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XVII Legislatura

VII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 13 di Martedì 15 luglio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ghizzoni Manuela , Presidente ... 3 

Comunicazioni del Governo sulle prospettive di riorganizzazione del dicastero dei beni e delle attività culturali e del turismo, in base a quanto previsto dall'articolo 16, comma 4, del decreto-legge n.66 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n.89:
Ghizzoni Manuela , Presidente ... 3 
Franceschini Dario (PD) , Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo ... 3 
Ghizzoni Manuela , Presidente ... 7 
Palmieri Antonio (FI-PdL)  ... 7 
Piccoli Nardelli Flavia (PD)  ... 8 
Malisani Gianna (PD)  ... 8 
Ghizzoni Manuela , Presidente ... 8 
Franceschini Dario (PD) , Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo ... 8 
Ghizzoni Manuela , Presidente ... 9 
Franceschini Dario (PD) , Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo ... 9 
Ghizzoni Manuela , Presidente ... 10

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MANUELA GHIZZONI

  La seduta comincia alle 20.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Comunicazioni del Governo sulle prospettive di riorganizzazione del dicastero dei beni e delle attività culturali e del turismo, in base a quanto previsto dall'articolo 16, comma 4, del decreto-legge n. 66 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le comunicazioni del Governo sulle prospettive di riorganizzazione del dicastero dei beni e delle attività culturali e del turismo, in base a quanto previsto dall'articolo 16, comma 4, del decreto-legge n. 66 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89.
  Do subito la parola al Ministro Franceschini che ha chiesto di svolgere questa audizione anche per onorare un impegno che aveva preso con i parlamentari.

