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XVII Legislatura

Commissioni Riunite (III-IV Camera e 3a-4a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 10 di Mercoledì 20 agosto 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 3 

Comunicazioni del Governo sui recenti sviluppi della situazione in Iraq anche con riferimento agli esiti del Consiglio straordinario dei Ministri degli esteri dell'UE del 15 agosto 2014:
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 3 
Mogherini Federica (PD) , Ministro degli affari esteri ... 3 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 8 
Pinotti Roberta , Ministro della difesa ... 8 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 11 
Amendola Vincenzo (PD)  ... 11 
Artini Massimo (M5S)  ... 12 
Mogherini Federica (PD) , Ministro degli affari esteri ... 13 
Artini Massimo (M5S)  ... 13 
Picchi Guglielmo (FI-PdL)  ... 14 
Alli Paolo (NCD)  ... 15 
Rabino Mariano (SCpI)  ... 16 
Di Biagio Aldo  ... 17 
Palazzotto Erasmo (SEL)  ... 18 
Prataviera Emanuele (LNA)  ... 19 
Cirielli Edmondo (FdI-AN)  ... 20 
Locatelli Pia Elda (Misto-PSI-PLI)  ... 21 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 23 
Orellana Luis Alberto  ... 23 
Manciulli Andrea (PD)  ... 23 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 24 
Cotti Roberto  ... 24 
Mazzoni Riccardo  ... 24 
Duranti Donatella (SEL)  ... 25 
Santerini Milena (PI)  ... 26 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 26 
Mogherini Federica (PD)  ... 26 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 29 
Pinotti Roberta , Ministro della difesa ... 29 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 30

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: (NCD);
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia: (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Libertà e Diritti-Socialisti europei (LED): Misto-LED.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA III COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI FABRIZIO CICCHITTO

  La seduta comincia alle 12.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Comunicazioni del Governo sui recenti sviluppi della situazione in Iraq anche con riferimento agli esiti del Consiglio straordinario dei Ministri degli esteri dell'UE del 15 agosto 2014.

  PRESIDENTE. Saluto il presidente della Commissione difesa della Camera, onorevole Vito, il presidente della Commissione affari esteri del Senato, senatore Casini, il presidente della Commissione difesa del Senato, senatore Latorre, e tutti i colleghi presenti.
  A nome delle Commissioni esteri e difesa dei due rami del Parlamento, nonché di tutti i commissari presenti, esprimo profondo cordoglio per il tragico incidente verificatosi nella giornata di ieri, a seguito della collisione fra due aerei Tornado dell'aeronautica militare durante una fase di addestramento. Esprimo, quindi, solidarietà e vicinanza ai familiari dei capitani Mariangela Valentini, Paolo Franzese, Alessandro Dotto e Giuseppe Palminteri.
  La seduta odierna si basa su una lettera che è stata inviata ai presidenti delle Commissioni esteri e difesa di Camera e Senato dai Ministri Mogherini e Pinotti, le quali hanno richiamato la nostra attenzione sulla riunione straordinaria del Consiglio dei Ministri degli esteri dell'Unione europea svoltasi a Bruxelles lo scorso 15 agosto. Conseguentemente, attraverso questa lettera, è stata espressa la disponibilità a riferire alle Commissioni parlamentari in considerazione del particolare rilievo dell'ordine del giorno di quella riunione.
  Ringrazio tutti i colleghi deputati e senatori che intervengono alla seduta, che testimonia l'attenzione del Parlamento italiano per la grave crisi che sta colpendo l'Iraq ed impone una assunzione di responsabilità da parte della comunità internazionale.
  Segnalo anche che l'ambasciatore iracheno a Roma ha rivolto, a nome del suo Governo e di tutte le comunità del suo popolo, un appello ai presidenti delle Camere perché l'Italia dimostri concretamente la sua vicinanza all'Iraq e, in particolare, al Kurdistan iracheno, a fronte della tragedia umanitaria di cui sono vittime, dagli inizi di giugno, le popolazioni locali e le minoranze etniche e religiose.
  Faccio presente che, secondo quanto convenuto con i colleghi presidenti Vito, Casini e Latorre, a conclusione della seduta congiunta, alle ore 14,30 si riuniranno separatamente gli Uffici di presidenza delle Commissioni dei due rami del Parlamento e, a seguire, le Commissioni per votare eventuali risoluzioni.
  Invito, quindi, il Ministro Mogherini a svolgere la sua relazione.

  FEDERICA MOGHERINI, Ministro degli affari esteri. Signor presidente, presidenti, vi ringrazio e ringrazio anche tutti i colleghi deputati e senatori per la disponibilità a condividere con il Governo le Pag. 4informazioni ma anche le valutazioni che in questi giorni e in queste ore, drammatici per l'Iraq ma anche per tutto il Medio Oriente, siamo chiamati a prendere.
  Soltanto ieri celebravamo a livello globale la Giornata mondiale dell'aiuto umanitario, il World humanitarian day, che ricorda come nel 2003 la sede delle Nazioni Unite a Baghdad venisse colpita da un durissimo attentato. Credo che sia doveroso partire da qui, dalla constatazione che, dopo 11 anni, l'Iraq è ancora terra di conflitto, terra di scontri; e, per tutti questi 11 anni, io personalmente, ma so anche moltissimi di noi qui presenti, non abbiamo mai smesso di seguire, di preoccuparci e anche di lavorare, ognuno per quello che ha potuto, per sostenere l'Iraq.
  Nell'audizione programmatica che ho avuto modo di svolgere nel marzo scorso – mi consentirete un'autocitazione dallo stenografico – ricordavo che un Paese di cui tendiamo a rimuovere totalmente la drammatica situazione è l'Iraq. Anche oggi continuano a morire iracheni, per la maggior parte poliziotti o, comunque, persone coinvolte nella gestione della sicurezza del Paese. Credo che non possiamo permetterci di rimuovere il fatto che in quel Paese c’è ancora una situazione di estrema instabilità e drammaticità. Dobbiamo ricordarci che abbiamo una responsabilità da esercitare in quel Paese ed è anche nostro interesse strategico farlo.
  Queste erano le mie parole davanti alle Commissioni esteri di Camera e Senato il 18 marzo scorso e credo che ci dicano – quelle parole e le considerazioni che faremo oggi – innanzitutto come sia saggio non dimenticare mai gli scenari di crisi, anche quando escono dal cono di luce mediatico per la loro drammaticità, per i loro picchi, soprattutto nel caso dell'Iraq. Ciò, da una parte, per il legame che è sempre stato evidente con la crisi siriana, ma anche con altri scenari che lo circondano. Penso alla Giordania e al Libano, pericolosamente sull'orlo dell'instabilità, ma anche a Paesi che sono stabili, ma che comunque stanno subendo pesantissime ripercussioni in termini di afflusso di rifugiati e anche di sicurezza interna. Penso alla Turchia, ma potenzialmente anche all'Iran.
  Dicevo che il fatto di non dimenticare gli scenari di crisi aperti vale per l'Iraq, anche perché è sempre stato evidente, negli anni passati, che il punto di equilibrio della convivenza tra sunniti, sciiti e curdi da tempo non funzionava. Quindi, quello che avviene non è una sorpresa, ma è sicuramente straordinario per portata, per gravità, per impatto sulla popolazione civile. Su questo tornerò dopo; anzi, penso di doverlo affrontare adesso: stiamo parlando dell'avanzata di un'organizzazione come l'ISIS, che si è separata da Al Qaeda perché la riteneva troppo morbida; questa è la ragione fondante del movimento che gli iracheni, i curdi in particolare, stanno fronteggiando in questo momento. Ed è chiaro che obiettivo principale di questo movimento sono le popolazioni civili, in particolare le minoranze, in particolare quella cristiana e quella yazida, ma tutte le minoranze. Credo che sia utile avere bene in mente che qui non si tratta soltanto di proteggerne alcune, ma si tratta veramente di affermare il principio della convivenza civile e pacifica in un territorio.
  L'iniziativa italiana in questi mesi è stata costante. Come dicevo a marzo, abbiamo tenuto l'Iraq tra le nostre priorità fin dall'inizio dell'attività di Governo. Ho avuto modo di incontrare, già nel mese di giugno, il presidente del Kurdistan Barzani qui, a Roma; poi l'Italia si è fatta promotrice, già l'11 giugno, nel corso del vertice tra Unione europea e Lega araba, di una dichiarazione che comprendesse, su nostra proposta, un riferimento esplicito alla situazione in Iraq che, letta oggi, due mesi dopo, mostra tutta la sua drammatica preveggenza. Infatti, in quella dichiarazione congiunta di Unione europea e Lega araba si condannava l'ondata di attacchi terroristici, si chiamavano il Governo dell'Iraq e il Governo della Regione autonoma del Kurdistan a unire le loro forze politiche e militari per ripristinare la sicurezza a Mosul e a Ninive, si riaffermava l'impegno per l'unità e l'integrità Pag. 5territoriale dell'Iraq e si richiamavano le risoluzioni delle Nazioni Unite nn. 1267 e 1989 che dichiarano l'ISIS organizzazione terroristica, imponendo sanzioni ed una serie di misure riconosciute dalla comunità internazionale.
  In quell'occasione, quindi, già ad inizio giugno, ho avuto modo di incontrare il Ministro degli esteri iracheno Zebari ed avere con lui un primo scambio di opinioni su quello che la comunità internazionale, a partire dall'Unione europea, avrebbe potuto fare per sostenere in qualche modo la resistenza all'avanzata dell'ISIS. A questo è seguita un'attività che, in campo soprattutto europeo, è stata costante. Nel Consiglio affari esteri dell'Unione europea di luglio è stata l'Italia a proporre un punto in agenda sulla protezione in particolare dei cristiani di Ninive: il nostro impegno in questo senso è stato costante.
  È stato poi un esponente del Governo italiano, il Viceministro Pistelli, il primo esponente di Governo a recarsi a Baghdad e a Erbil proprio in questi giorni, il 6 e 7 agosto; e credo che l'8 agosto avete avuto modo al Senato di sentire il sottosegretario Della Vedova, anche se in audizione informale, in ordine a quello che stava succedendo proprio in quelle ore.
  Io, in quel giorno, l'8 agosto, ho avuto una conversazione telefonica con il presidente Barzani in cui mi veniva richiesto non soltanto un forte sostegno, un forte aiuto sul versante umanitario, ma anche la prospettiva di un sostegno dal punto di vista della sicurezza e militare.
  Di fronte a questa necessità abbiamo pensato, con il Ministro Pinotti e anche con il Presidente del Consiglio Renzi, con il quale ci siamo sentiti costantemente in questi giorni, innanzitutto di scrivere la lettera che il presidente Cicchitto ricordava, per dare la nostra immediata disponibilità a comunicazioni in sede parlamentare e ho inoltre scritto all'Alto rappresentante Ashton per avere una convocazione immediata del Consiglio affari esteri che, come sapete, si è tenuto il 15 agosto.
  Il Consiglio affari esteri ha avuto all'ordine del giorno, su nostra proposta, non soltanto la situazione drammatica in Iraq, ma anche quella in Medio Oriente, quella in Libia ed un aggiornamento sulla situazione in Ucraina: tre punti ai quali, se i presidenti me lo consentono, eviterei di fare riferimento nel mio intervento iniziale, ma sono chiaramente a disposizione per parlarne in sede di replica, se sollecitata.
  Questi dodici, tredici giorni, che sono passati dalla visita del Viceministro Pistelli in Iraq e nella Regione autonoma del Kurdistan, dalla mia telefonata con Barzani alla giornata di oggi, li abbiamo impiegati per costruire una cornice internazionale, a partire da quella europea. Oltre al Consiglio affari esteri a Bruxelles, abbiamo lavorato con una serie di contatti costanti con gli interlocutori della regione. Ho avuto conversazioni telefoniche sulla situazione irachena con i miei omologhi di Paesi che hanno un'influenza chiara e diretta perché confinanti o perché hanno relazioni particolarmente forti con parti interne dell'Iraq. Ho parlato con il Ministro degli esteri iraniano, turco, emiratino, qatarino, giordano e, ovviamente, i contatti con il Vaticano sono stati molto frequenti. Tutto ciò, su tre linee di azione che abbiamo poi condiviso con i nostri partner europei la settimana scorsa a Bruxelles.
  Primo: immediati aiuti umanitari. L'Italia aveva stanziato già un milione di euro per gli aiuti umanitari: 500 mila euro all'Organizzazione mondiale della sanità per gli sfollati nelle regioni di Erbil, Dohuk e Sulaymaniyah, più un milione di euro per un fondo presso la nostra ambasciata a Baghdad e gli uffici di Erbil (quindi Kurdistan), per progetti delle ONG nel campo della sanità, dell'istruzione e della formazione professionale. A questo si sono aggiunti, come sapete, negli ultimi sei giorni, sei voli fatti insieme alla Difesa (di cui l'ultimo si conclude oggi), che hanno portato in totale 50 tonnellate di acqua e generi alimentari di prima necessità, per l'esattezza biscotti proteici, 200 tende, 400 sacchi a pelo. Questo sul versante degli aiuti umanitari.
  Dal punto di vista europeo, abbiamo condiviso la scelta, insieme agli altri Stati Pag. 6membri, di attivare meccanismi di cooperazione europea che consentano di coordinare gli aiuti, in modo tale da non avere chiaramente overlapping, doppioni di consegne che magari poi diventano poco utili. Quindi, è stato messo in campo un meccanismo di coordinamento europeo.
  Il secondo piano di intervento – quello su cui abbiamo lavorato con il Ministro Pinotti in questi giorni – riguarda il lavoro sulle modalità di una risposta positiva, che oggi sottoponiamo a queste Commissioni, alla richiesta delle autorità irachene, Governo centrale e Regione autonoma del Kurdistan, di forniture militari. Si tratta di un punto su cui chiaramente entrerà più nel dettaglio la comunicazione del Ministro Pinotti, ma per noi era fondamentale che questo lavoro si svolgesse innanzitutto con un contesto internazionale ed europeo – su cui poi tornerò – e con un coinvolgimento parlamentare, che credo oggi possa compiersi; ma questo chiaramente dipenderà dalla volontà delle Commissioni.
  Il terzo piano, che dal mio punto di vista, però, è quello più fondamentale, è il piano dell'azione politica. Sono convinta, come credo molti di voi qui, che sia il piano degli aiuti umanitari, sia il piano del sostegno sul versante della sicurezza militare, possano essere indispensabili nell'immediato: noi valutiamo che siano indispensabili nell'immediato e in queste circostanze, ma difficilmente rappresentano la soluzione a lungo termine di qualsiasi crisi.
  Il punto fondamentale è lavorare – e lo stiamo facendo anche in queste ore con la presenza del Presidente del Consiglio Renzi in Iraq – a un quadro sostenibile all'interno dell'Iraq e nella regione. Per questo abbiamo lavorato, insieme agli altri europei, nel quadro delle Nazioni Unite e con gli attori principali della regione, affinché ci fosse in tempi rapidi l'indicazione di un nuovo Presidente del Consiglio designato, cosa che è avvenuta la settimana scorsa. Ed è significativo – credo – che al-Abadi abbia ricevuto l'incoraggiamento e l'invito a procedere velocemente alla formazione di un Governo inclusivo, anche dall'Iran, oltre che da Washington, dall'Araba Saudita e dall'Unione europea, con un quadro consensuale che difficilmente si riscontra in quella regione, a cui abbiamo lavorato anche noi. Un quadro che possa, appunto, nei prossimi giorni definire un nuovo assetto per l'Iraq: un assetto realmente inclusivo che – come dicevamo già a giugno nelle conclusioni dei lavori Unione europea-Lega Araba – chiamasse insieme il Governo di Bagdad, la regione autonoma del Kurdistan e tutta la società irachena a reagire alla minaccia dell'ISIS. Questa – quella della costruzione di un quadro politico inclusivo che garantisca l'unità, l'integrità territoriale dell'Iraq e il suo inserimento in un contesto regionale che aiuti a rispondere a questa minaccia, che è minaccia per gli iracheni ma è minaccia per tutta la regione ed anche per l'Unione europea e per il mondo intero – è la vera condizione alla quale è urgente ed importante lavorare ed è quello che stiamo facendo.
  Come dicevo, due sono stati gli elementi per noi imprescindibili, nel lavoro che abbiamo svolto in questi giorni: uno è il quadro di riferimento internazionale. Per questo abbiamo chiesto la convocazione del Consiglio affari esteri, anche se a Ferragosto non tutti erano felici di partecipare, ma è stata una riunione – devo dire – estremamente utile e importante, che ha registrato un livello di unanimità raro, che io in questi sei mesi di lavoro ho visto poche volte, e che nelle sue conclusioni afferma – lo cito perché penso che possa facilitare i nostri lavori, anche se immagino che molti di voi abbiano già avuto modo di leggerlo – che il Consiglio accoglie con favore la decisione dei singoli Stati membri di rispondere positivamente alla richiesta delle autorità del Governo regionale curdo di ricevere urgentemente materiali militari, sulla base delle capacità e delle leggi nazionali degli Stati membri e con il consenso delle autorità nazionali irachene.
  In particolare, il passaggio sul consenso delle autorità nazionali irachene per noi era fondamentale ed è fondamentale, perché il principio di base dell'unità del Paese Pag. 7e della necessità di lavorare insieme e di procedere ad un'azione inclusiva richiede anche da parte della comunità internazionale di passare attraverso canali istituzionali internazionalmente riconosciuti e, quindi, anche dal punto di vista della valutazione sulle modalità di risposta alla richiesta di sostegno militare, non potrà, da parte nostra, che passare dai canali istituzionali internazionalmente riconosciuti.
  Il secondo elemento che ha composto il quadro di riferimento internazionale a cui abbiamo lavorato in questi giorni è avvenuto il giorno dopo Ferragosto, il 16 agosto, con la risoluzione n. 2170 delle Nazioni Unite, che, tra le altre cose – il testo è in inglese, ma lo traduco sommariamente – riafferma la necessità di combattere con ogni strumento, in conformità con la Carta delle Nazioni Unite e con l'ordinamento internazionale, le minacce alla pace internazionale e alla sicurezza causate da atti terroristici.
  Quindi, questi due elementi, da una parte le conclusioni del Consiglio Affari esteri del 15 agosto, dall'altra la risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 16 agosto, credo che ci diano il quadro internazionale di riferimento dentro il quale desideriamo muoverci e che abbiamo sollecitato in modo determinante.
  Il secondo elemento per noi imprescindibile era un passaggio di coinvolgimento del Parlamento, perché, anche se non formalmente necessario ed indispensabile, per noi è politicamente fondamentale condividere questo passaggio e queste valutazioni insieme alle Commissioni competenti.
  Per non prendere troppo del vostro tempo, credo di poter concludere innanzitutto con un ringraziamento al lavoro che il personale della nostra ambasciata a Baghdad e dell'ufficio a Erbil, a partire dal nostro ambasciatore, hanno fatto in questi giorni, nonché a tutta la struttura, sia della Farnesina, sia del Ministero della difesa, che hanno lavorato per consentire questo quadro, ribadendo l'urgenza della nostra azione e della nostra decisione, perché qui è a rischio innanzitutto la vita di civili cristiani, yazidi, musulmani, tantissime persone. Credo che sia un dovere politico, ma innanzitutto morale, rispondere a questo dramma umanitario.
  È a rischio anche la stabilità, già molto compromessa, di una regione che per noi è strategica e vicina, parliamo del Medio Oriente; è a rischio la sicurezza internazionale, a partire dalla sicurezza dei nostri stessi territori dell'Unione europea; è rischio un principio, quello della convivenza tra differenze in uno stesso territorio, differenze religiose, differenze etniche, differenze di vita. Se ci limitiamo a registrare che c’è chi afferma la necessità, non soltanto di uccidere, ma anche di negare che sia possibile la coesistenza pacifica all'interno di uno stesso Stato e di uno stesso territorio tra persone differenti, credo che ne vada della coerenza dei nostri stessi principi e dei nostri stessi valori.
  Ci tengo, quindi, a dire che c’è una grande differenza col passato. Qui è a rischio davvero la possibilità di considerare valido il principio di convivenza, non c’è nessuno scontro di civiltà, nessuna guerra di religione, non è questo, in nessun modo, lo spirito che anima la riflessione di questi giorni, anzi il contrario: è la necessità di affermare che non c’è nessuno scontro di civiltà e che non c’è nessuno scontro di religioni, ma c’è il diritto di tutti – cristiani, yazidi, musulmani, civili, popolazioni inermi, bambini, donne e uomini – di vivere nel proprio territorio. Questo è lo spirito con cui si sta lavorando in questi giorni e in queste ore e quello su cui abbiamo lavorato con il Ministro Pinotti – e su cui credo che lei possa essere più precisa di me nell'articolare le modalità della nostra risposta alla richiesta di forniture militari – cioè il contrasto ad una organizzazione terroristica così definita da diverse risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ultima delle quali quella, che citavo, dello scorso 16 agosto e, prima di quella, la n. 2169 del 30 luglio, nonché da parte delle autorità istituzionali irachene.Pag. 8
  Quindi, anche il ragionamento sulla cessione dei sistemi di armamento avviene nell'ottica di cessione da Governo a Governo e credo che questo ci consenta, insieme al resto del quadro di riferimento internazionale che ho descritto, di avere una valutazione non soltanto politicamente positiva, ma anche, da un punto di vista della corrispondenza alla legalità internazionale e alle leggi nazionali, del tutto positiva.

