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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta su sicurezza e degrado delle città

Resoconto stenografico



Seduta n. 22 di Martedì 19 settembre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Morassut Roberto , Presidente ... 2 

Audizione del Ministro dell'Interno, Marco Minniti:
Morassut Roberto , Presidente ... 2 
Minniti Marco , Ministro dell'Interno ... 2 
Morassut Roberto , Presidente ... 9 
Mannino Claudia (Misto)  ... 9 
Morassut Roberto , Presidente ... 11 
Santerini Milena (DeS-CD)  ... 11 
Morassut Roberto , Presidente ... 11 
Gasparini Daniela Matilde Maria (PD)  ... 12 
Piso Vincenzo (Misto-UDC-IDEA)  ... 12 
De Maria Andrea (PD)  ... 13 
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 14 
Morassut Roberto , Presidente ... 16 
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 16 
Morassut Roberto , Presidente ... 16 
Quaranta Stefano (MDP)  ... 17 
Minniti Marco , Ministro dell'interno ... 17 
Santerini Milena (DeS-CD)  ... 21 
Minniti Marco , Ministro dell'interno ... 21 
Morassut Roberto , Presidente ... 24 

Comunicazioni del Presidente:
Morassut Roberto , Presidente ... 24

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
ROBERTO MORASSUT

  La seduta comincia alle 10.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati e, in seguito, sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro dell'Interno, Marco Minniti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro dell'Interno, Marco Minniti, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Sono, inoltre, presenti il capo della segreteria, senatore Achille Passoni, il capo ufficio legislativo, prefetto Marco Valentini, e il dirigente dell'Ufficio relazioni parlamentari, dottor Angelo De Prisco, che ringrazio per la loro presenza.
  Do la parola al Ministro Minniti, con riserva per me e per i colleghi di rivolgergli, al termine del suo intervento, domande e richieste di chiarimento.

