorità nazionali, dai quali spesso è conseguita l'attivazione di investigazioni penali.
6.5 L'International AntiCounterfeiting Coalition (IACC).
Non specifica per il contrasto della criminalità organizzata, ma molto rilevante per il contrasto della contraffazione in generale, cui quindi si ritiene qui far riferimento, è l'esperienza negli Stati Uniti dell'International Anti Counterfeiting Coalition (IACC), il cui Presidente, Robert Barchiesi, è intervenuto in audizione il 16 marzo 2017.
L'IACC è un'associazione privata no-profit statunitense, fondata nel 1979, con sede a Washington, che si occupa della lotta alla contraffazione dei prodotti e alla pirateria, a supporto sia dell'azione delle agenzie governative che delle imprese associate. Ne fanno parte oltre 250 società, di quasi tutti i settori produttivi (abbigliamento, agricoltura, farmaceutici, software, elettronica, intrattenimento, industria automobilistica o beni di consumo), con molti marchi famosi nel mondo.
A questa Organizzazione si deve in particolare lo sviluppo del progetto «Payment Processor Initiative – Rogue Block», processo facilitato dall'Ufficio della Casa Bianca del Coordinatore per la tutela della proprietà intellettuale, partito nel gennaio 2012, che prevede che i titolari di marchi, in presenza di siti che commercializzano prodotti contraffatti, possono ottenere dai gestori di canali di pagamento elettronici il blocco dei conti relativi alle transazioni di merce illegale, bloccando di fatto l'operatività del sito illegale. L'approccio della IACC è quello di «seguire il denaro» (Follow the money), considerando che le strategie tradizionali, quali le procedure di notifica e rimozione, la procedura ICANN per la risoluzione delle controversie sui nomi e le controversie civili per sequestrare i siti, ovvero i sequestri doganali e l'irrogazione di sanzioni penali o amministrative si sono rilevati scarsamente efficaci dinanzi a comportamenti di reiterazione dei post illeciti o di migrazione su nuovi siti. I contraffattori considerano queste Pag. 61 misure come un costo da poter pagare, a fronte di ingenti guadagni, per continuare a trattare i propri affari.
Molto importante è l'approccio di queste iniziative, che prescindono dal tema di risolvere in sede legislativa o giurisdizionale la questione della responsabilità dei fornitori di servizi informatici, ma di raccordare titolari di diritti ed intermediari finanziari per rendere il mercato on line sicuro e degno di fiducia da parte dei consumatori.
L'approccio statunitense alla lotta alla contraffazione, basato sul ruolo molto rilevante delle organizzazioni private, suggerisce il tema delle sinergie tra settore privato e istituzioni pubbliche. Va segnalato al proposito che nel corso delle audizioni è emerso l'orientamento delle istituzioni europee o internazionali (Interpol, Parlamento e Commissione europea) di non accettare più per le attività in materia di lotta alla contraffazione finanziamenti da parte di privati.(63)
Nella policy della IACC ci sono rapporti strutturali con le forze di polizia: a seguito di memorandum d'intesa con Europol e con la Polizia della City di Londra, l'impatto del programma RogueBlock è stato esteso al di là dei conti commerciali, per facilitare la rimozione dei domini, alla conclusione del processo; in Italia la Guardia di Finanza ha stipulato nel 2016 un accordo di cooperazione su tali profili con la IACC, al fine di favorire lo scambio di informazioni relative ai siti web sospettati di vendita di beni contraffatti indicati dai titolari di marchi e la creazione di punti di contatto per agevolare la collaborazione.
Il metodo utilizzato dalla IACC è il seguente: i titolari della proprietà intellettuale avviano le indagini per individuare siti che vendono versioni contraffatte dei loro prodotti; la IACC svolge una funzione di prevenzione della conflittualità, garantendo che le segnalazioni soddisfino gli standard legali previsti e che i marchi abbiano fornito informazioni e prove sufficienti a supporto delle segnalazioni, ed eliminando le eventuali segnalazioni doppie; la IACC coinvolge le autorità di polizia, per garantire che i siti segnalati attraverso il programma non siano oggetto di eventuali indagini penali già in corso, che potrebbero essere compromesse dall'intervento del settore privato; i titolari dei circuiti di pagamento elettronico conducono la propria indagine indipendente, al fine di stabilire se i siti e i proprietari dei conti commerciali associati abbiano violato i loro obblighi contrattuali, utilizzando i loro conti per supportare attività illegali; in caso positivo dispongono immediatamente sanzioni ed eventualmente la chiusura del conto e queste azioni sono segnalate alla IACC e all'azienda titolare del marchio violato.
Dal 2011 al 2016 il Rogue Block ha portato alla chiusura di oltre 5.300 conti commerciali utilizzati per servire traffici illeciti di beni contraffatti. Poiché molti contraffattori utilizzano un unico conto per elaborare i pagamenti attraverso reti di siti, un'azione di successo contro un singolo sito determina un effetto esponenziale: si calcola che la chiusura dei 5.300 conti bancari abbia avuto diretto impatto su oltre 200.000 siti illeciti. La riapertura di un nuovo conto commerciale può impiegare mesi e ciò determina un blocco delle attività illegali molto più lungo ed efficace rispetto alle procedure di rimozione e successiva Pag. 62 riapertura di siti, che sono attivabili in tempi rapidissimi. Il circuito bancario, in presenza di violazioni acclarate, rifiutano l'apertura di nuovi conti e le banche se accettano, in genere addebitano commissioni molto più alte per i loro servizi, riducendo la redditività per i contraffattori. Ciò è confermato dalla tendenza di alcuni siti illegali ad utilizzare non il circuito delle carte di credito ma bonifici o l'uso di valute elettroniche, come Bitcoin, che però hanno una minor diffusione presso i consumatori.(64)
6.6 Altre forme di coordinamento dell'azione di contrasto in sede europea.
Per assicurare un sempre maggiore efficacia delle risposte alla contraffazione in generale e ai legami tra contraffazione e associazioni criminali organizzate, è stato espresso in Commissione dal Governo un chiaro indirizzo di sostegno alla linea di evoluzione è della dimensione sovranazionale dell'attività di contrasto nei confronti di reti criminali che hanno una dimensione transnazionale.
Il Ministro della Giustizia Andrea Orlando, sia nell'audizione del 19 novembre 2015 che in quella del 6 giugno 2017, ha definito «fondamentale cominciare a costruire un riferimento a livello europeo, che è quello della procura europea. Su questo l'impegno dell'Italia è stato strenuo e determinato, ma i risultati sono ancora alterni» e di augurarsi che «anche alla luce di questa tragica vicenda del terrorismo internazionale, ci sia una spinta decisiva per andare in quella direzione, perché è evidente che – in quel caso tragicamente, in altri casi meno tragicamente – ogni volta ci si rende sempre più conto che proprio la rete è la dimensione che sposta nella dimensione transnazionale nuove attività di carattere criminale, che un tempo erano fortemente territorializzate».
Nel corso della Conferenza di Alto livello sulla contraffazione svoltasi ad Alicante il 25-26 febbraio 2016 con rappresentanti delle Autorità giudiziarie, di polizia e delle Dogane degli Stati membri dell'UE, rappresentanti delle imprese private e una delegazione cinese a composizione mista, è stato affermato che la tutela della proprietà intellettuale richiede un effettivo enforcement che comprenda sia il controllo delle frontiere che la cooperazione con i Paesi dai quali provengono i prodotti contraffatti, con particolare attenzione alla cooperazione con la Cina, per i profili della formazione comune, l'individuazione di strumenti omogenei di aggressione patrimoniale, e la concreta mutua assistenza alle indagini.
