Sulla pubblicità dei lavori:
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 3
Comunicazioni del Governo sui recenti sviluppi del quadro internazionale, con particolare riferimento agli impegni dell'Italia e alla vicenda relativa ai due fucilieri di Marina:
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 3
Gentiloni Silveri Paolo (PD) , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 4
Pinotti Roberta , Ministro della difesa ... 6
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 9
Scanu Gian Piero (PD) ... 9
Gasparri Maurizio ... 10
Frusone Luca (M5S) ... 11
Compagna Luigi ... 12
Divina Sergio ... 13
Cirielli Edmondo (FdI-AN) ... 13
Amendola Vincenzo (PD) ... 15
Romani Paolo ... 16
Spadoni Maria Edera (M5S) ... 18
Santangelo Vincenzo ... 19
Alicata Bruno ... 20
Vito Elio (FI-PdL) , Presidente della IV Commissione della Camera dei deputati ... 20
Casini Pier Ferdinando , Presidente della III Commissione del Senato della Repubblica ... 22
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 23
Gentiloni Silveri Paolo (PD) , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 23
Pinotti Roberta , Ministro della difesa ... 25
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 27
Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA III COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI FABRIZIO CICCHITTO
La seduta comincia alle 8.40.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
Comunicazioni del Governo sui recenti sviluppi del quadro internazionale, con particolare riferimento agli impegni dell'Italia e alla vicenda relativa ai due fucilieri di Marina.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno delle Commissioni riunite esteri e difesa di Camera e Senato reca lo svolgimento di comunicazioni del Governo sui recenti sviluppi del quadro internazionale, con particolare riferimento agli impegni dell'Italia e alla vicenda relativa ai due fucilieri di Marina.
Saluto il presidente della Commissione difesa della Camera, onorevole Elio Vito, il presidente della Commissione esteri del Senato, senatore Pier Ferdinando Casini, e tutti i colleghi presenti.
La convocazione della seduta odierna deriva, come è noto, innanzitutto dall'esigenza di un approfondimento sulla partecipazione dell'Italia ad ulteriori missioni militari in Afghanistan, in conformità con l'articolo 2, comma 3-bis, del decreto-legge n. 109 del 2014, e anche alla luce dell'esito della riunione ministeriale NATO del 2 dicembre scorso in merito all'avvio della missione Resolute Support.
Tale tema chiama in causa lo stato complessivo dell'impegno internazionale dell'Italia, che al momento si caratterizza per un'attenzione specifica rivolta nei confronti del Medio Oriente, con riferimento alla crisi in Iraq, e nei confronti della sponda sud del Mediterraneo, con riferimento alle condizioni di instabilità in Libia.
Su tale tematica si è innestato, nella giornata di ieri, lo sviluppo del tutto inaccettabile della controversia fra l'Italia e l'India in merito ai due fucilieri di Marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, a cui confermiamo ancora una volta la nostra solidarietà, a seguito della decisione grave e inaccettabile assunta dalla Corte suprema indiana per il rigetto delle istanze avanzate da parte italiana.
Nel corso del dibattito di ieri in occasione delle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 18 dicembre 2014, il presidente Vito ha sollevato l'urgenza di un approfondimento da parte del Governo su tale vicenda in considerazione anche dell'adozione dei prossimi passi da parte del Governo italiano.
Come vedete, c’è ampio materiale – dall'Afghanistan a quello che succede nel Kurdistan, alla vicenda dei fucilieri di Marina, che ha assunto in quest'ultimo giorno il massimo rilievo – per un approfondimento e una discussione delle Commissioni parlamentari che probabilmente non finirà oggi, ma dovrà affidare al Governo le valutazioni dei vari gruppi, in modo tale che nella prossima settimana potremo in modo più definito, sia per quanto riguarda l'Afghanistan sia per Pag. 4quanto riguarda la vicenda dei fucilieri di Marina, assumere delle posizioni e delle scelte che, nel caso in cui si dovesse procedere alla votazione di risoluzioni, richiedono come sapete riunioni separate di Camera e Senato.
Do la parola al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Paolo Gentiloni.
PAOLO GENTILONI SILVERI, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Grazie, presidente. Seguirò la sequenza segnalata dal presidente Cicchitto, cominciando quindi dall'Afghanistan.
Voi sapete che dal 31 dicembre la nostra presenza in Afghanistan cambia natura. La missione Resolute Support, che è stata varata dalla NATO e che lo scorso 12 dicembre ha ricevuto l'avallo del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite – è importante sottolinearlo – è una missione, come si dice in gergo, non-combat. Si tratta, infatti, di una missione di addestramento, assistenza e consulenza delle forze di sicurezza nazionali afgane.
Sarà il Ministro della difesa, Roberta Pinotti, a fornirvi tutti i dettagli e gli elementi della rimodulazione della nostra presenza in questa fase completamente nuova. Io mi limito a soffermarmi su alcuni aspetti della situazione politica in cui si colloca questo cambio di fase, anche alla luce dell'incontro che ho avuto il 2 dicembre scorso con il presidente afgano Ashraf Ghani, che, dal mio punto di vista, è stato un incontro, per quanto si possa dire, relativamente incoraggiante.
Sappiamo che la situazione è stata per anni molto complicata e che le relazioni con il precedente presidente sono state anche un po’ altalenanti dal punto di vista della comunità internazionale e della stessa Alleanza che era fortemente impegnata in Afghanistan. In seguito alle ultime elezioni e al passaggio dal presidente Karzai al presidente Ghani, che ha coinvolto in un Governo di unità nazionale il secondo arrivato nelle elezioni presidenziali – i due si muovono continuamente insieme, erano insieme anche al vertice ministeriale NATO d'inizio dicembre – credo che ci siano alcuni elementi di incoraggiamento rispetto alle prospettive della situazione.
Questi elementi sono molto importanti anche per valutare il quadro in cui si colloca, nelle sue caratteristiche completamente diverse, la nostra presenza militare.
Il presidente Ghani ha innanzitutto espresso, a nome del suo Paese, l'immensa gratitudine nei confronti dell'Italia, che ha avuto un intervento molto rilevante, ha registrato la perdita di decine di vite umane, di nostri soldati, ha investito in modo rilevante nella cooperazione e nello sviluppo del Paese.
Da parte nostra, gli è stato confermato il fatto che, sul piano economico e civile – che sarà il piano principale di interesse dell'Italia nei confronti dell'Afghanistan nei prossimi anni – il nostro Paese non intende rinunciare a dare il proprio contributo, anche nella misura in cui un processo positivo sembra essere in corso. Le due cose sono collegate, naturalmente: noi continueremo a investire in aiuti, in cooperazione, nelle infrastrutture di trasporto, nella presenza scolastica femminile, nella governance e nell'assistenza alle forze di sicurezza, che è quello che stiamo facendo soprattutto nella parte di Herat, nella parte occidentale dell'Afghanistan, nella misura in cui il percorso, che il nuovo Governo ha avviato, andrà avanti.
Tale percorso ha comportato decisioni importanti di lotta alla corruzione, interventi importanti sulla banca centrale afgana, e soprattutto l'avvio di una ricostruzione di forze di sicurezza di cui il presidente Ghani si è proposto direttamente come capo supremo. È questa una scelta simbolica ma che ha una certa importanza, perché da anni nessuno assumeva la responsabilità del comando delle forze di sicurezza afgane. Se e nella misura in cui questo percorso dovesse continuare, credo che l'Italia abbia il dovere morale e politico nonché l'interesse economico, visto che siamo stati tredici anni in quel Paese sul piano militare, di essere presente. Pag. 5Lo faremo naturalmente sulla base dell'accordo bilaterale che è stato firmato a Roma nel gennaio 2012.
A questo proposito, ricordo che nel 2013 e nel 2014, anche grazie agli stanziamenti annuali previsti dai decreti sulle missioni internazionali, l'Italia ha aumentato i fondi destinati all'Afghanistan di 47 milioni e che i nostri progetti economici e di cooperazione sono veramente molto apprezzati da quel Paese.
Per quanto riguarda le vicende della coalizione anti-Daesh sarò rapidissimo. Lo scorso 3 dicembre, a Bruxelles, c’è stata una prima riunione a livello ministeriale della coalizione, con una sessantina di Paesi rappresentati. Intervenendo a quella riunione – e anche nell'incontro che ho avuto con il Ministro degli esteri iracheno – l'Italia ha insistito sulla necessità che i primi passi, da parte del Governo iracheno, di una politica maggiormente inclusiva sia nei confronti delle comunità sunnite sia nei confronti dei curdi vadano avanti.
Bisogna riconoscere, anche in questo caso, che qualche passo avanti è stato realizzato. Ad esempio, con i curdi è stato molto importante l'accordo che si è realizzato alla fine di novembre sul petrolio: un'intesa tra il Governo di Baghdad e la regione del Kurdistan per la fornitura di un numero molto consistente di barili di petrolio al giorno da parte del Kurdistan in cambio del riconoscimento finalmente del 17 per cento delle risorse del bilancio nazionale iracheno a favore dei curdi e anche nei confronti di una maggiore inclusione della comunità sunnita.
Si tratta di passi avanti che vanno però monitorati continuamente perché possono essere sempre messi in discussione.
Inutile dire che questa vicenda è collegata con l'insieme del lavoro della coalizione anti-Daesh, in particolare rispetto alla Siria, dove sta cercando di fare passi avanti il tentativo dell'Inviato speciale delle Nazioni Unite, che ha come tappa fondamentale e simbolica, al momento, il tentativo di raggiungere un freeze locale nella città di Aleppo, per il suo valore politico e simbolico. Sappiamo che l'indicazione dell'importanza di questa operazione è venuta anche dall'Italia e da mozioni del Parlamento italiano che l'hanno suggerita.
Anche su questo certamente il Ministro Roberta Pinotti fornirà gli elementi di informazione necessari sulla nostra presenza più sul piano militare.
Passo, infine, a trattare la questione che oggi è di gran lunga quella che attira di più la nostra attenzione e la nostra preoccupazione. La metto in coda solo per seguire l'ordine che ci è stato indicato, ma siamo tutti consapevoli, a cominciare dai presidenti delle quattro Commissioni, della assoluta importanza di tale questione. Voglio innanzitutto ribadire l'irritazione del Governo italiano per le decisioni prese dalla Corte suprema che hanno respinto, come sapete, delle richieste dettate da motivazioni sostanzialmente umanitarie. Si trattava, cioè, di chiedere il rientro in Italia per le festività natalizie del fuciliere Girone e la possibilità, sulla base anche di una richiesta di autorevolissimi pareri medici, per il fuciliere Latorre di concludere il suo percorso terapeutico.
Il fatto che queste domande con un forte ed evidente significato umanitario siano state respinte ha suscitato la nostra decisa contrarietà. Abbiamo le autorità indiane che, da un lato, chiedono il rispetto degli ordinamenti giuridici nazionali, manifestano l'intenzione di proseguire in un dialogo rispettoso tra le parti e, dall'altro, però ci sembra che vengano meno alla tutela dei più elementari diritti di natura umanitaria nei confronti dei due marò. Mi pare che lo stiano facendo dopo aver accumulato una serie incredibile di ritardi e rinvii di una vicenda che, come sapete, dura ormai da quasi tre anni.
Siamo tutti consapevoli di quanto sia in gioco, in questa vicenda, innanzitutto sul piano umano e personale dei due fucilieri di Marina. La posizione del fuciliere Girone è per noi motivo di angosciosa preoccupazione, anche dal punto di vista – anche nel suo caso – delle ripercussioni mediche che la sua situazione sta provocando. Il fuciliere Latorre, come sapete, è Pag. 6in Italia per cure mediche e il suo pieno recupero fisico è naturalmente una priorità per il nostro Governo.
Oltre alla loro sorte personale, naturalmente sono in gioco princìpi irrinunciabili di sovranità e di diritto internazionale. Di fronte a un atteggiamento inaccettabile da parte delle autorità indiane, credo che l'Italia abbia l'obbligo di reagire.
Mi auguro che la nostra reazione, come si dice in questi casi, sia ferma e unitaria, per quanto possibile, naturalmente, nell'ambito delle legittime valutazioni diverse tra Governo e opposizione che fanno parte della dialettica parlamentare. Ma oggi l'Italia per essere forte ha bisogno – lo dice un Ministro che svolge questa funzione da un mese e mezzo – di mostrare decisione, fermezza e unità all'esterno di fronte a questa situazione.
