Sulla pubblicità dei lavori:
Damiano Cesare , Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLA PROPOSTA DI LEGGE ESAME C. 1751 BUSINAROLO, RECANTE DISPOSIZIONI PER LA PROTEZIONE DEGLI AUTORI DI SEGNALAZIONI DI REATI O IRREGOLARITÀ NELL'INTERESSE PUBBLICO
Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali CGIL, CISL, UIL e UGL, di Diana Rita Naverio, segretario generale della provincia di Monza Brianza, di Leonardo Ferrante, rappresentante dell'Associazione Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie, di rappresentanti della Banca d'Italia, di Mariangela Zaccaria, vicesegretario generale del comune di Milano, e di Alessandro Rodolfi, rappresentante dell'Associazione Hermes (Centro per la trasparenza e i diritti umani digitali).
Damiano Cesare , Presidente ... 3
Merlone Erika , Rappresentante dell'organizzazione sindacale CISL – Dipartimento Pubblico impiego ... 3
Damiano Cesare , Presidente ... 5
Scarpari Romeo , rappresentante dell'organizzazione sindacale UIL ... 5
Damiano Cesare , Presidente ... 6
Di Stefano Alessandro , dirigente della Federazione UGL Intesa ... 6
Damiano Cesare , Presidente ... 7
Businarolo Francesca (M5S) , relatrice per la II Commissione ... 7
Casellato Floriana (PD) , relatrice per la XI Commissione ... 7
Damiano Cesare , Presidente ... 8
Silvestri Luciano , Rappresentante dell'Organizzazione sindacale CIGL ... 8
Damiano Cesare , Presidente ... 9
Ferranti Donatella , Presidente ... 9
Ferrante Leonardo , Rappresentante dell'Associazione Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie ... 9
Ferranti Donatella , Presidente ... 13
Ferrante Leonardo , Rappresentante dell'Associazione Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie (fuori microfono) ... 13
Ferranti Donatella , Presidente ... 13
Naverio Diana Rita , Segretario generale della provincia di Monza Brianza ... 13
Ferranti Donatella , Presidente ... 16
Bianco Magda , capo del servizio tutela dei clienti e antiriciclaggio del dipartimento vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d'Italia ... 16
Ferranti Donatella , Presidente ... 16
Bianco Magda , capo del servizio tutela dei clienti e antiriciclaggio del dipartimento vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d'Italia ... 17
Ferranti Donatella , Presidente ... 20
Zaccaria Mariangela , Vicesegretario generale del comune di Milano ... 20
Ferranti Donatella , Presidente ... 23
Rodolfi Alessandro , Rappresentante dell'Associazione Hermes (Centro per la trasparenza e i diritti umani digitali) ... 23
Ferranti Donatella , Presidente ... 26
Businarolo Francesca (M5S) ... 26
Tripiedi Davide (M5S) ... 26
Rodolfi Alessandro , Rappresentante dell'Associazione Hermes (Centro per la trasparenza e i diritti umani digitali) ... 26
Zaccaria Mariangela , Vicesegretario generale del comune di Milano ... 26
Bianco Magda , capo del servizio tutela dei clienti e antiriciclaggio del dipartimento vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d'Italia ... 26
Rodolfi Alessandro , Rappresentante dell'Associazione Hermes (Centro per la trasparenza e i diritti umani digitali) ... 26
Tripiedi Davide (M5S) ... 27
Ferranti Donatella , Presidente ... 27
Rodolfi Alessandro , Rappresentante dell'Associazione Hermes (Centro per la trasparenza e i diritti umani digitali) ... 27
Naverio Diana Rita , Segretario generale della provincia di Monza Brianza ... 27
Bianco Magda , capo del servizio tutela dei clienti e antiriciclaggio del dipartimento vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d'Italia ... 27
Dall'Osso Matteo (M5S) ... 27
Ferranti Donatella , Presidente ... 28
Rodolfi Alessandro , Rappresentante dell'Associazione Hermes (Centro per la trasparenza e i diritti umani digitali) ... 28
Tripiedi Davide (M5S) ... 28
Ferranti Donatella , Presidente ... 28
Dall'Osso Matteo (M5S) ... 28
Ferrante Leonardo , Rappresentante dell'Associazione Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie ... 28
Ferranti Donatella , Presidente ... 28
Tripiedi Davide (M5S) ... 29
Ferranti Donatella , Presidente ... 29
Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CESARE DAMIANO
La seduta comincia alle 10.10.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.
Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali CGIL, CISL, UIL e UGL, di Diana Rita Naverio, segretario generale della provincia di Monza Brianza, di Leonardo Ferrante, rappresentante dell'Associazione Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie, di rappresentanti della Banca d'Italia, di Mariangela Zaccaria, vicesegretario generale del comune di Milano, e di Alessandro Rodolfi, rappresentante dell'Associazione Hermes (Centro per la trasparenza e i diritti umani digitali).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame della proposta di legge C. 1751 Businarolo, recante disposizioni per la protezione degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità nell'interesse pubblico, l'audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali CGIL, CISL, UIL e UGL, di Diana Rita Naverio, segretario generale della provincia di Monza Brianza, di Leonardo Ferrante, rappresentante dell'Associazione Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie, di rappresentanti della Banca d'Italia, di Mariangela Zaccaria, vicesegretario generale del comune di Milano, e di Alessandro Rodolfi, rappresentante dell'Associazione Hermes (Centro per la trasparenza e i diritti umani digitali).