  DARIO FRANCESCHINI, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. Come ha ricordato la presidente, pur non essendo la riorganizzazione del ministero materia su cui è previsto di svolgere un'informativa o di sentire le Commissioni parlamentari, poiché la materia ha comunque una rilevanza generale, avevo detto che avrei informato la Commissione parlamentare competente durante il percorso di riorganizzazione.
  L'ho fatto oggi, in coda alla discussione generale sul decreto-legge n. 83 del 2014, in Commissione cultura al Senato. Ho incontrato oggi il Consiglio superiore dei beni culturali e anche in quel caso, pur non essendo previsto il parere, ho ritenuto utile informare e ascoltare le osservazioni. Ho incontrato i sindacati, la cui informativa è invece prevista dalle norme vigenti. Tutto questo è avvenuto oggi, perché entro il termine del 15 luglio, cioè entro questa sera, il testo della proposta di riorganizzazione del ministero va trasmesso al dipartimento della Funzione pubblica. Naturalmente non è un atto definitivo, perché poi ci sarà la discussione, nel Governo, con il medesimo dipartimento della Funzione pubblica; in seguito vi sarà il percorso che porta al Consiglio dei ministri, perché l'approvazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di riorganizzazione è un'approvazione del Consiglio dei ministri. Tuttavia, la mia proposta viene ultimata in queste ore e segue, in gran parte, le tracce delle questioni che direttamente o indirettamente abbiamo discusso e che, in particolare, ho indicato in sede di relazione sulle linee programmatiche d'inizio mandato.
  Citerò soltanto i titoli, cioè gli aspetti rilevanti, partendo dalla considerazione che questa riorganizzazione, come quella degli altri ministeri, è originata dalla cosiddetta spending review. In base alle attuali norme, il ministero deve ridurre 31 posti di dirigenti di seconda fascia e 6 posti di dirigenti di prima fascia. Questa operazione si sarebbe potuta fare acriticamente, Pag. 4lavorando sull'attuale struttura del ministero e, semplicemente, tagliando un po’ di posti di dirigenti o, viceversa – come io ho cercato di fare – utilizzando il meccanismo dovuto, obbligato, di riduzione dei dirigenti per impostare una riorganizzazione sostanziale del ministero.
  Poiché io penso – come ho detto altre volte – che la cosa più assurda che capita in questo Paese è che chi arriva a fare il ministro ignora – qualche volta cancella, ma quella almeno è una scelta – il lavoro fatto dai predecessori, indipendentemente dal colore di provenienza e, in qualche caso, anche se è dello stesso colore di provenienza, dico, a scanso di equivoci, che in questo caso il tema della riorganizzazione del ministero è stata l'oggetto di parecchio lavoro. È stata oggetto, in particolare, da ultimo, della relazione della cosiddetta Commissione D'Alberti, per la quale erano state svolte circa trenta audizioni di associazioni, sindacati e via dicendo, in un percorso molto lungo che ha originato un testo che, in parte, ovviamente ho utilizzato – quindi senza riprendere il lavoro dall'inizio – come base di approfondimento e di studio e, in parte, anche come base per presentare proposte, naturalmente introducendo elementi diversi.
  Come dicevo, vi riferirò i titoli di questa riorganizzazione.
  Il primo punto concerne le direzioni regionali. Come sapete, le direzioni regionali sono nate come luogo di coordinamento amministrativo e, via via, hanno rischiato invece di diventare un luogo di sovrapposizione con le competenze tecnico-scientifiche delle soprintendenze, in buona parte anche perché, spesso, capita che il direttore regionale abbia lo stesso curriculum professionale e la stessa preparazione del singolo soprintendente (mi è capitato diverse volte, girando in questi mesi). Questo spesso – non sempre – ha originato anche posizioni diverse tra il direttore regionale e il singolo soprintendente sulla stessa materia, qualche volta anche espresse sui giornali.
  Penso quindi che le direzioni regionali debbano tornare a ciò per cui sono state immaginate, ossia un organo di coordinamento con funzioni amministrative, non con competenze tecnico-scientifiche, che coordina tutte le diverse attività e soprintendenze presenti sul territorio regionale.
  Per questo – consentitemi di andare in modo schematico, ma mi capirete data l'ora – i direttori regionali vengono trasformati in segretariati regionali, corrispondono quindi al segretario generale del ministero; da dirigenti di prima fascia diventano dirigenti di seconda fascia, hanno funzioni di coordinamento di un tavolo che è costituito da diversi soprintendenti e dalle nuove figure che adesso vi dirò. Tale tavolo ha funzioni di gestione collegiale, soprattutto quando ci sono posizioni diverse tra i diversi soprintendenti, funzioni di concessione dei vincoli – oggi lo fa monocraticamente il direttore regionale – e soprattutto – lo dico rispetto ai dubbi che erano stati sollevati in Aula particolarmente dal Movimento 5 Stelle, ma non solo – sarà questo il tavolo che esaminerà gli eventuali ricorsi sui pareri dei soprintendenti presentati dalle altre amministrazioni, dai comuni, dalla regione. Questo per togliere ogni margine di discrezionalità al sottoscritto e ai miei successori. Infatti, segnalo che, anche se la norma ha introdotto il principio che i componenti del collegio sono soggetti interni, il Ministero ha circa 19 mila dipendenti. Quindi il parere del soprintendente verrà discusso, nel caso venga fatto ricorso. Ripeto che quella norma – l'articolo 12, comma 1-bis del decreto-legge n. 83 del 2014 – secondo me ha un'efficacia deterrente: se uno sa che il suo parere è indiscutibile ragiona in un certo modo; se uno sa che il suo parere può essere sottoposto a un organo collegiale ragiona in un altro modo. In ogni caso, il discorso è per funzioni, quindi togliamo quei dubbi di discrezionalità che c'erano.
