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XVII Legislatura

Commissioni Riunite (III-IV Camera e 3a-4a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 9 di Martedì 27 maggio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 3 

Comunicazioni del Governo sullo stato delle missioni in corso e degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione:
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 3 
Pinotti Roberta , Ministro della difesa ... 3 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 9 
Mogherini Federica (PD) , Ministro degli affari esteri ... 9 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 14 
Tonini Giorgio  ... 14 
Artini Massimo (M5S)  ... 15 
Orellana Luis Alberto  ... 17 
Marazziti Mario (PI)  ... 18 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 18 
Vito Elio (FI-PdL) , Presidente della IV Commissione della Camera ... 18 
Pinotti Roberta , Ministro della difesa ... 18 
Mogherini Federica (PD) , Ministro degli affari esteri ... 20 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 23

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA III COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI FABRIZIO CICCHITTO

  La seduta comincia alle 12.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Comunicazioni del Governo sullo stato delle missioni in corso e degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le comunicazioni del Governo sullo stato delle missioni in corso e degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione.
  Ricordo che tali comunicazioni, a cadenza quadrimestrale, hanno luogo per adempiere a un obbligo di relazione del Governo al Parlamento.
  Saluto i presidenti della Commissione esteri e della Commissione difesa del Senato, senatori Casini e Latorre, il Presidente della Commissione difesa della Camera, onorevole Vito, e tutti i colleghi presenti.
  Ricordo che prima della pausa estiva dei lavori parlamentari le Commissioni saranno chiamate a esaminare il decreto-legge di proroga delle missioni internazionali per il periodo 1o luglio-31 dicembre 2014, in quanto il provvedimento precedente scade il prossimo 30 giugno.
  Ringrazio della presenza il Ministro Pinotti e il Ministro Mogherini, che è in arrivo. Invito, quindi, il Ministro Pinotti a svolgere la sua relazione.