Ringrazio i nostri ospiti per la loro partecipazione all'odierna audizione e segnalo che sono presenti per la CISL Erika Merlone, del Dipartimento pubblico impiego, per la UIL Romeo Scarpari, funzionario dell'organizzazione, per l'UGL Augusto Ghinelli, segretario confederale e Alessandro Di Stefano, dirigente della Federazione UGL Intesa. Avrebbero dovuto essere presenti per la CGIL Fabrizio Fratini e Luciano Silvestri, ma al momento non sono presenti. Noi non possiamo non cominciare i nostri lavori, però, perché tutti erano perfettamente informati che si sarebbe cominciato alle 10.
Segnalo che le Commissioni hanno a disposizione circa un'ora di tempo. Pertanto, ciascuna relazione potrà avere una durata orientativa di circa dieci minuti al fine di consentire eventuali quesiti ai deputati e le repliche.
Come di consueto, procedo per ordine, ragion per cui do la parola a Erika Merlone della CISL.
ERIKA MERLONE, Rappresentante dell'organizzazione sindacale CISL – Dipartimento Pubblico impiego. Buongiorno a tutti. Per prima cosa porto i saluti del Segretario confederale Maurizio Bernava, che purtroppo non ha potuto presenziare oggi per altri impegni concomitanti. Ringrazio le Commissioni II e XI per questa opportunità di audizione. Naturalmente, come organizzazioni sindacali, tutte le Pag. 4volte che c’è un'occasione di confronto, di scambio e di dialogo noi non possiamo che esserne contenti e soddisfatti.
Venendo alla proposta di legge in questione, io mi scuso perché noi non abbiamo preparato un documento scritto da presentare. Se le Commissioni lo riterranno opportuno, lo presenteremo nei prossimi giorni.
Purtroppo, io ho avuto il testo della proposta di legge C. 3365 solo ieri pomeriggio. Avevo lavorato sulla stesura precedente, ragion per cui molti dei rilievi che avevamo fatto sono, in realtà, stati superati perché il testo attuale è molto più preciso e puntuale su molti aspetti.
Per quanto ci riguarda, la volontà del legislatore di disciplinare questa fattispecie, cioè la tutela del lavoratore che decida di segnalare reati e irregolarità di cui è venuto a conoscenza nel rapporto di lavoro, è naturalmente importante. Tuttavia, dico subito che noi, come Confederazione italiana sindacati dei lavoratori (CISL), non siamo d'accordo con l'idea di abrogare l'articolo 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Quell'articolo è stato inserito con un'idea ben precisa, quella della lotta alla corruzione all'interno della pubblica amministrazione, che, come vediamo purtroppo dai giornali e dai telegiornali tutti i giorni, è diventata una vera e propria emergenza nazionale. Non c’è edizione di un telegiornale in cui non si abbia la notizia di un amministratore che viene perseguito per corruzione, concussione o abuso d'ufficio.
Secondo noi, questa disciplina specifica della pubblica amministrazione e del pubblico impiego deve rimanere, eventualmente anche coordinandola, nel caso in cui il Parlamento decidesse di approvare una legge generale che tuteli sia il lavoro pubblico, sia il lavoro privato. Sono entrambe esigenze assolutamente degne di tutela, sia per chi lavora nel settore privato, sia per chi lavora nel settore pubblico, ma nel settore pubblico c’è un'esigenza in più, che è quella della lotta alla corruzione e del tentativo di diffondere all'interno della pubblica amministrazione la cultura della legalità e della trasparenza. Noi chiediamo che in questo senso l'articolo 54-bis del citato decreto legislativo n. 165 del 2001 ricomprenda una disciplina più puntuale per quel settore specifico.
Per quanto riguarda, invece, la proposta di legge, molto brevemente dirò alcune cose che, secondo noi, andrebbero chiarite. Poi, come ho detto, mi riservo di presentare un documento scritto.
Nella precedente formulazione c'era la previsione, nel caso in cui il lavoratore per ritorsione venisse licenziato, della riassunzione. Come rilievo, noi proporremmo di non parlare di riassunzione, bensì di reintegro del lavoratore, il che garantisce una tutela più ampia e più profonda. In questo nuovo testo questo aspetto è sparito completamente. Questa, secondo noi, è una questione assolutamente da reinserire, altrimenti non si capisce quale sia la tutela del lavoratore.
Per quanto riguarda la questione della pubblica amministrazione, c’è la previsione di un ufficio per la ricezione delle segnalazioni. Qui, ancora una volta, si dice a risorse zero, perché ciò sarebbe da fare con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste. I lavoratori, da due a quattro, che svolgessero quelle funzioni all'interno dell'ufficio non solo dovrebbero ricevere le segnalazioni, ma anche giudicarne la fondatezza. Anche in quest'ambito bisogna chiarire che tipo di professionalità deve lavorare in quell'ufficio. Non tutti i lavoratori sono in grado di capire la fondatezza di un comportamento, se costituisce un reato, un illecito o una fattispecie civilmente e penalmente perseguibile dall'ordinamento.
Non solo, per esempio all'articolo 2, comma 2, lettera e), della proposta di legge C. 3365 c’è una sovrapposizione di discipline, perché tutta la materia della salute e sicurezza è già disciplinata dal testo unico di cui al decreto legislativo n. 81 del 2008, il quale prevede tutta una serie di soggetti con una specificazione molto forte di compiti. Non si capisce come si coordinerebbe quella disciplina con questo punto della legge.Pag. 5
All'articolo 11 della proposta di legge C. 3365 noi riteniamo che sia opportuno formulare e dettagliare meglio che cosa si intende per «atti di natura ritorsiva».
Anche per quanto riguarda la questione, per esempio, del premio, all'articolo 12, comma 3, lettera e), della proposta di legge C. 3365, si prevede di dare un premio a chi venisse a conoscenza di reati e illeciti durante lo svolgimento del proprio lavoro, per compiti che sono praticamente previsti dalla propria funzione. Questo non ci sembra una cosa giusta, perché ciò fa parte del suo dovere. Se una persona è adibita alla vigilanza di un settore e denuncia delle irregolarità, come prevedono il suo contratto di lavoro e la sua funzione, premiarla, sinceramente, non ci sembra opportuno.