  Dovendo ridurre 31 posti di seconda fascia (ricordo che i soprintendenti sono tutti di seconda fascia) ed essendo di fronte alla scelta se accorpare le soprintendenze per via territoriale, creando delle macro-soprintendenze con competenze territoriali troppo vaste – penso a un Pag. 5soprintendente ai beni storici che dovesse occuparsi di tutta l'Emilia Romagna da Piacenza a Rimini, che rischierebbe di non avere il controllo sul territorio – abbiamo scelto la strada già sperimentata – in particolare in Toscana e in Campania – delle soprintendenze cosiddette «miste», che in realtà non si chiameranno «miste», poiché non vuol dire niente, ma si chiameranno – come la direzione generale, che è già unica – «Beni, belle arti e paesaggio» e accorperanno le funzioni delle soprintendenze ai beni artistici e ai beni architettonici, che oggi sono distinte, creando qualche volta anche problemi di non coincidenza di opinioni. Come ho anticipato, queste soprintendenze sono già state positivamente sperimentate in alcune regioni, la Toscana e la Campania, e in questo caso corrisponderanno alla stessa direzione generale, che è già unica.
  Le soprintendenze archeologiche, come la Direzione generale per l'archeologia (questa è una variazione rispetto al testo della Commissione D'Alberti), resteranno autonome per la peculiarità del settore archeologico, perché in questo settore è molto difficile distinguere la parte museale dalla parte scavi. Ci sarà una sola soprintendenza archeologica per regione, oltre alle due soprintendenze archeologiche speciali di Roma e Pompei, già esistenti.
  Ho provato a ricostruire le ragioni dell'attuale mappa del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, ma questa mappa è veramente complicata, perché è il frutto di diverse provenienze. Ricordo che il MIBACT si è formato per successive fusioni, da ultimo aggiungendosi il settore del turismo, quindi ogni settore – che fossero gli archivi, le belle arti e via dicendo – si è portato dietro una serie di abitudini e di ruoli. Questo è difficile dal punto di vista del riassetto territoriale; lo dico in relazione alle soprintendenze archeologiche perché, per fare un esempio, in Lombardia c’è una soprintendenza archeologica, in Emilia-Romagna ce n’è una, in Sardegna ve ne sono due: anche da questo punto vista, renderemo la situazione uniforme con una sola soprintendenza archeologica per regione, più le due speciali citate.
  Sugli archivi e sulle biblioteche lasciamo le due direzioni distinte, perché credo vada realizzato – l'ho detto in altra occasione – un investimento molto forte su due settori che non hanno i riflettori puntati, ma che sono il luogo della conservazione della memoria, del deposito della cultura, i quali quindi vanno aiutati. Qui parliamo della struttura, non delle risorse, che sono il problema più importante: anche in questo caso abbiamo pensato a una razionalizzazione.
  Sia sulle biblioteche, che sono di meno, sia sugli archivi di Stato, che sono tanti (uno per provincia) non c’è una ragione ricostruibile sul perché alcuni siano diretti da dirigenti di seconda fascia, altri da funzionari. I tecnici non sono stati neanche in grado di dirmelo, perché anche qui ci sono state incrostazioni successive. Per citare degli esempi, il dirigente dell'archivio di Stato di Lucca è un dirigente, quello dell'archivio di Stato di Pistoia è un funzionario, quello dell'archivio di Stato di Pavia è un funzionario, quello dell'archivio di Stato di Mantova è un dirigente, e potrei continuare con l'elenco. Anche qui abbiamo cercato di dare un ordine, dovendo risparmiare altri posti in ossequio della spending review: resta dirigente di seconda fascia il direttore dell'archivio di Stato del comune capoluogo, che assomma in sé anche le funzioni di soprintendente archivistico; gli altri sono funzionari.
  Per le biblioteche abbiamo scelto con un criterio, non scelto da me evidentemente, non occasionale: hanno conservato il ruolo di dirigenti coloro che sono preposti alle biblioteche che, o perché hanno fondi particolari, o perché sono originate da stati pre-unitari, hanno una particolare ragione storica, il che giustifica la presenza di un dirigente.
  L'aspetto più rilevante, a mio avviso, è la scelta di valorizzare la tutela e, quindi, il ruolo delle soprintendenze, distinguendolo dalla gestione dei musei. Mi spiego. Oggi il direttore del polo museale di una grande città si occupa di tutta la tutela del Pag. 6patrimonio storico-artistico e, contemporaneamente, della gestione dei musei, che sono diretti da funzionari, i quali quindi non hanno nessuna autonomia, non hanno autonomia gestionale, non hanno autonomia di firma. Il direttore del piccolo museo, che dovrebbe occuparsi del suo museo, lo fa due o tre ore al giorno, perché deve occuparsi anche della tutela, archeologica o storico-artistica, di tutto il suo territorio.
  Pur sapendo che in Italia c’è un legame molto forte che va mantenuto, perché i nostri musei sono prevalentemente espressione del territorio – non sono grandi raccolte nazionali, come in altri Paesi, dove sono stati messi insieme gli oggetti indipendentemente dal legame con il territorio in cui il singolo museo si trova – penso, tuttavia, che si debba rafforzare moltissimo il ruolo delle soprintendenze, dal punto di vista della tutela e del legame con la formazione, la ricerca e quindi le singole università.
  Questa idea è stata già oggetto di due incontri con i rappresentanti del Ministero dell'istruzione e con il CNR, quindi penso che il modello – mi pare di ricordare che ne abbiamo parlato in altre occasioni, forse nella relazione introduttiva – sia quello dei policlinici universitari: lì ci sono l'ospedale e la Facoltà di medicina, entrambi pubblici; si utilizzano le corsie come luogo di studio e di ricerca sul campo e, contemporaneamente, l'ospedale si avvale del fatto di avere nuove persone che fanno ricerca e innovazione. Quindi, in questo schema, la soprintendenza rafforza il suo legame con la parte universitaria e di ricerca del CNR e diventa tutela, rafforzando il legame con la ricerca e la formazione.