  ROBERTA PINOTTI, Ministro della difesa. Grazie, presidente. Signori presidenti e colleghi, per prima cosa consentitemi di esprimere il mio più vivo cordoglio ai familiari del fotoreporter Andrea Rocchelli e del suo interprete Andrey Mironov, tragicamente scomparsi in Ucraina, a nome di tutte le Forze armate e mio in particolare.
  Come è stato ricordato dal presidente Cicchitto, l'incontro odierno è dedicato a illustrare al Parlamento l'andamento delle operazioni che hanno visto impegnate le nostre Forze armate nei teatri internazionali durante il primo quadrimestre di quest'anno. Al tempo stesso, desidero presentare a queste Commissioni alcune nuove esigenze di intervento che sono emerse nelle ultime settimane per dare la dovuta informazione al Parlamento, in coerenza con la prassi delineata dalla risoluzione Ruffino. Parto, quindi, dalla descrizione di quanto avvenuto nei teatri operativi nei mesi scorsi.
  In Afghanistan il contingente nazionale ha continuato a svolgere un ruolo di primo piano nell'ambito dell'impegno internazionale di stabilizzazione, concorrendo – soprattutto nel settore ovest a guida italiana – al rafforzamento del quadro di sicurezza, al suo sviluppo economico e istituzionale e al potenziamento ulteriore delle relazioni bilaterali.
  Il bilancio della missione ISAF, al termine del quadrimestre di riferimento, non Pag. 4può che essere positivo. Sono stati conseguiti sinora notevoli risultati, alternando differenti strategie e approcci che hanno comunque saputo adattarsi alla sempre mutante situazione sul terreno e all'evoluzione della minaccia, giungendo così a un sufficiente grado di stabilizzazione del Paese.
  Con riferimento agli aspetti legati alla sicurezza, il periodo in riferimento ha visto il consolidamento dell'ultima fase della transizione (la quinta), iniziata nel giugno 2013, e ha riguardato i distretti confinanti con il Pakistan, considerati tra i più instabili del Paese. Nonostante l'unanime riconoscimento dei considerevoli progressi effettuati dalle forze di sicurezza afghane, le stesse – a causa delle carenze mostrate specialmente nell'ambito dei supporti logistici – sono ancora bisognose del sostegno da parte della coalizione internazionale.
  Inoltre, le Afghan National Security Forces (ANSF) sono divenute, a seguito del ripiegamento delle forze multinazionali, il principale obiettivo delle azioni ostili.
  Per quanto concerne l'aspetto ricostruzione e sviluppo, nel periodo di riferimento ha operato con ottimi risultati il distaccamento CIMIC ossia, la cooperazione civile e militare. Al riguardo, occorre sottolineare che dal 2005 a oggi sono stati realizzati più di 1.400 progetti infrastrutturali, di fornitura di beni e servizi e di interventi umanitari; questi ultimi mediante l'impiego di personale specializzato (assistenza sanitaria, rifornimento generi di prima necessità). A ciò si deve aggiungere la realizzazione di ulteriori progetti da parte dei team devoluti alla ricostruzione per favorire la ripresa dello sviluppo a beneficio anche delle aree rurali.
  Per quanto attiene al processo elettorale, dopo mesi di intensa attività preparatoria, il 5 aprile 2014 si è svolto il primo turno elettorale per l'elezione del nuovo Presidente afghano, prima importante prova dell'autosufficienza governativa. Occorre rilevare che ha partecipato al voto il 58 per cento dei circa 12 milioni di elettori aventi diritto, percentuale incoraggiante se si considerano le condizioni in cui si sono svolte le elezioni.
  In un colloquio, l'ambasciatore afghano, che ci ringraziava per l'opera delle nostre Forze armate, ha, tra l'altro, sottolineato che a Herat – la zona di responsabilità diretta del nostro contingente – la percentuale al voto è stata la più alta di tutto l'Afghanistan e anche quella delle donne al voto è stata la più alta in rispetto a tutto il resto dell'Afghanistan. Lo sottolineo perché mi sembrano due segnali significativi di come ha operato il nostro contingente.
  Il secondo turno avrà luogo il 14 giugno e vedrà il ballottaggio tra l'ex Ministro degli esteri Abdullah Abdullah, che ha ottenuto il 44,9 per cento dei suffragi, e il suo diretto concorrente, l'ex Ministro delle finanze, Ashraf Ghani Ahmadzai, che ha ricevuto il 31,5 per cento dei voti.
  Il Governo italiano auspica una rapida formazione del nuovo Esecutivo afghano subito dopo il ballottaggio, che consentirà di affrontare serenamente le questioni ancora aperte, prime fra tutte le firme dell'accordo bilaterale con gli Stati Uniti e del SOFA (Status of Forces Agreement) con la NATO, che dovranno fornire l'indispensabile cornice giuridica per la permanenza in quel Paese delle nostre Forze dopo il 2014, seppure largamente ridotte nei numeri e con compiti solamente addestrativi e di formazione, ovviamente previa approvazione del Parlamento.
  Con l'avvicinarsi del termine di ISAF, fissato come è noto, per il 31 dicembre 2014, ha assunto sempre più importanza il processo di ripiegamento del contingente italiano con il connesso rientro in patria di un'ingente quantità di materiale militare. Si tratta di una vera e propria missione nella missione, forse la principale sfida per il 2014.
  La consistenza del contingente internazionale sta, pertanto, diminuendo, assicurando comunque un'alta valenza in termini qualitativi. La presenza media del nostro personale, come stabilito dal decreto Pag. 5che ha rifinanziato le missioni internazionali per il primo semestre 2014, si attesta sulle 2.250 unità.
  La misura del successo della missione internazionale, ormai ultradecennale, non dipenderà da come lasceremo questo Paese alla fine di quest'anno, quanto piuttosto da come riusciremo a evitare futuri regressi rispetto ai risultati finora raggiunti sul piano della sicurezza, dello sviluppo economico e di quello sociale, in particolare in termini di rispetto dei diritti umani e di tutela delle donne e dei bambini.
  Sono proprio le fasce sociali meno protette quelle che hanno vissuto il più straordinario miglioramento della loro condizione dal 2001 a oggi e sono proprio loro a essere maggiormente a rischio nel caso in cui un eventuale accordo di riconciliazione nazionale con la galassia talebana dovesse essere pagato a loro danno, come molta parte della società civile afghana teme.
  Per questi motivi, per la fase successiva al termine della missione ISAF, come reso noto al Parlamento in molteplici occasioni, la comunità internazionale si è espressa per un perdurante sostegno alle autorità locali al fine di scongiurare un ritorno del caos nel Paese e salvaguardare così i progressi ottenuti in questi anni.
  La NATO, in particolare, ha elaborato i piani generali per una missione di sola assistenza denominata Resolute Support Mission, che non include compiti di combattimento, che si dovrebbe sviluppare a partire dal gennaio 2015. L'avvio di tale missione è, però, subordinato al raggiungimento dei citati accordi con le autorità afghane relativi allo status giuridico delle forze internazionali nel loro Paese. Questi accordi avrebbero potuto essere raggiunti già nei mesi scorsi, ma la particolare fase politica del Paese, con la transizione al dopo Karzai, ha sinora bloccato questo processo.
  In tutta evidenza, se l'accordo sarà infine raggiunto, l'Italia potrà essere parte attiva di questa nuova missione. In tal caso, il Governo procederà a dare compiuta descrizione delle caratteristiche del nuovo impegno, affinché il Parlamento possa opportunamente deliberare in merito.
  Passando al Libano, in un contesto regionale particolarmente critico, ha continuato a operare la missione UNIFIL, svolgendo, a sud del fiume Litani, un ruolo determinante a supporto dell'autorità locale libanese, atto a prevenire il ritorno delle ostilità con Israele.
  La stabilità assicurata dalla forza dell'ONU al confine meridionale contribuisce verosimilmente anche a contenere i rischi di una possibile estensione del conflitto siriano al territorio libanese.
  Partecipano alla missione UNIFIL circa 11.000 unità appartenenti a 38 nazioni. Il contingente nazionale si attesta in media su circa 1.100 unità.
  Per quanto concerne l'attività svolta, sta procedendo con ottimi risultati lo sminamento e la demarcazione della blue line, attività nella quale il contingente italiano ha dato e sta dando prova di elevata professionalità. Le attività di monitoraggio nelle aree di possibile lancio di razzi hanno continuato a essere condotte anche in maniera congiunta, seppur minima, con le Forze armate libanesi, ora impegnate anche a nord per la crisi siriana.
  La missione UNIFIL rappresenta, dunque, un chiaro esempio del fondamentale ruolo di stabilizzazione che l'Italia è in grado di esercitare nel contesto delle missioni a guida ONU, che ci è universalmente riconosciuto. Altresì, nell'anno in corso si concretizzeranno attività anche su base bilaterale, volte alla formazione e al sostegno capacitivo delle Forze armate libanesi, in base all'esigenza individuata nel piano quinquennale elaborato dalle stesse Forze armate.
  L'opera del nostro contingente ha ricevuto dal presidente Suleiman parole di grande apprezzamento, in particolare per l'eccellente rapporto che i nostri militari hanno saputo instaurare con le autorità libanesi e con le Forze armate locali. Una riprova di ciò è l'enfasi con la quale le autorità libanesi, con il sostegno ONU e di Israele, hanno chiesto di poter contare nuovamente su un force commander italiano Pag. 6quale successore del generale Paolo Serra, che cederà l'incarico il prossimo luglio, sebbene altri Paesi abbiano espresso interesse per l'incarico stesso.
  In risposta a una specifica sollecitazione provenuta dal Dipartimento per le operazioni di peacekeeping delle Nazioni Unite, l'Italia ha già presentato una sua candidatura di altissimo profilo che certamente riceverà la massima considerazione. La decisione finale, però, spetta ovviamente all'ONU.
  Per quanto riguarda il Kosovo, il livello di sicurezza si è mantenuto sostanzialmente stabile nell'ultimo quadrimestre. L'Italia, dallo scorso settembre, ha assunto con il generale Farina la responsabilità di guidare la missione KFOR della NATO. Oltre a garantire la sicurezza complessiva e quella specifica di alcuni siti di particolare rilevanza, KFOR ha continuato ad assicurare l'addestramento delle forze di sicurezza kosovare, privilegiando, in sintonia con le indicazioni maturate insieme alla NATO, uno sviluppo di tali assetti di forze in aderenza alla natura di protezione civile che li caratterizza, per assicurare anche la sicurezza e la stabilità del Paese. A testimonianza dell'eccellente operato sin qui svolto in seno alla missione, è stata riconfermata all'Italia per un ulteriore mandato la responsabilità di guidare il contingente della NATO.
  Anche a livello bilaterale i rapporti con le autorità kosovare sono molto buoni. Durante la mia recente visita all'inizio di questo mese, ho siglato con il mio omologo del Kosovo una lettera di intenti che ha lo scopo di rafforzare i legami di amicizia e rispetto tra i due Paesi e di intensificare la cooperazione nel settore della difesa e delle forze di sicurezza.
  Il prossimo passo sarà la messa a punto di un accordo dettagliato di cooperazione nel quale verranno meglio circostanziati specifici progetti nel campo dell'addestramento e della formazione delle unità della Kosovo Security Force nell'ambito del loro mandato, ovvero l'intervento in supporto e su richiesta delle autorità civili in risposta a situazioni di emergenza e protezione civile.
  Per quel che concerne le sfide future di KFOR, quella del passaggio al cosiddetto «Gate 3» è sicuramente la più significativa in quanto sancirà il graduale disimpegno delle forze internazionali sul terreno.
  Nel quadrimestre di riferimento la consistenza del contingente italiano si è attestata su una contribuzione in linea con il quadrimestre precedente, ovvero circa 550 unità.
  Il contributo nazionale al contrasto del fenomeno della pirateria ha visto un'unità navale impegnata nella Task Force 465 nell'ambito dell'operazione dell'Unione europea Atalanta, partecipazione conclusasi a inizio febbraio 2014, e successivamente l'assegnazione di una diversa unità navale all'operazione Ocean Shield della NATO, per un turno che si concluderà a inizio agosto 2014.
  Per quanto attiene all'efficacia dell'impegno messo in atto dalla comunità internazionale nel contrasto alla pirateria, i dati continuano a dimostrare la validità delle soluzioni adottate. Per tutto il 2013 e per il primo quadrimestre del 2014, infatti, non sono stati registrati nuovi casi di sequestro.
  In questa fase di sviluppo della crisi ucraina per la quale la NATO sta considerando la possibilità di spostare l'attività marittima dall'Oceano Indiano al Mediterraneo, risulta di primaria importanza per l'Italia la presenza nella partecipazione all'operazione europea Atalanta, per la quale è prevista l'assunzione del comando a partire dal prossimo mese di agosto 2014.
  Continuano, inoltre, a essere operativi i nuclei di militari di protezione della Marina militare imbarcati sul naviglio mercantile italiano in transito nelle aree più a rischio. In merito alla situazione per cui da questi nuclei siamo arrivati alla condizione dei nostri due fucilieri parlerà la mia collega Mogherini, che su questo farà un punto specifico.
  In circa due anni di attività è stata assicurata con successo la protezione di ben 281 mercantili battenti bandiera italiana, a dimostrazione dell'efficacia della soluzione adottata, sebbene la vicenda che Pag. 7coinvolge i due fucilieri di Marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, ci impone di perfezionare costantemente ogni aspetto relativo all'impiego del nostro personale.
  Vengo ora al nostro impegno in Libia che, pur mantenendosi in un contingente relativamente contenuto (al massimo 100 unità), risulta essere cruciale, considerati gli sviluppi quanto mai preoccupanti in questo Paese per noi così importante.
  L'Italia è presente in Libia dal 2011 con l'operazione Cirene, lanciata allo scopo di supportare il Consiglio nazionale di transizione nella ricostruzione delle forze armate e di sicurezza libiche. Con la destituzione del regime di Gheddafi, l'Italia ha avviato rapporti bilaterali sanciti nel campo della difesa con un memorandum di intesa fra Ministero della difesa della Repubblica italiana e Ministero della difesa della Libia sulla cooperazione nel settore della difesa, sottoscritto a Roma il 28 maggio 2012.
  Il 1o ottobre 2013 l'operazione Cirene è stata riconfigurata in Missione Italiana in Libia (MIL) costituita da una componente centrale interforze di massimo 15 persone, che corrisponde all'Ufficio di cooperazione militare in Libia, e di una componente ad hoc costituita da team mobili formativi addestrativi di supporto, in base alle esigenze di volta in volta individuate con le forze armate locali.
  Il personale ha già addestrato in Libia circa 1.100 militari e ha supportato la fase di screening del primo contingente di reclute libiche che è stato inviato in Italia, a Cassino, a partire dallo scorso gennaio nel quadro degli accordi sottoscritti fra la Libia e alcuni Paesi del G8.
  L'attuale situazione di instabilità politica, unita al crescente deterioramento della cornice di sicurezza, rendono l'impegno italiano ancor più cogente, visto che l'Italia sin dalla caduta del regime ha operato senza soluzione di continuità sul territorio libico, risultando anche il primo Paese del G8 – davanti a Regno Unito e Stati Uniti, pure aderenti al progetto – ad aver avviato l'addestramento delle forze libiche con una fase in Libia, come detto, a cura della MIL e una successiva in Italia.
  Siamo tutti consapevoli del fatto che oggi siano le dinamiche interne al Paese a determinare per il prossimo futuro la profondità e le modalità con le quali potremmo continuare a operare. Tuttavia, credo resti indiscutibile l'importanza per l'Italia di agire concretamente per la stabilizzazione della Libia, unica via per cercare anche di contenere il flusso di migranti e rifugiati che, come noto, transitano in gran parte proprio da quel Paese, oggi di fatto incapace di controllare le proprie frontiere.
  La Somalia è un altro Paese in cui giochiamo un ruolo di primo piano, nell'ambito della comunità internazionale, per sostenere il lungo e difficile cammino di ricostruzione dello Stato.
  La missione addestrativa a guida europea si prefigge l'obiettivo di contribuire allo sviluppo del settore della sicurezza in quel Paese, rafforzando le forze di sicurezza locali grazie all'offerta di una formazione militare modulare e specialistica a favore di ufficiali e sottufficiali destinata a circa 3.000 reclute.
  I militari italiani presenti nei campi di addestramento e nello staff di comando hanno contribuito al conseguimento di ragguardevoli risultati. Nel corso dei cicli addestrativi sono state costituite e addestrate unità a livello di compagnia di fanteria con capacità di condurre atti tattici elementari e infine, nel pieno rispetto della sovranità somala, sono stati formati addestratori idonei a condurre in proprio l'addestramento militare specialistico per ufficiali, sottufficiali, truppa e personale di staff.
  Al termine di ogni ciclo addestrativo, le reclute vengono impiegate presso le National Security Forces somale. Lusinghieri sono i ritorni dal campo, secondo cui le truppe formate dall'Unione europea stanno contribuendo in modo determinante al contrasto di Al Shabaab. I soldati sono fedeli alle proprie autorità militari, disciplinati e motivati.
  A fronte del successo conseguito finora nelle attività addestrative, è però doveroso Pag. 8segnalare come la situazione della sicurezza rimanga particolarmente precaria anche nella capitale. Le continue minacce di Al Shabaab, unite ad azioni particolarmente cruente che in genere prendono di mira proprio il personale delle forze di sicurezza somale, rendono ancora lontana la prospettiva di un'effettiva pacificazione del Paese.
  Nel primo quadrimestre dell'anno in corso EUTM (European Union Training Mission) Somalia, guidata attualmente dall'Italia con il generale Mingiardi, oltre che proseguire con l'addestramento dei somali, si è concentrata anche sulle attività di consiglio strategico, collaborando con il Ministero della difesa e lo stato maggiore della Somalia.
  Ha caratteristiche simili anche la missione europea EUTM Mali, dedicata al riaddestramento delle forze maliane per consentire loro di riprendere il controllo sul territorio dopo che, come è noto, una lunga fase di instabilità era sfociata in un quasi collasso dello Stato, con la presa del potere da parte di forze fondamentaliste.
  Le attività addestrative hanno avuto inizio il 2 aprile 2013. È stato esplicitamente escluso lo schieramento di personale europeo nel nord del Paese e il coinvolgimento diretto e indiretto in qualsiasi attività di combattimento, nonché ribadito il fatto che ogni ulteriore e diversa forma di assistenza dell'Unione europea alle forze armate locali esulerebbe dal mandato indipendente della missione EUTM Mali.
  Come sapete, con le nostre Forze partecipiamo a molte altre missioni internazionali. Nel corso del primo quadrimestre, che stiamo analizzando, vi sono missioni, che conoscete perché inserite nel decreto di proroga, che registrano una partecipazione molto minore rispetto a quelle che ho illustrato dettagliatamente. Mi riferisco alle missioni che riguardano il Mediterraneo, il Corno d'Africa, la Bosnia, il Kosovo, la Georgia, Rafah, il Niger, Hebron, Cipro e la Palestina.
  Passo ora a illustrare tre nuove esigenze, oltre a quella relativa alla Repubblica Centrafricana di cui ho relazionato a queste Commissioni il 30 aprile scorso, maturate nel corso degli ultimi mesi che potranno determinare l'avvio di nuove, ancorché circoscritte, attività all'estero delle nostre Forze armate.
  La prima è relativa alle attività di sicurezza da porre in essere nella fase definitiva di distruzione dell'arsenale chimico siriano. Come di certo noto, dopo lunghi negoziati la comunità internazionale ha, infine, imposto alla Siria la consegna, per la successiva distruzione, di tutte le armi chimiche esistenti.
  Altrettanto noto è il fatto che, dopo aver esaminato varie opzioni, si sia infine scelto di effettuare la distruzione di una parte di tale arsenale attraverso macchinari imbarcati su un'unità navale messa a disposizione dagli Stati Uniti, la motonave Cape Ray. Più esattamente, una volta completato l'imbarco delle sostanze chimiche su una nave resa disponibile dal Governo della Danimarca si procederà al trasporto fino al porto di Gioia Tauro per il successo trasferimento sulla Cape Ray. Quest'ultima nave prenderà, quindi, il largo e, mentre rimarrà in navigazione a congrua distanza da qualsiasi costa, procederà alla trasformazione degli agenti chimici in prodotti che verranno successivamente smaltiti in altri Paesi.
  Ebbene, esiste l'esigenza di garantire una scorta militare alla Cape Ray durante la sua navigazione, scorta che potrà vedere anche il contributo dell'Italia. L'intendimento è quello di rendere disponibile per tale attività di sicurezza, per un periodo indicativo di circa 60 giorni, un'unità navale della nostra Marina.
  La seconda attività è relativa all'ampliamento del sostegno al Governo del Mali per la riqualificazione delle proprie forze di sicurezza. Il 15 aprile 2014 il Consiglio dell'Unione europea ha deliberato l'avvio di una nuova missione a guida civile denominata EUCAP Sahel Mali, destinata a fornire sostegno addestrativo e assistenza alle tre forze di sicurezza interne di quel Paese, segnatamente la polizia, la gendarmeria e la guardia nazionale.Pag. 9
  Tale missione europea si affianca, quindi, alla già citata EUTM Mali che è, invece, destinata a sostegno delle locali Forze armate. Per la nuova missione si è resa disponibile la Forza multinazionale EUROGENDFOR, composta, come noto, dalle forze di polizia a ordinamento militare di Italia, Francia, Spagna, Olanda, Portogallo e Romania.
  Complessivamente, la missione EUCAP Sahel Mali che, come detto, è a guida civile ed è destinata solo a compiti di assistenza e addestramento, dovrebbe prevedere l'invio di circa 40 unità. L'intendimento è quello di partecipare a tale missione con un nostro contenuto ma significativo contingente, ovvero 7 militari appartenenti all'Arma dei carabinieri.
  La terza esigenza è connessa alle attività che la NATO ha implementato per incrementare la sorveglianza dello spazio aereo dei Paesi membri dell'Europa orientale, in particolare Polonia e Romania. Tale attività vede impegnata la forza di sorveglianza aerotrasportata della NATO, cioè i velivoli radar Awacs. Al fine di incrementare l'efficacia di tali operazioni è necessario provvedere anche all'attività di rifornimento in volo di tali aerei, attività che non può essere condotta con aerocisterne della NATO perché l'Alleanza non dispone fra i suoi assetti comuni di tali capacità. Sono, quindi, gli Stati membri che contribuiscono con le loro capacità per far operare al meglio i velivoli radar che sono, invece, assetti messi in comune. L'intendimento è quello di dare un contributo a tale attività alleata, rendendo disponibile un velivolo KC767 per il rifornimento in volo.
  Per quanto attiene alle misure di rassicurazione nei riguardi del confine est della NATO, volte a dimostrare la questione dell'Alleanza a fronte della crisi in atto in Ucraina, per l'anno in corso potranno essere valutate altre forme di contribuzione nazionale, in aggiunta all'impegno citato. A riguardo preme evidenziare che numerosi Paesi dell'Alleanza hanno già provveduto a sostenere tali misure, con interventi di unità terrestri, navali e aeree, ma per ora noi abbiamo soltanto dato la disponibilità del citato velivolo.
  Per le tre nuove attività che ho richiamato, non sono necessarie, in questa fase, nuove risorse. Ove nulla contro, queste saranno inserite nel prossimo provvedimento di proroga delle missioni internazionali relativo al secondo semestre 2014 per l'opportuna valutazione del Parlamento.
  Infine, sempre con riferimento al prossimo decreto, mi preme sin da adesso porre all'attenzione delle Commissioni la necessità di considerare in esso l'inserimento dell'operazione «Mare Nostrum», che, nelle more di un essenziale coinvolgimento dell'Unione europea, per poter proseguire con le attuali modalità necessita ineludibilmente di un volume finanziario adeguato; ciò in quanto l'operazione Mare Nostrum non può più essere assicurata con il bilancio ordinario della Difesa che, sino a oggi, dovendo sostenere l'operazione, ha necessariamente dovuto sacrificare altre già consolidate esigenze di approntamento e funzionamento dello strumento operativo.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Do ora la parola al Ministro Mogherini.

