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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

Commissioni Riunite (II e IV)

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Mercoledì 25 febbraio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DEL DISEGNO DI LEGGE DEL GOVERNO C. 2893 , RECANTE DL 7/2015: MISURE URGENTI PER IL CONTRASTO DEL TERRORISMO, ANCHE DI MATRICE INTERNAZIONALE, NONCHÉ PROROGA DELLE MISSIONI INTERNAZIONALI DELLE FORZE ARMATE E DI POLIZIA, INIZIATIVE DI COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO E SOSTEGNO AI PROCESSI DI RICOSTRUZIONE E PARTECIPAZIONE ALLE INIZIATIVE DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI PER IL CONSOLIDAMENTO DEI PROCESSI DI PACE E DI STABILIZZAZIONE

Audizione di Alessandro Pansa, Capo della Polizia, Direttore del Dipartimento della pubblica sicurezza.
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Pansa Alessandro , Capo della Polizia, Direttore del Dipartimento della pubblica sicurezza ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 6 
Molteni Nicola (LNA)  ... 6 
Villecco Calipari Rosa Maria (PD)  ... 6 
Parisi Massimo (FI-PdL)  ... 7 
Tofalo Angelo (M5S)  ... 7 
Farina Daniele (SEL)  ... 7 
D'Arienzo Vincenzo (PD)  ... 7 
Marantelli Daniele (PD)  ... 8 
Bianchi Dorina (AP)  ... 8 
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 8 
Manciulli Andrea (PD)  ... 8 
Ferranti Donatella , Presidente ... 9 
Pansa Alessandro , Capo della Polizia, Direttore del Dipartimento della pubblica sicurezza ... 9 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Ferri Cosimo Maria , Sottosegretario di Stato per la giustizia ... 11 
Pansa Alessandro , Capo della Polizia, Direttore del Dipartimento della pubblica sicurezza ... 11 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 

Audizione di Giuseppe Pignatone, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma:
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Pignatone Giuseppe , Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma ... 12 
Ferranti Donatella , Presidente ... 13 
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 14 
Ferranti Donatella , Presidente ... 15 
Pignatone Giuseppe , Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma ... 15 
Ferranti Donatella , Presidente ... 16 

Audizione di Franco Roberti, Procuratore nazionale antimafia:
Ferranti Donatella , Presidente ... 16 
Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia ... 16 
Vito Elio (FI-PdL) , Presidente della Commissione difesa ... 18 
Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia ... 18 
Vito Elio (FI-PdL) , Presidente della Commissione difesa ... 18 
Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia ... 18 
Ferranti Donatella , Presidente ... 18 
Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia ... 18 
Vito Elio (FI-PdL) , Presidente della Commissione difesa ... 22 
Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia ... 22 
Ferranti Donatella , Presidente ... 22 
Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia ... 22 
Ferranti Donatella , Presidente ... 24 
Mattiello Davide (PD)  ... 24 
Dambruoso Stefano (SCpI)  ... 25 
Sarti Giulia (M5S)  ... 26 
Manciulli Andrea (PD)  ... 26 
Ferranti Donatella , Presidente ... 27 
Vito Elio (FI-PdL) , Presidente della Commissione difesa ... 28 
Ferranti Donatella , Presidente ... 28 
Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia ... 28 
Ferranti Donatella , Presidente ... 30

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA II COMMISSIONE DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 13.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di Alessandro Pansa, Capo della Polizia, Direttore del Dipartimento della pubblica sicurezza.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame del disegno di legge del Governo C. 2893, di conversione in legge del decreto-legge n. 7 del 2015, recante misure urgenti per il contrasto del terrorismo, anche di matrice internazionale, nonché proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione, l'audizione di Alessandro Pansa, Capo della Polizia, Direttore del Dipartimento della pubblica sicurezza, che è accompagnato da Girolamo Laquaniti, Primo dirigente della Polizia di Stato, del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma, Giuseppe Pignatone, e del Procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti.
  Era stato invitato su richiesta dei relatori anche il Procuratore della Repubblica di Milano, Bruti Liberati, il quale aveva accettato di venire, ma oggi ha fatto pervenire una lettera, di cui do ora lettura: «Onorevoli presidenti, ringrazio molto per l'invito all'audizione presso le Commissioni riunite per la giornata odierna. Purtroppo, impegni sopravvenuti non mi consentono di poter partecipare. Peraltro, il Procuratore della Repubblica di Roma, dottor Giuseppe Pignatone, con il quale è in corso un intenso scambio sul tema del contrasto al terrorismo anche di matrice internazionale, potrà esporre nel corso dell'audizione i risultati di una riflessione comune. Mi scuso per il contrattempo, rimanendo comunque a disposizione per ogni eventuale ulteriore esigenza, e porgo i miei più cordiali saluti».
  Do, quindi, la parola al prefetto Pansa.

  ALESSANDRO PANSA, Capo della Polizia, Direttore del Dipartimento della pubblica sicurezza. Grazie, presidente. Grazie a tutti i membri delle Commissioni.
  Il disegno di legge di conversione sulle misure urgenti per il contrasto al terrorismo anche di matrice internazionale, in effetti, rappresenta un venire incontro alle esigenze manifestate dagli organi investigativi, perché il fenomeno del terrorismo di matrice internazionale, soprattutto negli ultimi anni, ha avuto un'evoluzione – o un'involuzione, che dir si voglia – che ha mostrato delle fenomenologie e degli aspetti nuovi e non tutti gli strumenti già predisposti dal nostro ordinamento per contrastare questo fenomeno sono risultati validi.Pag. 4
  In particolare, il fenomeno del terrorismo internazionale degli ultimi tempi ha evidenziato delle figure nuove, i cosiddetti combattenti all'estero – o i combattenti stranieri, o reduci – e un'altra tipologia che viene chiamata dei «lupi solitari» o «attori solitari». Si tratta di due figure i cui comportamenti non sempre possono essere sanzionati e non sempre possono essere prevenuti.
  Già da qualche tempo, soprattutto dall'anno scorso, era emersa questa problematica proprio per uno di questi combattenti stranieri, che, in un processo tenutosi a Brescia, aveva determinato la precoce scarcerazione di un jihadista auto-addestratosi sul web, per il quale, pur essendo stato arrestato, non era stato poi possibile configurare un'imputazione.
  Anche in relazione alle risoluzioni dell'ONU noi abbiamo, quindi, richiesto e presentato, e il Governo le ha raccolte, le istanze per individuare strumenti tesi a contrastare al meglio, sia sul piano investigativo, sia su quello preventivo e su quello giudiziario, queste nuove fenomenologie.
  Si tratta di un fenomeno alquanto simile a un altro che accadeva anche negli anni passati, quando i combattenti erano di altra origine. La tipologia specifica di coloro che vanno a combattere, partecipano a combattimenti all'estero e poi rientrano nel Paese di residenza o di origine – e che spesso sono europei (poi fornirò qualche dato) – rendeva molto difficoltoso poterli contrastarli, soprattutto perché oggi la realtà criminale e terroristica che ci interessa ha caratteristiche particolari.
  C’è un fattore di rischio molto accentuato per noi. Prima di tutto perché i teatri di guerra sono molto vicini a noi, molto più che in passato, e ciò rappresenta già un fattore particolarmente complicato per l'intera Unione europea. Inoltre, lo scenario e la figura degli attori coinvolti in questi conflitti sono particolarmente complessi, ma soprattutto riguardano spesso e volentieri direttamente i confini dell'Unione europea.
  C’è, infine, il problema dei cosiddetti foreign fighters, che, da un punto di vista numerico, è diventato effettivamente enorme. Si conta che soltanto i combattenti che provengono dall'Unione europea siano più di 3.000. Questo è un dato che è stato fornito dal Coordinatore antiterrorismo dell'Unione europea. I giovani che sono partiti, quindi, per i territori di combattimento sono circa 3.000, una buona parte dei quali è già rientrata. In Italia ne contiamo 60, di cui 5 di origine italiana e 2 con doppia nazionalità.
  A tutti questi combattenti europei si devono aggiungere i cosiddetti mujahiddin, che sono partiti da Paesi anche occidentali, da tutta l'area balcanica, dagli Stati Uniti, dal Nord America, dal Canada, dall'Australia. Si tratta di tutta una realtà di soggetti che hanno un'origine nazionale completamente diversa da quella tradizionale e per la quale i Paesi occidentali e l'Unione europea, in particolare, sono esposti più che nel passato.
  Parecchie centinaia di questi combattenti sono già rientrate in Europa. Come dicevo, in Italia un numero ridotto (una sessantina) sono quelli che sono partiti e un numero altrettanto ridotto sono quelli che sono rientrati.
  Sebbene nei primi mesi di quest'anno risulti una decrescita del numero di coloro che vanno a combattere in Siria, rispetto all'anno 2014, il fenomeno è comunque particolarmente complesso.
  A questo numero dei combattenti va ad aggiungersi quello dei già citati «lupi solitari», vale a dire di coloro che, indipendentemente da un percorso di formazione, di indottrinamento e di partecipazione a gruppi, a organizzazioni e a consessi, decidono di passare all'azione, di diventare, di sentirsi essi stessi e di proclamarsi appartenenti a un'organizzazione terroristica, pur se con essa non hanno avuto mai rapporti diretti. In qualche modo essi decidono motu proprio di agire, senza una base organizzativa alle spalle, attraverso una mera adesione all'ideologia terroristica.
  Queste tipologie di soggetti che sono stati individuati da un punto di vista investigativo e anche nei rapporti con gli organismi investigativi stranieri che si confrontano Pag. 5con fenomeni simili hanno portato a individuare alcune esigenze specifiche.
  La prima è stata quella di sanzionare la persona arruolata. Prima, infatti, colui che arruolava veniva sanzionato e punito, ma non l'arruolato. Questo era un meccanismo che lasciava impunita la parte forse più pericolosa, quella dell'arruolato che doveva combattere.
  Inoltre mancava pure la sanzione per coloro che si addestrano da soli. Infatti, chi, soprattutto attraverso la possibilità di accedere a documenti via Internet, si rendeva esperto per lo svolgimento di azioni terroristiche attraverso l'uso di esplosivi, armi, agenti chimici e tecniche di questo genere, non veniva punito. Se si addestrava da solo o si preparava da solo, non c'era sanzione. Se, invece, aveva seguito un corso di formazione in una struttura di formazione clandestina, era sanzionabile.
  Ancora, è stato necessario introdurre – il decreto-legge antiterrorismo la prevede – la punizione dei trasferimenti con finalità di terrorismo. Infatti, veniva sanzionata l'organizzazione che gestiva il reclutamento, il finanziamento, il trasferimento, il viaggio dei combattenti, ma, se c'era un singolo che non faceva riferimento direttamente a un'organizzazione che gestiva il flusso e organizzava queste varie fasi dell'attività terroristica, questi non era sanzionato.
  Abbiamo anche ampliato gli aspetti dell'attività di prevenzione. La prima iniziativa è stata quella di istituire una black list dei siti Internet. Come sapete, la propaganda terroristica oggi segue moltissimo il sistema dei social network e utilizza al meglio la rete. Pertanto è indispensabile che il contrasto in questo settore venga gestito al meglio.
  La realizzazione di una lista, il cui compito di mantenerla aggiornata è affidato al Servizio di polizia postale e delle comunicazioni, un organismo che svolge abitualmente questi compiti già individuati anche per legge, è molto importante.
  Accanto alla black list è previsto che i fornitori di attività, con provvedimento dell'autorità giudiziaria, inibiscano l'accesso a determinati siti Internet individuati. Per disposizione del pubblico ministero devono anche rimuovere dai siti individuati alcuni contenuti che sono ritenuti direttamente attinenti con i reati del terrorismo. Per queste tipologie di reato è stato previsto anche un aumento di pena.
  Un'altra norma che per noi è molto importante è quella delle misure di prevenzione personale. Come sapete, ci sono soggetti che aderiscono alle organizzazioni terroristiche e si addestrano motu proprio. Quando i loro comportamenti non sono ancora da sanzione penale, è necessario e indispensabile che nei loro confronti vengano attivate al meglio delle misure di prevenzione, ovvero è necessario controllarli al meglio, nella maniera più rigorosa possibile.
  Le misure di prevenzione personale, e in particolare la sorveglianza speciale con vari obblighi, sono lo strumento più efficace. Questa ultima è uno strumento mutuato dalla lotta alla criminalità organizzata, in particolare la mafia, ma che anche per le organizzazioni terroristiche è molto utile ed è una misura di prevenzione che contempla anche la possibilità di applicare dei divieti, come quello del ritiro del passaporto e, quindi, impedire al soggetto che vuole andare a combattere all'estero di farlo attraverso un meccanismo di immediato utilizzo. In sostanza, nel momento in cui il questore propone la misura di prevenzione personale, qualora ritenga che il soggetto possa in tempi brevi allontanarsi dal territorio nazionale, può disporre il ritiro del passaporto.
  Questi sono gli strumenti più importanti che sono stati individuati con il decreto-legge. Noi riteniamo che essi siano fondamentali per poter svolgere ancora al meglio il nostro lavoro, sia di prevenzione, sia di contrasto del terrorismo.
  La normativa presenta anche altre misure, ma sono meno rilevanti, per quanto riguarda l'attività che viene svolta dalla Polizia giudiziaria. Vi sono alcuni particolari, come la delegificazione del sistema della tutela dei dati personali per i dati che vengono utilizzati a fini di giustizia e Pag. 6a fini di polizia, che rendono molto più veloce e agevole la possibilità di utilizzare queste banche dati.
  Anche le norme che attengono all'attività di coordinamento della procura nazionale antimafia e alla possibilità per i servizi di svolgere azioni più approfondite e più efficaci dal punto di vista della lotta alla criminalità terroristica sicuramente rendono questa normativa uno strumento molto efficace per migliorare la lotta al terrorismo.
  Se ci sono delle domande, sono pronto a rispondere.