All'articolo 13, comma 1, della proposta di legge C. 3365, per quanto riguarda il procedimento disciplinare si dice semplicemente che il procedimento disciplinare deve essere basato su elementi certi e documentati. Ci sembra abbastanza ambiguo, perché è normale che un procedimento disciplinare debba essere fondato su elementi certi e documentati.
In generale, per concludere, noi riteniamo che debba essere mantenuta la disciplina specifica per quanto riguarda il settore pubblico e che comunque il testo in esame debba essere approfondito, perché secondo noi è molto lacunoso in molti aspetti e anche pericoloso. Si tratta, infatti, di una materia molto delicata. Soprattutto nel settore privato possiamo ben capire a quali tipi di ritorsioni un lavoratore può essere esposto.
Grazie.
PRESIDENTE. Do la parola a Romeo Scarpari per la UIL.
ROMEO SCARPARI, rappresentante dell'organizzazione sindacale UIL. Buongiorno, presidente. Grazie dell'opportunità e dell'occasione per discutere questa questione. Premetto che, come Unione italiana del lavoro (UIL), data la rilevanza e la complessità della normativa giuridica che ci viene sottoposta – non solo perché oggi la questione della legalità e della corruzione è una questione nazionale, ma anche per tutte le implicazioni che essa comporta – noi ci riserviamo di inviare in tempi utili, e non storici, una nota di approfondimento più articolata, sia, in termini generali, sulle questioni di principio affrontate, sia sul merito dell'articolato della proposta di legge. In questa sede, però, riteniamo comunque opportuno e necessario fare alcune brevissime considerazioni.
Soprattutto per quello che riguarda non tanto il pubblico, quanto la sfera privata la normativa ci lascia estremamente perplessi, se non addirittura contrari, nel momento in cui interferisce e va a toccare o addirittura bypassa una – nonostante tutto – consolidata autonomia delle parti sociali.
In secondo luogo, è stata rilevata, almeno in prima battuta, da parte nostra un'assenza di simmetria di natura giuridica nell'inserimento della proposta all'interno dell'ordinamento giuridico, tanto più motivata dall'assenza di una clausola di salvaguardia giuridica che chiarisca che le segnalazioni, dichiarate o anonime, non possono riguardare diritti legalmente riconosciuti.
Nel merito specifico dell'articolato faccio alcune osservazioni di natura generale, che, come ho detto in premessa, ci riserviamo poi di motivare e dettagliare in modo più approfondito.
Innanzitutto all'articolo 4 della proposta di legge C. 3365, fermo restando che siamo un po’ perplessi sul fatto che tutto l'ambito privato venga investito di questa disposizione, comprese le piccole e medie imprese, se non addirittura le micro, riteniamo quantomeno che in ambito privato l'Organismo di vigilanza debba divenire risultato esplicito di un accordo tra le parti sociali.
Come seconda questione, il combinato disposto tra l'articolo 5 e l'articolo 8 ci lascia parecchio perplessi, sia in relazione all'effettiva capacità dell'autorità giudiziaria di verificare veridicità e attendibilità della segnalazione anonima, sia soprattutto per quanto riguarda l'effettiva tutela Pag. 6del segnalante. Mi riferisco al problema della garanzia e della tutela effettiva del segnalante, anonimo o dichiarato, che ritroviamo, in termini di perplessità da parte nostra, anche all'interno della formulazione dell'articolo 11.
Infine, all'articolo 14, con riferimento al termine «indirettamente», noi riteniamo che l'uso di questo termine conceda di fatto al datore di lavoro un potere discrezionale incontrollato e in questo senso poniamo l'esigenza di una riformulazione del comma 2 dell'articolo 14 della proposta di legge C. 3365, o esplicitando le casistiche che determinano l'effettivo contrasto, o affidando alle parti sociali la verifica nel merito.
Passo alla considerazione conclusiva. Per parte nostra, come ho detto prima, invieremo la nota più dettagliata proprio perché l'interconnessione giuridica delle norme è estremamente forte, sia per quanto riguarda la connessione con la pubblica amministrazione, sia per quanto riguarda il privato e il suo rapporto con la contrattazione collettiva.
L'ultima considerazione riguarda una proposta di legge che per parte nostra non riteniamo sufficientemente di tutela e di garanzia dei diritti e degli interessi del singolo lavoratore, sia esso pubblico o privato, dichiarato o anonimo. Ci sembra parecchio strano che, nel momento in cui si chiede di fatto ai lavoratori tutti di diventare una sorta di collaboratori di giustizia, la sfera delle tutele e delle garanzie sia così fragile e debole.
Grazie.
PRESIDENTE. Do la parola, per l'Unione generale del lavoro, ad Alessandro Di Stefano.
ALESSANDRO DI STEFANO, dirigente della Federazione UGL Intesa. Buongiorno, presidente. L'Unione generale del lavoro (UGL) la ringrazia per l'opportunità che ci ha concesso oggi. Cercherò di essere breve e di essere assistito nella dialettica anche da Filippo Corridoni, di cui oggi ricorre il centenario della morte sul fronte della prima guerra mondiale.
Nel complesso, la proposta di legge rappresenta un punto di partenza per una discussione più ampia sul tema dei comportamenti illeciti nelle aziende e nella pubblica amministrazione, una questione assolutamente centrale nel Paese, che sta distruggendo anche il tessuto economico di questo nostro Paese attraverso la qualità del prodotto offerto dalle nostre aziende. Infatti, se una ditta corrompe, non può concorrere al miglioramento del proprio prodotto attraverso la concorrenza. In ogni caso, quindi, si viene a danneggiare il made in Italy, quel marchio che ci ha collocato ai primi posti dell'industria mondiale.