  FEDERICA MOGHERINI, Ministro degli affari esteri. Grazie. Mi scuso moltissimo del ritardo, ma, come forse avrete visto, è stato un inizio di giornata un po’ particolare. Ero, infatti, con la famiglia di Federico Motka, in questo caso per un buon risultato.
  Sono facilitata dal fatto che il Ministro Pinotti ha fatto una carrellata delle missioni, sul versante che compete, ovviamente, alla difesa. Vorrei iniziare con un accenno al fatto che è stato costituito il Comitato ristretto per lavorare sulla legge quadro sulle missioni internazionali. So che sono stati designati i due relatori, l'onorevole Manciulli e l'onorevole Causin per le due Commissioni.
  Credo, quindi, che possa essere molto utile se il lavoro parlamentare, nel pieno Pag. 10rispetto dell'autonomia del Parlamento rispetto al Governo, riuscirà ad andare avanti sulla legge sulle missioni internazionali in tempi che ci consentano – presumo non per la prossima scadenza, ma per quella successiva – di avere un assetto e una modalità di lavoro, riguardo alla discussione delle linee di fondo che determinano le nostre scelte politiche in merito alla nostra presenza nelle missioni internazionali, adeguati alla qualità che il lavoro del Governo e del Parlamento possono esprimere.
  Faccio un piccolo riferimento al prossimo «decreto missioni», sapendo che da qui a un mese avremo modo di ridiscuterne in sede più appropriata. Per quanto riguarda il lavoro del Ministero degli esteri, avevo già avuto modo di dire in Aula, sia alla Camera sia al Senato, che c’è una volontà del Governo di lavorare per aumentare i fondi per la cooperazione anche nel «decreto missioni». Quindi, mi auguro che questo possa essere possibile e soprattutto spero che possa esserci un fruttuoso lavoro tra Governo e Parlamento per fare in modo che questo effettivamente avvenga nel prossimo decreto di rifinanziamento.
  Faccio una rapida panoramica sugli scenari in cui abbiamo partecipazioni alle missioni internazionali, sapendo che ci sono alcuni di essi, forse quelli più caldi dal punto di vista politico, che non rientrano strettamente in questa categoria, sui quali possiamo, però, tornare in sede di replica ai vostri interventi e domande.
  Sull'Afghanistan, dopo il primo turno di elezioni che sono state particolarmente positive per l'alta partecipazione, soprattutto di donne, il 14 giugno avremo il secondo turno, un ballottaggio tra Abdullah e Ghani. Entrambi si sono espressi in modo favorevole, già da tempo, per la firma del Bilateral Security Agreement-BSA e quindi dell'accordo SOFA (Status of Force Agreement), che consentirà, presumibilmente, alla NATO di verificare in quale modo e con quali modalità e numeri procedere alla programmazione della missione successiva, quella post 2015 (Resolute Support).
  Dal punto di vista politico è utile sottolineare che, parallelamente alla fine di ISAF, nei prossimi mesi, ci sarà, con la nuova leadership afgana, non soltanto un lavoro multilaterale in sedi come la NATO, ma anche l'avvio di un lavoro bilaterale in attuazione dell'Accordo di cooperazione bilaterale che l'Italia e l'Afghanistan hanno sottoscritto nel 2012 per iniziare una fase che non si è fatta fino a oggi, cioè di implementazione di questo accordo, con il pieno coinvolgimento delle autorità afgane, sulle modalità, i tempi e le forme della nostra forma di cooperazione.
  Penso che il principio della ownership degli accordi, del modo in cui essi si implementano, di assistenza e di supporto alla transizione democratica e di sicurezza in Afghanistan possa essere il punto chiave del nostro atteggiamento rispetto a quel Paese.
  Nel momento in cui ci sarà la nuova leadership insediata, presumibilmente durante l'estate, è importante lavorare sul canale bilaterale e non soltanto multilaterale con le nuove autorità afgane per concordare nel dettaglio le modalità della nostra cooperazione che sarà sempre più civile, come è nelle cose e come è utile e richiesto dalla società afgana.
  Da questo punto di vista, questo Parlamento ha una lunga tradizione di collaborazione parlamentare, anche prima di questa legislatura. Penso al gruppo che collega le donne parlamentari italiane e afgane in un lavoro molto proficuo che è utile sostenere, ma anche all'attenzione che queste Commissioni, in particolare quelle esteri, hanno rivolto, già in anni passati, alla creazione di un esperimento che potrebbe diventare molto importante politicamente, non solo simbolicamente, ovvero quello della società civile afgana che, nel momento in cui si compie la transizione democratica con pieno successo, può accompagnare il percorso di elezioni e di institution building, con l'incoraggiamento per la costruzione di un tessuto sociale più articolato, aspetto fondamentale per l'Afghanistan e per i nostri rapporti.Pag. 11
  Sul Libano, condivido le parole del Ministro Pinotti. C’è un rischio estremamente forte di «contagio» del conflitto siriano. È quasi un miracolo, infatti, che, dopo tre anni di conflitto in Siria, il Libano sia sostanzialmente stabile e pacifico. In questi giorni c’è una fase di difficoltà nell'elezione del nuovo Presidente, ma siamo fiduciosi che possa non avere conseguenze dirette né sulla stabilità e sulla sicurezza del Paese, né sull'andamento dei lavori del Governo.
  In questa fase siamo impegnati su due versanti. Come veniva ricordato, il primo è quello della partecipazione ai più alti livelli alla missione UNIFIL. Ho avuto modo di parlare direttamente con il Segretario generale Ban Ki-moon, un paio di settimane fa a New York, della successione al generale Serra che, a detta di tutti, a partire dai diretti interessati, ha fatto un ottimo lavoro. La decisione formale verrà presa più avanti, ma c’è un'alta considerazione del ruolo che l'Italia ha svolto e può svolgere. Il Segretario generale Ban Ki-moon ha espresso pubblicamente un forte apprezzamento sul ruolo che l'Italia svolge in Libano, sia in UNIFIL, sia a sostegno delle Forze armate libanesi.
  Ospiteremo il prossimo 17 giugno una Conferenza ministeriale esteri e difesa dei Paesi che sostengono le Forze armate libanesi, non soltanto come strumento di sicurezza e di stabilità e quindi di prevenzione della possibile destabilizzazione che viene dalla Siria, ma anche come modello di integrazione riconosciuto da tutto il Paese, che, dunque, può avere un ruolo simbolico e anche politico molto forte, non soltanto per il Libano, ma per tutta la regione.
  Sui Balcani, tralascio la parte relativa alla presenza militare. Faccio soltanto un breve accenno al fatto che, nell'assumere la presidenza dell'Unione europea, poniamo come uno dei temi fondamentali le relazioni tra Unione europea e Balcani, in particolare occidentali, quindi il concretizzarsi di una via europea nei Balcani occidentali. Sono undici anni che questa via è stata tracciata. Alcuni passi avanti sono stati fatti in modo abbastanza concreto, ma non finalizzato.
  Pensiamo che sia nelle corde della presidenza italiana far fare dei passi avanti ai singoli Paesi, a seconda del livello di realizzazione delle riforme che hanno compiuto, ma speriamo soprattutto di avere una road map concreta, a partire dal prossimo Consiglio di giugno, sull'integrazione dei Paesi dei Balcani occidentali nell'Unione europea, che può sembrare elemento diverso da quello della nostra partecipazione alle missioni, ma invece è strettamente correlato perché sappiamo benissimo che la vera via di stabilizzazione per questa regione è quella dell'integrazione europea. Infatti, il cammino di integrazione europea è un fattore di stabilità interna molto forte. Questa è una regione del mondo dove soltanto noi – anche se a volte lo dimentichiamo – possiamo giocare un ruolo veramente determinante; è quindi utile che lo facciamo nel modo più convinto possibile.
  Della nostra presenza in Africa dal punto di vista delle missioni ha già parlato il Ministro Pinotti. Vengo da un appuntamento alla Farnesina, a cui alcuni di voi erano presenti, per la celebrazione della Giornata dell'Africa. L'intenzione di aumentare le risorse disponibili per la cooperazione allo sviluppo nel «decreto missioni», ma anche più avanti nella sessione di bilancio, è un aspetto che potrà toccare favorevolmente le nostre relazioni bilaterali con i Paesi dell'Africa.
  Ho anche annunciato oggi, durante la Conferenza Italia-Africa, che, a partire dal prossimo anno, inaugureremo una conferenza ministeriale biennale sul modello delle conferenze Italia-America latina. La prima edizione della Conferenza ministeriale Italia-Africa ci sarà l'anno prossimo e sarà ospitata dalla città di Torino. Mi auguro che questo possa essere, come è stato per l'America latina, un modello di sviluppo delle relazioni bilaterali tra il nostro Paese e un continente che non è soltanto conflitto, ma anche opportunità di sviluppo e necessità di lavoro sui diritti umani.Pag. 12
  Vengo ai tre punti finali che, però, forse sono anche quelli su cui c’è più attenzione.
  Il primo è quello sulla Libia. Come diceva il Ministro Pinotti, siamo in una situazione di estrema fragilità, che è particolarmente fluida, anche in queste stesse ore. Come riportano organi di stampa internazionali (meno quelli italiani, il che segna un paradosso), il Primo ministro incaricato ha ricevuto un voto di fiducia, anche se in un contesto piuttosto instabile. So, però, che oggi stesso la sua abitazione è stata oggetto di un attacco e c’è contestazione sul fatto che il suo incarico sia fondato su basi legittime.
  In queste settimane ci stiamo muovendo in stretta connessione non soltanto con i libici (uso questa espressione per esprimere una pluralità di articolazioni che è evidente a tutti): la settimana scorsa a Lisbona ho incontrato il Ministro degli esteri uscente, ma siamo in contatto anche con le Nazioni Unite, con i partner europei e con il Dipartimento di Stato americano.
  Il nostro modus operandi è basato sul presupposto che il processo deve essere pienamente nelle mani dei libici, che devono sentire la responsabilità prima di impostare e poi di gestire un processo di dialogo e di riconciliazione nazionale. Quello che può fare la comunità internazionale, a partire dall'Italia che sicuramente ha un ruolo di primo piano rispetto ad altri Paesi anche europei, è incoraggiare, facilitare e sostenere questo processo, che deve restare appunto nelle mani del popolo libico.
  Credo che la sfida per il Primo Ministro incaricato, Maiteeq, sia quella di dimostrare di poter essere il Primo Ministro di tutti i libici. Quello è il punto su cui si esprime la criticità di qualsiasi figura che abbia tentato, in questi mesi, di fare questo difficile tentativo di Governo del Paese. È chiaro che c’è un contesto locale, internazionale, ma anche regionale che può essere importante. Altri Paesi della regione – penso, soprattutto, alla Tunisia – pur in situazione del tutto diversa per esistenza di organizzazioni intermedie, di corpi intermedi e di infrastrutture statuali molto forti, ha avuto una dinamica di potenziale conflitto interno molto aspro che ha scelto, però, di ricondurre in sedi politiche e sulla strada del dialogo.
  Pensiamo che in Libia la strada debba essere quella di una piena e decisa convinzione di tutte le parti per gestire la tensione e il conflitto, che evidentemente esiste, in sedi politiche, senza strumenti militari e con l'ottica di trovare un modo di guidare loro stessi la costruzione del Paese e delle infrastrutture istituzionali.
  Sappiamo bene che la comunità internazionale, e l'Italia per prima, dal punto di vista politico, ha non solo il dovere, ma anche l'interesse a incoraggiare in modo consistente e determinante questa strada. Questo è, infatti, quello che stiamo facendo in queste ore.
  Sull'Ucraina, che pure non è scenario di nostre missioni internazionali, penso possa essere ugualmente utile intervenire in questa sede.
  Stando alle dichiarazioni ufficiali dell'OSCE – che ha avuto due missioni diverse di osservatori, quelli elettorali veri e propri di lungo periodo e quelli parlamentari (peraltro, credo che i nostri colleghi siano già tornati; anzi, vorrei ringraziarli per aver svolto questo importante esercizio di democrazia) – le elezioni di domenica scorsa si sono svolte in modo positivo e sono state riconosciute come tali anche sul piano internazionale. Ecco, credo che questo possa essere un passo determinante, anche se non sfuggono gli elementi di difficoltà, dati dal fatto che in una parte del Paese si sono verificati e si continuano a verificare scontri anche rilevanti.
  Credo, però, che sia importante sottolineare il fatto che sia dal nuovo Presidente Poroshenko sia da Mosca vengano segnali di volontà di dialogo politico che sono una novità rispetto al passato, almeno in questi termini così espliciti. Ritengo, quindi, che la comunità internazionale, a partire dall'Unione europea, abbia tutto l'interesse e anche il dovere di essere conseguente rispetto alle posizioni espresse finora, cioè di far sì che questo Pag. 13dialogo si apra con una convinzione e una determinazione nuova e anche con un deciso sostegno internazionale.
  La settimana scorsa abbiamo avuto modo di parlare con il presidente di turno dell'OSCE, nonché Ministro degli esteri svizzero, Didier Burkhalter. Siamo convinti che la road map proposta dall'OSCE resti la via maestra: disarmo il più possibile diffuso; interruzione delle azioni militari che sono tuttora in corso; riforme istituzionali, su cui il ruolo del Consiglio d'Europa può essere cruciale nell'assistere anche alla redazione di alcune tracce di lavoro per la Costituzione; modalità di inclusione delle diverse regioni del Paese.
  Ugualmente, credo che il Consiglio d'Europa possa avere un ruolo fondamentale nell'accertare le violazioni dei diritti umani o le dinamiche di episodi drammatici che si sono svolti in tempi e in luoghi diversi, ma sui quali c’è bisogno di fare piena luce.
  Infine – cosa che non è inclusa esplicitamente nella road map dell'OSCE, ma che è stata richiamata dallo stesso Poroshenko nelle sue prime dichiarazioni – vi è la necessità di indire elezioni parlamentari entro la fine dell'anno per completare un percorso di transizione istituzionale.
  Non posso non parlare di quello che sta succedendo in Ucraina senza fare un riferimento ad Andrea Rocchelli. Sono stati giorni molto dolorosi e difficili, in cui siamo stati in costante contatto con la famiglia, attraverso l'Unità di crisi e la nostra ambasciata a Kiev, sia nelle primissime ore per quello che riguarda l'accertamento della dinamica dell'incidente, sia in queste ore per assistere la famiglia e per recuperare la sua salma e quella di Andrey Mironov, che lavorava con lui e che era ben più di un interprete.
  Sotto questo versante siamo stati in collegamento diretto con il Ministro degli esteri russo Sergej Lavrov per fare in modo che le operazioni si svolgessero il più possibile in modo coordinato. Come forse avrete avuto modo di apprendere in queste ore, le salme sono state recuperate e in questo momento sono a Kharkov. Adesso quella di Andrea sarà trasferita a Kiev, dove la aspettano i familiari, e da lì in Italia, nelle prossime ore, anche se i tempi sono molto incerti per la situazione di estrema complicazione sul terreno.
  Ho già espresso non soltanto personalmente, ma anche pubblicamente il dolore per una perdita, che è la prima di un cittadino dell'Unione europea e di un giornalista in Ucraina. Non dobbiamo solo addolorarci per la giovane età o per il fatto che muore un giornalista che aveva fatto della testimonianza e del racconto diretto la sua ragione di vita con grande passione, ma anche mantenere il ricordo costante di quanto situazioni che possono sembrare distanti e lontane ci coinvolgano in modo diretto.
  L'ultimo punto riguarda i marò. Abbiamo insediato il Comitato di giuristi, composto anche da esperti internazionali, che sta seguendo questa nuova fase di internazionalizzazione del caso. Stanno già lavorando. C’è stato anche un primo incontro con le famiglie. Non viene data pubblicità a tutto, ma il lavoro continua in modo molto diretto, costante e quotidiano. Su questo, se volete, potrò darvi ulteriori specificazioni.
  La strada dell'internazionalizzazione è stata intrapresa e viene seguita. Il team di giuristi è composto anche da sir Daniel Bethlehem, che è l'ex capo del servizio giuridico del Foreign Office inglese, uno dei principali esperti di procedure di diritto internazionale con una grande esperienza in questo campo, con un alto record di successi – cosa che ci fa ovviamente ben sperare – e che è già al lavoro da diverse settimane con i giuristi che hanno seguito la vicenda sul lato italiano e con gli avvocati indiani che, invece, hanno seguito il caso sul versante indiano.
  Si sta lavorando quotidianamente per costruire i passaggi tecnici che saranno intrapresi in queste settimane. L'insediamento del nuovo Governo non ci fa tornare indietro dalla nostra strada, che continua a essere quella della riaffermazione del fatto che non è l'India a dover esercitare la giurisdizione su questa vicenda e che i due fucilieri di Marina, essendo in missione antipirateria, erano e Pag. 14sono coperti da immunità funzionale, che riteniamo che vada internazionalmente garantita e riconosciuta.
  Queste restano le linee sulle quali il Governo si sta continuando a muovere. La «notizia» è che il team di esperti giuridici, di cui avevamo annunciato la costruzione un mesetto fa, da qualche settimana è effettivamente al lavoro e sta andando avanti su questa strada.

