Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconti stenografici delle audizioni

Vai all'elenco delle sedute >>

XVII Legislatura

Commissioni Riunite (III-IV Camera e 3a-4a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 6 di Martedì 11 febbraio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 2 

Seguito delle comunicazioni del Governo sullo stato delle missioni in corso e degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione:
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 2 
Bonino Emma , Ministro degli affari esteri ... 2 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 5 
Scanu Gian Piero (PD)  ... 5 
Bonino Emma , Ministro degli affari esteri ... 6 
Scanu Gian Piero (PD)  ... 6 
Orellana Luis Alberto  ... 6 
Vito Elio (FI-PdL) , Presidente della IV Commissione della Camera ... 7 
Bonino Emma , Ministro degli affari esteri ... 9 
Rossi Domenico (PI)  ... 9 
Gasparri Maurizio  ... 10 
Divina Sergio  ... 10 
Cirielli Edmondo (FdI)  ... 11 
Locatelli Pia Elda (Misto-PSI-PLI)  ... 11 
Mussini Maria  ... 12 
Fava Claudio (SEL)  ... 13 
Bernini Paolo (M5S)  ... 13 
Del Grosso Daniele (M5S)  ... 13 
De Pietro Cristina  ... 14 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 14 
Bonino Emma , Ministro degli affari esteri ... 14 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 14 
Bonino Emma , Ministro degli affari esteri ... 14 
Fava Claudio (SEL)  ... 16 
Bonino Emma , Ministro degli affari esteri ... 16 
Fava Claudio (SEL)  ... 16 
Bonino Emma , Ministro degli affari esteri ... 16 
Fava Claudio (SEL)  ... 16 
Bonino Emma , Ministro degli affari esteri ... 16 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 16

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA III COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI FABRIZIO CICCHITTO

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche attraverso la trasmissione sulla web-tv della Camera dei deputati.

Seguito delle comunicazioni del Governo sullo stato delle missioni in corso e degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito delle comunicazioni del Governo sullo stato delle missioni in corso e degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione.
  Ricordo che tali comunicazioni, a cadenza quadrimestrale, hanno luogo per adempiere a un obbligo di relazione del Governo al Parlamento. Nella seduta odierna, interverrà il Ministro degli affari esteri, Emma Bonino, la quale è stata impossibilitata a partecipare, per sopravvenuti impegni europei con il Presidente del Consiglio, alla precedente seduta dello scorso 5 febbraio, cui ha preso parte il solo Ministro della difesa, Mario Mauro.
  Saluto il presidente della Commissione affari esteri del Senato, il senatore Casini, il presidente della Commissione difesa della Camera, onorevole Vito, e il vicepresidente senatore Divina.
  Possiamo cominciare i nostri lavori premettendo che le Commissioni sono reduci da una missione in India effettuata per visitare i fucilieri di Marina, Latorre e Girone, ivi trattenuti, e stanno seguendo con particolare attenzione la vicenda giudiziaria, che ieri ha registrato un ulteriore rinvio.
  Sono certo, al riguardo, che il Ministro Bonino vorrà cogliere quest'occasione per aggiornare il Parlamento. Ricordo che, immediatamente al termine della seduta con il Ministro, si riuniranno gli Uffici di Presidenza integrati dai rappresentanti dei gruppi per le valutazioni del caso.
  Ricordo, altresì, che presso le Commissioni riunite esteri e difesa del Senato è attualmente in corso d'esame il decreto-legge n. 2 del 2014, recante proroga delle missioni internazionali.
  Ringrazio il Ministro Bonino e la invito a svolgere la sua relazione.

