Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLA PROPOSTA DI LEGGE ESAME C. 1751 BUSINAROLO, RECANTE DISPOSIZIONI PER LA PROTEZIONE DEGLI AUTORI DI SEGNALAZIONI DI REATI O IRREGOLARITÀ NELL'INTERESSE PUBBLICO
Audizione di Giorgio Fraschini, rappresentante dell'Associazione Transparency International Italia, di Antonella Napolitano, responsabile comunicazione di CILD Italia (Coalizione italiana libertà e diritti civili) e di Roberto Egidi, responsabile anticorruzione dell'Agenzia delle entrate.
Ferranti Donatella , Presidente ... 3
Egidi Roberto , responsabile anticorruzione dell'Agenzia dell'entrate ... 3
Ferranti Donatella , Presidente ... 7
Fraschini Giorgio , rappresentante dell'Associazione Transparency International Italia ... 7
Ferranti Donatella , Presidente ... 10
Napolitano Antonella , responsabile comunicazione di CILD Italia (Coalizione italiana libertà e diritti civili) ... 10
Ferranti Donatella , Presidente ... 12
Businarolo Francesca (M5S) , relatrice ... 12
Ferranti Donatella , Presidente ... 13
Ferraresi Vittorio (M5S) ... 13
Amoddio Sofia (PD) ... 13
Ferranti Donatella , Presidente ... 13
Egidi Roberto , responsabile Anticorruzione dell'Agenzia delle entrate ... 14
Ferranti Donatella , Presidente ... 14
Fraschini Giorgio , rappresentante dell'Associazione Transparency International Italia ... 15
Ferranti Donatella , Presidente ... 15
Fraschini Giorgio , rappresentante dell'Associazione Transparency International Italia ... 15
Ferranti Donatella , Presidente ... 15
Napolitano Antonella , responsabile comunicazione di CILD Italia (Coalizione italiana libertà e diritti civili) ... 15
Ferranti Donatella , Presidente ... 16
Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE DELLA II COMMISSIONE DONATELLA FERRANTI
La seduta comincia alle 15.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
Audizione di Giorgio Fraschini, rappresentante dell'Associazione Transparency International Italia, di Antonella Napolitano, responsabile comunicazione di CILD Italia (Coalizione italiana libertà e diritti civili) e di Roberto Egidi, responsabile anticorruzione dell'Agenzia delle entrate.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, con riferimento all'indagine conoscitiva in merito all'esame della proposta di legge esame C. 1751 Businarolo, recante disposizioni per la protezione degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità nell'interesse pubblico, l'audizione di Giorgio Fraschini, rappresentante dell'Associazione Trasparency International Italia, di Antonella Napolitano, responsabile comunicazione di CILD Italia (Coalizione italiana libertà e diritti civili) e di Roberto Egidi, responsabile anticorruzione dell'Agenzia dell'entrate, che è accompagnato da Giuseppe Caporello, dirigente responsabile del settore sicurezza della Direzione centrale audit e sicurezza, e da Michele Mariella, assistente di direzione e coordinatore del team anticorruzione.
Tutti gli auditi hanno portato del materiale scritto, che acquisiamo, d'intesa con il presidente della Commissione lavoro, e distribuiamo ai colleghi.
Do quindi la parola ai nostri ospiti affinché svolgano la loro relazione.
ROBERTO EGIDI, responsabile anticorruzione dell'Agenzia dell'entrate. Ringrazio i presidenti e voi tutti per l'opportunità che viene offerta all'Agenzia delle entrate di intervenire nell'ambito di questa indagine conoscitiva su materia così delicata e importante.
Come anticipava il presidente Ferranti, abbiamo depositato un documento di sintesi descrittivo della disciplina che è stata emanata dall'Agenzia delle entrate in tema di whistle blowing e della relativa procedura. Esso contiene anche un bilancio del primo semestre di attivazione di tale procedura.
In questa sede vorrei semplicemente evidenziare quelli che possono essere considerati gli aspetti più salienti e significativi dell'esperienza maturata dall'Agenzia in questo semestre nonché fornire alcune riflessioni conclusive, che spero possano essere utili nella prosecuzione dell'esame di questo articolato.
L'Agenzia ha intrapreso la strada del whistle blowing in maniera molto decisa, nonostante una tradizione non consolidata nel nostro Paese, nella convinzione che le segnalazioni inviate dai dipendenti costituiscano sicuramente un utile e indispensabile strumento di contrasto non soltanto dei fenomeni che possono essere inquadrati come corruttivi per definizione, ma anche di comportamenti e irregolarità diffuse di altro tipo che possono svilupparsi Pag. 4all'interno dell'Agenzia, comprometterne il buon andamento e nuocere fortemente alla sua immagine.
La filosofia di fondo che ha ispirato il modello di whistle blowing adottato in Agenzia è la seguente: il segnalante va considerato come un prezioso collaboratore spontaneo nell'attività di contrasto dei fenomeni corruttivi. Lo stesso Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, il dottor Cantone, intervenendo in un convegno organizzato dall'Agenzia delle entrate nel dicembre 2014 a L'Aquila dal titolo «Noi e la corruzione», caldeggiò fortemente il sostegno alla figura del whistle blower e sottolineò – fu quello probabilmente il momento in cui l'Agenzia si orientò a stringere i tempi di adozione della procedura – che chi segnala non è un delatore, ma si assume solamente importanti responsabilità.
Le modalità con cui i dipendenti dell'Agenzia delle entrate possono segnalare condotte illecite sono state disciplinate e articolate in un'apposita direttiva a firma del direttore dell'Agenzia, la dottoressa Orlandi, il 25 febbraio 2015. Questa può essere considerata la data di avvio della procedura. Sono modalità che integrano e si allineano a quanto previsto dal Piano triennale di prevenzione della corruzione 2015-2017, che è stato aggiornato dall'Agenzia nel gennaio 2015 e che già anticipava l'attivazione di un apposito canale per la segnalazione interna di condotte irregolari come strumento ulteriore per il contrasto alla corruzione.
Le novità di questa procedura sono rappresentate dalla circostanza che nella direttiva innanzitutto l'Agenzia ha voluto sottolineare l'utilità delle segnalazioni non soltanto riferite a fenomeni corruttivi o a fattispecie che possono avere rilevanza penale, ma anche a fatti sintomatici di disfunzioni o illeciti rilevanti anche sotto altro profilo, come per esempio irregolarità nella gestione di procedure, di prassi o di disposizioni operative dell'Agenzia.