  PRESIDENTE. Grazie. Do, quindi, parola al Ministro Pinotti per svolgere la sua relazione.

  ROBERTA PINOTTI, Ministro della difesa. Signori presidenti, onorevoli senatori, onorevoli deputati, oggi parlo con stato d'animo turbato per il grave incidente che nella giornata di ieri ha visto coinvolti due velivoli Tornado dell'Aeronautica militare ed i loro equipaggi formati da quattro giovani ufficiali, che sono stati ricordati prima dal presidente Cicchitto, tra i quali una donna. Purtroppo, in mattinata, sono stati ritrovati i corpi esanimi di due membri degli equipaggi, mentre stiamo attivamente cercando i due che risultano ancora dispersi.
  Le ricerche, che erano iniziate subito dopo l'incidente, sono, come detto, tuttora in corso da parte di elicotteri del soccorso aereo, da un velivolo a pilotaggio remoto e dal personale sul terreno coordinato dalla locale prefettura, per individuare i piloti ed i navigatori, tutti di provata esperienza in campo nazionale ed internazionale, con numerose ore di volo all'attivo sul velivolo Tornado. Purtroppo, il tempo in questi casi non gioca a favore, ma si continuerà ininterrottamente a perlustrare il terreno, particolarmente impervio e reso ancora più difficile a causa dei focolai di incendio che si sono sviluppati, per trovarli.
  L'incidente, sulle cui modalità è stata avviata dalla Difesa un'apposita inchiesta tecnica-aeronautica, che si affianca a quella svolta dalla magistratura, è avvenuto mentre gli equipaggi, nel pieno rispetto dei previsti standard di sicurezza, erano impegnati in due missioni addestrative congiunte, regolarmente pianificate ed autorizzate in accordo alle norme e alle regole del volo in vigore, finalizzate a raggiungere quei livelli di addestramento che sono essenziali per poter poi operare con efficacia e in sicurezza nelle molteplici attività cui la nostra Aeronautica è chiamata per garantire la sicurezza e la difesa del nostro Paese.
  I velivoli erano efficienti e dalle prime evidenze l'evento appare riconducibile ad una collisione in volo fra i due velivoli, le cui cause al momento non sono note ma che potranno essere più chiare una volta che la commissione tecnica avrà analizzato i tracciati e visionato i dati provenienti dall'apparato di registrazione dei dati di bordo, cioè dalla scatola nera.
  Sono vicina alle famiglie, come voi, sono vicina all'Aeronautica, che vive questo tristissimo momento di lutto condiviso da tutte le Forze armate, proprio in un momento in cui essa ha svolto e svolge un ruolo fondamentale nelle missioni internazionali dell'Italia e, in particolare, in quella che è attualmente in corso in Iraq, in un ambiente operativo caratterizzato da una situazione di rischio comunque non trascurabile e di cui mi accingo ad illustrare gli elementi di rilievo.
  Vorrei dunque completare, per la parte che mi compete, quanto sino ad ora illustrato dalla collega Mogherini relativamente all'intervento italiano per la situazione di grave emergenza in atto in Iraq, fornendo ulteriori elementi informativi sulle attività nazionali di soccorso umanitario e di possibile cooperazione a sostegno del processo di pacificazione e stabilizzazione dell'area. Una relazione, quella del Ministro Mogherini, dalla quale abbiamo avuto conferma della presenza puntuale e fattiva dell'Italia nella situazione di crisi. Non va, inoltre, sottovalutato il ruolo determinante svolto dall'Italia, e per essa dal Ministro Mogherini, per la convocazione del Consiglio straordinario dei Ministri degli esteri europei del 15 agosto e per il successo di tale Consiglio, ben rappresentato Pag. 9dalle sue conclusioni, dalle quali emerge un'azione dell'Unione europea tempestiva ed unitaria.
  Come già chiarito, a seguito dell'azione di aggressione violenta delle milizie ISIS nei confronti delle popolazioni del nord dell'Iraq, si è sviluppata in quella regione una gravissima crisi umanitaria e di compromissione della sicurezza regionale, tale da rendere indispensabile l'intervento della comunità internazionale.
  Su specifica richiesta del Presidente della regione autonoma del Kurdistan, Barzani, l'Italia, con il consenso delle autorità nazionali irachene, ha ritenuto di dover tempestivamente intervenire, di concerto con i maggiori partner internazionali e nel quadro dell'Unione europea, per contribuire a soddisfare le più pressanti necessità e a dare sollievo alle sofferenze delle popolazioni locali aggredite.
  È così che il Governo, nell'informare tempestivamente il Parlamento della disponibilità a riferire in merito alle iniziative che il nostro Paese ha inteso ed intende adottare, nell'urgenza del momento, ha contestualmente dato l'avvio ad alcune inderogabili attività concrete di aiuto umanitario, come è stato messo in evidenza nella relazione che la collega ha svolto.
  Tali attività, peraltro, sono state svolte in piena aderenza alle conclusioni del Consiglio europeo del 15 agosto scorso, le quali sottolineano la necessità di intraprendere azioni urgenti di aiuto umanitario anche attivando un ponte aereo per raggiungere le popolazioni in difficoltà.
  In quest'ottica, sulla base di un'attenta analisi della situazione e di un'accurata pianificazione operativa, attività che sono state svolte in stretta collaborazione tra il Ministero della difesa e quello degli affari esteri e per le quali abbiamo attivato un tavolo permanente di lavoro, è stata preparata e portata a compimento l'indispensabile missione umanitaria.
  Nello specifico, utilizzando un velivolo C130J dell'Aeronautica militare già basato sull'aeroporto di Al Bateen (Abu Dhabi) per il supporto alle operazioni in Afghanistan e un ulteriore analogo velivolo proveniente dall'Italia con un equipaggio rinforzato da unità specialistiche, sono state trasportate complessivamente circa 49 tonnellate di alimenti, come vi diceva sempre la collega, in particolare biscotti proteici e acqua potabile, 200 tende e 400 sacchi a pelo, da Al Bateen all'aeroporto di Erbil.
  Giunti all'aeroporto di Erbil i materiali sono stati consegnati ai rappresentanti dell'Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari (OCHA). Con l'effettuazione di questi voli, può dirsi conclusa la prima fase della risposta italiana ad una situazione che si era prospettata gravissima e presenta tuttora caratteri di emergenza. Il Governo, conseguentemente, rimane pronto ad esaminare eventuali ulteriori richieste di aiuto umanitario che dovessero pervenire dalle organizzazioni internazionali preposte o dalle autorità irachene. Allo stesso modo, esso è impegnato a valutare con attenzione altre forme di aiuto alle stesse autorità regionali per incrementare le limitate capacità di autodifesa e di protezione locale delle popolazioni, attraverso il sollecito invio, in quel territorio, di materiale militare d'armamento già in uso alle Forze armate nazionali. Tale contributo, destinato alla difesa personale e d'area, è costituito da armi automatiche leggere e dal relativo munizionamento.
  È, inoltre, all'esame l'evenienza di cedere materiale d'armamento, di non conveniente utilizzo, detenuto ad altro titolo dalle Forze armate. Si tratta, in particolare, di armamenti più famigliari e confacenti alle esigenze manifestate dai curdi, costituiti da armi individuali, di squadra e contro-mezzi (con relativi munizionamenti), tutti di fabbricazione ex-sovietica, confiscati dall'Autorità giudiziaria a seguito di sequestro in mare avvenuto venti anni fa, nel corso del conflitto nei Balcani.
  Infine, con altri Paesi, è allo studio la possibilità di contribuire allo sforzo della comunità internazionale fornendo la capacità di trasporto di materiale d'armamento reso disponibile da altre Nazioni già appartenenti al blocco sovietico. L'Italia, come è stato detto, può mettere a Pag. 10disposizione una certa quantità di armi portatili per la difesa personale e d'area e relativo munizionamento, tra quelle in uso alle Forze armate o detenute per effetto di confisca. Tra esse andranno individuate quelle ritenute più necessarie dalle autorità irachene, in coordinamento con gli altri Paesi europei che partecipano allo sforzo internazionale. Per tutte queste possibilità, la pianificazione preventiva dei trasferimenti, da effettuarsi con i vettori più adeguati alla situazione (aerei e navi), è già in corso e può essere finalizzata fin dai prossimi giorni se la linea del Governo sarà qui condivisa, per entrare poi tempestivamente nella fase operativa avviando la richiesta di tutte le necessarie autorizzazioni internazionali, innanzitutto irachene e, quindi, dei Paesi interessati al sorvolo dei velivoli o al percorso marittimo.
  Come illustrato, anche tale esigenza è stata discussa nella riunione straordinaria del Consiglio dei ministri europei degli affari esteri del 15 agosto scorso e la conclusione unanime è stata quella di accogliere con favore la eventuale decisione degli Stati membri di rispondere positivamente alla richiesta delle autorità regionali curde di fornire con urgenza materiale militare, previo il consenso delle autorità nazionali irachene, con cui sono in corso i relativi contatti finalizzati ad acquisire le autorizzazioni ad operare nel pieno rispetto della sovranità di quel Paese.
  Una prima analisi delle esigenze di protezione delle popolazioni locali e delle disponibilità nazionali, come accennavo, ha fatto emergere come sia possibile anche per l'Italia contribuire a soddisfare alcune di queste necessità, in modo particolare per quanto riguarda gli equipaggiamenti ed i materiali per la difesa personale e d'area. In aderenza alle decisioni intraprese a livello comunitario, è intenzione del Governo dare seguito a tale richiesta in tempi rapidi, comunque nel pieno rispetto delle procedure e delle norme nazionali ed internazionali in materia.
  A tal riguardo, gli approfondimenti effettuati insieme con il Ministero degli affari esteri hanno consentito di verificare come gli interventi che il Governo ha avviato e si propone di effettuare siano senz'altro in linea con il nostro ordinamento.
  Vorrei sottolineare come in questo sforzo umanitario e di supporto alla sicurezza delle popolazioni, l'Italia non è sola in questo semestre di presidenza dell'Unione europea. Proprio nell'ambito dell'Unione europea, infatti, Francia e Gran Bretagna hanno già effettuato, ovvero avviato analoghe operazioni e la Germania sta proprio in questi giorni valutando in quali termini contribuire alla fornitura di mezzi e materiali militari.
  In questo contesto, andrà ulteriormente sviluppato uno stretto coordinamento tra le varie Nazioni, in grado di fornire ogni richiesto tipo di supporto, evitando duplicazioni e forniture non necessarie e ponendo nel contempo in essere forme di controllo tese ad assicurare che la consegna del materiale sia effettuata nelle mani di interlocutori che rappresentano articolazioni governative, nonché a garantire un utilizzo assolutamente proprio del medesimo materiale, evitando che esso possa essere impiegato da attori terzi o per finalità diverse da quelle di autodifesa e protezione delle popolazioni cui sono destinate.
  Contestualmente alla pianificazione delle attività operative, sono condotti gli approfondimenti finalizzati all'introduzione delle norme più appropriate, probabilmente con apposito emendamento al decreto-legge n. 109 del 2014 in corso di conversione, concernente la proroga delle missioni internazionali nel secondo semestre, che si renderanno necessarie per gli aspetti finanziari e giuridici connessi agli interventi ed all'impiego del personale ad essi destinato.
  Presidenti, onorevoli colleghi, i passaggi che ho brevemente sviluppato costituiscono la descrizione dell'azione che questo Governo di fronte ad una situazione di gravissima emergenza umanitaria e di forte compromissione della pace a livello non solo regionale, ha svolto ed intende svolgere a protezione della sicurezza di Pag. 11popolazioni inermi e di quei diritti umani fondamentali la cui tutela sempre ispira la nostra azione internazionale.
  Non v’è dubbio, infatti, che l'occupazione di ampie porzioni di territorio iracheno e siriano sotto il controllo di forze terroristiche fondamentaliste rappresenti una seria minaccia alla sicurezza internazionale, così come sancito dalla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 2170 del 2014. Il Governo di questo è ben consapevole e manifesta grande preoccupazione per la catastrofe umanitaria che stanno subendo le popolazioni locali.
  Siamo convinti di aver fino ad oggi operato tempestivamente e bene nel dare una prima risposta alle richieste di aiuto che provengono da quella martoriata terra ed intendiamo continuare ad operare con determinazione, in condizioni di totale trasparenza e con il pieno supporto del Parlamento, dando piena attuazione agli indirizzi formulati dal Consiglio straordinario dei ministri degli esteri dell'Unione europea del 15 agosto 2014.
  Anch'io ringrazio il gruppo di lavoro che in questi giorni si è visto incessantemente e che ha visto i dicasteri degli esteri e della difesa lavorare congiuntamente, ovviamente sotto la nostra direzione. Voglio, infatti, che sappiate che c’è stato un lavoro importante che dimostra che sappiamo lavorare bene. Come struttura, è stato fatto dai nostri tecnici un lavoro fondamentale. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Apriamo adesso il dibattito seguendo la metodologia consueta, nel senso che svolgeremo dapprima un intervento per gruppo, con un limite di 5 minuti, e poi – nell'ambito dei tempi che ci siamo dati, ossia entro le 14.30 – seguiranno anche gli interventi degli altri colleghi con un limite di due minuti e mezzo per intervento.
  Do ora la parola all'onorevole Amendola.