  EMMA BONINO, Ministro degli affari esteri. Ringrazio i signori presidenti, gli onorevoli deputati e i colleghi e le colleghe senatori.
  Giustamente, come il Presidente ha voluto sottolineare, inizierò questa relazione aggiornandovi sul caso Marò. Ricordo che sta rientrando il Ministro della difesa, che era appunto a New Delhi ieri, con cui però non ho ancora avuto la possibilità di avere un contatto telefonico.
  Non tornerò sulle vicende «di cronaca» che conoscete rispetto alla posizione di lunedì mattina dell’attorney general, del pubblico ministero, di utilizzare la legge Antipirateria e Antiterrorismo come base Pag. 3del capo d'imputazione, ancorché, come si dice, alleggerita da un'eventuale esclusione di comminazione di pena di morte.
  Sapete anche che la reazione dei nostri avvocati è stata molto dura e mi pare anche molto puntuale, contestando dalla base la possibilità di usare la legge Antiterrorismo, come il Governo aveva reso noto nei giorni precedenti. È di tutta evidenza, infatti, che i nostri Marò non sono terroristi né pirati ed espletavano su quella nave, in quella zona e in quel giorno funzioni di incarico pubblico e istituzionale a nome del Governo italiano.
  Questo è stato ribadito in modo molto contundente dagli avvocati. Il giudice della Corte suprema si è riservato, dopo uno scambio di valutazioni, di assumere in proprio una decisione sul capo stesso d'accusa, rinviandola a martedì prossimo, 18 febbraio. Ricordo che il Tribunale speciale già istituito, che dovrebbe giudicare eventualmente i Marò, è convocato per il 25 febbraio.
  Il ritorno del Ministro Mauro e del Commissario straordinario De Mistura consentirà una valutazione collettiva del Governo. Ricordo che la struttura che si occupa di questo caso fa capo direttamente al Presidente del Consiglio ed è composta dal Commissario straordinario e dal gruppo dei ministri più coinvolti: il Ministro degli affari esteri, il Ministro della difesa e il Ministro della giustizia. Questo sarà lo schema che rimane titolare delle varie opzioni che sono sul tappeto e che dovranno essere vagliate.
  Nel frattempo, ci pare indispensabile l'accrescere delle pressioni internazionali che abbiamo costruito con grande lavoro e che non erano scontate. Ricordo, infatti, che l'India nutre e coltiva relazioni storiche molto intense con moltissimi partner internazionali. Tuttavia, credo che la presa di posizione pubblica del Presidente della Commissione europea, Barroso due settimane fa a Bruxelles e quella di ieri dell'Alto rappresentante UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza in toni inequivoci siano strumenti importanti da usare. Nella sua reazione, ieri l'Alto rappresentante ha chiarito anche agli altri Stati membri, con cui abbiamo avuto in questi mesi incontri bilaterali a tutti i livelli possibili e immaginabili, che lo stesso utilizzo della legge Antiterrorismo per i nostri due Marò mette in discussione l'intero impianto della lotta alla pirateria così come si è andata configurando nei contributi dei ventotto Stati membri e non solo, posto che la lotta alla pirateria ha contributi di personale e di materiale più estesi dei ventotto, che arrivano anche a livello delle Nazioni Unite, come ben sapete.
  Abbiamo anche avviato un contatto, per quanto riguarda la violazione dei diritti umani per mancanza del capo d'imputazione dopo due anni – peraltro accompagnati da una restrizione della libertà, per cui i due aspetti vanno insieme – con l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, che si è riservata di valutare.
  Devo riconoscere che tutti i ventotto Stati membri hanno avuto reazioni piuttosto positive. Questa vicenda sta mettendo in discussione la partecipazione all'intero sforzo antipirateria che si è dispiegata, in base alle decisioni delle Nazioni Unite, alle leggi europee e a quelle nazionali. L'Alto rappresentante ha parlato di conseguenze enormi proprio perché è in discussione un'intera politica avviata concretamente negli ultimi anni.
  A questo punto, quindi, sono aperte tutte le opzioni sia diplomatiche, che di pressioni politiche e di valutazioni giuridiche perché l'obiettivo non è cambiato affatto e rimane quello del ritorno in dignità dei nostri Marò.
  Ringrazio tutti per i contributi di riflessione che avrete verificato anche dai giornali, in particolare per gli sforzi del Parlamento, di Camera e Senato, della delegazione che ha visitato i Marò proprio perché la situazione è complessa, come ben sappiamo e come non abbiamo mai nascosto, e ogni contributo di idee può essere utile.
  Il Governo, evidentemente, assume delle decisioni sulla linea da seguire in accordo – voglio sottolinearlo – con i Pag. 4Marò e con le famiglie stesse. Questo mi pare un elemento indispensabile nel prosieguo dell'attività politica e anche della linea giudiziaria e giuridica che si vorrà assumere.
  Il Parlamento sarà tenuto informato delle iniziative del Governo. I colleghi parlamentari sono, però, abbastanza esperti da sapere che non sempre è utile rivelare dall'inizio le ipotesi che si stanno vagliando, ma questo mi pare abbastanza scontato.
  Infine, abbiamo aperto anche un dialogo che speriamo maturi velocemente sia in ambito NATO sia in ambito Nazioni Unite vere e proprie, sempre tenuto conto che non è così scontato avere delle solidarietà solide. Avere qualche dichiarazione a volte è più semplice; avere delle solidarietà più solide e solidificate non è proprio sempre così scontato.
  Passo, quindi, alla relazione che brevemente toccherà i vari capi. Il Ministro Mauro è già stato qui la settimana scorsa, quindi evidentemente non mi ripeterò. I colleghi senatori stanno esaminando il «decreto missioni» con le innovazioni che abbiamo portato anche tenuto conto dei suggerimenti e delle richieste a varie riprese sollecitate dal Parlamento.
  A me corre l'obbligo forse di aggiornarvi su due questioni di grande attualità: la Siria e la Libia. Quanto alla Siria, mi riferisco all'intera regione e anche alle responsabilità che si è assunto il nostro Paese.
  Oggi, si sono riaperti i negoziati «Ginevra 2». Nel frattempo, l'Italia ha ospitato la Conferenza internazionale umanitaria il giorno 3 febbraio. Esiste l'ipotesi di presentazione di una risoluzione al Consiglio di Sicurezza proprio sull'umanitario, ma che a oggi vede ancora delle resistenze da alcuni membri del Consiglio di sicurezza, tra cui alcuni dei P5.
  Da Homs sono state evacuate alcune centinaia di anziani. Poco si è raggiunto, invece, circa l'accesso, che pure c’è stato, al campo palestinese di Yarmuk. Sul tavolo della ripresa del negoziato, la proposta di Brahimi è anche quella delle tregue umanitarie o della loro continuazione, che non sempre reggono e, al contrario, mettono veramente a repentaglio anche una serie di operatori umanitari.
  Proprio per le difficoltà sul terreno e non solo per quelle, la consegna del materiale utilizzabile per armi chimiche va avanti con grande lentezza, in particolare il materiale di priorità 1, di cui a oggi, dal porto di Latakia è stato caricato sulla nave danese solo il 5 per cento di quanto stimato dall'OPAC (Organisation for the prohibition of chemical weapons), mentre quasi tutto il materiale di priorità 2, che deve essere smaltito in Germania e in Gran Bretagna, dovrebbe essere quasi alla fine del completamento di carico sulla nave norvegese diretta direttamente in Germania e in Gran Bretagna.
  Nel corso di una riunione dell'OPAC, di cui l'Italia è vicepresidente, come sapete, si è espressa grande preoccupazione sul ritardo della consegna del materiale tossico da parte del regime di Assad, ma a oggi, secondo le ultime informazioni note, solo il 5 per cento del materiale di priorità 1 è stato caricato dalla nave danese.
  Quanto alla Libia, la situazione è sempre più fragile dal punto di vista della sicurezza, come sapete e come si legge su tutte le cronache, ma lo è anche sempre più dal punto di vista politico. In ogni caso, proprio per accelerare una presa di responsabilizzazione complessiva, l'Italia convocherà a livello ministeriale, la Conferenza internazionale sulla Libia il prossimo 6 marzo, ovviamente d'accordo con le autorità libiche, con gli alleati e il gruppo di contatto.
  Pensiamo, però, di estendere la partecipazione a questa conferenza anche a protagonisti dello scenario internazionale non previsti dalla prima conferenza, ma che hanno manifestato il loro interesse a esserci proprio perché riteniamo che la questione Libia non sia bilaterale, ma ben più complessa e complicata. Ormai, si è complicata anche dall'interazione con molti gruppi di dubbia attività di tutta la parte Sahel in provenienza dal Mali, che è stato stabilizzato, ma respingendo dei gruppi jihadisti, che non si sono disciolti nella natura.Pag. 5
  Anche quello della Somalia è una terribile situazione di recesso piuttosto che di avanzamento. Come avete visto, nel frattempo è scoppiato l'altro focolaio nella Repubblica Centrafricana con l'intervento che pure avete visto. L'Italia, però, aveva assunto, in accordo con gli altri alleati e con i Paesi della regione, una posizione più avanzata sulla Libia proprio perché ormai il problema della sicurezza e dell'accesso libero di trafficanti di armi di droga in un territorio che ormai è senza controllo tocca anche i Paesi vicini, dall'Egitto alla Tunisia. Stiamo preparando, quindi, quest'assunzione di responsabilità da parte della comunità internazionale.
  Come forse avrete notato, ho fatto una missione sia in Libano sia a Gibuti. In realtà legato al dossier Siria, credo che Libano e Giordania siano i Paesi più in difficoltà e credo sia interesse di tutti sostenerli. Un'ulteriore fragilizzazione dei Paesi limitrofi non potrebbe che aggravare una situazione già disperata. Credo sia utile tenere presente che quello che sta avvenendo è la più grossa catastrofe umanitaria dei nostri tempi.
  Non è solamente una questione di milioni di persone in movimento, della fragilizzazione della Giordania e del Libano, del peso che assume la Turchia e del nord Iraq, per esempio, ma ormai di stabilità e sicurezza complessive, che ci riguardano e riguardano l'Europa intera.
  Le Nazione Unite, inoltre, considerano oggi che internamente alla Siria almeno una zona comprendente circa 7 milioni di abitanti è difficilmente accessibile. Si stima prudentemente che 250.000 persone sono proprio a livello di impossibilità di sopravvivenza, proprio a partire dal cibo.
  Il punto umanitario deve rimanere in prima linea proprio perché tutti sappiamo che il processo politico, invece, sarà più lungo, molto tormentato. Nell'immediato, però, è assolutamente inaccettabile che si usi lo sterminio per fame o le torture o i bombardamenti sulle code di gente che fanno la fila per il pane, sulle scuole, sugli ospedali, che siano utilizzate nello scontro politico in corso e che abbiamo esaminato insieme moltissime volte.
  Ovviamente, resto a disposizione, ma pensavo di fermarmi qui per dare più tempo alle domande e alle risposte, concludendo con poche parole sull'Afghanistan, una delle missioni su cui siamo più presenti, in un Paese che affronta tra poco una campagna elettorale molto particolare da tutti i punti di vista, che può segnare una svolta o una continuazione e con le tensioni che si sono create per cui l'attuale Governo Karzai a oggi non è disponibile a firmare il DSA, il che complica una serie di sviluppi successivi.
  Il nostro contingente in Herat è oggetto di grande apprezzamento da parte della popolazione. Allo stesso modo, voglio sottolineare che ho trovato grandi apprezzamenti sulle nostre prestazioni militari in ambito UNIFIL in Libano. Ho saputo che il collega Artini, mi pare, ha visitato recentemente UNIFIL, come credo anche altri. Grande apprezzamento ho ricevuto da tutte le autorità, per la presenza dei nostri militari anche nella base di Gibuti.
  Rimango a disposizione per approfondimenti anche su altri dossier.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Bonino. Procederemo come al solito, dando la precedenza a un intervento per gruppo e poi a tutti gli altri colleghi che vogliono parlare.
  Do, quindi, la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIAN PIERO SCANU. La delicatezza di questo argomento ci impone un rigore etico assoluto, che sia capace anche di governare certe tentazioni all'incontinenza politica che talvolta si manifestano.
  Stiamo parlando – sia relativamente alla questione dei fucilieri, sia per quanto riguarda le missioni internazionali – del destino di uomini e donne, sempre più spesso di vecchi e bambini, che subiscono ingiustizia a tutte le latitudini, per cui cercherò, signora Ministro, di sviluppare una mia breve considerazione, pregando Lei e i colleghi che avranno la cortesia di ascoltarmi di ritenere che in questa vi è, direi in maniera ontologica, un sacrale Pag. 6rispetto delle persone di cui implicitamente si parla.
  A molti, come verifichiamo anche leggendo i giornali, sopravviene la tentazione di rimettere in discussione la nostra partecipazione alle missioni fino a quando non dovesse essere risolta la vicenda incredibile dei fucilieri. Comprendo questo tipo di reazione, ma non la condivido perché non credo che si debba aggiungere male al male.
  Le nostre non sono missioni offensive. Hanno – o, comunque, dovrebbero avere e io penso che effettivamente abbiano – ben altra funzione. Tuttavia, è intollerabile, signora Ministro, che in due anni il nostro Paese non sia riuscito a trovare una via d'uscita che potesse portarci a una soluzione diversa rispetto a quella alla quale stiamo andando incontro.
  Lei, con l'onestà intellettuale che La contraddistingue, nel concludere l'informativa sui Marò, ha affermato che non Le pare di poter vedere solide solidarietà.