È sembrato utile in quel contesto anche fare riferimento, a titolo esemplificativo, a una serie di fattispecie che potrebbero essere oggetto di segnalazione e che sono tipiche dei processi gestiti dall'Agenzia. Mi riferisco, ad esempio, agli accessi indebiti agli applicativi informatici dell'Agenzia – un fenomeno che spesso purtroppo riscontriamo – irregolarità nell'attestazione delle presenze in ufficio tramite utilizzo indebito del cosiddetto badge, rapporti o contatti ricorrenti tra un singolo operatore dell'ufficio e uno stesso contribuente o utente esterno.
Sono tutti i casi che in sé potrebbero anche non configurare direttamente un'ipotesi di reato, ma che sicuramente sono sintomatici di qualcosa che non va e che l'Agenzia, attraverso una propria attività, potrebbe chiarire, arrivando anche ad adottare provvedimenti importanti.
Vediamo con quali mezzi e con quali strumenti i dipendenti dell'Agenzia delle entrate possono trasmettere le segnalazioni, al di là delle metodologie e dei canali ordinari, come il servizio postale. Due sono le modalità più frequentemente utilizzate. La prima è la trasmissione tramite casella di posta elettronica nominativa del dipendente al responsabile dell'anticorruzione. Ma la vera novità del modello adottato dall'Agenzia è rappresentata dalla possibilità di presentare la segnalazione utilizzando una procedura informatica dedicata, cioè un apposito link presente sul portale intranet dell'Agenzia.
Questo link prevede la compilazione guidata di una serie di campi, utilizzabili per la descrizione delle condotte, degli eventi, dei contenuti, dei comportamenti e dei soggetti coinvolti. Volendo, offre anche la possibilità al dipendente di allegare documenti che possono comprovare le condotte segnalate. Nel documento di sintesi c’è un allegato che sintetizza schematicamente il flusso operativo gestito attraverso questa procedura.
Una caratteristica particolare della procedura attivata dall'Agenzia è che l'indicazione delle generalità del soggetto segnalante, cioè del dipendente che segnala, non è stata ritenuta obbligatoria. Auspicando naturalmente che il ricorso a segnalazioni nominative, in coerenza con le finalità dell'istituto del whistle blowing, sia sempre più frequente, in questa prima Pag. 5fase si è voluta garantire al segnalante anche la possibilità di non palesarsi immediatamente.
Questa procedura è stata creata con accorgimenti informatici tali da garantire il massimo grado di tutela e sicurezza sia delle generalità dei segnalanti sia del contenuto delle segnalazioni. Tutte le informazioni sono crittografate e non viene conservato alcun dato che potrebbe consentire, in una seconda fase, di identificare la postazione di lavoro da cui il dipendente ha generato la segnalazione.
Il sistema, una volta inviata la segnalazione, genera un codice alfanumerico univoco, con cui da quel momento la segnalazione verrà identificata, e attribuisce specifiche credenziali di accesso al segnalante, che potrà utilizzarle per i contatti successivi con il responsabile anticorruzione. Un'altra peculiarità è che le e-mail crittografate possono essere decodificate soltanto dal responsabile, utilizzando la Carta nazionale dei servizi che è stata rilasciata a tutti i dipendenti. In questi primi sei mesi di esperienza, ho preferito non delegare altri collaboratori, non per sfiducia, ma per una prima valutazione dell'impatto e della tenuta della procedura. All'Agenzia delle entrate solo io posso decodificare e rendere leggibili le segnalazioni che pervengono attraverso questa procedura e poi avviare l'istruttoria. È ovvio che nel corso dell'istruttoria il nominativo del segnalante viene oscurato e la segnalazione viaggia in un ambiente di sicurezza.
L'aspetto forse più significativo della procedura è che questo nostro sistema prevede che il responsabile possa colloquiare con il segnalante anche se anonimo. È una scelta che fino adesso si è dimostrata molto premiante. È possibile attraverso il codice che viene attribuito alla segnalazione una volta inviata. Ciò consente di garantire la massima riservatezza e sicurezza sia nella fase iniziale sia negli eventuali successivi contatti.
In effetti, nel portale intranet dell'Agenzia dedicato a questa procedura è presente un secondo link che consente l'accesso alla cosiddetta bacheca delle segnalazioni, nella quale vengono inserite le segnalazioni per le quali il responsabile intende acquisire dal segnalante eventuali ulteriori contributi o approfondimenti. In altri termini, io non so chi sia il mio interlocutore. So che è un dipendente e so che quasi sicuramente opera in un certo ufficio perché me lo dice lui. Anche se non so il nome, posso chiedere comunque, se ho necessità, ulteriori elementi, chiarimenti, documenti e precisazioni su quello che mi dice, altrimenti sarei costretto ad archiviare perché la segnalazione è anonima e perché magari non mi fornisce elementi sufficienti e articolati per andare avanti.
La possibilità di instaurare il colloquio, ancorché anonimo, si è dimostrata in questo primo periodo di applicazione una scelta vincente. La sensazione di poter stabilire un contatto a distanza, sia pure mantenendo l'anonimato, probabilmente ingenera nel dipendente una certa fiducia e un certo affidamento nella procedura, una certa tranquillità e forse anche la convinzione che dall'altra parte ci sia una persona effettivamente interessata e pronta ad ascoltare e trattare le sue segnalazioni.
Come ripeto, almeno in questa prima fase ho avuto l'idea, e anche questa si è dimostrata in un certo senso positiva e utile, di ringraziare comunque il segnalante a fronte di ogni segnalazione, anche quelle meno utili, per evidenziare la presenza costante. Su questo punto nelle conclusioni farò qualche ulteriore riflessione.
Nell'ambito della struttura del responsabile destinatario delle segnalazioni è stato costituito un apposito team, che tratta le segnalazioni nella fase istruttoria. Questo team è coordinato dal sottoscritto e dal dottor Mariella, che è qui presente, e cura la prima fase istruttoria delle segnalazioni pervenute. La finalità di questa primissima istruttoria è quella di operare una prima valutazione sull'effettiva fondatezza delle segnalazioni, il cosiddetto fumus.
Senza approfondire oltre un certo livello, devo capire se c’è materia oppure Pag. 6non c’è materia, semmai chiedendo ulteriori elementi al segnalante. In caso di esito positivo, il team si può avvalere della collaborazione delle strutture di audit interno dell'Agenzia per avviare indagini conoscitive più approfondite. Per certi tipi di segnalazioni non ci affidiamo alle strutture di audit territoriali, ma manteniamo l'attività a livello centrale.
Il contatto diretto con il dipendente, anche nella fase istruttoria, può essere attivato tramite indirizzi e numeri telefonici che lo stesso fornisce. In certi casi questo si è verificato dopo il colloquio avviato. Il segnalante si è fidato e si è aperto maggiormente.