Il primo punto sul quali noi vogliamo soffermarci è, innanzitutto, il «costo zero» che la proposta di legge prevede per l'applicazione della normativa in approvazione. Ci sembra un po’ irrealizzabile questo costo zero, che è diventato un mantra della nostra legislazione. Quando si prevede di utilizzare dei dipendenti che hanno già dei servizi, non vedo come si possa poi chiedere a questi stessi dipendenti, che appunto hanno anche altri servizi, di occuparsi di una materia tanto delicata, che porterà a un carico di lavoro più grande per loro rispetto a quello che avevano precedentemente.
Questo avviene, peraltro, in un momento in cui, specialmente nella pubblica amministrazione, sembra che la premialità non venga considerata. Mi riferisco a quel taglio del 20 per cento delle risorse accessorie che il Governo ha voluto effettuare con la sua manovra economica di quest'anno. Cerchiamo, quindi, di capire come si possa realizzare una legge che effettivamente potrebbe avere un'azione anche moralizzatrice all'interno del nostro Paese a costo zero.
Un altro punto su cui vorremmo soffermarci è il premio che si vuole conferire a coloro che segnalano comportamenti illeciti nelle aziende e nella pubblica amministrazione. Ci preoccupa l'entità, la quantità del premio, anche e soprattutto rispetto a quel limite, che è stato tolto nella nuova bozza, dei 2 milioni di euro. Noi riteniamo che, poiché questa legge Pag. 7deve avere anche una sua forza moralizzatrice su un problema che sta causando parecchi danni in questo Paese, non si possa parlare di premi così alti, con un quantum tanto elevato. Chiediamo, quindi, la reintroduzione quanto meno del limite del premio.
Occorre anche valutare se sia utile o meno applicare la norma anche alle segnalazioni già in corso alla data di entrata in vigore della normativa in discussione. Grazie.
PRESIDENTE. I rappresentanti della CGIL non sono ancora presenti. Pertanto, do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
FRANCESCA BUSINAROLO, relatrice per la II Commissione. Grazie, presidente. Ringrazio gli auditi soprattutto per aver avuto la cortesia di leggere entrambi i testi, anche se con poco tempo – le tempistiche sono queste, purtroppo – nonché per la puntualità delle segnalazioni e anche delle critiche. Sono contenta di riceverle perché almeno così si può senz'altro fare un lavoro migliore, visto che voi avete il contatto diretto con i soggetti che sono protagonisti di questa proposta di legge.
Mi piace che abbiate colto nel segno. Questa è una proposta di legge che mira a creare una chiave di volta nel nostro sistema giuridico italiano, cioè a responsabilizzare, moralizzare e dare più valore anche agli onesti, sostanzialmente. Sono contenta che abbiate colto questo intento.
Mi spiace, invece, un altro aspetto. Dalle critiche non ho capito bene perché dovrebbe essere pericolosa questa proposta di legge. Io ho conosciuto molti whistleblowers anche che lavoravano nel privato, nella fattispecie in una banca, e so che le ripercussioni che hanno avuto sono state molto gravi, almeno a livello personale e psicologico. Un ragazzo, nella fattispecie, ha avuto una decina di cause, tra civile e penale, per diffamazione e un paio di licenziamenti. Quelle sono ripercussioni reali. Non parliamo poi di tutte le telefonate e degli atteggiamenti. Il mobbing fa male, soprattutto nei confronti di chi pensa di fare un'azione che avvantaggia la società. Ricordiamo che questa proposta di legge non ha un fine a se stesso, ma ha un fine sociale.
Mi rendo conto che il problema dell'invarianza finanziaria, cioè il fatto che non si debba fare tutto a costo zero, è un problema reale. Noi lo critichiamo sempre. Nei fatti, però, questo è lo stato dell'arte. Non è facile trovare le risorse. Anch'io, se mi metto a cercare le famose coperture – peraltro, non sono parte della maggioranza e, quindi, non posso fare previsioni realistiche – sono in difficoltà, ragion per cui ho preferito così. Effettivamente, però, forse è una questione da sistemare.
Io aspetto da voi, come mi avete promesso, i vostri commenti anche nel dettaglio, perché sono molto curiosa di leggerli. Vi ringrazio ancora per la vostra presenza in quest'orario mattiniero. Grazie.
FLORIANA CASELLATO, relatrice per la XI Commissione. Grazie ai nostri auditi, perché sono stati molto chiari e precisi. Io concordo con molte delle cose che sono state dette, in particolare dalla rappresentante della CISL, sulla preoccupazione forte. L'Italia è lunga e stretta. Da nord a sud abbiamo realtà diverse. Io ho provato a immaginarmi, nell'approccio con questo provvedimento proposto dalla collega, che cosa potrebbe accadere all'interno della pubblica amministrazione in molte realtà d'Italia e all'interno anche di una realtà – penso al Veneto – in cui esistono la piccola e media impresa e anche la piccolissima impresa privata, applicando una legge di questo tipo.
La situazione è veramente demenziale. Scusatemi se uso un termine forte. Io credo che sia anti-educativo, diseducativo e devastante pensare che un legislatore monetizzi la legalità. È una questione di senso civico, è una questione morale, su cui bisogna essere cauti. Non si può pensare di premiare. Qualcuno ha parlato di «taglia», giustamente. Io ritengo Pag. 8che sia una cosa impensabile. Proveremo a verificare.
Voi siete stati molto utili perché in quello che avete detto c’è anche il punto di vista dei lavoratori. Questo è fondamentale. La Commissione lavoro è stata investita proprio per questo rispetto al provvedimento, anche se c’è molta materia giuridica, che deve verificare una serie di possibilità rispetto a questo testo.
