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XVII Legislatura

Commissioni Riunite (III-XIV Camera e 3a-14a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Mercoledì 9 luglio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bordo Michele , Presidente ... 2 

Comunicazioni del Governo sugli esiti del Consiglio europeo del 26 e 27 giugno 2014:
Bordo Michele , Presidente ... 2 
Gozi Sandro (PD) , Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega agli affari europei ... 2 
Bordo Michele , Presidente ... 7 
Orellana Luis Alberto  ... 7 
Marazziti Mario (PI)  ... 7 
Colonnese Vega (M5S)  ... 8 
Mussini Maria  ... 9 
Guerrieri Paleotti Paolo  ... 10 
Buttiglione Rocco (PI)  ... 10 
Chaouki Khalid (PD)  ... 12 
Bordo Michele , Presidente ... 13 
Gozi Sandro (PD) , Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega agli affari europei ... 14 
Bordo Michele , Presidente ... 20

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: (NCD);
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Libertà e Diritti-Socialisti europei (LED): Misto-LED.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA XIV COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI MICHELE BORDO

  La seduta comincia alle 20.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Comunicazioni del Governo sugli esiti del Consiglio europeo del 26 e 27 giugno 2014.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le comunicazioni del Governo sugli esiti del Consiglio europeo del 26 e 27 giugno 2014.
  Saluto, anche a nome delle Commissioni riunite affari esteri e politiche dell'Unione europea di Camera e Senato, il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega agli affari europei, Sandro Gozi, che ringrazio per la sua presenza e al quale cedo subito la parola.