  PRESIDENTE. Grazie, prefetto.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  NICOLA MOLTENI. Grazie, presidente. Pongo tre domande velocissime.
  La prima riguarda alcune proposte avanzate da alcuni sindacati di Polizia, che hanno peraltro trasmesso anche ai parlamentari, legate proprio a questo decreto.
  Penso, per esempio, allo scorrimento delle graduatorie per mille idonei non vincitori di concorso, alla richiesta del blocco del piano di razionalizzazione dei 250 presìdi e distaccamenti della Polizia e ad un piano per un corso antiterrorismo per circa 12.000 volanti. Volevo chiedere al Capo della Polizia che cosa ne pensi e se ritenga che possano essere utili alle finalità di questo decreto.
  Passo alla seconda domanda. Ieri il procuratore nazionale antimafia ha sostenuto che l'immigrazione clandestina può essere un serbatoio del terrorismo. Vorrei chiedere al Capo della Polizia che cosa ne pensi e se l'equazione tra terrorismo e immigrazione clandestina sussiste ed eventualmente in che termini.
  Chiudo con l'ultima domanda. Nel decreto, pur essendo legato all'antiterrorismo islamico, non c’è alcun riferimento a eventuali misure per il controllo o il monitoraggio dei luoghi di culto e mi riferisco alle moschee. Sarebbe interessante capire quale tipo di attività è in corso. Abbiamo visto anche nell'ultimo anno che alcuni Imam sono stati espulsi e allontanati dal nostro Paese, giustamente, per motivi di ordine pubblico e sicurezza.
  Vorrei sapere se la scelta di non indicare e non intervenire sui luoghi di culto è voluta e se potrebbe eventualmente essere integrata e se anche su questo tema il Capo della Polizia ci può aggiornare.
  Grazie.

  ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Grazie, presidente. Grazie, direttore.
  Io vorrei porre due domande in particolare, condividendo, ovviamente, l'impianto del decreto e ritenendo valide alcune norme che il prefetto Pansa ha sottolineato, come quella, per esempio, delle sanzioni a carico del reclutato, che erano effettivamente una grande lacuna legislativa.
  Il punto che mi interessa capire meglio, essendo peraltro membro del Copasir, è relativo, invece alla chiusura di alcuni siti Internet da parte della Polizia postale. Ho letto al riguardo anche alcune notizie di stampa, che sono state confermate.
  Pur facendo le mie congratulazioni perché questi siti sono stati monitorati, individuati e chiusi, la mia osservazione intende capire se sul piano dell'attività di intelligence, ossia sul piano dell'attività di prevenzione, le due attività possano entrare in contrasto. Nel momento in cui noi chiudiamo od oscuriamo siti Internet, questo può essere un problema poi per individuare, prevenire e anche forse utilizzare quel tipo di comunicazione via web ? Questa è la prima domanda.
  Passo alla seconda. Nel mese di gennaio, secondo notizie di stampa che furono poi confermate, Edoardo Contini, noto latitante camorrista, fu arrestato perché era – per così dire – collaterale a gruppi terroristici. L'accusa era quella di fornire passaporti falsi a gruppi terroristici legati all'IS.
  Lei ritiene che ci sia già una saldatura o che sia possibile il rischio di una saldatura tra criminalità organizzata, che cerca di gestire traffici illeciti a qualunque livello, e gruppi terroristici ?

Pag. 7

  MASSIMO PARISI. Grazie, presidente. Telegraficamente, intervengo su una questione che ha sfiorato anche l'onorevole Villecco Calipari, ovvero l'articolo 2 e i provvedimenti che riguardano Internet, provvedimenti, ovviamente, condivisibili, a maggior ragione quando si tratta di terrorismo.
  Leggendo il testo, mi chiedevo se la misura dell'interdizione dell'accesso al dominio Internet ove non si provveda nelle quarantott'ore alla rimozione di contenuti attinenti a queste materie non possa comportare, nel caso della complessità del mondo dei social network nelle loro varie forme, una questione che riguardi, alla fine, milioni di utenti.
  Scritta così, mi chiedo se la norma non si possa interpretare nel senso che, qualora un materiale non venga rimosso da Twitter o da YouTube, ciò significhi che il dominio – YouTube.com, Twitter o Facebook – verrebbe di conseguenza chiuso. Le chiedo se non ritiene che questa norma dovrebbe essere scritta in maniera diversa per evitare problemi interpretativi.

  ANGELO TOFALO. Grazie, presidente. Io mi allaccio proprio ai precedenti due quesiti, anche in qualità di membro Copasir e collega dell'onorevole Villecco Calipari. Vado anche oltre i due problemi esposti dai colleghi che sono intervenuti precedentemente e pongo la seguente domanda: voi ascoltate il nostro servizio di intelligence ? Fate riferimento anche, come consulenti, a chi gestisce il sistema informativo e la sicurezza ? Vorrei capire che analisi è stata fatta relativamente a questa black list.
  Io non vorrei che, per esempio, rispetto a un fenomeno del terrorismo islamico come l'ISIS, che cerca il muro contro muro e non aspetta altro che un'invasione terrestre per scatenare fuoco e fiamme, come ci mostra in queste immagini hollywoodiane, al di là delle problematiche prima esposte, noi dessimo inizio a scatenare una cyberwar, perché, a quel punto, saremmo messi a knockout.
  È stata fatta un'analisi volta a capire se questi sforzi nella chiusura di siti Internet, sono utili ? Peraltro, ne chiudiamo uno oggi e sappiamo che domani se ne creano altri dieci. Da una parte, vedo dunque un dispendio di risorse inutili, perché oggi ne chiudiamo cinque e domani ce ne troviamo cinquanta, oggi ne chiudiamo dieci e domani ce ne sono altri cento.
  Dall'altra, resta il problema di questa cyberwar: non andiamo a scatenare un altro muro contro muro anche nel mondo cyber ?
  Grazie.

  DANIELE FARINA. Grazie, presidente. Ringrazio il dottor Pansa per essere qui. Desidero rivolgerle una semplice domanda, che rivolgerò eventualmente anche agli altri nostri auditi.
  Questo provvedimento in sede di relazione, pone a fondamento di una parte degli interventi normativi previsti la risoluzione n. 2178 del 2014 delle Nazioni Unite. Poiché le leggi, ovviamente, si fanno con un obiettivo, ma poi valgono erga omnes, mi interessava capire a quale lista di organizzazioni terroristiche fa riferimento questa normativa. Sappiamo che ne esistono alcune, non soltanto quella dell'ONU, ma anche quella dell'Unione europea, quella di quasi tutti i singoli Paesi dell'Unione europea, quella degli Stati Uniti d'America eccetera.
  Ho fatto questa premessa perché, pur essendo chiaro l'intendimento della legge, queste norme, valendo erga omnes, sarebbero applicabili in astratto sia a coloro che combattono in Paesi stranieri – intendo con l’Islamic State in particolare – sia a coloro che combattono a Kobane, perché questo testo si adatta a tutte e due.
  Volevo capire se c'era qualche delucidazione in più, per mia ignoranza, ovviamente.

  VINCENZO D'ARIENZO. Grazie, presidente. Ringrazio per l'esaustiva relazione il prefetto Pansa e mi permetto di fare una considerazione di carattere generale.
  Il Parlamento fornisce strumenti perché voi possiate lavorare e fare il vostro dovere e non ci sono dubbi che il vostro successo diventi anche il nostro successo. Pag. 8Pertanto, l'attenzione del Parlamento nei vostri confronti, nei confronti della Polizia di Stato e di coloro che stanno lavorando su questo dossier, è massima da parte del Parlamento. È bene che anche attraverso lo strumento che stiamo fornendo si capisca che il Parlamento è accanto alle nostre forze di polizia, alle nostre forze di sicurezza e ai nostri servizi di sicurezza affinché ci possa essere il pieno e completo successo nei confronti di questo deprecabile fenomeno dello Stato Islamico.
  Lei ha fatto un riferimento. Ha affermato che state monitorando e che su 60 persone alcune sono tornate non solo in Europa, ma, se ho capito bene, in Italia. Io ritengo che queste siano persone pericolose, perché hanno già dimostrato, nel momento in cui si sono recate in quegli scenari, di aderire a una causa che per noi è inaccettabile.
  Nei confronti di questi signori, che non ho ben capito come vengono definiti, ma che sono rientrati, qual è il livello di attenzione e di sicurezza perché non commettano atti come quelle che lei ha identificato come atti di lupi solitari, ma che, nel caso specifico, sono abbastanza chiari ?
  Io ritengo che un forte rapporto con la comunità islamica, anzi con le tante comunità islamiche che ci sono nel nostro Paese sia fondamentale per prevenire eventuali fenomeni di questa natura. Mi chiedo e le chiedo qual è il rapporto con le tante comunità islamiche perché vi sia anche nel mondo di riferimento, sebbene sia un'altra questione, un isolamento culturale rispetto a fenomeni di questa natura.
  Grazie.

  DANIELE MARANTELLI. Anch'io ringrazio il prefetto Pansa per il suo importante contributo. Credo che l'impianto del decreto sia condivisibile e che la prevenzione sia, in effetti, la via maestra da seguire.
  Se è vero che i professionisti del terrorismo – lo immagino, ma ne chiedo a lei la conferma – sono persone sulle quali le grandi organizzazioni investono, non credo che ritornino nel nostro Paese attraverso i barconi. Immagino che ritornino in aereo, magari in classe business. Se è così – sono molto sintetico – quali misure specifiche si rendono necessarie, se si rendono necessarie, per aumentare l'efficacia dei controllo negli aeroporti con collegamenti internazionali, Fiumicino e Malpensa su tutti ?
  Grazie.

  DORINA BIANCHI. Ringrazio il prefetto per l'audizione. Naturalmente condivido l'impianto del decreto, ma volevo farle una domanda che prende spunto dal fatto che siamo stati lunedì in Calabria con la Commissione antimafia e che su tutti i giornali era riportato quello che aveva espresso De Raho proprio in relazione alla ’ndrangheta e alla presenza di un possibile supporto logistico da parte della ’ndrangheta all'ISIS.
  Inoltre, ieri il procuratore Roberti ha rivolto delle critiche ai servizi centralizzati di Polizia giudiziaria. Vorrei chiedere a lei che cosa pensa di questi due punti.

  VITTORIO FERRARESI. Grazie, presidente. Grazie, prefetto Pansa. Sarò brevissimo. In quest'audizione faremo domande tecniche, perché condividiamo alcune parti, ma abbiamo dubbi su altre.
  Vorrei sapere se lei ritiene che l'addestramento di questi soggetti e la pericolosità degli stessi sia concretamente più grave se l'addestramento è fisico o se c’è un addestramento tramite metodi informatici e telematici. Mi spiego meglio. Può essere più pericoloso e, quindi, ha carattere di deterrenza, l'addestramento fisico di questi soggetti o il loro addestramento per via telematica ?

  ANDREA MANCIULLI. Innanzitutto la ringrazio per la sua puntuale esposizione. Volevo intervenire sia in merito a quanto lei ha affermato, sia con riguardo al dibattito.
  Lei ha detto giustamente una cosa che, a mio avviso, va scandita bene. Facciamo attenzione a non sovrapporre il fenomeno dei foreign fighters al fenomeno dei lupi solitari. Sono due fenomeni diversi.Pag. 9
  Il primo che è quello di cui si parla di più mediaticamente e anche quello più facilmente tracciabile. Il secondo, quello dei lupi solitari, è, a mio avviso, il problema più difficile che abbiamo di fronte e anche il più complicato da seguire.
  Spesso questi ultimi – non a caso nel decreto c’è tutta una parte sull'autoconvincimento attraverso le forme telematiche, e non solo – sono soggetti che si autoradicalizzano o che si radicalizzano in contesti del tutto particolari. Le carceri, per esempio, sono uno di questi contesti. Questo fenomeno, a mio avviso, se si dovesse fare una scala di pericolosità, in questo momento è il più preoccupante per quanto riguarda l'Europa, perché è anche quello più imprevedibile.
  C’è un altro punto sul quale pongo una domanda, ma svolgo anche un intervento. Bisogna fare attenzione al giochino che è in atto, cioè a quello di far corrispondere la minaccia del terrorismo islamico con lo Stato islamico. Anche questo è, a mio avviso, un errore nel quale non dobbiamo cadere. Al-Qaeda esiste ancora. Anzi, per alcuni versi, essendo la funzione dello Stato islamico fortemente propensa a usare mezzi mediatici, che rappresentano un'innovazione nelle forme di terrorismo, Al-Qaeda è spinta in una sorta di competizione nella quale, per reagire, compie atti, essendo mediaticamente meno forte.
  Da questo punto di vista, se si guardano le vicende di Parigi e anche altre, in realtà appare come la componente yemenita della penisola arabica di Al-Qaeda sia molto attiva in Europa e in Occidente. Visto che noi siamo legislatori e che dobbiamo andare verso uno strumento che serva, questo tema io lo terrei ben presente e lo stigmatizzerei. La minaccia che abbiamo di fronte è una minaccia plurima, nella quale non possiamo rendere tutto soltanto Stato islamico. Sarebbe un errore fondamentale. Del resto, lo diceva anche la collega Villecco Calipari, con la quale sono molto d'accordo.

  PRESIDENTE. Do la parola al prefetto Pansa per la replica.