  La gestione dei musei finisce in un filone parallelo, che va dalla direzione generale alla creazione di direttori dei poli museali regionali, sino al singolo museo. Se mettete – lo dico perché questo è un tema che ha attraversato il dibattito – un manager che si è occupato di Coca Cola o di tondini di acciaio a dirigere un museo, questa è un'emerita sciocchezza. Il tema è un altro: ci sono storici dell'arte o archeologi o architetti che si sono specializzati sulla tutela; ci sono storici dell'arte, architetti o archeologi che si sono specializzati sulla gestione museale, o seguendo dei master, o facendo degli studi, o gestendo altri musei. Questa è la distinzione cui io penso, rimanendo nella competenza scientifica di base, ma mettendo a dirigere un museo, soprattutto se è grande, una persona che si è fatta una competenza specifica nell'ambito della gestione del museo. Diversamente finiamo nella logica per cui il museo o non ha niente, non ha il bookshop, oppure tutto ciò che potrebbe produrre reddito finiamo per appaltarlo all'esterno, perché non siamo in condizione di gestire né promozione né marketingbookshop né servizi aggiuntivi.
  Questo schema, legato alla norma che abbiamo inserito nella conversione del decreto-legge – cosiddetto «Cultura» – n. 83 del 2014, all'articolo 14, comma 2-bis, ossia la possibilità di svolgere procedure pubbliche, trasparenti e selettive, a cui possono partecipare soggetti interni ma anche esterni, per la direzione dei musei, consentirà di realizzare un'operazione innovativa. Per quanto dicevo prima, è assurdo che il direttore di un archivio di Stato di una provincia italiana sia dirigente di seconda fascia, mentre il direttore degli Uffizi è un funzionario, e così i direttori dell'Accademia di Brera, di Pompei, del Museo archeologico di Napoli. C’è qualcosa che non funziona.
  In questo schema di riorganizzazione noi prevediamo – i numeri sono in fase di completamento in queste ore – una ventina di grandi musei italiani, scelti secondo criteri il più possibile oggettivi: non solo il numero di visitatori, che è uno dei requisiti, ma anche l'importanza della collezione o la sua collocazione, perché un museo di fianco al Vaticano ha un certo numero di visitatori, ma se lo stesso museo fosse in Calabria ne avrebbe un numero diverso. Mettendo insieme i dati e ascoltando gli esperti per identificare i venti grandi musei, questi avranno dirigenti di prima fascia o di seconda fascia, il che vuol dire che se noi vogliamo, anche in base a quella norma, chiamare a dirigere Pag. 7un grande museo italiano una persona che per curriculum, per storia, per professionalità, ha i titoli, gli offriamo il livello apicale della pubblica amministrazione, non gli offriamo di venire a fare il funzionario.
  Oggi, il paradosso è che il direttore degli Uffizi, che è un bravissimo funzionario, quando va a parlare col direttore del Louvre, incontra il livello apicale della pubblica amministrazione francese e lui è un funzionario senza potere di firma, tralasciando l'aspetto dello stipendio. Mi pare che quanto detto rimetta ordine e dia una centralità nuova al sistema dei musei, affiancato a quello della tutela nella sua interezza.
  Infine, quanto alle direzioni generali, vengono conservate così come sono, senza processi di accorpamento. In primo luogo, viene scorporata la direzione del personale – era una delle conclusioni della Commissione D'Alberti, perché questo è l'unico ministero che tiene insieme personale e organizzazione, ma non può reggere un «macchinone» di circa 20 mila persone, con tutti i problemi di digitalizzazione – e vengono create due direzioni. La prima è la direzione «arte, architettura contemporanea e periferie urbane», che parte dal presupposto che un Paese che si deve occupare della tutela del proprio patrimonio non deve certo ignorare il fatto che c’è un futuro, c’è un presente, ci sono talenti, ci sono professionalità, e che ogni opera che oggi fa parte del patrimonio da tutelare è stata un'opera di arte contemporanea: che sia la Traviata di Verdi o il Colosseo o la Cappella Sistina, erano musica e arte contemporanee di allora. Non dobbiamo smarrire il fatto che la nostra forza non è solo il nostro patrimonio, ma è anche il patrimonio di creatività, talenti, intelligenze che abbiamo, quindi è necessario un investimento su questo.
  La seconda direzione, molto trasversale, con poco apparato, ma molto forte in quanto a competenze, si occupa di educazione e ricerca. Qui abbiamo da recuperare un ritardo fortissimo. Immagino che questa direzione debba occuparsi di formazione del personale, di ridisegnare il sistema delle scuole di formazione, in rapporto con il MIUR, con le università, con le soprintendenze, anche immaginando che, mentre oggi dobbiamo andare a cercare i soggetti in grado di dirigere i musei, dentro o fuori, li possiamo anche formare, come avviene in Francia, con una grande Scuola nazionale del patrimonio che forma professionalità, lavora sui talenti, sulle eccellenze, forma personale attuale e futuro, lavora sulle università e svolge anche un lavoro importante di educazione alla cultura.
  Siamo nel paradosso di essere il Paese con il più grande patrimonio, ma nel quale calano i lettori di libri, calano i visitatori dei musei, calano i frequentatori dei cinema, senza un trend uniforme rispetto agli altri Paesi, in quanto andiamo peggio degli altri. È evidente che c’è un lavoro di educazione da fare, che deve partire dai bambini, dalle elementari, fino a tutti i livelli di formazione.
  Questo ridisegno porta alla riduzione di 31 dirigenti di seconda fascia e di 6 dirigenti di prima fascia.