Io vi ringrazio perché siete stati molto chiari anche rispetto a questo aspetto. Credo che noi dobbiamo sempre tener presente che non dobbiamo caricare responsabilità che non hanno né sui lavoratori, né sugli imprenditori, perché spesso sono già gravati di oneri burocratici enormi.
Io mi sono posta anche il problema seguente: il lavoratore del privato nella piccola impresa di 10 dipendenti da chi va a depositare la sua denuncia ? Va in prefettura, va da qualche parte ? Riflettiamo seriamente.
Vi ringrazio.
PRESIDENTE. Grazie. Sono con noi anche i rappresentanti della Confederazione generale italiana del lavoro (CGIL), Fabrizio Fratini, segretario nazionale della funzione pubblica, e Luciano Silvestri, dell'area contrattazione sociale della CGIL nazionale. Do la parola a Luciano Silvestri. a conoscenza, ovviamente, di tutto. Prego.
LUCIANO SILVESTRI, Rappresentante dell'Organizzazione sindacale CIGL. Premetto che sarà nostra cura, al massimo lunedì, farvi pervenire un testo scritto di quanto rapidamente cercherò di riassumere.
Da una parte, noi apprezziamo l'idea che si rafforzino gli aspetti che tutelano il lavoratore chiamato a denunciare, o comunque a segnalare – è una differenza non banale – atti o eventi, così come descritti dalle norme, che possono accadere nell'ambito della propria attività lavorativa. Dall'altra parte, però, troviamo nell'impianto alcuni elementi contraddittori, uno in particolare, in termini generali.
Mentre negli articoli 8 e 10 ci sono aspetti da correggere in alcune parti, il contesto che ruota intorno a questo aspetto principale ci sembra diminutivo rispetto alle norme precedenti, che la stessa proposta di legge intende abrogare. Questo è il primo aspetto di ordine più generale. Noi intenderemmo, così come, del resto, la stessa Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) nel corso di questo periodo aveva fornito come indicazione, rafforzare le tutele per i lavoratori che denunciano. Noi saremmo per concentrarci esclusivamente su questi aspetti. Gli altri ci sembrano introdurre elementi contraddittori.
In particolare, ho sentito l'ultima parte relativa alle questioni e agli aspetti del lavoratore dipendente in aziende pubbliche. Mentre il lavoratore pubblico, oltre a essere coinvolto in questo tentativo di rafforzarne le tutele, ha alle spalle la legge precedente sui Piani anticorruzione e sulla legge anticorruzione, il lavoratore privato, in realtà, non ha questo riferimento. Pertanto, questa proposta cade un po’ nel vuoto, seppure sia interessante provare ad andare incontro anche a questi aspetti, perché tutto il tema della corruzione ha coinvolto anche pezzi di lavoro privato e non solo pubblico. Ci sono anche queste vicende, che giustamente il legislatore deve affrontare. Da qui nascono tutte le nostre perplessità rispetto a tutti gli altri articoli che riguardano il testo che non siano quelli che si concentrano esclusivamente sugli aspetti di tutela del lavoratore.
Fra l'altro, scorrendo questi articoli, noto che le contraddizioni più evidenti riguardano l'articolo 4, laddove, al comma 1, lettera b), dell'A.C. 3365 si dispone che il segnalante può effettuare la segnalazione al destinatario specificatamente individuato all'interno dell'ente od organizzazione di cui è dipendente. In ambito privato la segnalazione deve essere fatta, ove previsto, all'Organismo di vigilanza preposto. Qui non la faccio lunga: non c’è, non esiste. Non esiste un impianto normativo che individui e obblighi il datore di lavoro, ossia l'azienda, a organizzare un impianto di questo tipo. Quindi, tutto Pag. 9questo praticamente cade assolutamente nel vuoto senza avere alle spalle questo elemento.
Per esempio, la lettera c) del medesimo comma 1, è un tema – e termino – che noi vorremmo sottolineare con forza. Visto che si prevede, giustamente, la tutela anche in occasione di una denuncia anonima, non comprendiamo per quale ragione le organizzazioni sindacali non possano essere coinvolte in questo elemento di tutela. Guardate che il lavoratore spesso si rivolge anche alle organizzazioni sindacali per avere consigli, perché conosciamo i timori e la preoccupazione che ci sono in questi casi.
Noi abbiamo compiuto una riflessione approfondita, ma ci preme segnalare anche questo vuoto, in quanto le rappresentanze dei lavoratori all'interno del luogo di lavoro possono essere un veicolo e un punto di riferimento importante, a maggior ragione se è prevista una segnalazione anonima. Questo è il tema che, fra l'altro, ripercorre un po’ tutto l'impianto sul quale voi ci avete chiamato a esprimerci.
Altre questioni di dettaglio riguardano, per esempio, l'articolo 5, in materia segnalazioni anonime. Al comma 2 si dice: «Nel caso in cui al comma 1 i destinatari della segnalazione hanno l'obbligo di esaminarla soltanto se adeguatamente documentata». Chi stabilisce che è adeguatamente documentata o che non lo è ? Ripeto, scorrendo il testo – saremo più precisi nella memoria che vi manderemo – ci sono dei punti interrogativi che già in questa circostanza, seppure per esempi, siamo chiamati a sottolineare.
Nella prima stesura in allegato c'erano gli articoli che, secondo questa norma, verrebbero abrogati. A noi essi sembrano, francamente, molto più cogenti e coerenti rispetto a un'azione che sia di tutela nei confronti del lavoratore che denuncia. Pertanto, non li abrogheremmo. Ci pare che, a partire da quell'impianto, forse si potrebbe lavorare di più e meglio sul tema degli articoli che riguardano la tutela dei lavoratori in caso di denuncia.
Grazie.