  PRESIDENTE. Mi associo, anche a nome di tutte le Commissioni parlamentari, al cordoglio per la scomparsa del fotoreporter Rocchelli e dell'interprete Mironov in Ucraina. Esprimiamo alle famiglie tutta la nostra solidarietà.
  Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIORGIO TONINI. Anche noi ci associamo al cordoglio per la morte del nostro concittadino e del suo interprete.
  Ringrazio, innanzitutto, le ministre per questa molto ampia e approfondita relazione a due voci, nell'ambito di questa prassi di informazione del Parlamento che mi sembra si stia rivelando sempre più utile. Del resto, se mi permettete una battuta, le ministre sono un po’ vittime della loro macchinazione perché hanno concorso, in altro ruolo, a instaurare questa prassi di consultazione parlamentare.
  Mi concentrerò su due delle questioni poste perché condivido lo spirito di fondo e anche le proposte di dettaglio che hanno fatto su vari scenari, in particolare l'Afghanistan, là dove siamo nella fase difficilissima della transizione, che è davvero delicata perché il nostro obiettivo, insieme ai nostri alleati, è quello di venir via con il nostro attualmente pesante contingente militare, ponendoci, però, la complicatissima questione di non lasciare l'Afghanistan privo di un supporto. Dobbiamo, quindi, moltiplicare l'impegno sul versante della cooperazione civile e, nei limiti e nelle forme che le nuove autorità afgane chiederanno, anche della cooperazione per l'istruzione e il sostegno alle Forze armate e di sicurezza afgane.
  Vengo, invece, alle due questioni su cui credo sia necessario un approfondimento.
  La prima è la questione Libano che, come è stato giustamente detto, è ormai sempre più integrata con la vicenda della Siria. Con la Commissione esteri del Senato, pochi giorni fa, ho avuto il privilegio di fare una piccola rapida missione in Libano e devo dire che posso confermare tutte e due le cose dette dalle ministre. Innanzitutto, l'altissima considerazione per il ruolo dell'Italia in UNIFIL e non solo. Basti pensare alla numerosa schiera di responsabili di organizzazioni internazionali che sono italiani.
  In particolare, i responsabili dell'UNDP e di altre organizzazioni dell'ONU, come l'UNICEF, hanno una guida italiana proprio perché l'Italia, in Libano, è un Paese molto stimato per la tradizione degli italiani di non aver preso parte per questa o quella fazione e aver sempre saputo mettere a disposizione la diplomazia e le Forze armate per un disegno di convivenza, di tolleranza e di stabilità del Libano.
  Tuttavia, il tema cruciale in questo momento è l'impatto della crisi siriana sul Libano. In Italia lo si ignora, ma in Libano c’è un milione e mezzo di profughi siriani su 4,5 milioni di abitanti. È come se in Italia ci fossero 20 milioni di rifugiati.
  Bisogna dire che il piccolo Libano sta sopportando questo impatto con una straordinaria resilienza, come dicono loro stessi, cioè una capacità di adattamento flessibile, che chiede, però, con voce dignitosa, ma ferma un supporto internazionale. Credo, quindi, che dobbiamo dare il nostro apporto in questa chiave.
  So che il Ministro Mogherini sarà nei prossimi giorni a Beirut, quindi credo che ci sarà da lavorare su questo versante. In particolare, anche nell'area presidiata dalle nostre Forze armate, ovvero il sud del Libano, comincia a esserci una pressione di questi rifugiati, la gran parte dei quali, tra l'altro, sono di religione sunnita in un contesto nel quale prevalgono gli sciiti. Al momento c’è una singolare tranquillità nei rapporti, anche tra componenti diverse, con la difficoltà di dover alloggiare Pag. 15e ospitare rifugiati e profughi che vivono in condizioni davvero molto precarie.
  Davanti a noi c’è, dunque, una prospettiva non facile. Tutti chiedono che siano ancora gli italiani a guidare il contingente ONU. Abbiamo incontrato il Presidente del Parlamento, Berri, che ci ha detto che se non sarà un italiano avranno dei guai. Ha chiesto, pertanto, nel modo più chiaro possibile, di fare di tutto perché sia ancora un italiano. Credo che questo sia un elemento di soddisfazione per noi, ma anche di grande responsabilità.
  L'altra questione riguarda la Libia, su cui gli elementi di preoccupazione sono giganteschi. Forse dovrebbe diventare il focus centrale della nostra preoccupazione nei prossimi mesi.
  Va registrato l'effetto positivo della missione Mare Nostrum, che ha messo fine – con qualche tragica eccezione, perché purtroppo il mare è pur sempre il mare e le carrette che lo attraversano sono sempre molto precarie – all'ecatombe che avevamo conosciuto nei mesi scorsi. Infatti, grazie alla missione Mare Nostrum, si è aperto un corridoio umanitario, anche se del tutto improprio.
  Penso, dunque, sia necessario fare un salto di qualità. Siccome non possiamo tornare indietro dall'operazione Mare Nostrum, perché non possiamo tornare alle tragedie a cui abbiamo assistito nei mesi passati, è evidente che dobbiamo fare un passo avanti, che consiste in una qualche forma di presenza in Libia per l'organizzazione della selezione delle persone che possono venire in Europa attraverso l'Italia, ovvero un'internazionalizzazione di questo aspetto.
  Si tratta di una cosa molto complessa e molto delicata perché non può essere fatta in maniera solo bilaterale tra l'Italia e la Libia, per di più con le complicazioni di cui ha parlato la ministra, ossia l'assoluta evanescenza dello Stato e della democrazia libica. C’è un groviglio di questioni di enorme difficoltà per cui credo che l'Italia da sola non possa assumersi questo onere, anche se abbiamo la responsabilità, in vista del semestre di presidenza italiana dell'Unione europea, di affrontare la questione libica.
  Occorre uscire dalla logica del burden sharing rispetto all'immigrazione, sulla quale sappiamo che c’è una controversia in Europa perché la nostra versione non è accettata da tutti, visto che anche altri stanno sostenendo dei pesi molto significativi su altri versanti. Allora, la disputa può rivelarsi sterile. Credo che, invece, sia un tema di assoluta preminenza, tra l'altro riconosciuto anche dal Presidente Obama, quello dell'assoluta centralità della stabilizzazione della Libia, dentro il quale c’è anche la questione dei rifugiati e dei profughi.
  Se riusciamo a fare questo salto di qualità, utilizzando anche la presidenza di turno e la forza che in questo momento l'Italia può avere in Europa anche grazie al risultato elettorale, penso che possiamo dare un contributo importante a una questione assolutamente strategica.
  Dico per ultimo, ma non è una questione secondaria, che c’è un problema di approvvigionamento di gas perché la Libia non sta vendendo e non sta producendo più gas e petrolio, il che è un gigantesco problema per la Libia, ma anche per noi. Infatti, in un contesto nel quale dipendiamo da tre Paesi, se uno dei tre rallenta la produzione, siamo in grado di sostenerlo, ma se la rallentano due dei tre diventa un problema nazionale.
  Insomma, c’è un insieme di questioni che rende necessario da parte nostra focalizzare l'attenzione sulla Libia.