Sul piano normativo vanno citati: il decreto legislativo 7 agosto 2015 n. 137, che ha dato attuazione alla decisione quadro relativa Pag. 63 all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca, nel quadro del principio di mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie in materia penale, di cui al Consiglio europeo di Tampere del 1999, che disciplina il riconoscimento e l'esecuzione delle confische, sia con finalità probatorie che successive a sentenza, adottate da altro Stato membro e le modalità di esecuzione delle confische adottate in Italia in altro; il decreto legislativo 15 febbraio 2016, n. 29 di attuazione della Decisione Quadro del 30 novembre 2009/948/GAI del Consiglio dell'Unione europea, per la prevenzione e risoluzione dei conflitti relativi all'esercizio della giurisdizione nei procedimenti penali: il D.Lgs. prevede un meccanismo di cooperazione tra Stati dell'UE per la verifica preliminare circa l'esistenza di procedimenti penali paralleli in due o più Stati, per gli stessi fatti e nei confronti della medesima persona, e disciplina gli effetti che ne derivano a livello interno; ciò, in presenza di indagini in più paesi coinvolti dai fenomeni di contraffazione, garantisce il rispetto sia del principio del ne bis in idem, nei rapporti tra autorità giudiziarie, sia del principio di economia dell'azione giudiziaria, qualora vi sia la possibilità di condurre investigazioni, per i medesimi fatti, nei confronti delle stesse persone in più paesi.
7. INTERVENTI PER LA MESSA IN SICUREZZA DEL TERRITORIO
Un altro profilo rilevante per il contrasto della contraffazione, anche riguardo alla criminalità organizzata, è quello costituito da interventi di prevenzione per la messa in sicurezza del territorio, nel quale rientrano anche misure per la lotta alla contraffazione, segnatamente per quanto riguarda lo smercio al dettaglio di tale merce.
7.1 I Patti per la sicurezza.
Sul tema del contrasto alla contraffazione in ambito territoriale va ricordato l'impegno del Governo e del Parlamento che di recente ha approvato il decreto-legge n. 14/2017, convertito con modificazioni dalla legge n. 48/2017 in tema di sicurezza delle città (c.d. legge Minniti).
Il Capo I (articoli 1-8) regola la collaborazione interistituzionale per la promozione della sicurezza integrata. Le linee generali delle politiche per la promozione della sicurezza integrata sono adottate su proposta del Ministro dell'interno in sede di Conferenza unificata e della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, e coordinano, per lo svolgimento di attività di interesse comune, l'esercizio delle competenze dei soggetti istituzionali interessati, tra cui forze di polizia e polizia locale. Ai regolamenti comunali sono demandate disposizioni per prevenire fenomeni di criticità sociale, suscettibili di determinare un'influenza negativa sulla sicurezza urbana (uso e mantenimento del suolo pubblico, riqualificazione e manutenzione dello spazio e del decoro urbano e prevenire le condizioni ambientali e sociali che favoriscono fenomeni dannosi sotto il profilo igienico-sanitario, della vivibilità urbana, della convivenza civile, del diritto alla tranquillità e al riposo dei residenti. Pag. 64
L'articolo 5 ha istituzionalizzato i Patti per l'attuazione della sicurezza urbana, nel quadro della collaborazione interistituzionale che prevede la sottoscrizione, tra il Prefetto ed il Sindaco, su proposta del Ministro dell'interno, con accordo sancito in sede di Conferenza Stato-città e autonomie locali, di Patti che prevedono interventi per la sicurezza urbana. Tale strumento si propone di combattere una serie di fenomeni illeciti tra i quali è espressamente previsto anche lo smercio di beni contraffatti o falsificati, con misure quali:
a) misure per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni di criminalità diffusa e predatoria, attraverso servizi e interventi di prossimità, in particolare sulle zone maggiormente interessate da fenomeni di degrado, anche coinvolgendo le reti territoriali di volontari per la tutela e la salvaguardia dell'arredo urbano, delle aree verdi e dei parchi cittadini e favorendo l'impiego delle forze di polizia per far fronte ad esigenze straordinarie di controllo del territorio, nonché attraverso l'installazione di sistemi di videosorveglianza;
b) iniziative di dissuasione di ogni forma di condotta illecita, compresi l'occupazione arbitraria di immobili e lo smercio di beni contraffatti o falsificati, nonché la prevenzione di altri fenomeni che comunque comportino turbativa del libero utilizzo degli spazi pubblici;
c) promozione del rispetto del decoro urbano, valorizzando forme di collaborazione interistituzionale tra le amministrazioni competenti.
A tal fine l'articolo 6 prevede l'istituzione di un Comitato metropolitano per l'analisi, la valutazione e il confronto sulle tematiche di sicurezza urbana relative al territorio della città metropolitana, copresieduto dal Prefetto e dal Sindaco metropolitano, cui partecipano i sindaci dei comuni interessati e sono invitati a partecipare soggetti pubblici o privati dell'ambito territoriale interessato. Tale normativa introduce il concetto di sicurezza integrata, con il rafforzamento della collaborazione tra Prefettura, Istituzioni comunali e metropolitane, Forze di polizia statali e Forze di polizia locali, molto valorizzate nell'ambito di questo disegno.
Il Capo II (articoli 9-18), tra le altre misure per la vivibilità delle città, al fine di prevenire e contrastare l'insorgenza di fenomeni di degrado urbano in aree particolarmente sensibili in quanto costituenti «punti nevralgici» della mobilità, prevede l'irrogazione da parte del Comune di una sanzione amministrativa pecuniaria a chi pone in essere condotte lesive del decoro urbano o della libera accessibilità e fruizione delle infrastrutture, fisse e mobili, ferroviarie, aeroportuali, marittime e di trasporto pubblico locale (urbano ed extraurbano) e delle relative pertinenze, con annesso ordine di allontanamento dal luogo in cui è stato commesso il fatto. I relativi proventi sono devoluti all'ente territoriale, per iniziative di sostegno del decoro urbano.
Il livello di collaborazione istituzionale prevista da tali strumenti in sede di Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica è stato valutato favorevolmente dal Sindaco di Napoli De Magistris nell'audizione a Napoli del 4 maggio 2017, particolarmente per la previsione normativa della copresidenza del Comitato da parte di prefetto e Pag. 65 sindaco della città metropolitana(65) e dei Patti per la sicurezza, che riguardano anche il tema della contraffazione, rilevante per la sicurezza economico-commerciale e per la tutela della salute e della salubrità ambientale.
L'utilità di tali strumenti può essere valutata se si riflette sulla pervasività del fenomeno della contraffazione nelle varie realtà territoriali.
Già in altra occasione la Commissione ha avuto modo di soffermarsi sui Patti per la sicurezza realizzati nella città di Prato.(66)
Con riferimento allo smercio di merce contraffatta a Napoli devono essere ricordate le affermazioni del Sindaco di Napoli Luigi De Magistris, nel corso della missione della Commissione il 4 maggio 2017: nonostante i continuativi interventi di magistratura forze dell'ordine e Polizia municipale, per garantire la liberazione di vie del centro, quale via Toledo, dalla presenza di vendita al dettaglio di merce illegale è necessario assicurare l'impiego continuativo di circa 70 uomini e donne della polizia municipale per presidiare il territorio. Di qui la necessità di intervenire anche sulle centrali di produzione. Il Comune di Napoli ha avviato una politica volta a favorire l'emersione dal «lavoro nero», autorizzando attività di ambulantato itinerante o altre forme «irregolari» o «non autorizzate», ma non criminali, per ridurre il campo dell'illegalità anche nel settore della contraffazione, che come tale deve rimanere illecita e di regolamentare, regolarizzandoli, i mercati etnici e multiculturali.