  MARCO MINNITI, Ministro dell'Interno. Grazie per l'invito. Penso che questo incontro possa essere importante per fare un punto di valutazione sull'andamento complessivo delle iniziative del Ministero dell'interno tese a rafforzare tutti gli strumenti per garantire la sicurezza urbana. Come sapete, nei mesi scorsi il Governo ha emanato un decreto il cui titolo è appunto «decreto sulla sicurezza urbana», poi convertito in legge da parte del Parlamento. Mi consentirete ora di non ritornare sui contenuti del decreto, che sono a voi ampiamente noti. Tuttavia, a me preme molto illustrare quale sia la filosofia che ha portato il Governo a presentare un decreto su queste questioni. L'idea era sostanzialmente quella di cercare di costruire e di mettere in campo un nuovo modello di sicurezza per il nostro Paese, che fosse fondato su un asse strategico tra lo Stato e i poteri locali. Sono profondamente convinto che questo sia il cuore della questione. Se vogliamo affrontare il tema della sicurezza dell'Italia, dobbiamo farlo attraverso una forte cooperazione tra gli organismi e le istituzioni di carattere nazionale e i poteri locali. Questo, per quanto mi riguarda, avviene nel campo della sicurezza ed è avvenuto anche nel campo del governo dei flussi migratori. Vorrei in merito ricordare il patto firmato con l'Associazione nazionale dei comuni italiani per quanto riguarda il tema dell'accoglienza diffusa, sul quale tornerò di qui a qualche momento, alla fine del mio intervento.
  Perché è importante questa cooperazione tra Stato nazionale e poteri locali? Perché, nel quadro moderno della sicurezza del Paese, non è possibile stabilire un unico modello di intervento tra realtà territoriali che sono profondamente differenti. È difficile pensare allo stesso piano di sicurezza a Bolzano, così come a Palermo, passando per le varie città d'Italia. Per avere un sistema che funzioni, abbiamo bisogno che il Ministero dell'interno gestisca e fornisca le linee-guida dell'attività di sicurezza nazionale, come è previsto per legge, e che, contemporaneamente, tutto ciò possa tradursi in una cooperazione concreta con chi il territorio lo conosce Pag. 3meglio e con chi ha le responsabilità di governo di quel territorio. Da qui nasce l'idea di un progetto che abbia nel suo cuore un'alleanza strategica con i comuni, con i sindaci, naturalmente sapendo che in quest'ambito si chiede loro di essere protagonisti delle politiche di sicurezza dentro un rapporto di cooperazione con lo Stato nazionale.
  La seconda ragione per cui è essenziale questo tipo di rapporto sta nel fatto che l'idea della sicurezza che mi appartiene non è soltanto quella di ordine pubblico. Garantire la sicurezza del territorio significa utilizzare e praticare più politica. Per usare un quadro il più possibile semplice, per farvi intendere che cosa voglio dire, per garantire la sicurezza di una piazza, naturalmente è importante che quella piazza sia presidiata dalle forze di polizia. Tuttavia, è altrettanto importante che essa sia illuminata, che sia dentro un sistema di sviluppo urbanistico equilibrato, che sia al centro anche di un progetto di integrazione sociale. Tutte queste cose, come voi comprendete, sono cose che non può fare da solo il Ministero dell'interno. Nascono invece dalla cooperazione tra le istituzioni nazionali e territoriali.
  La terza questione che ci ha portato a mettere in campo un nuovo modello di sicurezza per l'Italia sta nel fatto che per lungo tempo abbiamo avuto un modello di sicurezza incentrato sull'idea che il punto cruciale fosse quello di garantire la sicurezza dei centri urbani. Nel frattempo, in questi anni l'Italia è profondamente cambiata ed è cambiato anche fisicamente il paesaggio abitativo del nostro Paese. Abbiamo una diffusione sul territorio di nuove sedi abitative e abbiamo lo straordinario problema delle periferie, sulle quali il Ministero dell'interno ha posto e intende porre un elemento di fortissima attenzione.
  La quarta ragione di questa cooperazione sta nel fatto che sempre di più di fronte alle minacce che abbiamo in questo momento per la sicurezza – penso alla minaccia terroristica, ma anche ad altri tipi di minacce – abbiamo bisogno di rafforzare il controllo del territorio. Di fronte a una minaccia terroristica che si presenta attraverso varie forme di attacco alle nostre società, con riguardo a quella che è apparsa prevalente negli ultimi attacchi in Europa e non mi riferisco né a Barcellona, né all'ultimo attacco a Londra, dato che tali attacchi prefigurano attività più complesse, non soltanto di singoli soggetti, ma anche di gruppi organizzati, come è apparso chiaramente a Barcellona e come sembra essere ipotesi investigativa in questo momento al vaglio delle autorità di polizia britanniche per Londra; tuttavia, in altre circostanze ci sono state attività di singoli terroristi che hanno proceduto e hanno svolto attività con quella che noi chiamiamo «prevedibilità zero». Faccio un esempio per rendere il concetto il più evidente possibile. Penso a ciò che è avvenuto a Stoccolma nel momento in cui il terrorista si è impossessato di un camion che era stato momentaneamente abbandonato dall'autista che doveva fare una consegna: si è impossessato del camion e poi ha effettuato un attacco in un centro commerciale. Di fronte a iniziative di questo tipo è chiaro che i tempi di reazione sono molto bassi. Sono vicinissimi a zero. La possibilità di prevedere attraverso capacità investigative anche queste attività sono molto basse. Che cosa conta in queste circostanze? Conta moltissimo il controllo del territorio, ossia la possibilità di avere un ordinario e normale controllo del territorio che, di fronte a un'iniziativa, a un'attività, a una minaccia a prevedibilità zero, sia in condizione di stabilire che la rete sia molto più stretta. La vicenda più emblematica è quella che è avvenuta nel dicembre scorso a Sesto San Giovanni, con la neutralizzazione di Anis Amri: la cito soltanto per far comprendere che cosa significa tutto ciò. Ricorderete che eravamo immediatamente dopo l'attacco al mercatino natalizio di Berlino. Sul camion che aveva effettuato l'attacco vengono trovati i documenti di Amri. Probabilmente li aveva lasciati sul camion pensando di morire durante l'attacco, un modo per segnalare che l'aveva fatto lui. Tuttavia, trovati i documenti, Amri diventa il most wanted in Europe. Ciononostante, il most wanted in Europe fa il seguente giro: parte da Berlino e va ad Pag. 4Amsterdam, da Amsterdam va a Bruxelles, da Bruxelles va a Parigi, da Parigi va a Lione, da Lione va a Torino, da Torino va a Milano e da Milano va a Sesto San Giovanni. Fa tutto regolarmente in treno, senza particolari misure di carattere precauzionale. Viene neutralizzato a Sesto San Giovanni da una pattuglia della polizia, una normale pattuglia della Polizia di Stato che era in servizio di controllo del territorio. Non viene neutralizzato dalle forze speciali italiane, ma da una pattuglia che faceva normale controllo del territorio.
  Ho cercato di spiegare come anche l'attività più complessa di carattere terroristico che magari si muove in giro a un dato punto possa impigliarsi in una normale attività di controllo del territorio. Per questo motivo il controllo del territorio è cruciale e, per poterlo fare meglio, è importante che tale controllo possa essere gestito attraverso due princìpi che considero molto importanti.
  Il primo principio è uno sforzo per avere il massimo livello di complementarità tra le varie forze di polizia, sapendo che non si può mai raggiungere una complementarità assoluta, perché l'Italia ha due forze di polizia a competenza generale, la Polizia di Stato e l'Arma dei Carabinieri. Essendo forze di polizia a competenza generale, si può trovare il massimo di coordinamento e il massimo di complementarità, cosa sulla quale abbiamo lavorato a lungo. Tuttavia, non può esserci mai una totale integrazione, perché si tratta appunto di due forze di polizia a competenza generale. Poi c'è la Guardia di finanza, che è una forza di polizia a competenza specialistica. Abbiamo molto lavorato su questo aspetto. Il giorno di Ferragosto ho firmato una direttiva che rafforza la cooperazione e tende al massimo di complementarità sul territorio tra le varie forze di polizia. Ritengo questa direttiva molto importante. Mi sembra, tra l'altro, costruita attraverso un rapporto di cooperazione virtuosa e positiva tra le forze di polizia. Quando si costruisce un'attività attraverso un elemento di cooperazione virtuosa tra le forze di polizia, è anche più semplice renderla immediatamente operativa.
  La seconda questione riguarda la cooperazione tra le forze di polizia nazionale e le polizie locali: un elemento cruciale per quel ragionamento del controllo del territorio che facevo. In un quadro in cui, come avete visto, abbiamo molto sensibilizzato i prefetti perché nel rapporto con i sindaci e nel rapporto con i Comitati provinciali per l'ordine e la sicurezza pubblica e i Comitati metropolitani si costituissero insieme e ragionassero insieme per avere misure di controllo del territorio che fossero compatibili con la vivibilità delle città. Il punto cruciale è questo. L'Italia è un Paese bello, è un Paese che ha voglia di guardare gli altri, ma soprattutto è un Paese che ha un destino: quello di essere guardato dagli altri. Il problema è garantire politiche di sicurezza che consentano di avere una vivibilità dei luoghi. Si tratta di una cosa non semplicissima, ma una situazione che l'Italia non può permettersi è di vivere politiche di sicurezza in un quadro di politiche blindate, per una ragione: perché questo colpirebbe al cuore la vocazione del nostro Paese. Per poter gestire questo delicato equilibrio tra sicurezza e vivibilità di un luogo, si deve operare necessariamente con coloro che sono i protagonisti di quel luogo, primi fra tutti i sindaci, gli enti locali e i consigli comunali, che è quello che si è fatto. Se ci pensate bene, abbiamo avuto un Natale immediatamente dopo l'attacco a Berlino che è stato vissuto con misure notevoli di sicurezza. Starei quasi per parlare di misure straordinarie di sicurezza. Tuttavia, questo non ha comportato in alcun modo una diminuzione della vivibilità delle feste. Ho plasticamente in testa l'idea di via dei Fori imperiali, in cui c'era un controllo molto forte. C'erano check point anche abbastanza evidenti. Tutto questo non ha impedito ai romani di poter festeggiare tranquillamente il Natale e il Capodanno con partecipazioni straordinarie. La stessa cosa è avvenuta a Pasqua.
  Il punto qual è? Il punto è che non possiamo stabilire le politiche uguali per tutta Italia. Faccio un esempio. Quando stavamo discutendo delle misure da prendere, a un dato punto, incontro un collega di Bolzano, il quale mi dice che è d'accordo Pag. 5sulle misure di sicurezza che dobbiamo prendere, ma che il mercatino di Bolzano è sul lungofiume e che bisogna avere i varchi e tutta una serie di cose. Gli ho risposto che ha perfettamente ragione. Il problema è che non lo decide il Ministero dell'interno. È una cosa che devono decidere il sindaco di Bolzano e il prefetto di Bolzano, perché ogni intervento deve adattarsi alla specifica situazione. Abbiamo affrontato il tema delle altre vacanze, quelle pasquali. Siamo in una condizione in cui, in una fase quasi conclusiva dell'estate, possiamo dire che abbiamo avuto flussi turistici particolarmente imponenti, anzi, per usare un termine più preciso, particolarmente importanti. Tuttavia, li abbiamo avuti in un Paese in cui abbiamo messo in campo delle misure di sicurezza rilevanti. Naturalmente, è chiaro che su questo terreno il Ministro dell'interno non può mai dire mai. Il compito del Ministro dell'interno, per essere più precisi, è quello di lavorare per il mai e, tuttavia, di non pronunciare mai la parola «mai» per ragioni evidenti, che sarebbe qui abbastanza superfluo ulteriormente approfondire.
  In quest'ambito di questi quattro punti adesso stiamo procedendo a tappe abbastanza forzate all'attuazione del decreto. Il decreto è stato convertito in legge. L'idea è di lavorare lungo tre direttrici.
  La prima direttrice è stata già messa in campo. Si tratta di una direttiva da me firmata per l'attuazione dei nuovi strumenti di tutela della sicurezza urbana, perché il decreto ha bisogno di strumenti attuativi. Questa direttiva è, naturalmente, una direttiva del Ministro, concordata però con l'ANCI, con i comuni, perché è evidente che, nel momento in cui abbiamo a che fare con uno strumento che si chiama sicurezza urbana – almeno questo è il mio intendimento – è più utile coordinare direttamente tutti i passaggi con le organizzazioni che rappresentano il territorio. In questo contesto mi serve fornirvi un dato. Al 12 settembre sono stati emanati più di 700 ordini di allontanamento, come previsto dalla legge, cui sono poi conseguiti 80 DASPO urbani, la maggior parte dei quali hanno riguardato due grandi città, in questo caso del Mezzogiorno, Napoli e Palermo. Presenteremo poi due linee-guida. La linea-guida per la promozione della sicurezza integrata è stata già predisposta dal Ministero dell'interno e sta per essere ratificata in Conferenza unificata. Riguarda come coordinare lo scambio di informazioni tra polizie nazionali e polizie locali e l'interconnessione delle sale operative, ossia il punto di incontro tra le polizie nazionali e le polizie locali. La seconda linea-guida riguarderà l'attuazione dei Patti per la sicurezza urbana. Anche questa è già stata predisposta dal Ministero. In questo momento la sta valutando l'Associazione nazionale dei comuni italiani, perché sia portata a sua volta in Conferenza Stato-città. Come ricorderete, il tema dei Patti per la sicurezza è un tema antico della sicurezza italiana. I primi Patti per la sicurezza sono stati fatti nel 2007. Si trattava di un'intuizione giusta. Il decreto sulla sicurezza urbana codifica i Patti per la sicurezza e li mette all'interno di un'unica cornice legislativa. Noi ne abbiamo fatti, come ricorderete, nel 2007. Me ne ricordo perché partecipavo un poco anche a queste cose. Facemmo quello di Milano e quello di Roma in maniera abbastanza evidente, perché erano due città che erano allora amministrate da due coalizioni differenti. Tuttavia, questo non impedì, in quel caso, di avere un punto di congiunzione con il Governo dell'epoca. In quest'ambito il compito che ci siamo dati è quello di arrivare il più rapidamente possibile alla chiusura delle linee-guida. Siamo soltanto nella fase del coordinamento con le altre istituzioni che sono a tal uopo interessate.
  Mi si consenta, prima di entrare su alcune questioni di dettaglio, di fornirvi un quadro dell'andamento della criminalità nel nostro Paese e poi delle misure predisposte su alcune questioni specifiche.
  Abbiamo un quadro dell'andamento della delittuosità a livello nazionale caratterizzato da significative diminuzioni. I dati sono abbastanza evidenti: diminuiscono in maniera significativa le rapine in banca, le rapine in uffici postali, l'usura, l'estorsione, la ricettazione e i furti e le rapine in abitazione. Aumentano invece gli incendi e Pag. 6i danneggiamenti in seguito agli incendi. Si tratta di due dati molto connessi a un'estate molto calda che abbiamo avuto. Debbo anche dirvi che in sede di Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica il giorno di Ferragosto abbiamo posto il tema del contrasto della prevenzione agli incendi come un elemento cruciale di quel Comitato. Abbiamo chiesto alle forze di polizia di sviluppare un'ulteriore attività di controllo del territorio e di prevenzione su questo terreno. Debbo dire che l'Arma dei Carabinieri in questi mesi ha prodotto significativi risultati sul terreno della prevenzione e della repressione degli incendi dolosi, con numeri di arresti particolarmente importanti.
  Il quadro che volevo tracciarvi è questo. Naturalmente, consegnerò poi al presidente tutti i dati. Mi consentirete di non stancarvi con i numeri. Soprattutto nel quadro di un rafforzamento della sicurezza delle periferie, che considero un elemento cruciale, penso che in questo momento il tema delle sicurezze delle periferie debba costituire una priorità da parte del Ministero dell'interno. Ne abbiamo già discusso con le forze di polizia e stiamo già operando in tal senso. In quest'ambito abbiamo predisposto l'operazione cosiddetta Periferie sicure, che ha avuto due fasi, una nel maggio-giugno e un'altra nel luglio-settembre, e altre ne avrà nel prosieguo. Queste iniziative hanno riguardato le città di Foggia, Padova, Palermo, Perugia, Reggio Calabria, Rimini, Torino, Genova, Latina, Livorno, Napoli, Pescara, Roma, Cagliari, Catania, Cosenza, Lecce, Lucca, Ravenna, Venezia, Ancona, Bari, Ferrara, Grosseto, Imperia, Salerno e Sassari. In tutto questo contesto sono state utilizzate 12.000 unità di polizia. Sono state controllate circa 55.000 persone, di cui 849 denunciate, 327 tratte in arresto e 123 sottoposte a misure di prevenzione. Sono stati effettuati controlli su circa 10.000 veicoli, con il sequestro di 57 autovetture. Sono stati sequestrati circa 700 chilogrammi di hashish, 90 chili di marijuana, 9 chili di cocaina e 2 chili di eroina.
  Accanto a questa si è sviluppata l'attività delle operazioni cosiddette Città sicure, che in questo caso hanno coinvolto Torino, Padova, Brescia, Milano – come vedete, alcune città figurano in entrambe le operazioni – Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Cosenza, Catania e Palermo. In questo contesto sono state utilizzate 3.600 unità di polizia. Sono stati attivati 1.300 posti di controllo. Sono state identificate 13.000 persone. Sono stati eseguiti 50 arresti per reati contro il patrimonio e in materia di stupefacenti. In più, sono state controllate circa 56.000 autovetture e sono state sviluppate 138 denunce.
  Come appare evidente, in questi mesi abbiamo cercato di mettere al centro il tema della sicurezza delle città in un quadro in cui abbiamo sviluppato, e ulteriormente svilupperemo, con gli strumenti che il decreto ci consente, l'uso delle nuove tecnologie. Come sapete, il decreto spinge moltissimo e aiuta molto nell'utilizzazione e nella diffusione dei sistemi di videosorveglianza. Abbiamo fatto operazioni di carattere sperimentale a Napoli, con un certo successo, di rafforzamento di questo tipo di misure e intendiamo estenderle in maniera molto significativa. Naturalmente, tutto questo avviene sempre di intesa con i sindaci dei comuni interessati. In quest'ambito si pongono alcune questioni un po’ più specifiche, ma che sono di carattere, a mio avviso, in ogni caso strategico. Garantire la sicurezza di una città, di una realtà urbana, significa garantire il principio di legalità. Le operazioni di cui ho parlato prima vanno in questa direzione. Garantire il principio di legalità significa anche affrontare tutto il tema delle occupazioni abusive di luogo pubblico. Come sapete, ci siamo occupati di queste questioni nei mesi scorsi e nelle settimane scorse. Nel mese di agosto abbiamo emanato una direttiva del Ministero dell'interno che propone una linea di coordinamento tra l'attività del Governo nazionale e del Ministero dell'interno, l'attività delle regioni e l'attività dei comuni, perché il superamento dell'occupazione abusiva e illegale di luoghi pubblici è un tema par excellence di cooperazione tra i vari livelli delle istituzioni. Si tratta di una direttiva che – potremmo definirla così – tiene insieme il principio di legalità e il Pag. 7principio di umanità. Il principio di legalità è assolutamente irrinunciabile e prevede che i luoghi pubblici non possano essere abusivamente occupati. Il principio di umanità prevede che, di fronte alle situazioni di soggetti fragili, l'obiettivo che bisogna darsi, insieme con le istituzioni locali, debba essere quello di trovare per i soggetti più fragili una soluzione alternativa. Da questo punto di vista la direttiva prevede tre grandi questioni. La prima è la costituzione di una cabina di regia tra il Ministero dell'interno, le regioni e l'ANCI, perché è chiaro che questa partita va gestita e coordinata insieme. Stiamo lavorando in tempi molto rapidi perché la cabina di regia venga insediata e abbia il compito di coordinare tutto e di incominciare a fare un censimento sia dei beni che sono in possesso dello Stato perché provenienti da confische, sia dei beni inutilizzati nei comuni. Facciamo questo non perché si debba compiere qualunque tipo di occupazione forzosa o di requisizione, per intenderci. Mi è parso che la questione sia stata interpretata con l'idea che qualcuno volesse fare l'elenco dei beni per effettuare requisizioni. Questo non è un potere nelle mani di alcuno in Italia. Nessuno ha intenzione di fare requisizioni. Il problema è avere un quadro chiaro, in maniera tale da poter gestire eventualmente una cooperazione a livello del passaggio per le aree più fragili di coloro che sono coinvolti dentro il sistema delle occupazioni abusive e illegali. La cabina di regia nazionale avrà come riferimento principale, per quanto riguarda le città metropolitane, il Comitato metropolitano, che, come sapete, per legge è co-presieduto dal prefetto e dal sindaco dell'area metropolitana. Aggiungo anche che tutto il tema di cui ho parlato precedentemente del coniugare legalità e umanità, ossia tutto il tema delle fragilità, non è una questione aggiunta dalla direttiva. La direttiva applica la legge, perché questo elemento è chiaramente esplicitato nel disegno di legge di conversione del decreto cosiddetto di sicurezza urbana. Il coordinamento effettivo sul territorio per quanto riguarda le operazioni di sgombero è affidato al Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica, che, naturalmente, come è noto, è aperto anche alle autorità locali.
  Infine, viene sottolineato un punto: in caso di nuove occupazioni, occorre intervenire tempestivamente per evitare che le occupazioni si consolidino. Questo è un punto che riteniamo molto importante. Un conto è risolvere situazioni ampiamente consolidate con quei criteri, di cui dicevo, di legalità e umanità. Si tratta di risolverle in ogni caso. Dobbiamo risolvere quelle situazioni con questi criteri, ma le situazioni vanno risolte. Un conto è evitare che ci siano nuovi elementi di consolidamento. L'idea è quella di avere un monitoraggio permanente. Nel momento in cui ci dovessero essere nuove occupazioni, le occupazioni vanno risolte in tempi rapidi. Vanno risolte d'intesa, naturalmente, sempre con i comuni, ma vanno risolte in tempi rapidi. L'idea che ho è di non consentire che si possano stabilizzare situazioni che non sono corrispondenti ai princìpi di legalità del nostro Paese.
  La seconda questione che voglio qui trattare è un tema specifico, ma non del tutto e riguarda i cosiddetti roghi tossici. Si tratta di una questione che considero un segnale a cui prestare massima attenzione e che riguarda prevalentemente tre città: Roma, Napoli e Torino. In parte minore coinvolge Milano, ma prevalentemente riguarda Roma, Napoli e Torino. Nei mesi scorsi abbiamo messo in campo iniziative importanti. A Roma c'è un tavolo che coordina tutte le attività su queste questioni, a Napoli e a Scampia ci sono misure di vigilanza H24 e anche a Torino c'è un'attenzione molto particolare. Tuttavia, il dato che vorrei mettere in evidenza è che è mia intenzione su queste questioni mettere in campo misure di carattere straordinario di controllo del territorio, d'intesa con i comuni interessati, perché è evidente che tutto va coordinato con i comuni, in cui ci sia una cooperazione tra le forze di polizia nazionali e le forze di polizia locale. Valuteremo poi, realtà per realtà, se sia necessario anche l'esercito e tutto quello che sarà necessario fare. Dobbiamo trasmettere un messaggio in base al quale su questo tema c'è tolleranza zero, perché è Pag. 8particolarmente delicato e impatta sulla vita e sulla salute dei cittadini. È spesso anche un elemento che produce il punto terminale di una catena criminale. Tale catena criminale va quindi spezzata e poi sconfitta. Questa è la questione che volevo sottoporvi qui intorno a queste tematiche, su cui abbiamo già attivato i prefetti perché si coordinino con le autorità municipali delle tre principali città interessate.
  Infine, aggiungo un'ultima considerazione e poi concludo. Come dicevo all'inizio, sicurezza non è solo ordine pubblico, ma è un complesso di attività. Sicurezza è anche capacità di integrazione. Considero questo un punto fondamentale per le politiche di sicurezza del nostro Paese, al punto tale che mi è capitato in altre circostanze, ed è utile forse ripeterlo qui, in questa sede parlamentare, di dire che, a mio avviso, le politiche di accoglienza hanno un limite oggettivo nella capacità di integrazione. Se guardiamo quello che è successo in giro in Europa negli ultimi anni, abbiamo, come dato evidente, il fatto che coloro che hanno compiuto gli attacchi terroristici nei vari Paesi europei in maniera prevalente fossero figli dell'Europa e di una mancata o non sufficiente integrazione. Un Paese che ha a cuore la propria sicurezza e il proprio futuro deve pensare alle politiche di integrazione. È per questo che le politiche di integrazione non possono essere, in questo momento, non messe con evidenza dentro il processo delle politiche di sicurezza. Anzi, il mio punto di vista è che sono un elemento fondamentale per le politiche di sicurezza.
  In quest'ambito voglio illustrarvi tre questioni che considero molto importanti. In primo luogo, come dicevo all'inizio, abbiamo puntato fortemente sull'accoglienza diffusa. Considero questa una scelta strategica, perché un'accoglienza diffusa, equamente distribuita sul territorio, con piccoli numeri, consente processi più solidi e più facili di integrazione. I piccoli numeri e la diffusione sul territorio consentono anche di rispettare di più quelli che considero essere due diritti ineludibili nelle politiche di accoglienza, ossia il diritto di chi è accolto e il diritto di chi sta accogliendo. Per quanto mi riguarda, in una democrazia bisogna tenere conto di entrambi i diritti. Se pensiamo all'accoglienza diffusa, comprendiamo che consente di tenere conto di entrambi i diritti. In merito abbiamo sviluppato una cooperazione con l'Associazione dei comuni italiani. Abbiamo avuto un aumento dei comuni che hanno aderito ai progetti SPRAR, cioè ai progetti di accoglienza diffusa. Tuttavia, il numero, al momento, non è ancora sufficiente. Se tutti i comuni aderissero, avremmo fatto un passo importantissimo in questa direzione. Voglio tuttavia dirvi che è mia intenzione affrontare questo tema con grande determinazione, con riguardo ad accoglienza diffusa e progressivo superamento dei grandi centri di accoglienza. Il mio modello di accoglienza consta di accoglienza diffusa e superamento dei grandi centri di accoglienza, perché i grandi centri di accoglienza, per quanto possano essere gestiti nel modo migliore possibile, non sono un luogo particolarmente favorevole a politiche di integrazione. Naturalmente, tutto questo sarà coordinato con la gestione più complessiva degli arrivi. Vedremo poi, alla fine dell'anno, quale sarà il bilancio degli arrivi nel nostro Paese, ma questa è la linea entro la quale volevo muovermi.
  In secondo luogo, dobbiamo mettere in campo, e abbiamo messo in campo, un progetto che sia insieme fermissimo nel contrastare l'illegalità e contenga un'idea di inclusione. Ci sono tre realtà emblematiche del nostro Paese, per intenderci, Manfredonia, San Ferdinando, in provincia di Reggio Calabria, e Castel Volturno. Nel decreto Mezzogiorno abbiamo inserito la norma che prevede l'istituzione di tre commissari per queste tre realtà. I tre commissari sono stati già da me nominati e sono al lavoro. Dobbiamo avere un processo di riconversione di queste realtà che contemporaneamente segnali la riduzione dell'illegalità, il fatto che non ci siano accampamenti illegali, il fatto che ci sia un coordinamento effettivo per l'azione di contrasto al caporalato, come prevede la legge che il Parlamento ha di recente approvato, e il fatto che ci sia contemporaneamente una dignitosa sistemazione per coloro che devono Pag. 9lavorare. Questo si sta già facendo. A San Ferdinando è stata già predisposta ed è già operativa una nuova tendopoli, con misure anche particolarmente importanti sia di rispetto dei diritti umani, sia di superamento di forme di degrado che tutti abbiamo avuto modo di vedere. L'obiettivo che mi sono dato è quello di affrontare in maniera coordinata con le regioni, in questo caso Puglia, Campania e Calabria, questi tre punti, perché penso che su queste questioni l'idea di combattere l'illegalità e di avere progetti di inclusione costituisca un elemento di civiltà di un Paese.
  Infine, l'ultima considerazione su questo terreno dell'integrazione riguarda il Patto per l'Islam che abbiamo firmato nel marzo di quest'anno, con la stragrande maggioranza delle associazioni dell'Islam italiano. Vorrei ricordarvi i punti fondamentali di quel Patto. Esso prevede fondamentalmente quattro questioni. La prima è che le moschee sono luoghi pubblici e aperti al pubblico costantemente, ossia sempre, non soltanto in occasione del culto, come avviene per tutti i luoghi di carattere religioso presenti nel nostro Paese. La seconda è che di ogni moschea devono essere noti i nomi degli imam che la gestiscono e che esercitano in quella moschea. La terza è che il sermone venga fatto in italiano. La quarta è che, se viene costruita una nuova moschea, devono essere rese note le fonti di finanziamento interne e internazionali per la costruzione della stessa.
  Comprenderete che si tratta di quattro punti molto importanti, ma la questione più importante è che questo merito così significativo non è il frutto di una legge dello Stato. Personalmente, sono molto prudente nell'applicare leggi dello Stato nei confronti di religioni, perché il rischio è di avere quella che Kant chiamava l’«eterogenesi dei fini»: si fa un'iniziativa con l'idea di costruire un rapporto più regolare e invece si ottiene l'effetto rovesciato, ossia un rapporto meno regolare, anzi, al limite irregolare. L'iniziativa è invece il frutto di un Patto, che sta funzionando. Le comunità religiose stanno mandando i nomi degli imam. Abbiamo predisposto un piano di formazione per gli imam italiani. Se ci pensate, si tratta di dati molto significativi. Il fatto che le comunità islamiche italiane, in accordo con il Ministero dell'interno, decidano di fare procedure per la formazione di imam italiani dentro le università italiane è significativo. So che queste cose interessano mediamente poco, ma a me interessano moltissimo, perché considero tutto questo un tassello fondamentale delle politiche di sicurezza del nostro Paese. Considero questo come uno dei punti più importanti tra le iniziative che abbiamo assunto. Non so se sia chiaro. Vorrei pregarvi di avere una giusta attenzione tra quello che appare ogni volta e quella che, invece, è la sostanza di ciò che si muove sotto queste vicende. Basta soltanto guardare a quello che è successo di recente a Barcellona per capire come queste questioni siano questioni cruciali. Voglio soltanto ricordarvi che probabilmente, da quanto emerge dalle indagini del Mozos de Escuadra, il capo della cellula, che prima ha pensato a un clamoroso attentato con esplosivo nella città di Barcellona e poi all'attacco nella Rambla, era un imam. Comprenderete come la questione più importante sia quella di evitare che ci possano essere imam fai-da-te. Tutto questo meccanismo di cui parlavo è teso proprio a evitare che ci possano essere imam fai-da-te. Ritengo un elemento particolarmente importante il fatto che tutto questo si sia realizzato insieme con le comunità musulmane del nostro Paese.
  Ho concluso. Vi ho fornito tutte le mie valutazioni. Sono qui pronto a rispondere a tutte le vostre domande. Poi, naturalmente, organizzeremo anche con il presidente i lavori di questa nostra riunione.