  MASSIMO ARTINI. Innanzitutto, vorrei fare un appunto al Ministro Pinotti. La relazione, per quanto discorsiva, non dice nulla riguardo all'osservanza delle norme approvate nel «decreto missioni» dell'ottobre dell'anno scorso. Infatti, all'articolo 1-bis era scritto che anche per queste relazioni deve essere specificato, per ogni singola missione, il mandato, la durata, la sede, il personale nazionale e internazionale, la scadenza, nonché i dettagli attualizzati della missione stessa. Lo spirito era quello di non fare relazioni meramente Pag. 16descrittive, ma che andassero anche nei dettagli per capire a che punto eravamo arrivati e per poterli poi rivalutare nelle relazioni successive.
  Detto questo, in particolare sull'Afghanistan, posta la situazione attuale (ovvero che, come diceva anche il Ministro Mogherini, è possibile una missione successiva), è difficile credere che solo dopo l'elezione del premier si decida come la NATO vuole andare avanti. Penso che attualmente già si stia discutendo di come fare, giacché entrambi i candidati hanno dato il loro assenso alla definizione sia del BSA che del SOFA.
  Quindi, Ministro Pinotti, la domanda è se il nostro stato maggiore sta già organizzando qualcosa e se ritiene che questo sia conforme a quello dovrebbe essere il procedimento, ovvero che il Parlamento dovrebbe prima autorizzare questa iniziativa. Insomma, sarebbe opportuno iniziarne a parlare, dal momento che spero che il Parlamento non autorizzi questa missione.
  Vengo a un appunto sulla sicurezza in Afghanistan. Lo scorso 16 maggio, nella zona di Herat è esplosa una motobomba in un villaggio. Posto che la nostra è la zona più stabile rispetto alle altre dell'Afghanistan, considerate che questo tipo di recrudescenza sia dovuto al fatto che ci sono le elezioni oppure al fatto che si è trasferita la sicurezza dalle forze italiane alle forze afghane ?
  Aggiungo un appunto sulla missione in Centrafrica, che non mi è parso di sentire che sarà introdotta nel prossimo «decreto missioni». Riguardo alla definizione che è stata fatta nella precedente audizione, mi chiedo se stiamo già iniziando a dispiegare il personale. Quindi, arriveremo al «decreto missioni» con qualcosa di già pronto oppure, anche in questo caso, sarebbe opportuno pensare a una risoluzione che vada a definire queste cose ? Nell'ultima audizione si è parlato di posizionare i genieri vicino all'aeroporto della capitale. Sono previsti altri compiti ? È plausibile che questi 40 genieri vengano integrati con altri ? La missione ha la durata di nove mesi che venne definita l'altra volta ?
  Sulla Libia, vorrei dire che ho avuto l'opportunità, insieme ai miei colleghi, di visitare la caserma di Cassino dove venivano istruiti i soldati libici, valutati dai nostri militari in Libia. Avemmo l'occasione di farlo proprio nel giorno in cui ci fu quel falso colpo di Stato, fatto dal generale Haftar. La domanda che ci facciamo è chi c’è dietro Haftar. In quei giorni, quando lo chiesi a quei soldati, mi dissero che era un vecchio generale in pensione che non avrebbe fatto niente di strano. Attualmente, invece, è ben supportato da un discreto numero di milizie, sia nella parte della Cirenaica sia in quella di Tripoli.
  La domanda, quindi, è se c’è una valutazione – da un anno che siedo qui, sento che tutte le diplomazie dicono di trovare la persona giusta per darle fiducia da un punto di vista militare, di appoggio finanziario e quant'altro – sul tipo di fiducia che si può dare a questo generale ? Essendo Haftar una persona che ha vissuto molti anni negli Stati Uniti, con cui ha un rapporto particolare, al punto che c’è un appoggio mirato degli Stati Uniti alla Libia, cosa comporterebbe per noi il fatto di spostare il potere della Libia su un appoggio più americano che italiano o europeo ?
  Su Mare Nostrum il punto non riguarda i dati, bensì il fatto che è strano spostare nel «decreto missioni» qualcosa che non è una missione, perché è un ruolo già utilizzato dalla Marina per anni. Occorre, allora, il coraggio di dire che quella missione ha un senso ed entra nei bilanci della difesa, altrimenti è veramente molto strano fare un decreto del quale non ravvedo né la necessità, né l'urgenza. È solo una scappatoia per poter continuare a fare questa missione, che può avere dei risultati o meno. Non è questo il punto. Il mio è un discorso tecnico. Se, come Governo, si ha il coraggio di dire che quella missione serve, dovreste inserirla nel bilancio della difesa; altrimenti, è inutile inserirla nel «decreto missioni» perché sarebbe una procedura strana e continuerebbe a uscire dai dettami della Costituzione.Pag. 17
  Mi scuso se mi dilungo, ma le vostre relazioni generano numerose domande.
  Sulla Siria, nella relazione è stato riaffermato quello che si è sempre detto. Ho notizie che a Homs, una delle zone più pericolose e con maggiori combattimenti, hanno compartimentato l'ultimo carico da portare a Latakia. Ci sono, però, ancora dei problemi di trasporto. Ecco, avete notizie diverse in merito ?
  Ancora, per il Ministro Mogherini, in merito al Libano e al supporto alle forze armate libanesi, va tutto benissimo ed è, peraltro, tutto verificato. La domanda è qual è la nostra posizione rispetto ai francesi, soprattutto per la parte che riguarda le forze armate libanesi, che hanno avuto da parte francese un fortissimo apporto, che, a questo punto, sarà anche politico, non solo industriale e militare, come quello che ha garantito l'Arabia Saudita. Anche su questo, quali sono i rapporti di forza in quella situazione ? Insomma, trovarsi a fare sempre il comando di UNIFIL, che è compito di prestigio, e poi vedere altre persone che hanno ritorni anche da un punto di vista politico, meriterebbe una vostra valutazione.
  Infine, in merito ai marò, ho letto che l'avvocato indiano che li difende, Rohatgi, sarebbe il principale candidato per la carica di Procuratore generale del nuovo Governo. Avete notizie in merito ? Questo potrebbe essere un bene o un male rispetto alla situazione dei due fucilieri di Marina ?
  Per concludere, vorrei segnalare al Ministro Pinotti che non abbiamo ricevuto né la relazione di cui alle legge n. 185 del 1990 in merito sull'esportazione delle armi, né il Documento programmatico pluriennale (DPP), che dovevano essere trasmessi entro il 30 aprile.