  VINCENZO AMENDOLA. Grazie, presidente. Saluto i presidenti e le signore ministre e, se permettete, innanzitutto, anche noi condividiamo le parole dette prima, circa il dolore e le condoglianze alle famiglie dei nostri ufficiali deceduti ieri e a tutta l'Aeronautica militare.
  È un sentimento – quello che ci porta qui in questa riunione delle Commissioni congiunte affari esteri e difesa – che è frutto anche di un lavoro fatto e di un'interlocuzione per cui ringraziamo i ministri per l'attenzione nei mesi scorsi. Perché ci troviamo dinanzi non solo a una crisi relativa all'Iraq, ma a tutto il quadro mediorientale che è in fiamme, a un Mediterraneo – cioè lungo i nostri confini di italiani e di europei – che vede ad oggi, in questa sede, il portato di scelte e di errori e anche di rimozioni rispetto alle soluzioni.
  Io saluto questa audizione perché il tema che ci pongono il Consiglio dei ministri dell'Unione europea del 15 agosto e le risoluzioni n. 2169 e n. 2170 delle Nazioni Unite è il tentativo di internazionalizzare le risposte e la solidarietà, ma anche la soluzione a un conflitto che è figlio di conflitti che travolgono un Medio Oriente in pieno sconvolgimento. Noi abbiamo un obbligo, proveniente dal diritto internazionale, che è sempre quello di fermare le idee totalitarie e violente che usano in questo caso la religione per scopi egemonici, facendo saltare gli Stati e la reciproca convivenza. Abbiamo tutti negli occhi gli orrori dei massacri dei civili e delle minoranze, ma quello che nasconde quella organizzazione e quella linea è un tentativo, antico come la storia dell'umanità, di utilizzare idee totalitarie e assolutistiche per pervenire a scopi che sono di natura politica e di egemonia sul territorio.
  Lei ha ragione, signor ministro Mogherini, quando afferma che noi non dobbiamo ripetere gli errori del passato rispondendo con conflitti di civiltà o innalzando nuovi muri, perché nella linea di frattura di questo Medio Oriente di oggi la crisi degli Stati post-guerre – alcune sbagliate, come riconosciamo in quest'ultimo decennio – e le rivoluzioni arabe, questa frattura è stata sostituita da forme settarie, intolleranti e illiberali che vogliono Pag. 12farsi Stato e che utilizzano la religione per pervenire a quegli obiettivi. Persino gli errori del passato e le idee della deterrenza si sono rivelate fallimentari, ma noi oggi dobbiamo rispondere con una logica, con una politica e con una internazionalizzazione delle risposte. Lo stesso concetto di guerre civili è cambiato, perché sono state surrogate da guerre per procura, dove attori regionali intervengono e costruiscono linee di scontro che a volte, ripeto, usano la religione ma perseguono fini di egemonia nell'intera area. Dinanzi a tutto questo c’è la comunità internazionale, il nuovo ruolo degli Stati Uniti e dell'Unione europea che incide sulla nostra visione del mondo rispetto ai confini per cui noi dobbiamo reagire con strumenti all'altezza. Non è un caso che il Consiglio dei ministri dell'Unione europea il 15 agosto abbia parlato della crisi irachena, ma anche della terza guerra di Gaza tra Hamas e Israele, della crisi libica e di tutto quello che è il portato di un Medio Oriente che riguarda i nostri confini e per cui noi oggi, intervenendo in tale contesto, dobbiamo avere ben presente qual è la nostra lettura di questo nostro mondo, del Mediterraneo, del Medio Oriente e dell'Europa, non dimenticandoci un confine in guerra nella nostra stessa Unione europea, che è l'Ucraina.
  Perché, quindi, dare un sostegno convinto alle decisioni internazionali, a partire da quelle del Consiglio dei ministri dell'Unione europea, e sostenere la risoluzione n. 2170 dell'ONU ? Perché noi veniamo anche da un passato di violenza e di alcuni errori e rimozioni fatte.
  Nel silenzio è fallita la Conferenza di Ginevra che doveva portare a un tavolo di discussione in Siria, di cui parlammo con il ministro degli esteri dell'epoca. Un fallimento che ha fatto anche sì che molte organizzazioni terroristiche fossero intervenute al di fuori dei confini siriani verso l'Iraq. E anche il non intervento in una forma forte, internazionale, in quella che è la guerra-epigono del Medio Oriente, cioè nella striscia di Gaza, determina altri elementi di conflitto fino alla Libia con un nostro impegno, che vediamo in queste ore, ma soprattutto alla luce della richiesta forte del nuovo Parlamento eletto in Libia di inviare truppe internazionali sotto l'egida dell'ONU.
  Perché faccio tutto questo elenco di crisi che sono dentro le risoluzioni coerenti del Consiglio dei ministri dell'Unione europea ? Perché ci troviamo come comunità internazionale di fronte a una nuova responsabilità. Ha fatto bene il Presidente del Consiglio Renzi, oggi a Baghdad, a dire che l'Unione europea non volta le spalle ai massacri. Ma fare questo significa anche dire che ci sono nuove responsabilità e nuove – oserei dire – internazionalizzazioni delle soluzioni politiche, perché il Medio Oriente riguarda anche il futuro della comunità internazionale.
  Per questo esprimiamo sostegno al Governo attraverso una risoluzione che speriamo sia sostenuta da un ampio arco di forze e siamo pronti ai prossimi impegni parlamentari che da qui a poco dovremo mettere in atto.
  Ma la logica della sua relazione, caro Ministro, e soprattutto l'ispirazione della presidenza italiana, è fare in modo che nel Medio Oriente, a partire dall'Iraq, con gli aiuti umanitari e il sostegno fattivo a chi cerca di difendere i confini e soprattutto combattere un'idea intollerante e totalitaria, noi partiamo per una nuova idea di Medio Oriente su cui non possiamo far sì che i ritardi del passato pesino sull'azione del presente. Per questo, come gruppo parlamentare del Partito Democratico, noi sosterremo le azioni del Governo che da oggi in avanti faranno sì che la politica estera europea, da italiani ed europei, sia all'altezza dei compiti del mondo di oggi.

  MASSIMO ARTINI. Grazie presidente e grazie ai ministri. Io mi associo alle parole dei colleghi in merito al tragico incidente tra i due Tornado avvenuto in provincia di Ascoli Piceno. Tornerò su questo alla fine del mio intervento, perché ieri avevo chiesto al gabinetto del Ministero informazioni su questa esercitazione, che è particolare in quanto svolta il 19 agosto in una zona dove non insistono poligoni dell'Aeronautica militare.Pag. 13
  Da parte mia, solitamente, sono aduso a fare interventi che vanno direttamente alle domande, ma stamani è praticamente impossibile. Infatti, dalle parole di entrambe i ministri sono rimasto fortemente imbarazzato; partendo da ciò che ha dichiarato la signora Ministro Mogherini in merito alla situazione della politica estera, posso dire che la situazione è completamente diversa rispetto al passato. Attualmente ci troviamo in uno sconvolgimento politico che non prende solamente l'area a cui ci riferiamo oggi, ma che coinvolge praticamente tutto il Medio Oriente: Libano, Siria, Iraq, Israele, Palestina e tutte le zone limitrofe. Il problema è che, però, stiamo agendo come abbiamo fatto negli scorsi dieci anni.
  Le parole della Ministro Pinotti avvalorano questa tesi: abbiamo scelto di fornire al governo dell'Iraq materiali peraltro sequestrati che dovevano essere distrutti. Stiamo parlando dello stesso governo che è a capo dell'esercito iracheno, che si è sciolto come ghiaccio al sole di fronte all'avanzata dell'ISIS. La discussione di questi giorni, sull'invio di armi ai curdi Peshmerga, a questo punto è veramente più imbarazzante perché, per le parole che sono state dette, noi diamo una serie di kalashnikov (gli armamenti leggeri di fabbricazione russa non possono essere altro che quelli) ad un governo che non ha la capacità di mantenerli e, comunque, in quella zona non mancano fucili (gli armamenti leggeri sono già presenti). Spostare dunque armamenti leggeri in quella zona vuol dire alimentare il mercato nero che permette a quelle forze di poter acquistare nuove armi anche diverse come tipologia. Quindi, questa è la parte un po’ più pericolosa. Ma soprattutto, dalle parole dei Ministri non si riesce a capire qual è la volontà politica che si vuole mettere in pratica in quel luogo.
  A differenza di quello che si diceva anche nei giorni scorsi, non c’è una valutazione della forza curda nell'area, che non è solo nella zona intorno ad Erbil (vi è infatti tutta una zona relativa al nord est della Siria e alla Turchia che comprende una numerosa componente curda). Invece occorre avere quel tipo di valutazione sui curdi, come dovrebbe avere memoria il Governo e il Ministro Pinotti, perché quando era sottosegretario fu approvato un ordine del giorno del Movimento 5 Stelle – unico atto simile approvato dalla Camera – che riguardava proprio la valutazione dell'azione dei curdi e l'apertura di canali umanitari che venivano dalla Turchia. Infatti si sta pensando di agire come si è fatto con la Libia, fornendo armamenti a non si sa chi senza sapere che fine faranno.
  Ancora, un altro spunto per la parte umanitaria. Lei, Ministro Mogherini, ha detto che al momento abbiamo stanziato 7 milioni di euro se non sbaglio, giusto ? Ha aggiunto 7 milioni di euro a quello che era 1 milione di euro, se non sbaglio.