È chiaro che di fronte a un atteggiamento così grave il Governo si riserva di effettuare tutti i passi che saranno necessari, a partire, per quanto mi riguarda, dall'urgente richiamo per consultazioni dell'ambasciatore italiano a Nuova Delhi, cosa di cui desidero informare la Commissione perché si tratta di un passo rilevante. Naturalmente non va confuso con una rottura delle relazioni diplomatiche, perché non si tratta di questo, ma di una misura che viene adottata in circostanze come queste, che richiedono un'approfondita consultazione con il nostro ambasciatore di fronte a una situazione di malessere che è abbastanza evidente.
Come ho accennato, il Governo si riserva tutti i passi necessari, oltre a questo che ho appena annunciato alle Camere. Credo che lo dobbiamo fare senza improvvisazioni, con il necessario equilibrio, tenendo costantemente informato il Parlamento. Grazie.
ROBERTA PINOTTI, Ministro della difesa. Io aggiungerò, come detto in premessa dal collega Paolo Gentiloni, al quadro di situazione che lui ha fatto, degli elementi specifici di riferimento rispetto all'impiego operativo già esistente o che stiamo approntando riguardo alle nuove missioni o a quelle che si stanno trasformando, come in Afghanistan.
Parto dall'Iraq e dalla coalizione anti-Daesh. Per ciò che riguarda l'Iraq, in particolare il contrasto internazionale all'ISIS, nelle ultime settimane possiamo registrare i primi positivi risultati dello sforzo militare condotto contro questa organizzazione.
La sua espansione territoriale è stata arrestata. Si sono registrati alcuni successi locali delle forze irachene che hanno riconquistato alcune località strategiche, soprattutto per la presenza di impianti energetici, fonte principale del sostentamento dell'Iraq e quindi della sua capacità di resistere all'ISIS.
Per ciò che riguarda l'impegno nazionale, stiamo implementando le misure di cui ho già dato conto lo scorso 20 novembre di fronte a queste Commissioni. In particolare, oltre ai diversi lotti di munizioni di tipo ex sovietico, provenienti dal carico sequestrato nel 1994, sono stati consegnati anche sistemi controcarro tipo Folgore già in uso nell'Esercito italiano.
Circa la nostra presenza militare in teatro, sono schierati ed operativi tutti gli assetti aerei che avevo elencato nel corso dell'ultima audizione: il velivolo da rifornimento in volo KC-767 ha già compiuto decine di sortite operative; anche il sistema a pilotaggio remoto Predator e la componente da ricognizione tattica su quattro velivoli Tornado sono pienamente operativi. Questo dispositivo nazionale, integrato nella coalizione multinazionale, è al momento perfettamente idoneo a contribuire alle operazioni alleate, svolgendo un ruolo particolarmente importante in considerazione della natura del conflitto in atto.
Nelle ultime settimane, infatti, dopo la neutralizzazione di un gran numero di strutture fisse e mobili delle forze dell'ISIS da parte dei velivoli della coalizione, la sorveglianza e la ricognizione hanno assunto un ruolo ancora più strategico di prima per la necessità di scoprire e identificare Pag. 7correttamente le forze ostili che si sono ampiamente disperse sul terreno proprio per sfuggire agli attacchi.
Questa è la motivazione tecnica per il riscontrato diradamento delle operazioni di bombardamento da parte della coalizione. In sostanza, visti i successi delle azioni della coalizione per quanto riguarda le operazioni aeree, c’è stata una nuova tecnica assunta dai combattenti dell'ISIS, ossia quella di diradarsi molto di più e di disperdersi spesso in concentrazioni dove ci sono civili, quindi altre persone che non devono essere colpite.
Relativamente alle attività di addestramento a favore dei militari iracheni, in particolare dei curdi, queste sono già sviluppate in Italia per l'utilizzo e la manutenzione delle armi a loro cedute. A partire dai prossimi giorni, è previsto l'invio dei primi nostri militari in teatro. Essi opereranno in Iraq e, in particolare, nella regione curda strettamente integrati con addestratori di altri Paesi della coalizione multinazionale che giungeranno insieme ai nostri. Un'ulteriore aliquota dei nostri militari partirà nel mese di gennaio, fino a raggiungere la consistenza prevista di 280 unità, come già vi ho detto, parte dei quali costituite da forze speciali.
Circa le modalità e, in particolare, la tempistica dell'inserimento nel teatro operativo del nostro contingente, voglio ricordare come si tratti di un'operazione pianificata dal comando alleato, nel quale opera un nucleo di nostri militari e condotta a livello di coalizione. Sulla base della pianificazione alleata, quindi, inseriamo le componenti addestrative di volta in volta necessarie a condurre le attività previste.
Anche in questo caso, come per la componente aerea, esiste quindi una perfetta simbiosi tra l'azione dell'Italia e quella degli altri partner della coalizione nonché con le autorità locali, che è la linea che abbiamo deciso dall'inizio, ossia quella dell'accordo con le autorità irachene. Lo dimostrano gli attestati di stima e i ringraziamenti giunti dalle autorità del Governo regionale del Kurdistan e dal comandante della coalizione multinazionale, generale John Allen, anche espressi direttamente al Capo di stato maggiore della Difesa nel corso di una sua recente visita in teatro. Dal momento in cui, quindi, ho fatto le comunicazioni al Parlamento, siamo pronti, ma la necessità è quella, ovviamente, di individuare esattamente mosse e tempi con la coalizione.
Passo ora al teatro afgano, di cui già il Ministro degli esteri ha spiegato esattamente la natura della nuova missione e le condizioni generali, dandoci anche un quadro di situazione molto interessante per i rapporti diretti avuti con le autorità afgane.
La condizione di sicurezza rimane particolarmente critica per il permanente attivismo delle milizie talebane, come del resto evidenziato dal disumano attentato compiuto contro i bambini di una scuola in Pakistan. Come disposto dall'articolo 2, comma 3-bis, del decreto-legge 1o agosto 2014, n. 109, convertito nella legge 1o ottobre 2014, n. 141, in questa sede il Governo è tenuto a riferire circa i suoi intendimenti in tema di presenza militare italiana in Afghanistan oltre la data del 31 dicembre 2014, ovvero oltre il termine dell'attuale missione ISAF (International Security Assistance Force).
L'Italia ha svolto un ruolo estremamente importante nel contesto della varia coalizione formatasi all'indomani degli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001. Negli anni, abbiamo avuto la responsabilità di operare nell'area della capitale, poi soprattutto nell'area occidentale dell'Afghanistan, con capoluogo Herat, assumendo ruolo di Nazione quadro di questa regione e coordinando, quindi, anche le attività militari degli altri Paesi che hanno lì operato.
Insieme agli alleati abbiamo contribuito in maniera sostanziale alla stabilizzazione della sicurezza e al ripristino del controllo sul territorio da parte delle legittime autorità afghane. Dunque, non facciamo ora un bilancio, ma dobbiamo ricordarci, questo sì, che lì ci sono, oltre a tutti gli anni in cui abbiamo operato, tante risorse, 54 caduti, il più alto tributo di sangue italiano mai versato in un Paese straniero sin dai Pag. 8tempi della Seconda guerra mondiale. Non possiamo neanche dimenticare gli oltre 650 feriti.
Tornando ai passi compiuti dalla comunità internazionale, sin dal 2012 fu deciso di predisporre una nuova missione multinazionale dedicata esclusivamente all'addestramento e al supporto logistico alle forze di sicurezza afghane, quindi senza compiti di combattimento. Dopo il laborioso processo elettorale che infine ha condotto all'elezione del nuovo presidente, le autorità governative di Kabul hanno nuovamente manifestato la loro volontà di avere il sostegno della coalizione a guida NATO, completando il 30 settembre la sottoscrizione del nuovo accordo in tema di status giuridico delle forze militari straniere presenti sul suolo afghano dopo il 31 dicembre 2014 e ratificandolo in Parlamento il 27 novembre.
Il 2 dicembre il nuovo presidente Ashraf Ghani e i ministri degli esteri della NATO convenuti a Bruxelles, come detto dal Ministro degli esteri, hanno quindi emanato una dichiarazione comune per l'avvio, dal 1o gennaio 2015, della nuova missione Resolute Support. Anche le Nazioni Unite si sono espresse molto recentemente sul tema. Il 12 dicembre il Consiglio di sicurezza dell'ONU ha approvato all'unanimità la risoluzione n. 2189. Si sono così realizzate le condizioni previste dal decreto-legge citato all'inizio del mio intervento, necessarie affinché il Governo potesse sottoporre al Parlamento la decisione della nostra partecipazione alla missione Resolute Support insieme agli altri 27 Paesi della NATO e ai 21 Paesi partner.
L'intendimento del Governo è, quindi, quello di procedere con una nostra partecipazione alla missione multinazionale a guida NATO, che prevede, per alcuni mesi del 2015, la nostra presenza nella regione occidentale e, in particolare, nell'area di Herat. Più esattamente, prevediamo di transitare con il nuovo anno dalla missione ISAF alla Resolute Support impiegando, all'inizio, circa 750 militari, che andranno a diminuire nelle settimane successive, senza scendere sotto il livello considerato tecnicamente necessario per la sicurezza della missione.
I nostri militari avranno il compito di continuare ad addestrare i militari afghani senza avere compiti diretti di partecipazione alle operazioni di combattimento. Continueranno, inoltre, a garantire la sicurezza della base di Herat, da dove opererà anche un contingente fornito dalla Spagna. Nella regione ovest, opereranno anche l'Albania, la Lituania e l'Ucraina, oltre agli Stati Uniti, ma anche Ungheria e Slovenia forniranno dei contributi inseriti nello staff di comando della brigata Julia, che sarà dispiegata in teatro a partire da febbraio.
Questa prima fase della missione Resolute Support si concluderà nel luglio del 2015. A partire da quella data, come previsto dalla pianificazione NATO, si procederà con una riconfigurazione delle nostre forze, che avverrà in sincronia con il piano complessivo della missione, piano che prevede un progressivo concentramento nell'area di Kabul. Alla fine di ottobre 2015, quindi, terminerà la nostra presenza nell'area di Herat e rientrerà gran parte del contingente. A fine anno, secondo le attuali pianificazioni, rimarranno in Afghanistan, nell'area della capitale, circa 70 nostri militari.
Per effetto di questa pianificazione, nel corso del 2015 la presenza media dei nostri militari si attesterà su 500 unità. Relativamente agli oneri per l'anno 2015, prevediamo un impegno di circa 160 milioni di euro tratti del Fondo per le missioni internazionali inserito nella legge di stabilità.
Dopo diremo delle relazioni per quanto riguarda la nostra presenza in teatro e le nostre programmazioni a commento a quanto già detto dal Ministro degli esteri sulla vicenda che, come ha ricordato, trattiamo alla fine della nostra comunicazione, ma non certo perché non sia la prima nei nostri pensieri.
Come ha detto il Ministro Gentiloni, siamo non solo delusi, ma anche irritati dalla decisione della Corte suprema indiana. Le istanze di Salvatore Girone e Pag. 9Massimiliano Latorre erano di carattere puramente umanitario. Ci eravamo consultati attentamente prima della presentazione delle istanze e ci aspettavamo un risultato diverso. La posizione di Salvatore Girone, che rimane a Nuova Delhi, è in questo momento in cima ai nostri pensieri e rimane certamente molto critica. La sua detenzione in India da quasi tre anni reca particolare disagio. Il Governo prenderà tutte le misure per rimediare a questa situazione.
Massimiliano Latorre è in Italia sotto cure mediche. La sua salute e il suo recupero rappresentano una priorità per il Governo. Nulla sarà fatto per mettere a rischio questa situazione. Si tratta di un impegno fermo. Stiamo considerando tutte le opzioni disponibili in Italia e anche la consultazione con il Governo indiano. Il capo Latorre e il capo Girone sono organi dello Stato ed erano in funzioni ufficiali: l'Italia ha la responsabilità su di loro e a essa non si sottrarrà. È nell'interesse dell'India, che impiega molte truppe in operazioni internazionali all'estero, riconoscere e sostenere l'immunità dei nostri marò davanti ai tribunali indiani.