  LUIS ALBERTO ORELLANA. Grazie, signore ministre. Vorrei, innanzitutto, associarmi al cordoglio per la morte di Andrea Rocchelli e Andrey Mironov, che mi tocca particolarmente perché Andrea è della mia città, Pavia, che soffre di questo grande dolore. Volevo, quindi, innanzitutto, dire due parole su questo piccolo grande eroe del giornalismo internazionale.
  Detto questo, vorrei parlare di un paio di questioni.
  Sui marò ci è stato detto che si è insediato il team di giuristi, capitanati da un inglese di cui non ho colto il nome. Vorrei, però, capire se la sede internazionale in cui andremo è il Tribunale internazionale di Amburgo (ITLOS, International Tribunal for the Law of the Sea). Chiedo una conferma perché non è stato detto esplicitamente.
  Inoltre, mi ricordo che in una delle ultime comunicazioni della Ministra Mogherini venne fatto riferimento a una lettera per il cosiddetto «exchange of views» ricevuta il 21 aprile dagli indiani. Vorrei sapere se c’è stata una risposta da parte del Governo indiano.
  Sulla domanda sul principale candidato, sono d'accordo con il collega Artini. Lei che giudizio dà ? Alcuni organi di stampa la danno come notizia certa, più che come candidatura in corso. Peraltro, su questo si è già espresso anche l'ex Ministro Terzi, invitando a grande prudenza, facendo temere che non sia una buona notizia.
  Inoltre, per quanto riguarda la distruzione delle armi chimiche siriane, se ho ben capito, verremo coinvolti nella scorta della nave statunitense Cape Ray. Non siamo coinvolti, invece, nella scorta dalla nave danese che parte dalla Siria e arriva fino a Gioia Tauro. Ecco, resto un po’ sorpreso perché non credo che gli Stati Uniti ne abbiano bisogno. Mi sarei aspettato, piuttosto, il contrario, ovvero che la Danimarca, piccolo Paese non presente nel Mediterraneo, avesse bisogno della scorta, invece la diamo agli americani. Di questo – ripeto – resto molto sorpreso anche perché, come tutte le cose, questo ha un costo, oltre che un rischio. Quindi, mi chiedo se è proprio indispensabile dare questa disponibilità agli Stati Uniti che hanno basi importantissime in Italia, anche se nell'ambito NATO.

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  MARIO MARAZZITI. Siccome è un'importante e lunga audizione, mi limito a condividere, anche nel tono, le osservazioni del senatore Tonini. Vorrei solo aggiungere due sottolineature e una domanda.
  Oggi, la Ministra Mogherini nell'incontro Italia-Africa ha fatto un'affermazione importante, dicendo che la frontiera sud dell'Italia non sta in Italia, ma è il mare, per cui dobbiamo pensare alla stabilizzazione di quell'area fino alla zona subsahariana.
  Ecco, credo che sia un'affermazione giusta. Quindi, condivido il discorso del senatore Tonini sul problema dell'immigrazione dal sud, collegato a Mare Nostrum, alla sicurezza delle vite e al dibattito che c’è in Europa (visto che altri Paesi sopportano un peso molto rilevante, a volte più intenso, come numeri di immigrati dal sud del mondo, di quello dell'Italia), ma c’è la peculiarità della «cattiveria» del mare rispetto al trasferimento in Italia di profughi da parte di trafficanti di esseri umani.
  Allora, in questo senso, condivido che lavorare alla stabilizzazione della Libia diventa anche la possibilità di rendere più sicuro e più accompagnato questo processo, ma credo che sia importante che l'Italia porti avanti le proposte semplici e dirette di avviare l'accoglimento della richiesta di protezione internazionale dall'altra parte del Mediterraneo, quindi attivare i consolati e le ambasciate dei Paesi europei per rendere possibili viaggi sicuri. Porre l'accento sulla riduzione del numero delle vittime può creare, forse, una solidarietà europea maggiore, quindi anche una prassi di viaggi sicuri. Penso, dunque, che questo possa essere un obiettivo raggiungibile.
  In merito alla relazione dei ministri, sostengo che sia una scelta sacrosanta quella di partecipare alla missione in Centrafrica e che sia giusto che l'Italia sia impegnata in Mali e nella scorta e nel problema dello smaltimento delle armi chimiche. Quindi, rispetto a questo chiedo semplicemente se i costi di questo impegno aggiuntivo vadano a scapito di altri programmi perché siamo in un clima talmente ristretto di risorse che non riusciamo a capire dove va a impattare negativamente ogni scelta in più. È una domanda solo per capire, perché non conosco i meccanismi.

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola alle ministre per la replica, pregherei il presidente Elio Vito di riferirci sul contatto che verrà stabilito con i marò nei prossimi giorni.