  PRESIDENTE. Grazie Ministro, anche per la sintesi.
  Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni, anche se, come ha detto il ministro, il testo è ancora in fase di definizione, quindi i numeri non corrispondono al dato finale. Considero, comunque, importante l'opportunità di sentire il ministro su un testo in fase di redazione, non blindato.

  ANTONIO PALMIERI. Intervengo semplicemente per ringraziare il ministro per la cortesia che ha avuto nei confronti della Commissione, un gesto non dovuto e non scontato.
  Inoltre, credo che – considerata l'ora – varrebbe la pena di rivedersi con un po’ più di tempo a disposizione, una volta che l'iter effettivamente sarà completato. Le chiedo, quindi, di completare la cortesia: visto che lei ci ha resi edotti all'inizio di un percorso sufficientemente avviato, nel momento in cui tutto sarà compiuto potremmo Pag. 8rivederci e «chiudere questo cerchio» che lei ha aperto questa sera, in modo che tutti potremo avere piena conoscenza di questa materia.

  FLAVIA PICCOLI NARDELLI. Intervengo solo per unirmi al ringraziamento al ministro e perché consideriamo queste linee strategiche che egli ci ha rapidamente proposto molto importanti: tutti noi consideriamo strategica l'indicazione del ministro.
  Penso che sia giusto, allora, come ha proposto l'onorevole Palmieri, riservarci la possibilità di intervenire mano a mano che il provvedimento andrà avanti. Dico già al ministro che apprezziamo molto il coraggio e la coerenza con cui sta portando avanti un progetto che si completerà attraverso varie fasi.