7.2 Il controllo economico del territorio
Si è visto in precedenza come una delle caratteristiche peculiari delle organizzazioni di stampo mafioso e camorristico sia quello di un penetrante controllo del territorio nella realizzazione delle attività illecite.
La risposta istituzionale dello Stato non può che portare proprio su questo terreno l'ambito del contrasto in sede di prevenzione.
Nel corso dell'audizione con il Prefetto di Napoli, Carmela Pagano, il 4 maggio 2017, è stato sottolineato come centrale per il tema della prevenzione istituzionale in materia di sicurezza sia il potenziamento del controllo economico del territorio.
Su tale concetto di recente è intervenuta una direttiva del capo della Polizia ai prefetti, che afferma che il controllo economico del territorio, affidato innanzitutto alla Guardia di Finanza che ha una competenza speciale in materia, deve essere integrato in un più generale concetto di controllo del territorio, da condividere con le altre Forze dell'ordine. Pag. 66
Alla Commissione è stato illustrato nella citata missione la prima applicazione di questa direttiva a Napoli, con una serie di misure concrete quali:
la divisione del territorio dell'area metropolitana in dieci zone da parte della Guardia di Finanza;
l'organizzazione di «action day», in cui Polizia e Carabinieri, alternandosi, supportano in tali aree l'azione della Guardia di Finanza, per rafforzare il concetto del controllo economico;(67)
il controllo dell'intera filiera della contraffazione, dallo smercio all'importazione di merci nel porto, ai luoghi di assemblaggio del materiale che arriva in forma neutra e che viene poi elaborato con etichettature e indicazioni del made in Italy, al monitoraggio dei fenomeni di immigrazione che fanno presumere ipotesi di sfruttamento del lavoro in nero, ecc.
8. CONCLUSIONI E PROPOSTE
Dall'analisi dei profili di indagine sopra esposti emergono una serie di questioni essenziali per contrastare il fenomeno della contraffazione, con particolare riguardo al problema dell'infiltrazione delle organizzazioni di stampo mafioso e camorristico:
a) il fenomeno della penetrazione delle associazioni di stampo mafioso e camorristico nel settore della contraffazione è reale e questo emerge con chiarezza dall'inchiesta. Ciò rende più stringente e necessario un forte impegno comune di tutte le istituzioni nel contrastare anche in questo settore il ruolo delle organizzazioni criminali, nel quadro generale di un rafforzamento della lotta al fenomeno della contraffazione, che deve costituire una priorità dell'azione pubblica di contrasto;
b) è emerso con chiarezza che le organizzazioni criminali investono nella contraffazione a causa dei bassi rischi corsi, in termini di repressione penale, a fronte invece degli alti profitti finanziari ricavabili; ciò richiama pertanto la necessità, per il Governo e per il Parlamento, di procedere in modo sollecito all'esame e all'approvazione di norme, quali quelle relative al tema delle agromafie in corso di elaborazione da parte del Ministero della giustizia, e più in generale, di operare per un aggravamento del trattamento sanzionatorio, contestualmente ad una razionalizzazione e semplificazione delle numerose norme oggi esistenti, sia nel codice penale che in leggi speciali;
c) il fenomeno è particolarmente pericoloso in una duplice direzione: da un lato in quanto è in grado di determinare un salto di qualità della pericolosità del fenomeno contraffattivo, dall'altro in quanto rafforza le associazioni criminali di stampo mafioso e camorristico ed internazionale;
Pag. 67d) dal punto di vista del contrasto alla contraffazione, infatti, non vi è dubbio che l'ingresso organico delle associazioni criminali di stampo mafioso e camorristico ha determinato un accrescimento del carattere imprenditoriale del mercato della contraffazione. Ciò è dovuto alla vocazione alla transazionalità e alla capacità organizzativa che tali associazioni criminali possono mettere in campo, mutuandole dai settori ove la gestione delle attività illecite ha ormai assunto tale caratteristiche: si pensi al traffico di stupefacenti, ad esempio. Particolarmente pericolose, per le implicazioni, sia sul territorio nazionale che in sede internazionale, si sono poi rivelate le connessioni tra criminalità organizzata italiana e straniera, particolarmente quelle cinesi, che accentuano la capacità di favorire la penetrazione di merci contraffatte per la vendita. Il ruolo della criminalità organizzata incide pertanto in modo rilevante sul trend di crescita del mercato della contraffazione, in costante espansione;
e) dal punto di vista dell'ordine pubblico l'inserimento della criminalità organizzata nel business della contraffazione è estremamente pericoloso, per una serie di effetti negativi che è in grado di generare: i danni causati alle aziende, alla concorrenza, all'economia reale e alla salute del consumatore; il rafforzamento del controllo sul territorio da parte del crimine organizzato, vista la capillarità della distribuzione sia attraverso gli in esercizi commerciali che in sede di ambulantato; lo sviluppo di fenomeni sociali deteriori quali lo sfruttamento del lavoro nero o del caporalato nel settore agricolo; l'incentivazione al reclutamento di criminalità locale, spesso su base etnica, cui viene affidato il ruolo di manovalanza per la vendita al dettaglio, particolarmente per la criminalità di origine magrebina e africana; la possibilità di riciclaggio di denaro proveniente da altri settori illeciti; la possibilità di accedere ad alti profitti con bassi rischi di contrasto in sede penale, a causa dell'esiguità delle pene previste nei vari ordinamenti nazionali per i reati di contraffazione rispetto a quelli per i reati gravi tipici delle organizzazioni criminali (ed esempio cd. reati di sangue o il traffico di stupefacenti); le ricadute ambientali che l'intervento della criminalità organizzata nella contraffazione determina, come confermato dal caso della Terra dei fuochi, ove risultano accertati lo sversamento sistematico dei residui di lavorazione di produzioni di merce contraffatta;
f) il caso delle agromafie è emblematico per la sua gravità. Si tratta di fenomeno che oltre ad alterare il corretto andamento delle filiere alimentari, in quanto marginalizza le imprese legali che non possono sostenere i costi del lavoro, di gestione e delle materie prime anormalmente bassi che avvantaggiano le aziende collegate alla criminalità, determina una serie di fenomeni di particolare gravità sociale: lo sfruttamento del caporalato e del lavoro in nero e i danni per la salute della consumatore;
g) la pericolosità della contraffazione come strumento criminogeno indiretto, oltre ai danni direttamente provocati alle aziende e al mercato, ai consumatori e allo Stato, è testimoniato anche dai legami tra finanziamenti derivati dalla contraffazione e terrorismo. La contraffazione diventa in questo caso un «reato mezzo», ove il fine è lo svolgimento delle attività terroristiche, ed il legame tra le due attività Pag. 68 illecite è finanziare con i proventi della prima le altre attività. Una politica repressiva rispetto alla contraffazione è propedeutica quindi anche per impedire l'utilizzazione dei proventi derivanti da tale attività per finanziare settori criminali diversi;
h) la Commissione sottolinea pertanto la necessità, nel quadro di un rafforzato impegno di lotta al grave fenomeno della contraffazione, di non sottovalutare l'impatto delle associazioni criminali in questo business e di predisporre tutte le misure idonee ad evitare che questo settore di illecito possa costituire settore di diversificazione e di finanziamento ulteriore, a basso rischio, per chi opera in modo organizzato nei settori tradizionali di illecito, onde evitare un ulteriore crescita del fenomeno della contraffazione nei prossimi anni;