  EMMA BONINO, Ministro degli affari esteri. Ho detto esattamente l'inverso.

  GIAN PIERO SCANU. Se ha detto l'inverso, mi assumo la responsabilità di dichiarare che non vedo nessuna solida solidarietà. Se, infatti, le solidarietà fossero state solide, non avremmo subìto l'onta di vedere accusati di terrorismo due nostri militari, che erano su quella nave per combattere i terroristi. Non avremmo subìto l'onta di dover confortare due nostri connazionali, peraltro avendoli trovati in condizioni fisiche non eccellenti, senza offrire loro una via d'uscita.
  Penso che sia arrivato il momento di operare una scelta drastica, di rivolgerci a coloro che, a Suo giudizio, come alleati ci offrirebbero solide solidarietà per fare in modo che possa esprimersi questa solidità. Più passano i giorni, più la situazione si sta ingarbugliando.
  Per quanto riguarda il nostro gruppo e il nostro partito, non cederemo a quella che non è neppure una tentazione. Mi riferisco all'eventualità di modificare il nostro atteggiamento relativamente alle missioni internazionali. Sia chiaro, però, che da quei Paesi che hanno anche originato un certo tipo di presenze internazionali e rispetto ai quali storicamente il nostro Paese ha mostrato nella concretezza dei fatti di farsi carico di tutte le problematiche, noi ci aspettiamo risposte diverse.
  Conoscendo la Sua credibilità e la Sua autorevolezza sul piano internazionale, ci permettiamo di sollecitare il Suo tramite perché – ferma restando la libertà di negoziare in maniera carsica, come il caso potrebbe suggerire – ci sia un'inversione di tendenza. Giammai avremmo potuto immaginare di vedere i nostri due fucilieri accusati di terrorismo. Che sia stata eliminata l'eventualità di una condanna a morte non cambia il tipo di condanna sia morale sia politica.

  LUIS ALBERTO ORELLANA. Ringrazio il Ministro per la sua illustrazione. Vorrei fare qualche considerazione sempre legata al caso che forse in questo momento ci appassiona, ci preoccupa tutti di più, quello dei due fucilieri di Marina, Girone e Latorre.
  Direi che tutti gli interventi di internazionalizzazione compiuti devono sicuramente continuare e approfondirsi. Lei ha accennato, in ambito NATO e ONU, a una solidarietà che però è forse solo verbale, e anche in Europa effettivamente sia Barroso sia l'Alto rappresentante Ashton si sono espressi. Forse, però, bisognerebbe oramai anche pensare a minacce di ritorsione di tipo commerciale.
  Mi riferisco, per esempio, alle considerazioni di Tajani, considerando che l'Unione europea è il principale partner commerciale dell'India. Oramai, credo che la situazione stia arrivando a un momento in cui le decisioni più dure devono essere prese in considerazione in tutti i loro aspetti.
  Per quanto riguarda la violazione dei diritti umani, concordo pienamente, ma non so fino a che punto ci aiuti il fatto che il responsabile dei diritti umani dell'ONU, la signora Pillay, sia di origine indiana. Tuttavia, lasciamo questo sospetto.Pag. 7
  Tornando alla situazione in India, mi domando quanto possiamo seguitare a credere alle promesse indiane che in passato sono state quelle di un processo fast and fair – veloce e giusto – cosa che non sta avvenendo, e senza il rischio di pena di morte, che sembra teoricamente scongiurato. L'applicazione del SUA Act non può produrre assolutamente un processo giusto in quanto già il fatto che si richieda l'inversione della prova, per cui i nostri fucilieri devono dimostrare di essere innocenti, è una follia giuridica. Già questo fa capire che forse stiamo pagando duramente l'opzione italiana di aver scelto di difenderci nel processo e non dal processo.
  Porrò una considerazione in maniera trasparente. Da una parte, forte è la tentazione che quell'opzione ha e che in parte condivido. Dall'altra, tento un ragionamento in senso opposto: forse l'Italia potrebbe essere più pragmatica e, anziché continuare a difendersi nel processo sperando che la perizia balistica – come si è detto – scagioni gli imputati, si potrebbe arrivare in tempi ragionevoli a un'altra soluzione. Su questo, vorrei capire a quale strada sta pensando l'Italia anche da un punto di vista giuridico.
  Lei ha parlato, inoltre, di ritorno con dignità dei due Marò. Loro ci hanno sempre chiesto un ritorno con onore. Mi auguro che stiamo dicendo la stessa cosa. Dobbiamo rispettare profondamente il loro desiderio.
  Infine, sulla Libia, ho sentito che ci sarà, in Italia, la Conferenza internazionale e questo è importante. Le ricordo – per quanto ci consta e ce lo ha ricordato il rappresentante permanente presso il COPS (Comitato politico e di sicurezza) dell'Unione europea – che la Libia non ha mai firmato la Convenzione ONU del 1951, relativa allo status dei rifugiati. Non so se sia nell'agenda, ma credo che vada assolutamente chiesto. È un Paese investito da flussi di migranti e deve offrire delle garanzie in tema di diritti umani in tal senso.