  SANDRO GOZI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega agli affari europei. Se le Commissioni sono d'accordo, io svolgerei una presentazione sul tema all'ordine del giorno, aggiornata anche alle discussioni e agli eventi che si sono svolti ieri, perché credo abbia più senso che si dia luogo ad un dibattito che includa anche i primi passi che si sono intrapresi dopo la riunione dei Capi di Stato e di Governo di fine giugno. Questo ci permetterà anche di lasciare spazio alle domande.
  Cercherò, quindi, di essere sintetico, perché credo che molto sia già stato detto e che voi siate pienamente informati sui diversi aspetti del vertice di giugno. Credo sia interessante, certamente per me come rappresentante del Governo, ma anche per voi come membri del Parlamento, affrontare e discutere i nodi politici più importanti.
  Passo ai messaggi che vorrei trasmettervi. In primo luogo, il cambio di metodo è importante, perché, come spesso le forme fanno parte della sostanza, anche i metodi in politica europea fanno parte della sostanza. Il cambio di metodo consiste nel fatto che, per la prima volta dall'inizio di una legislatura – che per noi deve essere una legislatura in cui si avvia un vero e proprio nuovo ciclo politico a livello europeo – il Consiglio europeo ha indicato quali devono essere, dal punto di vista dei Capi di Stato e di Governo, le priorità strategiche attorno alle quali l'Unione europea dovrà lavorare nei prossimi anni e, soprattutto, le priorità politiche che hanno preceduto la designazione del presidente della Commissione.
  La designazione di Jean-Claude Juncker da parte del Consiglio europeo è avvenuta tenendo conto ovviamente, come stabilito nei Trattati, del risultato delle elezioni europee. Essa è stata anche accompagnata e preceduta dall'indicazione delle grandi priorità politiche attorno alle quali vogliamo che l'Unione europea si organizzi e lavori nei prossimi anni. Ciò non era scontato, e io credo che sia un grande passo in avanti anche per quanto riguarda il ruolo di indirizzo politico e di Pag. 3orientamento che spetta al Consiglio europeo e che, questa volta, il Consiglio ha esercitato pienamente.
  Noi siamo soddisfatti del cosiddetto «documento Van Rompuy», ossia dell'Agenda strategica per la nuova legislatura, innanzitutto perché è il metodo proposto dall'Italia, che è diventato il metodo di lavoro comune nell'Unione europea: prima si deve discutere delle cose da fare, delle priorità politiche e – poi – dei nomi, a partire dal presidente della Commissione.
  Siamo soddisfatti anche perché ritroviamo molte delle proposte che avevamo presentato allo stesso presidente Van Rompuy in via informale, con un documento, pubblicato anche quello insieme al programma ufficiale della presidenza italiana, nel sito della Presidenza del Consiglio relativo al semestre europeo. Il documento citato è in inglese e si intitola «A fresh start for the European Union», ossia un nuovo inizio per l'Unione europea. Al suo interno avevamo già indicato varie priorità politiche e anche approcci alle politiche esistenti che abbiamo ritrovato nel citato documento Van Rompuy.
  C’è da essere molto soddisfatti ? No. C’è da gridare alla vittoria perché tutto è stato ottenuto ? No. Occorre riorientare le politiche dell'Unione europea, soprattutto nei settori chiave per l'Italia e per l'Europa, come la questione delle politiche economiche di crescita e di lotta contro la disoccupazione; il sistema dei diritti fondamentali; la politica, in particolare, all'interno di questa macroarea; le politiche di immigrazione e le politiche di asilo, ivi inclusa la gestione delle frontiere esterne; e, ancora, il funzionamento del sistema istituzionale dell'Unione europea, oggi.
  È evidente che, per riorientare tutto questo, occorre adesso svolgere un importante lavoro di attuazione degli orientamenti strategici indicati nel documento Van Rompuy, nonché di attuazione delle conclusioni del Consiglio europeo, che contengono dei passi in avanti importanti e operativi, per alcuni aspetti, come, per esempio, la frontiera esterna, il Mediterraneo e le politiche in materia di immigrazione.
  Adesso, quindi, l'impegno del Governo – ed è l'impegno che noi auspichiamo sia anche del Parlamento – è quello di lavorare e spingere, attraverso l'esercizio della nostra presidenza di turno e il lavoro politico che, come Governo e Parlamento dobbiamo fare, perché queste priorità politiche comincino a essere attuate.
  In ordine di tempo, il primo test che abbiamo effettuato sulla necessità di lavorare intensamente per passare a una fase operativa di attuazione degli orientamenti strategici del documento di Van Rompuy si è avuto ieri, nel Consiglio Ecofin, che, come sapete, si è tenuto a Milano.
  Cosa dice l'Agenda strategica di Van Rompuy e perché noi la riteniamo positiva ? La riteniamo positiva perché indica due aspetti molto importanti. Da una parte c’è un'attuazione più al servizio della crescita – qualcuno avrebbe detto più intelligente – del Patto di stabilità e crescita. Soprattutto ci interessa la parte del documento in cui si dice che l'attuazione del Patto di stabilità e crescita richiede anche di sfruttare al meglio la flessibilità insita nelle norme esistenti del Patto stesso. Ciò vuol dire, in sostanza, che finalmente anche la parte dedicata alla crescita delle regole e delle politiche comuni deve essere pienamente attuata, innanzitutto, ma non solo, dalla Commissione europea e dalla nuova Commissione europea.
  Noi non vogliamo esprimere un giudizio di merito su quello che è stato fatto negli anni scorsi. Non ci interessa. Ci interessa evitare che quanto è stato fatto, e soprattutto quanto non è stato fatto negli anni scorsi, si ripeta nel nuovo ciclo politico.
  Sappiamo benissimo che, grazie anche agli sforzi che l'Italia ha compiuto, come a quelli compiuti da altri Paesi, la situazione in cui ci troviamo oggi è una situazione di gran lunga migliore di quella in cui ci trovavamo solo due o tre anni fa. Non siamo più nell'occhio della tempesta finanziaria e non è più la salvezza della «zona euro» l'oggetto principale dei nostri lavori. Oggi, l'oggetto principale – non lo dice l'Italia, non lo dice il Presidente del Consiglio italiano, ma lo dicono 28 Capi di Stato e di Pag. 4Governo, nero su bianco, nel documento Van Rompuy – la grande questione, che è diventata di interesse comune, europeo, è la questione della crescita.
  Pertanto, occorre, in maniera operativa, innanzitutto applicare il Patto di stabilità e crescita, che vorremmo leggere tutto e applicare tutto, senza fermarci alla parola «stabilità». Dopo la parola «stabilità» non c’è un punto, ma ci sono una congiunzione, «e», e un altro sostantivo, «crescita». Siamo tutti d'accordo che abbiamo raggiunto la stabilizzazione dei mercati finanziari. Oggi, però, bisogna attuare l'aspetto della crescita.
  Questo si fa, innanzitutto, con un'attuazione che sfrutti i margini di flessibilità. Faccio un esempio concreto, così facilitiamo anche la discussione: che cosa intendiamo noi per flessibilità ? Noi intendiamo realizzare in vari settori e in varie politiche, e intendiamo farlo fare agli altri Governi, quello che abbiamo indicato nel Documento di economia e finanza per quanto riguarda – ecco l'esempio concreto – il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese, in attuazione della direttiva europea sulle transazioni commerciali.
  Cos’è stato fatto nel Documento di economia e finanza e cosa stiamo facendo noi attraverso le varie misure, sia di tipo legislativo, sia di tipo operativo, su cui, peraltro, stiamo lavorando anche insieme ? Penso al pacchetto legge di delegazione europea e legge europea. Abbiamo detto che è stimato in circa 60 miliardi di euro l'ammontare dovuto dallo Stato e dalla pubblica amministrazione italiani – Stato centrale ed enti locali – alle imprese per pagamenti in ritardo.
  Questa è, innanzitutto, una questione di etica della cosa pubblica. È impensabile e inaccettabile che in Italia le imprese continuino a chiudere per crediti nei confronti dello Stato. Questo corrisponde a un obiettivo comune europeo ed è oggetto di una direttiva sulla quale stiamo lavorando per consentirne una piena e migliore attuazione in Italia.
  Nell'immediato, ciò comporta un leggero scostamento nella traiettoria di riduzione del debito pubblico, rispetto a quanto dal precedente Governo e dall'Italia era stato comunicato alle autorità europee, lo sappiamo. Dato, però, che riteniamo che ciò corrisponda a un interesse economico strategico nazionale e a un obiettivo comune europeo – basti guardare alle Country-specific Recommendations che riguardano l'Italia – nonché a un obbligo di attuazione piena della direttiva, noi diamo la priorità al tema dei pagamenti della pubblica amministrazione, che è un tema legato alla crescita. Questo vuol dire immettere maggiore liquidità nel mercato e permettere alle imprese di sopravvivere ed eventualmente di creare nuovi posti di lavoro.
  Se questo, nell'immediato, ha un effetto di innalzamento del debito pubblico, non è rilevante e soprattutto non comporta una deroga o, ancora meno, una violazione del Patto di stabilità e crescita, perché nelle norme è chiaramente indicato che, se delle misure hanno un effetto benefico in termini di crescita, nel medio periodo, rispetto anche al raggiungimento degli obiettivi di medio periodo, ma nell'immediato possono comportare un innalzamento del debito, ciò è pienamente compatibile e pienamente in attuazione del Patto di stabilità e crescita.
  Vi ho fatto questo esempio perché credo che sia importante ridurre a esempi concreti quale sia il significato di flessibilità. Ciò è stato fatto negli anni passati ? No. Non è stato mai applicato in questo modo il Patto di stabilità e crescita. È possibile applicarlo in questo modo ? Sì. C’è un impegno politico, oggi, a farlo applicare in questo modo ? Sì, è nel documento strategico Van Rompuy.
  Possiamo stare tranquilli che il lavoro sia finito ? Certamente no, perché anche dalle discussioni che hanno accompagnato le conclusioni, che sono positive, da questo punto di vista, per l'Italia e per questa concezione dell'Europa, del Consiglio Ecofin di ieri, vediamo che, soprattutto nel club più difficile d'Europa, che è l'Ecofin, c’è ancora molto lavoro da svolgere.
  Questo aspetto è molto legato anche, per quanto riguarda l'Italia, alla profondità Pag. 5e al ritmo con cui noi riusciremo a portare avanti quelle riforme nazionali che sono interesse dell'Italia e che sono oggetto – da tanto tempo – delle raccomandazioni al singolo Paese dell'Unione europea.
  Se voi prendete la riforma della pubblica amministrazione, la riforma della giustizia, la riforma del mercato del lavoro, i ritardi dei pagamenti della pubblica amministrazione, non trovate solo temi che riempiono le pagine dei giornali italiani, ma trovate anche l'elenco delle raccomandazioni che, per anni, l'Unione europea ha fatto all'Italia.
  È evidente, quindi, che c’è una sinergia tra l'approfondimento e l'aumento del ritmo col quale noi attuiamo queste riforme e la nostra capacità di aumentare la nostra influenza e di combattere contro una serie di pregiudizi che ci sono, molto forti, nei confronti anche dell'Italia e che emergono chiaramente in tutte le discussioni, soprattutto in quelle del Consiglio Ecofin.
  Questa è la ragione, peraltro, per cui noi abbiamo lavorato per riorientare politicamente l'Unione europea, in quel settore, a livello di Capi di Stato e di Governo. Vi dico già che, per quanto io pensi che le prossime tappe di avanzamento, in questo e in altri settori, potranno essere fatte solo se si lavora a livello di Capi di Stato e di Governo, in questa fase, però, certamente il primo aspetto è stato confermato. L'accento sulle riforme strutturali, la priorità sul miglior uso della flessibilità e la necessità di parlare – ed è la seconda parte di quanto volevo dirvi in materia economica – e di lavorare su di un Piano di investimenti europeo sono priorità che sono state confermate e che sono state anche meglio specificate nel Consiglio Ecofin di ieri.
  Certamente, si è fatto un altro passo in avanti ed è iniziata l'attuazione degli orientamenti politici del Consiglio europeo. Dobbiamo, però, lavorare ancora molto, soprattutto per la seconda parte, di cui si parla poco, ma che, secondo me, è molto più importante della prima.
  Nel momento in cui noi abbiamo detto che la crescita è una questione di interesse comune europeo, noi dobbiamo, e lo prevede il documento Van Rompuy, dotarci degli strumenti finanziari a livello europeo per promuovere la crescita e per promuovere dei Piani di investimenti europei nei settori indicati nel documento Van Rompuy e che sono considerati dal Consiglio europeo come strategici per la crescita europea: infrastrutture nel settore delle telecomunicazioni, energia, Agenda digitale, ricerca, istruzione sono considerati come strategici e oggetto di una nuova politica di crescita europea dal documento Van Rompuy.
  Lo stesso documento invita l'Unione europea, e innanzitutto il presidente della Commissione europea, a mobilitare le risorse finanziarie esistenti al servizio di questi obiettivi d'investimento, a fare un uso ancora più forte della Banca europea degli investimenti per raggiungere questi obiettivi e anche a lavorare per sviluppare nuovi strumenti finanziari. Possono essere i project bond o il «metodo Cassa depositi e prestiti» a livello europeo. Di questo si parlerà al Consiglio informale di settembre, ma questa è la parte che è drammaticamente mancata all'Europa dai tempi del Piano Delors.
  Siamo ancora in questa fase. Non abbiamo ancora dotato l'Europa degli strumenti per dare un senso concreto all'affermazione «la crescita non è più una cosa che lasciamo ai singoli Stati membri, ma è una cosa d'interesse comune». Questa, quindi, è l'altra parte su cui bisogna lavorare.
  L'ultimo punto che è stato confermato ieri, ed è importante che ciò sia stato fatto, è che entro la fine di quest'anno, cioè nel nostro semestre, la Commissione si è impegnata a presentare al Consiglio e al Parlamento europeo un rapporto e quindi una valutazione sull'applicazione del nuovo quadro di governance dell'euro. Si tratta di una valutazione sulla prima fase di attuazione dei cosiddetti two-pack e six-pack.
  Certamente questo rapporto, che verrà presentato durante il nostro semestre, rappresenterà un'altra occasione per valutare quello che è stato fatto e che non è stato Pag. 6fatto, in questi anni, e per vedere come mettere questo quadro giuridico al servizio di questi nuovi obiettivi, che, ripeto, non sono più solo una priorità italiana, ma sono un patrimonio comune politico europeo, indicato in questo documento.
  Il secondo aspetto, presidente – e concludo, perché credo sia inutile passare in rassegna tutte le singole conclusioni del Consiglio; ovviamente, poi, se i senatori e i deputati hanno domande da porre, sarò ben lieto di rispondere anche su altri aspetti – riguarda il tema dei diritti fondamentali e delle politiche di immigrazione e d'asilo. Questo è un altro aspetto su cui noi riteniamo siano stati compiuti passi avanti molto importanti, per quanto riguarda sia le conclusioni del Consiglio europeo, sia il documento strategico Van Rompuy.
  I 28 Capi di Stato e di Governo si sono impegnati a lanciare nuove iniziative, alla luce dei princìpi di responsabilità condivisa e di condivisione equa dell'onere – per quanto riguarda la gestione della frontiera comune – e a rafforzare il ruolo di Frontex. Per noi il cosiddetto Frontex plus comporta aumentare le risorse finanziarie e chiedere ad altri Stati membri di assumersi le loro responsabilità.
  Posso anche annunciarvi che c’è già un dialogo, molto intenso, fra il Ministro dell'interno italiano e il Ministro dell'interno francese, perché la Francia – che fino a poco tempo fa ha avuto una posizione quantomeno tiepida, rispetto all'operazione Mare Nostrum – ora, cominci ad assumersi le proprie responsabilità.
  Malta, in base alle mie informazioni, proporrà finalmente di assumersi le proprie responsabilità attorno all'Agenzia Frontex. Noi vogliamo organizzare una progressiva uscita dall'operazione Mare Nostrum e una progressiva entrata, alla luce di quanto è stato detto al vertice europeo, di una Frontex rafforzata, con una partecipazione maggiore degli Stati membri. Vogliamo anche lavorare sui partenariati con i Paesi di origine e di transito, unendo meglio l'aspetto di cooperazione economica con l'impegno a gestire in maniera congiunta i flussi migratori.
  Certamente, l'esperienza che comincia a dare frutti di partenariato con il Marocco va estesa a tutti i Paesi del Nord Africa. Metto tra parentesi la questione libica, perché sappiamo tutti qual è la situazione adesso in Libia. Non è certo una conclusione del Consiglio europeo che la risolverà in poche ore e in pochi giorni. Tuttavia, l'impegno, come Unione europea, di lavorare attraverso questi partenariati con i Paesi d'origine e di transito è certamente qualcosa di molto importante.
  In materia di asilo noi vogliamo spingere, e in questa direzione va il documento, per sviluppare un vero sistema d'asilo comune. Infatti, se noi stiamo pagando il costo della «non Europa» in materia di gestione delle frontiere comuni e di politica dell'immigrazione, noi, e altri Paesi molto più di noi – prendo l'esempio della Svezia – stiamo pagando il costo della «non Europa» in termini di sistema del diritto d'asilo comune, perché, in termini relativi rispetto al peso demografico della Svezia, la Svezia sta gestendo il 300-400 per cento in più di domande d'asilo rispetto ad altri Paesi.
  Cosa ci dice questo ? Ci dice che, innanzitutto, italiani e svedesi, che sono sempre visti come contrapposti, sono vittime entrambi. Pagano entrambi il costo della non Europa in materia di politica di immigrazione e gestione delle frontiere comuni e della non Europa in materia di diritto d'asilo. Questo vuol dire certamente avanzare anche rapidamente – come previsto nella legge di delegazione europea che la Camera ha approvato – verso il rafforzamento e il miglioramento del sistema d'asilo italiano.
  L'ultimo punto che rimane una nostra priorità, ma che non figura nella versione finale, mentre figurava nell'ultima bozza del documento Van Rompuy e nelle conclusioni del Consiglio, è il tema del principio del mutuo riconoscimento delle decisioni degli Stati membri in materia di asilo.
  Perché alla fine questo punto è saltato ? Perché c’è stata una fortissima opposizione britannica e, poiché avevamo anche altre questioni molto importanti su cui stavamo mettendo nettamente in minoranza, Pag. 7e in minoranza isolata, i britannici, abbiamo ritenuto di non insistere anche su questo punto, dicendo chiaramente, però, che tornerà a essere oggetto delle nostre discussioni e a essere una priorità nel lavoro concernente la giustizia e gli affari interni e nei lavori del Consiglio europeo durante il nostro semestre. Voglio osservare che questo è stato un tema che l'Italia non ha trovato, ma che ha posto, che ha ritenuto e che ritiene di porre nuovamente durante il nostro semestre.
  Avverto – e concludo, presidente – i senatori e i deputati che questo comporta fare uno sforzo importante, anche come Italia, per lavorare seriamente sull'attuazione della legge di delegazione europea per quanto riguarda le direttive in materia d'asilo e di protezione internazionale. Noi, infatti, non possiamo pretendere che ci sia il principio del mutuo riconoscimento e, allo stesso tempo, non attuare rapidamente tutte le direttive in materia d'asilo e di protezione internazionale che l'Italia deve ancora recepire, perché le due cose stanno evidentemente insieme.