i) il carattere transnazionale della contraffazione e i legami tra gruppi criminali nazionali ed internazionali richiedono con tutta evidenza la promozione di accordi tra Italia, Unione europea e gli Stati delle aree geografiche interessate per controllare i fenomeni ed elaborare strategie di contrasto. Il dato della provenienza delle merci contraffatte in Italia ed in Europa è accertato, come è risultato evidente dalle analisi fornite alla Commissione dall'OCSE ed elaborate dal CENSIS. Una politica di effettivo enforcement della lotta alla contraffazione richiede un più coordinato controllo delle frontiere tra gli Stati di destinazione delle merci e lo sviluppo di forme di cooperazione maggiore con i Paesi dai quali provengono i prodotti contraffatti, in particolare con la Cina;
j) dal punto di vista dell'azione amministrativa va rafforzata l'opera di coordinamento, con un diverso ruolo della stessa Presidenza del Consiglio, attesa la necessità di assicurare una maggiore coesione tra le azioni di una pluralità di Ministeri e di favorire il coordinamento tra le forze dell'ordine;
k) un punto specifico riguardante l'azione repressiva e preventiva per il contrasto della contraffazione, segnatamente di quella veicolata dalle organizzazioni criminali, è favorire la definizione di accordi in sede internazionale volti a coordinare l'azione delle forze di polizia e della magistratura. Le forme di coordinamento attualmente esistenti, con strutture quali Interpol, Europol, Olaf, ecc. non appare ancora adeguata per realizzare forme di contrasto efficaci, mentre strumenti come quello dei Joint investigation teams (J.I.Ts) sembrano poter costituire una risposta più efficace per accrescere l'efficacia dell'azione investigativa;
l) un aspetto fondamentale delle strategie di contrasto riguarda l'approccio «Follow the money». Come l'esperienza del contrasto della criminalità nei settori tradizionali di attività criminale dimostra, colpire queste organizzazioni dal punto di vista finanziario e patrimoniale può risultare estremamente efficace. Mentre la tutela dei diritti di proprietà industriale ed intellettuale presenta, specie in sede internazionale, molte problematiche, anche per la diversità di disciplina giuridica esistente tra i vari ordinamenti, realizzare forme di contrasto che colpiscono i profitti derivanti dal commercio di merce contraffatta, anche attraverso il commercio elettronico, può portare risultati molto positivi. In merito è emersa con chiarezza una diversità di approccio Pag. 69 tra il modello europeo e quello americano per il coordinamento delle azioni di contrasto. Mentre in Europa gli interventi presuppongono un intervento normativo da cui discendono obblighi specifici per gli operatori del settore, nel modello americano l'approccio è su base consensuale e volontaristico, favorendo il coinvolgimento delle aziende titolari dei diritti di proprietà industriale o intellettuale e del sistema finanziario, come nel programma Rogue Block illustrato nella relazione. La stessa Unione europea sta valutando l'adozione di tali forme di contrasto, anche se la specificità degli ordinamenti giuridici europei rispetto a quelli nordamericani rende problematico ipotizzare un approccio esclusivamente su base volontaristica;
m) altro punto essenziale della strategia di contrasto è il presidio degli spazi doganali, con il controllo delle zone franche, per intercettare i traffici illeciti di merci contraffatte e pericolose di provenienza extra-comunitaria prima che siano immesse nel circuito commerciale nazionale. Al proposito va rilevata la mancanza di una politica unitaria europea in tema di controllo delle dogane, in quanto le linee di gestione dei controlli nelle varie dogane europee seguano orientamenti diversi: nei porti del Nord Europa l'analisi di rischio risponde a logiche più orientate a favorire l'espansione dei traffici commerciali rispetto all'esigenza di contrastare i fenomeni di illegalità quali la contraffazione, come invece effettuato dell'Agenzia doganale italiana. Questa differenza non appare coerente con un impegno comune dell'Unione europea per contrastare le attività illecite collegata alla movimentazione delle merci, segnatamente della contraffazione e risponde ad una diversità di impostazione nella quale le esigenze commerciali e finanziarie sono di fatto ritenute prevalenti rispetto alle finalità istituzionali;
n) altro punto di azione da tenere in considerazione è intervenire per impedire che i circuiti finanziari alternativi a quelli bancari tradizionali, in primis l'attività dei Money transfer, possano continuare a costituire una facile via di trasferimento dei proventi illeciti della contraffazione verso i Paesi asiatici di provenienza delle merci e uno strumento palese di realizzazione di pratiche di evasione fiscale. In tal senso sarà importante verificare l'impatto del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 90 attuativo della direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo che introduce misure per il controllo dell'attività svolta dai Money transfer;
o) per quanto concerne l'ordinamento italiano, uno dei punti possibili di miglioramento delle modalità di contrasto può essere costituito dall'ulteriore implementazione del processo di specializzazione delle competenze tra le varie Forze di polizia, già avviato nel nostro ordinamento e disciplinato dalla direttiva del Ministro degli interni del 2006, di cui il D.Lgs. n. 177/2016 ha previsto l'opportuno aggiornamento, nel senso di prevedere forme di ulteriore specializzazione. L'obiettivo di tale intervento dovrebbe essere quello di ottimizzare le risorse, evitare le duplicazioni degli interventi, e stimolare una competenza specifica, in grado di rendere il contrasto alle diverse forme di contraffazione più mirato ed efficace, attesa la pluralità dei fenomeni contraffattivi e delle relative modalità di contrasto;
Pag. 70p) a livello di strumenti a disposizione delle forze dell'ordine e della magistratura va risolto il tema delle banche dati, al fine di ricondurre ad unità la pluralità di strumenti oggi esistenti, anche qui evitando le duplicazioni, mettendo a disposizione strumenti innovativi e completi;
q) dal punto di vista del consumatore, infine, la Commissione sottolinea la necessità di operare sul versante della educazione al disvalore della contraffazione, con una formazione, anche a livello scolastico, finalizzata a promuovere la legalità degli acquisti del consumatore. In tale attività le Istituzioni devono coinvolgere i produttori, i titolari di marchi o dei diritti d'autore, promuovendo campagne di informazione ed iniziative di comunicazione rivolte ai consumatori e all'opinione pubblica.
Pag. 71ALLEGATO 2
AUDIZIONE PRESSO LA COMMISSIONE PARLAMENTARE
D'INCHIESTA SUI FENOMENI DELLA CONTRAFFAZIONE,
DELLA PIRATERIA IN CAMPO COMMERCIALE
E DEL COMMERCIO ABUSIVO.
PRESIDENTE: ON. MARIO CATANIA – 2 AGOSTO 2017
Giuseppe Ferraris, Presidente del gruppo riso del Copa-Cogeca, ha richiesto la presenza dei sottoscritti prof. Aldo Ferrero, docente al DISAFA dell'Università di Torino, e dott. Giuseppe Sarasso (dottore agronomo libero professionista), per illustrare le criticità nella certificazione e nei controlli del riso biologico.
Il sistema risicolo italiano sta vivendo una significativa condizione di disagio, riconducibile principalmente ad alcuni aspetti legati alla produzione risicola biologica nel nostro paese e alla libera importazione nel nostro continente di riso da paesi EBA.