L'attività istruttoria condotta dal team è un aspetto molto delicato e importante perché, almeno nella logica e nella costruzione che abbiamo immaginato, l'istruttoria iniziale e quella successiva più approfondita devono consentire di individuare, in via autonoma e sganciandosi dalla segnalazione, un impianto indiziario articolato e circostanziato, che deve costituire la vera, qualificata e autonoma fonte di innesco di eventuali ulteriori indagini, al fine di sganciare sempre più la figura del segnalante da altre fasi che lo potrebbero mettere in una posizione scomoda.
Ecco un primo bilancio. Dal mese di febbraio a oggi sono pervenute circa 150 segnalazioni, di cui 130 – questa proporzione mette in evidenza la bontà della procedura – attraverso la procedura informatica dedicata. Solo 20 hanno utilizzato i canali ordinari e prevalentemente l'indirizzo di posta elettronica. È ovvio che con l'indirizzo di posta elettronica il dipendente si qualifica e diventa identificabile. Sia pure indubbiamente garantito di tutte le tutele che la normativa prevede, è uno strumento che il dipendente gradisce probabilmente di meno, almeno in questa prima fase.
Per la maggior parte di queste segnalazioni sono ancora in corso accertamenti e approfondimenti, in stretta collaborazione con le strutture di audit, e solo una minima parte di esse è stata archiviata per carenza di elementi significativi, anche richiesti in una seconda fase. Alcune istruttorie sono state comunque portate a compimento con l'adozione di provvedimenti anche di natura disciplinare. C’è stato anche un licenziamento, ma teniamo conto che sono passati solo sei mesi e i tempi tecnici per certi approfondimenti sono necessari.
Soprattutto, sono emerse alcune situazioni particolarmente delicate, anche di rilevanza penale, le cui risultanze sono state messe a disposizione delle procure competenti, con cui sono state avviate proficue collaborazioni. Sono quattro le procure coinvolte in questa fase e direi che c’è stata grande attenzione da parte loro per le relazioni conclusive del servizio audit dell'Agenzia rispetto a segnalazioni di questa provenienza. Sono state ritenute particolarmente significative e degne di attenzione. Quello che interessa di più è che le procure hanno subito accettato la disponibilità a collaborare alla valutazione di queste situazioni.
Un altro aspetto importante è che durante questa prima fase – è un dato rilevante per una valutazione complessiva dell'istituto – si è constatato un utilizzo assolutamente appropriato e responsabile dell'istituto da parte dei dipendenti dell'Agenzia. Non sono pervenute segnalazioni palesemente denigratorie e offensive. L'utilizzo dello strumento è stato maturo e responsabile. Nella maggior parte dei casi si tratta di segnalazioni sufficientemente dettagliate, circostanziate e pertinenti, che dimostrano una notevole maturità nell'utilizzo della procedura.
In definitiva, la prima fase di operatività di questa procedura di whistle blowing in Agenzia delle entrate può considerarsi soddisfacente e in linea con quanto auspicato alla vigilia. Tutte le valutazioni sono legate alla necessità che il tempo aumenti la fiducia dei nostri dipendenti nella bontà della procedura e nella sua efficacia e proficuità.
Questo è il quadro di sintesi, che troverete nel documento che è stato presentato. A questo punto vorrei solamente fare tre riflessioni conclusive alla luce dell'esperienza maturata e portare l'attenzione Pag. 7su alcune tematiche che potrebbero essere utili nella prosecuzione dei lavori.
Il successo e lo sviluppo in Italia dell'istituto del whistle blowing, a parere nostro, è legato non soltanto al famoso cambio culturale, che pure è necessario e richiederà tempo, ma soprattutto all'acquisizione – non facile certamente – di una graduale fiducia dei dipendenti nella sicurezza della procedura, nella serietà e nell'obiettività dell'interlocutore – che forse vuol dire anche neutralità – e nella utilità della propria collaborazione.
Come abbiamo visto in alcuni casi particolari, quando il dipendente ha percepito l'utilità della propria collaborazione, ha incrementato il livello di profondità della segnalazione. Ha collaborato meglio e in maniera più utile solo quando ha acquisito fiducia nella procedura nonché l'importanza di essere ascoltato e la certezza di avere un interlocutore che lo ascolta e lo prende in considerazione. Soltanto quando il dipendente acquisirà pieno affidamento nella procedura, probabilmente la risposta potrà essere più significativa, più rilevante e sicuramente più proficua.
Una seconda riflessione alla luce dei risultati è quella che io chiamo valorizzazione dell'anonimato. Non si tratta di incentivare l'anonimato. Questo l'ho detto in varie sedi e il direttore Orlandi ha espresso questo concetto nel giorno del varo della procedura. Non vogliamo incentivare l'anonimato, ma dobbiamo mettere in sicurezza i nostri dipendenti e dare loro la possibilità, almeno in questa prima fase, di collaborare avendo l'esigenza di uno schermo. L'esperienza maturata in Agenzia ha fatto constatare che la vera tutela per il dipendente è quella anticipata in questa prima fase e garantita dal mantenimento dell'anonimato.
Siamo consapevoli che con l'anonimato, allo stato attuale e a normativa vigente, siamo fuori dal whistle blowing. È abbastanza evidente che la tutela non può essere accordata a un dipendente che non si palesa e rimane sconosciuto. Abbiamo però verificato che il dipendente collabora molto più efficacemente e molto più proficuamente quando resta protetto dal filtro dell'anonimato.
In relazione a questo aspetto, va tenuto conto, almeno nella nostra esperienza e data la realtà territoriale dell'Agenzia delle entrate, che a volte le delicate realtà ambientali in cui opera il dipendente preoccupano molto e possono rappresentare un freno a questo tipo di collaborazione. Sono realtà difficili e a rischio, che possono esporre il dipendente non solo a ritorsioni sul piano del rapporto di lavoro, ma anche a ritorsioni di tipo personale, con rischio dell'incolumità personale.
È stato manifestato da un segnalante, in particolare, che ci ha detto che avrebbe voluto fare di più, ma che viveva in un ambiente in cui non era possibile aprirsi od essere più chiaro e più esplicito. Anche questo è un aspetto da tenere in considerazione. Abbiamo quindi valorizzato e tutelato l'anonimato attraverso la procedura che abbiamo descritto.
L'ultimo aspetto è l'importanza della profondità dell'attività istruttoria, che deve creare un pacchetto autonomo e sufficiente in grado di garantire il segnalante da eventuali interferenze successive, salvo quelle volute dall'autorità giudiziaria e che in certi casi sono inevitabili.
Vi ringrazio per l'attenzione.