  ALESSANDRO PANSA, Capo della Polizia, Direttore del Dipartimento della pubblica sicurezza. Io chiedo scusa anticipatamente se le mie risposte saranno telegrafiche, perché alle ore 14 devo recarmi in audizione in un'altra Commissione. Se serve, però, sono pronto a tornare o a fornire un documento di risposta.
  A proposito dello scorrimento delle graduatorie, il problema non è come noi reclutiamo. Abbiamo bisogno di aumentare il personale perché abbiamo una riduzione delle Forze dell'ordine notevole negli organici. Sicuramente sarebbe utile, quindi, poter avere un numero maggiore di personale. Si vedrà quale modalità potrà essere la migliore.
  Per quanto riguarda la razionalizzazione dei presìdi, non c'entra niente con il terrorismo, ma è una razionalizzazione che tende al miglior impiego delle risorse in campo, chiudendo uffici per mettere in mezzo alla strada i poliziotti che ci sono dentro anziché farli lavorare alle attività burocratiche e amministrative.
  Non so quale sia il piano che hanno presentato i sindacati. So di piani di formazione che sono stati predisposti, ma noi abbiamo predisposto dei nostri piani di formazione che vanno dai corsi base, ai corsi di specializzazione, alla formazione istruttori, al potenziamento della rete degli istruttori sul territorio.
  L'immigrazione non è sicuramente sinonimo di terrorismo. Questo è stato ribadito in tutte le salse, e il nostro Ministro lo dice continuamente. Sui barconi a noi non risulta che ci siano i terroristi, ma non è pensabile a priori che questo si possa escludere. Allo stato, non abbiamo alcun elemento in questo senso, ma non siamo in grado di escluderlo. È una cosa che è stata detta ripetutamente anche al Parlamento dal nostro Ministro.
  Perché nella normativa non c’è alcun riferimento ai luoghi di culto ? L'onorevole Nicola Molteni ha fatto riferimento alle espulsioni degli Imam, il che significa che siamo in grado di fare quello che facciamo. Perlomeno per quel che riguarda le Pag. 10nostre competenze, non abbiamo avvertito esigenze particolari per muoverci in questo settore.
  Quanto alla chiusura dei siti da parte della Polizia postale sul piano dell'attività dell’intelligence e al fatto che le due attività possono essere in contrasto – questo serve forse a rispondere anche a qualche altra domanda – noi abbiamo un organismo che è unico al mondo. È un gioiello, che si chiama CASA, ossia Comitato di analisi strategica antiterrorismo.
  Si tratta di un organismo che dal 23 settembre è in seduta permanente ed è formato da tutti i responsabili del settore antiterrorismo delle forze di polizia e dell’intelligence. I suoi membri si scambiano tutte le informazioni e sono in grado di valutare se mettere qualcuno nella black list e se valga o meno la pena di chiudere un sito. Fanno un lavoro di preparazione delle azioni basato su tutte le informazioni di cui ognuno di loro dispone, soprattutto di tutte le informazioni che ognuno di noi ha nelle reti a cui fa capo.
  Noi facciamo capo alle reti di Europol, di Interpol, degli organismi internazionali. I servizi hanno tutte le loro reti di collegamento con mezzo mondo, o con tutto il mondo. Mettendo insieme questa analisi, credo che noi siamo in grado di scegliere se sia il caso di chiudere un sito o se non sia il caso di chiuderlo. Abbiamo, inoltre, rapporti con le autorità giudiziarie, con cui concordiamo eventualmente l'operazione da fare o da non fare.
  Questo non mi sembra assolutamente un problema, anzi, CASA è uno strumento in più che abbiamo e che possiamo utilizzare al meglio, proprio perché siamo in grado di farlo a ragion veduta.
  Non conosco quali siano i collegamenti tra la criminalità organizzata e IS ed anche di quello con la ’ndrangheta non so nulla. Loro hanno evidentemente informazioni giudiziarie che non sono ancora svelabili. Noi non abbiamo informazioni in tal senso.
  Il rischio che la mancata ottemperanza alla rimozione su un social network di immagini a richiesta dell'autorità giudiziaria non avvenga nelle quarantott'ore è un rischio serio, per il quale noi abbiamo già avviato contatti con tutti i grandi operatori affinché funzioni il sistema di comunicazione e notifica.
  L'unico problema è questo: comunicare al signor Tweet non è proprio facilissimo per imporgli di fare una rimozione, perché non è una persona fisica. Noi stiamo creando dei canali immediati rapidissimi in modo da aiutare la stessa autorità giudiziaria che notifica i provvedimenti. Il provvedimento in pochi secondi arriva al destinatario, il quale ha tutto il tempo di fare la rimozione. Il rischio di intervenire su numeri enormi, che giustamente comprometterebbero anche alcune forme di libertà di comunicazione, lo eviteremo in questo modo.
  È vero che noi ascoltiamo l’intelligence. Ho spiegato che il CASA per noi è il cuore di tutte le valutazioni che facciamo. Anche nella distribuzione dei compiti – questo lo fai tu e questo lo faccio io – il CASA diventa uno degli strumenti più efficaci per poter contrastare i vari fenomeni con i quali ci confrontiamo.
  Quanto alla risoluzione dell'ONU, il problema di confondere il terrorista e il patriota – questo è il tema che è stato posto – non credo sia ricavabile dalla stessa risoluzione delle Nazioni Unite, ma dalla nostra norma. La nostra norma è chiara, perché è finalizzata al terrorismo e noi abbiamo ben chiaro nel nostro ordinamento che cosa sia il terrorismo.
  Per quanto riguarda i foreign fighters che sono tornati, confermo che ne sono tornati alcuni e sicuramente sono pericolosi. L'attenzione nei loro confronti è massima e oggi abbiamo anche gli strumenti per meglio controllarli grazie a questo decreto-legge antiterrorismo.
  Abbiamo rapporti con le comunità islamiche che collaborano nella lotta al terrorismo. Nei giorni scorsi c’è stato anche il primo incontro tra la Consulta islamica e il ministero, che ha proprio lo scopo di facilitare i rapporti tra mondo musulmano e Istituzioni, evitando massimalismi e confusioni che non vogliamo assolutamente accentuare.Pag. 11
  Che misure sono state adottate negli aeroporti ? Anche in quel contesto noi abbiamo le cosiddette black list e i controlli negli aeroporti sono aumentati enormemente negli ultimi tempi, attraverso i meccanismi che sono già previsti dal piano nazionale di sicurezza degli aeroporti.
  Esistono dei piani specifici che noi abbiamo già adottato per un numero di voli ben preciso, che riteniamo pericoloso.
  Il procuratore De Raho ha parlato dei collegamenti con la ’ndrangheta, ma – ripeto – io non li conosco.
  Per quanto riguarda la disponibilità dei servizi centrali di cui parla il procuratore Roberti, il problema è semplicissimo: i servizi centrali per la lotta alla criminalità organizzata hanno nella loro componente solo l'attività di Polizia giudiziaria e di investigazione e, quindi, il loro referente unico è l'autorità giudiziaria. Questo va benissimo.
  Per quanto riguarda il terrorismo, la gran parte dei nostri organismi – alcune forze di polizia, come noi, non hanno organismi investigativi centrali – non svolgono attività investigativa, ma al 90 per cento fanno attività informativa. Pertanto, coordinare le attività informative snaturerebbe completamente quegli uffici.
  A proposito dell'addestramento e del proselitismo, è stato chiesto se parliamo di pedagogia, se sia migliore l'addestramento frontale o l’e-learning. Probabilmente in questa circostanza è più efficace che, quando sparano, imparino a sparare veramente. Tuttavia, la pericolosità del soggetto addestrato sul campo è tipica dei foreign fighters, di chi va, combatte e poi torna. Come detto, è più facile da individuare.
  Quello che sia addestra e che con quattro agenti chimici che può comprare al supermercato organizza una bomba, oppure si mette su una macchina a folle velocità e piomba su una folla non è ben addestrato, ma è forse anche più pericoloso.
  Noi non abbiamo assolutamente limitato la nostra azione all’Islamic State. Sappiamo perfettamente di Al-Qaeda. Da molte fonti internazionali sappiamo che Al-Nusra è più pericolosa di Islamic State, attualmente.
  Inoltre, ci sono fenomeni enormi di terrorismo di gran lunga più ampi e più gravi di IS, come Boko Haram. Facciamo finta che non esista, ma anche i suoi membri stanno arrivando sul confine sud dell'Europa, perché sono ormai arrivati quasi al Niger e fra poco non sappiamo dove arriveranno.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il Sottosegretario Ferri, cui do la parola.

  COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Grazie, presidente. Anch'io ringrazio il prefetto Pansa per quanto ci ha riferito. Sollevo solo un punto anche per i componenti delle Commissioni difesa e giustizia per quanto riguarda il CASA, di cui ha parlato prima il prefetto, anche nei rapporti dal punto di vista informativo con l'amministrazione penitenziaria e con quello che avviene nelle carceri per illustrare anche il collegamento.
  Poiché noi ci stiamo organizzando, come amministrazione penitenziaria, nello «schedare» le persone...

  ALESSANDRO PANSA, Capo della Polizia, Direttore del Dipartimento della pubblica sicurezza. Mai come nel CASA la Polizia penitenziaria ha un grande ruolo. La Polizia penitenziaria fa parte del CASA. Il circuito carcerario è uno degli ambiti di principale interesse e attenzione.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il prefetto Pansa, anche per la disponibilità a questi ulteriori approfondimenti.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di Giuseppe Pignatone, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma.

  PRESIDENTE. Do ora la parola al procuratore della Repubblica presso il Pag. 12Tribunale di Roma di Roma, Giuseppe Pignatone, che ringrazio perché ci porterà il suo pensiero e la sua esperienza, coordinati anche con quelli della procura di Milano.

  GIUSEPPE PIGNATONE, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma. Ringrazio le Commissioni dell'attenzione prestata.
  Intanto vorrei dire che sia io, sia il procuratore di Milano – che avrebbe dovuto essere presente, ma non è potuto intervenire per impegni inderogabili – con cui abbiamo avuto molto spesso uno scambio di idee e di intese, esprimiamo un giudizio favorevole di massima su questo provvedimento, che soltanto per alcuni aspetti tocca l'attività giudiziaria in generale e delle procure in particolare.
  A una prima analisi del testo, per quello che può riguardare più direttamente l'applicazione in sede giudiziaria, mi permetto di segnalare alcuni punti – sono questioni assolutamente marginali, ma comunque meritevoli di attenzione – che potrebbero anche essere migliorati in sede di conversione il legge.
  Per quanto riguarda l'articolo 270-quinquies (c’è un po’ di disordine, ma questi testi sono anche di difficilissima lettura e gestione) questo articolo punisce l'addestramento, che probabilmente era già punito. Sembra, inoltre, che venga punito chi si auto-addestra e ponga poi in atto comportamenti finalizzati alla commissione di condotte con finalità di terrorismo. Questa è la dizione del decreto-legge. Da questa dizione, piuttosto generica, sembra che si voglia punire qualcosa che avviene ancora prima dell'attentato, che poi è punito autonomamente come reato.
  Mi rendo conto della difficoltà del legislatore, in questo caso del Governo, in sede di decreto-legge. Noi riteniamo, però, d'accordo con i colleghi romani che si interessano di questo settore e anche con quelli milanesi, che, si potrebbe fare uno sforzo ulteriore di precisazione. Siamo veramente a una vaghezza di formula estremamente delicata. Questa è una prima considerazione.
  La seconda considerazione riguarda l'articolo 270-quater, che punisce la condotta dell'arruolato. Anche in questo caso la preoccupazione per future applicazioni è quella di una vaghezza del termine. Occorre capire che cosa si intende per «arruolato», se l’Imam che pronuncia discorsi magari infiammati ai suoi corregionali, se qualche cosa di più o qualche cosa di meno. La nostra segnalazione al Parlamento è se ritiene valida la preoccupazione di fare un'ulteriore precisazione.
  Un punto forse più serio è l'articolo 270-quater.1, che fa riferimento all'organizzazione di viaggi. Si tratta di un articolo completamente nuovo. Fuori dai casi di cui agli articoli 270-bis e 270-quater chiunque organizza, finanzia o propaganda viaggi finalizzati al compimento delle condotte con finalità di terrorismo di cui all'articolo 270-sexies, che segue, è punito con la reclusione da tre a sei anni.
  In questo caso, anche se probabilmente tutti abbiamo in testa il terrorismo internazionale, in realtà la norma non ne parla e anche il richiamo all'articolo 270-sexies non è decisivo. Faccio un esempio provocatorio, sottolineando che è provocatorio: se uno organizza un viaggio da Roma a Tivoli magari collegato alla No TAV – sottolineo la provocazione e l'improprietà dell'esempio – potrebbe ricadere nell'attuale formula proprio perché il concetto di viaggio riguarda qualunque spostamento da un luogo all'altro. Non c’è, però, alcun riferimento al terrorismo internazionale.
  Un problema su cui abbiamo raccolto stamattina anche il consenso del Ministero dell'interno, che è il diretto interessato, oltre che, presumo, l'autore quantomeno della bozza di partenza, è quello che riguarda l'articolo 4 del decreto-legge, che attiene al ritiro del passaporto e alla dichiarazione di non validità dei documenti di identità. In questo caso il successivo articolo 75-bis punisce fino a tre anni la violazione del divieto di cui all'articolo precedente e consente – lo dice espressamente – l'arresto in flagranza.Pag. 13
  Le domande sono due. In primo luogo, non è chiaro il precetto. Una volta che l'autorità ritira il passaporto e dichiara non valido il documento per l'espatrio, la violazione del precetto qual è ? Tentare di espatriare senza documenti ? È un'eventualità, per la verità, improbabile. Il passaporto viene ritirato, si presume, anche con l'uso della forza necessaria. Non è chiarissimo quale sia questa violazione, ossia il precetto violato.
  La seconda riflessione su cui stamattina abbiamo concordato sia con la procura di Milano, sia con il Ministero dell'interno è l'incongruità della sanzione, perché la sanzione va da un anno a tre anni ed è consentito l'arresto in flagranza.
  Dopo l'arresto in flagranza certamente il pubblico ministero chiede la convalida e il giudice convalida. Dopodiché, però, l'arrestato offre un caffè e se ne va, perché non è possibile con un limite di tre anni applicare una misura cautelare.
  C’è un'incongruità generale del sistema. Da un lato, non si capisce, onestamente – almeno a prima lettura; sottolineo che si tratta di prime riflessioni e che, quindi, può darsi che non sia così, ma siamo giunti da tre punti diversi più o meno alla stessa conclusione – quale sia il precetto violato. Se riteniamo che sia un precetto la cui violazione sia talmente grave che impone l'arresto in flagranza, il Parlamento deve intervenire in qualche modo, o alzando la sanzione, o rimandando a quelle possibilità, ormai rarissime, di misura cautelare al di fuori dei limiti normali, altrimenti la convalida finisce lì.
  L'ultima osservazione, molto marginale, ma che comunque facciamo – direi che la stessa marginalità delle osservazioni significa che c’è l'accordo sull'impianto generale – riguarda l'articolo 678-bis, cioè i precursori di esplosivi.
  In questo caso, che può comprendere fertilizzanti, cioè materie che, in realtà, di per sé non sono tali da far scatenare una sanzione, nella norma si usa la locuzione «senza titolo». Forse potrebbe essere utile una sostituzione con una dizione del tipo «senza giustificato motivo», perché, se uno va all'estero, nelle zone di confine con la Francia, a comprare dei fertilizzanti particolari e torna indietro, viola la norma di legge anche soltanto se li vuole puramente e semplicemente utilizzare per il giardinaggio.
  Anche questi sono degli esempi paradossali, ma, poiché il decreto attesta una tutela molto avanzata, ovviamente, noi ci poniamo anche un problema di evitare poi delle applicazioni che diventino palesemente insensate.
  Queste erano le considerazioni di dettaglio. Sul resto, come dicevo, per quanto riguarda la procura di Roma e la procura di Milano, per la quale io mi sento autorizzato a parlare, noi condividiamo le preoccupazioni che hanno mosso il legislatore e le soluzioni trovate.
  Per quanto riguarda, in particolare, quello che ci concerne più da vicino ed è maggiormente di nostro interesse, ossia la struttura, la procura nazionale, il coordinamento affidato alla procura nazionale e la non creazione di una nuova direzione distrettuale antiterrorismo, noi siamo assolutamente favorevoli. Praticamente tutte le procure hanno chiesto una modifica rispetto a un progetto che era all'esame del Parlamento per evitare quelle rigidità che portano necessariamente a uno spreco di risorse e che caratterizzano la creazione di una struttura pesante come la direzione distrettuale.
  Peraltro, e con questo chiudo, allo stato attuale, per fortuna – sottolineo, per fortuna – il numero dei procedimenti pendenti (non posso parlare per tutta Italia, naturalmente, ma sia a Roma, sia a Milano, sia, credo, in tutta Italia) sono estremamente limitati.
  Per fortuna, sperando che duri, la fase giudiziaria è marginale rispetto alla fase della prevenzione. Il prefetto, giustamente, parlava, per un altro proposito, del 90-95 per cento di attività di prevenzione. Da parte nostra condividiamo l'analisi, o meglio, prendiamo atto delle realtà attuali.

  PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

Pag. 14

  VITTORIO FERRARESI. Mi ricollego al discorso già svolto nell'audizione del Capo della Polizia. È ovvio che noi condividiamo la linea politica di contrasto al terrorismo che si vuole attuare con questo decreto-legge. Faremo degli appunti critici tecnici e faremo domande anche a lei, visto che ha già sottolineato alcuni problemi di interpretazione delle norme che poi dovrete essere voi ad applicare. Noi legislatori dobbiamo farci carico della responsabilità di fare norme chiare e assolutamente comprensibili sia per voi, che le applicate, sia per i cittadini, che le devono conoscere.
  Secondo me, il vero terrorismo ideologico, quello più pericoloso, quello ideato in questi giorni, non ha tanta paura del codice penale italiano. Ha più paura forse della nostra intelligence o delle risorse delle forze di polizia che sono messe in campo per prevenire e non per punire successivamente. Ci sono addirittura persone che si fanno esplodere. Non credo che la deterrenza del codice penale in questo caso possa essere risolutiva quanto possono esserlo le risorse e la prevenzione che si mettono a disposizione.
  Detto questo, faccio alcune domande. Nell'articolo 1, comma 3, lettere a) e b) si parla di addestramento. Nella lettera b) si dice che «le pene previste dal presente articolo sono aumentate se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici e telematici». La domanda che facevo prima anche al prefetto Pansa è se l'addestramento fisico possa essere di minore pericolosità di un addestramento con metodi informatici o telematici e se, quindi, sia giustificato questo aumento di pena.
  Come spesso succede, con il decreto antiterrorismo è stata utilizzata l'occasione per andare ad aumentare pene e per creare fattispecie che riguardano indirettamente il terrorismo e non direttamente. È il caso, per esempio, dell'istigazione fatta all'articolo 2, comma 1, lettere a), b) punto 1 e b) punto 2, in cui si aumentano le pene per il reato di istigazione per tutti. Mentre i Capi I e II riguardano i reati contro lo Stato e la pubblica amministrazione, successivamente si aumenta la pena per tutti i reati – diventa un provvedimento omnibus – perpetrati attraverso strumenti informatici o telematici.
  In questo caso si tratta dell'istigazione, che è già un istituto piuttosto discusso e che già prima aveva una pena piuttosto sostanziosa. Io mi pongo un interrogativo. Visto che col terrorismo altri reati non c'entrano niente, è stata colta l'occasione per aumentare per l'istigazione sul codice penale le pene per i reati perpetrati attraverso strumenti informatici e telematici. Visto che la platea è una platea indefinita, spesso, guardando la realtà, magari si può avere una persona che si adopera per commettere un reato tramite strumenti informatici e telematici, ma con una platea più ridotta, rispetto a una persona che magari si adopera per istigare un reato in una piazza in cui magari la platea è molto più ampia.
  Non si capisce perché in un decreto sul terrorismo si voglia ampliare la punibilità di alcuni reati con materie attinenti agli strumenti informatici e telematici per tutti i reati. Addirittura si aumentano le pene in generale per i delitti commessi tramite strumenti informatici e telematici fino a due terzi. Io mi chiedo se sia opportuno utilizzare il codice penale in questo caso per aumentarli in maniera indiscriminata per tutti, visto che stiamo parlando comunque di terrorismo.
  Ho un altro dubbio interpretativo, all'articolo 4, comma 1, lettera a). Io sinceramente non ho partecipato all'attività della Commissione difesa, ma vorrei capire bene, visto che lei ha espresso altri problemi interpretativi, se sia chiaro la seguente frase: «ovvero a prendere parte ad un conflitto in territorio estero a sostegno di un'organizzazione che persegue le finalità terroristiche».
  Sinceramente questo «ovvero a prendere parte ad un conflitto» non so precisamente cosa voglia dire e non so neanche se a livello interpretativo possa essere molto chiara come norma. Le chiedo, quindi, come potrebbe interpretarla e se non ci siano problemi nell'individuare una persona che prenda parte in maniera Pag. 15piuttosto generica a un conflitto in territorio estero. Chiaramente questa è una norma che sarà applicata in Italia.
  La ringrazio.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altre domande, ne pongo una io. Rimango sul codice antimafia, all'articolo 4, comma 1, dove viene integrato il catalogo dei destinatari delle misure di prevenzione personali, con riferimento agli atti di terrorismo.
  In base alla sua particolare esperienza volevo capire se, così come è stato suggerito anche nei lavori della Commissione Fiandaca, non ritiene che debba essere rivisto o integrato l'articolo 4, comma 1, lettera d) sulle misure di prevenzione, applicandolo non solo a chi svolge atti preparatori, ma anche a chi svolge atti esecutivi. In questo caso sarebbe ricompresa sia l'applicabilità attuale, sia quella eventualmente futura con riferimento al terrorismo.
  Do la parola al procuratore Pignatone per la replica.

  GIUSEPPE PIGNATONE, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma. Su quest'ultima domanda della presidente io sono, ovviamente, d'accordo. Era una delle segnalazioni della Commissione di cui ho avuto l'onore di far parte.
  Per quanto riguarda le due domande dell'onorevole Ferraresi, in particolare la seconda, a me sembra che, seppure con la difficoltà tipica di un testo di questo genere e con la difficoltà aggiuntiva delle interpolazioni, questo elemento vada inserito nelle misure di prevenzione. Si tratta del catalogo dei possibili destinatari delle misure di prevenzione, che viene ampliato con questo riferimento.
  Sto parlando dell'articolo 4, comma 1, lettera a), del decreto-legge nella parte che ha citato lei, «ovvero a prendere parte ad un conflitto». Si amplia la possibilità di applicare misure di prevenzione a coloro che abbiano preso parte a un conflitto in un territorio estero a sostegno di un'organizzazione terroristica. Mi limito a questo per non ripetere l'intera formula.
  A me sembra che questo punto non presenti particolari difficoltà interpretative, fermo restando che poi probabilmente per il fenomeno dei foreign fighters, a questo punto, un primo strumento di controllo, un primo gradino, potrebbe essere la misura di prevenzione. Si è pensato a questo, ritengo.
  Per quanto riguarda, invece, le aggravanti che sono sparse in varie disposizioni con riferimento all'uso di strumenti telematici e informatici, lì veramente siamo all'assoluta discrezionalità del legislatore. Noi siamo interpreti e applicatori.
  Se posso fare un'interpretazione non autentica del pensiero di chi ha scritto questo decreto, si è preso atto dell'enorme valenza che oggi ha acquistato questo tipo di strumenti. Anche l'articolo 414, che riguarda l'istigazione a delinquere cui lei faceva riferimento – pur con tutti i dubbi che nel corso di cinquant'anni di giurisprudenza costituzionale si sono alimentati, l'articolo 414 esiste ancora – si riferisce a chi fa l'apologia.
  Mi pare che l'aumento si riferisca, se si tratta di istigazione, all'apologia. Il testo recita: «Alla pena stabilita [...] soggiace anche chi pubblicamente fa l'apologia di uno o più delitti». Questa è la norma base richiamata, che viene aumentata, con riferimento all'articolo 414, a qualsiasi tipo di delitti.
  In astratto, può essere vero che in una piazza ci siano 20.000 persone e che uno strumento informatico telematico ne raggiunga 500, per modo di dire. Ripeto, io faccio, in modo non richiesto un'interpretazione non autentica di chi ha scritto la norma. Si è preso atto della realtà della nostra vita, per cui una cosa messa su Internet genericamente rimbalza e si diffonde all'infinito, non è controllabile, se non con enormi difficoltà e non sempre, nella sua provenienza – non è facile sapere chi l'abbia diffusa per primo – e si è formato un giudizio di maggiore pericolosità.
  Su questo, ripeto, noi siamo chiamati ad applicare la legge che c’è. Ho fatto Pag. 16questo sforzo. Secondo me, questa è una presa d'atto della nostra situazione di vita vissuta quotidianamente.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altre domande, ringraziamo il procuratore Pignatone per il contributo e la disponibilità, anche perché è stato avvisato proprio in tempi brevissimi.
  Noi abbiamo fissato l'audizione anche del procuratore antimafia, ma poiché era previsto anche l'intervento del procuratore di Milano, che non è potuto venire, siamo in anticipo sui tempi. Ricordo, infatti, che l'audizione del procuratore antimafia era stata fissata alle ore 15, anche perché proveniva da altra sede, ossia da Perugia.
  Dichiaro, quindi, conclusa l'audizione del procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma, Giuseppe Pignatone, e sospendo la seduta.

  La seduta, sospesa alle 14.15, riprende alle 15.15.

Audizione di Franco Roberti, Procuratore nazionale antimafia.

  PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame del disegno di legge del Governo C. 2893, di conversione in legge del decreto-legge n. 7 del 2015. Questa mattina abbiamo ascoltato il Capo della Polizia, Alessandro Pansa, ed il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma, Giuseppe Pignatone.
  Procederemo adesso all'audizione del procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, cui do subito la parola.

  FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia. Grazie, presidente. Grazie dell'invito. Chiedo scusa per la voce, che non è delle migliori, avendo un po’ di bronchite.
  Presidente, innanzitutto io le consegno un documento che ho predisposto per l'esame di queste Commissioni, che focalizza l'attenzione sui punti, a nostro avviso, critici del Capo II del decreto-legge n. 7 del 2015, ossia il Capo dedicato al coordinamento nazionale delle indagini nei procedimenti per i delitti di terrorismo, anche internazionale. Ci soffermiamo solo su questo aspetto, ossia sugli articoli 9 e 10 del decreto-legge, ma naturalmente sono a disposizione delle Commissioni se vorranno ascoltarmi o interpellarmi anche sugli altri molteplici aspetti del decreto-legge che, a mio avviso, sono tutti condivisibili e apprestano strumenti di repressione penale e di prevenzione che vengono ad adeguare il quadro strumentario normativo antiterrorismo. Sono, dunque, condivisibili.
  Il Capo II, invece, che riguarda il coordinamento nazionale, presenta, a nostro modesto avviso, alcune criticità, che sono indicate in questo documento e che passo brevemente a illustrare.
  Il documento è articolato nel modo che ora illustrerò, presidente. Lo dico per chi poi lo leggerà. Sono state inserite in prospetto le norme come erano prima del decreto e come sono state modificate, seguite sotto dalla nostra proposta di ulteriore modifica migliorativa della norma. Questa è la tecnica redazionale del nostro documento.
  Questo documento si compone, in sostanza, di due testi. Il primo è quello che ho illustrato sulle modifiche normative. Il secondo, invece, non redatto da me, ma dal collega Giovanni Russo, che si occupa del Servizio risorse tecnologiche e sicurezza della Direzione nazionale antimafia, si sofferma esclusivamente sulla modifica dell'articolo 117, comma 2-bis del codice di procedura penale, prospettando alcuni punti critici. Ci arriviamo con ordine. Intanto, presidente, le consegno il documento.
  L'intervento d'urgenza si giustificava ed era assolutamente condivisibile nelle sue linee. Con questo intervento di urgenza si è cercato di colmare un vuoto, una zona d'ombra normativa che esisteva dal 2001, da quando cioè, con il decreto-legge n. 374 – quello successivo all'attentato alle Torri Gemelle, tanto per intenderci – furono introdotti nel nostro codice penale, ma soprattutto del codice di procedura penale Pag. 17alcuni interventi, in particolare la cosiddetta «distrettualizzazione» delle indagini. Mi riferisco alla competenza distrettuale per le indagini in materia di terrorismo e di eversione dell'ordine costituzionale.
  Con il successivo decreto-legge n. 144 del 2005, emanato in seguito agli attentati di Londra, ulteriori strumenti furono previsti. Furono previste nuove norme e si dette la definizione dei reati con finalità di terrorismo, all'articolo 270-sexies. Ancora una volta, però, ci si astenne dal completare l'apparato normativo organizzativo, prevedendo, accanto alla «distrettualizzazione» delle indagini, la centralizzazione del coordinamento investigativo, così come per i reati di mafia che sono a capo, appunto, alla procura nazionale antimafia.
  Anche nel 2005 il legislatore si riservò di provvedere. Ci sono agli atti parlamentari dell'epoca interventi di numerosi parlamentari che sollecitavano la centralizzazione del coordinamento, ma il legislatore si riservò di provvedere e non ha poi provveduto fino a questo intervento.
  Quella che io chiamai all'epoca, in un mio articolo, la «distrettualizzazione debole» – spiegherò che cosa intendo per «distrettualizzazione debole» – a mio avviso, continua a essere tale, nonostante questo intervento.
  Continua a essere tale perché, benché i reati di terrorismo siano dal 2001 di competenza distrettuale, non si è provveduto ad attribuire la competenza per questi reati alle direzioni distrettuali antiterrorismo. Sostanzialmente, cioè, non si è provveduto ad attribuire alle procure distrettuali antiterrorismo lo stesso statuto ordinamentale che prevede la specificità delle attitudini, la circolazione di informazioni e i concorsi interni per accedere a questo ufficio, a questo settore, che è previsto per i reati antimafia.
  Oggi, con l'introduzione del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, abbiamo davanti un apparente paradosso: esiste la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, ma non esistono le direzioni distrettuali antimafia e antiterrorismo. Le procure distrettuali antiterrorismo sono rimaste esterne alla procura distrettuale antimafia.
  Sarebbe stato necessario intervenire per adeguare il modello organizzativo sull'articolo 102 del codice antimafia, che riguarda l'aspetto ordinamentale delle procure distrettuali. Non lo si è fatto per una scelta molto precisa, di cui conosciamo la genesi. Alcuni autorevolissimi procuratori distrettuali hanno già fornito l'indicazione di non costringerli a organizzare le procure distrettuali di terrorismo all'interno delle procure distrettuali antimafia, ragion per cui il legislatore d'urgenza si è ben guardato dal farlo, ha aderito a questa indicazione e non è intervenuto sull'articolo 102.
  Tuttavia, è stata costituita la procura nazionale antimafia e antiterrorismo. Nonostante l'endiadi antimafia e antiterrorismo, come si vede subito leggendo le disposizioni del decreto, le due realtà non sono sovrapponibili. I poteri del procuratore antiterrorismo non sono sovrapponibili a quelli del procuratore antimafia, e questo per una precisa scelta politica, che noi naturalmente rispettiamo, ma che non ci esime dal dover fornire qualche indicazione al legislatore in sede di conversione in legge su possibili problematiche e su eventuali soluzioni prospettabili.
  Per partire in modo un po’ soft, osservo solo – lo troverete nel mio schema – che c’è un evidente lapsus calami, forse da voi già colto, nell'articolo 54-ter del codice di procedura penale, che disciplina i contrasti tra pubblici ministeri in materia di criminalità organizzata.
  Nella versione modificata dal decreto-legge si integra correttamente il procuratore nazionale antimafia con la locuzione «e antiterrorismo», ma non si attribuisce, per conseguenza, come si sarebbe dovuto fare, al procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo il potere di esprimere il parere in caso di contrasti tra pubblici ministeri in materia di terrorismo.
  Andrebbe, quindi, integrato l'articolo 54-ter con il riferimento al «sentito il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo». Nel momento in cui il procuratore Pag. 18generale della Cassazione risolve il contrasto, deve farlo sentito il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. La versione del decreto non prevede questo inciso. Secondo noi, dovrebbe essere inserito, perché il parere del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo in questo caso è necessario.
  D'altra parte, che si sia trattato di una mera svista è dimostrato dalla successiva modifica apportata dal comma 2 dell'articolo 9 del decreto all'articolo 54-quater del codice di procedura penale, che disciplina la trasmissione degli atti ad altro ufficio quando ci sia istanza di trasmissioni di atti ad altro ufficio.
  In questo caso il legislatore d'urgenza ha inserito il riferimento all'articolo 51, comma 3-quater per i reati di terrorismo accanto a quello di cui al 51, comma 3-bis. Il legislatore d'urgenza dispone che, in questo caso, il procuratore generale provveda osservando le disposizioni del 54-ter, avendo cioè «sentito», ma, in questo caso, si intenderà «sentito il procuratore nazionale antimafia», altrimenti quali disposizioni dovrebbe osservare il procuratore generale della Corte di cassazione ?
  Questo si supera, secondo me, con tale semplice riferimento, ossia con l'estensione al parere del procuratore antimafia e antiterrorismo.

  ELIO VITO, Presidente della Commissione difesa. Mi scusi procuratore, ma il suo giudizio non è chiarito dalla norma finale transitoria ? È vero che è una norma generica e che, quindi, sarebbe sempre opportuno – lo dice anche il nostro Comitato per la legislazione – fare modifiche puntuali. Mi riferisco al comma 4.

  FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia. L'articolo 54-ter, anche nella versione del decreto, non attribuisce al procuratore antimafia e antiterrorismo quel potere di esprimere parere in materia di contrasti che è previsto per il procuratore antimafia per i contrasti nei procedimenti antimafia, ma non per i contrasti nei procedimenti antiterrorismo.

  ELIO VITO, Presidente della Commissione difesa. Anche noi riteniamo che sia opportuno prevederlo puntualmente ogni volta.

  FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia. Si tratta di attribuire il parere. Quando c’è un parere del procuratore antimafia e si tratta di reati in materia di terrorismo, bisognerebbe attribuire il parere al procuratore antimafia e antiterrorismo. È una forma di completezza.

  PRESIDENTE. Infatti, questa parte viene suggerita anche dai dossier degli uffici della Camera.

  FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia. Presidente, la prego, se magari mi soffermo su cose che per voi sono scontate, lei me lo dica e io vado avanti.
  Poi c’è la modifica all'articolo 117, comma 2-bis che, come vi ricordate, fu inserito con il decreto-legge n. 306 del 1992, dopo la strage di Capaci, che prevedeva, essendo stato da poco istituito il procuratore nazionale antimafia, l'accesso del procuratore nazionale antimafia al registro generale delle notizie di reato delle procure distrettuali e alle banche dati locali delle procure distrettuali antimafia.
  Dal 1992 ad oggi sono passati 23 anni e l'informatica, anche per quanto riguarda l'informatizzazione dei registri giudiziari, ha subìto una rivoluzione copernicana. La norma che viene introdotta con il comma 3 dell'articolo 9 del decreto antiterrorismo, invece, si limita, tenendo conto del fatto che ormai il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo ha accesso e deve avere accesso non solo al sistema SIDDA-SIDNA, ossia alla banca dati antimafia, ma anche alle banche dati antiterrorismo eventualmente già presenti o costituende presso le procure distrettuali antiterrorismo, ad adeguare il comma 2-bis dell'articolo 117 al nuovo potere del procuratore antiterrorismo.Pag. 19
  Tuttavia, c’è un piccolo errore. Si fa riferimento, presidente, ai registri di cui all'articolo 34 della legge n. 55, del 19 marzo 1990. Questi registri sono stati superati dal codice antimafia, ossia dall'articolo 81 del decreto legislativo 6 settembre 2011 n. 159. Bisognerebbe, come minimo, modificare questo riferimento normativo, riferendosi non più alla legge n. 55 del 1990, ma al decreto legislativo n. 159 del 2011. Questi sono i registri, e comprendono anche i nuovi registri delle misure di prevenzione, essendo stato nel frattempo attribuito al procuratore antimafia, già nel 2008, con il decreto-legge n. 8 del 2008, il potere di coordinamento delle misure di prevenzione antimafia.
  Con riferimento all'articolo 117, comma 2-bis – lo dicevo prima – c’è un documento del collega Giovanni Russo che ci dice una cosa molto semplice. Io non sono un esperto e, quindi, mi limito a riferire, forse meno bene di quanto potrebbe fare lui, questo problema. Si è persa un'occasione.
  E qual era l'occasione ? Era quella di adeguare alla realtà dell'informatica giudiziaria questa disposizione dell'articolo 117, comma 2-bis, che è ormai obsoleta, perché, anche se la modifichiamo, risale al 1992. Nel 1993, quando il collegamento tra la procura nazionale antimafia e le procure distrettuali era all'inizio ed era agli albori il sistema di banca dati, noi facevamo la spola tra il centro e i distretti con i floppy disk, come si chiamavano allora. Accedevamo alla banca dati locale, caricavamo la misura cautelare o la sentenza su dischetto e la portavamo qui a Roma, in procura nazionale. Era un'altra era geologica.
  Oggi questa implementazione della banca dati del sistema centralizzato SIDDA-SIDNA avviene per via informatica e, quindi, non c’è più bisogno di fare noi i trasportatori di informazioni.
  Soprattutto, però, ed è quello che si dice in questo documento, c’è stata una rivoluzione, nel senso che è già in atto – qui c’è il Sottosegretario Ferri, che può confermarlo – una metamorfosi con il passaggio al sistema SICP (Sistema informativo della cognizione penale). Nel sistema SICP confluiscono tutti i dati giudiziari. Indipendentemente dai contenitori in cui si trovino (banca dati antiterrorismo, banca dati antimafia) tutte le informazioni sono destinate a entrare nel sistema SICP.
  Bisognerebbe, quindi, secondo noi, prevedere – noi non abbiamo espresso formule – una formula evolutiva che consentirebbe di affermare semplicemente in maniera omnicomprensiva un potere di accesso del procuratore antimafia alle informazioni e ai dati contenuti nei registri relativi al procedimento penale e al procedimento per l'applicazione delle misure di prevenzione, in qualunque contenitore si trovino e con qualsiasi modalità, perché questa è la realtà attuale ed è una realtà in continua evoluzione.
  Questa, sarebbe stata, quindi, l'occasione per modificare l'articolo 117, comma 2-bis. Anche su questo troverete esplicata molto meglio di quanto non possa fare io, anche dal punto di vista tecnico e tecnologico, questa richiesta di intervento.
  Veniamo a quello che, secondo me, è l'intervento meno accettabile sotto il profilo del coordinamento e che riguarda i minimi poteri deliberatamente attribuiti al procuratore nazionale antimafia in funzione di coordinamento e di impulso investigativo. È stato modificato il comma 1 dell'articolo 371-bis. L'articolo 371-bis del codice di procedura penale è lo statuto del coordinamento investigativo attuato dal procuratore nazionale antimafia.
  Che cosa diceva il comma 1 dell'articolo 371-bis ? Diceva che: «il procuratore nazionale antimafia esercita le sue funzioni in relazione ai procedimenti per i diritti indicati nell'articolo 51, comma 3-bis (mafia)» e – questo fu aggiunto nel 2008 – «in relazione ai procedimenti di prevenzione». Prosegue la norma: «A tal fine – cioè ai fini del 51, comma 3-bis e dei procedimenti di prevenzione antimafia – dispone (il procuratore nazionale) della Direzione investigativa antimafia e dei servizi centrali e interprovinciali delle forze di polizia e impartisce direttive intese a regolarne l'impiego ai fini investigativi».Pag. 20
  La disponibilità da parte del procuratore antimafia dei servizi centralizzati delle forze di polizia e della Direzione investigativa antimafia, ovviamente, per le indagini antimafia, nonché la possibilità di impartire direttive per l'impiego a fini investigativi di queste forze centralizzate spariscono nella versione novellata del 371-bis, comma 1, con riferimento alla materia del terrorismo.
  Infatti, se leggiamo la norma come novellata dal decreto-legge, dice che «Il procuratore nazionale antimafia esercita le sue funzioni in relazione ai procedimenti per i delitti indicati nell'articolo 51, comma 3-bis e 3-quater ed in relazione ai procedimenti di prevenzione antimafia e antiterrorismo». La modifica sta qui: «In relazione ai procedimenti per i delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis (solo mafia) dispone della Direzione investigativa antimafia e dei servizi centralizzati e impartisce le direttive».
  Per quanto riguarda i procedimenti in materia di terrorismo, il procuratore nazionale antimafia non può fare niente. Deve limitarsi, egregio onorevole Dambruoso, a coordinare le poche procure distrettuali che fanno i procedimenti in materia di terrorismo. Non può coordinare le forze di polizia, non ne dispone, ma quel che è peggio è che, nell'ansia di limitare e di delimitare quanto più possibile questi poteri del procuratore antimafia e antiterrorismo, il legislatore d'urgenza ci ha anche tolto il potere di disporre dei servizi centralizzati di Polizia giudiziaria in materia di misure di prevenzione antimafia.
  Infatti, nell'edizione nuova si fa riferimento solo all'articolo 51, comma 3-bis. Sparisce la disponibilità con riferimento ai procedimenti di prevenzione antimafia. Io capisco che è una scelta, ma è una scelta che finisce per fare come la montagna che partorisce il topolino. Lo dico con estremo rispetto per tutti. Se tu non dai a me, procuratore antimafia e antiterrorismo, il potere di disporre della Polizia giudiziaria, che significa «disporre dei servizi centralizzati di Polizia giudiziaria» ? Significa che io devo acquisire la conoscenza anche attraverso quello che mi viene riferito da questi servizi.
  Per esempio, in materia di finanziamento del terrorismo lo SCICO, l'organismo centrale della Guardia di finanza, ha un bagaglio di conoscenze enorme, che dovrebbe mettere a disposizione proprio del procuratore del coordinamento centralizzato, perché poi, attraverso queste conoscenze, si realizza l'impulso investigativo.
  È limitativo dire che il procuratore deve coordinare le procure distrettuali. Si coordina quando si conosce, ma, poiché ha anche poteri di impulso e il coordinamento vero avviene attraverso l'impulso investigativo, questa, in realtà, è l'effettività del coordinamento: se io non conosco, non do impulso e, quindi, non coordino. Coordino solo sulla carta.
  È una scelta, certamente sì. Dobbiamo anche considerare, però, che qui non parliamo di rapporto con i servizi segreti. Io non voglio avere rapporti con i servizi segreti. Ci sono colleghi miei che, invece, ritengono che bisognerebbe avere qualche forma di rapporto istituzionale.
  Qui, però, non parliamo di servizi segreti. Magari si possono preoccupare di essere troppo controllati, di essere troppo supervisionati. Sono preoccupazioni anche legittime, non discuto. Qui parliamo di servizi di Polizia giudiziaria, parliamo della possibilità di esercitare effettivamente il coordinamento. Diversamente, mi dai un coordinamento sulla carta, pressoché declamatorio, ma non lo strumento per esercitare. Mi attribuisci la responsabilità e non lo strumento per esercitarla.
  Io la vedo così. Vi consegno queste sommesse considerazioni, ma questo è ciò che io vedo e che ho il dovere di evidenziare. Troverete in questo documento la proposta di ripristinare la vecchia locuzione «a tal fine» perché, in quel caso, l'espressione «a tal fine», essendo stato il primo alinea integrato con riferimento ai reati di cui all'articolo 51, comma 3-quater, comprende anche il terrorismo e le misure di prevenzione antimafia e antiterrorismo.Pag. 21
  Se io non ho questa disponibilità, lo dico chiaramente, non vedo come potrò esercitare queste competenze di coordinamento e di impulso investigativo. D'altra parte, che ci sia necessità di impulso e di coordinamento investigativo emerge ogni giorno di più.
  L'altro giorno, sono stato a Catania, a un convegno. Era presente anche il Sottosegretario Minniti. Si parlava di tratta di esseri umani e di immigrazione clandestina. Ci sono sicuri incroci tra il terrorismo internazionale, la tratta di esseri umani e l'immigrazione clandestina. È altamente probabile che una delle fonti di finanziamento di quei terroristi sia il traffico di esseri umani.
  D'altra parte, non c’è tanta differenza. Dal punto di vista criminologico che differenza c’è tra i terroristi tagliagole e quelli che lucrano e profittano enormemente sui traffici di esseri umani ? La tratta di esseri umani è competenza della procura distrettuale antimafia.
  C’è una delibera del Consiglio di sicurezza dell'ONU di pochi giorni fa. I terroristi dell'IS come si finanziano ? Con il contrabbando di petrolio dal Mosul, dall'Iraq e dalla Siria, con il contrabbando di opere d'arte sempre da quelle zone disgraziate e disperate e, probabilmente, con il traffico di esseri umani.
  Il pericolo non è che ci arrivi il terrorista col barcone a Lampedusa. Il pericolo è che le organizzazioni terroristiche vengano finanziate e che magari gli attentati vengano fatti da chi già si trova qui o si sia andato ad addestrare o ad auto-addestrare, come purtroppo si sta accertando ogni giorno di più.
  Se vogliamo dare un senso al coordinamento e all'impulso del procuratore antimafia e antiterrorismo, lo strumento della disponibilità delle forze di polizia centralizzata è, a mio avviso, indispensabile.
  La ricaduta sul piano ordinamentale di questa «distrettualizzazione» e centralizzazione, a questo punto dell'indagine, debole – lo ribadisco, volutamente debole – è la modifica di una sola norma dell'ordinamento giudiziario: l'articolo 103 del codice antimafia.
  L'articolo 103 viene adeguato, a mio sommesso avviso non benissimo, alla nuova funzione del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Non leggo il testo della novella introdotta con il decreto-legge, ma si notano alcune sfasature.
  Si dice, per esempio, al comma 2 che «alla direzione sono preposti un magistrato con funzioni di procuratore nazionale, due magistrati con funzioni di procuratore aggiunto, nonché, quali sostituti, magistrati che abbiano conseguito la terza valutazione di professionalità». Quando mai si è visto questo ? Il magistrato preposto è sempre uno. Il preposto è uno, è il dirigente. Nelle espressioni normative ordinamentali non tutti i componenti dell'ufficio sono preposti. Il preposto è uno. Gli altri sono addetti, sono assegnati.
  La cosa peggiore, però, non è questa. Questa potrebbe essere una novità. La questione che, secondo me, va integrata è l'indicazione della qualifica professionale per accedere a questi incarichi di direttivo, semidirettivo e di sostituti.
  La novella prevede che per i sostituti sia necessaria la terza qualifica di professionalità, mentre del fatto che per il procuratore prima si prevedeva la quinta non dice niente.
  I procuratori aggiunti sono una figura di semidirettivo con funzioni di coordinamento centralizzato, che prima non esisteva. Voi sapete bene che a tutt'oggi, fino al decreto-legge, i procuratori aggiunti della procura nazionale antimafia avevano un percorso di nomina del tutto atipico e peculiare rispetto alle ordinarie nomine dei semidirettivi, cioè venivano indicati dal procuratore nazionale antimafia e questa indicazione veniva ratificata dal Consiglio superiore della magistratura.
  Oggi si vuole riportare a ortodossia la nomina degli aggiunti ? Va benissimo. La nomina deve essere fatta dal Consiglio superiore della magistratura, ma si indichi almeno qual è la qualifica di professionalità minima per poter accedere a questo incarico semidirettivo. Non lo si dice, ragione Pag. 22per cui va integrato. Noi proponiamo appunto di integrare anche questa norma con questi riferimenti.
  A cascata, secondo noi, bisognerebbe integrare il decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, che riguarda la definizione delle funzioni giudiziarie e delle relative qualifiche corrispondenti per accedere alle relative funzioni. Poiché il legislatore d'urgenza introduce la nuova figura del procuratore aggiunto di nomina consiliare, è giusto che il decreto legislativo n. 160 preveda, all'articolo 10, attraverso un nuovo comma 7-bis, di introdurre la seguente modifica: «Le funzioni semidirettive requirenti di coordinamento nazionale sono quelle di procuratore aggiunto presso la Direzione nazionale antimafia».

  ELIO VITO, Presidente della Commissione difesa. Ma il decreto lo prevede nelle norme transitorie; si tratta di disposizioni che dovrebbero essere invece messe nella parte principale. È un vecchio difetto.

  FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia. È una vecchia tecnica normativa. Va bene.

  PRESIDENTE. Il rilievo di prima, quello sostanziale, non c’è.

  FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia. Indichiamo poi altri interventi che non so siano contemplati in questa norma transitoria, che evidentemente non ho letto benissimo.
  Per esempio, mi riferisco alla materia dei colloqui investigativi con i detenuti e delle intercettazioni preventive dei servizi. Il decreto antiterrorismo n. 144 del 2005 attribuisce al procuratore generale presso la Corte di appello di Roma la competenza ad autorizzare i servizi.
  Poteva andare bene e avere un senso fino a quando non si attribuivano compiti di coordinamento al procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Tuttavia, nel momento in cui si attribuiscono questi poteri al procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, qual è il senso di lasciare al procuratore generale della Corte di appello di Roma queste competenze autorizzatorie ?
  Ripeto, questo si prevede per le intercettazioni preventive dei Servizi segreti, che già ci sono dal 2005, e adesso per i colloqui investigativi con finalità di indagine e antiterrorismo con i soggetti detenuti. Che senso ha ? Perché non attribuire il compito al procuratore nazionale antimafia ? Forse perché si vuole mantenere un livello alto di burocrazia in questo servizio ? Il procuratore generale della Corte di appello di Roma, non disponendo di una banca dati, non disponendo di conoscenze, non facendo processi, salvo i casi di sua competenza territoriale, che tipo di controllo potrà mai esercitare su queste richieste autorizzatorie di servizi ?
  Allora si vuole evitare un controllo. Lo dico criticamente, ma con rispetto. Si vuole evitare questo controllo da parte di chi potrebbe esercitarlo in modo più incisivo perché dispone della conoscenza.
  Al di là del controllo, il procuratore nazionale, disponendo della conoscenza, potrebbe anche essere utile che si interfacci con il soggetto che chiede di fare il colloquio investigativo in carcere con il detenuto o che chiede di fare intercettazione preventiva. Già ora la procura nazionale antimafia, tra le tante cose che fa, svolge il cosiddetto servizio di doppia intercettazione.
  Noi abbiamo modo di rilevare, attraverso il rapporto con i gestori di telefonia, quando più uffici giudiziari o anche più magistrati dello stesso ufficio giudiziario stanno intercettando contemporaneamente la stessa utenza telefonica. Noi lo rileviamo subito. È fondamentale rilevarlo, perché ci dà il segno che c’è una possibile sovrapposizione di indagini, una possibile duplicazione e dispersione di energie investigative. Noi interveniamo e li avvertiamo.
  Adesso si stanno moltiplicando le segnalazioni di doppie intercettazioni fra intercettazioni giudiziarie e intercettazioni preventive dei servizi, ma io non ho lo strumento per intervenire sui servizi, se non alzare il telefono, come faccio, chiamare Pag. 23il direttore dei servizi e dire: «Siete in doppia intercettazione con la procura di Milano. Fate voi. Non vi posso dire di astenervi dal fare questo servizio, ma tenete presente che c’è una procura distrettuale che sta sulla vostra stessa utenza». Questo lo facciamo, ma lo facciamo informalmente. Non abbiamo lo strumento normativo.
  Qui potrebbe essere utile accentrare la potestà autorizzatoria del procuratore nazionale, non per controllare, ma per mettere al servizio di queste indagini, anche preventive, la propria conoscenza degli uomini, delle vicende giudiziarie e delle indagini, cosa che la procura generale di Roma, con tutto il rispetto, non farà mai, perché non ha gli strumenti per farlo.
  Se si vuole lasciare questo fatto all'autorizzazione formale, lo si faccia, ma, se si vuole rendere più incisivo il servizio, se si vogliono rendere più incisive le indagini, anche quelle preventive dei servizi, bisogna creare queste sinergie.
  Vedete, le gelosie investigative, le gelosie della conoscenza, sono esiziali, come nelle indagini contro le mafie, così nelle indagini contro le organizzazioni terroristiche. Sono esiziali. La conoscenza deve essere condivisa, deve essere fatta circolare tra tutti i soggetti chiamati a svolgere la loro parte, e questo lo può fare un ufficio che disponga della conoscenza.
  Quando ci convocarono i ministri della giustizia e dell'interno insieme ai colleghi delle procure distrettuali, io dissi subito che noi mettevamo a disposizione le nostre capacità di coordinamento, che passano attraverso la nostra conoscenza, attraverso il nostro sistema di banche dati, attraverso la nostra esperienza. Mettevamo a disposizione questo. Siamo un servizio, non un potere per le procure distrettuali.
  Noi vorremmo poter svolgere questo servizio e non avere solo la responsabilità. Ormai siamo noi il procuratore antiterrorismo. Quali strumenti dobbiamo usare in concreto per esercitare questa nuova attribuzione ? Questi strumenti, se si vanno a cercare, non si trovano facilmente, o almeno si trova quel minimo che praticamente serve a poco e niente.
  Ho detto dei colloqui investigativi e delle intercettazioni preventive. Ci sarebbero altri interventi di modifica conseguenti all'intervento principale, per esempio, anche sui colloqui investigativi ex articolo 18-bis dell'ordinamento penitenziario.
  I colloqui investigativi dei servizi, quelli di cui abbiamo parlato finora, sono inseriti nella legge dei servizi. Opportunamente, la norma d'urgenza prevede il richiamo alla normativa principale sui servizi. Infatti, se dal colloquio investigativo con il detenuto emerge la notizia di reato, essa deve immediatamente essere riferita all'organo di Polizia giudiziaria.
  Quando, però, il colloquio investigativo con questi soggetti detenuti per finalità di terrorismo riguarda soggetti imputati o condannati in materia di terrorismo, la norma d'urgenza non prevede che si dia almeno comunicazione dell'esito del colloquio investigativo al procuratore nazionale antiterrorismo.
  La norma dice che chi ha eseguito il colloquio ne deve riferire al procuratore generale che l'ha autorizzato presso la Corte di appello di Roma e che deve informarne l'organismo di controllo, il Copasir. Il procuratore antiterrorismo non deve sapere almeno a cose fatte che c’è stato un colloquio investigativo ? Occorrerebbe anche questo.
  Qui cogliamo un'occasione. Da tempo il mio ufficio si batte perché venga attribuito al procuratore nazionale antimafia il potere di proposta patrimoniale in materia di misure di prevenzione antimafia. Voi sapete che noi abbiamo un potere di proposta personale, ma non si sa perché – questo è uno dei tanti misteri della fede nel nostro Paese – sono anni che ne parliamo, ma non so perché non si riesca ad introdurre il potere di proposta patrimoniale contro le mafie. Speriamo bene.
  Rilanciamo adesso, con quest'occasione, un potere di proposta patrimoniale anche nei confronti del terrorismo, visto che, bene o male, abbiamo questa competenza in tema di misure di prevenzione anche in materia di terrorismo.Pag. 24
  Poi c’è la modifica della materia dei collaboratori di giustizia. Voi sapete che la legge n. 8 del 1991, modificata dalla legge n. 45 del 2001, prevede una serie di interventi e di benefici a favore dei collaboratori di giustizia, quali liberazione anticipata, benefici premiali ed altro.
  In tutte queste materie interviene il procuratore nazionale antimafia con il suo parere, quando si tratta di pentiti mafiosi. Quando si tratta, teoricamente, di pentiti terroristi, interviene il procuratore generale presso la Corte di appello competente.
  Anche in questo caso noi suggeriamo per la materia del terrorismo non dico di escludere il procuratore generale della Corte di appello, perché io ci tengo veramente al procuratore generale della Cassazione e della Corte di appello. Sono figure importanti, che assicurano comunque il coordinamento. Il procuratore generale della Cassazione esercita la vigilanza anche sul mio ufficio e, quindi, che Dio non tocchi mai i procuratori generali.
  Tuttavia, almeno affiancare un potere concorrente di parere del procuratore nazionale antiterrorismo a quello del procuratore generale della Corte di appello potrebbe essere opportuno, sempre per il fatto che è il procuratore nazionale che dispone della conoscenza e che può esprimere un parere più consapevole di quanto non possa fare il procuratore generale della Corte di appello.
  Infine, aggiungo due considerazioni sulle segnalazioni di operazioni sospette. Questi sono ritocchi normativi indolori, che propongo in conclusione.
  Il decreto legislativo n. 231 del 2007 in materia di sistema di prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo si basa sul sistema delle segnalazioni di operazioni sospette. Quando le segnalazioni di operazioni sospette riguardano la criminalità organizzata – sottinteso di tipo mafioso; il citato decreto n. 231 fa riferimento a questo tipo di criminalità organizzata – tra i destinatari della segnalazione c’è anche il procuratore nazionale antimafia.
  Occorrerebbe precisare, e noi offriamo la formula normativa, che il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo sia destinatario delle segnalazioni di operazioni sospette anche nella materia del possibile finanziamento del terrorismo. Non ce ne sono molte, ma le poche che ci sono è bene che pervengano sia alle procure distrettuali, sia al procuratore nazionale antiterrorismo.
  L'ultima osservazione riguarda le modifiche in materia di rogatorie. Come sapete, l'articolo 727 del codice di procedura penale sulla trasmissione di rogatorie alle autorità straniere prevede che una copia di queste rogatorie alle autorità straniere sia trasmessa al procuratore nazionale antimafia.
  Al legislatore d'urgenza è sfuggito di modificare e integrare il comma 5-ter dell'articolo 727 con riferimento ai reati di cui all'articolo 51, comma 3-quater del codice di procedura penale. Si tratta di una semplice integrazione, che però ci mette in condizione di poter seguire rogatore internazionali in materia di terrorismo, che già arrivano, perché i procuratori distrettuali, nonostante non sia stato modificato l'articolo 727, hanno già cominciato a mandarcele.