  PRESIDENTE. Grazie, Ministro, per quest'ampia e documentata introduzione. Diamo spazio agli interventi.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  CLAUDIA MANNINO. Ringrazio il Ministro per questa corposa relazione, che credo abbia suscitato in ognuno di noi molte riflessioni. È tutto merito – credo – del lavoro di questa Commissione se si è riusciti ad avere un quadro d'insieme. Pag. 10
  Faccio una premessa. Condivido il metodo ispiratore che il Ministro ci ha qui trasmesso, che è quello del coordinamento tra i vari soggetti nelle diverse tematiche affrontate, e condivido anche l'idea di trasmettere un messaggio da parte del Governo nei confronti dell'azione che si vuole intraprendere. Premesso questo, però, almeno la mia visione di accoglienza è un po’ diversa da quella che questo Paese sta oggi portando avanti. Le domande che voglio porre sono principalmente due sulla questione dell'accoglienza.
  Una è relativa agli attentati. Lei ci ha detto che i tempi di reazione in base alla tipologia degli attentati che si sono avuti sostanzialmente non prevedono particolari previsioni. In particolare, mi preoccupo dei due esempi che ha fatto di Barcellona e Londra, perché tipologicamente sono molto diversi dagli altri che si sono verificati. Probabilmente, il fatto che non abbiamo avuto attentati in Italia ci dovrebbe fornire qualche risposta, ma credo che noi, come Paese, abbiamo una buona storia di accoglienza e di comunità italiana. Con riguardo alla mia regione, penso, per esempio, al paese di Piana degli Albanesi, che convive con i migranti e li integra perfettamente da diversi anni. In merito ai migranti ho un dubbio sull'interpretazione del comma 3 dell'articolo 10 della nostra Costituzione. È stato sollevato qualche giorno fa anche da Gino Strada il metodo con cui il nostro Paese si sta ponendo nei confronti della Libia. Sinteticamente, paghiamo un Paese da cui quelle persone scappano. Provo ad avanzare una proposta, chiedendo se non possiamo utilizzare – in Parlamento ci sono anche proposte di legge su questo aspetto, ossia sui piccoli comuni – comuni che si stanno spopolando sugli Appennini, paesi in fase di popolazione zero, per non parlare di crescita assolutamente negativa, per creare lì dei modelli di accoglienza, per creare lì degli italiani, qualsiasi siano la loro religione e il colore della loro pelle.
  Un'altra domanda che le voglio porre, su un tema che però non è stato sollevato qui, è relativa al municipio di Ostia. Sembra che cambiamo totalmente dimensione, ma credo che ne abbia competenza lei. Sappiamo che il municipio di Ostia è stato sciolto per infiltrazioni mafiose – ce l'ha detto il Sindaco Raggi in Commissione d'inchiesta antimafia – anche per un diffuso sistema di illegalità legato alla gestione delle concessioni balneari. In novembre quel municipio tornerà al voto con una legge nazionale sul tema dei balneari che ha prorogato di fatto quello stato di illegalità che aveva provocato, tra le altre cause, anche il suo scioglimento. La domanda è se il Ministero abbia intenzione di monitorare o stia monitorando quell'illegalità che è stata causa di scioglimento in funzione anche delle concessioni che sono state di fatto prorogate per legge.
  Condivido la questione delle occupazioni abusive con l'intervento immediato, ma volevo capire un po’ meglio in che cosa consista l'intervento immediato – in Commissione ne abbiamo parlato più volte – per cui questo fenomeno debba essere bloccato entro le 48 ore. Volevo capire se erano questi i tempi che il Ministero e che il Ministro propone.
  Sull'abusivismo edilizio e i roghi aggiungo le ultime due questioni e chiudo.
  In merito all'abusivismo, il messaggio qual è? Lei ha parlato di quale messaggio trasmettiamo, come Paese. Abbiamo in questo momento, solo per fare un esempio e per augurarmi che questo modello non venga replicato nelle altre regioni, una regione siciliana che ha appena varato una legge che di fatto impedisce alla regione stessa di mandare i commissari ad acta nel momento in cui i comuni non agiscano sull'abusivismo edilizio. Se questa norma dovesse essere approvata da tutte le regioni, avremmo un intasamento delle procure. Volevo chiedere la sua opinione e se sta monitorando questa proposta di legge.
  Quanto ai roghi, condivido le sue attenzioni sui roghi cittadini, ma la invito a guardare anche a un altro tipo di roghi, ossia i roghi degli impianti di gestione dei rifiuti. Ministro, mi scusi. Le pongo l'ultima domanda e ho concluso. Oltre ai roghi in certe aree di alcune città, ci sono su scala nazionale, solo da maggio a oggi, più di 80 roghi di impianti di gestione di rifiuti che stanno andando a fuoco, con danni ambientali Pag. 11 notevoli e inquinamento diffuso. Volevo sapere se il suo Ministero stia monitorando anche questo tipo di roghi.