  GIANNA MALISANI. Intendo approfittare della presenza del ministro e di questa prima illustrazione del provvedimento per chiedere ulteriori spiegazioni o chiarimenti, se fosse possibile, in merito al tavolo regionale di cui ha parlato. Vorrei capire se le famose commissioni di garanzia previste nel decreto cultura, ancora in discussione, sono il tavolo, trattandosi quindi di una struttura che il ministro ha già individuato – e chiedo appunto conferma – non essendovi quindi altre strutture da creare.
  Inoltre, chiedo al ministro la cortesia di spiegarmi meglio la questione della formazione delle soprintendenze miste – che io apprezzo molto come ho già avuto occasione di dirgli – perché tale soluzione supera delle problematiche costanti di cui siamo a conoscenza. Vorrei sapere quindi in che modo vengono formate, se ovunque oppure se esiste una situazione «tampone».

  PRESIDENTE. Do ora la parola al Ministro Franceschini per la replica.

  DARIO FRANCESCHINI, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. Ovviamente il percorso, come già detto, prevede l'intervento del dipartimento della Funzione pubblica, per poi andare in Consiglio dei ministri: troveremo quindi il modo di approfondire le questioni quando il testo sarà predisposto in modo formale. Trattandosi di un passaggio interno, tra me e la Funzione pubblica, non posso nemmeno trasmetterlo. Domani spiegherò questi aspetti anche alla stampa, per evitare che escano notizie «a spizzichi e bocconi».
  Partendo dal tavolo, mi sono posto il tema ascoltando la discussione in Parlamento. Quindi, siamo passati prima dal tema che l'organo di garanzia era, per norma, composto dal personale interno al ministero; poi mi sono posto il tema che, pur trattandosi di personale del ministero, c'era un margine troppo ampio di discrezionalità per chi li nomina, dovendo trattarsi di un organo che garantisce. Poiché in questo schema le direzioni regionali avranno una funzione di coordinamento e si chiameranno segretariati regionali, questo tavolo avrà diverse competenze, il più possibile collegiali, che oggi sono del direttore regionale, cioè – per citare le principali – la concessione di vincoli e il mettere d'accordo i soprintendenti quando hanno pareri diversi. In questo caso, quel tavolo sarà anche quello che riesaminerà il parere e sarà composto, con il segretario regionale, dai soprintendenti di settore, compreso quello archivistico, e dal direttore del polo museale regionale. Quindi, si tratta di un organo che sarà di consistenza diversa, a seconda se nelle regioni ci sia soltanto una o ci siano più soprintendenze, ma si tratta di un organo di cui si è a conoscenza della composizione. In questo schema, quello che è oggetto del parere, siccome non è un'impugnazione davanti a un magistrato o alla giustizia ordinaria, è nel luogo che riesamina il parere. Mi pare un meccanismo che toglie i dubbi che erano stati sollevati.
  Le soprintendenze miste sono dappertutto. Tutte le soprintendenze, oggi divise – in quasi tutte le regioni (non in tutte) – tra beni storici, artistici ed etnoantropologici e beni architettonici e del paesaggio, diventano un'unica soprintendenza che corrisponde alla già esistente unica direzione Pag. 9regionale: in questa fase non si tocca la distribuzione territoriale. Lo dico perché la distribuzione territoriale è un'altra cosa che non si capisce come sia stata fatta: alcune regioni hanno cinque soprintendenze, alcune ne hanno una, altre due. In questa fase io mi sono limitato alla costruzione di soprintendenze uniche, mentre le soprintendenze archeologiche restano fuori, e saranno una scelta permanente, fatta in tutta Italia. Ci sarà poi una seconda fase in cui, anche vedendo come funziona, potremo andare a ulteriori sistemazioni territoriali che rendano più omogenea la distribuzione. In ogni caso, il discorso vale dappertutto.