  PRESIDENTE. Ringrazio il sottosegretario Gozi.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LUIS ALBERTO ORELLANA. Pongo una brevissima domanda. Prima di questa interlocuzione ho letto le conclusioni del Consiglio europeo del 26 e 27 giugno e ho visto che, effettivamente, nei primi punti, entro i primi nove di questo documento, è stato affrontato il tema dei flussi migratori, come è stato anche riferito. Di questo parla il Consiglio europeo, ed entrambi i rami del Parlamento se ne sono diffusamente occupati negli ultimi tempi. Si tratta, infatti, di un problema che ci investe direttamente. Conosciamo i numeri rilevanti di coloro che stanno continuamente giungendo sulle nostre coste, di persone che mettono addirittura a repentaglio la loro vita e, a volte, tutti i risparmi della loro vita per tentare di arrivare in Europa. Generalmente fuggono da situazioni di guerra, da situazioni insostenibili per loro.
  Tornando, però, alle nostre attività parlamentari, lo scorso 10 giugno, per esempio, in Senato, sono state approvate alcune mozioni sul tema Mare Nostrum. In particolare, faccio riferimento a quella che ho sottoscritto e che è stata approvata e che, nei petita, chiedeva – cito testualmente – «impegna il Governo ad adottare ogni iniziativa utile, anche in considerazione dell'avvio del semestre di presidenza italiana dell'Unione europea, volta a trasformare l'operazione Mare Nostrum in una missione dell'Unione europea».
  Nelle conclusioni di questo Consiglio europeo nulla si dice della missione Mare Nostrum, seppure lei precedentemente l'abbia citata e, soprattutto, nulla si dice dell'impegno di farla diventare una missione europea né di un suo futuro coordinamento all'interno dell'Agenzia Frontex.
  Vorrei sapere: ci può rassicurare sul fatto che se ne sia parlato in Consiglio, cioè che il Governo abbia posto la questione ? Quali sono state le posizioni degli altri membri del Consiglio ? È importante per noi sapere se c’è stata qualche avversità in Consiglio tale da non aver potuto riportare nulla di questo nelle conclusioni. Mi sarei aspettato che in qualche modo venisse citata la missione Mare Nostrum e la sua evoluzione, anche rispettando quanto dicevano le mozioni in Parlamento.

  MARIO MARAZZITI. Vorrei ringraziare il sottosegretario Gozi non solo perché è stato chiaro, come lo è sempre, ma anche perché ci ha fornito una sintesi, rendendoci anche l'idea delle difficoltà, così come dei piccoli successi già ottenuti. Non vorrei entrare nella prima parte del suo discorso, in cui ci ha parlato di flessibilità, sviluppo e crescita, ma vorrei limitarmi a due questioni.
  La prima riguarda la parte che lui tocca sul tema finale dei diritti fondamentali e sulle emergenze in cui siamo, emergenze che sono strutturali. Non sono, cioè, emergenze, ma parte dello scenario cambiato. Noi abbiamo dichiarato, in incontri precedenti con il sottosegretario Gozi e con il Ministro degli affari esteri Mogherini, Pag. 8di avere una priorità. Sicuramente il Governo ha come priorità quella di abbassare il baricentro europeo e di portare il Mediterraneo al centro dell'attenzione europea e dell'impegno europeo.
  Mediterraneo, effettivamente, significa almeno due cose, in questo momento: è il grande problema dell'immigrazione ed è il grande problema delle frontiere, che non reggono più, in Medioriente, nella «Mezzaluna fertile» e in altre parti dell'Africa subsahariana. Siamo, ormai, a un incancrenimento e a un peggioramento tale della situazione israelo-palestinese che io mi chiedo se non si debba essere ambiziosi e promuovere un incontro straordinario, una Conferenza straordinaria europea per la pace in Medioriente, in tutta l'area.
  Tutte le soluzioni bilaterali non stanno reggendo, tutti i tentativi di negoziato limitati a una parte dell'area non stanno ottenendo risultati e sono drammaticamente dolorosi i risultati di due o tre anni di attenzione del mondo occidentale, e non solo, al problema siriano. I risultati sono tragici. Non accadeva da circa duemila anni che fosse impossibile celebrare la messa a Mossul. Abbiamo ormai in corso l'offensiva del cosiddetto califfato, con un salto di frontiera tra Iraq e Siria, abbiamo il problema di Aleppo, città assediata, che non è solo una tra le città più antiche del mondo, ma è anche una città simbolo, come Sarajevo e come Berlino, e non c’è un'azione conseguente del mondo, della comunità occidentale, dell'Europa su questo.
  Io credo che si debba attuare un'iniziativa straordinaria. Si è parlato di Aleppo città aperta. C’è un appello in tal senso. Io credo che possiamo creare un ponte umanitario straordinario per una città in cui si chiude e si apre l'acqua a intermittenza, come si è fatto per Berlino in un momento storico particolare. Pertanto, chiedo al Governo se può prendere in considerazione questo problema in maniera proattiva.
  La seconda questione riguarda una Conferenza straordinaria sulla pace in Medioriente. L'iniziativa americana per ora è totalmente fallita. Era stata dichiarata una deadline del 29 aprile. Non solo non è stata rispettata e non è stata finalizzata, ma siamo ormai a una crisi prevista e prevedibile ulteriore. Dobbiamo fare qualcosa.
  Come ultima considerazione, sull'immigrazione sono molto interessanti e positive le cose che lei dice in merito alla strategia del Frontex Plus rafforzata. Io credo che dobbiamo sottolineare con più forza il fatto che il Frontex Plus debba contenere una vocazione umanitaria più esplicita, di contrasto e anche di salvataggio. Ritengo che questo debba essere esplicitato e che non debba trattarsi solo di un'operazione di contrasto.
  Anche qui dovremmo, io credo, provocare una Conferenza europea sul Mediterraneo e sull'immigrazione. Ritengo che, non appena la Libia avrà un qualunque Governo in grado di firmare un accordo internazionale, dovremo avviare la richiesta della presenza dell'ONU e, in particolare, dell'UNHCR, con campi attivi sul territorio libico, come è stato già anche accennato dal Governo italiano. Volevo chiedere, quindi, se si hanno elementi aggiuntivi per capire quando questo possa accadere.
  Io credo che dobbiamo assolutamente lavorare perché nasca davvero un ufficio di immigrazione europea dall'altra parte del Mediterraneo, con centri di accoglienza europea sul territorio italiano, affinché si possa, anche nelle more del regolamento «Dublino II» e della revisione dell'accordo di Dublino, effettuare, secondo le linee che sono state decise nell'ultimo Consiglio europeo, una più equa distribuzione, superando il problema del diritto d'asilo, bloccato da Dublino II nei termini in cui siamo oggi. La ringrazio e pongo questo tema sul terreno.