  PRESIDENTE. Facciamo il punto della situazione. Avendo la disponibilità del Ministro fino intorno alle 12 e considerato che ci sono ancora sei interventi, se ci limitiamo ai cinque minuti, ovviamente cercando di concentrarci sulle tematiche di competenza di indagine della Commissione, riusciamo a dare la parola al Ministro per avere un tempo congruo per la sua replica.

  MILENA SANTERINI. Grazie, Ministro, per le informazioni utili e veramente interessanti che ci ha fornito. Vorrei qualche approfondimento proprio sui punti di cui ha parlato.
  Il primo è la strategia di coordinamento con gli enti locali. Le chiederei quali sono i punti critici, non perché andiamo a cercare il pelo nell'uovo, ma perché quello che lei dice sulla strategia di coordinamento si traduce in una filosofia di intervento per cui non deve esserci mai sicurezza senza appoggio alla fragilità sociale. Quando parliamo di decoro urbano e di allontanamento, di DASPO, dobbiamo fornire alternative, anche per rendere concrete queste misure, altrimenti sappiamo benissimo che, per esempio, i senza dimora o le persone con problemi di disagio sociale torneranno nei centri urbani. Se facciamo sgomberi, come quello del 19 agosto in via Curtatone, ci devono essere alternative, che naturalmente spettano ai comuni. Questo mi è molto chiaro. Le chiedo come rendere più stringente questo collegamento: rispetto a un energico intervento sulla sicurezza altrettanto energici dovranno essere gli interventi di prevenzione, di alternative e di sostegno alla fragilità sociale. Sono molto d'accordo con la strategia sullo SPRAR. Se, come tutti sappiamo, tutti i comuni italiani accogliessero il problema, non ci sarebbero risvolti di disagio sociale come quelli che vediamo. Anche qui le chiedo: possono essere messi in campo altri incentivi rispetto ai comuni? Questa è la prima domanda.
  In secondo luogo, come valorizzare la sponsorship – diciamo così – con le organizzazioni della società civile, che, a mio parere, è un problema politico? Mi rivolgo, ovviamente, non solo al Ministro dell'interno, ma anche a tutti gli altri Ministeri interessati. Poggiarsi sulla società civile è un valore. Devo dire che, pur comprendendo benissimo tutto l'aspetto del piano che avete elaborato rispetto alla gestione dei flussi migratori, che vanno gestiti, l'aspetto secondo me un po’ più critico è stato quello della delegittimazione delle ONG del Mediterraneo. Questo non è in campo oggi, ma è un aspetto che ci dice che dobbiamo valorizzarle di più, altrimenti rischiamo di fare in modo che le ONG, le associazioni e i movimenti che lavorano e sono di sostegno siano percepiti un po’ come qualcuno che disturba il manovratore.
  Passo al terzo punto – e chiudo – ossia al discorso sull'Islam. Abbiamo approvato un provvedimento di prevenzione del radicalismo alla Camera che, a mio parere, presenta molti punti positivi. Il discorso sulle moschee che lei ha fatto è molto interessante. Gli enti locali anche su questo aspetto non si comportano sempre nello stesso modo. Per esempio, gli ostacoli che sono frapposti dalla regione Lombardia all'apertura di nuove moschee, o addirittura i problemi posti a Sesto San Giovanni a una comunità islamica del tutto tranquilla, che ha sempre lavorato bene e che ora non potrà costruire una moschea, a mio parere, questo tipo di atteggiamenti vanno contro una strategia che è invece tesa a favorire gli imam che lavorano bene e che – aggiungerei – vedono il Daesh, l'ISIS o il terrorismo nello stesso identico modo in cui lo vediamo noi. È in atto dentro l'Islam uno scontro generazionale. Abbiamo una «classe dirigente» a cui sfuggono questi giovani terroristi. Non si capisce perché non dovremmo favorirla. Le chiedo come sia possibile cercare di attuare una strategia che, per esempio per quanto riguarda le moschee, di fatto non impedisca che ci siano luoghi di apertura, di dialogo e di libertà religiosa che siamo soltanto interessati ad avere.

  PRESIDENTE. Grazie. È stata perfettamente nei tempi.

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  DANIELA MATILDE MARIA GASPARINI. Grazie, Ministro, per le cose che ha detto. Voglio anche osservare che la sua è una grande responsabilità, non soltanto perché è il Ministro dell'interno, ma anche perché i progetti che ha varato stanno creando nel Paese grande attenzione e adesione.
  Mi pare che questo il rapporto col territorio e di sicurezza e integrazione sia stato colto come fatto positivo. Adesso la sfida però è molto faticosa. In questa Commissione ho il compito di concentrarmi sul documento che riguarda il tema casa e abitare e il tema Milano, visto che arrivo da quella città. Attorno al tema casa quello che di fatto abbiamo evidenziato anche nelle nostre missioni è che le case popolari, in particolar modo quelle realizzate negli anni Sessanta e Settanta e spesso mal gestite, specialmente dalle regioni, sono motivo di tensione sociale e di grande preoccupazione anche dal punto di vista dell'ordine pubblico. I dati che Federcasa ci ha fornito parlano di 48.000 occupazioni abusive, 45.000 case sfitte in attività di manutenzione e 650.000 richiedenti case di edilizia pubblica. Quella del sociale è, quindi, una situazione che, oltretutto, va in conflitto con chi occupa la casa anche per bisogno e per fragilità e con chi è in attesa di avere una casa (650.000 persone).
  Credo che sia particolarmente importante provare a capire, da parte mia in questo caso, chiedendo anche aiuto a lei e ringraziandola per le informazioni, come concludere questa nostra relazione in maniera coerente. In realtà, avendo fatto il sindaco per tanti anni, tutta la vicenda degli sgomberi è una minima parte sociale del tema vero: una parte è programmata e gestita per superare le graduatorie. Parlo di Cinisello, di Milano, di Sesto.
  Leggevo prima un articolo-denuncia sulle filiere para-malavitose – non sono mafie – che portano avanti l'aggiramento delle graduatorie, perché di questo si tratta. Mi sentirei di suggerire che in merito occorrono una gestione diversa delle case popolari, chiarezza dei ruoli fra comuni e regioni, ma anche un presidio delle case popolari. Si tratta di un problema enorme. Non è possibile gestire palazzi con dentro 3.000 persone – recentemente ho visto a Genova un quartiere con 3.000 persone – e non avere una forza di polizia. La forza di polizia è anche importante, ma, prima di tutto, ci vorrebbe un gestore di condominio, altrimenti, per esperienza, so che le segnalazioni degli sgomberi vengono fatte dopo tre mesi dalle ATER, mettendo in moto un meccanismo di legge che è molto diverso. Occorre presidiare queste cose. Credo che sia particolarmente importante. La domanda che le faccio è questa, oltre che chiederle aiuto per mettere a punto un documento che sia coerente, superando la frammentazione che qualche volta non permette di raggiungere risultati fra competenze diverse. Abbiamo analizzato il Bando periferie, in cui ci sono 2 miliardi messi a disposizione. Presenta luci e ombre. Non c'è un chiaro indirizzo. Se l'emergenza riguarda la casa, la gestione delle case pubbliche e il recupero del patrimonio, sarebbe molto interessante capire come un prossimo Bando per le periferie possa essere indirizzato al risanamento di quei quartieri particolarmente in difficoltà, a un nuovo Piano nazionale della casa e a nuove regole, valorizzando quelle realtà che dentro un Patto per la sicurezza, facendo sistema, mettono al centro anche la casa.
  Credo che di tutti i problemi che riguardano l'integrazione, la coesione e l'ordine pubblico – è peccato dirlo; oggi l'abbiamo visto anche con le nostre missioni – ci sia una forte concentrazione in questi quartieri gestiti da noi, purtroppo, ossia dal pubblico.

  VINCENZO PISO. Grazie, Ministro, per la disponibilità. Ho ascoltato con attenzione la sua relazione. L'aspetto che più mi convince – perlomeno, questo ho compreso – è il suo tentativo di incidere sul dato strutturale, ossia di creare un modello che risponda a una logica, a mio giudizio sicuramente intelligente, cercando proprio di creare questa compenetrazione e collaborazione fra il livello nazionale e il livello locale.
  Come prima domanda, le chiedo se può fornire dati più precisi e puntuali rispetto a quest'operatività: in quale modo si può Pag. 13cercare di far collaborare e su quali temi i diversi livelli di polizie? Glielo chiedo fermo restando che, secondo me, bisognerebbe operare specialmente a livello locale, dove abbiamo avuto una proliferazione di queste polizie, con un riordino che vada verso una razionalizzazione con competenze e investimenti per una maggiore qualità. Spero che il suo Ministero sia da stimolo in questa direzione.
  Lei ha posto l'indice sul tema legalità. A mio giudizio, è un tema importantissimo anche in relazione a tutto ciò di cui ha parlato. Oggi in Italia, a mio modesto parere, alcuni interventi trovano scarsa capacità di applicazione, in quanto questo principio a livello diffuso è stato per troppo tempo disatteso. Oggi andare a parlare ai cittadini e chiedere di avere fiducia nelle istituzioni rappresenta un problema, soprattutto quando – anche lei ha ricordato alcune situazioni – si vede giornalmente, appena fuori dall'uscio della propria casa, il proliferare di situazioni rispetto alle quali non c'è alcun tipo di intervento. Lei ha ricordato la casistica dei roghi tossici, ma ne potremmo rappresentare tante altre. Sono situazioni che spesso vengono ricondotte alla cosiddetta microcriminalità, fermo restando che si sono formate delle vere e proprie filiere – anche questo lei l'ha opportunamente ricordato – che hanno un livello di diffusione tale che di fatto va a incidere in maniera pesante proprio sul concetto di legalità, sul quale poi si innesta tutta una serie di altre possibilità di intervento a livello sociale. Chiedo se sul tema dei roghi tossici può fornire qualche indicazione in più. In un recente incontro che abbiamo avuto – mi scusi se sto tornando indietro – abbiamo avanzato una richiesta, come Commissione, o perlomeno ne abbiamo discusso con i cittadini, di poter attuare la normativa sui cosiddetti roghi tossici della cosiddetta Terra dei fuochi in Campania.
  Qui arriviamo al tema dell'integrazione. Nessuno nega la possibilità di cercare di integrare. Facciamo attenzione, però, a non pensare che il terrorismo sia figlio tout court di una mancata integrazione sociale, perché i dati ci dimostrano altro, a mio modo di vedere. Non credo che l'accoglienza possa diventare, in termini di prospettiva, la possibilità di avere l'intero continente africano all'interno dell'Europa. A mio parere, occorre incidere laddove questi fenomeni si vanno a sviluppare, cercando di attuare politiche lungimiranti e cogliendo anche in questo senso una possibilità di sviluppo non solo per il nostro Paese, ma anche e soprattutto per chi lì vive e sta in loco, cercando di fare a tutto tondo un'operazione che abbia veramente un senso. All'idea che tutto possa essere risolto posizionando all'interno di comunità che si sono spopolate, o che si stanno spopolando, cittadini provenienti da altre aree, sinceramente, per quello che può contare, sono assolutamente contrario.
  Al di là di queste considerazioni, chiedo se, per gentilezza, ci fornisce maggiori ragguagli intorno a quello che ho domandato.