  PRESIDENTE. Vorrei porre brevemente alcune domande. Esattamente come prefigura la direzione generale su cultura, didattica, ricerca e via dicendo ? Sarà trasversale e avrà una funzione di interlocuzione con periferia e centro, e anche con soggetti esterni, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ma anche il CNR se penso all'archeologia ? Come se la immagina ?
  Nella riorganizzazione territoriale, poi, il dirigente di seconda fascia archivista, che sarà il direttore dell'archivio di Stato del capoluogo, assumerà anche la funzione di soprintendente. Data la carenza di personale, lei crede che ci sarà la possibilità di integrare queste strutture, di cui ci dimentichiamo troppo spesso, considerato che esse assolveranno anche alla funzione di tutela rispetto agli altri archivi, privati, religiosi e così via ? A suo avviso, insomma, il sistema tiene con le risorse attuali e con l'attenzione che noi dobbiamo a questo patrimonio, che non è noto come i grandi musei, ma ha una rilevanza non solo storica, ma anche amministrativa ?

  DARIO FRANCESCHINI, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. Credo che sostanzialmente – anche in questo caso il testo è in fase di conclusione in queste ore – la missione di questa direzione sia educazione e ricerca e che si tratti di una direzione che non ha sottoservizi, ma una competenza trasversale. In riferimento agli interlocutori esterni, in particolare MIUR e CNR, la direzione citata avrà competenze di costruzione di questo rapporto con le soprintendenze come luogo dell'incrocio tra studio, ricerca e tutela; competenze di gestione degli enti del ministero che fanno formazione, dall'Opificio delle pietre dure all'Istituto del restauro (enti che non fanno una formazione tematica, come l'Istituto sperimentale di cinematografia, che infatti resta alla direzione cinema, ma quelli che fanno una formazione trasversale); competenze soprattutto di impostazione di un sistema nuovo di formazione del personale e di formazione altamente specialistica nel settore dei beni culturali, di cui c’è un grande bisogno, integrandola con il sistema universitario. Quindi, c’è anche un lavoro di progettazione di un sistema.
  Dico poi con molta chiarezza che il problema degli archivi si chiama necessità di risorse e personale, in particolare di personale giovane, perché il personale degli archivi è in gran parte vicino all'età della pensione e, anche per ragioni anagrafiche, non ha competenze adeguate dal punto di vista della digitalizzazione, che è la vera sfida degli archivi. A sessant'anni di età si è anche bravissimi, ma non è come essere un archivista di venticinque o trent'anni, nato e cresciuto nell'era della digitalizzazione. Questi sono i due problemi principali.
  È stato sollevato il tema se accorpare la direzione archivi e biblioteche. Io ho fatto la scelta di tenere la direzione generale degli archivi. Non penso che la valorizzazione o meno passi attraverso il fatto se il tale direttore dell'archivio è dirigente di seconda fascia o funzionario. So che questo sarà uno dei temi di critica – come sempre, quando si tocca qualcosa in Italia –, ma non penso che sia quello il problema.
  Quanto alle competenze delle soprintendenze archivistiche, rispetto a quelle degli archivi di Stato, un conto è trovarsi in un sistema in cui ci si poteva permettere di tutto, perché c'erano risorse e lo si poteva fare; ma è evidente che, in una stagione di spending review, si devono Pag. 10accorpare le funzioni e penso che il direttore dell'archivio di Stato del comune capoluogo possa anche svolgere una funzione di soprintendente archivistico, posto che le funzioni si delegano: quindi, nell'ambito della propria struttura, uno può anche decidere di delegarle. Non ci sia, quindi, nessuna mortificazione nell'esercitare due attività che sono sicuramente distinte – un conto è gestire un archivio di Stato e altro è gestire il controllo o la vigilanza sugli archivi privati – ma che sono anche molto vicine. Non stiamo parlando di due cose che non c'entrano niente, ma di due aspetti diversi dello stesso lavoro.

  PRESIDENTE. Nel chiudere questa comunicazione del Governo ringrazio il Ministro Franceschini.
  Dichiaro conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 21.15.