  VEGA COLONNESE. Noi abbiamo alcune questioni da porre. Parto dall'ultima considerazione proprio su Dublino. Vorrei sapere se, effettivamente, sia stata esplicitata questa questione, perché noi sappiamo che il grosso problema è l'accoglienza, ma il fatto è che molti migranti vogliono il transito verso l'Italia e verso altri Paesi. Vorrei sapere, quindi, se c’è stata una revisione del sistema Dublino o Pag. 9almeno un inizio di tavolo sul sistema Dublino.
  Adesso abbiamo parlato anche di Jean-Claude Juncker e del fatto che sia stato designato per la presidenza della Commissione europea. Sappiamo anche che durante l'inaugurazione del semestre europeo anche il capogruppo tedesco del Partito popolare europeo aveva richiesto al nostro Paese di mantenere il rigore e l'austerità.
  Vorrei sapere come noi, in quanto Paese Italia, abbiamo risposto a queste richieste. Sappiamo che anche Jean-Claude Juncker è un fautore e un sostenitore dell'austerità. Sappiamo che non siamo in condizioni economiche tali da poter mantenere lo stesso livello che viene richiesto dalla Germania e, in questo caso, dal nuovo presidente della Commissione europea.
  Un'altra domanda è sulla cosiddetta Youth Guarantee. Sappiamo che avevamo iniziato bene, ma che ci sono stati dei problemi proprio nelle graduatorie della Youth Guarantee. Vorrei sapere se c’è, da parte del Governo italiano, una qualsiasi forma di garanzia per l'accesso a questi fondi e, quindi, sapere se si è parlato anche di questo.
  La Youth Guarantee era uno dei modelli per poter abbattere la disoccupazione. Noi avevamo chiesto anche di uscire dalla media dei 25 anni e di arrivare ai 29, proprio per cercare di disciplinare la disoccupazione.
  Una questione poi che non era all'ordine del giorno del Consiglio europeo, ma che comunque è all'ordine del giorno della politica italiana, è quella che riguarda i due marò detenuti in India. Vorrei sapere se è stato concertato almeno un tavolo, sfruttando sia l'inizio del semestre europeo con la presidenza italiana, sia il momento del Consiglio europeo, in cui si era dimostrata almeno una vicinanza da parte di altri Paesi nella gestione di questa questione.

  MARIA MUSSINI. Ringrazio il sottosegretario e spingo un po’ più in là il ragionamento che è stato svolto dai colleghi e che riguardava, in particolare, il tema dell'immigrazione e del diritto d'asilo.
  Il punto è, e io ritengo che lo si debba affrontare e che lo si debba anche dire con coraggio e anche con trasparenza, che, se è vero che l'Europa ha un fitto dialogo all'interno dei Paesi a proposito degli aspetti economici, se è vero che si è trattato e si è discusso della difesa comune europea – benché se ne sia discusso soprattutto in relazione alle potenzialità di rilancio di alcuni settori dell'economia, perlomeno si è affrontato il tema – ciò su cui veramente sembra impossibile trovare una sinergia è una politica estera europea.
  Noi sappiamo tutti – è stato detto anche negli interventi dei colleghi e, alla fine, è stato sotteso a tante osservazioni che sono state fatte – che la politica dell'immigrazione è una politica che noi non risolviamo, alla fine, con rifinanziamenti, ma che possiamo risolvere solo se abbiamo la capacità, come Unione europea, e, di conseguenza, se ci prendiamo tutta la responsabilità, come Unione europea, di portare avanti degli interventi veramente significativi su quella sponda sud del Mediterraneo che rappresenta la porta per il Mediterraneo, ma che, alle spalle, ha ben altro.
  La mia domanda è, se nel corso del semestre ci sia la volontà, da parte di questo Governo, di affrontare veramente il tema di una politica esterna europea che sia forte. Di fatto, questo incide non solo sugli aspetti dell'immigrazione, ma anche su moltissimi aspetti che potrebbero rendere l'Europa più forte. Se non si affronta questo tema, tali aspetti la rendono fragile.
  Mi riferisco anche, molto rapidamente, solo citandolo, al tema del Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP). Si tratta di sfide che non si pongono soltanto sul piano del Mediterraneo, di quest'area che ci interessa in particolare e in prima battuta, ma che hanno anche una loro ricaduta sulle relazioni economiche con altri Paesi che l'Europa può anche convertire in politiche interne veramente produttive, le quali possono diventare un collante al proprio interno.

Pag. 10

  PAOLO GUERRIERI PALEOTTI. Ringrazio anch'io il sottosegretario Gozi per l'esposizione. Condivido pienamente gli obiettivi e le linee guida che ha enunciato. È evidente che c’è una difformità per quanto riguarda questa interpretazione della flessibilità già contenuta all'interno della formulazione dei regolamenti del Patto di stabilità.
  Lei ha detto che questa flessibilità, in realtà, non è stata mai applicata. Da parte di altri esponenti di alcuni Governi e, in particolare, della Cancelliera Merkel si è detto che noi vogliamo applicare quei margini di flessibilità che abbiamo già adottato, per esempio, nel caso della Francia e della Spagna.
  Credo che questo sia un punto importante. Se si tratta di applicare casi che sono stati già contemplati, è evidente che il problema si porrà per quanto riguarda la possibilità di dimostrare riforme o comunque misure che siano state pienamente realizzate e di cui si possa valutare concretamente un impatto oggettivo sia sulla potenzialità di crescita, sia sulla sostenibilità dei bilanci pubblici.
  Questo significa che, per quanto ci riguarda, quando presenteremo la legge di stabilità, i tempi non sembreranno così favorevoli per noi. O si può giudicare già in autunno la possibilità di adottare clausole di questo genere ?
  Lo chiedo perché alla nostra portata ci sarebbe qualcosa di molto spendibile, da subito. Noi ci siamo posti un obiettivo di bilancio a medio termine pari a zero, inteso come pareggio strutturale, il che non corrisponde minimamente a quanto prescritto dai Trattati, i quali, invece, parlano della possibilità di un pareggio che vada allo 0,5 o all'1 per cento nel caso di un Paese. Una domanda è quindi se sarà molto difficile già nell'autunno poter sperimentare quanto detto, con questa Commissione, che ci ha già indicato che dobbiamo seguire determinate regole. Mi chiedo perché non poter adottare come provvedimento unilaterale – non dobbiamo nemmeno chiedere il permesso a nessuno – quello di adeguare il nostro pareggio di bilancio strutturale allo 0,5 per cento. Non credo che ci sarebbero ripercussioni a livello di mercati finanziari, perché questo, in una situazione – come lei giustamente diceva – di solidità significa avere 8-9 miliardi di euro di aggio e di spazio.
  Questo potrebbe essere un modo per rispondere subito a quello che lei diceva: adottiamo delle flessibilità mai sperimentate. Peraltro, rientra pienamente nel rispetto delle regole e nelle facoltà che sono concesse ai Paesi. Nessuno, se non un atto nostro unilaterale, ci aveva prescritto che l'obiettivo fosse zero. Ci sono molti Paesi, come sappiamo, che invece hanno seguito alla lettera il percorso dello 0,5 per cento.
  Come secondo dato, io sono d'accordo con lei che, in realtà, le misure sugli investimenti sono fondamentali. Lo diciamo da tantissimo tempo. Che cosa è possibile immaginare, quale può essere un cronoprogramma – qui ci vuole proprio questo termine – che eviti di ripetere esperienze che da due anni, purtroppo, sperimentiamo ? Ci sono grandi annunci, grandi promesse e grandi impegni, a cui non segue praticamente nulla.
  Ricordiamo che sul piano dei project bond finora sono state messe in campo risorse a dir poco ridicole. Come possiamo fare ? Con riferimento all'impatto di un Piano di investimenti a livello europeo che impegni i vari Paesi, io credo che siamo tutti convinti che questa sia la misura di politica economica per eccellenza. Le chiedo se, da questo punto di vista, si può pensare a qualche cosa di veramente diverso rispetto al passato.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Rivolgo un ringraziamento cordiale al sottosegretario Gozi e anche al Presidente del Consiglio Renzi, non solo per la chiarezza dell'esposizione, ma anche per l'azione effettiva che è stata messa in atto. Devo, però, sollecitare una riflessione sulle difficoltà davanti alle quali ci troviamo, difficoltà che chiedono uno sforzo straordinario di convincimento.
  Comincio da una questione che apparentemente non c'entra. Noi viviamo all'interno dell'Unione europea una situazione straordinaria dal punto di vista giuridico. Abbiamo i Trattati e poi abbiamo Pag. 11un altro Trattato, il cosiddetto Fiscal Compact. A suo tempo si disse che questa era una situazione provvisoria e che l'avremmo risanata. Io credo che i termini siano anche scaduti, ma non ho sentito riaffiorare questo tema e questo problema. So che è molto delicato, perché c’è la problematica della Gran Bretagna che deve fare il suo referendum. Tuttavia, ascoltando anche il nostro dibattito, mi venivano in mente alcune considerazioni.
  In primo luogo, le risorse per un ambizioso Piano degli investimenti europeo nel bilancio dell'Unione europea non ci sono. Forse l'unica possibilità che noi abbiamo di reperire risorse è di muoverci non all'interno del bilancio dell'Unione europea, ma all'interno del Fiscal Compact, ovvero attraverso un accordo il quale raccolga i Paesi che fanno parte dell'euro.
  È chiaro che l'area dell'euro ha problemi che altri Paesi non hanno, ed è chiaro che altri Paesi non accetteranno di finanziare misure che risolvono i problemi dell'area euro che non siano gli stessi che hanno loro. Si può cominciare a pensare a un intervento sul Fiscal Compact facendo un bilancio di che cosa ha funzionato e di che cosa non ha funzionato ? Molto ha funzionato. Contro la demagogia imperante io mi permetto di dire che molto ha funzionato, perché il crollo è stato evitato e una diga è stata costruita.
  Tuttavia, qualcosa non ha funzionato. Oggi il denaro è abbondante. Le banche non lo concedono, ma sono piene di denaro. Perché non lo danno ? In parte per problemi legati alle politiche della Banca centrale europea. In merito incontriamo un altro limite del sistema giuridico che abbiamo. Non solo la Banca centrale europea è giustamente indipendente, ma non c’è dialogo, o perlomeno il dialogo che c’è, e che va rafforzato, è un dialogo clandestino. Ogni volta che affiora alla luce del sole, ti picchiano sulle dita. Invece, noi abbiamo bisogno di dire alla Banca centrale europea – so che questo non lo può dire lei, sottosegretario, ma lo dico io – che la regola del 3 per cento ha una base: l'1 per cento di crescita e il 2 per cento di inflazione. Con un 3 per cento di crescita del PIL nominale e un deficit del 3 per cento siamo a posto.
  Noi, però, non abbiamo l'1 per cento di crescita e non abbiamo il 2 per cento di inflazione. Come pensiamo di ripristinare queste, che sono condizioni di base per il buon funzionamento della regola del 3 per cento, non per uscire dalla regola, ma perché essa possa funzionare nel modo in cui è stata pensata ? Quando è stata fatta la regola, nessuno si immaginava di avere una situazione in cui avremmo avuto una crescita inferiore all'1 per cento e un'inflazione di molto inferiore al 2 per cento.
  Ci sono molti modi per intervenire. Un modo potrebbe essere consentire limitati scostamenti di bilancio per finalità di investimento produttivo perché generano inflazione, ma è quello che vogliamo. In questo momento abbiamo troppo poca inflazione. Certo, questo va raccordato con le politiche della BCE, perché, se la BCE fa politiche come quelle che ha annunciato, può darsi che non ce ne sia bisogno.
  Dov’è il punto di sintesi del sistema ? In questo momento il punto di sintesi del sistema sono gli incontri non ufficiali. Ciò non è molto democratico, non è molto trasparente. Bisogna porsi il problema o in sede di revisione dei Trattati, ma non lo consiglierei, o in sede di ripensamento del Fiscal Compact.
  Noi abbiamo istituito gli IFM e abbiamo immobilizzato su di essi enormi risorse. Poi la crisi è stata risolta fondamentalmente dalla Banca centrale europea attraverso un'interpretazione dei Trattati discutibile, ma che ha funzionato. Non potremmo mobilitare quelle risorse per il necessario Piano di investimenti europeo ? Occorre un Piano di investimenti fatto per creare quelle grandi reti, le quali sono la base per la domanda di investimento privata, non pensando di risolvere i problemi con l'investimento pubblico, ma sapendo che l'investimento pubblico può creare condizioni per l'investimento privato.
  Se noi modernizziamo la rete delle telecomunicazioni, apriamo la possibilità di un enorme spazio d'investimento privato. Se noi facciamo l'interconnessione Pag. 12della rete energetica, apriamo la possibilità di enormi spazi di intervento. Si può aprire questo discorso ? Io mi sento di dire che a livello informale queste cose si cominciano a dire e si possono formalizzare.
  In che modo si possono formalizzare ? Come il Governo italiano nella sua iniziativa intende formalizzarle ? La mia impressione è che, se non facciamo questo passo, molte cose che diciamo non si potranno fare, come il Piano di investimenti europeo all'interno del quadro finanziario esistente.
  C’è un altro strumento che possiamo utilizzare e che io non ho sentito nominare: la questione della revisione, di mezzo termine, del bilancio europeo. Anche su questo bisognerebbe aprire una riflessione, perché le cose si possono fare in un modo o anche in un altro. Una revisione pensata del bilancio europeo, ma non marginale, bensì sostenuta da un forte impulso politico, potrebbe sostituire alcune delle cose che ho detto, se fosse troppo delicato in questo momento toccare quei tasti.
  Pongo un'altra domanda. Non ho sentito parlare di contratti per lo sviluppo. Finora questo strumento, che, a mio parere, è dotato di grandi possibilità, fatica a decollare. Non potrebbe essere quello, nell'immediato, mantenendo ferma la situazione esistente, il primo veicolo da usare ? Noi facciamo le riforme, i contratti per lo sviluppo ci cofinanziano le riforme, ma, se non abbiamo le risorse per cofinanziarle, perlomeno ci consentono limitati scostamenti di bilancio correlati al fatto che queste sono riforme che accrescono la competitività.
  Certo, ci vuole serietà. Finché c’è il dubbio che noi, in realtà, vogliamo riprendere la politica della spesa facile, della spesa libera, che noi chiamiamo sociale, ma che gli altri ci dicono essere clientelare, e che poi – forse – sarà un po’ una cosa e un po’ l'altra, finché c’è questo spettro che si aggira per l'Europa, sarà difficile che noi schiodiamo questi problemi.
  Io credo che l'introduzione che voi avete fatto vada benissimo. Se poi vogliamo proseguire su quel sentiero, questi nodi da una parte o dall'altra vanno affrontati. Se la riforma dei Trattati è troppo difficile per il problema britannico, forse dovremmo rassegnarci a una gestione duale dell'Europa e rifare almeno quello che possiamo rifare più facilmente, cioè il Patto di stabilità.
  Aggiungo un'ultima osservazione. Dentro le questioni affrontate una è importantissima: la reindustrializzazione dell'Europa. Anche questo tema, però, non ho capito bene se riusciamo a porlo come una priorità. Anche altri sono interessati a porlo come una priorità, e in che termini ?
  Indubbiamente, la reindustrializzazione dell'Europa implica il mercato dei servizi. È paradossale, ma la reindustrializzazione implica il mercato interno dei servizi, ma implica anche quei grandi investimenti di cui parlavamo prima.