PRESIDENTE. La ringrazio molto anche per essere stato, nei limiti dell'ampiezza della materia, sintetico. Ora, come concordato con il Presidente Damiano, darei la parola a Giorgio Fraschini, rappresentate dell'Associazione Transparency International Italia.
GIORGIO FRASCHINI, rappresentante dell'Associazione Transparency International Italia. Ringrazio le Commissioni e gli onorevoli presenti. Io lavoro per Transparency International Italia. La nostra associazione si occupa della tematica ormai da diversi anni. Abbiamo iniziato nel 2009 e finalmente si inizia a parlarne. Siamo molto in ritardo e quello che è stato fatto è ancora molto poco. Perciò accogliamo questa proposta di legge con notevole entusiasmo.Pag. 8
In questi anni ci siamo occupati di fare proposte normative sul whistle blowing, cercando di coinvolgere più o meno tutte le forze politiche, la società civile e le organizzazioni private. Ultimamente abbiamo anche aperto un centro di assistenza per i segnalanti casi di corruzione. Questi segnalanti sono sia cittadini sia whistle blower e abbiamo iniziato a vedere le cose da un punto di vista un po’ diverso.
È qui che riusciamo davvero a comprendere quali sono, secondo noi, i tre problemi principali da considerare quando si parla di whistle blowing. Il primo è il problema culturale che è stato citato. In Italia non si tende a fare segnalazioni. I motivi sono tanti. C’è la paura delle ritorsioni. C’è il fatto che – come recita una vecchia filastrocca – «chi fa la spia non è figlio di Maria». C’è la sensazione che magari non cambierebbe nulla. Le motivazioni sono tante.
Il secondo motivo è organizzativo. Di Agenzie delle entrate con procedure fatte così bene ce ne sono veramente poche sia nel settore pubblico sia nel settore privato. Quello che ho sentito è estremamente confortante perché condivido tutte le osservazioni che ha fatto il dottor Egidi. Purtroppo non è un'abitudine comune. Noi riceviamo le segnalazioni e proviamo a dialogare con le funzioni interne. Le funzioni interne possono essere i responsabili anticorruzione di vari enti o magari i responsabili audit di aziende private. Non sempre si riesce ad avere questa collaborazione e questa attenzione per ciò che vuol dire ricevere una segnalazione, analizzarla, farne tesoro e al tempo stesso garantire la sicurezza del segnalante.
Oltre a quello culturale e organizzativo, il terzo contesto è sicuramente quello giuridico. In Italia essenzialmente non c’è una legge su questo argomento. Esiste solo la norma che è stata introdotta nella legge n. 190 del 2012, la cosiddetta «legge Severino», in materia di anticorruzione. Purtroppo è pienamente insufficiente per tanti motivi e per questo che la proposta di legge all'esame ci sembra una proposta sicuramente positiva.
I motivi per cui la norma è insufficiente sono quelli già illustrati in varie sedi. Sono stati illustrati anche quando è stata presentata per la prima volta la proposta di legge. È una norma condensata in un solo articolo. Si riferisce solamente al settore pubblico. I destinatari non si capisce esattamente come siano stati selezionati e come si raccordino tra di loro.
La legge prevede che venga fatta segnalazione al responsabile anticorruzione – che non è previsto dalla legge, ma è stato un chiarimento fornito dall'Autorità anticorruzione –, all'autorità giudiziaria, alla Corte dei conti e all'Autorità anticorruzione stessa. Non si capisce come siano coordinati questi soggetti. Non si capisce quando si debba segnalare a un soggetto piuttosto che a un altro e se i requisiti siano gli stessi. Sono veramente tanti gli aspetti poco considerati dalla normativa attuale.
Anche il testo della norma presenta aspetti che ci lasciano perplessi. Teoricamente, secondo la legge, sono protetti solamente gli illeciti conosciuti «in ragione del rapporto di lavoro». L'espressione «in ragione del rapporto di lavoro» fa pensare che, se succede qualcosa di fianco a me ma non attiene esattamente alle mie mansioni lavorative, non sono sicuro di poterlo segnalare. Sta forse alla prassi dell'ente e al tipo di procedura interna che è stata adottata decidere se quell'illecito interessa ed è protetto dalla normativa o meno.
La lacuna sicuramente più grande della legge attuale è la mancanza di protezione dell'identità del segnalante. Quanto ci è stato raccontato dall'Agenzia delle entrate è una loro iniziativa. Secondo la legge attuale l'identità del segnalante può essere rivelata. Anzi, è proprio la legge a dire che, se una persona oggetto di segnalazione ha bisogno, per la propria difesa, di conoscere l'identità del segnalante, può avere accesso all'identità della persona che ha fatto la segnalazione.
Questa norma, che dovrebbe incentivare il whistle blowing, secondo me fa esattamente l'opposto. Lo scoraggia perché, nel momento in cui si fa una segnalazione, non si ha certezza che la propria Pag. 9identità sarà protetta. L'identità sarà protetta solo se non servirà alla persona segnalata.
Come spiegava precedentemente il dottor Egidi, questo è il punto cruciale. Si tratta di un sistema basato sulla fiducia. Una persona deve essere assolutamente sicura di quello che succederà alla sua identità e alla sua segnalazione. La paura di ritorsioni è uno degli elementi più importanti che spiegano perché si fatichi a segnalare internamente e perché, come diceva il dottor Egidi, la maggior parte dei dipendenti segnalano in modo anonimo.
Anche le statistiche del nostro sistema, che è un sistema abbastanza simile a quello dell'Agenzia delle entrate, pur avendo noi una funzione totalmente diversa, sono più o meno conformi. Circa il 65 per cento delle persone non si dichiara o lo fa in un secondo momento. Inizialmente preferisce rimanere anonimo. Uno degli aspetti chiave è cercare di disciplinare anche le segnalazioni anonime o quanto meno garantire la riservatezza assoluta del segnalante.
Noi abbiamo inoltrato alla Commissione alcuni commenti e alcuni possibili emendamenti alla proposta di legge presentata dall'onorevole Businarolo, ma per tanti aspetti siamo totalmente allineati con quanto è già stato proposto. L'allargamento dei soggetti che possono segnalare mi sembra un punto chiave. Poiché il whistle blowing è stato inserito nella legge n. 190 del 2012, non si capisce come questo possa coinvolgere solamente i soggetti pubblici quando gli enti pubblici si trovano a dialogare con realtà private in modo continuo. Penso, per esempio, a chi partecipa a gare o a concorsi. La normativa non li protegge perché in questo momento non li considera proprio.