  FEDERICA MOGHERINI, Ministro degli affari esteri. Uno più uno.

  MASSIMO ARTINI. Uno più uno. Valutiamo invece quello che ha fatto la Svezia solo in questa fase: da solo, quel Paese contribuisce con qualcosa che va dai 10 ai 15 milioni di euro, e la Svezia non è l'Italia.
  Questa situazione è fortemente imbarazzante, ma io voglio tornare su un ragionamento che spero estenda il pensiero del collega Amendola.
  Egli ragionava su quelle guerre che dal 2003 ad oggi sono state scatenate in quell'area. Ma perché non parlare esattamente della guerra d'invasione fatta dagli Stati Uniti e dall'Occidente in Iraq che ha comportato una spesa di 10 miliardi di dollari per addestrare le truppe irachene che sono passate all'ISIS immediatamente dopo essere state minimamente attaccate da questa forza ?
  L'altra cosa che volevo anche far presente – cerco di concludere con delle domande – riguarda il ruolo del Parlamento. Già oggi il fatto di non convocare l'Assemblea e limitare questa importante discussione alle mere Commissioni Esteri e Difesa, in riunione congiunta Camera e Senato, è riduttivo. Io chiedo che il Governo venga a riferire in Assemblea Pag. 14quanto prima per rispondere ad un'informativa e di prevedere nel calendario dei lavori la votazione di un atto dall'Assemblea.
  Passo infine alle domande da fare al Ministro della difesa. Lei ha parlato di armamenti leggeri ed io ho parlato di kalashnikov: le unità sono circa 30 mila, questa è una domanda per avere conferma. Le considerazioni sono state fatte e si basano sul fatto che i Peshmerga dispongono già di ingenti quantità di armi, quindi quelle che noi forniamo potrebbero servire, mi scusi la battuta, come eventuali pezzi di ricambio. Soprattutto i curdi avevano fatto richieste diverse, non le voglio avallare, non è la nostra volontà, cioè avevano chiesto mezzi che potessero fermare i pick-up dell'ISIS.
  Quali sono le garanzie che il governo iracheno vi dà che queste armi saranno impiegate solamente per la difesa ed il contrasto delle milizie dell'ISIS ? Poi, a quanto ammonta il costo dell'invio di questa fornitura di armi ?
  Volevo sapere – ma questo l'ha già detto – se c'era coordinamento con gli altri Paesi europei in merito all'invio, anche se so che già Inghilterra e Francia stanno operando, quindi non so se c’è un collegamento tra il lavoro europeo, oppure se è stato deciso che ognuno si sposti via via da solo.
  Volevo inoltre sapere se c’è l'intenzione di creare, anche con il Parlamento, un punto di raccordo per sapere quali sono i passaggi da fare, se c’è la volontà di riferire costantemente poiché la situazione in quelle zone muta di giorno in giorno.
  Le ultime considerazioni sono a livello diplomatico: quali azioni diplomatiche sono state prese in considerazione ? Ci sono forze anche all'interno dell'ISIS (ex baathisti, sunniti non così estremi come le milizie dell'ISIS) con cui sarebbe possibile sviluppare un tipo di negoziato o dialogo ? C’è la volontà da parte del Governo di aprire un tavolo di stabilizzazione dell'intera regione ?
  Come si è visto ultimamente dodici soldati delle forze armate in Iraq sono stati attaccati ed uccisi, quindi vorrei sapere se c’è un ragionamento più ampio che tratta dei curdi, della situazione siriana e di quella irachena.

  GUGLIELMO PICCHI. Grazie Presidente, Ministri. Innanzitutto il nostro gruppo si associa al cordoglio per l'incidente, per le famiglie dei piloti, per la perdita di quattro validi membri dell'Arma azzurra.
  Detto questo, oggi ci troviamo ad affrontare una situazione complessa di politica estera e troppo spesso la politica estera all'interno dei due rami del Parlamento gioca un ruolo marginale nei nostri dibattiti. Da questo punto di vista, credo che dovremmo aumentare il livello di sensibilità e di attenzione anche della nostra opinione pubblica su temi che direttamente o indirettamente riguardano tutti noi.
  Il livello di informativa che i Ministri ci hanno dato è soddisfacente per un verso e insoddisfacente per un altro. Ci siamo dal punto di vista della copertura internazionale alle operazioni che andiamo ad intraprendere, la copertura dell'ONU, la copertura dell'Unione europea; tuttavia il livello di informazione che c’è stato qui dato non ha dissipato tutti i dubbi che ciascuno di noi può avere nell'assumere una decisione importante come quella che andiamo a prendere oggi.
  Certamente, l'urgenza del momento vede il gruppo di Forza Italia schierato a rispondere positivamente all'emergenza umanitaria e anche al sostegno militare, quindi all'invio di armi ai Peshmerga per contrastare l'ISIS. Tuttavia, rimangono i dubbi sulla qualità del tipo di risposta, di materiale che andiamo a fornire. Ricordiamo che si tratta di un materiale sequestrato oramai vent'anni fa e non siamo a conoscenza – su questo vorremmo un chiarimento da parte del Ministro della difesa – delle condizioni in cui si trovano questi armamenti: non vorrei che ci trovassimo a fornire armamenti che, come ha ricordato il collega Artini, non rispondono interamente alle richieste militari che i Peshmerga hanno fatto.Pag. 15
  Venendo al quadro generale, non è che sono undici anni di guerre più o meno sbagliate – come sono state definite da altri gruppi – a determinare il quadro complessivo di instabilità nel Medio Oriente o nell'area allargata della Mesopotamia. Ricordo che dai primi quattro califfi, passando alla setta degli assassini o passando a Tamerlano e andando avanti, da circa 1.400 anni quell'area è teatro di conflitto tribale, spesso nascosto da sfida religiosa tra sette più o meno radicali presenti nell'area. Quindi, senz'altro l'Occidente può aver commesso degli errori, ma non sono questi gli errori che determinano la situazione attuale. Tuttavia, come Occidente, dobbiamo dare una risposta. L'Italia fa la sua parte, ma ciò che preoccupa è qual è lo scenario complessivo che non solo il nostro Paese – a me preoccupa in particolare il nostro Paese –, ma che la comunità internazionale ha in mente per quell'area.
  La mia preoccupazione è che non ci sia un disegno complessivo; quindi, venendo all'Unione europea, esprimo una forte preoccupazione per il nostro Paese. Mi trovavo infatti in Germania negli ultimi giorni dove chiaramente sia la Cancelliera che il Ministro della difesa, signora Von Der Leyen, hanno dichiarato che l'invio di armi in Iraq è qualcosa da escludere perché questo urterebbe l'opinione pubblica tedesca. Ecco, io credo che nell'ambito dell'Unione europea l'Italia questo lo dovrebbe sottolineare: perché spesso il rigore tedesco ha urtato l'opinione pubblica italiana e allora è facile far fare il lavoro sporco agli italiani che inviano gli armamenti in Iraq, salvo poi come Germania tirare la mano indietro e dire che tanto lo fanno gli altri e che la propria coscienza è a posto.
  Quindi, nel confermare il sostegno con tutte le cautele del caso, rinnovo l'invito pressante a consegnare le armi agli interlocutori giusti perché il pericolo grave che si profila subito dopo aver risolto il problema con l'invio di armi, semmai si riuscisse a risolverlo, è cosa avverrà del Kurdistan.
  È infatti innegabile che armare oggi i curdi significa porli come interlocutore privilegiato. I curdi non nascondono da oramai novant'anni, dagli anni venti, un forte sentimento separatista, indipendentista. Questo potrebbe aggiungere ulteriore carne al fuoco in un'area estremamente instabile. Già il prossimo Presidente della Repubblica ed attuale Primo ministro turco Erdogan ha mostrato molte perplessità sull'invio di armi, e questo è anche uno dei motivi per cui la signora Merkel, che ricordiamo ha direttamente e indirettamente circa 10 milioni di cittadini turchi presenti nel proprio Paese, ha mostrato perplessità su quanto stiamo facendo.
  Quindi, l'invito che Forza Italia sottolinea è: estrema cautela nel consegnare le armi a tutti gli interlocutori giusti affinché possano essere utilizzate nel modo migliore, e non che domani finiscano o nelle mani dell'ISIS o addirittura possano essere utilizzate da altri gruppi per finalità oggi diverse rispetto alla protezione dei cristiani e delle altre minoranze dell'area. Occorre capire quale sia effettivamente la politica complessiva dell'Italia e dell'Unione europea, oltre che della comunità internazionale, sull'area, e ricordare poi sempre agli amici tedeschi e finlandesi che quando l'Italia fa delle richieste, anche in termini di bilancio, non può essere lasciata sola. Noi contribuiamo sempre con le nostre Forze armate a tutte le missioni più importanti, i tedeschi non sempre l'hanno fatto, i finlandesi mai, non contribuiscono nemmeno dal punto di vista economico.
  Per noi questi sono temi sensibili che un Governo serio dovrebbe affrontare in sede europea.

  PAOLO ALLI. Anche il Nuovo Centrodestra si associa al cordoglio espresso dai colleghi per il grave incidente di ieri e formula un apprezzamento per l'iniziativa del nostro Governo di fronte a quella che si è subito dimostrata una grave emergenza umanitaria che ha colpito una serie di minoranze a partire dai cristiani, ma anche yazidi, con alcuni tratti che assomigliano veramente a un genocidio. Quindi, positiva è stata l'iniziativa del Pag. 16nostro Governo che si è mosso e che ha stimolato anche questo incontro del Consiglio dei ministri dell'Unione europea del 15 agosto. Incontro che, come diceva il Ministro Mogherini, è certamente un passo avanti, però paradossalmente, ancora una volta, dimostra quanto lavoro ci sia ancora da fare per costruire realmente un'Europa politica, perché alla fine il Consiglio dei ministri è stato in grado di fare una raccomandazione, ma lasciando poi alle responsabilità dei singoli Stati di dovere intervenire in un modo piuttosto che in un altro. Quindi, non è stato in grado di individuare direttamente modalità condivise d'intervento e questo certamente è un limite anche se ci rendiamo conto che, appunto, siamo sulla strada ancora lunga della costruzione dell'Europa politica.
  La decisione che ci avviamo oggi a condividere circa l'invio degli aiuti militari è, certamente, un elemento positivo che il nostro gruppo condivide anche nel suo aspetto di condivisione con il Governo iracheno che, come è stato bene sottolineato, è certamente un elemento ulteriore di garanzia. Ma non possiamo nasconderci che la situazione geopolitica dell'intero quadrante mediorientale stia diventando, o sia già, assolutamente esplosiva e ogni volta che noi focalizziamo l'attenzione su un punto perdiamo di vista il fatto che, in realtà, il fronte che è aperto è l'intero fronte dello scacchiere mediorientale e si estende fino al sud del Sahara, presentando un quadro di un fondamentalismo islamico ampiamente organizzato, sempre più organizzato, sempre più strutturato. Questo è un elemento, che non possiamo nasconderci, di grande preoccupazione. Del resto l'ISIS non fa mistero di voler marciare sull'Europa e comunque rischia di avvicinare pericolosamente al nostro continente, e al nostro Paese in modo particolare, il fronte del terrorismo internazionale: non è certamente una coincidenza che l'offensiva dell'ISIS si sia attuata in parallelo con gli attacchi di Hamas a Israele. Non possiamo, infatti, dimenticare che Hamas e il conflitto israelo-palestinese continuano a costituire il punto di riferimento del fondamentalismo islamico in tutto il Medio Oriente. Se poi aggiungiamo la situazione drammatica della Siria, e quella esplosiva della Libia, siamo costretti a riflettere sulla necessità di una strategia chiara, complessiva, per non trovarci ogni volta ad affrontare emergenza su emergenza.
  Dunque, ben venga l'intervento di cui discutiamo oggi, pur tenendo conto dei rischi che l'onorevole Picchi poco fa sottolineava dell'armamento dei curdi e del complicato rapporto con la Turchia, però certamente questo è un intervento che viene richiesto, un intervento concordato anche con il Governo iracheno, ed è certamente positivo ed è quello che dobbiamo fare per tamponare la situazione. Non possiamo pensare che questo risolva ovviamente i nostri problemi, del resto mi sembrava che anche nella relazione dei nostri due Ministri questo emergesse abbastanza chiaramente, anzi quanto sta accadendo è uno stimolo a portare sui tavoli internazionali una visione più complessiva, veramente integrata di quanto sta accadendo.
  Permettetemi di aggiungere una considerazione anche sul tema della NATO, perché la NATO ancora non ha assunto posizioni chiare su quanto sta accadendo. È certo che oggi la NATO è preoccupata della possibilità di dover tornare a ricorrere all'articolo 5 del Trattato secondo quanto sta accadendo in Ucraina, però l'Alleanza non può non tenere in considerazione la vocazione alla prevenzione dei conflitti e del terrorismo che è maturata negli ultimi venti anni. Quindi, io credo che l'Italia può, e deve, far sentire la voce anche in sede NATO (ci sarà il vertice il 4 e il 5 settembre) e porre in quella sede queste tematiche per capire anche che cosa l'Alleanza atlantica possa fare per contribuire a un'azione di vera stabilizzazione in tutto il settore mediorientale.