  KHALID CHAOUKI. Ormai sono davanti agli occhi di tutti i risultati di questa iniezione di energia, di questa iniziativa italiana, che, di fatto, ha già prodotto – condividiamo quello che lei ci ha detto – un'inversione di tendenza anche nei vocaboli e nelle priorità. In particolare, al punto 7 e al punto 8 delle conclusioni del Consiglio europeo del 26 e 27 giugno 2014 si parla di condizioni standard di accoglienza a livello europeo e si parla di ricercare le cause e di investire nell'accoglienza e nel ruolo dell'UNHCR. Questi sono sicuramente elementi di grande novità.
  Noi crediamo che, rispetto al punto 7, in particolare, sia importante il fatto di creare una coerenza tra i Paesi europei. In questo senso l'impegno del Parlamento italiano è stato quello di favorire il recepimento di normative europee.
  Apro una parentesi. C’è stato un incidente, che speriamo al Senato possa essere corretto, con riferimento alla difficoltà del Governo di farci andare avanti rispetto al tentativo di armonizzare le normative anche nostrane in quel contesto, legandolo però al tema della coerenza e dell'armonizzazione del sistema di asilo a livello europeo.
  Noi crediamo che, sicuramente, parlare oggi di riforma di «Dublino» non sarebbe Pag. 13onesto, né obiettivo. Associarlo questo, però, a una conseguente libera circolazione dei titolari di protezione internazionale potrebbe essere, invece, una sfida importante per il nostro semestre. È quello che oggi, di fatto, impedisce a moltissimi di coloro che arrivano in Italia di farsi conoscere, perché si vedono poi inevitabilmente legati al loro destino solo in Italia.
  Se, invece, noi collegassimo l'impegno di tutti i Paesi a favorire una normativa armoniosa e coerente in tutti i Paesi europei, è chiaro che poi sarebbe ingiustificabile continuare a negare il diritto alla mobilità di tutti i titolari. Questo è un tema che noi ci proponevamo di proporvi e che, sicuramente, è stato anche oggetto di riflessioni.
  Il secondo tema riguarda le cause dei flussi di migrazione, al punto 8 delle conclusioni. Quali sono le iniziative riguardo una cooperazione economica rispetto ai Paesi di origine dell'immigrazione ? C’è il tentativo oggi di una visione europea nei confronti dell'area mediterranea e dell'Africa, più in generale ?
  Sono d'accordo con l'onorevole Marazziti: non possiamo più limitarci solo all'azione di polizia, ma occorre anche pensare ai vertici di tipo economico e di tipo culturale. L'Italia può fare molto in questo senso.
  L'ultimo punto riguarda l'opportunità che il semestre ci offre per ordinare le cose in casa nostra. Su questo sarebbe molto importante, anche da parte del Governo, indicarci una priorità rispetto ai provvedimenti, quali, per esempio, la riforma della legge sulla cittadinanza e la proposta di legge – a prima firma dell'onorevole Zampa – sull'accoglienza dei minori.
  È stata promossa una Commissione parlamentare di inchiesta alla Camera sul sistema di accoglienza, sui cosiddetti CIE e CARA. Questa è un'altra iniziativa che vuole fare chiarezza da parte nostra, prima di attendere l'azione di altri. Sulla giornata del 3 ottobre come giornata simbolica c’è una proposta di legge, che è ferma alla I Commissione.
  Chiedo se il Governo può offrirci la possibilità di proseguire con questi atti di tipo parlamentare, che possono in questi sei mesi offrire un segnale concreto che l'Italia, per la sua parte, approfitta di questi sei mesi per dare un segnale ad altri Paesi europei.