Anch'io auspico, come il Ministro degli esteri, che in questo momento, sicuramente difficile per i nostri due fucilieri e per il Governo, ma ritengo anche per il Parlamento che ha seguito questa vicenda passo dopo passo e per il Paese, che si riesca a dare una risposta che spero sia forte, ma anche unitaria. Di questa unità, infatti, abbiamo bisogno.
PRESIDENTE. Ringrazio i Ministri Gentiloni e Pinotti.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
GIAN PIERO SCANU. Grazie presidente. Le relazioni appena svolte dal Ministro Pinotti e dal Ministro Gentiloni hanno tratteggiato, a mio giudizio in maniera esaustiva, i punti iscritti all'ordine del giorno, quindi cercherò di porre due semplici domande in relazione ad altrettanti aspetti che mi pare debbano essere chiariti.
Vorrei iniziare dalla vicenda dei marò, anche perché, come è ben noto, l'attenzione dopo il pronunciamento della Corte indiana di ieri è notevole e non potrebbe essere diversamente. Si è detto dell'irritazione del Governo italiano e anche dell'indignazione. Sono tutti sentimenti che non solo la politica nazionale, ma anche il popolo italiano, condividono col Governo.
Ieri, notizie di stampa hanno dato conto di una ferma determinazione da parte del Ministro Pinotti di impedire il ritorno in India del fuciliere Latorre, alimentando l'idea verosimilmente non corretta che il Governo italiano intendesse declinare la propria irritazione con una decisione indubbiamente forte, quale sarebbe quella paventata.
Come è evidente, tale questione va inserita al primo posto nell'agenda delle cose da discutere, per mille ragioni che sarebbe offensivo che illustrassi alla presenza di tutti voi, perché immagino siano condivise. Per quanto, però, mi renda perfettamente conto della delicatezza di questo passaggio politico, sarebbe opportuno tentare di concretizzare una posizione da indicare in qualche modo non solo all'opinione pubblica, ma anche al Parlamento sotto forma di approfondimento, in relazione a una linea da condurre a partire da oggi per tentare di risolvere questo problema.
L'altra breve domanda è relativa al quadro internazionale. Non mi pare che si sia parlato – per quanto, nello specifico, l'argomento non era all'ordine del giorno – della Libia, che, come è ben noto, costituisce l'elemento di maggiore tensione e pericolosità proprio per l'incertezza che regna, anche se quest'espressione rischia di essere addirittura eufemistica. Sarebbe importante conoscere, seppur brevemente, il punto di vista dei due Ministri.
Finisco con una considerazione. Mi pare molto bene articolato il piano di rientro che il Ministro Pinotti ha indicato relativamente all'Afghanistan. Soprattutto, prendo atto con piacere – peraltro, non è questa è una novità – che i nostri militari che rimarranno, cinquecento in media, come lei ha detto signor Ministro, assolutamente Pag. 10non saranno impiegati in azioni diverse da quelle dichiarate, che appunto non sono strettamente di carattere militare.
MAURIZIO GASPARRI. In queste settimane, direi in questi mesi, l'atteggiamento dell'opposizione – parlo del mio gruppo, ma in generale potrei dire di tutti – è stato di grande responsabilità. Abbiamo condiviso gli appelli che anche questa mattina sono stati rinnovati dai Ministri Gentiloni e Pinotti all'unità per avere maggiore fermezza. Anche venendo qui questa mattina, in via informale e in maniera assolutamente legittima, altri ambiti del Governo hanno invitato tutti noi ad agire in maniera coesa, evitando una polemica politica che abbiamo – parlo, ovviamente, della vicenda dei nostri fucilieri – appunto evitato in questi mesi.
Devo dire che per questo abbiamo talvolta pagato un prezzo di incomprensione presso associazioni e ambienti. Il tema dei marò, anche giustamente, suscita reazioni emotive, mobilitazione di opinione, di giornali, di associazioni combattentistiche e d'arma. Spesso, il nostro atteggiamento di cautela, di sostegno a un'azione che ci auguravamo potesse determinare certi risultati ci è costato qualche incomprensione, così come su altri piani, benché fosse un atteggiamento costruttivo. Abbiamo, però, responsabilmente assunto questa posizione nell'auspicio che l'azione del Governo potesse appunto avere dei risultati.
Del resto, più volte, sia nelle sedi formali sia in quelle informali, siamo stati sollecitati a un atteggiamento di questa natura, che rivendichiamo. Avremmo potuto, infatti, più facilmente cavalcare delle polemiche, ma c’è stato il rispetto delle famiglie, di tutte le iniziative fatte anche in quest'aula, e ricordo le iniziative assunte dai presidenti delle Commissioni. Abbiamo invitato i familiari in talune occasioni, in altre ricorrenze di natura nazionale abbiamo evitato momenti celebrativi proprio per non creare alcun ostacolo. Si è fatto di tutto, per quello che ovviamente può fare il Parlamento, che non ha un'interlocuzione diretta.
Ciò premesso, però, benché comprenda le parole che sono state dette – l'irritazione del Ministro Gentiloni, l'inaccettabilità, l'obbligo di reagire, una reazione ferma e unitaria, il Ministro Pinotti che ha parlato di tutte le misure necessarie, ovviamente politiche e diplomatiche perché nessuno, nemmeno in un momento di rabbia, può immaginare che altre possano essere le soluzioni – ritengo che a questo punto vada denunciata l'inadeguatezza dall'azione svolta.
Il Ministro degli esteri è stato nominato da un mese e mezzo, quindi certamente non ha potuto seguire tutta l'evoluzione del negoziato, dei contatti che ci sono stati. Il Ministro della difesa ha già un mandato che le ha consentito di conoscere questa vicenda e affrontarla. È andata in India, si è attivata. Le diamo atto anche oggi di tutti i tentativi esperiti. Tuttavia, gli esiti sono stati questi e mi pare che l'imperizia sia stata notevole.
Capisco la difficoltà delle autorità con cui ci si confronta. Abbiamo seguìto le vicende, sono diventati tutti esperti di elezioni indiane, della campagna elettorale indiana, degli umori, dei cambiamenti di regime, delle difficoltà che c'erano nella gestione precedente anche per le origini italiane di alcuni membri della famiglia Gandhi. Tutti conosciamo la questione, ma ora non è possibile limitarsi alla pur apprezzabile decisione di convocare l'ambasciatore. Comprendiamo il senso diplomatico. Ieri, del resto, il Capo dello Stato, che voglio ringraziare, prima della cerimonia degli auguri del Corpo Diplomatico, si è reso interprete di un sentimento generale.
Credo, quindi, che l'unità richiesta oggi non possa essere una cambiale in bianco, almeno per quanto mi riguarda. Esigiamo dal Governo che ci siano forme costanti di coinvolgimento non solo attraverso i vertici delle Commissioni, come è stato finora, ma anche attraverso i gruppi parlamentari, per capire quali iniziative debbano essere svolte, quali posizioni pubbliche.Pag. 11
Credo che il richiamo dell'ambasciatore sia un segno importante, ma non sufficiente. Non possiamo scaricare solo sull'India. Abbiamo come interlocutore il Governo italiano – non siamo a un'audizione dell'ONU o del Parlamento indiano – quindi dobbiamo esprimere una totale insoddisfazione. Credo che la vicenda sia stata gestita in modo approssimativo. Credo anche che fossero già pronti i festeggiamenti per il rientro di Girone, ma poi la vicenda ieri mattina ha preso la piega che sappiamo.
Non voglio, quindi, aggiungere ulteriori motivi polemici, se non ribadire che una cambiale in bianco rispetto a un atteggiamento unitario non può esserci per quanto mi riguarda. Vogliamo capire quali siano le soluzioni. Non so neanche a cosa serva votare oggi degli atti di indirizzo. Ognuno esprime le proprie opinioni nei confronti, certo, dell'India, esageratamente accanita. Come si è detto, peraltro, l'andamento della giustizia indiana supera quello italiano: qual è il processo ordinario che si sta svolgendo ?
Sono passati tre anni. Si potrebbe anche accettare un iter ordinario, ammesso e non concesso – lo dico per ipotesi – se ci fosse quest'iter ordinario. Tutti abbiamo sperato che quell'espediente di ieri, una libertà provvisoria concessa per varie ragioni, fosse l’exit strategy momentanea. Sappiamo che c’è la scadenza del 13 gennaio, e che quindi dovrebbe esserci addirittura il rientro. Siamo in una sorta di ricatto: infatti, se Latorre non rientra, cosa succede a Girone ? Ci sono, però, anche ragioni di salute. Il tempo, quindi, è breve.
Concludo dicendo che il Presidente del Consiglio, anche per alleggerire la responsabilità dei qui presenti Ministri degli esteri e della difesa, che però sono nell'ambito del Governo due dicasteri non secondari, ha parlato col nuovo leader indiano nel vertice che c’è stato in Australia, mi pare. Ci sono state occasioni anche di vertici euroasiatici in Italia, a Milano.
Il Presidente del Consiglio deve mettere nell'agenda delle priorità questa vicenda, che riguarda la dignità nazionale. Tralascio tutte le altre considerazioni proprio perché non voglio abbandonarmi alla retorica, ma ritengo che il Presidente del Consiglio debba mettere al primo punto dell'agenda questa vicenda.
Non aggiungo giudizi sull'Autorità europea di sicurezza, che è stata il nostro precedente Ministro degli esteri, la cui inadeguatezza ho sempre sollevato come problema politico e che emerge anche in questa vicenda. Il Semestre europeo, l'avere conseguito quell'incarico, sono state vicende che potevano dare all'Italia un maggior peso in un negoziato internazionale e occasioni completamente non utilizzate, perché potevamo dare più peso al nostro interloquire con l'India.
Nessuna cambiale in bianco. Vorremmo, invece, essere puntualmente informati su cosa si deve fare. Vanno bene le reazioni immediate, ma questa vicenda non può finire qui.
LUCA FRUSONE. Ringrazio i Ministri per essere qui.
Naturalmente, ho molte domande. Non mi dilungherò molto con le spiegazioni, saranno domande piuttosto precise, che riguardano soprattutto la nostra operazione in Iraq. Sappiamo, appunto, che sono coinvolti, come ha già detto il Ministro Pinotti, 280 uomini, di cui duecento militari e ottanta consiglieri militari. Innanzitutto, vorrei sapere quali siano i compiti di questi ottanta consiglieri militari.
Per quanto riguarda i duecento militari, naturalmente addestratori, voglio sapere se avranno anche un supporto alle operazioni di combattimento. So benissimo che sono lì per addestramento, ma ci sono anche altre attività, che non sono d'ingaggio diretto, ma possono essere di supporto, come la designazione di bersagli, e che devono per forza essere condotte sulla linea di fronte. Vorrei sapere, quindi, anche di questo impiego.
Inoltre, per essere chiari, sono stati necessari due mesi solo per dare un nome a quest'operazione. Siamo, dunque, molto critici sullo sviluppo di quest'operazione, Pag. 12perché ci manca anche, per esempio, l'inquadramento del contingente italiano in essa. Aggiungo che non si tratta di un'operazione che parte dalla coalizione anti-ISIS e non ha un cappello internazionale più ampio, come quello delle Nazioni Unite.
Abbiamo una serie di dubbi su tutto quello che si sta svolgendo in quell'area. Non sappiamo, per esempio, se ci saranno anche degli assetti come elicotteri o veicoli blindati impiegati in quest'operazione: mi riferisco, ad esempio, agli elicotteri NH90 o ai veicoli blindati Lince. Non sappiamo nemmeno quali reparti saranno impiegati in tutta quest'operazione. Non sappiamo se si parli di COFS (Comandi interforze per le operazioni delle forze speciali) o di COMFOSE (Comando delle forze speciali dell'Esercito). Effettivamente, c’è una carenza di informazioni. Già a suo tempo, quando l'operazione è partita, abbiamo sollevato moltissimi dubbi su tutto quanto si era fatto e sulla copertura internazionale di questa missione.
In un certo senso, capiamo la volontà degli Stati Uniti di fare questa guerra al terrorismo e noi, come al solito, dobbiamo seguirli. Lei, Ministro Pinotti, ha tirato di nuovo in causa i quattro Tornado, che a suo tempo furono per noi motivo di apprensione. Effettivamente, al riguardo, ci mancano moltissime informazioni. Le chiedo, quindi, di fornirci oggi, nonostante alcune risposte già siano state date, questi nuovi dati.