  MARIANO RABINO. Anche Scelta Civica si unisce, al pari degli altri gruppi parlamentari, al cordoglio che è di tutti gli italiani soprattutto verso le famiglie degli ufficiali e dei piloti in seguito alla sciagura Pag. 17occorsa ieri nell'ascolano a due caccia dell'Aeronautica militare. L'auspicio è che si faccia, nel merito, al più presto chiarezza, vista anche la singolarità e l'eccezionalità di quanto accaduto.
  Le tragiche immagini che ci giungono in queste ore dalla Siria del reporter americano decapitato, sebbene sia ancora da verificarne l'autenticità, mostrano il modus operandi dell'ISIS e confermano che inviare armamenti ai Peshmerga è l'atto più umanitario che la comunità internazionale e l'Italia possono fare in questo frangente. Stavolta non si tratta di avere la presunzione di esportare la democrazia, come è stato fatto in passato, ma di fermare l'avanzata di forze militarmente organizzate che seminano morte e terrore in nome di pretese e distorte motivazioni religiose che non rappresentano il vero Islam e che intendono commettere un vero e proprio genocidio nei confronti dei curdi. In Iraq è in corso una guerra e, di fronte al rischio di una nuova pulizia etnica, l'Italia, in qualità di presidente di turno dell'Unione europea – ed è molto importante che oggi il Presidente del Consiglio Renzi sia in Iraq come Presidente del Consiglio italiano, ma soprattutto come Presidente di turno dell'Unione europea – deve assumersi al più presto la responsabilità di proteggere le minoranze minacciate, la cosiddetta responsibility to protect prevista dal diritto internazionale. Per questo Scelta Civica, qui presente insieme ai colleghi Adriana Galgano e Andrea Causin, sostiene in maniera convinta l'invio, in raccordo con i Paesi partner e alleati, e con l'assenso naturalmente delle autorità centrali irachene, di armi e munizioni ai Peshmerga. Dare la possibilità ai curdi di resistere e di difendersi e dall'aggressione dell'ISIS, vuol dire confermare e riaffermare il diritto delle minoranze di esistere e di avere la possibilità di proteggersi quando vengono minacciate.

  ALDO DI BIAGIO. Il mio gruppo si unisce alla condoglianze alle famiglie dei nostri aviatori. Voglio, innanzitutto, ringraziare il Governo, attraverso il Ministro Mogherini e il Ministro Pinotti, per la esauriente relazione e per la pronta iniziativa intrapresa, sia in campo europeo che internazionale, sottolineando come anche le polemiche di questi giorni siano state assolutamente pretestuose e strumentali. Quindi voglio anche ringraziare i Presidenti delle Commissioni per questa tempestiva convocazione resasi necessaria date le preoccupanti notizie provenienti dal fronte iracheno che impongono una pronta risposta da parte del nostro Governo. È di tutta evidenza, infatti, come il nostro Paese non possa rimanere indifferente a ciò che sta accadendo in Iraq, un massacro di proporzione inaccettabili. La comunità cristiana e le altre minoranze religiose ed etniche vengono trucidate e costrette all'esodo. Gli stessi iracheni sono vittime di inaudita violenza da parte di chi, attraverso metodi di lotta che non esitiamo a definire anche di stampo terroristico, intende conquistare il territorio per costituire un califfato islamico. Dobbiamo, quindi, intervenire urgentemente per scongiurare e fermare questo vero e proprio genocidio delle minoranze religiose ed etniche, impegnandoci concretamente, anche in termini di assistenza e di aiuto umanitario. Ciò possiamo farlo essendo vicini al Kurdistan iracheno, dove continuano ad arrivare migliaia di profughi, e condividendo anche l'azione di supporto umanitario e militare già intrapreso dagli Stati Uniti d'America, affinché si possa efficacemente reagire e arrestare l'offensiva dell'ISIS. Questo sostegno, voglio essere molto chiaro sul punto, si rende necessario da un lato per la tutela delle minoranze etniche e religiose, dall'altro per la difesa dell'unità dello Stato iracheno e dell'intera regione. Nessun confine deve essere messo in discussione, dobbiamo impegnarci per garantire la prospettiva politica unitaria dell'Iraq che oggi viene messa in pericolo proprio dal tentativo di costruire un califfato islamico che intende espandersi molto più oltre dei confini iracheni. Infatti, colleghi, la minaccia dell'ISIS non si limita solo all'Iraq, ma si spinge fino al cuore della Siria e cerca di infiltrarsi ovunque nell'arcipelago Pag. 18del mondo islamico tra Africa e Medio Oriente, persino la Turchia si scopre oggi minacciata dalla stessa.
  In conclusione, sì agli interventi umanitari, sì agli aiuti alla popolazione oggetto delle persecuzioni degli islamici, sì agli aiuti ai curdi, anche di carattere militare se necessario, ma che ogni intervento venga posto in essere in accordo stretto con le autorità del Governo iracheno a Baghdad, come gli incontri del Presidente Renzi oggi sembrano già stiano definendo. Quindi, pieno sostegno del mio gruppo, Per l'Italia, all'iniziativa del Governo.

  ERASMO PALAZZOTTO. Io intanto mi permetto di unirmi al cordoglio e alla sofferenza delle famiglie per la scomparsa dei quattro piloti dell'Aeronautica militare, a nome mio personale, e di tutta Sinistra Ecologia Libertà. Noi abbiamo ascoltato le relazioni dell'informativa della Ministra Mogherini e della Ministra Pinotti e ci riconosciamo nell'idea della gravità della situazione irachena in questo momento, sia sotto il profilo dei diritti umani, sia della minaccia che è rappresentata dall'affacciarsi sullo scenario globale di una forza come l'ISIS, sia sul piano della stabilità in cui questa vicenda influisce rispetto tutto la regione mediorientale. Troviamo, però, assolutamente assente da questa discussione un ragionamento sulle nostre responsabilità rispetto alle strategie dell'ultimo decennio della politica estera del nostro Paese e dei Paesi occidentali. È come se il quadro mediorientale, ormai purtroppo non solo, fosse frutto del destino e non ci fosse, invece, una grande responsabilità e non si potesse leggere in questo quadro il fallimento di tutta la politica estera dell'ultimo decennio della regione mediorientale fatta dalle forze occidentali sotto la guida del Governo degli Stati Uniti. Lo dico perché anche la risoluzione che è uscita dal Consiglio europeo dei ministri degli esteri è una risoluzione che, in qualche modo, arriva dopo, quindi anche tardiva, e in maniera subalterna, a quello che gli Stati Uniti hanno già deciso di fare rispetto all'intervento in Iraq. Io penso che, tra l'altro, manchi di un indirizzo unitario, nel senso che ho letto il testo della risoluzione e, per quanto si riconosca la necessità di intervenire dentro quella vicenda, poi lascia agli Stati membri assoluta autonomia. E penso che dentro questa autonomia noi dovremmo anche fare una riflessione, infatti alcuni Stati membri stanno decidendo di inoltrare soltanto aiuti umanitari e non armi in questo momento.
  Questa premessa la faccio per dire che noi non possiamo guardare alla crisi irachena in questo momento solo dal punto di vista emergenziale, abbiamo la necessità di guardare con una strategia di lungo periodo e di fare tutte le connessioni con un Medio Oriente in fiamme e con quello che sta avvenendo oggi anche nella regione africana. Penso alle connessioni con la Libia testimoniate, non da ultimo, dalla feroce esecuzione del giornalista rapito in Siria e dall'annuncio che un altro giornalista che è stato rapito in Libia oggi si trova nelle mani dell'ISIS e seguirà sfortunatamente la stessa sorte del suo collega. Io penso che noi dobbiamo andare a guardare le connessioni che ci sono rispetto alle diverse situazioni di crisi, alcune anche citate dalla Ministra Mogherini; penso all'instabilità libanese e a quella giordana, penso al conflitto israelo-palestinese che è sicuramente un'altra miccia accesa dentro una polveriera come quella mediorientale.
  Allora, se noi dobbiamo uscire dalla logica dell'emergenza, penso che abbiamo la necessità intanto di affrontare una discussione un po’ più complessa e che non riguardi un'informativa urgente, rapida, svolta in pieno agosto dalle Commissioni, ma bisogna coinvolgere tutto il Parlamento: mi associo all'invito che hanno fatto altri colleghi di convocare al più presto una seduta del Parlamento in cui discutere quali sono le strategie del nostro Paese sullo scenario globale. Soprattutto, penso che la risposta di inviare armi in questo momento in una regione già così pesantemente armata, in una situazione di questo tipo, sia la risposta più sbagliata. Noi abbiamo sicuramente bisogno di rafforzare e di continuare il lavoro che Pag. 19stiamo facendo sotto il profilo degli aiuti umanitari, ma abbiamo anche la necessità di ragionare, nell'ambito delle Nazioni Unite, della possibilità che i Paesi europei si assumano le proprie responsabilità rispetto a quello che è stato il conflitto iracheno nell'ultimo decennio, a quella che è stata la situazione libica e a quello che abbiamo generato con la nostra complicità, per provare a ragionare dell'invio di un contingente ONU che faccia in questo momento un lavoro di peace enforcing e di protezione dei civili.
  Pensiamo che bisogna proporre una conferenza di pace regionale non solo legata all'Iraq e che abbiamo bisogno di portare attorno ad un tavolo per risolvere tale questione anche alcuni degli attori un po’ occulti, che spesso vengono cancellati dalla nostra discussione. Penso all'Arabia Saudita e al Qatar, che sono grandi sostenitori dei gruppi jihadisti che agiscono ormai in ordine sparso dal continente africano alla zona mediorientale; penso sicuramente all'Iran, che è quasi un tabù nella discussione pubblica e che, probabilmente per non turbare l'opinione pubblica americana, noi rifiutiamo di coinvolgere in questo momento in maniera aperta e plateale dentro una possibile risoluzione di questo conflitto. L'Iran ha dato ampia dimostrazione di volersi fare carico della situazione di crisi mediorientale e nel suo nuovo corso ha dato ampia disponibilità a questa discussione. Quindi, riteniamo fondamentale una conferenza di pace regionale. Queste sono le ragioni per cui noi abbiamo presentato una nostra risoluzione e per cui saremo contrari a qualunque formula emergenziale di invio di armi, tra l'altro in condizioni poco chiare rispetto a quali saranno le forze che realmente le utilizzeranno.
  Su questo aspetto mi permetto di fare una domanda così magari in sede di replica per noi il quadro sarà più chiaro: visto che qui ci è stato comunicato che l'invio di queste armi sarà fatto nell'ambito di un accordo di cooperazione militare con il nuovo Governo iracheno, qual è lo stato di questo accordo, se è già stato concluso, e quali sono le condizioni di questo accordo di cooperazione militare ? E, infine, le armi verranno consegnate al Governo iracheno o direttamente alle milizie Peshmerga ? Anche questo infatti è un dato che non è chiaro in questo momento.
  Infine – e concludo – intende il nostro Governo farsi carico, nel suo ruolo di guida dell'Unione europea in questo momento, di portare la discussione anche su un eventuale intervento delle Nazioni Unite, su che forma di intervento discutere all'interno del Consiglio di sicurezza dell'ONU e, quindi, di coinvolgere realmente l'Europa in un ruolo di guida nella risoluzione di questo conflitto ?

  EMANUELE PRATAVIERA. Anche la Lega Nord si unisce alle famiglie dei piloti coinvolti nell'incidente di ieri e a tutta l'Aeronautica militare.
  Detto questo, la Lega è presente per il rispetto del ruolo di rappresentanza che ricopre, ma non vediamo – e intendiamo sottolinearlo – lo stesso rispetto nell'atteggiamento e nel comportamento del Governo nei confronti dei cittadini che rappresenta. Non capiamo infatti perché ci ritroviamo in Commissione e non in Assemblea a discutere di tematiche così importanti e di decisioni che sono, di fatto, cruciali. Ci chiediamo se sia questo il rispetto delle istituzioni di cui tanto il Governo si magnifica.
  Oggi ci avete presentato un quadro ma, ancora una volta, vi dimostrate in ritardo perché non avete una politica estera lineare e chiara; vi accodate alle decisioni di altri e, come ci avete già dimostrato, lo fate senza pensare alle reali conseguenze: vedi, ad esempio, le sanzioni alla Russia e le loro controsanzioni che stanno di fatto contribuendo, assieme alle vostre politiche economiche, a far morire l'agricoltura e l'economia del nord Italia. Inoltre, vorrei ricordare che la Lega aveva già portato in Parlamento la questione e aveva già allertato sia il Governo che il Parlamento presentando la mozione per il sostegno ai cristiani in contrasto alla loro persecuzione nel mondo, che venne discussa lo scorso primo luglio: solo 14 giorni fa, il 6 agosto, il nostro capogruppo Massimiliano Pag. 20Fedriga, era intervenuto in Assemblea ma voi avete fatto finta di niente e questo è il risultato 14 giorni dopo.
  Noi oggi possiamo usare tutti i paraventi che volete, come quelli con cui avete condito il vostro discorso poco fa (mi riferisco al Governo e al Partito Democratico): l'espressione «non vogliamo alimentare conflitti di civiltà» è per noi la vostra volontà di voler continuare con un linguaggio politicamente corretto che però non produce nulla, se non intorpidire ancora di più il discorso.
  È stato di fatto lo stesso ministro Mogherini durante questa seduta a denunciare l'ISIS come una minaccia globale, non come una minaccia locale. Se non è questo un conflitto di civiltà, ci chiediamo che cosa debba succedere e quali altri autorevoli esponenti del Governo debbano certificare questo rischio per censirlo come un potenziale conflitto di civiltà. Il gruppo della Lega Nord è favorevole all'armamento dei curdi ma in prospettiva di una autodeterminazione del popolo curdo, non un armamento fine a se stesso per questa fase della loro storia. Però vogliamo conoscere quali e quante sono le armi, la loro provenienza e il loro stato di conservazione, ma ancora di più le modalità operative e non vogliamo aspettare un emendamento al decreto «missioni» per conoscerle. Voi avete l'obbligo di fornire l'elenco dettagliato alle Camere e queste ultime devono decidere.
  Vogliamo anche sottolineare il passaggio del Ministro Pinotti quando ha fatto l'accenno a meccanismi di controllo sull'uso delle armi, che per noi significa uomini sul campo. Lo chiediamo direttamente al Ministro perché gradiremmo avere una risposta in sede di replica.
  Ora che anche il Governo ha compreso che l'estremismo islamico esiste, ha compreso la sua minaccia e la sua portata, vogliamo conoscere le vostre intenzioni anche per il rischio di infiltrazioni della jihad nel territorio italiano connesso all'operazione Mare nostrum: questo lo facciamo sia a fronte della denuncia di numerosi magistrati ma anche, vista la chiamata alla guerra santa islamica globale pronunciata lo scorso 2 luglio – quindi un mese e mezzo fa, che ha visto poi l’escalation dei conflitti nell'area mediorientale – da parte del califfo dell'ISIS Abu Bakr al-Baghdadi, che ha dichiarato di voler fare la guerra al mondo mettendo al centro del mirino proprio il centro della cristianità, che è a Roma, che si trova nel nostro territorio. Quindi, è necessario comunque un passaggio in Assemblea: annunciamo già la nostra volontà di non voler partecipare al voto di nessuna risoluzione in sede di Commissione perché reputiamo sovrano il Parlamento.