  PRESIDENTE. Sottosegretario, prima di darle la parola, faccio qualche brevissima considerazione politica, affrontando un tema che non è stato molto discusso questa sera, se non attraverso qualche considerazione, che pure è emersa nel dibattito.
  È evidente che ci sia la crisi e che si debbano fare tutti gli sforzi perché da parte dell'Europa ci sia il riconoscimento di maggiore flessibilità e l'attenzione più orientata sulla crescita rispetto alle scelte politiche di questi ultimi anni.
  Tuttavia, sappiamo anche che, in questi anni, sono emersi maggiormente gli interessi nazionali rispetto a quelli generali dell'Unione europea. Il tema, quindi, è comprendere se riusciamo non dico a mettere alle spalle, ma a superare in parte questa impostazione dell'Europa e se proviamo a fare dei passi nella direzione di una costruzione di un'Europa più politica, che abbia maggior peso politico nelle scelte internazionali.
  D'altronde, qualcuno ha fatto prima riferimento alla funzione che l'Europa ha svolto nella vicenda della crisi dell'Ucraina e nelle vicende del Medioriente in questi giorni, anche in relazione a come stiamo affrontando la crisi tra Israele e Palestina. In sostanza, l'Europa arriva sempre in ritardo e non è mai protagonista delle scelte internazionali che si fanno rispetto a queste aree di crisi e di difficoltà.
  Mi interessa comprendere – so che è così, perché il Presidente del Consiglio lo ha anche riferito alla Camera, prima che si tenesse il Consiglio europeo, indicando quali fossero le priorità del Governo italiano sul semestre di presidenza – se il tema di rafforzare l'unità politica dell'Europa sia un'ambizione concreta nostra. Sono sicuro che sia così, ma lo voglio dire. Vorrei sapere se è un'ambizione concreta del nostro Governo durante il semestre e, Pag. 14secondo lei, quali risultati concreti si possono ottenere su questo terreno, per far emergere sempre di più il peso specifico politico dell'Europa, che, purtroppo, oggi, per tutti i limiti che sappiamo, non siamo riusciti a esercitare.
  Do ora la parola al sottosegretario Gozi per la replica.