Lo stesso discorso vale per l'Afghanistan. In questo caso ci troviamo di fronte a una missione, come ha ben detto, NATO, e quindi bisogna tener conto anche dei nostri alleati. Ci desta non poche preoccupazioni la dichiarazione di Obama di qualche settimana fa sulla nuova missione Resolute Support. La differenza, almeno per gli Stati Uniti – non parlo dell'Italia – tra l'ISAF e la missione Resolute Support sarà probabilmente solo una questione semantica, considerando le nuove dichiarazioni e i nuovi impieghi che Obama aveva in mente per i militari americani.
Mi rendo conto che siamo un altro Paese, ma proprio in ottica di alleanze, dobbiamo tener conto anche di quello che faranno i nostri alleati. Questo ci pone di fronte a dei dubbi, soprattutto sulla sicurezza del nostro contingente impiegato in Afghanistan.
La ringrazio per aver risposto già ad alcune domande sull'Afghanistan, come sulla questione del passaggio alla fase Kabul-centric, ma ho un'altra domanda. Lei ha parlato di settanta militari in Kabul. Volevo sapere se questo sarà il numero della nostra disponibilità per il 2016 in Kabul ? Mi scusi, ma non ho capito molto bene questo passaggio, visto che si parlava di un passaggio da Herat all'interno di Kabul. Le sarei grato se potesse tornare un attimo su tutto questo.
Mi scusi anche se vado un attimo al di fuori dei confini afghani, ma ho una piccola curiosità su quello che riguarda l'addestramento in Italia di militari somali. Vorrei sapere se tutto questo si inquadra nella missione EUTM Somalia. Naturalmente, so che non è ambito della discussione di oggi, ma anche lì c’è bisogno di fare chiarezza per capire meglio che tipo di addestramento è impartito, i corsi dedicati ai militari somali e via dicendo. Vorrei che rispondesse a tutto questo.
In poche parole, come sempre, chiedo solo maggiori informazioni e maggiore trasparenza su queste operazioni. Già quella irachena in un certo senso parte male relativamente alla trasparenza e alla partecipazione del Parlamento a tutto questo. La ringrazio ancora per essere qui.
LUIGI COMPAGNA. Vorrei tornare all'argomento indiano, a cui si è richiamato il senatore Gasparri. Molte volte, anche nelle Commissioni esteri e difesa riunite, da parte del Governo italiano si è segnalata, se non un cambio di strategia, la decisione di mettere in campo la possibilità dell'arbitrato internazionale. In questo senso – l'inverno scorso eravamo all'Assemblea dell'OSCE – anche noi abbiamo avuto incontri e sollecitazioni e lo stesso avrà fatto il Governo e la sua rete diplomatica in molti consessi internazionali, in primo luogo quello della politica europea.Pag. 13
Da questo punto di vista e con la stessa comprensione per la situazione in cui si trova il Governo, cui si è richiamato il collega Gasparri, mi pare però un po’ elusiva la scelta di un'irritazione, di un richiamo per consultazioni dell'ambasciatore. Mi pare, inoltre, che non sia stato fatto nulla rispetto a quel pirotecnico pool di professori, avvocati, giuristi e internazionalisti – di cui si erano fatti nomi, cognomi, titoli accademici, possibili parcelle – e a cui si è riferito il Governo quando della questione se ne occupava ancora De Mistura.
In qualche modo, questa decisione di ieri della Corte suprema, che aveva un profilo molto ridotto e marginale, esclusivamente di carattere umanitario, è un po’ rimasto l'ultimo gancio di una presenza attivissima della nostra diplomazia e del nostro Governo, che è andata progressivamente smarrendo quel profilo su vari tableau che non fossero soltanto il rapporto bilaterale tra l'Italia e l'India.
Se, quindi, perlomeno il Governo potesse dare un'informazione un po’ più documentata su temi che erano stati enunciati proprio in sede di Commissioni riunite, gliene sarei straordinariamente grato.
SERGIO DIVINA. Farei soltanto un breve accenno a quanto sta accadendo sul fronte mondiale della sicurezza. Abbiamo perfettamente sott'occhio quello che succede in Siria e in Iraq. Il ruolo della Turchia è molto defilato e, se vogliamo, anche poco chiaro. Le nostre sanzioni alla Russia impediranno di fare arrivare gas attraverso il South Stream, che si abbandonerà, e costringeranno a farlo passare attraverso la Turchia. In questo modo metteremo in mano alla Turchia anche un po’ le sorti dell'approvvigionamento energetico del nostro Paese.
Ferma quell'area ancora sotto osservazione, uno Stato terrorista si è insediato, perché di Stato terrorista dobbiamo parlare in quanto ha un territorio, organi amministrativi, organi politici, un suo bilancio e via dicendo, ma un network sta collegando praticamente tutto il sistema fondamentalista a quel modello di riferimento.
Cos’è successo a Sydney è sotto gli occhi, perché risale a pochi giorni fa. Leggiamo in questi giorni quello che è successo in Pakistan e il Governo non ci sta dicendo che dall'altra sponda del Mediterraneo succede la stessa cosa. A Derna, tra Tobruch e Bengasi, si è istituito un altro califfato, che fa riferimento chiaramente al califfato dello Stato islamico. Si parla di oltre qualche migliaio di persone organizzate e della possibilità che queste arrivino nel nostro Paese, dove possono sbarcare e confondersi con dei normali clandestini. Sappiamo, però, che, se arriveranno nel nostro Paese, sicuramente non lo faranno per fare delle vacanze o del turismo.
Di quest'aspetto, che forse è il più pregnante, perché sembra che il Governo sorvoli e non se ne curi ? Vogliamo una risposta sintetica per sapere se un minimo di cautela o qualche tipo di attenzione sia stata dedicata a tale questione.
EDMONDO CIRIELLI. Signori Ministri, colleghi, presidenti, innanzitutto voglio mettere in evidenza, per una questione di onestà, per la prima volta un approccio diverso da parte degli esponenti del Governo rispetto alla vicenda dei marò. Voglio, anzi, dare atto, in maniera particolare al Ministro Gentiloni, che già dal giorno del suo insediamento ha dato a questa vicenda la giusta centralità. Allo stesso modo conosco bene il lavoro svolto sin dall'inizio dal Ministro Pinotti.
È chiaro che nel complesso, come è stato segnalato, non mi sembra che purtroppo l'azione del Governo abbia dato i risultati sperati. Al contrario, mi sembra che collezioniamo insuccessi ancora più gravi, nel senso che finiamo per avere un atteggiamento diplomatico che finisce sempre per fare indirettamente un favore all'India, riconoscendo indirettamente una sorta di loro giurisdizione. Infatti, colleghiamo sempre la nostra azione a loro decisioni di carattere giudiziario, che in qualche maniera riaffermano la loro competenza Pag. 14ed è ciò che esattamente non dobbiamo fare perché è ingiusto.
Come è stato detto più volte, il fatto che i due marò siano colpevoli o innocenti rispetto a questa vicenda non fa venir meno la violazione palese del diritto internazionale da parte dell'India e una nostra acquiescenza rispetto a una prepotenza diventata inaccettabile.
Nei mesi passati, prima di questa fase, ho avuto una linea molto più dura. Ho apprezzato sicuramente un cambio di passo che era giusto che fosse accompagnato dalle opposizioni. Per la verità, a differenza di quanto ho sentito da altri, non ho cambiato idea. Credo che, al di là di tutto, dobbiamo continuare a dare fiducia all'azione del Governo, ma bisogna passare dalle parole ai fatti e dobbiamo prendere chiaramente la linea della denuncia sul piano internazionale della vicenda.
Lo dico perché, a parte la questione sollevata, mi sembra per certi versi sul piano umano che la permanenza di Latorre in Italia sia sacrosanta, sebbene esponga molto l'altro marò presente in India. Giusto per ricordarlo, sul piano giuridico, se il marò che si trova in Italia non volesse tornare di sua spontanea volontà in India, non avremmo neanche l'autorità per costringerlo. Secondo il codice di procedura penale, infatti, contrariamente a quanto è avvenuto un paio d'anni fa, quando sono stati rispediti in India – circostanza sulla quale bisognerà fare i dovuti accertamenti – nessuno, cittadino o straniero può essere consegnato a uno Stato estero se non tramite il procedimento di estradizione. Ovviamente, quindi, parliamo sempre presupponendo che volontariamente voglia esserci questa disponibilità al rientro, ma comunque il punto è un altro.
Credo che dobbiamo comunque alzare il livello dello scontro internazionale con l'India. Abbiamo tanti strumenti, sicuramente, come è stato detto. Innanzitutto quello dell'arbitrato, che non è mai partito, ma che comunque sappiamo bene che, nella sua procedura burocratica, è anche abbastanza lento. Resta, però, un modo per segnalare alla comunità internazionale la denuncia della violazione del diritto internazionale da parte dell'India.
Inoltre, siamo quelli che forniscono il maggior numero di militari, insieme ad altri Paesi, nelle missioni internazionali. Sono militari molto apprezzati, così come il ruolo svolto dall'Italia. È evidente che non possiamo continuare a collaborare con la comunità internazionale se questa non si fa carico di far rispettare il diritto internazionale all'India. Anziché un gesto eclatante e totale, può esserci un’escalation. Abbiamo suggerito che si inizi con le missioni nell'Oceano Indiano, perché è una cosa che interessa anche l'India e sembra incredibile che i nostri militari vadano lì a rischiare la vita e garantiscano la sicurezza nell'Oceano Indiano. È come se ci fosse una missione internazionale di pirateria nell'Adriatico: l'Italia e gli altri Paesi rivieraschi dovrebbero essere i primi beneficiari.
Ancora, siamo tra i primi dieci finanziatori dell'ONU che, al di là della vicenda politica della fine della seconda guerra mondiale, è sorta innanzitutto per impedire che gli Stati si facciano giustizia da sé. È stato detto da un collega senatore che nessuno vuole immaginare che si ritorni alle politiche delle cannoniere, ma immaginate se questa vicenda fosse capitata a qualche Paese meno civile del nostro e capirete che una situazione del genere avrebbe potuto mettere a rischio la stabilità e la pace nel mondo. Sto parlando dell'articolo 33 dello Statuto delle Nazioni Unite. L'ONU deve farsi carico del fatto che, quando uno Stato uno violi in maniera palese il diritto internazionale, non si arrivi alle estreme conseguenze. Deve fermarlo.
L'Italia è un Paese che riconosce che le controverse si risolvono pacificamente nell'ambito delle Carte delle Nazioni Unite. Non c’è, quindi, solo la strada della Carta, ma anche quella del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, che ovviamente può essere anche soltanto adombrata all'ONU. Potremmo anche scatenare una crisi importante. Per il resto, è chiaro che il nostro Pag. 15livello di polemica rimarrà corretto e costruttivo, ma rimarrà anche a un alto livello di attenzione.
Per quanto riguarda le linee di politica estera, mi sembra che siano assolutamente condivisibili perché in perfetta continuità con quella dei Governi degli ultimi quindici anni. L'Italia sta facendo bene il suo lavoro su tutti gli scenari, la lotta al terrorismo internazionale in maniera multipolare, d'accordo con gli alleati dalla NATO e dell'Unione europea nei limiti e sotto l'egida delle Nazioni Unite.
Mi piace anche un'azione più determinata che stiamo portando avanti sulla vicenda della Libia rispetto ad alleati che prima hanno provocato i guai andando in fretta e furia a bombardare la Libia e poi se ne sono lavate le mani. Mi sembra che l'Italia, anche con la presenza della sua Ambasciata, stia dimostrando grande serietà. Da questo punto di vista appoggiamo assolutamente la linea del Governo, essendo un partito patriottico.
VINCENZO AMENDOLA. Interverrò sui punti all'ordine del giorno, ringraziando i ministri perché su alcuni temi, come quello della coalizione anti-Daesh, è già la terza volta in due mesi che ci incontriamo per discuterne. Ringrazio anche il Ministro Gentiloni, che oggi risponderà a un question time in Assemblea proprio sulla Libia: credo che sia il sintomo e anche l'elemento fattivo di una collaborazione tra Parlamento e Governo su dei dossier che sono altamente incandescenti. Infatti, ci troviamo di fronte a una recrudescenza su alcuni scacchieri geopolitici che richiamano costantemente non solo attenzione ma anche sofferenza.