Si richiamano di seguito, per punti, i principali aspetti di questa difficile situazione:
- la crescente domanda di riso e di prodotti derivati del riso di origine biologica, non pienamente soddisfatta dall'offerta produttiva, ha determinato, in questi ultimi anni, un importante incremento della conversione della coltivazione da convenzionale a biologica. L'interesse produttivo è stato anche stimolato dalle quotazioni dei prodotti biologici che sono giunte, in questi ultimi tempi, a superare il triplo di quelle dei convenzionali (800-900 €/T contro 250-300 €/T);
- la produzione biologica necessita, per essere riconosciuta come tale, della certificazione rilasciata da Organismi di Controllo (OdC) privati, autorizzati dal Ministero dell'Agricoltura a certificare il rispetto dei criteri di produzione biologica in tutte le fasi del processo produttivo;
- la coltivazione biologica del riso non è di facile realizzazione. Le maggiori criticità sono legate alla limitata disponibilità di strumenti per la difesa dalle avversità, in particolare della lotta alle malerbe, che, come risulta dalla abbondante letteratura tecnica e scientifica, sono in grado, se non controllate nel loro sviluppo, di determinare perdite produttive comprese tra il 50 e il 100 per cento. Non potendo utilizzare i prodotti di sintesi e non essendo economicamente sostenibile utilizzare la monda manuale, diviene indispensabile ricorrere a tutte le possibili pratiche agronomiche in grado di contenere, sia pure in modo incompleto, lo sviluppo delle malerbe e conseguentemente di limitare le perdite produttive. Fondamentale è in tal senso la rotazione del riso con altre colture, la sola in grado di alterare il ciclo delle malerbe tipiche della risaia sommersa. Non si ritiene, a questo riguardo, quindi, tecnicamente giustificabile la deroga, ormai regola, della ripetizione della coltivazione del riso sullo stesso terreno per 3 anni consecutivi, seguita da 2 anni di coltivazione con altre colture. In queste condizioni Pag. 72 diventa molto difficile poter limitare lo sviluppo delle malerbe e delle altre avversità. Nonostante ciò, accade frequentemente di rilevare nelle coltivazioni biologiche risultati produttivi sorprendentemente elevati e, talvolta simili, se non addirittura superiori, a quelli delle coltivazioni convenzionali;
- la maggior parte degli agrofarmaci utilizzati nell'agricoltura convenzionale, nel corso del ciclo colturale subiscono una completa degradazione nel suolo ad opera dei microrganismi e nella pianta del riso e non vengono più rilevati nel riso lavorato, destinato al consumo. Nel caso dei diserbanti, in particolare, i trattamenti vengono frequentemente effettuati prima della semina del riso (in gran parte compresa tra la fine del mese di aprile e quella di maggio) o poche settimane dopo la sua nascita. La presenza di questi prodotti è soprattutto rilevabile all'interno delle risaie trattate durante la loro applicazione. In questo stesso periodo, nelle acque dei canali della rete irrigua risicola si raggiungono i livelli annuali più elevati dei ritrovamenti di residui dei prodotti chimici impiegati in risaia, come risulta dai monitoraggi effettuati con regolarità dalle Agenzie Regionali per la Protezione dell'Ambiente (Arpa). Merita ricordare a questo riguardo che le acque del sistema risicolo subiscono ripetuti riutilizzi; in tali condizioni le acque scaricate, ad esempio, dalle risaie poste a monte alimentano le risaie poste a valle. Va però osservato che, come risulta dai numerosi studi condotti dal Dipartimento Disafa dell'Università di Torino, i valori di concentrazione dei residui degli stessi prodotti nelle acque delle risaie durante i primi giorni dopo il trattamento sono di almeno un ordine di grandezza superiori rispetto a quelli presenti nelle acque dei canali e, quindi, anche di quelle in entrata nelle risaie trattate (ad es. 30-40 microgrammi/litro contro 2-3 microgrammi/litro). Tali risultati sono da tenere in considerazione negli eventuali i casi di accertamento di alti livelli di contaminazione nelle acque o nei suoli delle stesse aziende;
- a fronte di numerosi casi di denunce di non corretta applicazione delle norme produttive, Federbio, la federazione che associa numerosi OdC, ha recentemente elaborato una linea guida per la gestione delle principali criticità nel controllo del riso biologico, che prevede ispezioni a sorpresa con analisi volte a scoprire l'eventuale improprio utilizzo di prodotti non ammessi dai protocolli produttivi, come ad es. di agrofarmaci, prevalentemente nelle aziende «a medio o alto rischio», come, ad esempio, quelle nelle quali sono state riscontrate, in precedenza, irregolarità. Per le altre aziende, la maggior parte, è prevista una sola visita annuale concordata. Merita anche sottolineare, a questo riguardo, lo stato di conflitto d'interessi nel quale si trovano gli stessi OdC, essendo compensati per il loro servizio di controllo da parte delle stesse aziende controllate. In Piemonte un numero esiguo di aziende certificate biologiche ha finora aderito alla misura 11 del PSR (ex misura «F 2» del regolamento CE 1257/99), rinunciando ad un apprezzabile contributo finanziario. In questo modo, le aziende non rischiano di venire sottoposte ai previsti controlli a campione da parte delle pubbliche autorità, prescritti annualmente per il 5 per cento delle aziende percettrici del contributo. In caso di accertata irregolarità, l'azienda dovrebbe restituire il doppio delle somme ricevute nel quinquennio; in questi casi, però, nessun provvedimento Pag. 73 verrebbe preso nei confronti dell'OdC, che ha rilasciato il certificato di regolarità;
- la Comunità Europea ha di recente sancito la possibilità di coesistenza in una stessa azienda di coltivazioni convenzionali e biologiche. In queste situazioni, per limitare il rischio di trasferimenti di prodotti dal settore convenzionale al biologico, Federbio ha previsto per i due metodi la coltivazione di varietà appartenenti a gruppi merceologici differenti (secondo le liste varietali del CREA – SCS) e facilmente riconoscibili;
- il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha avviato nel 2016 il progetto triennale di ricerca «Risobiosystems», finalizzato allo svolgimento di studi e approfondimenti tecnico-scientifici a sostegno e tutela dei sistemi di produzione di riso biologico nazionale. Il progetto, coordinato dall'Unità di ricerca per la risicoltura del CREA è svolto con la collaborazione di Organismi di ricerca pubblici quali il DISAFA dell'Università di Torino, il DISAA dell'Università di Milano, l'Ente Nazionale Risi, il Centro Politiche e Bioeconomia del CREA e il CNR-IRCRES;
- molte delle criticità sopra evidenziate riguardano anche le partite di riso certificato biologico importate da paesi comunitari e asiatici. Oltre ai dubbi sulla correttezza di alcune certificazioni di altri paesi UE (es. Romania), come più volte evidenziato anche dagli organi di informazione (es. trasmissione televisiva «Report»), particolarmente significativo è il problema delle importazioni dai Paesi EBA. È noto che in tali Paesi si fa un ampio uso di agrofarmaci, alcuni dei quali banditi in Europa. Quand'anche vengano adottati i protocolli di produzione biologica, senza impiego di mezzi chimici di difesa, i bassi salari di questi paesi permettono ancora di ricorrere alla scerbatura manuale, a costi competitivi con quelli del diserbo chimico in Italia. Si aggiunga ancora che in tali Paesi si adottano comunemente tecnologie di trebbiatura ed essiccazione antiquate, con rischi sanitari legati a processi fermentativi e attacchi fungini. Si citano al riguardo i casi di respingimento alla frontiera di partite di riso Basmati importate da Pakistan ed India, per livelli non ammessi di aflatossine (fonte RASSF). Merita al riguardo ancora osservare che alcune industrie chimiche, dopo aver delocalizzato la produzione in Cina, tendono a trasferire le produzioni più inquinanti proprio nei Paesi EBA, con un rischio di dispersione di prodotti pericolosi nelle aree di coltivazione del riso. La libera importazione di riso biologico da questi Paesi solleva una forte preoccupazione non solo in merito alla sicurezza sanitaria dei prodotti immessi sul mercato, ma anche in relazione al rischio, in un prossimo futuro, di un crollo delle quotazioni del riso biologico, con un significativo danno per le produzioni del nostro Paese.