  ANDREA DE MARIA. Vorrei esprimere un apprezzamento non formale alla relazione che ha svolto il Ministro oggi, anche perché sono testimone di un lavoro di grande valore che ha messo in campo da quando è stato nominato Ministro dell'interno.
  Passo ai temi su cui vorrei fare delle domande, stando proprio alle competenze specifiche della Commissione. Il primo punto riguarda il DASPO urbano. Lei forniva i dati. Le chiedo se state facendo con l'ANCI, con i comuni, un monitoraggio di come sta funzionando e se lo considerate uno strumento efficace così, o se si possono prevedere anche messe a punto e ulteriori verifiche sul suo funzionamento e sulla sua struttura.
  Il secondo punto riguarda il coordinamento con le polizie locali. Le chiedo se, secondo lei, sia utile lavorare anche a un'innovazione della legislazione nazionale in materia di polizia locale. Ci sono proposte di legge depositate in Parlamento, in particolare sul ruolo delle polizie locali, che sono sempre di più anche di pubblica sicurezza.
  Il terzo punto riguarda il Bando periferie. La collega Gasparini avanzava una proposta di merito, peraltro molto interessante. Volevo segnalarvi anche, come ministero, un tema più generale. Esprimo la Pag. 14mia opinione. Il Bando periferie è stata un'iniziativa molto importante del Governo, perché ha riconosciuto il tema e ha stanziato risorse rilevanti. Questi sono due punti nuovi di grande rilievo rispetto alle politiche sulle periferie nel Paese. Mi pare che l'orientamento diffuso della Commissione, in base al lavoro che abbiamo fatto anche sul territorio, sia quello di pensare di proporre per i prossimi bandi un indirizzo maggiore delle risorse, ossia di provare a concentrare queste risorse su alcune priorità. In merito capire come, quando si predispongono le linee-guida del bando, venga coinvolto anche il Ministero dell'interno può essere un fatto interessante, perché una parte delle risorse in generale dovrebbe essere, a mio avviso, indirizzata su quell'idea di sicurezza che diceva lei, ossia sulla coesione sociale, sul senso di comunità, sulla qualità urbana anche come strumenti di promozione della sicurezza.
  Infine, qui veniva detto dei campi rom. Li abbiamo visitati un po’ in tutte le realtà in cui siamo stati con le missioni della Commissione. Sono realtà molto differenziate. In alcune città sostanzialmente sono governati in modo positivo. Ci sono però alcune realtà davvero fuori controllo, non solo per i roghi, ma anche, per esempio, per campi, in cui le presenze non sono controllate, ci sono casi di violenze interne e sostanzialmente manca la presenza dello Stato. Sono abbandonati spesso in alcune realtà del Paese anche a gruppi criminali. La domanda è se sul tema gestione dei campi rom ci sia una verifica, un lavoro in corso, e magari, anche in quel caso, se ci sia un'idea di linee-guida e di indirizzi da fornire anche alle autorità locali, prima di tutto a questura e prefettura e poi, più in generale, anche al sistema degli enti locali.

  FABIO RAMPELLI. Grazie, Ministro. Spero nei cinque minuti di riuscire a condensare le tante osservazioni che andrebbero fatte, perché la sua relazione è stata omnicomprensiva e ciascuna delle aree tematiche toccate varrebbe la pena di essere approfondita per qualche minuto.
  Partiamo dai roghi, dal momento che lei ha dato, forse involontariamente, una buona notizia, ossia che soltanto tre città e mezzo sarebbero interessate da questo fenomeno dei roghi tossici a margine degli insediamenti dei nomadi di varia provenienza ed etnia. Teoricamente, se questa è la notizia, dovrebbe essere più facile da parte dello Stato mettere in campo ogni provvedimento e strumento per circoscrivere ed eliminare questo problema, che, soprattutto nella stagione estiva, confligge mostruosamente con la qualità della vita, che viene messa in discussione da parte dei cittadini. Penso che lei sappia perfettamente, anche per la sua provenienza, la sua formazione e la sua sensibilità, che esiste una vera e propria filiera di furto, rovistaggio, rogo e vendita di ferro che coinvolge anche gli acquirenti del ferro, così come penso sappia che spesso le guerre tra clan all'interno dei campi nomadi generano incendi dei moduli abitativi, che sono acquistati, peraltro, dai cittadini attraverso il pagamento delle tasse nel corso degli anni, anche di nuovissima acquisizione. Penso sappia che nei campi nomadi manca in maniera significativa, almeno in quelli che abbiamo visitato, ma sicuramente in tutti quelli del Centro-Sud, la scolarizzazione dei bambini. Viene leso un diritto di creature innocenti che poi si troveranno immancabilmente a continuare la tradizione dei padri e dei nonni. Mancata scolarizzazione significa, infatti, utilizzo e strumentalizzazione dei bambini nelle attività di accattonaggio, borseggio, taccheggio e scippo. Si tratta di un fenomeno di fronte al quale c'è un deficit di intervento da parte dello Stato, o per omessa denuncia, o perché le norme sulla sottrazione della patria potestà sono poco incisive. Eppure in altri Paesi sono state utilizzate, invece, a regola d'arte, con grande rigore, fino al punto da eliminare negli anni, in una prospettiva più ampia, il fenomeno. Che cosa, a nostro giudizio, occorrerebbe fare su questa materia? A parte l'eventuale possibilità, che lei peraltro ha evocato, anche se informalmente e indirettamente, di applicazione della normativa valida per Napoli sui roghi tossici, sulla Terra dei fuochi, con la presenza dell'esercito o comunque di esercito, polizia di Stato, carabinieri e forze dell'ordine, il problema è che chi entra nei campi Pag. 15nomadi deve essere perquisito. Bisogna capire che cosa porta dentro, che fine fanno le cose che vengono introdotte. Occorre anche un sistema di sorveglianza, o di videosorveglianza, che è stata, in taluni casi, applicata, ma ha fatto una brutta fine. Ha fatto la stessa fine dei rifiuti che sono stati incendiati. Questo genere di controllo va fatto H24 in questi luoghi. Vanno espulsi tutti coloro che non sono nomadi e provengono sicuramente dall'area extra europea e, quindi, non hanno alibi. In Bosnia la guerra è finita vent'anni fa. È una comunicazione ufficiale. Non credo di doverla fare io in questa Commissione. Tutti lo sappiamo. Misteriosamente, esistono ancora cittadini bosniaci che sono ospiti del nostro territorio e che stanno all'interno dei campi nomadi, i quali spesso si scontrano in maniera sanguinosa con altre etnie all'interno degli stessi campi. Non c'è neanche la sensibilità di metterli in campi diversi. Laddove non esista un diritto – questa, se mi permette, è stata la vera carenza della sua relazione – non prendete proprio in considerazione l'idea di riportare a casa propria coloro i quali commettono atti delinquenziali e stanno al di fuori della legge. Questo è il vero segnale di cui hanno bisogno non solo e non tanto coloro che vengono a casa nostra per garantirsi la possibilità di un'integrazione, ma anche i cittadini italiani per riacquisire fiducia nelle istituzioni. La sensazione è che tutti possano fare qualunque cosa, perché tanto restano esattamente dove stanno.
  La questione si sposta sul piano degli sgomberi e della sua direttiva, che purtroppo abbiamo e avete votato all'interno del Parlamento. L'ha votata la sua maggioranza, certamente non noi. Di fatto, per quanto lei dica che non c'è alcuna volontà di avventurarsi sul territorio delle cosiddette requisizioni forzate, c'è una requisizione forzata in atto. Oltre all'occupazione di un edificio di proprietà privata o pubblica – anche il pubblico è una proprietà; siamo tutti proprietari di edifici che sono stati occupati abusivamente e illegalmente da chiunque – spesso e volentieri, nel crimine c'è un altro crimine, che è quello del circuito, che voi conoscete benissimo, di alcuni movimenti che, in maniera artefatta, gestiscono la disperazione degli immigrati e che sono ormai diventati dei professionisti. Le procure della Repubblica, sotto questo aspetto, stanno facendo il loro lavoro, ma, al di là del giudizio delle procure, tutto il mondo sa che esistono questi movimenti. Hanno un nome e un cognome e hanno dei responsabili. In taluni casi si sono persino fatti eleggere all'interno delle istituzioni, perché hanno difeso gli occupanti, li hanno sponsorizzati e da questi, in maniera clientelare e subdola, hanno tratto poi il voto di preferenza. Questo è un fenomeno che va attenzionato con maggior precisione, perché non può passare il principio, che passa invece – glielo dimostro di qui a qualche secondo – della requisizione degli appartamenti. Uno stabile grande come quello di Via Curtatone, di 30.000 metri quadrati, le istituzioni hanno impiegato ben quattro anni prima di sgomberarlo e restituirlo al diritto costituzionalmente riconosciuto dei proprietari, i quali hanno fatto un investimento e non riuscivano a mettere a reddito questo investimento, dovendo anche pagare le bollette, come sa. È una cosa talmente grande e gigantesca, che alla fine, presto o tardi, andrà risolta.
  Penso anche a quanto accade a Castel Volturno, una delle tre città che lei ha citato e che riceveranno in carico i finanziamenti da parte del Governo, non si sa bene per cosa. Si parla di progetti di integrazione, ma quale progetto di integrazione può prescindere dalla legalità? A Castel Volturno, ridente cittadina, con un arenile e una spiaggia straordinariamente belli e, fino a pochi anni fa, luogo di villeggiatura soprattutto di seconde case di tante persone provenienti in particolare dal Centro-Sud, ma, in taluni casi, anche dal Nord, gli immigrati che sono arrivati, proprio perché non hanno trovato le istituzioni dello Stato, non hanno occupato via Curtatone, ossia stabili di 30.000 metri quadrati, ma hanno occupato le seconde case, le case di villeggiatura. Se lei mette, come l'ha messo, il paletto per cui lo sgombero è possibile solo in presenza di un'alternativa, io osservo che l'alternativa all'occupazione di via Curtatone probabilmente si deve trovare per Pag. 16forza, ma la sistemazione alternativa agli occupanti di una seconda casa, di una casa per villeggiatura, chi la garantirà? Chi si occuperà della casa del Ministro Minniti, o di quella di Fabio Rampelli che è stata impropriamente occupata da immigrati che non trovano altra sistemazione, perché ne avete fatti entrare 180.000 in media l'anno per tre anni circa?
  Questo è un problema serio. Il principio della requisizione è nei fatti, perché avete impedito ai prefetti di provvedere agli sgomberi se in assenza, secondo il suo noto aforisma della legalità e dell'umanità. Teoricamente, chi lo può contestare? Praticamente, però, non c'è umanità nei confronti di chi si è visto requisire la casa. Sa che a Castel Volturno le forze dell'ordine sono intervenute, hanno sgomberato alcune seconde case e, dopo qualche mese, le seconde case sono state rioccupate esattamente dagli stessi immigrati che c'erano prima, tant'è che i proprietari hanno praticamente rinunciato. Hanno alzato le mani, si sono arresi e hanno dato per scontato di non avere più una seconda casa, in buona sostanza. Si tratta di una requisizione di fatto.
  In conclusione, veniamo al campo degli immigrati. Voi dovete essere chiari. Ci dovete dire non quanti sono i migranti che arrivano, ma che fine fanno le centinaia di migliaia di immigrati che hanno... Guardi, se vuole, le faccio i miei complimenti per l'inversione di rotta, anche perché, facendoli a lei, che sta cercando di applicare delle sue indicazioni e sensibilità, le faccio a me stesso, perché lei...