  PRESIDENTE. Grazie procuratore. Do ora la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  DAVIDE MATTIELLO. Grazie, presidente. Grazie, procuratore. Mi permetta un ringraziamento specifico per aver chiarito anche in questa sede ciò che ha detto ieri, presentando la relazione annuale, in rapporto a ciò che succede fra trafficanti di esseri umani e terrorismo. È importante la precisazione che lei ha fatto di nuovo qui, in questa sede, sottolineando che il rapporto tra trafficanti e terrorismo è soprattutto un rapporto di autofinanziamento economico. Grazie per questa precisazione, per noi importante.
  Mi sembra che, complessivamente, le criticità che lei ci ha evidenziato vadano nel senso di sottolineare un certo squilibrio tra potere esecutivo e potere giudiziario. Nel disegnare questa architettura – Pag. 25mi sembra di poter sintetizzare così – alla fine si può constatare una sorta di squilibrio, una sorta di gelosia del potere esecutivo per tutta una serie di prerogative che non vengono trasferite in maniera opportuna, a giudizio delle criticità che lei ci ha sottoposto, al potere giudiziario, specialmente con riferimento alle prerogative del nuovo procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo.
  Io le chiedo, cogliendo lo spirito di queste criticità, se lei pensa che ci siano norme scritte in maniera tale che possano prestarsi a un utilizzo ultroneo. Questo articolato, che noi condividiamo, ha un obiettivo specifico, quello del contrasto al terrorismo di matrice internazionale, ma la norma, una volta fatta, se non è sufficientemente definita nella sua finalità, può essere usata per questo e per quello.
  Visto che abbiamo modo di confrontarci anche in Commissione antimafia e che ci siamo confrontati su questioni che lei conosce molto meglio di me, le chiedo, da questo punto di vista e sperando di essere stato sufficientemente evocativo nel fare questa domanda, tanto più che tutta una serie di criticità andavano rilevate, se dobbiamo fare attenzione anche a questo, oltre che a un migliore o maggiore – se ce n’è la volontà politica – equilibrio tra momento esecutivo e momento giudiziario.

  STEFANO DAMBRUOSO. Grazie, procuratore Roberti, per la partecipata relazione che ha fatto segnalando quanto, purtroppo, nella sua lunga carriera penso abbia già visto in altre circostanze. Davvero c’è sempre il rischio che si generi soltanto il topolino rispetto a quanto, invece, era prospettato.
  Proprio oggi c’è una sensibilità diffusa a livello parlamentare, che mi piacerebbe venisse colta, verso la materia. Addirittura è stato inaugurato un Intergruppo parlamentare sul terrorismo. È la prima volta che accade che rappresentanti di vari dipartimenti e di vari organi di questo Parlamento vogliano partecipare tutti insieme. Sa quanti già alla prima riunione hanno chiesto di iscriversi e quanti altri vogliono iscriversi ? Sono 80.
  Se c’è una sensibilità che, purtroppo, per fatti emergenziali e di mediaticità quotidiana, ha portato anche a questa sensibilizzazione da parte del Parlamento, noi davvero, anche alla luce della sua partecipata relazione, non possiamo perdere l'occasione per introdurre questi piccoli accorgimenti, che sembrano rilevantissimi soltanto per gli operatori del diritto, come il procuratore Roberti, che ci è venuto a parlare e vuole operare in questo senso, mentre dalle nostre parti potrebbero sembrare dei vuoti legislativi non significativi.
  Non basta questo tipo di decreto-legge che è stato approntato per realizzare il coordinamento di cui abbiamo parlato sin dall'inizio e che vogliamo realizzare. Dobbiamo migliorarlo. Io davvero credo fortemente che debba essere migliorato, perché non possiamo permetterci di perdere questa opportunità.
  Questa era solo una considerazione. Concludo perché abbiamo fatto tutti già tre ore di audizione.
  È importante, però, anche un aspetto che non è stato recuperato dal decreto-legge, che non mi va di riproporre, ma che mi piacerebbe ascoltare dalla voce del procuratore. Mi riferisco a quanto, alla luce di episodi dell'ultima settimana, possano essere significative le considerazioni fatte sul giudice non specializzato, ma su un giudice che abbia una competenza, come quella che noi stiamo sperando di assegnare e attribuire al magistrato investigativo.
  È accaduto soltanto nel corso di questa ultima settimana un fatto di cui hanno parlato le cronache, non solo quelle locali. A Lecce sono stati rimessi in libertà alcuni immigrati provenienti dalla Siria fermati con più materiale sospetto. Questi elementi non sono stati considerati sufficienti dal giudice che ha valutato il loro mantenimento in stato di detenzione, mentre il pubblico ministero si ritrova a dover impugnare un provvedimento di rimessione in libertà di queste persone.
  Anche a Milano, che ha una procura più strutturata, un fascicolo che ha avuto la visibilità dei giornali, con fotografie di Pag. 26persone che dal 2011 erano attive fra Torino e Milano, era stato abbandonato – lo dico, purtroppo, con tutta l'amarezza – fino ad arrivare a una richiesta di archiviazione, che è stata recuperata. C'erano foto di persone che andavano a combattere in Siria a uccidere persone e che vivevano nelle strade tra Torino e Milano.
  Tutto questo noi non potremo più permettere che avvenga. Questa professionalità che stiamo richiedendo con questo provvedimento non è una professionalità che appartiene per spocchia professionale. Stiamo parlando di sicurezza. Ottanta persone oggi nell'Intergruppo dicevano che stiamo parlando della sicurezza del nostro Paese. Davvero con convinzione dobbiamo cogliere questa opportunità che ci viene offerta con questo decreto, che possiamo migliorare secondo le indicazioni che sono state mosse dal procuratore antimafia.

  GIULIA SARTI. Dottor Roberti, anch'io, ovviamente, la ringrazio per gli spunti che è sempre in grado di fornirci ogni volta che è chiamato in audizione. Ricordo anche per i colleghi della Commissione difesa che noi avevamo già svolto in Commissione giustizia un'approfondita discussione con lei, con il dottor Spataro e con altri auditi sulla proposta di legge dell'onorevole Dambruoso, che, oltre a istituire il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, allargava lo spettro anche alle procure distrettuali antiterrorismo.
  Volevo chiederle, proprio richiamando quello che le ha chiesto l'onorevole Dambruoso, se, a suo parere, sarebbe più opportuna una specializzazione solo delle procure in materia. Dato che lei ci ha ripetuto anche qui che il Governo ha fatto una scelta diversa da quella che avrebbe potuto essere più auspicabile, cioè quella di creare anche delle procure distrettuali e non solo una direzione nazionale, volevo chiederle se questa specializzazione in materia di antiterrorismo che si auspica, a suo parere, dovrebbe riguardare solo le procure o anche le sezioni giudicanti. Ne avevamo già parlato, ma avrei piacere che anche su questo punto lei esprimesse la sua opinione in questa sede, in cui ci sono due Commissioni riunite.

  ANDREA MANCIULLI. Il mio è un punto di vista diverso, perché io non sono un giurista, anche se, occupandomi di terrorismo da molto tempo, devo anche documentarmi su un lavoro che non è mio.
  Io credo che, da questo punto di vista, come legislatori, ci si debba mettere nella giusta ottica. Noi siamo di fronte a una materia che, vista dalla mia angolatura – che è quella di chi analizza fenomeni di terrorismo e di radicalismo nella loro diacronicità, perché si vive tutti nell'incalzare di questa guerra mediatica – necessita, a mio avviso, che ci astraiamo quanto più possibile da questa dimensione. Si tratta di un fenomeno molto diacronico. Non sempre ciò che appare è pericoloso da solo.
  È da stamattina che ascolto molte cose. Siamo tutti focalizzati sullo Stato islamico. A mio avviso, stiamo commettendo un errore di sottovalutazione, conoscendo il fenomeno. Tuttavia, vorrei che si capisse un punto. Noi stiamo aprendo un campo nel quale dobbiamo far progredire tutto. C’è, a mio avviso, l'esigenza, che giustamente il procuratore, secondo me in maniera non solo legittima, ma anche intelligente, ha sottolineato per alcuni aspetti e c’è, d'altro canto, anche l'esigenza di far progredire la prevenzione.
  Anche nella prevenzione stiamo verificando delle grosse lacune che vanno colmate tempestivamente. Io penso che il legislatore faccia un ottimo lavoro, se tiene in equilibrio queste due esigenze.
  Noi, per esempio, abbiamo un problema: nella prevenzione c’è un'enorme disparità di mezzi. Se ci fosse una piena collaborazione fra Paesi, questa struttura probabilmente sarebbe meno importante, ma ad oggi un Paese come il nostro, senza il lavoro della risorsa umana in quanto tale, sarebbe in difficoltà, perché noi non disponiamo di mezzi di altri Paesi che in questo settore hanno una certa rilevanza. Abbiamo, quindi, anche questo problema.Pag. 27
  Poiché il punto fondamentale delle cose che lei sottolineava riguarda proprio questo tema, io credo che si debba procedere tenendo presente che si deve migliorare in entrambe le realtà. Io, per esempio, ritengo che sia già un passo in avanti quello di attribuire alla procura nazionale antimafia un ruolo di coordinamento.
  Se ho in testa, per esempio, la vicenda di El Abboubi a Brescia, che, a mio avviso, è quella di più evidente difficoltà a interfacciare il fenomeno, ho presente il fatto che sarebbe sbagliato da parte di chi ha un'ottica preventiva, come l'ho io, non tener conto delle esigenze che la magistratura ha in questo senso.
  Da questo punto di vista ci sono state due strade. Per esempio, la Francia, che ha una frequenza di fenomeno molto più ampia, ha una procura dedicata, fra le altre cose, con personaggi, prima il giudice Burguière e ora il giudice Trevidic, molto mediatizzati, ma si tratta di un altro contesto.
  Io ritengo in altro modo saggia la decisione che stiamo prendendo e sono perché questa sia una decisione effettiva di poteri. Vorrei, avendo partecipato in qualità di esperto di radicalismo a diversi convegni, che su questo aspetto ci fosse uno sforzo – lo dico apertamente, perché sono, prima di tutto, uno che ha in testa il tema dell'unità nazionale e della sicurezza nazionale – teso a comprendere veramente fino in fondo da parte di tutti le esigenze della prevenzione, che sono sacrosante, perché soprattutto per un Paese come il nostro, in questo momento, dare forza alla risorsa umana che previene è fondamentale.