  ELIO VITO, Presidente della IV Commissione della Camera. Anch'io voglio ringraziare il Ministro Bonino, non formalmente, per la disponibilità che ha mostrato in questa sede e in altre occasioni nei confronti del Parlamento.
  Credo che dovremo tornare anche sulla parte riguardante le missioni internazionali per ricevere gli aggiornamenti necessari quando il decreto-legge verrà in questo ramo del Parlamento – penso, ad esempio, alla situazione in Afghanistan – per evitare che questo esploda in Aula con manifestazioni e forme di dibattito poco utili alla necessità che il Parlamento, invece, ha di comprendere la realtà della situazione.
  Mi riferisco, Ministro – naturalmente La ringrazio anche per avere iniziato con questo, comprendendo le esigenze di conoscenza – al bisogno di corrispondere a una partecipazione dell'opinione pubblica odierna alla vicenda dei nostri due fucilieri di Marina.
  Farò brevemente tre osservazioni. Anzitutto, non c’è dubbio che a partire dall'udienza di ieri sia stata superata – dal mio modesto punto di vista, ma anche da quello della delegazione che si è recata a Delhi- la famosa linea rossa più volte tratteggiata.
  Indipendentemente, infatti, dalla decisione che prenderà il 18 febbraio la Corte suprema, già il fatto che il rappresentante dell'accusa, che rappresenta un'autorità istituzionale politica anche dell'India, ossia il Governo indiano, abbia formulato questa ipotesi d'imputazione è per il nostro Paese inaccettabile. Lo ha detto Lei e lo ha detto anche il Presidente del Consiglio con un tweet ieri mattina. Tutti annunciano iniziative che ora noi vogliamo vedere. Vogliamo vedere lo spirito di collaborazione che il Parlamento ha mostrato su questa vicenda, che credo dia una grande forza al Governo.
  Credo, infatti, che un Governo che ha dietro di sé e al suo fianco un Parlamento unanime, sia più forte nelle relazioni internazionali, sul piano politico, giuridico e istituzionale. Pensate se invece su questo aspetto avessimo un Parlamento diviso, che si scaglia contro il Governo.Pag. 8
  Al di là della polemica politica a volte presente, mi pare che su questo caso sia stata costruita una preziosa unità del Parlamento che, come mi piace ricordare, è stata plasticamente utilizzata dal Governo e manifestata con l'ordine del giorno approvato all'unanimità dalla Camera nel corso dell'esame del precedente decreto-legge di proroga delle missioni internazionali. Vengo quindi all'attualità quando il Governo, tramite il Segretario generale della Farnesina, ambasciatore Valensise, ha potuto convocare immediatamente il rappresentante del Governo indiano e consegnargli quell'ordine del giorno a testimonianza dell'unità d'intenti.
  In quell'ordine del giorno c'era già tutta la nostra linea. Vi era la soluzione secondo le norme del diritto internazionale, lasciando naturalmente al Governo la strada da scegliere sulla base di un'indicazione del Parlamento. Vi erano le iniziative per l'immediato rientro dei due fucilieri di Marina.
  Questa mi pare sia la linea che il Parlamento ha dato, che il Governo, d'altra parte, condivide. L'ordine giorno era stato espresso, infatti, con parere favorevole del Governo e quella è la linea che confermiamo: soluzione secondo norme del diritto internazionale e iniziative per l'immediato rientro, con onore, secondo l'ordine del giorno. E io so quanto tale atto sia stato apprezzato anche dai familiari e lo abbiamo riscontrato anche dai fucilieri di Marina.
  Ci aspettiamo, quindi, che da qui al 18 febbraio o anche prima, dalle dichiarazioni e dai tweet si passi alle iniziative. Ripeto che la linea rossa è stata già superata con la richiesta del capo d'imputazione, ferma restando la fiducia che bisogna sempre avere nella giustizia, anche in quella indiana. Per carattere, sono sempre ottimista, ma non è questo il punto.
  Dal punto di vista del nostro Paese e del Governo italiano, la linea rossa è stata superata, è accaduto qualcosa di inaccettabile. È stato richiesto un capo d'imputazione che di fatto colloca i nostri militari, che stavano operando nell'ambito di una missione internazionale, sul fronte dell'appartenenza alla pirateria internazionale o, addirittura, al terrorismo internazionale e che, quindi, colloca il nostro Paese, tramite loro, su un fronte del tutto inaccettabile.
  Servono, dunque, iniziative concrete. Giustamente, Lei ci ha detto che attende il rientro del Ministro Mauro e che si riunisca la cabina di regia presieduta dal Presidente del Consiglio. Siamo fiduciosi che questo avvenga. Cos'altro, però, può fare il Parlamento ? Ci stiamo inventando un ruolo e continueremo ad assumere le nostre iniziative, ma c’è il nuovo decreto-legge di proroga delle missioni internazionali.
  Capisco le osservazioni dell'onorevole Scanu in rappresentanza del gruppo del Partito Democratico, ma la volta scorsa, nell'ambito dello stesso provvedimento, discutendo con il Ministro Mauro, era emersa anche la necessità – che in qualche misura ieri mi pare che l'Alto rappresentante abbia fatto balenare – che il nostro Paese in questo momento valuti se non sia il caso, a partire dalla scadenza del prossimo decreto, quanto meno con riferimento alla missione internazionale anti-pirateria, se sia giusto, corretto e opportuno o meno proseguire in questo quadro di relazioni internazionali.
  Poiché siamo abituati ad assumere iniziative parlamentari in qualche misura coordinate con le relazioni del Governo, su questo è necessario avere l'opinione del Governo, che potrà essere espressa in questa sede o più avanti. Ora il decreto-legge è al Senato, ma credo che, come la volta scorsa abbiamo raggiunto un'unanimità sulla linea politica e giuridica da indicare al Governo, questa volta sarà difficile che il Parlamento non si esprima anche nel merito della partecipazione dell'Italia a questa missione.
  Fortunatamente, anche per la saggezza del presidente della Commissione difesa del Senato, è stato spostato il termine per la presentazione degli emendamenti al decreto-legge sulle missioni internazionali, a dopo la pronuncia del 18 febbraio, ma Pag. 9il decreto-legge andrà in Assemblea e poi verrà alla Camera, per cui bisogna conoscere l'orientamento del Governo.
  Lei sa che ormai cominciamo a ritenere necessarie queste iniziative non in via ritorsiva o punitiva, ma proprio per l'utilizzo delle giuste cautele rispetto a un diritto internazionale che non viene applicato dai Paesi che andiamo, tutto sommato, a proteggere.