  SANDRO GOZI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega agli affari europei. Vi ringrazio molto per i vostri interventi, anche se avrei bisogno di almeno tre o quattro ore per rispondere ! Permettetemi di fare una battuta semiseria, ma in realtà piuttosto seria. Mi fa molto piacere che voi riteniate che la politica estera e di sicurezza comune sia qualcosa di molto importante a livello di Unione europea. Ciò vorrà dire che voi considerate anche che il posto di Alto rappresentante e vicepresidente della Commissione sia un posto di grande rilevanza nell'Unione europea.
  Se così è, sono sicuro che condividerete l'impostazione del Governo sul fatto che questo sia tra i top job da assegnare e che sia qualcosa cui l'Italia potrebbe – dico «potrebbe», perché vedremo poi il risultato – giustamente ambire, proprio per rispondere in maniera operativa alle indicazioni che voi avete sollevato e che io condivido.
  Parto dall'inizio, dall'intervento del senatore Orellana. Nelle conclusioni del Consiglio, senatore, ci sono tutte le risposte alle sue domande. Le confermo che sia il Presidente del Consiglio in sede di negoziato al vertice europeo di Ypres e poi a quello di Bruxelles, sia il Ministro dell'interno il 4 e 5 giugno al Consiglio giustizia e affari interni, sia il sottoscritto al Consiglio affari generali di Lussemburgo di giugno abbiamo posto, con forza, il tema dell'operazione Mare Nostrum. Abbiamo posto con forza anche il tema delle frontiere esterne.
  I risultati ci sono nelle citate conclusioni, e così comincio anche a rispondere a parte degli interventi dell'onorevole Chaouki. Se lei guarda le conclusioni del Consiglio europeo, a partire dal punto 5, a pagina 2, per proseguire ai punti 6, 7, 8 e 9, troverà molte delle indicazioni che sono oggetto delle mozioni in Senato, tra cui quella a cui lei faceva riferimento, e che sono state adottate.
  Innanzitutto, è messo nero su bianco l'impegno ad attuare pienamente l'articolo 80 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, cioè l'articolo che prevede espressamente i princìpi di responsabilità e di equa condivisione in materia di immigrazione, di asilo e di frontiere.
  In secondo luogo, c’è, come voi richiedevate, l'impegno per il pieno recepimento a livello di Stati membri – questa è una seconda risposta alle priorità a cui faceva riferimento l'onorevole Chaouki – e per l'attuazione efficace del sistema europeo comune di asilo, che – leggo le conclusioni – «costituiscono una priorità assoluta». Questo vuol dire anche rafforzare il ruolo svolto dall'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo.
  In terzo luogo, c’è l'impegno di lavorare, in programmi di protezione regionale, in particolare nelle vicinanze delle regioni di origine dei flussi migratori – questa è già una prima risposta all'onorevole Marazziti – con le Nazioni Unite, in particolare con l'Alto commissariato per le Nazioni Unite, proprio per far fronte all'emergenza dei rifugiati, soprattutto con l'attuale protrarsi della crisi in Siria.
  C’è, quindi, la volontà, finalmente, di cominciare, con tutte le difficoltà che voi conoscete meglio del sottoscritto, a lavorare, come Unione europea e Nazioni Unite, nelle regioni limitrofe alle situazioni di crisi, con azioni congiunte, come, del resto, il Parlamento italiano in più mozioni ha auspicato, e con il potenziamento e l'espansione dei programmi di protezione regionale.
  C’è poi la piena attuazione delle azioni individuate nella task force per il Mediterraneo che, se non erro, era oggetto della mozione specifica a cui faceva riferimento il senatore, ma certamente lo era di varie mozioni parlamentari. In questa task force per il Mediterraneo ci sono tutte quelle misure che, come l'onorevole Colonnese mi chiedeva, devono cominciare non solo a riaprire un dibattito sulla Convenzione Pag. 15di Dublino, ma soprattutto ad andare oltre la Convenzione di Dublino e a introdurre strumenti che permettano un'effettiva libera circolazione dei titolari di protezione internazionale.
  È evidente il fatto che noi, Governo italiano, abbiamo posto e riporremo il tema del mutuo riconoscimento delle decisioni in materia di asilo, che è teso a raggiungere l'obiettivo che lei auspica, andando oltre il sistema di Dublino, completando il sistema di Dublino, che oggi è sbagliato per due motivi.
  È sbagliato perché risponde a un'altra epoca storica, essendo stato concepito ancora prima che diventasse comunitario, come Convenzione di Dublino, negli anni Novanta, quando certamente il fenomeno migratorio aveva delle proporzioni e delle intensità diverse da quelle che ha oggi.
  È sbagliato anche perché è incompleto, perché all'obbligo dello Stato membro di prima accoglienza di gestire la situazione non accompagna il principio del mutuo riconoscimento e la libertà di circolazione.
  Conoscendo tutte le difficoltà del caso, vi confermo il pieno impegno del Governo italiano a lavorare in questa direzione.
  Sempre per quanto riguarda la questione delle frontiere esterne, non solo è stato indicato Frontex, senatore Orellana, come strumento della solidarietà europea nel settore delle gestioni esterne, con la necessità di aumentarne la capacità operativa e la reattività, ma noi abbiamo anche ottenuto – certo, avremmo voluto un linguaggio operativo ancora più forte – l'impegno di vagliare, nel contesto dello sviluppo di Frontex, la possibilità di istituire un sistema europeo di guardia di frontiera per migliorare le capacità di controllo e sorveglianza alle nostre frontiere esterne.
  Tutti, in quest'Aula, trattiamo da troppo tempo le questioni comunitarie per pensare che questa conclusione possa diventare operativa in qualche mese o anche nei prossimi due o tre anni. Il fatto, però, che ci sia questo impegno nero su bianco, una vecchia rivendicazione italiana del sistema di guardia costiera e di polizia delle frontiere esterne, mi sembra un passo in avanti molto rilevante, che deve già indicare quale sarà – secondo noi – e quale deve essere – secondo noi – lo sviluppo dell'azione Frontex Plus.
  Adesso dobbiamo introdurre l'azione di Frontex Plus, sulla cui base dobbiamo porre il tema dell'attuazione piena, innanzitutto valutando i pro e i contro. Noi vediamo molti pro e pochi contro ma, una volta che abbiamo fatto questo lavoro di valutazione, su cui c’è l'impegno di tutti nelle conclusioni del Consiglio europeo, occorre passare alla terza fase, che è quella di cominciare a realizzare, all'inizio con delle buone pratiche, l'obiettivo del controllo esterno comune delle frontiere.
  Rimando, senatore Orellana, per non dilungarmi troppo, ad altri aspetti delle conclusioni, in cui troverà altri elementi di risposta.
  Onorevole Marazziti, sul tema Unione europea, Mediterraneo e Africa è già prevista – mi fa piacere ricordarlo – a Roma, una Conferenza, che formalmente non è oggetto del programma di presidenza, ma che politicamente abbiamo voluto inserire pienamente nel semestre, ricordandolo anche nei documenti ufficiali.
  Mi riferisco alla Conferenza Unione europea-Africa, che noi dedichiamo esattamente al tema cooperazione economica e migrazione. Si tratta di quella Conferenza che fa seguito al cosiddetto processo di Rabat, ed è la Conferenza in cui noi, con tutti gli attori interessati a cui lei faceva riferimento, vorremmo porre proprio il tema delle nuove politiche di migrazione, delle nuove politiche congiunte.
  Noi intendiamo riferirci alla riva Nord e alla riva Sud del Mediterraneo e direi, in maniera più ampia, a Europa e Africa. Non vogliamo limitarci a porre solo il tema del Nord Africa e del Sahel, ma vogliamo porre anche il tema del Corno d'Africa, un tema su cui dobbiamo lavorare, come dice il nostro programma di presidenza, anche assieme alla Commissione europea, alle Nazioni Unite e all'Organizzazione internazionale per le migrazioni. Sono tutti temi che vogliamo portare in questa Conferenza, che mi sembra andare nella direzione che lei auspicava.Pag. 16
  Continuo a rispondere all'onorevole Colonnese. Sulla questione del dibattito parlamentare europeo e sull'intervento del presidente del gruppo del PPE Manfred Weber, abbiamo già risposto in maniera molto esplicita. Lo stesso Presidente del Consiglio ha risposto immediatamente in Aula e io le posso confermare, qui, quello che ho già detto in varie sedi.
  Si è trattato di un intervento che non è stato affatto d'aiuto, e non mi riferisco all'Italia. L'intervento dell'onorevole Weber non è stato d'aiuto né per la causa europea, né per il ruolo che il Parlamento europeo e i gruppi politici europei devono svolgere in questa fase. Non abbiamo avuto l'impressione che Weber tenesse in considerazione tutte le posizioni che sono state fatte emergere anche all'interno del Partito popolare europeo.
  Avendo ascoltato anche l'intervento di alcuni membri di questa Camera che fanno riferimento al PPE, vedo che c’è certamente una differenza d'approccio. L'onorevole Weber non ha parlato veramente come presidente, come capogruppo del Partito popolare europeo, ma ha parlato molto come parlamentare bavarese e come esponente del CSU. Ha parlato, come a volte capita – ma non dovrebbe capitare, quando si è un capogruppo – molto di più all'opinione pubblica tedesca che al Parlamento europeo, alla Commissione europea e alla presidenza di turno.
  È evidente che c’è un dibattito aperto in Germania, come in Olanda. È evidente che il dibattito è vero. C’è un dibattito aperto all'interno del Governo che ha dato già dei frutti, perché c’è stata una posizione importante della Cancelliera federale Angela Merkel a livello di Consiglio europeo. Come abbiamo ricordato all'onorevole Weber, il documento di Van Rompuy porta la firma di Angela Merkel. Non porta unicamente la firma di Matteo Renzi. Quella è la posizione ufficiale che la Germania vuole portare avanti a livello europeo.
  L'intervento di Weber non ha, quindi, aiutato certamente la causa europea e non ha aiutato neppure il ruolo di indirizzo e di orientamento politico che il Parlamento europeo deve svolgere, non tanto e non solo nei confronti della presidenza di turno, quanto soprattutto nei confronti della nuova Commissione europea.
  Abbiamo visto, però, che sono stati di altro tono gli interventi che sono stati fatti nelle audizioni del presidente designato Juncker e dei vari gruppi politici. Noi auspichiamo che si faccia quello che non è stato fatto in passato dalla Germania, perché è la Germania che, nel 2003, ha violato il Patto di stabilità e crescita, non l'Italia. È la Germania che, nel 2003, per trovare le risorse finanziarie per portare avanti le riforme strutturali dell'Agenda 2010 di Schröder, ha detto chiaramente: «Noi violiamo alcune norme del Patto di stabilità e crescita, altrimenti quelle riforme strutturali non riusciamo a portarle avanti».
  A prescindere dalle impostazioni politiche ed economiche, tutti condividono il fatto che quelle riforme strutturali abbiano comunque permesso alla Germania di trasformarsi dal malato d'Europa alla locomotiva economica d'Europa.
  All'onorevole Weber abbiamo detto che noi non faremo questo. Noi rispetteremo le norme del Patto di stabilità e crescita, ma vogliamo coerenza. Si chiama, appunto, Patto di stabilità e crescita. Ci sono delle norme che sono a servizio delle riforme strutturali della crescita. Vogliamo che, finalmente, queste norme vengano attuate.
  Sulla iniziativa «Garanzia giovani» confermo che c’è il nostro impegno a utilizzarla pienamente. Il Ministro Poletti sta facendo un lavoro molto importante anche con alcune regioni italiane in cui c'erano dei ritardi rispetto ad altre, per quanto riguarda la piena attuazione del sistema.
  Non le confermo, perché non è stato detto, ma la informo che è intenzione del Governo italiano, come presidente di esercizio, di rendere la Garanzia giovani un'iniziativa europea permanente. Lei sa che per ora le risorse a disposizione della Garanzia giovani sono previste solo per due anni. Le nostre proposte mirano a renderla un programma permanente dell'Unione Pag. 17europea e, quindi, a legarla a tutto il ciclo finanziario e, dunque, in questo caso, fino al 2019.
  Per quanto riguarda la vicenda dei marò, il Governo italiano, come è ovvio, è costantemente impegnato su questa vicenda e ha ottenuto anche dall'Unione europea, da alcuni partner importanti europei e dallo stesso Alto rappresentante e vicepresidente della Commissione, Catherine Ashton, di continuare a lavorare in tutte le sedi, rispetto ai partner asiatici in generale e, in particolare, rispetto all'India, per porre il tema e raggiungere il più rapidamente possibile il risultato che tutta l'Italia auspica.
  Vengo alla senatrice Mussini. Sono d'accordissimo con quanto lei ha detto. Proprio per questo noi stiamo lavorando molto sulla dimensione esterna della politica dell'immigrazione, che è uno dei casi più urgenti, in cui dobbiamo sviluppare e fare attivamente quella politica estera che è pienamente possibile in base ai Trattati. Su tutte le cose che abbiamo detto, in parte anche sollevate dal presidente Bordo, non c’è bisogno di revisioni dei Trattati. Basterebbe avere la volontà politica di attuare gli strumenti, di usare pienamente gli strumenti che abbiamo.
  Certamente, la dimensione esterna della politica dell'immigrazione, così come la dimensione esterna della politica dell'energia, così come la dimensione esterna della politica dell'ambiente legata al cambiamento climatico, sono tutte materie in cui l'Europa potrebbe fare molto di più. La Commissione europea e il Servizio europeo per l'azione esterna potrebbero fare molto di più. Occorre, però, che ci sia anche la persona giusta per spingere in questa direzione.