Vorrei partire parlando dell'Afghanistan. Le immagini di ieri del Pakistan sono da considerare un crimine contro l'umanità, come ha detto lei, Ministro Gentiloni.
Nel quadro politico tra Afghanistan e Pakistan che consideravamo mesi a dietro, soprattutto nella critica alla mancanza di una soluzione politica interna dopo le presidenziali afghane, quanto successo ci ha fatto capire che le organizzazioni terroristiche e fanatiche non hanno scrupoli a uccidere 140 bambini in una scuola, perché sanno che quello è il campo per far saltare una convivenza pacifica e civile.
Stiamo parlando di un'organizzazione che si muove nelle zone a cavallo tra Pakistan e Afghanistan. Io credo che non solo noi dobbiamo discutere della missione Resolute Support, ma, visto l'elemento anche tattico-militare di quell'attacco a una scuola dell'esercito, saremo ben presto chiamati a dover discutere anche di quello che succede in Pakistan, che credo sia uno degli elementi più dibattuti e questionati dalla comunità internazionale.
Sulla missione Resolute Support e sulla chiusura della missione ISAF ovviamente c’è una grande concordia, perché è una stagione dolorosa anche per noi, dato il contributo di 45 caduti, 650 feriti e cooperanti uccisi. Per tredici anni ne abbiamo dibattuto in questo Parlamento.
Una fase si è chiusa e se ne apre un'altra. La risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite n. 2189 è il quadro di riferimento. Ovviamente non avremmo preso in considerazione solo una scelta dovuta all'Alleanza Nato, ma credo che il quadro di riferimento delle Nazioni Unite per stabilizzare l'Afghanistan, anche in una fase di passaggio, sia quello decisivo.
Bisognerà discutere e valutare tutti gli elementi tecnici, perché la recrudescenza di ieri ci indica che le preoccupazioni non sono poche, ma possono addirittura aumentare. Per questo motivo, credo che il focus sul Pakistan e sulla rilevanza del rapporto tra Pakistan e Afghanistan debba essere preso in considerazione nello svolgimento di questa nuova missione non-combat, come voi ministri avete discusso, che è la Resolute Support Mission.
Sulla coalizione anti-Daesh, io credo che alcuni elementi positivi si stiano verificando. Penso innanzitutto a quelli che erano descritti nei primi paragrafi delle risoluzioni delle Nazioni Unite, che non smetterò mai di ripetere.
Sembra che questa coalizione anti-Daesh sia proposta o gestita dagli americani, invece è gestita da due risoluzioni, la n. 2170 e la n. 2178. Anche questo Parlamento Pag. 16ha dato mandato a una partecipazione non-combat, a sostegno degli alleati e delle forze che in questo momento stanno combattendo, che non sono solo gli Stati Uniti d'America.
Io non so perché ci focalizziamo sempre su questo tema e non facciamo l'elenco. Basta guardare i report della Commissione esteri delle missioni fatte in Giordania e Libano per capire che il protagonismo del mondo arabo c’è, non solo nelle condanne culturali, ma anche nelle operazioni militari.
Io credo che sul tema della coalizione anti-Daesh noi dobbiamo incoraggiare soprattutto il livello politico della coalizione. Infatti, se c’è un quadro di riferimento delle Nazioni Unite, è evidente che la questione ancora mancante, che può far fare un salto di qualità alle operazioni della coalizione, è il tema della Siria, come abbiamo detto durante l'audizione delle Commissioni congiunte affari esteri dell'Inviato dell'ONU, Staffan De Mistura, riguardo alla guerra civile siriana. La capitale delle forze relative a Daesh è proprio in Siria.
Anche su questo scenario congiunto di una coalizione per fermare l'organizzazione di Al-Baghdadi e una guerra civile, noi dovremo continuare a discutere e a rimanere aggiornati.
Sulla questione dei marò, condividendo i richiami sia del nostro capogruppo alla difesa Scanu sia di altri interventi, io credo che oggi quello che possiamo fare è unirci alle parole del Presidente Napolitano e lavorare tra tutti insieme, Governo e Commissioni, come abbiamo sempre fatto anche nell'ultimo periodo quando scegliemmo la strada dell'arbitrato internazionale, che, come dicemmo, aveva come precondizione un negoziato politico che oggi sembra dare frutti negativi.
Su questo tema, rimettendomi, come si fa in momenti difficili, innanzitutto all'appello del Presidente Napolitano, io credo che il Governo, insieme al Parlamento, nelle prossime ore e nei prossimi passaggi, debba rimanere convocato e condividere le strategie e l'efficacia. Non parliamo, infatti, solo di un caso di diritto internazionale, ma anche della condizione di due nostri militari, che devono tornare con dignità e onore nel nostro Paese.
A questo proposito, rifacendomi ad alcuni interventi precedenti, credo che il Parlamento e il Governo debbano condividere i prossimi passaggi, qualunque siano le forme e gli strumenti che noi scegliamo, per dare forza e unità al nostro Paese, che in questo passaggio difficile deve riuscire a ottenere un risultato molto importante, dal punto di vista diplomatico ma anche dal punto di vista umano.
PAOLO ROMANI. Mi sembra che quella di oggi sia un'occasione ghiotta per poter approfondire, con i Ministri degli esteri e della difesa, alcuni temi, aldilà di quello principale, che è già stato anticipato dal senatore Gasparri.
Mi sembra che la coalizione internazionale che i ministri hanno evocato in più di un'occasione sia composta, come diceva giustamente il collega Amendola, non solo dagli Stati Uniti, ma anche da tantissimi Paesi arabi.
Sembra di intravedere un percorso politico internazionale, in base al quale tutti i Paesi, come il Qatar e l'Arabia Saudita, che hanno spesso alimentato le frange più estremiste del terrorismo internazionale e quelle di Paesi come Afghanistan e Iraq, oggi cominciano a ricredersi e a capire che una grande coalizione internazionale può combattere – su basi volontarie, ma anche in base a un convincimento politico generale – i mostri che sono stati creati in questi anni.
Nell'introdurre le comunicazioni il presidente Cicchitto ha parlato di Libia. So che oggi il Ministro Gentiloni risponderà ad un question time alla Camera, ma al Senato non abbiamo questa occasione. Le vorrei porre, dunque, una prima domanda sulla Libia.
Come dicevo, sembra che il Qatar e l'Arabia Saudita abbiano smesso di alimentare le frange più estremiste, anche in Libia. Il generale Khalifa Haftar, un vecchio arnese del regime gheddafiano, che in seguito alla sconfitta nel Ciad fu cacciato da Gheddafi e si rifugiò in America, sembra Pag. 17prendere in questo caso la parte più presentabile – non so usare un altro termine – delle componenti libiche, per combattere le parti più estremiste e più islamiste.
Siccome mi sembra di intuire che Egitto ed Emirati Arabi Uniti siano nelle condizioni di poter aiutare questo tentativo e siccome il Ministro Gentiloni in più di un'occasione ha sottolineato, come ha fatto anche il Ministro Pinotti, che da parte del nostro Paese non c’è nessuna volontà di intervento diretto, credo che ci sarà una volontà di ausilio, avendo tenuto aperta un'ambasciata a Tripoli, per capire quale possa essere l'evoluzione.
Ricordo che un califfato è stato proclamato a Derna, che si trova a poche centinaia di chilometri dalle nostre coste, e che la situazione in Libia è talmente ingarbugliata che una soluzione sembra intravedersi, ma la volontà di non intervento da parte del Governo italiano sembra preludere anche la possibilità che ci sia una soluzione politica.
Aiutare un Paese a ritrovare se stesso ha certamente un coté militare, ma può avere anche un coté politico, che spesso in qualche Commissione parlamentare non è bene esplicitare fino in fondo. Comunque, penso che il Governo italiano debba avere una capacità d'intervento complessivo su questo teatro. Vorrei, quindi, qualche informazione in più al riguardo.
Per quanto concerne la coalizione anti-Daesh, voi sapete perfettamente che il problema del Daesh non è solo militare, ma è anche politico. Il governatorato di al-Anbar sembrava essere preda di questi islamisti e ormai perduto. Ora invece sembra di capire che le tribù sunnite di questo governatorato stiano resistendo agli islamisti dell'Isis o Daesh, come dir si voglia.
Nella coalizione dei 63 Paesi, dove immagino parliate di questioni militari, penso che la consapevolezza del territorio e di quello che succede sia fondamentale. Come sempre, l’intelligence e la compressione sono gli elementi base su cui poter valutare e intraprendere azioni di carattere politico, ma anche militare.
Noi abbiamo accesso a questo ? Spesso, ad esempio in Afghanistan, noi non abbiamo avuto accesso alla situazione complessiva del teatro, perché gli americani e gli anglosassoni sono sempre stati molto gelosi delle loro capacità d’intelligence e difficilmente le hanno condivise, anche con alleati importanti come noi, che abbiamo perso molti uomini sul campo, ma che spesso non sapevamo esattamente cosa stesse accadendo.
In Iraq, ricordando il surge di Petraeus, è fondamentale capire se riusciamo a scindere il Daesh dai baathisti. I due vicecomandanti Daesh sono due vecchi generali del regime baathista di Saddam Hussein, esponenti di tribù sunnite importanti. Una volta tanto, abbiamo una coalizione unita contro un nemico che dovremmo riuscire a dividere, prima di batterlo sul terreno.
Vorrei capire se il Governo italiano su questo punto ha accesso a quelle informazioni che sono fondamentali per capire che cosa sia giusto fare.
Passo ora all'Afghanistan. Per quanto ne so io, ministri, noi non mettiamo il naso fuori da Camp Arena. Lei, Ministro Gentiloni, ha parlato di una soluzione incoraggiante. Io non ho l'impressione che sia così. Abbiamo perso tutte le posizioni, nelle quali sono caduti molti nostri uomini, da Bala Murghab a Farah, fino alle postazioni nel Sud. Le condizioni di sicurezza della stessa città di Herat sono molto precarie.
Sono stati lasciati 500 uomini d'addestramento accampati a Camp Arena. Vorrei capire a che cosa possono servire in missione non-combat, come continuate a ripetere. Non capisco che significato possa avere. Chi addestriamo a Camp Arena ? Facciamo venire i soldati afghani a Camp Arena e li addestriamo lì, perché non riusciamo a mettere il naso fuori ? Non lo so.
Siccome è una spesa non irrilevante, di qualche centinaio di milioni, penso che una volta tanto in questa sede forse varrebbe la pena di spendere un po’ più di chiarezza e un po’ meno ipocrisia. Non ho capito quale sia esattamente la missione. Pag. 18Non c’è nessun addestramento che si possa fare in condizioni di non sicurezza.
Non si sente più parlare di green-on-blue, che sarebbe l'unico vero rischio se facessimo autenticamente addestramenti in Afghanistan, non so dove. Avevamo le scuole di polizia vicino a Shindand, in posizioni e in paesi che sono a centinaia di chilometri da Herat. Non so se oggi siamo nelle condizioni di poter fare lo stesso tipo di mestiere.
Non mi è chiara la missione che rimarrà in Afghanistan fino a luglio dell'anno prossimo, in attesa di decisioni, anche perché, pur cambiando la missione, la presenza dei soldati della coalizione internazionale è comunque una garanzia di sicurezza.
Ashraf Ghani è una persona molto accorta, di assoluta cultura occidentale e bene ha fatto a trovare un accordo con Abdullah, ma ho l'impressione che, purtroppo, i due diventeranno probabilmente nei prossimi anni il sindaco e il vicesindaco di Kabul, anziché il Presidente e il Primo ministro di questo straordinario e gigantesco Paese.
Anche su questo punto, ministri, vorrei un approfondimento più convincente.
MARIA EDERA SPADONI. Io mi concentrerò fondamentalmente su due punti: la questione Daesh e quella dei marò.
Sulla questione Daesh, è stato deciso dal Governo di far parte di questa coalizione guidata dagli Stati Uniti. Io vorrei semplicemente ricordare a tutti i colleghi qui presenti che noi ci siamo ritrovati a votare l'invio di armi il 20 agosto in Commissioni riunite, quindi non c’è stata una votazione in Parlamento. Attraverso questa votazione del 20 agosto in Commissioni riunite della Camera e del Senato, convocate in fretta e furia, ci siamo ritrovati a legittimare l'invio di aerei e di militari.