  ELIO VITO, Presidente della IV Commissione della Camera. Nel ringraziare le ministre per gli aggiornamenti che ci hanno reso in maniera documentata, voglio ricordare, lo accennava prima anche il presidente Cicchitto, che gli uffici di presidenza delle Commissioni esteri e difesa hanno stabilito – credo che molti di voi già lo sappiano – che il 2 giugno, significativamente nel giorno della Festa della Repubblica, avremo l'occasione di incontrare, sia pure tramite videoconferenza, i nostri due fucilieri di Marina dall'Ambasciata a Delhi.
  L'appuntamento è alle ore 12, quindi al termine della parata. Credo che sarà una nuova occasione per testimoniare loro, in una giornata particolarmente importante per il nostro Paese, i sentimenti di vicinanza, di solidarietà e di affetto che le nostre Commissioni testimoniano loro sin dall'inizio della vicenda, naturalmente a nome dell'intero Parlamento, rispettando i sentimenti che in tal senso si manifestano nell'opinione pubblica.

  ROBERTA PINOTTI, Ministro della difesa. Ringrazio il senatore Tonini per avere ricordato quanto mi era stato fatto rilevare nella mia visita in Libano anche dal Presidente del Parlamento e dal Presidente stesso. Mi riferisco alla situazione così impattante dei profughi siriani in Libano, con numeri estremamente significativi, a fronte della popolazione. Lo ringrazio per averlo ricordato perché è una questione che sottolineano con molta dignità, ma anche ponendo l'evidenza dei numeri, con l'esigenza di avere un supporto.Pag. 19
  Per il resto, sulle considerazioni sull'intervento in Libia, non soltanto per quello che riguarda il tema dell'immigrazione, ma proprio per il ruolo che ha sempre avuto l'Italia e per quello che può fare in quel Paese, abbiamo bisogno di agire con un protagonismo, essendoci e avendo, appunto, un ruolo. Se lo aspettano e penso che lo dobbiamo.
  Per quanto riguarda l'intervento dell'onorevole Artini, vorrei dire che questa relazione, che è quella quadrimestrale, risponde a quanto viene richiesto dall'articolo 10-bis del decreto-legge n. 215 del 2012, ai sensi del quale i Ministri degli affari esteri e della difesa, con cadenza quadrimestrale, rendono comunicazione alle Commissioni parlamentari competenti sullo stato delle missioni in corso e degli interventi di cooperazione allo sviluppo e sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione di cui al citato decreto.
  Quindi, questa relazione risponde a questo dettato. Altro è, invece, il tema della relazione analitica che dovrà essere redatta entro il 30 agosto, cioè 60 giorni dopo il termine del decreto. Generalmente, è una relazione analitica, che quindi dà numeri, obiettivi, tipologie e quant'altro e viene data per iscritto. Si tratta, pertanto, di due relazioni diverse e, stante il dettato della legge, mi pare che la relazione che ho fatto al Parlamento stia dentro quanto richiesto dall'articolato.
  Per quanto riguarda la missione Resolute Support, ne abbiamo già parlato molte volte. In tutti gli interventi che ho fatto in Parlamento da quando sono Ministro abbiamo parlato della possibilità che questa missione ci sia. Ne parliamo anche noi perché se ne parla nell'ambito dell'Alleanza ed è una delle cose possibili che possono succedere. Finora non ne abbiamo parlato in modo più esplicito perché fino a quando – come ho detto nella relazione – non ci sono degli accordi giuridici, questa decisione non può essere assunta.
  Che cosa stanno facendo gli stati maggiori ? Ecco, in genere gli stati maggiori si preparano a qualsiasi opzione, come quella del rientro di tutti i contingenti perché non ci sarà nessuna missione o del mantenimento di alcune persone. Non decidono per il Parlamento, ma preparano scenari per essere pronti, sulla base delle decisioni che verranno assunte.
  Stiamo cominciando a parlarne qui, nei termini in cui oggi è possibile farlo, cioè senza una decisione assunta perché senza quel quadro di accordi di cui dicevo è impossibile procedere per deliberazioni.
  Entrambi i candidati che sono arrivati al ballottaggio alle elezioni afghane hanno messo nel loro programma il fatto che chiederanno questa missione (invero, lo avevano detto anche tutti gli altri). Pertanto, è probabile che si configurerà una richiesta esplicita. Tuttavia, a oggi, siamo ancora nella fase in cui deve avvenire il ballottaggio, quindi ancora alle intenzioni elettorali, senza una richiesta esplicita.
  Per quello che riguarda il Centrafrica abbiamo agito sulla base della risoluzione Ruffino. Come sapete, in assenza della legge quadro sulle missioni internazionali nella quale si potranno decidere quali debbano essere le modalità, viene utilizzato questo strumento. In questo caso, il Governo informa tempestivamente le Camere, come è stato fatto. A oggi, infatti, non è partito ancora nessuno, ma vi abbiamo avvisato di una richiesta e di una nostra disponibilità.
  Nel caso si voglia fare una risoluzione, questa deve essere proposta dal Parlamento. Non è il Governo che propone, in questo caso, una risoluzione. Quindi, da questo punto di vista, c’è la vostra piena autonomia rispetto a questa possibilità.
  A oggi, non essendo ancora partita, la missione non ha costi. Pertanto, valuteremo ciò nell'ambito del «decreto missioni» e nel momento in cui si deciderà di partire.
  Per quello che riguarda la richiesta sulla Libia, ne parlerà il Ministro Mogherini perché è più da politica estera.
  Riguardo a Mare Nostrum nel «decreto missioni», non capisco perché questo dovrebbe apparire in contrasto con la Costituzione. La missione Mare Nostrum non è un compito di istituto delle Forze armate e non sarà un compito di istituto della Pag. 20Marina, bensì una missione, decisa in questo caso non da un'alleanza, ma dall'Italia, affidata alla Marina, stante una situazione di emergenza particolare. Non pensiamo che la Marina dovrà svolgere per sempre questo compito. È stato deciso dal Governo perché c'era una situazione di dramma umanitario e un'entità di partenze tale che soltanto navi consistenti, che possono contenere numeri così alti, ovvero quelle che ha la Marina, potevano rispondere a questa esigenza.
  Come sapete, viene anche fatto contrasto e vengono arrestati i trafficanti e, pertanto, il soccorso in mare non è il compito precipuo. Quindi, da questo punto di vista, non è dentro il bilancio ordinario della difesa perché non è un compito che la difesa dovrà svolgere per sempre. Anzi, ci auguriamo che l'emergenza umanitaria finisca presto e che ci siano altre situazioni.
  Detto ciò, a oggi costa ed è comunque un costo che sta sostenendo il bilancio ordinario della difesa, senza aver avuto altri investimenti. Essendo molti mesi che questa missione va avanti, ciò rende oggettivamente difficile la gestione perché sono soldi che, in genere, sono utilizzati per il funzionamento (addestramento, manutenzione dei nostri mezzi e così via). Penso, dunque, che quello del «decreto missioni» sia uno strumento proponibile perché non riusciremmo a proseguire la missione con i fondi ordinari del Ministero della difesa. Peraltro, una soluzione deve essere presa e non considero strano che nel «decreto missioni» vi sia la missione antipirateria, ma anche Mare nostrum, che salva delle vite umane e svolge un'azione di contrasto alla tratta di esseri umani.
  In merito alla relazione sulla legge n. 185 del 1990, ogni ministero fa una propria parte di relazione, ma è la Presidenza del Consiglio che la invia al Parlamento perché raccoglie i punti di vista dei diversi ministeri. Invece, è di competenza del Ministero della difesa il Documento programmatico pluriennale, che effettivamente aveva come termine il 30 aprile. Tuttavia, il documento va riscritto perché – come immagino abbiate letto anche sulla stampa, oltre che conosciuto nelle relazioni – sulla base del provvedimento con il quale abbiamo stabilito i 10 miliardi che finanziano gli 80 euro, il Ministero della difesa ha messo a disposizione 400 milioni di investimenti. Pertanto, stanno rivedendo quel documento, che era stato predisposto e che era pronto da consegnare, in base alle scelte che sono state fatte in relazione ai tagli di investimenti.
  Di questo mi scuso. Quanto prima lo presenteremo al Parlamento. Tuttavia – ripeto – il motivo per cui non è stato consegnato è che a fine di aprile è intervenuta una decisione che cambia radicalmente il documento predisposto in precedenza. D'altronde, 400 milioni di tagli rendono significativamente diverso il DPP.
  Sulla richiesta in merito alla scorta armata, devo dire che non è una richiesta che viene dagli Stati Uniti. Fa parte dei trattati di alleanza che abbiamo, ma è più una nostra volontà che non una richiesta esplicita sia perché si parla di Mar Mediterraneo, dove riteniamo di doverci essere, sia perché l'Italia si era impegnata fortemente nel progetto contro le armi chimiche e per la loro distruzione.
  Non è legato, quindi, al fatto che ci è stato richiesto (come mai, essendo gli Stati Uniti una potenza lo chiedono all'Italia ?) ma è perché, nell'ambito dell'Alleanza, pensiamo di poter svolgere questo ruolo.
  Per quanto riguarda l'entità finanziaria delle diverse operazioni, a oggi le nuove operazioni non hanno ancora un peso finanziario perché, come in Centrafrica, devono ancora essere intraprese.