Quanto ai destinatari, crediamo che debbano essere raccordati meglio. Siamo assolutamente favorevoli al fatto che le segnalazioni vadano affrontate, se possibile, internamente perché internamente è più facile agire, si è più vicini all'illecito, si può capire esattamente cosa fare e agire in modo più veloce. Sappiamo benissimo che i tempi della magistratura in Italia non sono così celeri. Internamente dovrebbe essere più facile segnalare.
Riteniamo che vada incentivata la segnalazione interna e permessa la segnalazione esterna. In ogni momento una persona può o dovrebbe poter segnalare all'autorità giudiziaria o all'Autorità nazionale anticorruzione. Credo anche che dovrebbero essere stabiliti dei protocolli di collaborazione tra gli enti, i regolatori di settore, l'Autorità anticorruzione e le procure.
Ritorno alla protezione dell'identità perché è fondamentale. I diritti del segnalante sono la cosa più importante. Ciò non toglie che si critichi il fatto che una legge forte possa produrre uno sbilanciamento a svantaggio della persona oggetto di segnalazione e un possibile abuso della disciplina e dell'istituto. Noi crediamo, come ha evidenziato anche il dottor Egidi, che se l'istruttoria è fatta in modo serio e motiva una segnalazione con elementi indipendenti rispetto alla segnalazione stessa, allora i diritti del segnalato sono mantenuti. Una segnalazione dovrebbe portare a qualcosa indipendentemente dal segnalante e fungere semplicemente da allerta, non da elemento costitutivo di un'istruttoria o di un procedimento disciplinare.
Per questo non fa alcuna differenza se la segnalazione è confidenziale o anonima, per quanto ci riguarda. La segnalazione deve essere fatta bene. Se è circostanziata, non cambia il fatto che sia anonima. Se non è circostanziata, non si può procedere comunque. Per questo bisognerebbe spingere per la qualità delle segnalazioni, ma purtroppo non tutte le procedure lo fanno. Per una procedura approfondita come quella dell'Agenzia delle entrate, moltissime altre si limitano a invitare chi ha visto casi di corruzione a inviare una e-mail. La maggior parte degli enti purtroppo è strutturata in questo modo.
La proposta di legge introduce molti altri elementi che, secondo me, vanno quanto meno presi in considerazione. L'inversione dell'onere della prova è uno di questi. Un altro è il divieto di clausole limitative al diritto di segnalare illeciti. Pag. 10Questo avviene soprattutto in realtà private, dove nei contratti possono essere inserite le cosiddette «clausole di riservatezza» che limitano ciò che un dipendente, per esempio in uscita, può dire sulla sua azienda.
Crediamo poi che debba essere migliorata la parte relativa alle sanzioni disciplinari per chi attua atti di ritorsione nei confronti dei segnalanti. È un aspetto chiave. In molti casi chi attua una ritorsione non ha paura di subire una sanzione perché è si trova in una posizione privilegiata. Sullo stesso piano è da considerare chi non agisce. I responsabili anticorruzione che ricevono segnalazioni e non le prendono in considerazione, non le analizzano, non investigano possibili illeciti e tanto meno proteggono i segnalanti sono, purtroppo, moltissimi.
C’è un altro aspetto che riteniamo centrale in base a ciò che abbiamo visto. Abbiamo provato a differenziarci leggermente dalla proposta di legge, facendo una proposta che nasce da quanto stiamo sperimentando nella pratica. L'idea è quella di creare un fondo per la tutela dei segnalanti che non sia una ricompensa per la segnalazione, ma una protezione per chi ha subito un atto di ritorsione o un licenziamento ed è in attesa della pronuncia di un giudice del lavoro.
Moltissime persone forse saranno riassunte, ma aspettano anni prima che venga loro riconosciuto di aver fatto una giusta segnalazione e di aver subito una ritorsione. Nel frattempo chi li protegge ? Come fanno ad assumere un avvocato e a dimostrare che la loro segnalazione è arrivata per motivi diversi da quelli allegati dal datore di lavoro ?
La previsione di questo fondo è materia assai complessa e non crediamo di essere noi i più indicati a stabilire come e dove debba essere istituito. Tuttavia, è un elemento veramente importante. In assenza di un fondo di questo tipo le persone non si fanno avanti, specialmente quelle che vivono in realtà piccole e hanno maggiori difficoltà ad accedere ai grandi media o a strutture di supporto di tipo indipendente. Ci sono tante persone in attesa che arrivi una legge a tutelarli, ma che al momento si trovano senza una tutela vera e propria.
Vi ringrazio e resto a disposizione per qualsiasi domanda.
PRESIDENTE. Grazie. Do ora la parola Antonella Napolitano, responsabile comunicazione di CILD Italia.
ANTONELLA NAPOLITANO, responsabile comunicazione di CILD Italia (Coalizione italiana libertà e diritti civili). Buonasera a tutti. Ringrazio i presidenti delle Commissioni, gli onorevoli e tutti i presenti. Dico brevemente che CILD è la Coalizione italiana per le libertà e i diritti civili. È una coalizione di più di trenta organizzazioni della società civile che si occupano di diritti umani e libertà civili. Tra queste ci sono anche Cittadinanzattiva e Movimento difesa del cittadino (MDC). Io sono qui per parlare, a nome di queste organizzazioni, della prospettiva della società civile sul whistle blowing.
Innanzitutto faccio una prima riflessione sul fatto che non esiste una parola italiana che indichi precisamente il concetto di whistle blower. La traduzione non è una questione secondaria. È un modo per identificare questa figura evitando di usare termini come delatore, che significa non persona che segnala un illecito nell'interesse pubblico, ma piuttosto a danno di qualcun altro.
In altri Paesi, come per esempio l'Olanda, la parola corrispondente significa «colui che suona le campane» e dà l'immagine di qualcuno che vuole lanciare un allarme. In altre lingue l'equivalente è «guardiano del faro», il faro che segnala alle navi i pericoli. Si tratta, per altro, di figure solitarie e non contemporanee e questo è sintomatico.
Il whistle blowing, la denuncia, ha una storia lunga. Ne sentiamo parlare in Italia con questo nome da pochi anni, in seguito a scandali come i crack di Parmalat o Enron, ma la prima azione di whistle blowing risale al 1773 ed è attribuita a un personaggio che conosciamo. Si tratta di Benjamin Franklin, padre fondatore degli Stati Uniti, scienziato, inventore, ma anche Pag. 11primo whistle blower e primo a gestire una segnalazione di questo tipo.