Avendo partecipato alla missione a Erbil, anche con il presidente Cicchitto, ricordo perfettamente che il ministro della difesa peshmerga parlava di addestratori per compiere operazioni di sminamento. Invece, in questo momento, la missione si è tradotta in militari che vanno direttamente sul posto.
Va benissimo. State entrando in una guerra e ci ritroviamo in una coalizione, peraltro senza nessun tipo di cappello internazionale. Noi, nella cosiddetta operazione Inherent Resolve, andiamo a fare un'ennesima guerra voluta da altri Stati, seguendo come burattini.
Chiaramente voi vi prenderete la responsabilità politica di seguire, come al solito, le politiche statunitensi di attacco.
La mia prima domanda concerne la copertura finanziaria. Io ricordo ai signori ministri che la settimana scorsa la maggioranza che vi sostiene ha deciso di rinviare in Commissione bilancio l'iniziativa legislativa sull'anticorruzione chiesta dal Movimento 5 Stelle, perché mancavano le coperture per un comitato. È stata rinviata perché i soldi non c'erano.
Adesso i ministri mi devono spiegare, visto che sono soldi dei cittadini, con quali soldi hanno intenzione di coprire una missione che, di fatto, è già partita.
Non è stata approvata nemmenola legge quadro sulle missioni Internazionali. È un anno che se ne parla, ma ancora non è pronta e, quindi, si va avanti con i decreti-legge che rinnovano le missioni stesse.
Io vi chiedo adesso, visto che abbiamo già iniziato questa missione ad agosto, che tipo di copertura finanziaria avete trovato per fare tutte queste meravigliose azioni in coalizione con gli Stati Uniti. Chiedo dove sia la copertura finanziaria e di quanti soldi stiamo parlando.
Continuo inoltre a chiedere qual è la legittimazione con cui stiamo mandando i nostri militari. Non c’è un cappello ONU. Qual è l'accordo ? Tiratelo fuori. In Parlamento, a parte il 20 agosto, quando è stato votato l'invio di 200 mitragliette ex sovietiche risalenti alla guerra nei Balcani, tutto il resto non è passato. Tirate fuori un accordo o un qualsiasi documento che attesti che l'Italia è entrata nella missione statunitense, di modo che anche noi possiamo farci un'idea.
Si è parlato della Siria. La situazione è veramente strana. In audizione De Mistura ha parlato dell'operazione Freeze Aleppo, Pag. 19chiaramente condivisa, che consisteva nel bloccare, per il momento, la guerra tra il regime e l'opposizione e congelare tutto.
Dall'altra parte, ci ritroviamo a fare parte di «Amici della Siria», un'organizzazione guidata, come al solito, dagli Stati Uniti (se, infatti, l'Italia non si accoda alla politica statunitense, voi non siete contenti). Dunque, ci ritroviamo in un'associazione che finanzia, da una parte, l'opposizione siriana e, dall'altra, gruppi jihadisti.
De Mistura, rappresentante ONU, ci dice invece che dobbiamo contribuire a livello diplomatico a congelare le lotte che ci sono adesso ad Aleppo.
Scusatemi, ma è una politica estera schizofrenica. O usciamo veramente da «Amici della Siria», oppure diciamo che preferiamo rimanere in questa associazione, che ricordo essere stata creata per ovviare a un veto imposto da Russia e Cina in una risoluzione ONU.
Se volete, decidiamo di rimanere in questa associazione. Dopo, però, non mi tirate fuori la scusa che noi dobbiamo per forza stare dentro l'ONU, perché le risoluzioni ONU sono buone, quando rientriamo in un'organizzazione che è stata creata proprio per ovviare a una risoluzione ONU.
A questo proposito, potreste dirci cosa pensate dell'associazione «Amici della Siria».
Peraltro, il Movimento 5 Stelle ha presentato una risoluzione che impegna il Governo a promuovere un'indagine in sede ONU per la ricerca e la tracciabilità di tutte le fonti monetarie che finanziano forze armate irregolari e/o non riconosciute ufficialmente nell'area oggetto della risoluzione.
Se noi continuiamo a mandare le mitragliette balcaniche, i militari, i Tornado e tutto il resto, e poi non vediamo quali sono i Paesi che finanziano Daesh, siamo al solito discorso. Inviamo le nostri truppe, andiamo lì, spendiamo anche dei soldi, e poi nel mentre magari continuiamo a fare accordi con quegli stessi Paesi che finanziano Daesh. Anche questa è una politica perdente. Ancora non avete capito che questa è una politica perdente ? Non l'avete capito con l'Afghanistan e non l'avete capito neanche con l'Iraq.
Io sono veramente stupita da quello che a volte voi ministri dichiarate. Ripeto che, dal mio punto di vista, è assolutamente una situazione schizofrenica.
Per quanto riguarda la questione dei marò, lei, Ministro, ha affermato che la detenzione reca particolare disagio, che prenderemo ulteriori provvedimenti, che c’è un'angosciosa preoccupazione per Girone, che sono stati violati principi di sovranità di diritto internazionale e che l'Italia ha l'obbligo di reagire, ma c’è bisogno di decisione e fermezza a livello parlamentare. Queste sono parole sue, Ministro.
Tutto questo è politichese. Lei, Ministro, ci deve spiegare quali sono le azioni che ha intenzione di intraprendere. Questo politichese è lo stesso che sentivo da De Mistura, che doveva essere il grande risolutore di questa vicenda.
Quali sono le azioni che volete compiere ? Un'azione è quella di ritirare l'ambasciatore italiano dall'India ? Perfetto. Sei mesi fa il Movimento 5 Stelle aveva presentato per questo una risoluzione e quindi siamo molto contenti che finalmente stiate seguendo una politica che il nostro Gruppo aveva richiesto.
In ultimo, «Latorre deve restare in Italia, perché è malato e non tornerà» e «Latorre non si muoverà dall'Italia» sono le informazioni che i cittadini italiani leggono su Repubblica.it, pronunciate dalla Ministra Pinotti. Io non ho sentito queste parole. Visto che sui giornali c’è scritto proprio che «Latorre non si muoverà dall'Italia», chiedo conferma di questo fatto.
VINCENZO SANTANGELO. Grazie, signor presidente e signori Ministri. Vorrei qualche chiarimento su alcuni temi che sono stati soltanto sfiorati dal Ministro Pinotti.
Per quanto concerne la crisi libica, sappiamo che allo stato attuale in quel Paese regna un'instabilità totale: ci sono due Governi e l'unica ambasciata presente Pag. 20è quella italiana. Mi chiedo e le chiedo subito in quale modalità avviene l'addestramento che i nostri militari stanno facendo e nei confronti di chi, visto e considerato che c’è una situazione assolutamente caotica.
Le pongo la stessa domanda, signor Ministro, anche per quanto riguarda l'Afghanistan: in quale contesto stiamo operando e quale tipologia di formazione possiamo fare ?
Non entro nel merito di un atteggiamento sicuramente ipocrita rispetto alla non partecipazione diretta ai conflitti bellici, ma fornendo armamenti e modalità per l'utilizzo degli stessi, si può dire chiaramente che l'Italia sta partecipando in maniera attiva a queste guerre, senza se e senza ma.
Anche per ciò che riguarda la crisi ucraino-russa mi piacerebbe, Signora Ministro, capire in maniera più dettagliata qual è lo scenario attuale e come l'Italia si vorrà porre nei confronti di quest'altra crisi.
Per quanto riguarda i due fucilieri, l'azione diplomatica dell'Italia dura da quasi tre anni. Il Ministro Gentiloni è arrivato da un mese e mezzo e si trova a dover continuare un'azione portata avanti dai suoi predecessori. Ritengo che un bilancio oggi vada assolutamente fatto, perché non basta che il Governo sia infastidito e irritato.
Come diceva il senatore Gasparri, l'impossibilità di dare risposte in determinate situazioni, anche come parlamentari, avendo accettato in maniera matura e responsabile questo ruolo, ora non può più essere mantenuta.
Signori ministri, anche in funzione della prossima scadenza del 13 gennaio, data entro la quale il fuciliere Latorre dovrebbe rientrare in India, aldilà del richiamo per la consultazione dell'ambasciatore, vi invito a dirci in maniera precisa e puntuale quali saranno le azioni che l'Italia intende mettere immediatamente in atto nei confronti dell'India.
Ritengo che i ministri e il Presidente del Consiglio debbano assumersi la responsabilità del ruolo deficitario e dell'occasione perduta che vi è stata in questo semestre europeo di presidenza italiana.
Sicuramente anche l'Alto Rappresentante Mogherini, aldilà delle sue irritazioni o delle situazioni quasi di convenienza, dovrebbe assumersi le responsabilità di questa politica estera e di difesa assolutamente deficitaria.
BRUNO ALICATA. Ho una domanda sulla vicenda marò. Mi rivolgo al Ministro Gentiloni. Vorrei sapere se, per alzare il livello di denuncia internazionale, si è pensato di richiamare, oltre al nostro ambasciatore in India, anche l'ambasciatore italiano presso l'ONU, considerata l'inattività totale di questo organismo sulla vicenda dei nostri due fucilieri.
Con riferimento all'Afghanistan, vorrei ricordare al Ministro Pinotti che, mentre noi manterremo cinquecento militari, come mi pare di aver compreso, la Gran Bretagna, che pure ha una storia politico-militare diversa su quei luoghi, ha annunciato che ne manterrà duecento. Non capisco il ritorno strategico e l'interesse che il nostro Paese ha nel mantenere una forza maggiore a quella degli inglesi. Mi unisco alla richiesta del presidente Romano di una maggiore chiarezza su questa vicenda.
ELIO VITO, Presidente della IV Commissione della Camera dei deputati. Prima che i ministri replichino, vorrei corrispondere all'appello che autorevolmente hanno fatto affinché sulla vicenda dei due fucilieri di Marina ci sia un'unità d'intenti tra il Parlamento e il Governo. Io sottolineo che occorre un'unità d'intenti anche all'interno del Parlamento.
Li ringrazio, comunque, per aver accolto subito l'invito a rendere comunicazioni su questo importante tema stamattina.
Il Parlamento ha già raggiunto al suo interno l'unità d'intenti su questo tema, che era una precondizione per poter esercitare un ruolo con autorevolezza e credibilità, nell'interesse dei due fucilieri di Marina e dell'Italia. L'ha raggiunto dando delle indicazioni molto chiare al Governo, Pag. 21che sono essenzialmente la linea dell'arbitrato internazionale e tutte le iniziative utili – ricordo l'ordine del giorno approvato – per far rientrare in Italia rapidamente e con onore Latorre e Girone.
Su questa linea c’è stato il consenso del Governo, pur comprendendo le difficoltà, la tempistica, la necessità della prudenza e delle iniziative diplomatiche.
Io reputo crudele la decisione di ieri della Corte suprema indiana, perché le richieste che sono state avanzate personalmente dai due fucilieri erano basate su ragioni umanitarie e certamente anche su evidenti ragioni di diritto. Siamo a tre anni di detenzione per dei nostri militari all'estero, coperti da immunità funzionale. Non voglio tornare sul merito.
È stata, dunque, una decisione crudele che obbliga il nostro Governo, come mi pare sia stato annunciato qui, a una risposta forte e decisa.
Siamo di fronte a un caso di una gravità senza precedenti, al quale un grande Paese come il nostro, che contribuisce in maniera rilevante agli impegni della comunità internazionale, deve dare una risposta forte.
Io non vorrei che nei prossimi mesi noi potessimo accettare lo svolgimento di udienze, di procedimenti, di processi e di eventuali condanne. Questo sarebbe gravissimo per l'immagine dell'Italia e per l'impegno che i nostri militari profondono nelle missioni internazionali.
Naturalmente dal livello della risposta del Governo dipende la possibilità che si mantenga l'unità di intenti, innanzitutto tra le forze politiche in Parlamento e, in secondo luogo, tra il Parlamento e il Governo.
Mi pare che stamattina siano state annunciate delle prime cose. Io chiedo che si attivino comunque ulteriori iniziative, affinché sia consentito a Girone di rientrare rapidamente in Italia, per le ragioni umanitarie che sono state richiamate.