  FEDERICA MOGHERINI, Ministro degli affari esteri. Riprendo alcuni punti, cominciando dall'osservazione giustissima del senatore Tonini che richiamava il fatto che il ruolo dell'Italia in Libano è universalmente riconosciuto.
  Faccio un inciso rassicurante in relazione a quanto vengano riconosciuti i ruoli dei diversi Paesi europei in Libano. L'Italia in Libano è, per definizione, l'attore su cui fare affidamento per la stabilizzazione, proprio perché ha avuto capacità di dialogo Pag. 21e di mediazione con tutti gli attori sia interni sia regionali. Da quello che ho tratto dalle conversazioni in sede di Nazioni Unite, anche ai più alti livelli, riguardo alla preoccupazione libanese – come ricordava il senatore Tonini – per cui se non sarà un italiano a capo dell'UNIFIL ci saranno problemi, penso che potremmo avere degli scenari rassicuranti. Vi sarà qualche settimana prima della decisione ufficiale, ma credo ci sia consapevolezza piena, non soltanto libanese, ma anche a livello internazionale, del fatto che l'Italia lì ha un valore aggiunto specifico, che deriva dall'essere riconosciuta da tutti per avere grande capacità e professionalità militare, nonché grande capacità di dialogo con tutte le parti in causa, che è esattamente il tipo di valore aggiunto che possiamo avere anche in Libia.
  Sono d'accordo sul fatto che dovremmo avere il focus principale proprio in Libia. Non dovremmo perdere nessuna occasione. Sarà così anche al Consiglio europeo di questa sera e di nuovo al G7 della prossima settimana e poi al Consiglio affari esteri di quella successiva. Anche oggi, in un incontro al vertice interministeriale che abbiamo avuto con la Slovenia abbiamo inserito un paragrafo sulla Libia nella dichiarazione finale. Insomma, non manchiamo nessuna occasione internazionale, bilaterale o multilaterale, per richiamare l'attenzione sull'interesse comune di tutta l'Europa e di tutta la comunità internazionale a stabilizzare la Libia.
  Il ruolo dell'Italia è basato non soltanto sulla storia o sulla vicinanza fisica perché siamo uno dei Paesi confinanti, seppure attraverso il mare, o su ovvi e giustamente ricordati legami economici, commerciali o energetici, ma anche sul fatto che l'Italia ha una capacità di comprensione delle dinamiche molto complesse interne alla Libia e una capacità di ascolto delle aspirazioni del popolo libico, per cui può svolgere utilmente un ruolo di facilitazione e mediazione che è esattamente quello di cui c’è bisogno in queste ore.
  Quanto a una domanda dell'onorevole Artini sulla Libia, il punto non è tanto capire qual è il ruolo o chi è dietro una cosa o l'altra perché la frammentazione interna al Paese, anche a prescindere dalle dimensioni internazionali o regionali, e la fluidità, per usare un eufemismo, sono tali che gli aggiornamenti delineano scenari in movimento di ora in ora.
  Al momento abbiamo un Primo Ministro uscente; un Primo Ministro incaricato, con un Governo a cui mancano sei ministri fondamentali da indicare; un processo di revisione costituzionale avviato difficilmente in un'altra sede diversa dal Congresso; elezioni prima convocate per agosto e poi forse anticipate a giugno, con un punto interrogativo a seconda se si formi o meno il Governo; una situazione di sicurezza sul terreno complicata, se è vero che ci sono pressioni esterne pacifiche (pensiamo alle manifestazioni di piazza che ci sono state soltanto pochi giorni fa) o armate.
  In definitiva, è una situazione in cui il ruolo della comunità internazionale e quello che l'Italia sta svolgendo, insieme agli attori regionali coinvolti e alla comunità internazionale, a partire dall'Unione europea e dalle Nazioni Unite, è quello di mandare il più univoco, chiaro e forte messaggio alla Libia della necessità di trovare un punto di dialogo comune pacifico e politico.
  Può essere che il messaggio arrivi o meno; può essere che arrivi, ma non gli venga dato seguito; può essere che non ci sia la volontà o la capacità di dargli seguito. Credo, però, che il nostro ruolo in questo momento non sia scegliere se stare con una delle tante parti, bensì di dire a tutte le parti, insieme a tutti gli altri attori internazionali (sottolineo tutti), che c’è bisogno di un processo politico con piena ownership libica, sostenuto dall'intera comunità internazionale perché la stabilità è nell'interesse di tutti.
  Sempre sulla Libia, il primo obiettivo, anche per gestire in modo razionale il transito dei flussi migratori e dei richiedenti asilo, è quello di aver un Governo. È banale, ma è il primo fondamentale e minimo elemento necessario.
  Il secondo è di avere un Governo che sia in grado di avviare una discussione al Pag. 22proprio interno e con i libici sul sostegno e sulla firma di alcune convenzioni internazionali che renderebbero sicuramente possibile o facile l'internazionalizzazione della gestione dei flussi migratori e di richiedenti asilo.
  Abbiamo di recente parlato di questo con Antonio Guterres, l'Alto rappresentante dell'ONU per i rifugiati. In questo momento, l'UNHCR non può operare in Libia. C’è bisogno, quindi, non soltanto di un Governo, ma anche di un Governo che dia segno di un chiaro impegno sul versante del rispetto dei diritti umani e degli standard internazionali, con l'adesione a delle convenzioni internazionali che sono fondamentali perché questa internazionalizzazione della gestione dei flussi avvenga. Su questo stiamo lavorando.
  C’è, poi, bisogno di un terzo elemento che è quello del coinvolgimento più consapevole e più attivo della comunità internazionale, innanzitutto Unione europea e Nazioni Unite. Sono convinta che le Nazioni Unite possano svolgere un ruolo molto importante in Libia, come in parte già hanno fatto, perché il coinvolgimento di attori anche regionali, nordafricani e africani, se gestito in modo appropriato, può essere un elemento utile.
  Un quarto elemento fondamentale per la stabilizzazione in Libia e per la gestione dei flussi migratori e di richiedenti asilo riguarda il lavoro di lungo periodo a cui si riferiva l'onorevole Marazziti, che dobbiamo tenere come prioritario. Oggi infatti gestiamo l'esistente, ma il nostro compito dovrebbe essere anche quello di prevenire quello che potrebbe accadere da qui a dieci anni, lavorando quindi sulle radici del fenomeno, ovvero sulla prevenzione dei conflitti, sulla riduzione delle ineguaglianze, sulla distribuzione delle risorse e delle ricchezze, sull'accesso ai servizi fondamentali, sulla promozione dei diritti umani. Tutto questo, soprattutto nell'Africa subsahariana, è garanzia che un Governo italiano tra dieci anni potrà avere da gestire una situazione decisamente diversa perché avremo lavorato con lungimiranza proprio sulle radici del fenomeno.
  Sull'Afghanistan, aggiungo alle parole del Ministro Pinotti, che condivido, il fatto che non solo la discussione su Resolute Support e su quello che verrà dopo la fine di ISAF è in corso all'interno dell'Alleanza atlantica, ma dovrà essere, e sarà bene che sia, oggetto di discussione tra l'Alleanza e il Governo afgano.
  Non sarebbe corretto e neanche auspicabile pensare che discutiamo in un Parlamento o in un Governo nazionale uno scenario, non solo a prescindere da un'Alleanza che è multilaterale, ma anche dall'individuazione del tipo di assistenza alla formazione, al training e all'equipaggiamento di cui ha bisogno il nuovo Governo afgano e con quali modalità questo tipo di sostegno può svolgersi.
  Il principio fondamentale è questo: non dobbiamo tener conto soltanto dell'approccio multilaterale, ma anche del pieno coinvolgimento delle autorità afgane nella decisione, quindi anche della richiesta di quale tipo di accompagnamento alla transizione e alla sicurezza hanno bisogno.
  La domanda successiva dell'onorevole Artini riguarda la situazione di sicurezza in Afghanistan. È esattamente questo il motivo per cui abbiamo bisogno di parlare con le autorità afgane una volta che saranno insediate; dobbiamo capire di quale tipo di assistenza per la sicurezza avranno bisogno perché una volta completata la fase di passaggio di poteri e di operatività alle forze di sicurezza afgane da parte delle forze di ISAF e una volta insediata la nuova leadership afgana, ci sarà bisogno che siano concordati con essa gli obiettivi e le modalità di attuazione. Fino a oggi hanno detto di sì, ma dobbiamo attendere i passaggi ufficiali.
  Non è, quindi, una discussione autoreferenziale che facciamo da questo lato del mondo, ma va fatta insieme agli afgani. Credo che questo sia un elemento di saggezza e anche un approccio nuovo al modo di immaginare la nostra presenza lì.
  Come ultimo punto, sulle armi chimiche mi risulta che manca ancora un 8 per cento di materiali, quindi lo stesso di qualche settimana fa, per la difficoltà di accesso al sito. La situazione in Siria è Pag. 23drammaticamente ferma dal punto di vista della soluzione politica del post «Ginevra 2», ma anche drammaticamente attiva dal punto di vista degli scontri.
  Sono d'accordo sulla necessità di avere un'attenzione particolare al tema dei profughi perché riguarda in modo molto consistente il Libano, la Turchia e la Giordania, tre Paesi che, in modi molto diversi, possono, soprattutto se il conflitto continua ad andare avanti, subire dei contraccolpi molto seri sulla propria stabilità e sulla propria vita democratica interna.
  Sappiamo benissimo che si tratta di pressioni che si fa fatica a gestire in modo costruttivo. Avremmo, però, anche bisogno di lavorare di più sull'assistenza umanitaria dentro i confini siriani, posto che esistano, perché l'assistenza umanitaria in questo momento non sta funzionando; abbiamo quindi drammaticamente bisogno di far arrivare gli aiuti. A questo riguardo, stiamo sostenendo l'iniziativa in sede di Nazioni Unite di proposta di operazioni cross border, che forse possono essere l'unica possibilità di avere un intervento almeno sul versante umanitario, visto che, appunto, su quello politico, in questo momento, sembra che la situazione sia priva di grandi sbocchi positivi.
  Per quanto riguarda la domanda sui marò, non ho elementi – e non potrei averli – sul ruolo di Rohatgi. Tuttavia, nel momento in cui abbiamo intrapreso la richiesta di scambio di punti di vista (exchange of views), su cui aspettiamo che sia il nuovo Governo che si è insediato ieri a darci una risposta, ci auguriamo un riscontro in tempi rapidi e anche in termini positivi. Come noto, abbiamo attuato la via dell'internazionalizzazione della vicenda; a tale riguardo è evidente che tutta la gestione di questa fase viene ricondotta al gruppo di esperti giuridici a cui facevo riferimento prima. Il nome dell'esperto, che ripeto per dovere di chiarezza, è sir Daniel Bethlehem.
  Il suo profilo si trova facilmente ovunque, ma se volete possiamo farvi avere non solo i dettagli del suo curriculum, cui ho fatto prima riferimento, ma anche la composizione completa del team di giuristi, composto da alcuni italiani e da alcuni esperti internazionali, che in questo momento adottano, in modo coordinato e unitario, la gestione di tutta la vicenda.
  Spero di aver risposto a tutto.

  PRESIDENTE. Nel ringraziare le ministre del contributo prezioso ai lavori parlamentari, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.20.