  EMMA BONINO, Ministro degli affari esteri. Per evitare eventuali altre ambiguità, vorrei fare una precisazione. Come è noto, non solo siamo in diretta, ma quest'audizione è seguita con molta attenzione da molti e non solo italiani. Voglio chiarire che ho detto e ribadisco, per quanto mi riguarda, che lo sviluppo più recente degli ultimi mesi di questa situazione è l'acquisizione di una solida alleanza internazionale.
  Ricordo che fino a non troppo tempo fa, in altre epoche, agli stessi passi fu risposto sostanzialmente che si trattava di una questione bilaterale tra Italia e India. Voglio solo segnalare che l'acquisizione di un'assunzione di responsabilità dell'Unione europea in quanto tale e non solo è una posizione solida che va usata. Lo segnalo anche come dato di novità. Fino a tempi non troppo lontani fu risposto che ci si augurava che bilateralmente si risolvessero le cose.

  DOMENICO ROSSI. Signor Ministro, grazie delle delucidazioni e delle spiegazioni che ha fornito. Al di là del fatto che condivido tutte le riflessioni dei colleghi, mi sono chiesto come sia possibile accusare di terrorismo due persone e, nel contempo, pensare che indirettamente non si accusi uno Stato terzo di terrorismo.
  Ho provato a mettermi dall'altra parte, sotto certi punti di vista, e l'unica risposta presumibilmente plausibile che mi sono dato è quella che non si riconoscono Massimiliano e Salvatore come soldati. Solo, infatti, se non si riconoscessero come soldati può essere individuata una ratio nel comportamento dell'India.
  Pongo questa considerazione per due ordini di motivi. Anzitutto, mi sembra che esistano i presupposti per poter affermare in qualsiasi consesso che, tenuto conto anche del fatto che al momento dell'arresto i nostri Massimiliano e Salvatore indossavano un'uniforme, non può essere negato che gioco forza ne derivi un'accusa indiretta anche al Paese come terrorista.
  Richiamando, inoltre, un discorso fatto in altre sedi, se qualcuno può permettersi di accusare dei soldati nonostante una manifesta situazione, evidentemente siamo di fronte a un quadro che non ha più regole certe per i nostri soldati.
  Questi due fatti, in particolare quest'ultimo, meritano un particolare approfondimento da parte del Parlamento e del Governo nei momenti e nelle sedi opportune, adesso o in una fase successiva laddove si pensi che ciò possa creare delle negatività nel processo in corso.
  Come secondo aspetto, concordo con Lei sul fatto che, anche in base a quanto ci hanno detto a Delhi gli ambasciatori dei Paesi accreditati, ci sia una diversa sensibilità di carattere internazionale. Finalmente il caso è passato dall'essere la vicenda dei due soldati a una situazione che investe i rapporti non solo tra Italia e India, ma anche la posizione di tutti i Paesi interessati a certe politiche di sicurezza e di difesa nel mondo.
  Le tre opzioni o direttrici sul tavolo sono: l'arbitrato internazionale; chiarire che l'India non ha competenza giurisdizionale, tenendo conto che i fatti si sono verificati a 23,5 miglia dalla costa; infine, le immunità funzionali. A questo proposito gradirei sapere se si intendano portarle avanti tutte e tre e insieme, in maniera separata, oppure proporle nell'ambito di consessi internazionali diversi o contestuali.
  Laddove il 18 febbraio la Corte Suprema dovesse confermare il quadro accusatorio, avvalendosi del SUA Act, ancorché senza pena capitale, ritengo che molte persone, oltre a me, quella stessa sera vorranno sapere come si concretizzeranno queste tre direttrici. Vorranno, cioè, conoscere sia le modalità sia i tempi con cui l'Italia si presenterà in questi consessi, Pag. 10forte anche della solidarietà internazionale, per far valere le proprie ragioni.
  A titolo informativo – di questo sono avvisati sia il presidente Vito, sia il presidente Romani – io faccio parte della delegazione OSCE che si riunisce nei prossimi giorni a Vienna. Coglierò l'occasione per portare anche su quel tavolo le nostre questioni, in vista di un'eventuale risoluzione da parte dell'Assemblea parlamentare di aprile.

  MAURIZIO GASPARRI. Condivido pienamente il taglio dell'intervento iniziale dell'onorevole Scanu perché, pur nel contenimento del linguaggio e delle parole, ha espresso valutazioni di grande fermezza.
  Ringrazio i presidenti delle Commissioni per aver assunto quella iniziativa unitaria del Parlamento che credo abbia dato forza a tutto il dibattito nel Paese e anche per gli incontri istituzionali che poi abbiamo avuto. Credo che non solo l'avvicinarsi delle scadenze giudiziarie, ma anche quella nostra iniziativa abbiano determinato un impegno maggiore e ho apprezzato il fatto che il Ministro della difesa si sia recato a Delhi in concomitanza con le ulteriori udienze.
  Io auspico, Ministro Bonino, che lo spirito combattivo che ha caratterizzato il suo pluriennale impegno sul tema dei diritti in Italia e nel mondo possa estrinsecarsi in maniera incisiva. Ho apprezzato le dichiarazioni degli ultimi giorni, ma francamente si poteva fare e dire di più. Mi auguro, quindi, che ci sia una progressiva intensificazione anche del Suo impegno, perché ne ha tutte le caratteristiche e l'esperienza.
  Voglio aggiungere che il Parlamento convertirà in legge questo ennesimo provvedimento sulle missioni internazionali, ma ritengo che nel passaggio parlamentare debba emergere con chiarezza, come hanno già detto altri colleghi, una posizione del nostro Paese in cui si esiga non solo l'internazionalizzazione, ma anche una pressione per giungere a una conclusione. Non aggiungo considerazioni sull'applicazione del SUA Act e su tutte le altre questioni che sono state già sollevate e che condivido. Per quanto mi riguarda, però, e me ne faccio carico a titolo personale senza impegnare nessuno, anche nella conversione parlamentare si deve cominciare a dire, prima al Senato e poi alla Camera, che l'Italia si attende una pressione solidale e risolutiva da parte della comunità internazionale.
  Noi partecipiamo in tanti contesti e abbiamo dato un contributo superiore a quella che è la dimensione economica del nostro Paese sotto tutti i profili, a partire dai costi umani, dalle vittime. Poiché quella iniziativa rientra, come è stato detto, in questo contesto, io auspico una determinazione crescente da parte del Governo, mentre nell'ambito del dibattito parlamentare – è un appello che faccio a me stesso, anche se qui ci sono tanti colleghi che hanno sentimenti analoghi ai miei – esorto a dire in sede di assemblee parlamentari ciò che va detto ai nostri partner affinché si passi a una fase risolutiva.
  Dopo di questo si procederà in Italia, ci sarà il Tribunale del mare, si andrà presso sedi internazionali o quel che sarà. I fatti vanno accertati e noi non abbiamo mai negato la necessità di tale accertamento. Non possiamo però rimanere eternamente prigionieri della campagna elettorale indiana. Tutti sappiamo come stanno lì le cose: chi è di origine italiana deve limitarsi perché rischia di essere accusato di collegamenti con il nostro Paese, mentre chi vuole arrivare al governo deve dimostrarsi portatore di istanze nazionaliste. Questo spettacolo si è protratto troppo a lungo e non aggiungo altri giudizi sull'India perché vogliamo evitare di complicare le cose.
  Un giorno o l'altro anche questo dovrà però cessare.