Non entro nel merito della vicenda di Latorre. Dico solo che non può essere considerato un successo per nessuno un rientro per motivi di salute dopo aver sofferto una grave forma di attacco ischemico in India. Naturalmente nessuno, innanzitutto l'India, può avere degli elementi di strumentalizzazione rispetto a una patologia così grave e alla necessità di cure adeguate e di condizioni psicologiche che rendano efficaci queste cure, che naturalmente non possono esserci nella detenzione in un Paese così lontano.
Di fronte alla crudeltà della decisione di ieri, credo che la risposta che il nostro Governo dovrà dare dovrà essere molto forte.
Sarà possibile continuare a mantenere l'unità d'intenti del Parlamento in base alla forza di questa risposta e naturalmente anche sulla base di un rapporto di chiarezza e di confronto fra Governo e Parlamento.
Il Parlamento intende esercitare, su questa vicenda come su tutto – senza commistioni, confusioni e strumentalizzazioni – il suo ruolo di indirizzo che si esplica attraverso le leggi e gli atti parlamentari di controllo sull'operato del Governo.
Lo dico senza alcuna ombra di polemica. Non ho mai fatto polemica e non intendo farla in questo momento, perché ho sempre ritenuto che la polemica nuoccia all'immagine dell'Italia e alla forza che l'Italia deve avere per portare a casa con dignità i due fucilieri, nel rispetto dei loro familiari.
Io non ho apprezzato, eppure l'abbiamo accettato, un certo atteggiamento che si è avuto in questi mesi e in queste settimane nei confronti del Parlamento, che sembrava voler dire quasi: «Lasciateci lavorare, state buoni, state in silenzio e aspettate i risultati di questo lavoro !».
Oggi c’è il richiamo all'unità. Ripeto che io intendo mantenere questa unità e la manterremo assolutamente. Tuttavia, il Parlamento deve essere tenuto costantemente informato sull'operato del Governo rispetto a una vicenda di una gravità assoluta.
Il rischio che dei nostri militari, oltre a essere soggetti a condizioni di detenzione da tre anni all'estero, possano essere sottoposti a dei procedimenti giudiziari che noi non riconosciamo come tali e a eventuali Pag. 22condanne è di una gravità assoluta per l'immagine del nostro Paese e per l'impegno dei nostri militari.
Questo richiede, non solo l'impegno, che sicuramente c’è, da parte del Governo, ma anche una risposta fortissima.
Ricordo che, in quanto presidenti delle Commissioni esteri e difesa di Camere e Senato, il 10 luglio scorso, d'intesa con i Ministri degli esteri e della difesa, noi abbiamo chiesto un incontro col Presidente del Consiglio. Credo che ci siano delle ragioni di rispetto istituzionale, pur comprendendo la riservatezza delle iniziative diplomatiche. Credo che dal 10 luglio al 17 dicembre probabilmente avremmo meritato una risposta, proprio perché intendevamo rappresentare questa unità di intenti che oggi ci viene chiesta.
Concludo ribadendo che i sentimenti di vicinanza e di solidarietà sono la cosa più importante che il Parlamento ha espresso e continuerà a esprimere ai due fucilieri di Marina, che abbiamo avuto modo di conoscere andando a Delhi e che sono persone straordinariamente forti, e soprattutto ai loro familiari.
Per questo sentimento di solidarietà e vicinanza io chiedo ai rappresentanti di tutte le forze politiche e di tutti i Gruppi parlamentari di continuare ad avere questo atteggiamento unitario, che dobbiamo a loro. Il momento delle polemiche, delle divisioni e dei voti separati, se dovesse mai venire, verrà dopo. Ora con loro abbiamo assunto questo impegno, che sono certo continueremo a mantenere.
Auspico che, rispetto a una decisione così crudele come quella di ieri della Corte suprema indiana, ci possa essere una risposta adeguata del nostro Paese, come un grande Paese deve saper dare in momenti nei quali ci sono crisi di così importante rilevanza.
PIER FERDINANDO CASINI, Presidente della III Commissione del Senato della Repubblica. Le considerazioni da fare oggi sarebbero tante, però io mi limito a osservare che il comportamento del Parlamento in questa vicenda è stato lineare, limpido e trasparente.
Secondo me, noi abbiamo fatto il massimo che potevamo fare, anche nell'astenerci da assumere iniziative. Siamo andati in India e abbiamo fatto un gesto di rappresentazione di un'unità nazionale accanto ai marò. Successivamente abbiamo dato la nostra disponibilità a incontrare sia i nostri colleghi sia i vertici istituzionali e parlamentari indiani. Abbiamo atteso l'esito delle elezioni. Successivamente ci è stato spiegato che probabilmente era inutile, perché il lavoro che si stava facendo avveniva su un piano diverso e, pertanto, ci siamo astenuti dall'intraprendere qualsiasi iniziativa che avrebbe potuto essere fraintesa, perché avrebbe potuto essere considerata come un inutile atto di protagonismo da parte del Parlamento.
Vorrei che tutti i colleghi, di maggioranza e di opposizione, fossero consci del percorso molto lineare che noi abbiamo seguito.
Oggi siamo a questo primo epilogo molto negativo. Non c’è dubbio che il capitolo delle responsabilità appare, oggi ancor di più, un capitolo che dovremo in qualche modo verificare. Casi come questi, nella loro tipologia e nella loro manifestazione, non capitano casualmente. Noi abbiamo qui un Ministro degli esteri che è stato nominato un mese fa. Il Ministro della difesa ha cercato di prodigarsi sempre e noi siamo testimoni dei suoi tentativi. Mi sembra che il capitolo delle responsabilità, che comunque sarà aperto alla chiusura di questa vicenda, li riguardi molto marginalmente. Lo dico eufemisticamente, perché non vedo come li possa riguardare.
Io non voglio soffermarmi su quello che è successo ieri, sul verdetto e sul fatto che dopo tre anni non ci sia ancora un'imputazione. Sono tutte cose che sappiamo e che ci siamo ripetuti mille volte.
Questa mattina c’è un dato politico che emerge: l'opposizione è stata responsabile. Direi che l'atteggiamento responsabile dell'opposizione è simboleggiato dalla posizione un po’ particolare del presidente Vito, che, non votando la fiducia al Governo, ma essendo presidente della Commissione Pag. 23difesa, si trova in qualche modo allo snodo di questa «contraddizione», che in realtà non è tale.
L'opposizione, con gli autorevoli interventi di questa mattina, che sinceramente io ritengo molto responsabili e molto seri, «alza la voce». Io sostengo convintamente questo Governo, ma non vedo come l'opposizione potrebbe fare qualcosa di diverso in presenza di questo risultato.
Vorrei allora fare una proposta che indirizzo ai ministri e, dunque, al Governo. Penso spetti a loro, nei confronti delle Commissioni e delle opposizioni, individuare la formula che pensano possa essere più efficace per garantire la riservatezza, che in queste vicende è fondamentale, e il coinvolgimento dell'opposizione. Incominciamo a essere un Paese normale.
In una vicenda come questa, è giusto che l'opposizione venga coinvolta in una sorta di cabina di regia, ferma restando la diversità dei ruoli e dei compiti che esiste in un sistema democratico tra maggioranza e opposizione. Si stabilisca con i contatti opportuni che il Governo può avere con le opposizioni (se volete, c’è il tramite delle Commissioni parlamentari, ma, se ritenete opportuno usare un altro canale, non credo che sia un problema dei Presidenti di Commissione, personalmente sono del tutto indifferente) una sorta di camera di concertazione e di decisione, ovvero una cabina di regia in cui i rappresentanti dell'opposizione possano sentirsi in forma ristrettissima presenti.
È un fatto importante, perché questo è anche un modo per chiedere la corresponsabilità, che rischia, in caso diverso, di dissolversi nei prossimi mesi.
PRESIDENTE. Condivido quello che ha detto il presidente Casini a proposito delle opposizioni. Voglio anche rilevare, visto che ha fatto riferimento alle responsabilità, che mi auguro che a conclusione di questa vicenda noi possiamo fare una riflessione in merito. Ai colleghi che in modo più o meno garbato hanno fatto dei rilievi al Governo dico che non dobbiamo mai dimenticare che ci si trova in una situazione di straordinaria difficoltà e di scarsissimo potere contrattuale, derivante dal fatto che – voglio essere esplicito – tutti gli errori possibili e immaginabili sono stati fatti da un precedente Governo, che si chiamava Governo Monti.
Se dimentichiamo questo dato non facciamo i conti con le difficoltà straordinarie che i Governi successivi hanno dovuto affrontare. Si possono fare poi tutti i rilievi critici possibili e immaginabili e avanzare proposte di maggiore coinvolgimento, però sarebbe un atto di disonestà intellettuale se tale stato di cose venisse messo in conto a chi si trova ad affrontare una situazione assolutamente straordinaria, con una realtà contrattuale che è stata gestita in questo modo.
Secondo elemento e chiudo per quanto riguarda il Kurdistan. Ho ascoltato con interesse quello che ha detto il Ministro Pinotti. Non posso non ribadire, visto che una delegazione della Commissione esteri è andata a Erbil, che, al di là delle responsabilità del Governo italiano, ci si trova in questa paradossale situazione in cui tutto il mondo fa analisi giustamente apocalittiche su Isil o Daesh, è stata fatta una megagalattica coalizione, dopodiché sul campo ci stanno soltanto i curdi e le donne curde. Credo che a questa realtà noi dobbiamo il massimo di solidarietà concreta nei limiti che abbiamo definito in Parlamento.
Voglio dire per chiarezza fino in fondo che secondo me questi limiti potrebbero essere anche superati, perché, se si dice che c’è una realtà malvagia, poi non è che questa realtà malvagia può essere esorcizzata soltanto con le giaculatorie. Visto però il contesto in cui siamo, accentuare almeno il sostegno e l'appoggio nei termini stabiliti per quanto riguarda i mezzi militari e gli aiuti umanitari sarebbe secondo me decisivo.
PAOLO GENTILONI SILVERI, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Replicherò molto brevemente, cercando di dividere (non è facile) le questioni politico-diplomatiche da quelle più di pertinenza del Ministro della difesa, ma Pag. 24innanzitutto ringraziando tutti i colleghi perché credo che oggi le quattro Commissioni abbiano dato nel loro insieme, maggioranza e opposizione, una prova di grande serietà e responsabilità, come io penso sia in fondo normale in un grande Paese (e anche da noi è abbastanza frequente quando si affrontano in generale questioni di politica estera e di difesa).
Il fatto di avere dato anche oggi questa prova, sia pure esprimendo posizioni molto diverse in alcuni interventi, in un contesto così delicato credo che sia una dimostrazione di grande responsabilità del Parlamento e quindi ringrazio tutti, in particolare i presidenti Vito, Casini, oltre al presidente Cicchitto che ci ha instradato nella discussione.
Credo anche che sia ragionevole la proposta che faceva nel suo intervento il presidente della Commissione esteri del Senato, sempre naturalmente trovando le modalità per portarla avanti.
Sul merito delle cose che sono emerse sinceramente, colleghi, preferirei dedicare un approfondimento specifico, se i presidenti sono d'accordo, alla Libia, visto che è certamente la nostra sfida più rilevante in questo momento. Mi limito a dire due cose. Certamente noi stiamo lavorando molto per arrivare a una minima base di riconciliazione nazionale, che è l'unica condizione che può consentire di mettere in campo qualche iniziativa di monitoraggio, di peacekeeping, quello che sia.
Se non c’è una cornice ONU e un'iniziativa di riconciliazione nazionale, è difficile immaginare iniziative di quel genere. Se c’è, sarebbe a mio parere irresponsabile per un Paese come l'Italia non partecipare a attività di monitoraggio e di peacekeeping, ma ne discuteremo se e quando la situazione lo consentirà.
L'altra cosa che voglio dire sulla Libia perché c’è stata una domanda specifica riguarda il rischio terrorismo. È evidente che non solo a Derna, che ci interessa di più, ma anche in modo consistente a Bengasi, in alcune enclave del Fezzan e della zona meridionale della Libia ci sono presenze non esplicitamente di Daesh per il momento, ma comunque estremistico-terroriste.
Questo può tradursi in una minaccia che arriva in Italia attraverso le migrazioni che vengono dalla Libia ? Credo che nessuno sia in grado di dare valutazioni definitive su questo Ritengo che certamente la guardia debba essere alta: la nostra Marina sta tenendo d'occhio questa situazione.