  EDMONDO CIRIELLI. Presidente, colleghi, ovviamente ci associamo anche noi come tutti i gruppi, in maniera doverosa e sentita al cordoglio per il tragico incidente che per ora ha visto la perdita di due nostri ufficiali e la scomparsa di altrettanti, sperando di poter avere notizie positive.
  Purtroppo, incidenti del genere sono assai più frequenti in tanti altri Paesi e, anzi, l'Aeronautica militare italiana ha sempre dato prova di grande professionalità e capacità e i dati statistici lo dimostrano.
  Venendo invece al motivo per cui il Governo ha chiesto di riferire nelle quattro Commissioni congiunte, noi condividiamo l'azione specifica su cui siamo stati chiamati, un'azione coerente e conseguente con quello che ha deciso l'Unione europea e sicuramente in linea con le risoluzioni dell'ONU, che hanno già denunciato la grave persecuzione dei cristiani che sta avvenendo in Iraq. Da questo punto di vista, condivido sicuramente l'approccio del Governo e della maggioranza sul fatto che è evidente che non ci sia alcun scontro di civiltà; in Iraq le prime vittime purtroppo sono stati i sunniti che in questi anni hanno subito da parte del Governo prevalentemente sciita una persecuzione non grave come quella che sta accadendo. Oggi c’è una reazione che è altrettanto inaccettabile; per caso sono coinvolte anche minoranze etniche antiche come gli yazidi, ma sentiamo di condividere chi dice che la religione non c'entra Pag. 21nulla perché si tratta semplicemente di una volontà di potere che utilizza le diverse confessioni. Tuttavia, sull'analisi condivisibile dei ministri e della maggioranza è innegabile che, nel caos che consegue ad un'azione dell'Occidente in questi ultimi anni nel Medio Oriente, i cristiani siano quelli che stanno subendo le conseguenze peggiori. Circa un mese fa, abbiamo portato una risoluzione in Assemblea, ma la nostra mozione è stata respinta nonostante che al 50 per cento impegnasse il Governo a battersi per l'affermazione delle libertà religiose in tutto il mondo, ma chiedevamo timidamente che la persecuzione che subiscono i cristiani in tutto il mondo fosse riconosciuta come la più grave dal punto di vista quantitativo se non anche qualitativo.
  Credo che sia normale – noi italiani non dobbiamo certamente vergognarci, siamo la culla della religione cattolica e cristiana – essere quelli più attivi per difendere le libertà religiose in generale, in linea con la nostra cultura tollerante che è propria anche della nostra religione, quella specifica del Cristianesimo. Fa piacere che oggi il Governo assuma da questo punto vista una posizione più netta e chiara. Per quello che ci riguarda, pensiamo però che l'Italia debba fare di più, non in termini di attivismo militare, perché condividiamo le preoccupazioni: troppe volte gli interventi militari, per la verità più degli Stati Uniti e dell'Occidente in genere che non dell'Italia, si sono rivolti contro chi ha armato, a cominciare dalla triste storia dei talebani per finire con tutte quelle che oggi conosciamo. Ma questo non può certamente impedirci o farci astenere dall'intervenire rispetto a questa vergogna di violazioni dei diritti umani. L'Italia cosa potrebbe fare in più ? Penso che l'Italia debba chiedere all'ONU un intervento più netto e più chiaro per porre fine alla guerra. Ovviamente, un intervento di peace enforcing deciso dall'ONU e anche l'autorizzazione all'uso della forza – così com’è stato fatto in maniera frettolosa e sbagliata in Libia, oppure giustamente come è accaduto in Afghanistan – penso che sia un fatto utile, che poi possa mettere di fronte alle proprie responsabilità la NATO che troppo spesso è intervenuta negli ultimi anni per questioni eminentemente geostrategiche – leggi economiche – e meno per vere e proprie violazioni dei diritti umani.
  La persecuzione in atto in questo momento in Iraq, innanzitutto contro i cristiani e poi gli yazidi, rappresenta l'emblema dell'inciviltà e delle barbarie. Credo che l'Italia abbia il dovere morale, non soltanto perché in questo momento abbiamo il semestre di turno della presidenza UE che ci espone sul piano internazionale, ma anche per la nostra storia di civiltà, di tolleranza e di partecipazione multipolare all'ONU, di un impegno chiaro da parte nostra.
  Sono state presentate alcune risoluzioni. Noi esprimeremo un voto contrario su quella presentata dal gruppo di SEL – anche se condividiamo la richiesta all'ONU – ma siamo contrari in quanto crediamo che non si possa votare contro questa azione minima da parte del Governo, mentre appoggeremo quella presentata dalla maggioranza, a prima firma dell'onorevole Cicchitto, che sembra in linea con le comunicazioni del Governo, ed esprimeremo un voto contrario anche su quella presentata dal Movimento Cinque Stelle.
  Siamo contenti della sensibilità dimostrata dalle Ministre portando oggi in discussione rapidamente un invio di armi; non vi era alcuna necessità giuridica è stato detto, non vorremmo che si desse una grande enfasi ad una piccola azione diplomatica per poi invece nella sostanza non svolgere il ruolo con responsabilità in questa gravissima crisi umanitaria e di pace e di sicurezza nel mondo. Certamente ha ragione anche il Papa: ciò che sta accadendo in tante parti del mondo, se sottovalutato, può dare lungo a gravi conseguenze. Dobbiamo intervenire con chiarezza, nell'ambito e nel rispetto delle Nazioni Unite, con la nostra cultura multipolare, ovviamente nel quadro dell'Alleanza atlantica.

  PIA ELDA LOCATELLI. Grazie presidente. Ovviamente, anch'io mi unisco al Pag. 22cordoglio per quelle che temiamo saranno le quattro vittime dell'incidente accaduto questa notte, e speriamo non accada più.
  Per quanto riguarda la discussione di oggi, prima di tutto vorrei dire che condividiamo completamente le relazioni svolte dalle Minestre Mogherini e Pinotti, che ringraziamo per il lavoro svolto e per la presenza attiva e fattuale dell'Italia e per aver sollecitato – e non completamente ottenuto, ma questo non dipende dalle nostre Ministre – un'azione tempestiva, ma non unitaria, dell'Unione europea. Infatti, ci troviamo di fronte ad alcuni Paesi che hanno aderito immediatamente all'appello umanitario, ad alcuni paesi che invieranno armi, ad alcuni paesi che stanno ancora pensando cosa fare. Di fatto, questo è una realizzazione del metodo intergovernativo, mentre noi abbiamo una fortissima preferenza per il metodo comunitario. Ma questo andava molto al di là delle possibilità delle nostre brave Ministre della difesa e degli esteri. Comunque, grazie.
  Sono d'accordo sull'illustrazione svolta dalla Ministra Mogherini dei tre livelli: il livello di intervento sul piano umanitario va benissimo, siamo stati tempestivi; il livello della modalità di risposta positiva alle sollecitazioni del Governo nazionale iracheno e del Governo regionale curdo di sostegno alla sicurezza e di sostegno di tipo militare; il livello che richiederà un tempo più lungo e che è particolarmente interessante ed impegnativo anche per ciò che ha affermato il collega Alli a proposito del problema Kurdistan per il futuro.
  Sul tema della sicurezza voglio sottolineare un aspetto che nessuno qui ha affrontato: la sicurezza che si riferisce alle popolazioni civili, con un'attenzione particolare alle donne. Le donne comprate, vendute per 160 dollari, a volte anche per nessun dollaro. Questo mi ha resa particolarmente attenta, non solo all'aspetto umanitario, ma all'aspetto relativo alla sicurezza della popolazione civile. Perché è un dramma che le donne in quella zona stanno vivendo più intensamente del resto della popolazione civile.
  Vorrei sottolineare l'argomento del quale dobbiamo discutere. Si tratta del diritto a vivere nel proprio territorio e quindi di conseguenza del diritto a contrastare un'organizzazione terroristica; contrasto che deve provenire dall'autorità istituzionale, sia a livello regionale sia a livello nazionale, perché occorre contrastare queste forze terroristiche che vogliono farsi Stato. E questo è profondamente inaccettabile.
  Forse a qualcuno di noi sfugge la situazione, ma la situazione dell'Iraq e del Kurdistan è da conoscere bene. Perché il Kurdistan è un paese che ha un Governo regionale legittimo, ha un Governo nazionale legittimo, i due livelli di Governo collaborano e quindi dobbiamo interloquire con un'autorità regionale e una nazionale.
  Occorre dunque tener conto di questa interlocuzione, quindi non parliamo di guerra di religione, perché la maggior parte della popolazione curda, ad esempio, è musulmana, come dicono essere questi delle forze dell'ISIS, e non si tratta nemmeno – e questo lo dico soprattutto ai colleghi di SEL – di chiedere l'intervento delle Nazioni Unite, in quanto in quel paese vi è un Governo legittimo che ha chiesto un sostegno, mentre questo Governo non ha chiesto che intervengano le forze dell'ONU. Dunque, dobbiamo essere molto cauti nel prendere posizioni che possono forse appassionarci sentimentalmente, ma la politica estera richiede rigore, dunque attenzione.
  Un ultimissimo tema sollevato dal collega Alli. Quando lei, Ministra Mogherini, ha parlato del terzo livello e della composizione regionale, inevitabilmente si porrà con maggiore forza del solito – ormai sono novantasei anni – il tema curdo. In questa definizione del quadro regionale, dobbiamo aver presente questo argomento, perché sarà prorompente proprio per questa azione che il Governo iracheno nazionale ed il Governo curdo regionale stanno svolgendo nel contrasto a queste forze terroristiche – sottolineo terroristiche – che vogliono farsi Stato.

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  PRESIDENTE. Una riflessione sull'ordine dei nostri lavori. Abbiamo esaurito gli interventi dei gruppi, vi è un certo numero di colleghi che si sono iscritti e vi è anche l'esigenza evidente di dare spazio alle Ministre per rispondere ai numerosi interrogativi posti.
  Come primo contributo al prosciugamento del dibattito, i quattro presidenti di Commissione non prenderanno la parola. Come ulteriore contributo chiedo ai colleghi che dovranno intervenire di limitare i propri interventi ad un minuto e mezzo anziché a due minuti e mezzo, per consentire la conclusione di questa parte dei nostri lavori, perché ve ne sarà un'altra che si svolgerà separatamente e che si concluderà con il voto e che quindi implica l'assoluta necessità della presenza dei colleghi.
  Ha chiesto di parlare l'onorevole Scanu. Prendo atto che vi rinunzia.
  Ha chiesto di parlare il senatore Orellana.

  LUIS ALBERTO ORELLANA. Svolgerò delle domande puntuali. Mi domandavo, intanto, qual è la copertura legislativa per questa richiesta di fornitura di armi militari. Sappiamo che la legge n. 185 del 1990 generalmente non consente di esportare armi in paesi in guerra, salvo quanto previsto nell'articolo 1, comma 9, lettera b), che lo consente nel caso di esportazioni o concessioni dirette da Stato a Stato ai fini di assistenza militare in base ad accordi internazionali. Questo è quanto prevede la legge. Mi domandavo se in questo caso l'esportazione è da Stato a Stato o se da Stato italiano a regione autonoma del Kurdistan e non all'Iraq direttamente, al quale viene richiesto solo il consenso, favorendo in questo modo le ambizioni indipendentiste del Kurdistan iracheno. Tra l'altro, nella sua ultima visita in Italia, venne in Commissione al Senato il Presidente Barzani che ci disse espressamente che intendeva svolgere un referendum nel Kurdistan iracheno per raggiungere l'indipendenza. Vorrei sapere di ciò cosa pensano gli altri paesi vicini che hanno minoranze curde numerose, immagino la Turchia, l'Iran, la Siria stessa, in particolare la Turchia che è un paese appartenente alla NATO, un paese nostro alleato più di altri. Queste sono le due domande.

  ANDREA MANCIULLI. Ritengo che questa occasione – e concordo naturalmente con le decisioni prese, le approvo fortemente – non sarà sprecata se ci occupiamo della questione dello jihadismo, se ne facciamo la questione della quale l'Europa si occupa più seriamente, essendo un problema che – come ha avuto modo di dire il nostro Ministro degli esteri – la riguarda direttamente; voglio dirlo con particolare nettezza. C’è un'evoluzione nello jihadismo: dopo l'11 settembre Al Qaeda è diventata un movimento più sommerso e più disperso e la vera frattura che ha generato l'ISIS è la frattura di una parte dello jihadismo che ha voluto farsi esercito e che è, a mio avviso, la parte più pericolosa per l'Europa. Ad oggi, sono migliaia i cittadini europei che combattono nell'ISIS, quello che ha compiuto l'attentato al museo di Bruxelles era un simpatizzante dell'ISIS, in Europa ci sono moschee di salafiti intransigenti che favoriscono l'accesso all'ISIS.
  Quindi la tematica di cui ci stiamo occupando non è in Iraq, ma qui; e credo che abbia fatto bene il nostro Paese ad occuparsene; ricordo che anche Hollande ha chiesto la convocazione a settembre di una conferenza sul tema dello jihadismo.
  Dobbiamo approfittare di questa occasione: non per occuparci di ciò che avviene in Iraq e basta, ma occuparci della principale minaccia che, a mio avviso, riguarda in questo momento l'Europa.
  Proprio alla luce di ciò, il Parlamento italiano si è voluto rendere protagonista svolgendo nel mese di settembre la riunione del GSM, il Gruppo speciale Mediterraneo e Medio Oriente dell'Assemblea parlamentare della NATO, su questi temi. E credo che il nostro Parlamento, al di là della discussione di oggi che è stata un po’ frammentaria, più incentrata sui numeri Pag. 24di matricola dei kalashnikov che sul tema vero oggetto della questione, si debba occupare della lotta allo jihadismo.
  Occorre occuparsi anche delle cose di cui nessuno parla, vale a dire di chi finanzia i movimenti jihadisti, perché quella è l'origine del problema che abbiamo di fronte.