  SERGIO DIVINA. Ringrazio il Ministro. Mi soffermerò solo sulla questione dei Marò.
  Lei ha ragione a dire che ci siamo trovati soli per troppo tempo e forse con un po’ di ritardo l'Unione europea ha abbracciato le sue responsabilità. L'operazione Pag. 11«Atalanta» si realizza in parte sotto l'egida dell'Onu, ma sostanzialmente sotto l'egida dell'Unione europea.
  Ho fatto uno sforzo di memoria per trovare un caso analogo perché la comunità internazionale, come giustamente ha detto Lei, ha scaricato sul nostro Paese la questione come se effettivamente si trattasse di rapporti bilaterali. Circa dieci anni fa un aereo americano in Trentino tranciò i cavi di una cabinovia e provocò un ingente numero di morti italiani e non solo. Gli americani in quella situazione rivendicarono il diritto di processare i propri militari in quanto militari americani in missione in un Paese alleato, facente parte della NATO. L'Italia recepì questa istanza perché altrimenti si sarebbe aperta una questione di carattere internazionale.
  Oggi gli americani sono fuori gioco ma, poiché dobbiamo usare tutti gli strumenti e tutte le pressioni nei confronti del Governo indiano affinché la questione prenda il giusto binario e poiché questi casi sembrano quasi sovrapporsi per analogia, io dico di chiamare in causa gli stessi americani che ebbero dall'Italia il beneficio del riconoscimento della sovranità giurisdizionale americana in caso di missione militare in un Paese estero.
  Lei dice che abbiamo bisogno di agire con tutti gli strumenti e con tutti i mezzi per fare pressione sui media e sulla diplomazia internazionale. Ebbene io non trascurerei gli americani come se fossero completamente avulsi dalla questione.

  EDMONDO CIRIELLI. Non mi dilungherò e non ritornerò sulle tante cose più volte dette sulla vicenda dei Marò. Mi fa piacere che il Ministro abbia accolto ciò che in questi mesi abbiamo sostenuto un po’ tutti. Auspichiamo che dalle parole derivino anche fatti concreti.
  Questa vicenda ci fa tornare sul discorso delle missioni internazionali. L'Italia spende molti soldi per partecipare a queste missioni. Abbiamo sempre ritenuto, anche per la cultura del nostro Paese, che crede nel multipolarismo e nelle organizzazioni internazionali, che sia necessario partecipare ai processi di stabilizzazione, di pace e di lotta al terrorismo internazionale. Per questo riteniamo assolutamente condivisibile questa impostazione. D'altro canto è notorio che le truppe italiane sono quelle che riescono a ottenere i maggiori risultati in maniera universale. È quindi giusto contribuire, avendo maggiori capacità, alla pace e alla sicurezza nel mondo.
  La vicenda dei due Marò si innesta, però, nella questione delle missioni internazionali, soprattutto quelle che ci vedono impegnati nell'Oceano indiano, tra il Golfo di Aden e il Corno d'Africa. Queste non sono soltanto le missioni da cui indirettamente discende questa grave vicenda. Sono anche missioni che portano grande beneficio all'India, che è una delle grandi potenze economiche del mondo e che nell'Oceano indiano ha interessi maggiori di altri Paesi per un fatto logico di coste e di geografia.
  Da questo punto di vista l'Italia dovrebbe essere fermissima. Vedo, tuttavia, che le operazioni «Ocean Shield» e «Atalanta» sono ancora comprese nel provvedimento. Stando così le cose, come già avevamo accennato, non potremo votare il decreto. Peraltro, come abbiamo già ribadito tante volte, mettere insieme tutte le missioni rappresenta una défaillance. È un errore perché ci sono missioni che alcuni gruppi appoggiano e altri no, ed è sbagliato costringerli a votare contro. Nella fattispecie noi riteniamo che l'Italia, senza una soluzione immediata della vicenda internazionale dei nostri Marò sequestrati in India, debba abbandonare la propria partecipazione attiva a tali missioni.
  Come ripeto, non potremo votare il decreto di rifinanziamento delle missioni internazionali se si prevede di mantenere le missioni nell'Oceano indiano e nel Corno d'Africa.

  PIA ELDA LOCATELLI. A me era parso subito chiaro dall'intervento della Ministra che si parlasse di obiettivo raggiunto in termini di solidarietà internazionale perché ci ha detto che è stata costruita e che non era scontata. È un dato da sottolineare Pag. 12positivamente. Se qualcosa è da rimproverare non alla Ministra Bonino, bensì forse al suo predecessore o forse al Governo, è che non si è partiti subito a costruire questa solidarietà internazionale. Questo è il problema di cui dobbiamo essere consapevoli. Ci sono stati degli errori iniziali e il più grave secondo me è questo. Poi però mi pare che si sia posto rimedio e siamo contenti che Lady Ashton ora parli di conseguenze enormi. Va benissimo così.
  L'importante adesso è rimanere tutti uniti per conseguire il risultato positivo, cioè riportare a casa con onore i nostri Marò. Credo però che noi, e non il Governo, dobbiamo tenere presente che non è sempre il caso di rivelare i percorsi che si stanno perseguendo. Diversamente si dà in mano alla nostra controparte, che in questo caso è l'India, la possibilità di sventare la costruzione che stiamo facendo. Mi sembra così elementare che quasi mi vergogno a dirlo.
  Detto questo, rimane aperto il problema all'origine e cioè la catena di comando, cosa che riguarderà anche le future missioni. Non lo sapevo, ma ho sentito l'ex Ministro della difesa La Russa, al quale sono state imputate le responsabilità, dichiarare che era contrario alla presenza dei militari sulle navi civili. Mi è parso bizzarro perché, se il Ministro della difesa di allora si fosse opposto, non sarebbe successo. Se non ho capito male e se le fonti sono attendibili, pare che fosse contrario alla presenza di militari e non di contractor. Al di là di questa posizione, il tema va comunque affrontato e chiarito.
  Per quanto riguarda invece la Libia, la situazione sta diventando sempre più difficile, non solo fragile, sia sul piano della sicurezza sia sul piano della politica. Sono molto contenta che siamo noi i promotori di questa Conferenza ONU che si farà all'inizio di marzo. Anche questa iniziativa deve essere accompagnata da un contesto internazionale di collaborazione e di attenzione, ma io non riesco a vedere la way out.
  Un ultimo tema che mi sta molto a cuore è quello dell'Afghanistan. Stanno succedendo cose brutte in Afghanistan, con particolare riguardo alle donne. Recentemente una modifica del codice di procedura penale che vieta ai parenti delle vittime di testimoniare nei processi rende di fatto impossibile perseguire i casi di violenza contro le donne. È un esempio, ma se ne ripetono altri.
  Noi abbiamo un'occasione. Dobbiamo predisporre all'interno della missione in Afghanistan il piano nazionale previsto dalla risoluzione ONU n. 1325, la risoluzione che chiede di sostenere il ruolo delle donne nei processi di costruzione della pace. Nell'ambito della missione in Afghanistan dobbiamo inserire questo piano. Ce lo hanno chiesto le donne afgane che sono venute qui in Parlamento a dirci di restare nel loro Paese e di lavorare su questo.
  Karzai si rifiuta di firmare e io spero che si rifiuti di firmare anche la legge relativa alla modifica del codice penale. Siccome però le nostre missioni all'estero sono diventate piuttosto speciali per la loro parte civile, credo che dappertutto, ma in particolare in Afghanistan, questa parte debba essere enfatizzata con un'attenzione particolare alle tematiche di genere.