  Il senatore Guerrieri ha chiesto un approfondimento sul tema di quanto la flessibilità giuridicamente esistente dei Trattati sia già stata sfruttata e quanto no, e di quali siano i margini e gli approcci. Innanzitutto, sull'approccio unilaterale abbiamo già dato un esempio, senatore, molto concreto con il Documento di economia e di finanza. L'esempio che ho fatto, legato ai pagamenti della pubblica amministrazione e allo scostamento, anche se limitato, della traiettoria del debito pubblico rispetto a quanto avevamo previsto, come Italia, prima del Documento di economia e finanza di questo Governo, è un esempio di applicazione unilaterale della regola della flessibilità.
  Noi siamo convinti che quanto abbiamo indicato nel Documento di economia e finanza sia pienamente compatibile, consentito e – direi – anche auspicato in alcuni momenti di crescita nominale praticamente zero e di inflazione ben sotto al 2 per cento. L'abbiamo fatto, quindi, nel Documento di economia e finanza e l'abbiamo annunciato: stiamo lavorando. Questo è già un esempio di un'applicazione unilaterale, nel pieno rispetto, ne siamo convinti, delle norme comuni in materia di sorveglianza macroeconomica.
  È evidente, e lei lo diceva molto bene, che, non tanto per convincere l'onorevole Weber, quanto per convincere i nostri interlocutori con cui vogliamo lavorare, a partire, per esempio, dall'attuale presidente dell'Eurogruppo Dijsselbloem – questo ci è stato ricordato proprio dal presidente dell'Eurogruppo in maniera esplicita, qualche giorno fa – più noi riusciremo a dimostrare le riforme realizzate e, soprattutto, più riusciremo a dimostrare l'impatto positivo che le riforme che stiamo facendo possono avere in termini di crescita nel medio periodo e di sostenibilità dei conti pubblici, più noi non solo faremo qualcosa di positivo per l'Italia, ma avremo anche influenza e credibilità nell'ottenere un'applicazione più al servizio della crescita delle norme esistenti.
  Rispetto agli obiettivi di medio periodo, semplicemente rimando al regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio, che, all'articolo 5, paragrafo 1, indica esattamente il percorso che lei ha auspicato per quanto riguarda gli obiettivi di medio periodo.
  Il paragrafo, a mia conoscenza, non è mai stato attuato dal Commissario Olli Rehn, nonostante tanti di noi, quando Olli Rehn era a tale posto, avessero sollevato il tema, non avendo mai ricevuto risposta. Nel momento in cui ci sono delle riforme strutturali che hanno un costo nell'immediato, Pag. 18ma che, alla luce del semestre europeo e della valutazione multilaterale, hanno un effetto positivo rispetto agli obiettivi di medio periodo, al cosiddetto MTO, certamente la spesa e l'impatto sulle finanze pubbliche e sul debito di queste riforme vanno valutati in maniera diversa e più favorevole rispetto all'obiettivo della crescita.
  Ciò è esplicitamente scritto in questo regolamento, poi rivisto, come sappiamo, nel 2005, e ancora nel contesto two-pack e six-pack, ma non è mai stato attuato. È stata data una forma di flessibilità rispetto all'allungamento dei tempi rispetto alla Francia e rispetto al deficit. Quello certamente sì. La Francia ha chiesto un allungamento dei tempi rispetto agli obiettivi di riduzione del deficit, due anni fa, e questo è stato ottenuto.
  È evidente che, quando si chiedono e si ottengono questi allungamenti, è molto importante, non solo per il Paese interessato, ma anche per tutti gli altri, che vi corrisponda un impegno molto serrato nell'attuazione delle riforme. Se poi questo non c’è, il rischio è che in alcuni Paesi che sono un po’ più diffidenti rispetto alla nostra situazione si risollevino le barriere di auto protezione e si dica: «Vedete, voi chiedete l'allungamento dei tempi, ma non lo utilizzate bene per fare le riforme necessarie che vi eravate impegnati a fare».
  Per questo motivo noi insistiamo moltissimo, come Governo, sullo stretto legame che c’è tra il ritmo delle riforme strutturali nazionali italiane e la possibilità di ottenere e di avanzare nel dibattito europeo, per quanto riguarda i temi della crescita e della flessibilità.
  Questo mi permette di proseguire e di venire alle domande dell'onorevole Buttiglione. Lo sappiamo, il bilancio europeo non ha abbastanza risorse. È vero, però, che – non vogliamo mettere troppa carne al fuoco adesso, ma sono pienamente d'accordo con lei, onorevole Buttiglione – la revisione del bilancio 2016 è un'altra occasione per dare attuazione alle nuove priorità politiche e per cercare di mettere anche quella revisione al servizio di nuovi obiettivi, soprattutto di crescita.
  Io ritengo che sia, anche dal punto di vista tattico, buona norma aspettare le conclusioni del gruppo di lavoro sulle risorse proprie, presieduto, peraltro, dal nostro connazionale Mario Monti, che sta lavorando e che produrrà un rapporto, credo verso la fine del 2015. Certamente dibattere dei risultati di questo gruppo di lavoro, in vista della revisione del bilancio, può essere interessante.
  Riteniamo, quindi, che anche dal punto di vista tattico non sia adesso, ma un po’ più avanti, il momento di porre il tema. Sul merito sono assolutamente d'accordo con lei.
  Quali sono le possibili ipotesi per dare attuazione a quel paragrafo di Van Rompuy, che, posso dirglielo, parla molto italiano e parla molto francese, diciamo così, ma ha anche un accento tedesco ? C’è stata qualche punteggiatura tedesca e, quindi, abbiamo buone possibilità di vederne l'attuazione. Parlo del tema del Piano di investimenti. Ci sono varie ipotesi possibili, che, secondo noi, dobbiamo valutare. Innanzitutto, dobbiamo usare in maniera seria e non ridicola – non ricordo chi ha usato questo aggettivo, ma sono certo di condividerlo – il potenziale dei project bond, che sono stati utilizzati sinora per poco più – o poco meno – di 200 milioni di euro.
  Se pensate che, in base a uno studio del Parlamento europeo, quello che manca tra le risorse disponibili oggi e gli obiettivi da raggiungere rispetto alle telecomunicazioni, al digitale, all'energia e all'ambiente – Parlamento europeo dixit – sono 700 miliardi di euro, voi capite che, forse, fare un utilizzo un po’ più serio dei project bond, che, secondo noi, sono una delle opzioni – le opzioni sono complementari, non si escludono – è certamente qualcosa di molto importante.
  Del resto, Juncker, quando era presidente dell'Eurogruppo, aveva parlato di eurobond. Speriamo che anche su questo non abbia cambiato idea. Parlava anche – e sono due temi distinti – di project bond. Noi Pag. 19speriamo che Juncker, pur cambiando ruolo istituzionale, non abbia cambiato idee politiche su alcuni aspetti e alcune proposte che aveva fatto. Questa è certamente una proposta che ci interessa molto.
  Noi speriamo che, sia nel Consiglio informale Ecofin di settembre – dove il Ministro Padoan ha chiesto e ottenuto che venga discusso di investimenti – sia in sede di Consiglio affari generali, in previsione del prossimo Consiglio europeo, le varie delegazioni, a partire da quella francese, possano mettere, questa volta in maniera esplicita, nero su bianco, sul tavolo le loro idee per nuovi strumenti per mobilitare le risorse finanziarie. Tra queste, c’è certamente la necessità di mobilitare di più le disponibilità e le liquidità che, oggi, il settore bancario ha, ma che ancora non sono state veramente messe al servizio di questi obiettivi di crescita.
  Peraltro, per quanto riguarda la questione della Banca centrale europea, voglio informare i parlamentari che il Governo italiano si è costituito innanzi alla Corte di giustizia come amicus curiae nella causa OMT (Outright monetary transactions), difendendo la posizione e le ragioni della Banca centrale europea, non solo perché ha agito nella sua giusta e piena autonomia, che va sempre salvaguardata e, quindi, non solo per ragioni istituzionali, ma anche per ragioni di merito. Quell'intervento, che noi riteniamo pienamente compatibile con lo Statuto della BCE e con i trattati, ha avuto, infatti, un effetto benefico sulla stabilità finanziaria ed è uno strumento molto importante anche per lottare contro il credit crunch. Certamente, quindi, c'erano dei buoni motivi, per noi, per sostenere in giudizio la posizione della Banca centrale europea.
  Per quanto riguarda la sunset clause prevista nel Fiscal Compact, allo spirare della quale il trattato prevede innanzitutto una sua valutazione, credo che la parola «valutazione» non vada sottovalutata. Forse l'abbiamo sottovalutata troppo nel dibattito italiano ed europeo, ma il Fiscal Compact dice che, entro il 2017 – è entrato in vigore nel 2012 e ci sono cinque anni di clausola – bisogna fare una valutazione dell'impatto del Fiscal Compact stesso. Poi, alla luce di questa valutazione, bisogna vedere come inserirlo nei trattati comunitari, ossia, come dicono gli operatori, come «comunitarizzarlo».
  Certo, questo è un momento molto importante, così come è un momento importante, che in parte è sovrapposto, dal punto di vista dei contenuti, quel rapporto che la Commissione europea è impegnata a presentare durante il nostro semestre in dicembre, sulla prima valutazione e sull'impatto del two-pack e del six-pack. Questi elementi sono collegati, perché buona parte delle norme del two-pack e del six-pack sono l'oggetto del Fiscal Compact e, quindi, in realtà, la valutazione comincia in base a quanto abbiamo ottenuto già quest'anno, ma certamente in quella prospettiva.
  Lei ha toccato poi un altro tema, su cui io sono estremamente sensibile e in gran parte d'accordo con lei. Il nostro unico problema, onorevole Buttiglione, è che, in questo momento, siamo lei, io e gli inglesi ad aver posto il tema della revisione dei Trattati. Siamo molto autorevoli, ma non bastiamo, per ragioni opposte.
  Al momento, non c’è un grande appetito per avviare una revisione dei Trattati, ma c’è l'impegno nostro, e cominceremo a farlo già in luglio con il primo Consiglio affari generali, a discutere del funzionamento del sistema istituzionale dell'Unione europea oggi. Bisogna vedere quanto del Trattato di Lisbona è stato attuato, quanto non è stato attuato e quanto potenziale ci sia ancora da sfruttare, non solo in materia di governance economica; se e come rafforzare la cooperazione tra le Istituzioni, la cooperazione interistituzionale; come migliorare il ruolo dei Parlamenti nazionali; se ci sia la possibilità di fare nuovi accordi tra Consiglio, Commissione e Parlamento, o – almeno – di aggiornare accordi come l'accordo interistituzionale «Legiferare meglio» del 2003.
  Certamente, si tratta di fare questo a partire dai temi più urgenti, che sono quelli della governance della zona euro, a cui lei faceva riferimento, e poi, almeno in Pag. 20maniera aperta, senza avere tabù, di chiedere alle delegazioni – noi lo faremo e vedremo le risposte che otterremo – se, fatto tutto questo, non ritengano che ci siano anche delle questioni che comportano la revisione dei Trattati, sulle quali, oggi, i trattati sono ostativi, troppo limitativi, e che magari, durante questa nuova legislatura europea possono essere poste.
  Questo va fatto con molta prudenza e con molta attenzione, perché oggi c’è un'ipersensibilità. Oggi, infatti, in particolare da parte di alcuni Paesi, come quelli che devono fare dei referendum per approvare qualsiasi modifica dei Trattati, c’è un'ipersensibilità sul tema della revisione.
  Presidente Bordo, come abbiamo già fatto nel programma ufficiale della presidenza, noi riproporremo il tema dell'unione politica. L'abbiamo fatto facendo riferimento esplicito al Rapporto dei quattro presidenti, che trattava di unione bancaria, non completamente, ma in buona parte realizzata; di unione economica; di unione dei bilanci; di capacità fiscale della zona euro, tema su cui vorremmo cominciare a discutere, sapendo che non si risolve in sei mesi; e di unione politica.
  Dal nostro punto di vista, c’è l'assoluta necessità almeno di avere un dibattito. Esso esce da un'ambiguità che non è più costruttiva sul tema unione politica tra le delegazioni. Se noi avremo tolto l'ambiguità, alla fine del nostro semestre, credo che avremo già fatto un piccolo passo costruttivo rispetto all'obiettivo che perseguiamo.
  Presidente, vengo agli ultimi due temi e concludo. Sempre in materia economica, l'onorevole Buttiglione faceva riferimento al 3 per cento, che è dato dall'1 per cento di crescita più il 2 per cento di inflazione. La risposta e la condivisione della sua analisi c’è nei documenti di fine giugno. Noi stiamo dicendo, in questo documento, che la nuova politica economica non deve tenere conto solo dell'alto livello di debito pubblico e dell'alto livello di disoccupazione che ci sono in Europa, ma anche del fatto che in questo momento siamo in un periodo di crescita nominale del PIL estremamente bassa. È chiaro, quindi, che questa è una situazione ben diversa da quella che esisteva quando alcune politiche sono state avviate e questo va certamente tenuto presente.
  Da ultimo – lo dico anche se l'onorevole Chaouki ci ha dovuti lasciare – io credo che le proposte in materia di asilo, di minori e di minori non accompagnati, su cui dobbiamo fare dei grandi passi in avanti in Italia, non solo possano essere giuste e da portare avanti, perché c’è un effettivo bisogno di legiferare meglio in questa materia, ma anche che aiuterebbero molto la nostra azione in materia di immigrazione e di asilo a livello europeo.

  PRESIDENTE. Ringrazio il sottosegretario Gozi per le comunicazioni e per i dettagli che ha fornito nella replica, nonché tutti i colleghi per la presenza e per il contributo che hanno dato alla nostra discussione.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 21.45.