Tenuto conto di queste considerazioni si ritiene opportuno:
- far risultare sul fascicolo aziendale e nelle denunce di superficie all'Ente Nazionale Risi, nonché sui buoni di trasferimento all'Ente Nazionale Risi la divisione fra convenzionale e biologico, allo scopo di scoraggiare al massimo i travasi;
- prevedere un livello produttivo ad ettaro massimo, stabilito in relazione ai gruppi varietali, es. come riduzione per cento delle produzioni convenzionali medie, rilevate dall'Ente Nazionale Risi;
Pag. 74- rendere obbligatoria la rotazione dopo ogni anno di coltivazione del riso con un'altra coltura principale;
- aumentare la vigilanza sulla correttezza operativa degli OdC, prevedendo adeguate sanzioni, nel caso di comportamenti non adeguati;
- intensificare i controlli sulla presenza di residui di agrofarmaci e di altri contaminanti nelle partite di riso biologico importate da altri paesi.
Prof. Aldo Ferrero
Dott. agr. Giuseppe Sarasso
Roma, 2/8/2017
(1) Sono stati auditi: il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Maurizio Martina, il 29 ottobre 2014; il Sostituto Procuratore della Repubblica di Siena, Aldo Natalini, il 16 febbraio 2015; il Direttore Generale dell'Agenzia delle Dogane e Monopoli, Giuseppe Peleggi, il 25 marzo 2015; il Presidente del Comitato Scientifico dell'Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare, Giancarlo Caselli, il 26 marzo 2015; il Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale Ordinario di Milano, Tiziana Siciliano, il 9 aprile 2015; il Procuratore Capo della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, Giovanni Colangelo, il 16 aprile 2015; il Sostituto Procuratore della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Siena, Aldo Natalini, il 7 maggio 2015; il Procuratore Capo della Repubblica presso il Tribunale Ordinario di Firenze, Giuseppe Creazzo, l'11 maggio 2015; il Procuratore Capo f.f. della Repubblica presso il Tribunale di Prato, Antonio Sangermano, l'11 maggio 2015; il Vice Direttore Generale della Pubblica Sicurezza e Direttore Centrale della Polizia Criminale del Ministero dell'Interno, Prefetto Fulvio Della Rocca, l'11 giugno 2015; il Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Roma, Agnello Rossi, il 17 giugno 2015; il Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Roma, Michele Prestipino Giarritta, il 17 giugno 2015; il Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, Fausto Zuccarelli, il 22 giugno 2015; il Comandante Comando Carabinieri per la Tutela della Salute, Claudio Vincelli, il 29 luglio 2015; il Sostituto Procuratore della Repubblica presso la Procura di Bari, Marcello Quercia, il 10 settembre 2015; il Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, il 19 novembre 2015; il Comandante delle Unità Speciali della Guardia di Finanza, Gennaro Vecchione, il 3 febbraio 2016; il Capo del III Reparto – Operazioni del Comando Generale della Guardia di Finanza, Stefano Screpanti, il 3 febbraio 2016; il segretario generale di Indicam, Claudio Bergonzi, il 10 marzo 2016; il Comandante del Comando Carabinieri Tutela della Salute, Claudio Vincelli, il 17 marzo 2016; il Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, Maria Vittoria De Simone, il 15 settembre 2016; rappresentanti di Europol, il 6 ottobre 2016; l'Interpol: Direttore III Divisione Servizio per la cooperazione internazionale di Polizia, Massimiliano Razzano, il 3 novembre 2016; il Comandante del Corpo di Polizia Locale di Roma Capitale, Diego Porta, il 6 febbraio 2017; il Comandante del Corpo di Polizia Locale di Napoli, Ciro Esposito, il 6 febbraio 2017; il Presidente della Fondazione Caponnetto, Salvatore Calleri, il 6 febbraio 2017; il Presidente dell'Osservatorio Placido Rizzotto – Flai Cgil, Roberto Iovino, il 6 febbraio 2017; il rappresentante dell'OECD, Stephane Jacobzone, Counsellor Reform of the Public Sector Public Governance and Territorial Development, il 27 marzo 2017; il Vice Comandante dei ROS dell'arma dei Carabinieri, Col. Roberto Pugnetti, il 27 marzo 2017, il Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, il 6 giugno 2017. Sono state altresì effettuate le seguenti missioni: a Prato, il 24 novembre 2014; a Bari ( SIAC), il 13 luglio 2016; a Caserta, l'11 e 12 ottobre 2016; a Foggia, il 3 e 4 aprile 2017; a Napoli, il 3 e 4 maggio 2017. I resoconti di tali missioni sono reperibili nella pagina della Commissione sul sito internet della Camera.
(2) V. sulla pagina web della Commissione, nel sito internet della Camera. l'audizione del Questore di Napoli Antonio De Iesu, del l 4 maggio 2017.
(3) v. audizione del Segretario generale di INDICAM Bergonzi del 10 marzo 2016.
(4) Dati cui hanno fatto riferimento sia il Comandante generale della Guardia di Finanza Toschi nell'audizione in Commissione del 28 settembre 2016 che il Ministro della Giustizia Orlando il 6 giugno 2017
(5) Dati citati nell'audizione del Ministro di Giustizia Orlando il 6 giugno 2017.
(6) v. Report on EU customs enforcement of intellectual property rights, Commissione Europea, luglio 2014.
(7) Il Ministro della giustizia Orlando, nell'audizione del 6 giugno 2017, ha riferito che tra il 2014 e il 2016 circa il 69 per cento del totale dei prodotti illeciti individuati (595 milioni di unità) ha riguardato violazioni sulla conformità agli standard di sicurezza, con una crescita del 346 per cento bel 2014 rispetto al 2013 e del 307 per cento nel 2015 rispetto al 2014.
(8) v. sulla pagina web della Commissione nel sito internet della Camera il resoconto dell'audizione del Procuratore f.f. della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Nunzio Fragliasso.
(9) Nel 2016 su 22 incendi particolari nei quali è intervenuta la Polizia locale di Napoli, sulla base di un protocollo con la Procura della Repubblica, per cercare di individuare la provenienza del bene, è risultato che spesso si trattava di beni che apparivano risulta di lavorazioni effettuate nella filiera della contraffazione.
(10) v. Audizione del Ministro della Giustizia Orlando il 19 novembre 2015
(11) Lo studio dell'UNICRI «Contraffazione, una diffusione globale, una minaccia globale» riporta che la duplicazione illegale di un programma di computer, che costa 20 centesimi di euro, è venduto sino a 45 euro, con un guadagno molto superiore alla vendita, ad esempio, di un grammo di hashish per 12 euro, il cui costo di produzione è di 1,52 euro.
(12) V. audizione del Comandante generale della Guardia di Finanza Toschi il 28 settembre 2016.
(13) DGLC-UIBM, UNICRI, «La contraffazione come attività gestita dalla criminalità organizzata transnazionale. Il caso italiano», MISE, 2012, p. 10.
(14) V. audizione con il Vice Comandante del Reparto Operativo Speciale dei Carabinieri Roberto Pugnetti del 27 marzo 2017.
(15) V. stenografico dell'audizione il 15 settembre 2016 con il Sostituto Procuratore Nazionale della Direzione Nazionale Antimafia Maria Vittoria De Simone.
(16) V. Res. stenografico, dell'audizione del Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Roma, Michele Prestipino Giarritta, il 17 giugno 2015, pag. 15.
(17) Nella relazione depositata dal Ministro della Giustizia Orlando nell'audizione del 6 giugno 2017 si riferisce (pag. 21) che «in alcune indagini è stato accertato che i proventi della vendita di prodotti meccanici contraffatti, importati dalla Cina e collocati in 26 paesi europei ed extraeuropei con un ricarico pari a quello dello stupefacente (una motosega importata a 50 euro veniva collocata in Germania anche a 450-500 euro), venivano restituiti via Money transfer a fittizi intestatari che li giravano ai favoreggiatori della latitanza di un noto capo clan».