PRESIDENTE. Grazie. Se non ci sono ulteriori interventi, abbiamo concluso questa prima parte delle audizioni. Ringraziamo e sospendiamo brevemente la seduta.
La seduta, sospesa alle 10.45, riprende alle 11.15.
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI
PRESIDENTE. Proseguiamo le audizioni. Saranno, ora, auditi Diana Rita Naverio, segretario generale della provincia di Monza Brianza; Leonardo Ferrante, rappresentante dell'Associazione Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie; Magda Bianco, capo del Servizio tutela dei clienti antiriciclaggio del Dipartimento vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d'Italia, accompagnata da Gian Luca Trequattrini, capo del Servizio segreteria particolare del Direttorio e comunicazione, e Giampaolo Bargellini, addetto alla divisione stampa e alle relazioni esterne del Servizio segreteria particolare del Direttorio e comunicazione; Mariangela Zaccaria, vicesegretario generale del comune di Milano, accompagnata dalla dottoressa Dossena, e Alessandro Rodolfi, rappresentante dell'Associazione Hermes (Centro per la trasparenza e i diritti umani digitali).
Do la parola a Leonardo Ferrante. Ha un quarto d'ora di tempo.
LEONARDO FERRANTE, Rappresentante dell'Associazione Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie. Permettete una nota informale che meglio possa raccontare che cos’è per Libera il whistleblowing.
Io sono figlio di una whistleblower, anche se ancora non si chiamava così. Mia madre ha segnalato un episodio corruttivo nel proprio luogo di lavoro in una regione italiana – tutelo anche la sua riservatezza – in tempi non sospetti, in tempi cioè in cui di questo whistleblowing non si parlava. Non dimenticherò mai quello che le è successo. Ahimè, aveva raccontato questa Pag. 10situazione al suo capo. Peccato che anche il suo capo apparteneva a questa filiera.
Mia madre, dopo questa vicenda, ha chiesto il trasferimento. Avrebbe potuto diventare dirigente, ma non lo è mai diventata, non lo è mai stata. Alle mie parole di bambino, con cui le domandavo le ragioni di questa sua scelta, lei mi ha risposto: «Ora posso dormire la notte».
Io penso che si debba partire da qui per capire che cos’è il whistleblowing, perché, al di là di una parola inglese che alcune volte spaventa, c’è un vissuto delle persone. Da un lato, occorre normare, perché sappiamo bene quanto sia insufficiente la legge n. 190 del 2012 su questo e, dall'altra, occorre rendersi completamente e pienamente conto che stiamo parlando di persone che vivono una difficoltà e alcune volte anche un disagio.
La mia attività è proseguita all'interno della campagna Riparte il futuro, promossa da Libera e dal Gruppo Abele e giunta a un milione di persone. Abbiamo lanciato un'esperienza europea che si chiama Restarting the Future per chiedere al Parlamento europeo – è attiva da più di un anno, in occasione delle elezioni – una direttiva europea che obblighi tutti i 28 Paesi alle massime tutele del whistleblower in tutta Europa, prevedendo anche una forma di cooperazione transfrontaliera sulla tematica.
Non può mancare il nostro impegno in Italia, considerando che per noi il whistleblower molto spesso rischia anche la vita. Questo è l'elemento in più che mi viene da aggiungere, ed è anche un punto di attenzione in più sul whistleblowing che dobbiamo avere. Non è un caso che, per esempio, Franco Marcone, di cui ricordiamo il nome, ogni 21 marzo, nell'elenco delle vittime innocenti della criminalità organizzata, avesse segnalato episodi corruttivi che avvenivano all'interno dell'Ufficio del registro di Foggia. Per questo motivo verrà ucciso. Sebbene la mano fosse della criminalità organizzata, la motivazione stava proprio nelle segnalazioni – non ancora denunce – che lui stava portando avanti.
Ecco perché è quanto mai importante agire e non lasciare scoperto questo fronte. Esiste una legge, ma il fatto stesso che esista una legge insufficiente è il sintomo di un qualcosa che non funziona, perché avere una legge che non funziona all'interno del nostro ordinamento è un problema. Comprendete bene come sia urgente, per la garanzia del whistleblower stesso, fare in modo che essa funzioni nel migliore dei modi.
Probabilmente avrete ricevuto il documento. Quali sono per noi di Libera i quattro pilastri su cui si fonda il whistleblowing ? Sono contento di vedere che in larga parte ritornano all'interno della proposta che si va presentando.
Il primo pilastro è la garanzia delle migliori protezioni per il whistleblower nel settore pubblico e nel settore privato. Ripeto, se io dovessi suggerire una forma di integrazione al testo presentato, sarebbe quella di non dimenticarsi che l'Italia è il Paese della criminalità organizzata. Può accadere che, nell'andare a rivelare un fenomeno opaco corruttivo, all'interno di quel circuito ci sia anche la criminalità organizzata. Bisogna, quindi, mettere un surplus di attenzione qualora il segnalante si trovi di fronte a un rischio superiore.
Sapete meglio di me che ormai criminalità organizzata e corruzione sono due facce della stessa medaglia. Il criminale organizzato chi è ? È colui che compra le decisioni pubbliche che il politico corrotto o il funzionario corrotto mette in vendita. È il soggetto privilegiato per comprare le decisioni pubbliche ed entrare all'interno della vita economica e politica del Paese. È evidente, quindi, quanto sia importante un'integrazione speciale al riguardo e, pertanto, la previsione di misure facilitate – chiamiamole così – di protezione speciale da parte dello Stato nel caso in cui emerga anche la presenza della criminalità organizzata.