Voglio solo dire, riprendendo anche pareri che il comparto sicurezza ha espresso ad esempio recentemente alla Camera, che non è di per sé normale che attività di questo genere usino come canale di sbarco e di comunicazioni i canotti e le imbarcazioni precarie dei migranti, e anche il fenomeno dei lupi solitari spesso riguarda persone che sono residenti, come si è visto anche da ultimi episodi.
Diversa è la questione dei foreign fighters e del rischio di un loro rientro, ma tuttavia nel mischiare il rientro dei foreign fighters con i barconi – nessuno può escludere nulla – si sollevino allarmi fuori luogo.
La seconda considerazione la voglio fare sulla coalizione anti-Daesh che, come ricordavano diversi intervenuti, sia Vincenzo Amendola che Paolo Romani, è una coalizione molto vasta non solo perché sono più di sessanta Stati partecipanti, ma perché non la presentiamo come una cosa americana.
C’è infatti un enorme dispiegamento di forze, che comprende tra l'altro composizioni molto interessanti sviluppatesi nelle ultime settimane. Penso all'Arabia Saudita e condivido l'osservazione sul fatto che sembrano esserci delle posizioni più ragionevoli da parte saudita. Anche il riavvicinamento recente che c’è stato almeno formalmente tra Emirati e Qatar può essere un preludio di posizioni più utili dal punto di vista internazionale.
Si tratta quindi di una grande coalizione. La nostra presenza è quella che è stata ricordata dal Ministro Pinotti: le sue basi giuridiche sono in due risoluzioni delle Nazioni Unite e nelle deliberazioni Pag. 25del 20 agosto del Parlamento e nell'inserimento di una norma nell'ultimo decreto missioni internazionali.
Certamente, lo dico alla collega Spadoni, ci sono tantissime contraddizioni. Questa è un'area del mondo in cui noi (dico noi come Occidente, poi magari qualcuno è più furbo, qualcuno meno) ci troviamo ogni tanto a combattere forze che pochi anni prima abbiamo sostenuto.
È capitato agli americani in modo molto evidente, è capitato a tanti, quindi non nego affatto che ci siano tante contraddizioni, ma non c’è secondo me una contraddizione tra i Friends of Syria, che peraltro non si sono mai riuniti quest'anno se non a livello di funzionari. Non c’è, comunque, una contraddizione tra il sostegno all'opposizione siriana, che nelle forme dovute è, a mio parere, politicamente importante, tanto che Staffan De Mistura è il primo a considerare l'opposizione siriana come una componente fondamentale del quadro che sta cercando di comporre per il freeze di Aleppo.
Lascio alla Ministra Pinotti le altre considerazioni su questo tema del Daesh, che comunque è chiaro che richiede una strategia non solo militare. Del resto, il Generale Allen che guida questa coalizione parla sempre di cinque pilastri della sua strategia. Quello militare che al momento si fonda, come ricordava il presidente Cicchitto, fondamentalmente sui peshmerga, in cui però gli strikes aerei hanno avuto una funzione di contenimento sicuramente importante, è solo uno dei cinque pilastri; poi si parla di cultura, di finanza, di comunicazione, di politica, perché è una battaglia globale, simbolica.
Sui marò voglio solo fare due osservazioni. La prima è che il richiamo per consultazioni di un ambasciatore non è – lo ripeto – la rottura dei rapporti diplomatici con un Paese, perché dobbiamo dirci la verità tra noi: abbiamo bisogno, ovviamente, di mantenere dei contatti diplomatici. Il richiamo di un ambasciatore per consultazioni è l'espressione, come si dice in gergo diplomatico, di un malessere e la necessità di concordare con il proprio rappresentante alcuni passi che sono peraltro i passi di cui stiamo parlando tra di noi.
Molti colleghi (Cirielli, il presidente Vito, Gasparri e altri) hanno sollevato il tema dei passi successivi. Penso che sia giusto quello che diceva Vincenzo Amendola, cioè che ci consideriamo convocati non dico in modo permanente, ma continuamente, perché non credo che siano decisioni che si possono prendere in mezza giornata, ma devono essere meditate.
Non c’è dubbio però (lo dico anche rispondendo al senatore Compagna) che tra queste ulteriori decisioni su cui dobbiamo ragionare non possiamo affatto escludere il pratico avvio dell'arbitrato e dobbiamo ovviamente sapere che questa ipotesi, dopo quello che è successo, è molto sul tavolo, anche se le decisioni verranno prese nei prossimi giorni.
ROBERTA PINOTTI, Ministro della difesa. Parto anche io con un ringraziamento, perché è stata una discussione importante e quanto ricostruito qui dagli interventi – anche da quello del presidente Casini – ha fatto un quadro esatto dell'atteggiamento serio e costruttivo che il Parlamento ha tenuto su tutta la vicenda dei nostri fucilieri di Marina, di cui voglio dare atto.
Credo che con tale proposta si apra una fase nuova, perché quello che è successo è un fatto importante, quindi da questo punto di vista la richiesta di coinvolgimento e di contatto la considero una proposta e una disponibilità seria e importante e sicuramente troveremo modalità perché questa cosa possa essere il più costruttiva possibile, per una soluzione che tutti quanti auspichiamo.
Per quello che riguarda la sollecitazione della prima domanda dell'onorevole Scanu, ci tengo a precisare che la mia affermazione per quanto riguarda Latorre non è stata né un atto di sfida, né una volontà di scontro – non ho parlato di prove di forza, né di impedimenti – ma una serena e ferma presa d'atto di una situazione.Pag. 26
Dato che cerco di seguire, come ho sempre detto, quotidianamente la vicenda dei marò, anche dal punto di vista di quelli che sono i disagi personali che queste persone stanno vivendo, conosco perfettamente la situazione medica e le condizioni di Massimiliano Latorre e per questo, considerato che le date sono quelle conosciute (stiamo parlando di date molto ravvicinate), dico che non sono condizioni che possono consentire una partenza dall'Italia.
La sua salute è per noi una priorità, e questo è quanto affermo in modo fermo ma anche sereno, conoscendo la situazione.
Per quanto attiene invece alle missioni e a quanto è stato chiesto sulla Libia ha già replicato il Ministro Gentiloni. Io posso aggiungere qualche informazione per quello che riguarda il tema dell'addestramento. Noi siamo stati e speriamo di poter tornare quanto prima ad essere protagonisti dell'addestramento dei militari in Libia, ma attualmente non stiamo addestrando militari libici.
Lo abbiamo fatto a Cassino, fino a quando in Libia esistevano forze in grado di selezionare i militari che avremmo dovuto addestrare e, quindi, di fare quel lavoro che ci consentiva di eseguire questa importante missione, che poi è quella di consentire di avere forze armate in grado di reggere il Paese.
Non per nostra volontà, quindi, ma per le condizioni oggettive, in questo momento l'addestramento è stato interrotto. A suo tempo, quando la situazione era diversa, il presidente al-Thinni – allora Ministro della difesa, che avevo incontrato – aveva chiesto che noi potessimo fare in Libia questo addestramento e noi avevamo dato disponibilità, ma oggi la situazione è quella che ha rappresentato il Ministro Gentiloni.
Lasciamo aperta l'Ambasciata e ribadisco il fatto che, sostenendo quanto sta facendo Bernardino Leon, noi auspichiamo che quanto prima ci possa essere una situazione meno confusa e difficile, tanto da poter avere interlocutori per poter riprendere questo lavoro e fare quanto altro possa essere utile per stabilizzare questa nazione, alla quale siamo legati per tanti motivi e che crea preoccupazione in tutti noi.
Per quanto riguarda l'Afghanistan, voi sapete che la richiesta all'Italia di continuare a mantenere un ruolo di nazione guida in una zona è avvenuta con Governi precedenti. La differenza rispetto alla posizione di altre nazioni è quindi il fatto che l'Italia ha dato disponibilità a continuare ad essere nazione guida per quello che riguarda una zona dell'Afghanistan. In questo senso ha la responsabilità non solo dei propri militari, ma complessivamente del contingente che lì andrà a operare (per esempio noi opereremo con la Spagna).
Inizialmente la programmazione di Resolute Support, come più volte si è discusso in Parlamento, aveva previsto da parte della programmazione militare una presenza di 850 militari.
Io ho chiesto, anche per tutte le considerazioni che avevamo fatto in Commissione, di arrivare al numero minimo necessario per svolgere il nostro lavoro e per avere condizioni di sicurezza. Questo per la programmazione, anche perché tutto quello che abbiamo detto, quanto è avvenuto in Pakistan, la situazione di tensione non ci dà contezza di una situazione tranquilla per quello che è il contesto complessivo.
In questa programmazione che è stata fatta mi è stato detto sotto i 500 di media, quindi, con 750 iniziali, con quella progressione che qui ho rappresentato, non saremmo in grado di avere le condizioni di sicurezza e questo è il motivo del numero, fatto però tenendo conto delle discussioni che abbiamo svolto e ribadendo che noi dobbiamo, anche stante tutti gli altri quadri in cui ci stiamo andando a impegnare, pensare di avere il numero più ridotto possibile, fino a quando arriveremo, come deciso dalla programmazione della NATO, ad avere soltanto settanta militari a Kabul, perché chiuderemo progressivamente ad Herat e, quindi, questa è la programmazione che è stata fatta.
Che cosa fanno i nostri militari. È vero che la parte storica della missione, cioè Pag. 27quella di stabilizzazione sul territorio, che veniva fatta con un pattugliamento attivo da parte dei nostri militari, quello che così dolorosamente ha provocato i morti che abbiamo avuto con gli attentati, in questo momento non è più svolta dalle nostre truppe. È svolta direttamente dalle forze armate afghane ed era però questo l'obiettivo che ci davamo, cioè quello di formare forze armate capaci di tenere la sicurezza del territorio.
Che cosa fanno ancora: nonostante il lavoro sia stato importantissimo, perché dal niente si sono create forze armate, sono ancora forze che hanno bisogno dei consigli, dell'aiuto, del sostegno e della formazione che i nostri militari sanno fare così bene.
Oggi, quindi, quando i nostri militari escono dalla base in cui sono, vanno in centri dove continuano questo lavoro di addestramento, e questo è quello che viene fatto in questo momento.
Come diceva il Ministro Gentiloni la Missione Resolute Support è tutt'affatto una missione diversa, dove non ci sarà più alcun elemento combat, e in cui l'obiettivo è quello di concludere questo lavoro che abbiamo iniziato da tempo, ma che a questo punto deve rendere l'Afghanistan sempre più capace, anche dal punto di vista di sicurezza, di camminare con le proprie gambe.
Per quanto riguarda invece il tema del Kurdistan, ho ascoltato con attenzione l'appello del presidente Cicchitto, che ringrazio anche per la ricostruzione storica fatta della vicenda dei fucilieri di Marina, e ne capisco l'urgenza.
La scelta che è stata fatta, al di là degli interventi aerei che vengono fatti dalla coalizione e a cui noi partecipiamo, come ho esplicitato più volte, è stata quella di non intervenire direttamente con proprie truppe, ma di sostenere e aiutare.
Noi siamo continuamente in contatto con il Kurdistan e siamo davvero pronti ad operare quanto prima. I duecento addestratori faranno questo lavoro importante che ho descritto anche per quello che riguarda l'Afghanistan, quindi di fatto aiuteranno e sosterranno queste eroiche forze dei peshmerga che stanno respingendo l'avanzata dell'Isis. Gli ottanta consiglieri militari sono forze diverse, per esempio specialisti anti IED (Improvised Esplosive Device), oppure per lo sminamento o forze speciali, che possono aiutare a costituire una cornice di sicurezza.
Questa è stata la scelta della coalizione nella quale noi siamo. Le modalità con cui il Parlamento ha deciso fino ad ora di sostenerci sono importanti, abbiamo fatto più volte discussioni, mi pare ci sia una convergenza, quindi non è stato il Governo che ha avuto paura di andare a una votazione: è stata una scelta libera che abbiamo fatto congiuntamente di quali devono essere queste modalità.
Peraltro, un voto ci sarà, perché, come è ovvio che sia, nel decreto missioni internazionali troveremo punto per punto quelle che sono le evoluzioni che man mano nelle Commissioni abbiamo analizzato e in quel momento il Parlamento, ovviamente, si esprimerà con un voto qualificato.
PRESIDENTE. Ringrazio tutti gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 10.45.