(18) V. audizione con il Comandante Provinciale della Guardia di Finanza Gianluigi D'Alfonso del 4 maggio 2017 a Napoli, nella pagina internet della Commissione sul sito internet della Camera.
(19) Nell'audizione del 6 giugno 2017 il Ministro della giustizia Orlando ha affermato che «Tali carenze di disciplina inducono i protagonisti della contraffazione, ad esempio, ad organizzare l'assemblaggio all'estero come fattore di ulteriore di riduzione del rischio penale, in modo da operare – per così dire – una sorta di “forum shopping” e radicare la competenza per un eventuale procedimento penale in paesi con legislazioni più permissive.»
(20) V. il Report annuale per il 2016 dell'ufficio USA dei Rappresentanti del Commercio (USTR-United States Trade Representatives), citato nell'audizione del Segretario generale di INDICAM Bergonzi nell'audizione del 10 marzo 2016.
(21) V. audizione di Stephane Jacobzone, Counsellor Reform of the Public Sector Public Governance and Territorial Development, il 27 marzo 2017.
(22) L'indagine portava alla luce l'esistenza in Italia di una cellula terroristica di matrice islamica che tra i diversi canali di finanziamento del sodalizio utilizzava anche i proventi della commissione di reati di contraffazione e ricettazione.
(23) V. «2015 Situation report on counterfeiting in the European Union-joint project between Europol and the Office for the harmonization in the internal market», April 2015, pag. 45.
(24) Nell'audizione del Direttore Investigazioni dell'Ufficio europeo antifrode (OLAF), Ernesto Bianchi, è stato affermato: «Con riguardo alla criminalità organizzata, ci sono degli elementi per noi molto, molto seri di legami con altre organizzazioni. Parliamo sempre di terrorismo. Ci sono decine di container ogni mese che vengono destinati in Libia. Perché in Libia? Perché le organizzazioni criminali conoscono benissimo le nostre possibilità di avere dei punti di contatto e degli scambi di informazioni con la Libia: in relazione alla situazione politica è quasi impossibile avere delle informazioni. Noi non sappiamo che succede in questi container in Libia. In Libia ci sono grosse organizzazioni criminali anche terroristiche. Abbiamo dei sospetti.»
(25) V. Relazione della Direzione Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo del primo semestre 2016, pag. 122
(26) V. audizione con il Comandante Provinciale della Guardia di Finanza Gianluigi D'Alfonso del 4 maggio 2017 a Napoli, nella pagina internet della Commissione sul sito internet della Camera.
(27) V. audizione con il Comandante Provinciale della Guardia di Finanza Gianluigi D'Alfonso del 4 maggio 2017 a Napoli, nella pagina internet della Commissione sul sito internet della Camera. A conferma dell'attività estorsiva operata dai clan sui venditori ambulanti è stato segnalato il fatto di cronaca avvenuto il 4 gennaio 2017 nella zona tra la Maddalena e la Duchesca, nel quale tre venditori extracomunitari di merce contraffatta e per errore una bambina di 10 anni sono stati gravemente feriti da colpi di arma da fuoco. Il Gruppo Pronto Impiego ha constatato nei giorni immediatamente successivi, verosimilmente come diretta conseguenza dell'intimidazione patita, una sensibile diminuzione della presenza di venditori ambulanti extracomunitari nella zona.
(28) V. Audizione del Comandante generale della Guardia di Finanza Toschi del 28 settembre 2016.
(29) V. audizione con il Vice Comandante del Reparto Operativo Speciale dei Carabinieri Roberto Pugnetti del 27 marzo 2017.
(30) La citata relazione del Comando pronvinciale di Napoli della GdF cita le operazioni "Compagnie delle indie", "Filo di arianna", "Attacca bottone", "Felix", "Falsetto", "Umbria trademarket", "Gomorrah", "Song ’e Napul", Via della seta", "Ali babà" e "Gran Bazar".
(31) V. nella pagina web della Commissione nel sito internet della Camera il resoconto dell'audizione con il Questore di Napoli Antonio De Iesu, il Comandante Provinciale dei Carabinieri Ubaldo Del Monaco e il Comandante Provinciale della Guardia di Finanza Gianluigi D'Alfonso.
(32) Nel marzo 2017 il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Napoli, unitamente al Nucleo Speciale Frodi Tecnologiche, ha disarticolato un gruppo criminale costituito da 17 componenti che avevano creato sul web negozi virtuali, per lo smercio di articoli di abbigliamento contraffatti e orologi di famosi brand abilmente falsificati. Sono stati sequestrati e oscurati 381 siti internet e 15 "profili Facebook" utilizzati la vendita dei prodotti contraffatti.
(33) V. audizione del Comandante generale della Guardia di Finanza Toschi del 28 settembre 2016 e Rapporto per la Commissione d'inchiesta consegnato dal Comando provinciale di Napoli il 4 maggio 2017.
(34) (O.C.C.C. nr. 105/16 O.C.C., p.p. nr. 20613/13, G.I.P. del Trib. di Napoli, del 4 marzo 2016)
(35) Sequestro probatorio o preventivo di circa 1.900.000 prodotti contraffatti, di 8.229 metri lineari di tessuto/pellame (pari a circa 14.800 metri quadri), di 80 punzoni/cliché, di 7.000 articoli privi di marchi registrati, di 2.250 metri lineari di tessuto/pellame neutro, di 30 locali adibiti a depositi per lo stoccaggio di merce contraffatta ed opifici clandestini; 141 macchinari industriali, 83 banchi da lavoro,. 5 automezzi e utensileria varia, per un valore complessivo di circa 8,2 milioni di euro; il 4 marzo 2016, per altro filone della stessa indagine il GIP emetteva: ordinanza di sequestro di 581.033 accessori, 36.935 capi di abbigliamento, 168 calzature, 45.891 articoli di pelletteria, 12.321 semilavorati, per un totale di 9 tonnellate di tessuti/pellami, oltre a 1.078.975 giocattoli, 28.398 accessori per telefonia, 91.668 accessori per abbigliamento, 8.980 articoli di cartoleria e 350 orologi; ordinanza con 24 misure cautelari in carcere e 38 provvedimenti di arresti domiciliari); decreto di sequestro preventivo, ex art. 321 c.p.p. e 12-sexies D.L. 306/92, di valori e beni intestati o comunque riconducibili, anche per interposta persona, ai medesimi soggetti indagati di 4 immobili, 10 automezzi, 16 motocicli, 2 autocarri, 30 rapporti bancari, 1 ditta individuale.
(36) V. audizione del 17 giugno 2015 del Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Roma, Michele Prestipino Giarritta, che riferiva di indagini svolte a suo tempo come coordinatore della DNA di Reggio Calabria.
(37) V. audizione del Procuratore capo della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Firenze, Giuseppe Creazzo, l'11 maggio 2015.
(38) V. audizione del 6 febbraio 2017 con il Presidente della Fondazione Caponnetto, Salvatore Calleri.
(39) V. audizione del 6 febbraio 2017 con il Presidente della Fondazione Caponnetto, Salvatore Calleri.
(40) v. sulla pagina della Commissione nel sito internet della Camera il resoconto dell'audizione con il Direttore Interregionale per Campania e Calabria dell'Agenzia delle Dogane Alberto Libeccio.
(41) V. nella pagina della Commissione sul sito internet della Camera il resoconto dell'incontro con il Questore di Napoli Antonio De Iesu, il Comandante Provinciale dei Carabinieri Ubaldo Del Monaco e il Comandante Provinciale della Guardia di Finanza Gianluigi D'Alfonso, il 4 maggio 2017 nella Prefettura di Napoli.