  MARIA MUSSINI. Grazie, signor Ministro. Sarò brevissima. Torno per un momento alla questione della Siria.
  Ho avuto l'occasione di visitare il campo profughi di Zaatari in Giordania e la settimana scorsa i campi che si trovano in Turchia. La situazione attuale indubbiamente costituisce un'emergenza sotto tutti i profili, vista anche l'estrema difficoltà ad aiutare non solo coloro che sono usciti dalla Siria, ma anche coloro che in Siria sono rimasti. Io voglio farmi portavoce in particolare della prospettiva che è stata avanzata anche dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite circa il rischio che si crei una lost generation.
  Vorrei che l'azione della cooperazione italiana potesse insistere e spingere il più possibile affinché da parte di tutti gli Stati possa venire una risposta organica e forte per offrire interventi educativi a questi bambini e ragazzi, in modo che non vedano Pag. 13pregiudicato il loro futuro una volta che dovesse essere risolto il conflitto.
  A questo proposito chiederemmo un maggiore coinvolgimento anche degli Stati non direttamente interessati per vicinanza. Ci sembra arrivato il momento che tutti gli Stati europei diano il loro contributo al fine di agevolare i ricongiungimenti familiari e accelerare le procedure di asilo, così che possano essere ricostituiti, là dove possibile, i gruppi familiari e si possano aiutare queste generazioni, altrimenti compromesse.
  Sappiamo che il Consiglio europeo di giugno sarà cruciale anche per il tema legato ai flussi migratori. Speriamo davvero che la materia venga affrontata in modo tale che gli altri Paesi dell'Unione, e non solo quelli che affacciano sul Mediterraneo, siano resi responsabili e partecipi di tutto il processo che riguarda i flussi migratori.

  CLAUDIO FAVA. Molto brevemente, chiederei per prima cosa al Governo di adoperarsi in tutti i modi per riportare a casa i nostri due Marò, ma a prescindere dall'onore. Eviterei che questa torsione un po’ retorica diventi la bandiera che sventoliamo in faccia al Governo indiano. Io credo che dovere nostro e diritto di questi soldati sia quello di rientrare in patria. Eviterei di utilizzare questa parola perché si adatta poco alle cose che sono accadute.
  Oggi abbiamo la necessità – è la mia opinione – di tutelare il rispetto della dignità umana di questi due soldati – che è cosa diversa dall'onore per dei soldati, Ministro – e la loro incolumità. Mi sembra che alzare la temperatura del confronto assumendolo come una contrapposizione fra orgogli patriottici tra noi e l'India non serva alla causa di questi due soldati, che vanno riportati in patria il più rapidamente possibile, naturalmente integri.
  Come secondo punto, signor Ministro, vorremmo, ma non in una logica di ripicca sulla missione nell'Oceano indiano e sulla vicenda dei Marò, che tutte le missioni venissero sottoposte alla valutazione di questo Parlamento, una per una. Lo consideriamo un atto di potabilità politica democratica. A me non interessa votare contro la missione indiana perché non ci sono stati restituiti i Marò. Io vorrei poter discutere la missione in Afghanistan ed esprimere un giudizio articolato e complesso, diverso da quello che esprimerò su altre missioni.
  Per esempio, la nostra posizione sulla prosecuzione sotto diverse forme della missione in Afghanistan, per quanto diceva la collega Locatelli, per un collasso democratico di quel Paese, per un bilancio abbastanza negativo che facciamo della missione in cui siamo stati impegnati fino adesso, non vedrebbe un nostro voto favorevole. Al tempo stesso pensiamo che ci siano altri campi di impegno sui quali l'Italia deve e può fare la propria parte.
  Il Viceministro Pistelli in Aula qualche mese fa si era formalmente e un po’ scolasticamente impegnato – anche lì con un eccesso di retorica, cercando di fare da piccolo maestro a un Parlamento irrequieto – spiegando che quello sarebbe stato l'ultimo caso in cui si chiedeva un voto «da supermercato», prendere o lasciare.
  Le chiediamo se sia possibile sussumere il senso di quella discussione e provare a proporre a questo Parlamento, assumendosene la responsabilità questo Governo, di valutare caso per caso, missione per missione.

  PAOLO BERNINI. Nel Suo intervento la Ministra ha affermato di essere stata a Gibuti. Per questo vorremmo sapere se ha visitato solo la nostra prima base militare all'estero o anche il Paese. Nel caso in cui abbia fatto entrambe le cose e abbia preso coscienza della situazione sociale e politica dello Stato di Gibuti, vorremmo sapere cosa ne pensi della disposizione approvata a dicembre nel decreto-legge di proroga delle missioni con la quale l'Italia ha regalato quattro autoblindo, del valore di 200.000 euro, allo Stato gibutiano.

  DANIELE DEL GROSSO. Ministro, visto che la nostra iniziativa di recarci in India per visitare i nostri due Marò è stata ben accolta da parte di questo Parlamento Pag. 14e siamo riusciti a ottenere una missione congiunta di Camera e Senato con la partecipazione di tutti i partiti politici, le faccio una nuova proposta. Del resto, in questo caso le idee sono ben accette.
  Se davvero c’è l'intenzione di internazionalizzare questa vicenda, le chiedo se sia possibile recarsi davanti agli Stati membri europei e agli Stati Uniti d'America, che hanno anch'essi un problema con l'India, e domandare l'immediato ritiro di tutti gli ambasciatori che si trovano attualmente in India. Questa è vera pressione internazionale. Solo in questo modo riusciremmo a far sentire all'India che peso ha la comunità europea nella politica internazionale.
  Per quanto riguarda invece il «decreto missioni», mi sembra ovvio che, se non siamo in grado di riportare i nostri due Marò in Italia nel più breve tempo possibile, non siamo nemmeno in grado di finanziare missioni di pace all'estero che vedano coinvolti i nostri militari. Il fatto è che non siamo in grado di garantire la loro incolumità.

  CRISTINA DE PIETRO. Vorrei ritornare a Ginevra 2 e all'assai difficoltosa ricerca di una soluzione al conflitto siriano. Recentemente Jean-David Levitte, che è stato consigliere diplomatico di Chirac e Sarkozy, ha ricordato che il conflitto in Cambogia, un conflitto forse ancora più drammatico di quello siriano poiché ci fu un genocidio di enormi proporzioni, fu affrontato con una negoziazione continua a tre livelli, coinvolgendo contemporaneamente sia elementi della società civile, sia livelli intermedi, sia livelli della comunità internazionale.
  È stata presa in considerazione anche la possibilità di cambiare metodo di negoziazione ?

  PRESIDENTE. Ringrazio i colleghi e do la parola al Ministro Bonino per la replica.