Ugualmente importante, al di là del premio, che io personalmente rimanderei nel tempo, al momento in cui la disciplina sarà più organica e matura, preoccupiamoci prima di creare una disciplina Pag. 11e una prassi soprattutto organica. Quando parliamo di whistleblowing dobbiamo parlare anche di prassi. Possiamo avere una legge perfetta, ma, se non la conosce nessuno, evidentemente qualcosa che non va c’è. Occorre, quindi, prevedere non il premio, ma un fondo apposito di sostegno al whistleblowing che possa sostenere il whistleblower durante l'arco di tempo in cui, per esempio, può perdere il lavoro.
Io conosco bene una whistleblower francese, che lavora per Transparency International. Lei aveva tre figli. Mi ha detto che, quando ha segnalato, non immaginava di perdere il lavoro. È riuscita poi a garantire i suoi tre figli potendo contare su un fondo che le è stato messo a disposizione e che le permetteva di andare avanti perché in famiglia lavoravo solamente lei.
Ovviamente, per noi resta molto importante anche garantire l'onere della prova sul datore di lavoro in caso di eventuali sanzioni – chiamiamole così – al whistleblower. Deve essere il datore di lavoro a dimostrare che la persona che ha fatto la segnalazione, se viene cambiata di ufficio o se subisce un ridimensionamento della sua posizione, non subisce ciò perché ha segnalato. Per noi occorrono le massime tutele, al di là della riservatezza. Questo tema è già contenuto nel provvedimento ed è molto importante mantenere anche questi aspetti.
Il secondo pilastro è la creazione di canali di denuncia certi, affidabili e facilmente attivabili garantiti su tutto il territorio italiano. Il whistleblowing deve essere fruibile, altrimenti non è whistleblowing. Deve essere semplice fare una segnalazione, così come deve essere chiaro per il whistleblower che cosa significa segnalare e la grandissima differenza che c’è tra calunnia e whistleblowing.
La calunnia non è whistleblowing semplicemente, è un'altra cosa. Tante volte si dice che la pratica del whistleblowing rischia di favorire la calunnia. Non è affatto così, perché il whistleblowing è un istituto differente, che si fonda su tutt'altre logiche. È la persona, ripeto, che assiste a un episodio corruttivo. Qualora questo poi, per la teoria dei giochi, possa incentivare l'emersione di alcune pratiche all'interno anche di alcune aree, ben venga, se si segnalano tra attori di illegalità, mi viene da dire.
Io sono di falconiana memoria. Falcone ha introdotto in Italia la collaborazione di giustizia anche per cercare di creare una competizione tra soggetti mafiosi con la denuncia degli altri. In un certo senso bisogna – ripeto – stare bene alla larga dalla calunnia, ma non avere paura di pensare che questo permetta di far conoscere il vasto mondo corruttivo prima, perché il whistleblowing, come sapete meglio di me, rimane una pratica di prevenzione e non di contrasto alla corruzione. Stiamo agendo all'interno di questi ambiti.
Una cosa a cui tengo particolarmente, ossia il terzo pilastro, è la promozione della cultura italiana dell'integrità. Voi sapete meglio di me che oggi il whistleblower o non è considerato, o molte volte anche noi per primi non abbiamo un quadro chiaro e lo consideriamo una spia, o lo consideriamo con sospetto. Il primo cambio culturale che deve avvenire anche da noi, personalmente e, se posso permettermi, anche all'interno di una legge sul whistleblowing, dovrebbe riguardare le forme attraverso le quali si vuole incoraggiare la cultura della segnalazione. Come Libera, noi ci occupiamo di questa campagna «Riparte il futuro» e periodicamente invitiamo le persone a fare la loro parte per invertire la cultura diffusa su questo fenomeno.
Gandhi – perdonate il riferimento un po’ alto – parlava di non cooperazione. Il whistleblowing è un non cooperare con il circuito corruttivo. Io non voglio cooperare e, quindi, se vedo uno scambio di bustarelle – come successe a mia madre – lo segnalo. Questo è il whistleblowing. Noi dobbiamo far capire che questo è garantire il sistema. Il traditore non è il whistleblower che segnala, ma il corrotto che approfitta della fiducia.
Per definizione, il corrotto chi è ? È chi abusa della fiducia collettiva. Bisogna operare questo cambiamento culturale ed è bene che una legge in parte se ne faccia Pag. 12carico, provando a prevedere anche magari dei fondi che vadano a sostegno di iniziative civiche che promuovano il whistleblowing.
Vado anche al quarto punto e mi avvio alle conclusioni. Occorre, infine, il potenziamento dell'Autorità italiana per il whistleblowing, cioè l'ANAC, su questi temi, affinché abbia poteri di controllo, poteri sanzionatori per coloro che non applicano il whistleblowing e, al tempo stesso, delle aree competenti.
L'attuale legge n. 190 del 2012 – questa è una cosa che non trovate nel documento – prevede, per esempio, anche il ruolo della Corte dei conti, che in realtà è molto importante. Sarebbe opportuno, quindi, prevedere dentro ANAC una task force, ossia un gruppo, che sappia guardare al whistleblowing a 360 gradi.
Perdonatemi ancora se aggiungo una considerazione, partendo da quello che ho detto prima. Il whistleblower è una persona. La legge può e, in un certo senso, deve integrare anche un accompagnamento al whistleblower che non sia solamente un sostegno formale, ma anche un sostegno informale, che personalmente molto spesso io mi trovo a esercitare.
Non sapete quante volte, come Associazione Libera, noi riceviamo segnalazioni da parte di due categorie, whistleblower o «pazzerelli». Al netto dei «pazzerelli», che ovviamente trovano dappertutto qualcosa, ci sono delle persone whistleblower che vivono spesso anche una sofferenza psicologica, all'interno della quale noi li accompagniamo.