  PRESIDENTE. Concluda rapidamente.

  FABIO RAMPELLI. ...scoprirà che buona parte delle cose che ha fatto, noi le abbiamo proposte dall'origine, con una capacità di essere lungimiranti che contrasta rispetto alla demagogia che ha animato chi ha sostenuto il suo Governo.
  A mio giudizio, lei sta sicuramente invertendo la rotta rispetto al suo predecessore e persino facendo una bella figura. Non ci voleva molto. Gli immigrati che non hanno diritto alla protezione internazionale, ai quali questo mancato diritto viene certificato dalle Commissioni prefettizie, e che escono dai centri di accoglienza e non hanno più il sostegno delle istituzioni, ragion per cui non vengono più offerti loro il pranzo e la cena o un giaciglio dove dormire, che fine fanno? Se lei si fa una passeggiata nelle città che abbiamo visitato, scopre perfettamente dove stanno. Non lo sa quasi nessuno, perché la gente passeggia o le forze dell'ordine non passeggiano tra le sponde dei fiumi, dentro i parchi pubblici o addirittura nelle condotte fognarie. Sono nascosti, sono dei fantasmi, ma esistono. Chi non ha diritto alla protezione internazionale, secondo me, con revoca della protezione cosiddetta umanitaria – di fatto è un permesso di soggiorno improprio che viene rilasciato – deve essere rimandato, con gli accordi internazionali che lei sta cercando di stipulare, a casa propria. Questo vale per tutti, anche per coloro i quali – esistono normative europee al riguardo – che non sono nelle condizioni, dopo sei mesi, di dimostrare di essere economicamente autosufficienti. Automaticamente, se questo è, significa che devono arrangiarsi e quindi si consegnano, con un accordo non scritto, ma sempre di comune conoscenza, nelle mani del circuito della criminalità. Questo processo si deve interrompere con il tetto all'accoglienza che lei citava, che ben volentieri ho ascoltato citare da lei e che noi condividiamo, ma un tetto all'accoglienza deve corrispondere a due princìpi: chi delinque va a casa; chi non ha diritto alla protezione internazionale non può continuare a imperversare o addirittura a occupare le case degli altri e, quindi, con il benestare del Governo, in assenza di un'alternativa, a continuare a stare in una casa che non gli appartiene, perché così «la maionese impazzisce».
  Per il resto, su Islam e integrazione – ahimè – non faccio in tempo a dire nulla. Spero che ci siano altre occasioni per farlo.

  PRESIDENTE. Do la parola, per l'ultimo intervento, all'onorevole Quaranta, di Mdp. Poi possiamo dare la parola al Ministro per le sue repliche.

Pag. 17

  STEFANO QUARANTA. Anch'io ringrazio il Ministro per i tanti spunti che ci ha offerto. L'onorevole Gasparini ha parlato bene del tema casa. Mi concentro allora su una questione sola, il rapporto tra periferie e il tema dell'accoglienza diffusa, in particolare sui richiedenti asilo.
  Ministro, nessun luogo come le periferie credo manifesti la distanza che esiste tra insicurezza reale e insicurezza percepita. Noi sappiamo bene, e lo sottolineiamo tutte le volte che è possibile – del calo dei reati e delle cose che importanti che sono state fatte in questi anni. Tuttavia, vivere e visitare luoghi come quelli che abbiamo visitato noi rende la misura di quanto, oltre al controllo del territorio, che è fondamentale, ci sia anche un tema che ha a che fare – questo sì – con la percezione di insicurezza, che è quello della coesione sociale. Si trovano spesso interi quartieri in cui ci sono un'assenza sostanziale dello Stato e dei servizi, una popolazione perlopiù anziana e una presenza massiccia di stranieri un po’ ghettizzati. Tutto questo comporta altissimi livelli di disoccupazione. In questi casi la percezione dell'insicurezza si ha anche in assenza di reati.
  Collego questa questione a quella dell'accoglienza diffusa perché condivido totalmente l'idea che l'integrazione non possa che viaggiare su un'accoglienza diffusa. Ci scontriamo, però, con alcuni dati della realtà di oggi. Faccio riferimento, in particolare, alla mia regione, la Liguria, dove l'accoglienza è sostanzialmente concentrata nei grandi comuni e, nei grandi comuni, in alcuni quartieri rispetto ad altri. Quindi, c'è un doppio problema. Lo evidenzio perché, nonostante il prefetto di Genova abbia svolto un lavoro eccellente, dal mio punto di vista, temo che ci sia un problema di strumenti ancora da attivare, altrimenti questo problema non lo risolveremo. Questa situazione, paradossalmente, rischia di inficiare proprio l'integrazione che ha a che fare con la possibilità di inserire queste persone in contesti che non siano quelli che descrivevo prima. Quindi, le due cose stanno insieme.
  Penso che per la nostra Commissione questo sia un tema centrale e vorrei capire che tipo di intenzioni ci sono per affrontarlo.