Nel 1773 Franklin ricevette alcune lettere che comprovavano che al tempo il Governatore dello Stato del Massachusetts stava cercando di sopraffare i diritti dei cittadini americani che stavano costituendo lo Stato per favorire l'Inghilterra. Questa segnalazione gli fu fatta da un collaboratore del Governatore e Franklin, che era una persona di grande notorietà e ampiamente stimata, riuscì a sventare il tradimento e a far condannare il Governatore.
Se Franklin riuscì a far questo, fu perché era in una posizione privilegiata ed era ritenuto di un'onestà specchiata. Questo tema si ripropone anche oggi. Tante persone che vorrebbero segnalare un danno alla cosa pubblica temono ritorsioni, come detto in precedenza, e temono di non trovare né attenzione, contrariamente a quanto ci è stato illustrato a proposito dell'Agenzia delle entrate, né la necessaria tutela del loro anonimato.
L'anonimato non è un modo per venire meno alle proprie responsabilità, bensì un modo per vedere tutelata, soprattutto in realtà territoriali piccole o complesse, come è stato già detto, sia la propria attività lavorativa sia in alcuni casi la propria incolumità personale. Le riflessioni che sono state fatte rispetto all'importanza di alcuni aspetti ci sentiamo pertanto di riproporle, dalla tutela dell'anonimato alla sicurezza sul piano informatico.
Questo non è affatto un elemento secondario. Viviamo in un Paese con un'alfabetizzazione informatica piuttosto bassa, dove il cittadino non è probabilmente in grado, senza aiuto da parte dell'istituzione, di avviare un processo di segnalazione che gli permetta di tutelare autonomamente il proprio anonimato.
Un altro tema è quello della gestione del tempo. Una segnalazione dovrebbe ricevere, se ha la sostanza necessaria, una risposta in tempi congrui. Chi segnala si espone personalmente anche se prova a mantenere l'anonimato e lo fa non per guadagno personale ma per migliorare l'istituzione per la quale lavora. Anche noi condividiamo la proposta di non limitare la tutela ai soli dipendenti pubblici, ma di estenderla a organizzazioni private.
In questi giorni sentiamo parlare del caso Volkswagen. Nei mesi scorsi i quotidiani inglesi hanno parlato di Eulex, l'agenzia che gestisce la missione in Kosovo, i cui dirigenti sono da diversi anni accusati di corruzione e gestione di centinaia di migliaia di euro. È una situazione molto complessa venuta alla luce proprio grazie a uno dei dipendenti dell'agenzia. C’è anche il «caso FIFA», con gli ultimi arresti. Tutti questi casi hanno in comune una o più persone che hanno fatto segnalazioni e hanno contribuito a far venire allo scoperto irregolarità e illeciti.
Faccio un ulteriore collegamento. Di solito, come è stato già detto, il primo approccio di chi fa una segnalazione non è parlare con la stampa, ma cercare una soluzione all'interno. A maggior ragione è quindi molto importante che il cittadino si senta ascoltato e tutelato e possa avere fiducia nelle istituzioni. Dove questo non accade – questi casi ne sono una testimonianza – il whistle blower ricorre alla stampa, che rappresenta un pezzo importante della società civile. In molti casi una stampa libera, che ha indagato e fatto inchieste grazie alle rivelazioni dei whistler blower, è stata capace di esporre al pubblico cattiva gestione della cosa pubblica, corruzione e molti altri problemi.
Negli Stati Uniti, che sono capofila della legislazione in questo senso, il primo atto di protezione del whistle blowing risale al 1989. Anche la lotta alle frodi fiscali in molti casi viene condotta grazie al whistle blowing, che ha consentito il recupero di circa l'85 per cento delle somme frodate con appalti pubblici o evasione fiscale. Nella relazione che ho lasciato sono presenti i riferimenti per approfondire questi passaggi.
Solo negli Stati Uniti i dipendenti pubblici o di agenzie legate al settore pubblico che hanno svolto attività di whistle blowing hanno portato a rivelare violazioni di sicurezza delle centrali nucleari, discriminazioni razziali, abusi sessuali da Pag. 12parte dei soldati durante la guerra in Bosnia; hanno avuto un ruolo importante nella chiusura di inceneritori di rifiuti tossici, nella scoperta di frodi negli appalti pubblici e di frodi fiscali. Alcuni whistle blower si sono ribellati, come nel caso di Daniel Ellsberg, il quale rivelò che durante la guerra in Vietnam il Governo aveva mentito al Parlamento, o di Mark Felt, la celeberrima «gola profonda», che non era un delatore ma un direttore associato dell'FBI, le cui dichiarazioni hanno provocato lo scandalo che ha portato alle dimissioni di un Presidente degli Stati Uniti.
Sono solo alcuni di decine di casi in cui, grazie a una segnalazione e all'esposizione in prima persona di un cittadino, è stato possibile migliorare la gestione della cosa pubblica. Questi cittadini, secondo noi, hanno diritto a essere tutelati, assistiti e aiutati non semplicemente con approcci ottimi e senza dubbio meritevoli, ma per legge perché purtroppo non tutte le istituzioni e le organizzazioni hanno un approccio strutturato, ragionato e attento alla tutela.
Le protezioni esistenti in questo momento nell'ordinamento italiano non sono sufficienti, a nostro giudizio, e altri ne hanno già parlato nello specifico. L'ultima cosa che mi sento di dire è che, così come il fattore umano crea la corruzione e la sfiducia dei cittadini nelle istituzioni, così il fattore umano legato ai whistle blower può riparare questi danni e ricostruire la fiducia dei cittadini nelle istituzioni, fiducia che è ai minimi storici.
In una società libera e attenta ai cittadini la tutela di queste figure è, secondo noi, fondamentale. Crediamo che siano indispensabili non solo per la società e i cittadini, ma anche per i vostri sforzi.
PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi e do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
FRANCESCA BUSINAROLO, relatrice. Grazie a tutti coloro che partecipano a questa audizione. Ho qualche domanda, anche se gli interventi sono stati molto esaurienti e mi riservo di leggere le vostre relazioni.
Molto interessante è l'esperienza dell'Agenzia delle entrate. Ho capito che, quando ricevete notizie di reato, le comunicate alle procure. Secondo il vostro punto di vista, siccome è un tema di cui questa mattina abbiano parlato con Raffaele Cantone, fino a che punto andrebbe mantenuta la riservatezza sulle generalità del segnalante ?
Qualche vantaggio tangibile l'ho percepito e le segnalazioni hanno portato addirittura a un licenziamento, ma che prospettive avete ? Intendete portare avanti questo progetto, che immagino serva sì a migliorare l'attività dell'Agenzia delle entrate ma anche a fare emergere questioni più rilevanti ? Avete il coraggio e la forza di andare avanti ? Queste sono le domande per il dottor Egidi, che ringrazio.