  EMMA BONINO, Ministro degli affari esteri. Grazie, colleghi. Ho preso una serie di appunti, spero più o meno ordinati. Esaurirò prima le questioni non direttamente attinenti al caso dei fucilieri, lasciando nella replica un capitolo relativo ai nostri Marò.
  Innanzitutto, per quanto riguarda l'ultima proposta di legge penale afgana, che Karzai ancora non ha firmato, ci stiamo muovendo non solo in sede bilaterale, ma anche con tutti gli alleati proprio per la gravità che quella legge presenta per quanto riguarda le violenze, tra cui quelle domestiche, in particolare nel momento in cui impedisce ai parenti sia di denunciare sia di testimoniare. Cominciano anche a uscire informazioni di stampa. Credo che ci stiamo muovendo con grande sintonia per evitare almeno la firma di Karzai, che la renderebbe operativa, come la collega Locatelli sicuramente sa.
  Sul post-Karzai, faremo una discussione che riguarderà il dopo 2014, ma oggi rimane il fatto che è persino difficile discutere perché manca la base iniziale, cioè l'eventuale firma dell'accordo tra Stati Uniti e Afghanistan. A oggi viene difficile pensare e organizzarsi sia per restare sia per venire via. Come sapete, il graduale ritiro delle forze è un'operazione molto complessa. Dato anche il territorio interessato, ritirare le forze e i materiali è un'operazione molto complicata e molto costosa.
  Bisogna organizzare molto bene anche il percorso, capendo attraverso quali Paesi uscire.

  PRESIDENTE. Talora è anche pericoloso.

  EMMA BONINO, Ministro degli affari esteri. È pericoloso. I convogli, per esempio, hanno un valore economico importante e devono essere scortati perché potrebbero essere attaccati in qualunque momento. Il ripiegamento o il ritiro sono davvero operazioni molto complicate, che necessitano tempi di preparazione e di organizzazione. In particolare, se la missione militare dovesse essere sostituita da una presenza civile molto cospicua, le cose si complicherebbero ulteriormente. Ogni giorno che passa l'organizzazione diventa più difficile non solo in ambito bilaterale, Pag. 15ma anche, a livello internazionale, con gli altri alleati.
  Per quanto riguarda Gibuti, rassicuro il collega Bernini. Conosco Gibuti e lo frequento perlomeno dalla prima conferenza contro le mutilazioni genitali femminili del 2005, ripetutasi nel 2007. È un Paese che conosco bene, non fosse altro perché l'influenza di Gibuti e di tutti i profughi che da Gibuti passano nello Yemen, con tutto quello che questo ha significato in termini di sicurezza eccetera, è presente alla comunità internazionale.
  Proprio per questo non sottovaluterei i problemi di sicurezza di Gibuti, che è in una posizione geo-strategica su cui confluiscono tutti quanti per passare altrove. Le valutazioni possono essere diverse, ma la prego di non sottovalutare il problema vero di sicurezza che ha lo stesso Gibuti.
  Per quanto riguarda Zaatari, l'Unione europea – e noi per quanto possiamo – è il più grande donatore di aiuti umanitari e Zaatari è uno dei campi più accessibili. Lei lo ha visitato e avrà visto che, rispetto ad altri campi profughi di antica memoria, è un campo molto ordinato e seguito dal punto di vista strutturale. I dolori umani non sono rimediabili, ma dal punto di vista infrastrutturale e di distribuzione di cibo, medicinali eccetera è un campo come se ne vedono pochi.
  Sarà anzi utile vedere come sarà il nuovo campo che, come lei sa, la Giordania sta attrezzando in condizioni molto più difficili sul piano dei collegamenti e delle possibilità di raggiungerlo. Credo però che lei abbia ragione. Anche se rispetto al milione di persone in movimento, Zaatari ne ospita circa 120.000, credo che uno sforzo vada fatto. Noi lo stiamo facendo e non perché pensiamo che sia un campo permanente, ma perché è di tutta evidenza che l'inazione, il non fare nulla tutto il giorno, non aiuta. Secondariamente, intervenire sulla lost generation, cioè curare le generazioni per il futuro, è sicuramente una priorità.
  Su questo, come sapete, l'Unione europea ha ricevuto il premio Nobel per la pace l'anno scorso e una parte dei fondi del premio è stata costituita in una fondazione che si occupa dell'istruzione dei bambini nelle zone di guerra e nei campi per i rifugiati. Appena sarà possibile, vorremmo partecipare a questa iniziativa perché crediamo sia importante.
  Per quanto riguarda la Convenzione sui rifugiati, è vero che anche l'attuale Governo della Libia si rifiuta di firmare, rendendo quindi impossibile il monitoraggio successivo. Abbiamo insistito e sarà sicuramente uno dei temi della Conferenza per le ragioni che lo stesso senatore Orellana citava.
  Infine, rispondo sul tema dei nostri fucilieri, mettendo insieme i vari spunti che sono emersi. Nell'operazione, che ho cercato di spiegare, di formazione e costruzione di una linea unica europea e non solo europea di solidarietà fattiva, senatore Divina, il rapporto con gli amici americani è uno dei rapporti che abbiamo più cercato e non solo per meriti storici.
  Non le sfuggirà, però, che in questo momento gli Stati Uniti hanno essi stessi una relazione diplomatica piuttosto tesa con l'India per via degli ultimi eventi in cui sono coinvolti consoli e quant'altro. Proprio per questo siamo più raccordati e il raccordo non viene meno: è anzi molto intenso anche su questo dossier. È un periodo in cui anche gli Stati Uniti – forse sempre per ragioni elettorali, non so – hanno tensioni dal punto di vista diplomatico.
  Ho detto e ripeterò fino alla nausea che non è utile in questo momento, per nessuno, polemizzare sul passato. Sarà, invece, molto utile fare mente locale una volta che i nostri militari saranno portati a casa con dignità – e ripeto con dignità – per evitare in futuro altre situazioni meno puntualmente organizzate.
  Che fossero militari è sicuro. È l'unica cosa certa. Il resto va rivisto, e peraltro si tratta di documenti ufficiali. Gli atti parlamentari parlano da soli con riguardo alla gestazione di tutta questa operazione, che fu oggetto di audizioni parlamentari, di mozioni parlamentari e poi arrivò nel decreto-legge Missioni. Ci fu una lunga Pag. 16gestazione e gli atti parlamentari hanno la caratteristica di essere pubblici e consultabili.
  Onorevole Fava, pur non condividendo tutto quello che lei ha detto e senza voler dare lezioni a nessuno, faccio presente che è iniziata la discussione a proposito della legge quadro sulle missioni. Può darsi che quello sia uno strumento in grado di consentire approfondimenti e suggerimenti di tipo diverso.
  All'onorevole Del Grosso voglio dire che la solidarietà internazionale forse va graduata. Nei prossimi giorni prenderemo delle iniziative. C’è un problema di determinazione ed è evidente che, se si vuole la solidarietà internazionale, gli alleati poi bisogna consultarli. È quello che faremo e sarà un lavoro molto intenso. Anche a me talvolta verrebbe voglia di fare dichiarazioni più feroci. Non costa molto, ma non sempre sono utili.

  CLAUDIO FAVA. Chiedo scusa, vorrei solo una precisazione. Lei ha detto che non condivide quello che ho detto. Ma cosa non condivide ? La nostra richiesta di analizzare e votare a una a una le proposte di missione ?

  EMMA BONINO, Ministro degli affari esteri. Mi riferivo alla polemica che lei ha fatto su dignità e onore.

  CLAUDIO FAVA. Lei stessa nelle sue conclusioni ha parlato di dignità. Sembra quindi che condivida.

  EMMA BONINO, Ministro degli affari esteri. Perché non l'ha attribuito a me ? Pareva avermi attribuito un tono...

  CLAUDIO FAVA. Ho parlato del dibattito che c’è stato. Non mi riferivo solo a lei, Ministro.

  EMMA BONINO, Ministro degli affari esteri. Perfetto.

  PRESIDENTE. Ringrazio tutti gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.30.