  MARCO MINNITI, Ministro dell'interno. Grazie per le domande che mi sono state poste. Esse, naturalmente, meritano le risposte, che cercherò di fornire. Tuttavia, mi sembra di aver compreso che non ci sia un rigetto – usiamo il termine forse più giusto – per il disegno proposto. Naturalmente, questo per me è un elemento di incoraggiamento. Detto questo, veniamo alle questioni poste.
  Il tema dell'accoglienza è stato posto da più colleghi che sono intervenuti. La linea strategica, come ho detto, da parte mia e del Ministero è quella dell'accoglienza diffusa. Naturalmente, l'accoglienza diffusa è fondata su un principio volontario, ossia i comuni aderiscono volontariamente a questi progetti. Non esiste uno strumento legislativo di carattere impositivo. Se devo essere sincero, personalmente sarei perplesso su uno strumento impositivo. Mi sembrerebbe veramente difficile poter gestire una politica di accoglienza in collaborazione con i comuni attraverso un provvedimento impositivo. Tuttavia, abbiamo lavorato moltissimo per creare legislazioni di carattere premiale. Come sapete, abbiamo avuto nella precedente legge di stabilità 100 milioni di euro impegnati per i comuni che praticavano politiche di accoglienza. Ricordo ancora adesso che, non appena arrivato al Ministero, il mio primo impegno è stato di dare ai comuni che si erano distinti nelle politiche di accoglienza quei soldi, che, naturalmente, per alcuni comuni hanno rappresentato risorse particolarmente significative.
  Nel decreto Mezzogiorno abbiamo raddoppiato questa cifra per il prossimo anno. Quindi, c'è una legislazione premiale molto importante. Abbiamo superato la possibilità dello sblocco del turnover per i comuni che, partecipando alle politiche di accoglienza diffusa, intendano assumere personale che sia funzionale a quelle politiche di accoglienza diffusa. Nel decreto sicurezza urbana abbiamo anche sbloccato le assunzioni per quanto riguarda le polizie locali. Mi pare che da questo punto di vista ci sia una legislazione premiale andata nella direzione Pag. 18 di incentivare i comuni che aderiscono a questi progetti. Si può fare di più? Naturalmente, non metto limiti alla provvidenza divina, ma vorrei trasmettervi un messaggio che si è fatta un'attività, a mio avviso, particolarmente significativa. Si tratta, tuttavia, di svolgere anche un'attività di discussione sulle idee, perché – parliamoci molto chiaramente – dietro queste vicende non c'è soltanto un tema di convenienze economiche, ma c'è un tema di idee. Penso anche – debbo essere sincero – che il messaggio sia di governare i flussi migratori. Il messaggio di cancellare la parola «emergenza» dalle questioni di immigrazione consentirà (me lo auguro) che ogni sindaco possa valutare con maggiore serenità il progetto messo in campo. Il punto qual è? Io mi batterò e mi sto battendo perché sui temi dell'immigrazione venga cancellata la parola «emergenza» perché l'immigrazione è una grande questione, che ci ha accompagnato in passato, ci accompagna adesso e ci accompagnerà in futuro. L'unica cosa che non si può fare è affrontarla con provvedimenti di carattere emergenziale. Va affrontata con un disegno complessivo. Il disegno complessivo ha un punto di partenza, ossia governare i flussi migratori. Si tratta di evitare di essere costretti a inseguire il fenomeno, ma piuttosto di governarlo. Se lo governiamo, sarà anche più semplice far comprendere ai sindaci, al di là dei loro convincimenti, che una politica di integrazione diffusa sul territorio è la via maestra.
  Non rinuncio all'idea di superare i grandi centri di accoglienza. Dentro la mia idea di cancellare la parola «emergenza» rientra anche l'idea di cancellare i grandi centri di accoglienza. Tuttavia, non sarei sincero se non vi dicessi che dentro la mia idea di governare i flussi migratori c'è anche l'intervento dall'altra parte del Mediterraneo. Se il problema è soltanto pensare a come gestire i migranti che arrivano in Italia, è difficilissimo poter governare i flussi. I flussi si governano dai punti di partenza e dai punti di transito, non soltanto in arrivo. Non esiste un governo dei flussi migratori soltanto in arrivo. In arrivo c'è soltanto l'accoglienza. La priorità che abbiamo messo in campo è intervenire sui punti di partenza, con l'intervento in Africa. Non fatemela fare molto lunga, perché qui non siamo in una sede di audizione sull'immigrazione. Se volete, faccio anche una relazione di dettaglio, ma penso sia inutile a questo livello, con colleghi che sono ben informati. Si tratta di intervenire sui punti di partenza. Abbiamo chiesto all'Europa di avere un trust fund, ossia un fondo di intervento sull'Africa che sia quantomeno equipollente a quello che l'Europa ha messo in campo per i Balcani. Faccio presente che l'Europa per i Balcani ha messo in campo 3 miliardi di euro, più altri 3 che sono previsti per l'intervento in Turchia. Questo è il tema che abbiamo posto e che di recente, il 14 settembre, ho riproposto alla Ministeriale dei Ministri dell'interno di Bruxelles. Su questo non transigo.
  Quanto all'intervento sui Paesi di transito, il Paese di transito principale in questo momento è la Libia. Dalla Libia passa il 97 per cento dei flussi che sono arrivati in Italia, in cui non c'è un libico. La Libia è classicamente un Paese di transito. Stiamo intervenendo, in cooperazione con le autorità di governo libiche, per governare i flussi migratori e avere un controllo delle coste attraverso la Guardia costiera e un controllo del confine meridionale della Libia, che è un confine cruciale per il contrasto ai trafficanti di esseri umani e per la sicurezza dell'intera Europa, non soltanto dell'Africa settentrionale.
  Qui è stata posta la domanda di cosa si faccia per le condizioni di vita dei migranti che sono in questo momento in Libia. Consentitemi di dirvi una cosa, che è stata anche resa nota con un comunicato pubblico. Purtroppo, però, queste notizie non riescono a superare la prima fase. È una cosa singolare. Se il Ministero dell'interno, in questo momento, fa uno sbadiglio, viene scritto che il Ministero dell'interno fa uno sbadiglio. Tuttavia, venerdì scorso, si è tenuta una riunione della Commissione italo-libica per gestire il memorandum of understanding di cooperazione italo-libica sul contrasto ai trafficanti di esseri umani e sulle attività di controterrorismo. In quella riunione, insieme alle delegazioni italiana e Pag. 19libica, c'erano anche l'Organizzazione mondiale per l'immigrazione e l'UNHCR. In quella sede si è discusso e si è concordato su tre punti, che considero molto importanti. Il primo è l'intervento sulle condizioni di vita dei centri di accoglienza in Libia. C'erano OIM e UNHCR. Faccio presente, ma voi siete ampiamente informati sulla questione, che la Libia non ha mai firmato la Convenzione di Ginevra del 1951. Sono passati sessantasei anni. Adesso l'UNHCR può intervenire in Libia, anzi sta intervenendo in Libia. So perfettamente che è un piccolo passo, ma è un passo. Sono passati sessantasei anni senza che nessuno si rendesse conto che l'UNHCR poteva intervenire in Libia. Adesso ce ne siamo resi conto e sta intervenendo. In quella sede l'UNHCR ha comunicato di aver visitato 27 dei 29 centri di accoglienza che in questo momento sono operativi in Libia. Ne ha visitati 27 su 29 e ha operato una selezione di mille soggetti fragili (donne, bambini, anziani) che vengono «riconosciuti» dall'UNHCR come degni di protezione umanitaria in Libia. Insieme con le autorità libiche sta costruendo un progetto di ricollocazione internazionale di questi mille soggetti degni di protezione internazionale. Considero questa non la soluzione del problema, ma un segnale importante di attività sul terreno del rispetto dei diritti umani e del fatto che si comincia a intervenire sui soggetti più fragili che sono lì. Come ho detto, per quanto mi riguarda, quella questione è per me un'assoluta priorità. Le condizioni di vita dei migranti in Libia per me sono un'assoluta priorità.
  Come secondo punto, l'Organizzazione mondiale per l'immigrazione ha comunicato di avere già fatto in Libia 7.300 rimpatri volontari assistiti. Sottolineo volontari e assistiti. Sono volontari nel senso che si tratta di persone che volontariamente ritornano nei Paesi di provenienza. Assistiti vuol dire che a ogni migrante viene dato un budget per potersi ricostruire la vita. L'Organizzazione mondiale per l'immigrazione in quella sede ha detto che, per quanto la riguarda, in cooperazione con le autorità libiche, sarebbe in condizione, entro la fine dell'anno – si sono fissati questo obiettivo – di avere rimpatri volontari assistiti per 15.000-20.000 persone. Stiamo parlando di due organizzazioni delle Nazioni unite. So perfettamente che siamo all'inizio del passo, ma tutto questo dimostra che ci possono essere una gestione e un governo dei flussi migratori che consentono di operare un principio in cui convivono il governo dei flussi migratori e anche il rispetto dei diritti umani. Non siamo al completamento del percorso, ci mancherebbe altro. Tuttavia, segnali di incoraggiamento sono particolarmente importanti in questo momento. Siamo all'inizio, non alla fine, ma sarebbe sbagliato se, in questo momento, io non vi comunicassi questi segnali di inizio.
  Passo alla seconda questione. Visto che parliamo del tema immigrazione, mi consentirete di non rispondere singolarmente e di esaurire i temi. Qui si è detto che si sono criminalizzate le organizzazioni non governative. Non so chi l'abbia fatto, ma noi abbiamo proposto, d'intesa con la Commissione europea e con l'Unione europea, un codice di regolamentazione e di autoregolamentazione delle organizzazioni non governative. Faccio presente che, con riguardo alle organizzazioni non governative, su 8 ONG operanti nel Mediterraneo 5 hanno firmato quel codice. Una non l'ha firmato perché la nave che utilizzava è momentaneamente sottoposta a sequestro. Due non l'hanno firmato. Da questo punto di vista risulta che 5 su 7 abbiano firmato il codice di regolamentazione. Le operazioni di salvataggio, come si è visto anche in questi ultimi giorni, sono pienamente operative, nel rapporto con la Guardia costiera del nostro Paese. Penso esattamente l'opposto, cioè che il codice di regolamentazione delle ONG sia stato un modo – questo è il mio profondo convincimento – per tutelare le ONG ed evitare le generalizzazioni, ossia per evitare che si potesse dire che, se qualcuna aveva sbagliato, tutte avevano sbagliato. È esattamente l'opposto. Non è un caso che la maggioranza abbia firmato quel codice e non è un caso che la maggioranza stia ancora operando nel Mediterraneo.
  Aggiungo anche un'ultima questione, che per me è particolarmente importante. Se Pag. 20tutto questo fosse stato fatto da un solo Paese, l'avrei capito. Se fosse stata l'Italia, naturalmente si sarebbe potuto discutere se l'iniziativa dell'Italia fosse un'iniziativa giusta o sbagliata. Sarebbe stato del tutto legittimo. No, io sono andato prima alla riunione dei ministri dell'interno dei 28 Paesi europei. Faccio presente che tra quei ministri dell'interno dei 28 Paesi europei sono presenti la Francia, la Germania, la Svezia e l'Olanda. Sono Paesi che – posso garantirvelo – sono molto attenti e sensibili alle attività delle ONG, come lo è l'Italia, perché tutto si può dire tranne che l'Italia non sia un Paese sensibile. Quel codice è stato approvato dal complesso dei ministri dell'interno ed è stato approvato dalla Commissione europea. Vorrei soltanto ricordare, per ultimo, che nel vertice di Parigi del 28 agosto, a cui hanno partecipato Francia, Spagna, Germania e Italia a livello dei Capi di Stato e di Governo, c'è stato un esplicito sostegno al codice per le ONG e c'è stata una richiesta altrettanto esplicita perché le ONG che non hanno firmato firmassero quel tipo di codice. Lo dico soltanto per avere tra di noi un elemento di equilibrio nelle parole che misuriamo. Poi, naturalmente, ognuno può esprimere tutti i giudizi legittimamente, com'è giusto, perché sono giudizi politici. Infine, su questo tema mi pare di aver detto con grande chiarezza qual è la mia idea: noi insisteremo moltissimo sull'accoglienza diffusa con un processo che sia insieme di convincimento e di equilibrio.
  Su Ostia posso rispondere che non è possibile prorogare per legge l'illegalità. Punto. Da questo punto di vista non c'è alcuna proroga. Se una cosa è illegale, nessuno può prorogarla per legge. Prorogare non esiste. Si chiama in un altro modo. Non c'è stato alcun tipo di sanatoria. Come lei sa, il municipio di Ostia è stato sciolto per mafia e commissariato. Questo Ministro dell'interno ha prolungato fino al limite delle possibilità di legge il commissariamento del municipio sciolto per mafia. Superati i ventiquattro mesi, la legge prevede che si debba ritornare al corpo elettorale. Naturalmente, è del tutto evidente che poi il corpo elettorale valuterà, come sempre è successo e succede in democrazia, tutti gli elementi per poter orientare liberamente, come è giusto che sia, il proprio voto. Compito del Ministero dell'interno è garantire che il voto sia libero e consapevole. Il resto non è più competenza del Ministero dell'interno.
  Veniamo al tema sgomberi. Vorrei che ci intendessimo fino in fondo. Ho parlato di legalità e umanità per una ragione semplicissima, perché questo è ciò che prevede la legge che è stata approvata in Parlamento e che riguarda non tutti i soggetti. La legge ci richiama a una cosa esplicita, che, nel momento in cui si procede al ripristino della legalità, che, per quanto ci riguarda, è un prerequisito, è una cosa importantissima. Io sono il Ministro dell'interno. Il Ministro dell'interno è il Ministro della legalità e del rispetto della legalità. Tuttavia, per i soggetti più fragili si deve pensare a soluzioni alternative. Questo non è un modo per nascondere la realtà. È un modo per affrontare nella maniera più giusta possibile il tema, il che non significa in alcun modo tollerare o fare l'occhiolino all'illegalità. È esattamente l'opposto. Si tratta di evitare che poi si cronicizzi l'illegalità. Da questo punto di vista – insisto – non c'è alcuna prospettiva di requisizione. C'è la possibilità, invece, di lavorare insieme con i comuni per poter costruire soluzioni alternative positive. Per esempio, è capitato che, in alcuni casi, le proprietà che hanno avuto l'immobile sgomberato abbiano messo a disposizione altri strumenti che erano di loro proprietà, ma questo è un atto del tutto volontario. Nessuno può imporre nulla a nessuno. Questo, però, è normale che avvenga. Da questo punto di vista, se mi consente, il dato deve essere questo. Noi, naturalmente, come ho già detto in altre audizioni parlamentari, siamo molto impegnati sulle politiche di rimpatrio. Ho girato vari Paesi africani, vari Paesi di partenza, per incentivare le politiche dei rimpatri. Abbiamo ottenuto – vorrei dirlo all'onorevole Rampelli – un risultato non banale. In sede di riunione dei ministri dell'interno si è stabilito un principio. Naturalmente, anche questo, purtroppo, non viene notato, perché spesso Pag. 21siamo portati a stare troppo sul pezzo delle questioni che accadono. Tuttavia, in sede di riunione dei ministri dell'interno è stata accolta una nostra proposta: l'Unione europea adotterà l'uso della Visa, ossia dei permessi di ingresso legale, per coordinarsi per quanto riguarda le politiche del rimpatrio. L'Unione europea tutta stabilisce che, se un Paese non collabora alle politiche dei rimpatri, sarà più difficile avere accessi legali non a un solo Paese, ma al complesso dell'Unione europea. Nell'ultima riunione di Bruxelles si è deciso di partire con un esperimento, che riguarda il Bangladesh. Sapete perfettamente che negli arrivi di questi primi otto mesi nel nostro Paese il Bangladesh è un Paese molto significativo. È il secondo o il terzo Paese di arrivo in Italia. Questo serve per spiegare come abbiamo di fronte un traffico di esseri umani con una dimensione mondiale, perché non c'è soltanto il traffico che arriva dall'Africa. Dobbiamo pensare che uno parte da Dacca e arriva in Italia con i gommoni, salpando dalla costa libica, passando il Sud della Libia.
  Su nostra richiesta si è valutato, apparendo evidente che chi arriva dal Bangladesh non sia immediatamente catalogabile tra coloro che hanno diritto alla protezione umanitaria...

  MILENA SANTERINI. Molti bengalesi hanno lavorato in Libia...