  PRESIDENTE. Faccio un'ultima domanda, che in realtà è più una considerazione. Vorrei che uscisse in maniera ancora più chiara di quanto non sia uscito il diverso approccio che questo decreto ha sull'identificazione dei poteri della procura nazionale antimafia e antiterrorismo rispetto alla proposta di legge che proprio oggi in Commissione giustizia si è ormai avviata su un binario morto, proprio perché è stata assorbita dal decreto.
  La proposta dell'onorevole Dambruoso ha avuto sicuramente il merito di essere stata avanzata, ma oggi formalmente noi abbiamo accantonato quella proposta, che ovviamente potrà avere una sua rivitalizzazione attraverso eventuali emendamenti e correttivi di questo decreto-legge, ma ormai esiste questo decreto-legge. Io credo che quella proposta abbia avuto, per il passaggio parlamentare che ha avuto, sicuramente il merito di riproporre in maniera evidente e stringente la problematica.
  Su questo punto forse io mi rammarico di non aver potuto fare questa prima parte di audizioni, come spesso facciamo in Commissione giustizia, in maniera contestuale, perché i nodi verranno al pettine nel momento in cui ci saranno gli emendamenti. Sono emersi oggi diversi approcci rispetto alla configurazione dei poteri della procura nazionale.
  Non essendo espertissima in materia, come potete esserlo lei, il collega Dambruoso e il collega Manciulli, io vorrei proprio capire un fatto: nel momento in cui il Governo fa la scelta di concedere al procuratore nazionale antimafia la disposizione della Direzione investigativa antimafia e dei servizi centrali e interprovinciali delle forze di polizia soltanto per i procedimenti dell'articolo 51, comma 2 e 3-bis – il decreto fa questa scelta chiara – ne viene data una certa «giustificazione» (così io l'ho intesa nei precedenti dibattiti che abbiamo avuto) col fatto che, in realtà mentre oggi l'attività antimafia è sostanzialmente attività giurisdizionalizzata, l'attività di antiterrorismo è sostanzialmente attività di polizia, di intelligence, considerato anche il numero esiguo di procedimenti che riguardano il terrorismo in Italia nelle procure.
  A questo punto, vorrei capire in maniera ancora più esplicita da lei quali siano le soluzioni, ferma restando, come diceva il relatore Manciulli, la necessità di mantenere l'autonomia dell'attività di intelligence, di coordinamento e di prevenzione, senza un'eccessiva invasione o invasività da parte dell'autorità giurisdizionale. Il nostro ordinamento è diverso da Pag. 28quello della Germania e soprattutto della Francia, come impostazione ordinamentale. Il nostro pubblico ministero non dipende dall'esecutivo e da qui deriva tutta una serie di ulteriori separazioni e diffidenze.
  L'altra questione che differenzia la proposta Dambruoso, oltre al giudice specializzato a cui faceva riferimento il collega, è la questione delle sezioni distrettuali. Oggi proprio il procuratore Pignatone ci ha rappresentato il fatto che, secondo la sua esperienza, la sezione distrettuale su tutte le procure distrettuali – non parliamo solo di Roma o di Milano, ma di tutte le procure distrettuali – creerebbe un eccessivo irrigidimento e anche una dispersione di energie e di risorse, perché in alcune procure distrettuali questa sezione potrebbe essere destinata a non fare quasi nulla. Questa è l'obiezione.
  Vorrei capire da lei non dico la contro-obiezione, ma anche l'eventuale soluzione. Penso non solo al terrorismo o alla mafia, ma addirittura ad alcuni reati che concernono i minori, le violenze, il tributario. Io credo proprio nella professionalità e nella specializzazione, perché penso che ormai il giudice o il magistrato che fa tutto non possa esistere più, tanto più in materie così specialistiche, che poi possono creare quei problemi che diceva prima il collega Dambruoso, per cui alcuni fatti magari non vengono colti nella loro importanza se non si fa parte di un pool e, quindi, di una specializzazione che consente di vedere oltre la mera notiziola.
  La ringrazio molto anche di questo lavoro certosino, che la procura nazionale ha voluto fare anche questa volta, di contributo massimo ai lavori parlamentari.

  ELIO VITO, Presidente della Commissione difesa. Voglio ringraziare il procuratore perché mi pare che abbia portato un contributo prezioso e dire che in quest'occasione alle Commissioni del Parlamento tocca davvero un compito importante. Le necessità di urgenza vi erano tutte nell'adozione di questo strumento, ma è anche vero che vi era un'attività legislativa ordinaria che era stata già avviata e che dovrà confluire in sede di conversione.
  Le audizioni di oggi, tra cui quella del procuratore, dimostrano l'importanza della scelta che abbiamo fatto di svolgere un esame approfondito, per quanto limitato nei tempi, di questo provvedimento e della responsabilità che ci compete.
  Vorrei invitare tutti i colleghi componenti, che hanno dimostrato già oggi questo spirito di disponibilità, di apertura e di collaborazione, nel fare un buon lavoro su un tema che, come abbiamo visto, è molto condiviso in Parlamento a fare davvero tesoro prezioso delle osservazioni che oggi sono state formulate anche da parte del procuratore. Credo sia davvero interesse di tutti fare in modo che alle audizioni poi corrisponda un'attività finalizzata a migliorare il testo. In questo modo credo che facciamo anche un buon servizio al ruolo stesso del Parlamento, che proprio in queste ore sta discutendo e dimostrando che noi riusciamo a esercitare la nostra funzione legislativa al meglio e nell'interesse generale del Paese.

  PRESIDENTE. Do la parola al procuratore Roberti per la replica.

  FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia. Vi ringrazio innanzitutto dei vostri interventi e delle vostre osservazioni, ai quali rispondo in modo complessivo, perché mi sembra di dover condividere tutto ciò che è stato detto in questi interventi.
  Diciamolo chiaramente: stiamo tutti cercando, nella più perfetta buona fede e, una volta tanto – magari accadesse più spesso – nella più assoluta unitarietà di intenti, perché la sfida è quella che abbiamo tutti davanti, la soluzione migliore. Stiamo cercando quel punto di equilibrio che citava l'onorevole Mattiello tra giudiziario ed esecutivo. L'onorevole Manciulli auspicava di far progredire la prevenzione, purché ciò non avvenga a discapito dell'intervento giudiziario, quando deve essere articolato l'intervento giudiziario. Stiamo tutti cercando un punto di equilibrio.Pag. 29
  Io, come forse la presidente ricorderà, sono stato un convinto sostenitore della proposta del collega e onorevole Dambruoso, perché ritenevo che quella che avevo chiamato fin dal 2005 la distrettualizzazione debole dovesse essere rafforzata prevedendo uno Statuto delle procure distrettuali antimafia e della Procura nazionale antimafia e antiterrorismo assimilabile in tutto e per tutto a quello delle procure antimafia.
  Si parte sempre dalle esperienze personali, quando si esprimono determinati giudizi. Io partivo dalla mia esperienza di quasi ormai quarant'anni, ahimè, di questo tipo di attività giudiziaria, in cui ho constatato e verificato costantemente intrecci e interferenze tra criminalità terroristico-eversiva e criminalità di tipo mafioso.
  I due fenomeni sono diversi. Ha ragione perfettamente l'onorevole Manciulli quando dice che la prevenzione è fondamentale. La prevenzione è fondamentale sempre, diciamo la verità, anche per le attività di contrasto alle mafie. Nel caso del terrorismo, però, c’è un margine più ampio alla prevenzione e, quindi, bisogna dare un margine più ampio. Ben vengano le estensioni delle garanzie funzionali previste in questo decreto-legge per gli appartenenti ai Servizi segreti. Ben vengano l'estensione dell'area non punibilità e la possibilità di mantenere le generalità di copertura. Va tutto benissimo, perché la prevenzione e soprattutto l'attività di intelligence sono fondamentali.
  Dirò di più, condividendo ancora le osservazioni dell'onorevole Manciulli. Negli altri Paesi la cooperazione non funziona perché i sistemi sono diversi. I grandi magistrati francesi dell'epoca che lei citava, e che io ho conosciuto quando a Napoli mi occupavo di antiterrorismo ed ebbi il piacere di conoscere il collega Dambruoso, che operava all'epoca a Milano ed era un punto di riferimento per tutti per le sue indagini, non facevano che recepire l'attività dei Servizi segreti. In Francia tutto è veramente affidato quasi esclusivamente ai Servizi segreti. Un poco è affidato alla polizia e un po’ meno ai magistrati, che però, ovviamente, intervengono nel momento del processo penale.
  Qui da noi è diverso, perché è diversa la nostra tradizione giuridica ed è diverso il nostro sistema. Qui c’è un pubblico ministero che, piaccia o no, dirige la Polizia giudiziaria – questo è scritto all'articolo 109 della Costituzione e nel codice di procedura penale – al quale la Polizia giudiziaria deve rendere conto. Ecco perché io mi focalizzo, forse in modo apparentemente per voi eccessivo, sul discorso della disponibilità, che riprendeva anche la presidente Ferranti.
  La disponibilità della Polizia giudiziaria e dei servizi centralizzati è un potere funzionale che deve avere il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo a condizione della propria esistenza. Questo è il punto. Ripeto, questo diventa uno snodo vitale.
  Che cosa dobbiamo fare noi ? Dobbiamo cercare, partendo da questo decreto, che è un'opportunità da non perdere – va migliorato, non va stravolto – di arrivare a interventi migliorativi del tipo che io vi ho suggerito e sulla base di altri suggerimenti che arriveranno da altre persone audite. Voi potete arrivare a un testo che trovi quel punto di equilibrio tra prevenzione e repressione che non mortifichi la repressione penale.
  Si dice che ci sono pochi procedimenti, ma forse perché non arrivano tante notizie di reato. Bisogna capire se le notizie di reato non arrivano perché non si fanno i reati o perché non vengono comunicate le notizie di reati che pure vengono consumati. Questo è il punto.
  Ripeto, l'area dell’intelligence e della prevenzione è fondamentale. Tuttavia, onorevole Manciulli, quando, nella prima metà degli anni Duemila, io mi occupavo di terrorismo a Napoli – il collega Dambruoso lo sa – noi abbiamo fatto processi a organizzazioni di jihadisti che operavano in funzione logistica a Napoli e altrove nel territorio nazionale e li abbiamo fatti condannare per associazione con finalità di terrorismo internazionale. Il 270-bis nella versione attuale è stato applicato e ha funzionato.Pag. 30
  All'epoca c'era una scelta forse diversa e la realtà del jihadismo qaedista era diversa rispetto a questa dell'IS, ma ha ragione ancora una volta lei quando ci invita a fare attenzione e a non fissarci sull'IS, perché c’è una realtà di terrorismo internazionale che è molto più ampia e variegata e che comunque costituisce una minaccia.
  Noi pensiamo ai tagliagole dell'IS e che il terrorismo si risolva solo in quella fenomenologia criminale in quelle zone di territorio, ma non è così, e lo sappiamo bene. Peraltro, c’è sempre in agguato anche il terrorismo interno, con l'eversione dell'ordine costituzionale. Non è un fenomeno che si possa dimenticare perché l'abbiamo vissuto e ne abbiamo dovuto contrastare sussulti anche gravi e pericolosi fino a pochi anni fa.
  La realtà del terrorismo e dell'eversione è una realtà estremamente grave di criminalità organizzata, spesso coniugata con la criminalità mafiosa, che deve essere contrastata con gli strumenti della prevenzione, ma anche di un'efficace repressione penale.
  Il fatto della specializzazione è vero, ma, rimanendo all'esempio della Francia, in Francia ci sono i giudici specializzati, ma non i parquet specializzati. Ci sono i cosiddetti JIRS, otto tribunali distrettuali specializzati in criminalità organizzata, che inducono, a loro volta, i pubblici ministeri a specializzarsi nel momento in cui operano presso quei JIRS. Sono i giudici che nascono specializzati.
  Da noi, c’è una scelta, ancora una volta, diversa. Noi abbiamo il pubblico ministero che si va specializzando e che si è specializzato nella materia della criminalità mafiosa e ora anche nella materia terroristica.
  Di risulta dovrebbero specializzarsi i giudici che si occupano di queste materie. Io non so se si debba arrivare ai tribunali distrettuali, anche perché la realtà giudiziaria nostra è talmente diversificata e variegata che forse ha ragione il procuratore Pignatone quando dice che questo potrebbe essere un elemento di sclerotizzazione e di dispersione in alcune procure. Tuttavia, una specializzazione o semi-specializzazione indotta per questa tipologia di reati è indispensabile, altrimenti si incorre negli inconvenienti e nelle anomalie che ricordava l'amico Dambruoso.
  Credo di aver risposto più o meno a tutti, anche all'onorevole Sarti. Sulla modifica ho risposto. Questo è quello che penso. Credo di non aver trascurato nulla.
  Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, procuratore. Ringrazio tutti gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.20.