Vengo all'intervento del dottor Fraschini. Con il dottor Cantone questa mattina abbiamo anche parlato del fatto che la proposta di legge prevede la possibilità di premiare i segnalatori. Secondo il mio punto di vista, è, comunque, un incentivo per smuovere la cultura della segnalazione che in Italia non esiste e potrebbe anche ripagare queste persone delle spese legali che devono affrontare dopo aver segnalato. Purtroppo molto spesso succede così. Voi proponete invece un fondo per sostenere i segnalanti.
Anche al dottor Fraschini chiedo fino a che punto suggeriscano di mantenere l'anonimato, soprattutto dal punto di vista del processo penale dove c’è un gap normativo. Nei procedimenti amministrativi un minimo di garanzia dell'anonimato c’è; nei processi penali no. La seconda domanda è come fare a evitare la stratificazione normativa. Anche questo tema è emerso questa mattina. Esistono già l'articolo 54-bis e la legge n. 190 del 2012 ed entrambi contengono un minimo di tutela. Vorrei conoscere il vostro suggerimento.
Ho un'ultima domanda per la dottoressa Napolitano, che ha fatto un buon confronto tra le varie esperienze, addirittura citando il caso americano di Benjamin Pag. 13Franklin. Noi sappiamo che l'Italia – è un dato di Transparency International – è prima in Europa per corruzione percepita. È un dato molto negativo perché tanti investitori non vengono a investire in Italia. Secondo il suo punto di vista, una normativa come questa potrebbe incentivare gli investimenti e ridurre la percezione della corruzione ?
PRESIDENTE. Nel caso in cui le domande dei colleghi togliessero tempo alle repliche, potrete inviarci le risposte successivamente per iscritto.
Le domande indubbiamente sono importanti, ma a una certa ora devo chiudere i lavori. Poiché emergono elementi che ci aiutano a rivedere il testo della proposta di legge, anche alla luce di quanto è avvenuto questa mattina nel corso dell'audizione del Presidente Cantone, sarebbe importante avere, più che le risposte all'impronta, ulteriori contributi scritti.
Do ora la parola, per formulare domande, all'onorevole Ferraresi ed, a seguire, all'onorevole Amoddio.
VITTORIO FERRARESI. Ringrazio gli auditi per il contributo. Siamo favorevoli al fatto che la normativa venga approvata ed eventualmente modificata. Premesso questo, vorrei fare una provocazione. Oggi chi denuncia ha tutele ridotte e non ha incentivi. Con questa proposta si darebbe invece un incentivo a denunciare soprattutto fatti di corruzione. La mia domanda è se avete pensato al fatto che prevedere un incentivo potrebbe aumentare il dilagare della corruzione.
Chi corrompe in ambienti piccoli con pochi dipendenti cerca di far tacere tutti. Se c’è un incentivo a denunciare, il corruttore avrà tutto l'interesse a promettere, ad esempio, venti anziché dieci per fare in modo che le persone stiano zitte. Visto che in Italia – lo si vede soprattutto nel falso in bilancio – il criminale fa sempre un ragionamento di utilità per capire quanto gli convenga delinquere rispetto a quello che gli potrebbe capitare, vi siete chiesti se il premio non possa far dilagare la corruzione, inducendo i corruttori a promettere più di quanto promette lo Stato ?
SOFIA AMODDIO. Sarò telegrafica. La mia domanda è per il dottor Roberto Egidi dell'Agenzia delle entrate. Lei scrive – così ci potrà rispondere in maniera precisa per le nostre future determinazioni in ordine a questa proposta di legge – che sul sito ci sono stati almeno 7.000 accessi, un numero veramente rilevante. Solamente 130 segnalazioni con procedura informatica sono state registrate e una minima parte archiviata. La mia domanda è se lei possa dirci effettivamente quante di queste istruttorie sono andate in porto. Vorremmo capire concretamente come si esplicita questa vostra procedura e vorremmo conoscere le percentuali.
La sua relazione è molto dettagliata, ma è mancante dei dati, che per noi sono molto utili.
PRESIDENTE. Faccio anche io una domanda telegrafica al dottor Egidi.
Ho percepito – caso mai ci invierà un approfondimento – che il vostro meccanismo, che mi sembra bene articolato, utilizza queste segnalazioni come segnali di partenza ed è per questo che poi viene garantita la riservatezza. Analogo meccanismo lo abbiamo previsto nella legge sul femminicidio per alcuni autori di segnalazioni, come operatori di servizi sociali e altri.
Questo ci consentirebbe di dare risposta a quello che diceva stamattina il Presidente Cantone. Le segnalazioni, che rimangono riservate, funzionano come un articolo di giornale, leggendo il quale si scopre che in un certo ufficio c’è qualcosa che non va. Ci ha detto che avete rapporti con le procure e vorremmo sapere quanti casi avete trasmesso e se sono già iscritti. Essendo pubblici ufficiali, del resto avete il dovere di trasmettere. Le chiedo se, quando informate l'autorità giudiziaria, il segnalante iniziale rimane anonimo.
Il problema che si crea è anche quello della protezione del segnalante all'interno del procedimento giudiziario. Come sa, per le denunce anonime è prevista la cestinazione Pag. 14per quanto riguarda l'autorità giudiziaria, mentre se un anonimo va dalla polizia inizia l'indagine. Voi lavorate come una polizia giudiziaria. Il segnalante rimane riservato, dopodiché non c’è più e, finché la segnalazione non viene vestita da notizia riscontrata, non informate l'autorità giudiziaria. È così ? Nei vostri rapporti, una volta che presentate notizia di reato, la segnalazione viene qualificata come anonima o comunicate l'identità del segnalante ? Do ora la parola ai nostri ospiti per la replica, avvertendo che il tempo a nostra disposizione è pressoché esaurito.
ROBERTO EGIDI, responsabile Anticorruzione dell'Agenzia delle entrate. Rispondo anche all'onorevole Businarolo. Noi certamente non giriamo la segnalazione così com’è, ancorché faccia riferimento a fattispecie di rilevanza penale, all'autorità giudiziaria. Non si è mai verificato ed è una nostra scelta precisa. Avviamo un'istruttoria e, solo quando riscontriamo elementi significativi, creiamo una relazione completa in cui facciamo riferimento alla segnalazione. Se questa è nominativa, non evidenziamo il nome del segnalante.
Nei quattro casi che abbiamo sperimentato finora, questa impostazione è stata accettata dall'autorità giudiziaria, che non ha avuto niente in contrario perché a quel punto la fonte d'innesco dell'attività giudiziaria è la relazione conclusiva di un'attività istruttoria che può essere innescata da un segnalante, da un articolo di giornale o dal classico esposto anonimo che arriva per lettera.