  PRESIDENTE. Approfitto per comunicare che i senatori – e questo dà il senso di ospitalità dei deputati – rimangono in questa sala e i deputati si spostano nella Commissione difesa per le successive riunioni.
  Ha chiesto di parlare il senatore Cotti.

  ROBERTO COTTI. Quando si affrontano crisi come quella di cui stiamo parlando, ci si dimentica molto spesso, troppo spesso, di analizzare quali siano le cause, quali siano anche i coinvolgimenti dei Paesi occidentali in questa crisi. Purtroppo, sembra che abbiamo la memoria corta: ci siamo dimenticati gli ultimi trent'anni.
  Le analisi fatte in relazione alle crisi internazionali hanno portato spesso a condizioni differenti o addirittura opposte in uno stesso Stato, inclusa l'Italia, nei confronti degli attori delle crisi di volta in volta in atto. Ricordo il 1989, quando nessuno ebbe problemi quando gli Stati Uniti finanziarono Saddam Hussein e avvenne la famosa strage del villaggio di Halabja, ove vennero uccisi con armi chimiche 5 mila curdi. Allora i cattivi erano i curdi, perché c’è sempre questa costante fumettistica nella descrizione della realtà in cui si tende a definire chi sono i buoni, chi sono i cattivi, chi dobbiamo aiutare noi e in quale modo.
  Purtroppo, la crisi irachena attuale è figlia della situazione causata da noi stessi e soprattutto dai nostri alleati degli Stati Uniti. Nel dopo Saddam Hussein, non si è, forse volutamente, coinvolto tutti gli attori sul campo e si è andati verso una stabilizzazione, una finta stabilizzazione, della regione che ha portato in realtà ad una guerra civile. La stessa cosa è accaduta, badate bene, anche in Libia, ne vedremo gli sviluppi probabilmente nei prossimi mesi, e in tante altre parti del mondo.
  Personalmente, sono convinto che l'unica cosa che possiamo fare è un impegno per il cessate fuoco e per l'assistenza ai profughi e anche un coinvolgimento dell'ONU; poco mi interessa se sia stato o meno richiesto dallo Stato iracheno. Chiudo dicendo che è assolutamente sbagliato, anche in questa occasione, intervenire fornendo a una delle parti armamenti o qualsiasi tipo di aiuto che non sia destinato alla popolazione civile, perché questo finisce semplicemente per alimentare ulteriormente una guerra civile che già è in atto.

  RICCARDO MAZZONI. Intervengo molto brevemente per ribadire che fornire armi ai curdi significa difendere l'Occidente prima ancora che l'Iraq. E chi dice no, in nome di un pacifismo ipocrita, si schiera oggettivamente dalla parte dei terroristi. Ancora una volta purtroppo l'Occidente ha sottovalutato la sfida lanciata dal fondamentalismo islamico perché c’è un dato di realtà di cui tutti dobbiamo prendere atto: lo Stato islamico, si chiami Al-Qaeda, Jabhat al-Nusra, ISIS o Hamas, sta prendendo forma e ha dichiarato guerra all'Occidente, quell'Occidente in cui poco tempo fa veniva preso per pazzo chi prendeva sul serio la minaccia del califfato islamico che arriva in Europa. Ogni riferimento a Oriana Fallaci è puramente voluto.
  La concretizzazione di quel califfato è iniziata, esiste e rischia di espandersi anche in Paesi come la Libia, molto vicina alle nostre coste, e qui bisogna aprire, come dire, un capitolo sugli errori dell'Occidente nel finanziare le primavere arabe, nel finanziare gli oppositori ad Assad, nel far diventare la Libia una terra di nessuno in mano agli jihadisti e alle lotte tribali.
  Per concludere, l'Italia deve alzare la voce in Europa. Non è un bel segnale, Ministro Mogherini, il vertice di Berlino in cui noi non siamo stati invitati pur avendo Pag. 25la presidenza del semestre europeo. Dobbiamo ancora una volta insistere sul fatto che l'immigrazione va regolata perché è cieco chi non veda che esiste un nesso tra le guerre jihadiste e i continui sbarchi sulle nostre coste. Ultima annotazione: l'Italia ha il dovere morale e politico, oltre che umanitario, di intervenire in Iraq ed armare i curdi. Non mi sorprende che qualcuno in questo Parlamento tifi per i terroristi; è successo con i partigiani della pace negli anni Cinquanta che stavano con l'Unione Sovietica, con i totalitarismi, è successo con Khomeini, quando tutti i più grandi intellettuali mondiali si schierarono per gli ayatollah, succede oggi e noi abbiamo il dovere di stare dalla parte opposta.

  DONATELLA DURANTI. Saluto le signore Ministro e anche io voglio unirmi al cordoglio delle famiglie dei militari vittime di quella tragedia. Penso che le loro famiglie abbiano bisogno di sentire le voci dei rappresentanti della Repubblica italiana in questo momento per sentire che siamo tutti e tutte vicini a loro.
  Vengo al tema di questa seduta; delle proposte rispetto a come affrontare la questione di cui stiamo discutendo, ha già parlato il mio collega, l'onorevole Palazzotto, così come ha espresso la nostra assoluta contrarietà all'invio di armi in quell'area.
  Voglio aggiungere, però, alcune questioni: la prima riguarda il ruolo del Parlamento italiano. Oggi stiamo discutendo di una questione che è assolutamente di una gravità inaudita, sotto il profilo della violazione dei diritti umani, e di una decisione che il Governo italiano e il nostro Paese dovrebbero assumere, o meglio lo dico così, che il Governo italiano ha già assunto. Stiamo discutendo di una questione importantissima che riguarda il destino di migliaia di uomini, donne e bambini e il Parlamento italiano è stato esautorato del suo ruolo. Oggi siamo qui ad ascoltare una comunicazione della Ministra Pinotti e della Ministra Mogherini e nel frattempo il capo del Governo italiano è a Baghdad e ad Erbil e il Governo italiano ha già deciso l'invio delle armi.
  Questa convocazione delle Commissioni, secondo noi, è assolutamente insufficiente e il Parlamento, la Camera dei Deputati e il Senato, avrebbe dovuto essere messo in condizione di discutere approfonditamente. Il Governo doveva assumere una decisione a seguito di una decisione condivisa in un confronto aperto all'interno del Parlamento e invece siamo qui a ratificare una decisione già assunta. È un film che abbiamo già visto purtroppo tante volte. La Ministra Pinotti ci diceva che si tratta di una cessione di armamenti, di sistemi d'arma, e che la legittimazione, l'autorizzazione di questa cessione potrebbe avvenire all'interno del decreto «missioni».
  Io penso che anche questo sia sbagliato. È sbagliato utilizzare il decreto «missioni» per una autorizzazione ex post, per una autorizzazione a decisione già avvenuta. Voglio ricordare che più volte le opposizioni in questo Parlamento, nel corso degli anni, e noi per primi, abbiamo chiesto al Governo di venire a riferire nelle Commissioni competenti, Difesa ed Affari esteri, degli esiti delle missioni internazionali, alle quali partecipiamo, degli sviluppi delle missioni internazionali, della situazione in particolare in quell'area che per comodità definisco del grande Medio Oriente. Tutto questo non è mai stato fatto; forse se fosse stato fatto il Parlamento adesso avrebbe un ruolo maggiore e potrebbe intervenire con maggiore consapevolezza e forse il ruolo del Parlamento non sarebbe stato espropriato.
  Ancora una volta è una sorta di rito, che oramai si ripete ogni sei mesi; andrà autorizzato il rifinanziamento delle missioni e dentro quel decreto infilerete anche questo. Noi non siamo d'accordo, perché intanto, lo voglio dire anche qui alla Ministra Pinotti, la risoluzione dell'ONU non ci sembra che parli di invio di armi, di un intervento armato. Dice che la comunità internazionale deve intervenire e Pag. 26il Consiglio dei ministri degli esteri dell'Unione europea lascia libertà ai Paesi di intervenire.
  Allora noi diciamo, qui e ora, che quelle popolazioni vanno protette, qui ed ora che quell'organizzazione, l'ISIS, va combattuta. Qui ed ora bisogna riaprire un confronto duro con chi sostiene e foraggia l'ISIS, come, per esempio, i sauditi. Qui ed ora bisogna restituire ruolo all'ONU e, se ce lo consentite, anche al Parlamento italiano. Noi possiamo essere protagonisti di un nuovo ruolo dell'Unione europea, possiamo chiedere che l'ONU e l'Unione europea intervengano, con lo spirito di una dichiarazione della rete Kurdistan Italia, per chiedere alla comunità internazionale, e quindi al nostro Paese, di favorire il dialogo con i curdi affinché, finalmente, si esca dall'ipocrisia che è stata propria di molti Paesi, a cominciare dal nostro, di non aver mai riconosciuto il diritto all'autodeterminazione dei curdi e di dire oggi che si inviano le armi perché i curdi vanno sostenuti ed aiutati.
  Noi crediamo che si possa fare qualcosa, anzi che si debba fare qualcosa, ma quello che è accaduto in questi anni ha dimostrato che l'ulteriore militarizzazione di quell'area porta ulteriore destabilizzazione e fa ricadere le conseguenze della militarizzazione, dell'utilizzo delle armi, sempre sui più deboli, i civili inermi.
  Chiudo dicendo che il nostro Paese non ci fa una bella figura; la Ministra ci ha detto che le armi che saranno cedute saranno quelle che erano state sequestrate al trafficante Zhukov; quelle armi secondo una sentenza del Tribunale di Torino del 2006 andavano distrutte. Oggi noi le utilizziamo per una presunta, ennesima, missione umanitaria. Non va bene.

  MILENA SANTERINI. Mentre ringrazio il Governo per l'informativa, vorrei riprendere le parole del Ministro Mogherini sulla decisione di una intensa attività politico-diplomatica che mi pare il centro del problema. Non siamo di fronte a uno scontro di civiltà, non siamo di fronte a una causa giusta combattuta con i metodi sbagliati. Certo, è un conflitto regionale, dovuto a tanti errori occidentali, ad omissioni europee, quello tra sunniti e sciiti con implicazioni globali, non ultimo il dare base territoriale all'estremismo islamico mondiale. E, soprattutto, c’è l'aspetto di teorizzare l'annullamento del pluralismo e della convivenza che naturalmente spinge ad una richiesta di protezione dei diritti umani. Ma chiedendo più politica io vorrei puntare l'attenzione su qualcosa che possiamo fare ora. In particolare, puntare l'attenzione sulla Siria da cui questo conflitto poi è esploso rompendo gli equilibri fragili del Medio Oriente, anche se poi l'epicentro è l'Iraq.
  Aleppo è un altro crocevia di multiculturalismo, di multireligiosità; è una città siriana assediata da tempo dalle milizie che non è stata ancora presa. Forse su questo l'intervento italiano con un'intensa attività politica potrebbe essere decisivo. Lo dico perché l'Italia ha avuto ruoli positivi soprattutto nel peacekeeping (pensiamo al Libano); allora possiamo riprendere un'intensa attività a questo livello ?
  È questa la domanda che io faccio e lo dico perché, se questo è un conflitto regionale ma con implicazioni globali, ci sono anche alleanze inedite – pensiamo al cambio di ruolo di Iran e Russia – e queste inedite alleanze cambiano lo scacchiere mondiale. Allora chissà che da un pezzo di terza guerra mondiale poi non nasca, forse, l'occasione per una pace più duratura.

  PRESIDENTE. Abbiamo concluso il dibattito, do quindi subito la parola per le repliche innanzitutto al Ministro degli esteri, l'onorevole Mogherini.