(42) p.p. nr. 23713/15 RGNR NA
(43) v. audizione del Procuratore capo della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Firenze, Giuseppe Creazzo, l'11 maggio 2015.
(44) V audizione del Ministro della giustizia Orlando il 6 giugno 2017.
(45) V. audizione del 6 febbraio 2017 con il Presidente della Fondazione Caponnetto, Salvatore Calleri.
(46) Fanno parte dell'area EUMED: Algeria, Bulgaria, Croazia, Egitto, Francia, Grecia, Giordania, Italia, Libano, Malta, Marocco, Portogallo, Romania, Serbia, Slovenia e Spagna.
(47) Considerando le vendite di prodotti italiani contraffatti all'estero e il fenomeno dell'Italian sounding, uno studio del MISE del 2010 stimava in circa 60 miliardi di euro i proventi dell'illecito, pari a circa un terzo del fatturato dei prodotti originali.v. audizione del Presidente dell'Osservatorio Placido Rizzotto-Flai Cgil, Roberto Iovino il 6 febbraio 2017.
(48) A tale ipotesi di disegno di legge hanno fatto riferimento in Commissione il Ministro delle politiche agricole Martina il 29 ottobre 2014, il Ministro della Giustizia Orlando il 6 giugno 2017 e il Presidente del Comitato Scientifico dell'Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare, Giancarlo Caselli il 26 marzo 2015.
(49) Nella citata audizione è stata valutata con criticità l'esclusione dell'associazione per delinquere finalizzata alla contraffazione relativa al settore agroalimentare (art. 517-quater c.p.) dalla competenza delle Direzioni Distrettuali antimafia.
(50) v. audizione del Comandante generale della Guardia di Finanza Toschi il 28 settembre 2016
(51) Già la direttiva del Ministro dell'interno del 12 febbraio 1992, al fine di consolidare i comparti di specialità delle Forze di polizia a competenza generale, prevedeva che la Polizia di Stato e l'Arma dei carabinieri dovessero «tener conto dell'esigenza di sviluppare le potenzialità operative dei rispettivi comparti di specializzazione, privilegiando anche la mirata qualificazione del personale destinato a prestare servizio nelle citate specialità».
(52) Il D.Lgs. n. 68 del 2001 ha attribuito nuove funzioni in materia economica e finanziaria alla Guardia di Finanza; la legge n. 36 del 2004 ha attribuito funzioni specifiche per la difesa del patrimonio agroforestale italiano e la tutela dell'ambiente, del paesaggio e dell'ecosistema al Corpo forestale dello Stato; la conferma, in un quadro evolutivo, delle competenze specialistiche della Polizia di Stato e dell'Arma di carabinieri in specifici ambiti di cui al D.P.R. 22 marzo 2001, n. 208, al D.Lgs. 5 ottobre 2000, n. 297 ed altre disposizioni di settore.
(53) Il tema della riconduzione ad unitarietà delle banche dati esistenti è contemplato anche nella proposta di legge n. 3645 (Cenni ed altri) relativa ad interventi per il contrasto della contraffazione.
(54) v. nella pagina web della Commissione sul sito internet della Camera il resoconto dell'audizione del Procuratore Aggiunto presso il Tribunale di Napoli Fausto Zuccarelli il 4 maggio 2017 a Napoli, che riporta un caso di indagini relativo a contraffazione via web con la difficoltà di identificare il soggetto responsabile tra Facebook Stati Uniti e Facebook Irlanda per la notifica di un provvedimento di sequestro preventivo, per un rinvio di competenze tra le diverse strutture operativi del social forum.
(55) Cfr. audizione del Comandante generale della Guardia di Finanza Toschi del 28 settembre 2016
(56) v. audizione del Ministro di giustizia Orlando il 6 giugno 2017.
(57) Cfr. audizione del Comandante generale della Guardia di Finanza Toschi del 28 settembre 2016.
(58) L'operazione Opson nel 2016 ha portato in 57 Paesi, al sequestro di più di 10.000 tonnellate di prodotti e più di un milione di litri di bevande (dati riferiti in audizione con Europol il 6 ottobre 2016.
(59) Come riferito nell'audizione con Europol il 6 ottobre 2016 si è giunti alla settima edizione nel 2016, che ha portato a 3.000 siti oscurati a fronte dei 1.000 nel 2015; nei siti oscurati compaiono banner che riportano i nomi di tutte le istituzioni coinvolte
(60) V. Audizione il 3 novembre 2016 del Direttore della III Divisione del Servizio per la cooperazione internazionale di Polizia Massimiliano Razzano, gruppo interforze che costituisce l'interfaccia italiano dell'Interpol; il Servizio per la cooperazione internazionale di Polizia, organismo interforze costituito nel 2000 da un decreto interministeriale in seno al Dipartimento della pubblica sicurezza, si articola in cinque divisioni, di cui due relative a Interpol, due a Europol e Sirene e una quinta (I Divisione affari generali) incaricata di questioni organizzative interne, quali la gestione degli esperti della sicurezza, l'attività di formazione, ecc.
(61) v. Audizione del Cluster Manager Counterfeiting IPC3 di Europol Chris Vansteenkiste del 6 ottobre 2016.
(62) Si ricordano: un'operazione con la Guardia Civil spagnola relativa al commercio di prodotti falsi di un noto marchio sportivo, per un valore di quasi 2 milioni di euro; un'operazione con la Policía Nacional spagnola, Eurojust e la polizia tedesca relativa alla distribuzione illegale di canali pay TV, con l'arresto di circa 30 persone in Spagna, il sequestro di 50.000 decoder pirata, di 180.000 euro e il blocco di Bitcoin per un valore di oltre 30.000 euro, la confisca di dieci macchine di lusso e un aereo privato; partecipazione a iniziative di singoli Stati.
(63) v. audizione del Direttore della III Divisione del Servizio per la cooperazione internazionale di Polizia dell'Interpol, Razzano, del 3 novembre 2016.
(64) Tra le migliorie apportate di recente al programma RogueBlock, ci sono l'utilizzo di tecniche di mappatura della rete, per determinare gli obiettivi a più alto valore, e l'inclusione nel programma dei c.d. cyberlocker e di alcuni mercati on line. Sviluppo di Rogue Block è il programma IACC «Market Safe», lanciato nel 2013 in collaborazione con il gruppo cinese Alibaba, relativamente alla vendita di beni contraffatti sulle piattaforme di vendita al dettaglio online del gruppo TaoBao e Tmall, che ha portato alla rimozione di 210.000 inserzioni di prodotti contraffatti o violazioni della proprietà intellettuale e alla chiusura permanente di circa 8.000 negozi on line ospitati su quei siti, con l'allontanamento permanente dei venditori. L'Iniziativa «Data Force» si propone di unire i titolari di diritto con la ricerca e pubblicità on line, le società di spedizioni internazionali, i fornitori di accesso a Internet e le forze di polizia per utilizzare le informazioni utili alla lotta contro la contraffazione dei prodotti, sia on line che nel mondo fisico.
(65) La prima seduta di tale organismo nella città metropolitana di Napoli, ai sensi della nuova normativa, si è tenuta il 23 febbraio 2015 con l'intervento oltre alle Forze dell'ordine anche di numerosi operatori delle categorie economiche.
(66) V. «Relazione sulla contraffazione nel settore tessile: il caso del distretto produttivo di Prato» (DOC. XXII-bis, N. 2), approvata all'unanimità dalla Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo nella seduta del 4 agosto 2015.
(67) Nell'audizione con il Comandante Provinciale della Guardia di Finanza Gianluigi D'Alfonso del 4 maggio 2017 a Napoli è stato stimato un numero di pattuglie miste Guardia di Finanza e altre forze di polizia pari in media a 50-60 al giorno nella provincia di Napoli.