Non sappiamo, perché non abbiamo avuto ancora l'esperienza concreta, se nel corso del procedimento il magistrato inquirente ritenga necessaria l'audizione del segnalante e quindi possa chiedercelo espressamente. Per come abbiamo impostato fino a oggi le nostre istruttorie sul whistle blowing, gli elementi sono tutti creati da noi. Supportiamo l'attività giudiziaria con gli elementi che noi forniamo.
Faccio un esempio concreto. A fronte di certe segnalazioni avviamo attività istruttorie soprattutto sul piano informatico. Incrociamo le nostre banche dati per capire se qualche dipendente abbia interrogato soggetti che possono dimostrare un coinvolgimento o un interessamento personale su certe posizioni eccetera. Quando riscontriamo la rilevanza di questi incroci e di queste istruttorie interne, portiamo quel risultato al magistrato.
È su quello che semmai si procede ulteriormente.
PRESIDENTE. Il problema è che voi siete un ente pubblico e agite come pubblici ufficiali. Il segnalante è come un «informatore». L'attività di polizia parte dalle informative, che possono essere anche anonime. La vostra è un'applicazione specifica, con tutte le cautele. Ma se lei fosse un privato ? Come applichiamo questo modello alla società privata se l'obbligo di riferire che ha lei nel privato non c’è ? Lei può tutelare il dipendente perché è un pubblico ufficiale e perché grazie alla legge n. 190 del 2012 c’è il responsabile dell'anticorruzione.
Noi dobbiamo perfezionare la legge n. 190 del 2012 e aprire al privato, ma nel privato tenere al riparo il segnalante è un problema. Diventa un teste. Il collaboratore di giustizia o il collaboratore della corruzione è correo e ottiene lo sconto di pena. Ha il suo beneficio. Il mero teste è invece più difficile da tutelare e ha l'obbligo di dire la verità. Il problema che pongo, che non è di facile soluzione, è come tutelare il segnalante nell'ambito di un'azienda privata, quando il responsabile anticorruzione dell'azienda privata – il decreto legislativo n. 231 del 2001 prevede il modello organizzativo anticorruzione – non ha alcun obbligo di indagare e riferire.
Il punto è aperto. Sarebbe il caso di verificare, se non indirizzare le segnalazioni anonime – ma non mi piace parlare di segnalazioni anonime, preferisco dire segnalazioni non nominative come abbiamo fatto nella legge sul femminicidio – ad una autorità pubblica. Perché solo il Pag. 15pubblico ti garantisce perché ha l'obbligo di riferire. Il privato questo obbligo non ce l'ha.
GIORGIO FRASCHINI, rappresentante dell'Associazione Transparency International Italia. Do una risposta velocissima e poi approfondiremo. La prima domanda riguardava il fondo piuttosto che la ricompensa. Sono due cose diverse. Il fondo è un supporto per la «sopravvivenza» del segnalante. La ricompensa è un incentivo. Dipende da quanto si vuole approfondire la legge, darle potere e riconoscere il segnalante. È una scelta puramente politica. In America le ricompense funzionano benissimo. In Europa non le ha ancora usate nessuno. È una scelta che sta a voi fare.
Nel processo penale l'anonimato esiste già, nel senso che le segnalazioni anonime arrivano in procura, ma di solito vengono ignorate.
PRESIDENTE. In procura è obbligatorio ignorarle.
GIORGIO FRASCHINI, rappresentante dell'Associazione Transparency International Italia. Certo.
È interessante il fatto, e mi collego a quanto diceva il dottor Egidi, che, quando arrivano segnalazioni validate da un ufficiale pubblico che ha fatto un'istruttoria interna, non si tratta più di segnalazioni anonime. Lì si vede il valore. È vero, come diceva la presidente, che nel privato è diverso. È sicuramente una tutela diversa, ma è anche vero che esistono più destinatari. Un privato meno tutelato, se vuole, può andare direttamente all'autorità giudiziaria. Manca il passaggio interno, che è un vantaggio.
La terza domanda era come risolvere i contrasti normativi. Io abrogherei la legge esistente, nel senso che inserirei all'interno di una nuova normativa quei pochi elementi dati dalla normativa attuale, che sono veramente minimi e possono essere ricompresi benissimo in un disegno di legge a sé stante.
Per quanto riguarda la domanda dell'onorevole Ferraresi, secondo me questa legge sul whistle blowing non è un incentivo a corrompere perché la vera questione da risolvere è perché non c’è un condannato per corruzione. I fatti di corruzione non emergono e il whistle blowing è uno strumento che fa emergere i fatti. Bisogna capire quale possa essere l'elemento che fa aumentare le condanne per corruzione. Non è vero che se non ci sono condanna non c’è corruzione. Semplicemente, un po’ per la legge sulla prescrizione che abbiamo in Italia, un po’ per altri motivi, i fatti emergono tardi.
Bisogna farli emergere prima e chi meglio di un segnalante interno può farlo ?
PRESIDENTE. Stiamo modificando la legge. Andate di pari passo con quello che stiamo facendo.
Stiamo lavorando. Le pene per la corruzione sono aumentate. Gli effetti non si vedono oggi.
Però non è vero che non c’è niente.
ANTONELLA NAPOLITANO, responsabile comunicazione di CILD Italia (Coalizione italiana libertà e diritti civili). La relatrice chiedeva se una legge di questo tipo possa invertire la rotta e aumentare la fiducia nella possibilità di fare business e investimenti in Italia.
Considerato che in Europa non si è legiferato in modo particolarmente profondo e che, come detto, si tratta di un forte tema culturale, oltre che legale, una nazione di prima grandezza, membro del G7, come è l'Italia, che facesse una legge sul whistle blowing adeguata agli standard internazionali, tenendo presente tutta la serie di fattori che oggi abbiamo esplorato, si porrebbe automaticamente su un palcoscenico diverso rispetto alla percezione che hanno dell'Italia non solo i nostri concittadini, ma anche i cittadini stranieri. Non cambierebbe le cose in un giorno o in un anno, ma creerebbe, dal punto di vista culturale, un cambiamento nella percezione della corruzione sia all'interno sia all'esterno.Pag. 16
Non si fa in un giorno, ma questa legge avvierebbe un processo e metterebbe l'Italia in vista.
PRESIDENTE. Vi ringrazio molto, anche per la sintesi finale. Vi invieremo il resoconto stenografico, cosicché, se ci sono cose da chiarire ulteriormente, ci potrete mandare integrazioni. Forse la domanda dell'onorevole Amoddio è rimasta senza risposta.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 16.20.