  FEDERICA MOGHERINI. Grazie Presidente. Cercherò di rispondere ad alcune domande che sono state fatte in modo puntuale e reagire molto brevemente ad un paio di suggerimenti che credo sia utile cogliere. Inizio con uno che non riguarda l'Iraq, ma che sollevava il senatore Mazzoni. Approfitto per fare un chiarimento: si faceva riferimento al vertice di Berlino Pag. 27sull'Ucraina e mi fa piacere avere questa occasione per chiarirlo, perché ho visto che c’è un po’ di confusione al riguardo. Quello è un vertice formato a 4, nato con le celebrazioni in Normandia, che così si è tenuto una prima volta il 2 luglio a Berlino e così è proseguito, per decisione comune di tutti gli europei. Siamo in costante contatto, non solo con gli europei, ma anche con i diretti protagonisti di quel formato a 4, e la presenza a livello Unione europea (anche se non sta a noi garantirla) avviene sia attraverso un contatto diretto del Presidente Barroso con i Presidenti Putin e Poroshenko, intercorso in questi giorni, ma anche con una presenza dell'Unione europea a Minsk la prossima settimana al vertice sull'unione doganale.
  Quindi, c’è un canale che segue strade e formati diversi. Questo non significa che non vengano tutti ricondotti a una condivisione di informazioni e anche di sforzi che stiamo facendo tutti quanti anche sul lato ucraino. Non è stato il tema di oggi, ma penso che non avremo difficoltà a condividere queste considerazioni anche prossimamente.
  Rispondo all'onorevole Artini che, nonostante le perplessità, ha avuto modo di rivolgere delle domande che mi sono sembrate abbastanza precise e puntuali. Innanzitutto, vorrei chiarire un punto che mi sembra fondamentale, lo sollevava anche il senatore Orellana.
  La configurazione della nostra assistenza, che oggi vi proponiamo, quindi, per una decisione che abbiamo voluto condividere con il Parlamento, si delinea come una cessione da Stato a Stato, come una cessione ad autorità del Governo regionale curdo attraverso canali del Governo nazionale iracheno. Quindi, vale quel comma di quell'articolo citato della legge n. 185, che altrimenti regola la compravendita, l’import-export degli armamenti e non la cessione da Stato a Stato; e non va da Stato a Stato nazionale, ma va da Stato nazionale, attraverso altro Stato nazionale, ad autorità regionale autonoma. Come ha spiegato molto bene l'onorevole Locatelli, c’è un sistema di autonomie regionali in Iraq di cui so che l'onorevole Artini è consapevole. Questa è la configurazione che l'Italia ha scelto di seguire per fare le cose per bene dal punto di vista istituzionale, dal punto di vista internazionale, dal punto di vista della legislazione nazionale che, come sapete, con la legge n. 185, è una delle migliori al mondo.
  Quindi, la nostra scelta è stata quella di utilizzare questi dodici giorni, che sono intercorsi dalla telefonata che abbiamo avuto con il Presidente Barzani ad oggi, per giungere ad una decisione in cui coinvolgiamo il Parlamento preparando i canali istituzionalmente propri e corretti dal punto di vista interno ed internazionale.
  In ordine alla perplessità sul fatto che un milione di euro per gli aiuti attraverso canali multilaterali più un milione attivato per i progetti delle ONG più i sei voli, di cui l'ultimo si è concluso proprio in questi minuti mentre eravamo qui in seduta (è atterrato proprio ora), sia poco rispetto a quanto altri Paesi stanziano, io mi sento anche di condividerla. È chiaro che questa è la parte emergenziale, cioè la parte che abbiamo attivato in questi ultimi giorni, che va a sommarsi ad una serie di interventi di cooperazione umanitaria che l'Italia ha svolto nel corso dei mesi e degli anni passati, che sono sempre derivati chiaramente dalle decisioni del Parlamento e che ci mettono in una condizione di partner privilegiato delle autorità irachene. Siamo uno dei Paesi che ha sempre fatto molto in termini di cooperazione con l'Iraq. È chiaro che è possibile riprogrammare i fondi, anche quelli previsti dal decreto «missioni». Sul lato della cooperazione noi saremmo ben contenti, dal punto di vista del Governo, se con il Parlamento volessimo aumentare gli stanziamenti per gli aiuti umanitari.
  Rispetto al fatto di riferire costantemente in Parlamento, sollevato dall'onorevole Artini ma anche da altri, ho fatto fare velocemente il calcolo: io, in meno di sei mesi di Governo, sono venuta a riferire in Parlamento 15 volte; sono molto contenta di averlo fatto, sono pronta a farlo Pag. 28anche tutte le settimane, se volete. Come sapete, il lavoro parlamentare mi manca anche un po’, quindi lo faccio volentieri. Credo che il 3 settembre, quindi tra poco più di 10 giorni, avremo un'altra occasione di riunione congiunta sulle missioni internazionali. In quell'occasione o in altre occasioni sono sempre pronta ed a disposizione delle Commissioni o dell'Assemblea, se lo riterrete.
  Altre sollecitazioni specifiche a cui vorrei reagire: credo che l'onorevole Alli abbia ragione quando dice che il vertice NATO del Galles non debba essere sprecato dal punto di vista dell'identificazione del rischio della minaccia alla sicurezza che viene dallo scenario mediorientale, mediterraneo e africano. Credo che, da questo punto di vista, siano utili tutte le sollecitazioni che possono venire anche dall'Assemblea parlamentare della NATO, anche se ritengo che non sia necessariamente il formato NATO quello più utile per intervenire in questi scenari, ma l'identificazione della minaccia alla sicurezza anche da parte dei Paesi dell'Alleanza credo che sia utile farla.
  Vengo adesso ai due punti che venivano citati con più insistenza negli interventi: uno sollevato dallo stesso onorevole Alli, dall'onorevole Picchi, ma anche dall'onorevole Locatelli, rispetto al grado di unità e di tempestività della reazione europea. Qui c’è una distanza tra la nostra visione e quella di altri che, probabilmente, mettono a fuoco in modo meno nitido il livello di minaccia o di serietà della minaccia che viene dal Mediterraneo e dallo scenario mediorientale. Per motivi geografici, per motivi storici, culturali, forse l'Italia, con altri Paesi, è più sensibile a questa lettura strategica ed è portatrice di un grado di richiesta all'Europa e di intenzione di internazionalizzare le risposte a partire dalla dimensione europea che è maggiore. Storicamente questo è un nostro patrimonio che, però, abbiamo scelto, in questa occasione, di mettere a disposizione dell'Europa stessa.
  Devo dire che questo è stato il ragionamento che abbiamo fatto quando ho scelto di scrivere a Catherine Ashton per chiederle la convocazione di un Consiglio affari esteri straordinario – che altre volte si è riunito nel corso di quest'anno, ma mai sul Medio Oriente – e di porre all'attenzione questa emergenza, questa urgenza, nonché la necessità che a questa emergenza rispondesse l'Unione europea in quanto tale: cosa non scontata, come sanno coloro che frequentano i livelli europei, cosa non scontata ma cosa che è successa in tempi più rapidi di quanto non fosse prevedibile. Ho scritto il 10 o l'11 e il Consiglio è stato convocato il 15, abbiamo avuto una discussione molto approfondita e abbiamo avuto conclusioni unanimi. Il fatto stesso che sia stata identificata una cornice di riferimento comune per tutti è stato un segnale veramente non scontato.
  Certo, la scelta sul livello di sostegno militare attraverso la fornitura di armi è lasciata ai singoli Stati membri: così deve essere, dato il livello di decisione e di codecisione europea, ma soprattutto così deve essere perché non è un caso che, nelle conclusioni del Consiglio Affari esteri c’è un riferimento alle singole capacità e alle legislazioni nazionali, perché i singoli Paesi hanno, ovviamente, diverse capacità militari e hanno diverse legislazioni nazionali a cui devono rispondere. È chiaro che, però, dal nostro punto di vista ci vorrà un sempre maggiore livello di risposta integrata a livello europeo, soprattutto sullo scenario mediterraneo e mediorientale. D'altra parte, vedo adesso che la Germania ha annunciato oggi l'invio di armi nei prossimi giorni. Quindi, non c’è una differenza politica, c’è una differenza di norme nazionali e di capacità militari, ovviamente.
  Concludo sull'ultimo punto: è chiaro che adesso c’è l'emergenza, sia umanitaria che militare, a cui far fronte, e non possiamo far finta che non sia adesso e che non sia un'emergenza, perché gli aiuti umanitari sono utilissimi, ma devono trovare le persone vive al loro arrivo. C’è, però, sicuramente – ed è per questo che ho detto: la vera soluzione non può che Pag. 29essere politica – la necessità di una strategia di lungo periodo, che non può che coinvolgere tutti gli attori regionali, l'ho detto, con i quali abbiamo parlato, a partire dall'Iran, per arrivare alla Turchia, altro Paese confinante su cui la questione curda, ovviamente, incide e di cui parleremo molto volentieri un'altra volta, a partire da un ripensamento complessivo di tutto lo scenario, senza prendere pezzettino per pezzettino le singole crisi.
  Questo è il vero approccio, il vero cambio di mentalità che è richiesto in questo momento: non pensare che si parli di Siria e separatamente di Libano, di Giordania e di Iraq, ma abbiamo bisogno di un tavolo regionale in cui l'Unione europea sia protagonista e in cui tutte le crisi non separatamente vengano affrontate. Inizieremo a parlarne la prossima settimana a Milano. Abbiamo un incontro informale dei Ministri degli affari esteri dell'Unione europea e abbiamo inserito in agenda, su nostra richiesta, un punto, in particolare sullo scenario mediorientale complessivamente e sulla strategia europea e internazionale per affrontarlo nel modo più efficace.

  PRESIDENTE. La parola al Ministro della difesa.

  ROBERTA PINOTTI, Ministro della difesa. L'onorevole Artini tornava sulla questione dei Tornado. Posso dire che è una missione addestrativa rientrante nel quotidiano programma addestrativo del sesto stormo di Ghedi che si svolge durante tutto l'arco dell'anno. Questioni più specifiche su quello che è avvenuto le affronteremo insieme: come vi dicevo, è in corso un'indagine dell'Aeronautica, oltre a quella della magistratura e, ovviamente, è interesse prima di tutto delle Forze armate capire che cosa è successo. Adesso, però, è forse più il momento del dolore che non quello dell'entrare nello specifico su dati che ancora non abbiamo di preciso; sappiate però che quello che è stato effettuato è un volo addestrativo che si svolgeva normalmente dentro un'esercitazione. È successo un evento drammatico, tra l'altro per la prima volta una donna delle nostre Forze armate perde la vita, direi in missione perché una missione addestrativa è comunque una missione. Forse adesso io lascerei un attimo tacere la parte tecnica e darei solo spazio al dolore visto che siamo ancora purtroppo impegnati alla ricerca di altri due corpi. Speriamo di no, ma insomma, più il tempo passa più non può che essere così.
  Sulle domande specifiche che sono state poste, partirei dalle cornici di sicurezza. La cornice di sicurezza è data dal fatto che noi agiamo nell'ambito di un rapporto tra Governo e Governo. Qualcuno ha fatto riferimento al problema rispetto alla necessità della volontà di autonomia del Kurdistan: sono tutti problemi di scenario che conosciamo, ma da questo punto di vista c’è la decisione di agire d'accordo con le autorità irachene e poi insieme vedremo come distribuire le armi e in che modo consegnarle ai curdi. Si tratta di una decisione che, di fatto, ci dà una cornice di sicurezza, insieme al fatto che ovviamente agisce lì la nostra diplomazia, ci sono contatti dei nostri vertici delle Forze armate con chi fa queste richieste e anche azioni di intelligence. Infatti, quando si muove uno Stato, insieme al rapporto tra Stato e Stato vi sono delle cornici di operazione attraverso cui vi può essere un elemento di sicurezza.
  Le armi sono efficienti perché sono sottoposte a trattamenti di conservazione nel tempo, le verifiche sono state effettuate anche in questi giorni e non, come ha scritto qualche giornale, dal Ministro che non saprebbe da che parte girarle: abbiamo dei tecnici che fanno queste cose.
  Perché non è stato dato l'elenco, come qualcuno ha richiesto ? Che cosa s'intende per armi leggere ? Per armi leggere s'intendono mitragliatrici che, ad esempio, usavano le nostre Forze armate e non usano più, oppure stiamo parlando di razzi anticarro e, soprattutto, di munizioni. Questo fa parte di quelle armi Pag. 30confiscate, quindi non stiamo parlando dei famosi 30 mila kalashnikov, ma valuteremo anche rispetto a questo.
  Qualcuno chiedeva come mai possiamo utilizzare le armi confiscate: queste armi confiscate erano destinate o all'utilizzazione delle Forze armate o a distruzione. Con la legge n. 108 del 2009 sul riassetto del codice dell'ordinamento militare possono essere utilizzate dal Ministero della difesa per finalità istituzionali; si tratta di quell'elemento scelto di rapporto Governo-Governo, individuato anche dalla legge n. 185, sulla base del quale noi ci stiamo muovendo.
  Perché non c’è l'elenco e la quantità ? A differenza di quanto qualcuno ha detto nel dibattito, certamente il Governo propone di mandare queste armi, quindi il Governo ha deciso di proporvelo, ma non lo ha già deciso – ripeto – non lo ha già deciso, nel senso che ha deciso di effettuare un passaggio parlamentare, non obbligatorio ma ritenuto importante per il rispetto del Parlamento. La stessa formula che noi stiamo utilizzando in questo momento a Camere chiuse è quella che si è utilizzata per la missione in Libano dove si è deciso di inviare 2.000 o 2.500 soldati italiani (non ricordo, comunque tanti): non sono state convocate le Assemblee del Parlamento, ma si è deciso in questa stessa forma. Oggi non stiamo decidendo di mandare sul campo uomini delle Forze armate italiane, stiamo decidendo di mandare delle armi.
  Quindi, il personale che noi utilizzeremo è personale che trasporta e consegna, ma non starà poi sul campo. Siamo dentro uno scenario diverso da quello del Libano dove pure abbiamo adottato la stessa modalità.
  Perché non vengono date le quantità ? Perché nonostante il fatto che noi pensiamo sia giusto farlo, e ve lo proponiamo, e oggi abbiamo ascoltato i vostri pareri, non abbiamo ancora attivato con il Governo iracheno il rapporto sulla base del quale saranno decise le quantità e le modalità. Questo è il motivo per cui non c’è l'elenco dettagliato, ma nessun problema a darlo nel momento in cui verrà deciso: massima trasparenza.
  Anche la tipologia delle armi è un incrocio tra le richieste e le nostre disponibilità. Stiamo parlando non di nuovi acquisti che l'Italia farà, ma di armi che o non usiamo più noi o abbiamo confiscato e quindi le abbiamo in disponibilità, pertanto il costo delle armi per noi è zero. Ovviamente, ci sarà un costo per quello che riguarda il trasporto che, come vi ho detto può avvenire via aerea o via nave, ma anche su queste modalità di trasporto possiamo, ovviamente, fornire informazioni al Parlamento.
   Il 4 settembre inizierà in Assemblea la discussione sulle linee generali del decreto «missioni»: poiché abbiamo bisogno di una copertura anche giuridica e finanziaria, noi presenteremo un emendamento ma non per autorizzare l'operazione, perché l'autorizzazione dell'operazione noi la consideriamo avvenuta con la discussione che abbiamo fatto oggi. Ovviamente, si può anche decidere di discutere all'infinito. In quel momento l'Assemblea ci sarà, e ci sarà la discussione anche su questo, se si deciderà, però noi oggi siamo davanti al fatto che in questa crisi o si interviene tempestivamente oppure non serve poi intervenire.
  Quindi, mi chiedo: discussioni e discussioni fino a quando ? È giusto discutere, ma dopo, ad un certo punto bisogna anche decidere. Il Governo pensa sia giusto farvi questa proposta. Il Parlamento, ovviamente, oggi si è espresso. Ritengo che bisogna dare dignità a questa importante e numerosa assemblea di parlamentari e non pensare che questa sia una discussione o un atto inutile perché poi non c’è la riunione delle Assemblee, perché ciò sarebbe anche svilire un lavoro importante che abbiamo fatto oggi insieme.

  PRESIDENTE. Prima di dividerci, do questa comunicazione per quanto concerne la Camera dei Deputati: alla Presidenza sono pervenute tre risoluzioni. Una risoluzione ha primi firmatari i presidenti Pag. 31delle Commissioni e fa riferimento agli indirizzi formulati dal Consiglio straordinario dei Ministri degli esteri sottoponendo all'attenzione il riferimento al supporto militare. Poi c’è un altra risoluzione, presentata dai colleghi di SEL, che, con tutta un'argomentazione, contesta però questo punto insieme ad altri ragionamenti, e una risoluzione, presentata dai colleghi del Movimento 5 Stelle, che sulla base di valutazioni assai ampie e articolate, pure contesta questo punto.
  Queste sono le tre risoluzioni che stanno sul tavolo della riunione che noi dobbiamo svolgere nelle Commissioni esteri e difesa della Camera, mentre le Commissioni esteri e difesa del Senato si riuniranno a loro volta separatamente. Dichiaro svolte le comunicazioni del Governo all'ordine del giorno, ringraziando tutti gli intervenuti.

  La seduta termina alle 14.55.