  MARCO MINNITI, Ministro dell'interno. No, non è così. Mi dispiace, ma devo correggerla su questo. Non è così. Le posso garantire che sono monitorati e che i flussi sono quelli. Le potrei anche spiegare con quali aerei arrivano, ma, naturalmente, non è argomento di questa discussione. Tuttavia, al di là del fatto, il problema è questo: l'Unione europea ha stabilito questo, ossia di utilizzare l'arma degli ingressi legali come elemento di pressione per quanto riguarda i rimpatri per coloro che non hanno diritto alla protezione umanitaria e si è costruito un rapporto con il Bangladesh che ha firmato un preaccordo su queste questioni. Qualora dovesse funzionare, sarebbe uno strumento particolarmente importante, ma mi sembra importante sottolineare in questa sede il dato importantissimo, cioè che gli altri Paesi europei abbiano deciso, di fronte a un problema che in questo momento è principalmente un problema dell'Italia – i rimpatri sono un problema principalmente dell'Italia, essendo il Paese che in questi anni ha principalmente accolto rispetto al resto d'Europa – di utilizzare l'arma di pressione del blocco degli ingressi legali come un'arma di pressione europea. Lo considero sinceramente un elemento molto importante.
  Detto questo, sui rimpatri consentitemi di dire che, se poi c'è qualcuno che delinque, chi delinque va in galera. Se commette reati, va in galera. Non va rimpatriato. Quella è un'altra cosa. Chi delinque va in galera. È sottoposto alle leggi dello Stato e, come tale, va in galera. Punto. Chi commette reati, va in galera.
  Penso anche che, per quanto riguarda la questione degli sgomberi, le questioni poste qui dall'onorevole Gasparini siano particolarmente rilevanti. Quando ho parlato di fragilità, ho volutamente usato questi termini. So perfettamente che possono esserci altre questioni che stanno dietro l'occupazione di stabili in maniera abusiva. Lei ha citato, per esempio, l'aggiramento delle graduatorie. È chiaro che, a quel punto, una democrazia che si rispetti tiene conto dei diritti e dei diritti acquisiti. Se c'è un soggetto che è in graduatoria e ha un diritto acquisito, è chiaro che una democrazia che si rispetti deve tenere conto di coloro che hanno diritti acquisiti. Tuttavia, rispetto anche alle cose dette dall'onorevole De Maria, quando abbiamo emanato la direttiva sugli sgomberi, abbiamo parlato con l'ANCI. Anche questa è stata una notizia che non ha avuto una grande eco, ma che, a mio avviso, è molto importante. Il presidente dell'ANCI, in quella circostanza, ha chiesto che ci sia una valutazione più complessiva delle politiche abitative del nostro Paese, anche tenendo conto, per esempio, delle questioni che ha proposto per quanto riguarda l'intervento sulle periferie, che considero un elemento molto importante e molto forte delle decisioni che abbiamo preso. Tutto questo non è compito del Ministero Pag. 22 dell'interno. Il Ministero dell'interno non può occuparsi del coordinamento delle politiche attive nel nostro Paese. Tuttavia, se mi doveste chiedere con che spirito considero la richiesta del presidente dell'ANCI, dovrei dire qui che la considero con spirito molto favorevole. Penso che l'iniziativa del Ministero dell'interno, che ha le caratteristiche di cui ho precedentemente parlato, dentro un quadro di un progetto di politiche abitative di carattere generale, sarebbe sicuramente più favorita e non intralciata.
  Passo alle questioni relative al rapporto con le polizie locali proposto dal collega Piso. Il tema è questo: elaboreremo delle linee-guida. Le abbiamo già elaborate. Adesso le sta valutando la Conferenza unificata. In quell'ambito stabiliamo tre questioni importantissime.
  La prima è lo scambio informativo tra forze di polizia nazionale e forze di polizia locale, che è il cuore della questione. Naturalmente, tutto questo va molto gestito attraverso una cooperazione, perché è chiaro che per lo scambio informativo in questo momento molta informazione ce l'hanno le polizie nazionali, senza voler togliere nulla alle altre. Bisogna avere un punto di equilibrio nello scambio informativo.
  La seconda questione è l'interconnessione delle sale operative. Vogliamo lavorare molto sull'interconnessione delle sale operative tra polizie locali e polizia nazionale. Sarebbe un elemento molto importante.
  La terza è l'idea di lavorare intorno alla gestione comune per quanto riguarda gli impianti tecnologici e, in particolare, la videosorveglianza, prevedendo anche elementi di formazione comune tra forze di polizia nazionale e forze di polizia locale. Se in quest'ambito il Parlamento dovesse decidere di andare avanti sulla legge nazionale per le polizie locali, per quanto ci riguarda, non solo non la consideriamo un ostacolo, ma la guardiamo con favore. Da questo punto di vista il dato è questo.
  Andiamo avanti con le questioni poste. Passo alla questione dei roghi tossici. Ho già detto che, per quanto ci riguarda, su questo agiremo con tolleranza zero. L'idea è di avere il controllo H24 delle realtà. Poi lo faremo con le modalità che saranno scelte sul territorio da parte dei prefetti. Noi possiamo decidere se in un posto vengono utilizzate le forze di polizia. Per i militari spetta ai prefetti. L'importante è stabilire un principio per cui si tenda al controllo H24 di queste situazioni, perché le consideriamo una questione sulla quale bisogna agire con tempestività e con fermezza.
  Debbo anche dire che considero il tema dell'abbandono scolastico un tema cruciale per quanto riguarda le politiche di recupero e di integrazione nel nostro Paese. Per quanto mi riguarda, è un punto irrinunciabile, che va perseguito con le leggi che già abbiamo. Se c'è bisogno di renderle ancora più nette, facciamolo, ma ci sono già gli strumenti per poterlo fare. Quello per me è un punto fondamentale. La protezione dei minori per me è un punto di civiltà di un Paese. È chiaro qual è il problema? Ritengo proteggere i minori dall'egoismo, o peggio dalla criminalità di coloro che sono più grandi un punto irrinunciabile di civiltà per una democrazia. Su questo nulla deve essere lasciato intentato. L'obbligo scolastico e la frequentazione della scuola sono il primo presupposto di questo elemento di civiltà. Su questo tema mi considero e consideratemi anche voi particolarmente intransigente.
  Infine, aggiungo un'ultimissima considerazione rispetto alle cose dette dall'onorevole Quaranta. Se non ho risposto a qualcosa, segnalatemelo, perché può darsi che mi sia sfuggito. Onorevole, sono molto d'accordo sul fatto che dobbiamo concentrarci molto sulle periferie. Ho sempre detto che, di fronte a quella che lei chiamava percezione, sono un po’ più netto nella formulazione: non è percezione, secondo me. Naturalmente, non intendo volerla correggere, ma dirle esplicitamente la mia opinione. Penso che sia un sentire. L'insicurezza è un sentire, un sentirsi. Se uno si sente insicuro, è difficile rispondere all'insicurezza con le statistiche, nonostante le statistiche siano quelle che ho qui snocciolato. Non vi ho citato i particolari, ma le statistiche sono significativamente in diminuzione. Pag. 23 Di fronte a questo sentire, penso sia compito delle istituzioni, in questo caso del Ministero dell'interno, intervenire, dentro quella logica di sicurezza che abbiamo inteso, in cui c'è la sicurezza come controllo del territorio ma anche come prospettiva per il futuro. La sicurezza è questo. Una moderna idea della sicurezza comprende complessivamente tutto. L'idea di istituzioni, in questo caso il Ministero dell'interno e il comune, che sono vicine ai cittadini delle periferie, la considero molto importante. Da questo punto di vista c'è un aspetto chiaramente di sostegno legale. Queste sono le operazioni Periferie sicure. Si tratta di far sentire direttamente ai cittadini che agiscono in periferia di avere uno Stato vicino.
  Nei mesi scorsi – scusatemi se vi racconto questa esperienza, ma forse serve per rendere più evidente il mio pensiero – sono andato a Corviale, uno dei quartieri di Roma. A Corviale c'è un centro sportivo simpaticissimo, molto importante e molto utile, molto bello e fatto anche molto bene, costruito anche con grande impegno. Tra l'altro, questo centro sociale è fondato sul principio del cosiddetto calcio sociale. Il calcio sociale è basata su un'idea per cui chi gioca peggio gioca di più. Se me l'avessero spiegato quand'ero ragazzo, avrei risolto tanti problemi di carattere identitario, nel senso che, non essendo fortissimo, me ne sarei fatto rapidamente una ragione. Quando abbiamo fatto questo incontro con una comunità che ha costruito dentro questo quartiere veramente un gioiello, veramente una struttura molto bella, il presidente di questa comunità mi ha chiesto di aiutarlo. Si tratta di un quartiere in cui la grande maggioranza della popolazione è composta di persone perbene, ma c'è anche una parte composta di criminali. Lo Stato li deve aiutare a non consentire che una minoranza di criminali domini su una maggioranza.
  Questo è il principio dell'azione del Ministero dell'interno sulle periferie. Si tratta di stare vicino a quei cittadini che sono la maggioranza e che, in alcuni casi, purtroppo, sono dominati da un principio di illegalità. Questo è il dato. Non riuscivo a spiegarmi meglio, se non con questo racconto di un'esperienza vissuta, che forse rende ancora più chiaro il concetto.
  Il meccanismo qual è? È evidente che, se voglio affrontare il tema delle periferie, devo farlo con le operazioni Periferie sicure di cui ho parlato, ma devo anche coordinarmi insieme con i comuni, perché non c'è operazione di polizia che possa risolvere totalmente il problema. Devo pensare ad avere politiche di inclusione, politiche di sviluppo urbanistico, politiche di rispetto e di costruzione dell'inclusione sociale. È un complesso di questioni. È per questo motivo – ritorno al punto di partenza – che vi ho proposto un modello di sicurezza, con il decreto sulla sicurezza urbana. Poi ci possono essere aspetti che vengono considerati più o meno consoni. Ognuno, naturalmente, su questo aspetto ha il principio della libera valutazione. Tuttavia, l'idea del decreto sulla sicurezza urbana è quella di proporre un nuovo modello di sicurezza. Questa è l'idea. Si tratta di un modello di sicurezza gestito attraverso una cooperazione rafforzata tra lo Stato e le istituzioni locali, perché, a mio avviso, in una moderna concezione della sicurezza, l'unico modo per garantire quella moderna concezione di sicurezza sulla quale mi pare siano largamente convinti anche coloro che sono più critici – ma ne siamo tutti largamente convinti – è di agire attraverso una cooperazione tra istituzioni. Una sola delle istituzioni non lo può fare. Non lo può fare il Ministro dell'interno, che è l'autorità nazionale di pubblica sicurezza, non lo può fare il sindaco, che naturalmente ha altri poteri e deve incontrarsi con i poteri dell'autorità nazionale di pubblica sicurezza. Ci metto anche le regioni, perché, per quanto riguarda tutto il tema della partita abitativa e della gestione dell'integrazione, le regioni svolgono un ruolo molto importante. Di qui l'idea di pensare a questo modello di Stato.
  Per lungo tempo ci siamo interrogati su un modello di democrazia. Può apparire un paradosso, ma un paradosso non è, che attraverso il bisogno di sicurezza una democrazia può leggere in filigrana il suo modello. Questa è l'idea che volevo trasmettervi. Pag. 24 Se non ci sono riuscito, mi scuserete. Se ci sono riuscito, vi ringrazio per l'attenzione che mi avete prestato.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il Ministro Minniti. Svolgo davvero solo un paio di considerazioni conclusive. Penso di poter interpretare il sentimento della Commissione che è impegnata, in queste prossime settimane, alla redazione di un rapporto finale dei nostri lavori, che consegneremo all'Aula e alle massime autorità dello Stato e che stiamo redigendo: le argomentazioni che sono state offerte, i materiali e i dati sono utilissimi per la redazione di questo rapporto e anche per finalizzare meglio l'indirizzo di alcune politiche per le periferie, in particolare quelle inerenti alla sicurezza. Penso che, pur nelle diversità degli approcci e dei punti di vista politici rappresentati nella Commissione, siano stati apprezzati moltissimo lo stile e l'approccio sistemico e integrato delle politiche per la sicurezza sia verso gli organismi e gli apparati di sicurezza della polizia e della difesa, sia soprattutto verso le autorità locali e le prefetture, su cui è fondato il nuovo modello di sicurezza e di integrazione che qui ci è stato rappresentato.
  Sul tema specifico dei roghi tossici, che è stato rappresentato nei nostri lavori e nelle nostre inchieste anche locali e su cui si sono svolti numerosi interventi, credo che vada apprezzata la novità qui espressa, di coniugare un maggior rigore con la volontà di spezzare le catene criminali che si celano dietro a questi eventi che hanno flagellato purtroppo pesantemente le periferie dei nostri quartieri, non solo a Roma, ma anche in altre città, sempre con all'interno delle prerogative stabilite dagli indirizzi dei decreti e degli organismi vigenti sulla sicurezza con sindaci e prefetti.
  È per questo motivo che credo sia opportuno valutare un atto della Commissione che solleciti le autorità locali e le autorità prefettizie, sulla base di indirizzi che il Ministero ha già offerto, affinché questi organismi si riuniscano al più presto e mettano a punto tutta una serie di elementi e di informazioni utili per un esercizio delle autorità di polizia, o eventualmente dell'esercito, laddove servisse, per quanto riguarda la tolleranza zero e il controllo H24 su queste realtà. Penso soprattutto a quelle che hanno rappresentato i maggiori disagi, non solo per i cittadini, ma anche per i cittadini rom che vivono nei campi e che vogliono vivere in un clima di legalità, di integrazione, di sicurezza e di pacifica convivenza.
  Nel ringraziare ancora il Ministro per la sua presenza e la sua disponibilità, dichiaro chiusa l'audizione.

Comunicazioni del presidente.

  PRESIDENTE. Comunico che l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei Gruppi, nella seduta del 2 agosto 2017, al fine di coadiuvare la Commissione nell'approfondimento dei settori della sicurezza, della rigenerazione urbana e della legislazione sociale, ha convenuto di avvalersi dei seguenti consulenti: l'architetto Corrado Giovanni Marino, il geometra Giovanni Ottaviano e il dottor Matteo Ponzano.
  L'unica nota è la sollecitazione, per i colleghi che non l'avessero ancora fatto, di segnalare le loro indicazioni per la presenza nei gruppi di lavoro, in modo che possiamo procedere rapidamente a una redazione dei primi testi che abbiamo stabilito insieme, nell'arco di almeno tre settimane di lavoro, per poterli poi ulteriormente limare, discutere e assemblare per gli eventi conclusivi del nostro lavoro.

  La seduta termina alle 12.20.