Non è detto che lo Stato sappia arrivare sempre anche su questo aspetto. È bene che una legge riconosca anche il ruolo di eventuali soggetti intermedi di società civile che possano accompagnare in questi passaggi i whistleblower verso la segnalazione istituzionale. Vi assicuro che molte volte io scrivo segnalazioni di whistleblowing per conto terzi, ma dopo un percorso di dieci incontri di ascolto del whistleblower, perché chiaramente una persona che assiste a uno scambio di tangenti del suo collega ha un disagio e noi non possiamo non considerarlo anche all'interno di un quadro normativo.
Occorre prevedere magari anche che l'ANAC possa creare delle convenzioni con soggetti non istituzionali, al fine di garantire i whistleblower anche quando interpellano associazioni che magari godono di fiducia diffusa, come possono essere Libera, Transparency International, il Gruppo Abele e diversi altri gruppi. Io penso che questo sia un altro punto che può andare a completare un quadro che, in base a quello che leggevo, è già organico ed è già un ottimo punto di inizio.
Ripeto e ribadisco l'esigenza di dotarsi in Italia anche di questo istituto, collocandolo all'interno anche del nostro quadro culturale. Personalmente non credo che il whistleblowing sia pericoloso, anzi, credo che possa essere molto efficace soprattutto in termini di prevenzione della corruzione. Altrimenti, e l'abbiamo visto ancora oggi, ci affatichiamo a rincorrere gli accadimenti solamente quando hanno prodotto già dei danni giganteschi. Viceversa, il whistleblowing, essendo ancora una politica di prevenzione, permette di anticipare tutto questo.
Io credo che tutto ciò che può andare a far crescere il lato della prevenzione della corruzione sia quanto mai importante in questo Paese. Ecco perché sostengo il ruolo di ANAC, il ruolo dei cittadini, anche organizzati in associazioni che fanno monitoraggio civico e che accompagnano i whistleblower, e la certezza del diritto, ossia delle prassi. Piuttosto che avere dieci soggetti attivi, è meglio avere una casa dentro l'ANAC, potendo contare su una task force di persone che hanno più competenze all'interno dei soggetti a cui la legge n. 190 del 2012 riconosce questa responsabilità.
Il discorso del whistleblowing interno, cioè all'interno degli stessi enti predisposti, io credo sia altrettanto importante, purché ci siano sistemi che tutelino al massimo le forme di riservatezza e che dialoghino obbligatoriamente con ANAC. Non è possibile che un whistleblowing interno salti l'ANAC, proprio per la garanzia del whistleblower. Pag. 13Qualora a livello interno si riesca a far funzionare la cosa bene, va bene, ma, se la cosa non funziona, è competenza di ANAC.
Grazie.
PRESIDENTE. La ringrazio. Ha presentato un documento scritto ?
LEONARDO FERRANTE, Rappresentante dell'Associazione Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie (fuori microfono). Si, ho mandato della documentazione per e-mail.
PRESIDENTE. Bene. Grazie. Andiamo avanti. Poi ci saranno le domande. È arrivata Diana Rita Naverio, segretario generale della provincia di Monza Brianza a cui do la parola.
DIANA RITA NAVERIO, Segretario generale della provincia di Monza Brianza. Buongiorno a tutti. Innanzitutto, mi scuso per il ritardo con cui sono arrivata, ma abbiamo avuto la sessione di chiusura del bilancio ieri in Consiglio provinciale, ragion per cui mi è stato veramente impossibile riuscire a organizzarmi prima.
In questa sede io vorrei evidenziare quelli che possono essere considerati gli aspetti più salienti e significativi dell'esperienza che è stata maturata dal nostro ente. Il mio intervento, quindi, avrà un taglio, come sono solita fare io, molto pragmatico e operativo da parte di una persona che riveste un ruolo, quello del segretario generale e responsabile dell'anticorruzione, a contatto con i presidenti, con i sindaci e con i dirigenti che dovrebbero prestare il massimo controllo, onde evitare situazioni, come quella di Sanremo che mi sono sentita riportare in taxi stamattina, che sinceramente fanno male al cuore di chi crede nelle Istituzioni e di chi è entrato nella pubblica amministrazione nell'ottica di una missione e non per altri tornaconti.
Vorrei fornire un'illustrazione di sintesi di quello che ha fatto la provincia di Monza e Brianza, che in gran parte ho reso anche in altri comuni, nella città di Piacenza e poi nella città di Bollate, prima di approdare alla provincia di Monza.
Il fattore umano in questo contesto è fondamentale, indipendentemente da quanti possono rivestire questo ruolo, ossia questa figura di sentinella. È un fattore umano e relazionale il far crescere proprio il senso di responsabilità, come ho letto aveva pronunciato Carbone proprio in occasione dei fatti che sono avvenuti in questi giorni. Vi riporto una breve sintesi, proprio per passare poi alle considerazioni che ho ritenuto, dal mio modesto, modestissimo, esame, di poter formulare. Non sono una cultrice della materia, ma, come vi ho detto, il mio compito è quello di agire in maniera molto operativa.
La provincia all'inizio ha provveduto, prima ancora che venisse approvata la legge n. 190 del 2012, a emanare una serie di direttive rivolte a tutti i dirigenti competenti dell'ente. Voi sapete che il territorio di Monza Brianza è stato investito da indagini molto importanti. Parlo dell'operazione «Infinito» e dell'operazione «Star Wars», che hanno visto l'epilogo nel 2010, prima dell'emanazione della legge Severino.
In provincia le misure di prevenzione della corruzione delineate dalla legge n. 190 del 2012 sono state comprese, ovviamente, nel piano triennale di prevenzione della corruzione. A questo ha fatto seguito tutta una serie di misure obbligatorie, tra cui il monitoraggio dei rapporti tra amministrazione e soggetti che con la stessa stipulano contratti e che sono interessati a procedimenti di autorizzazione, concessione ed erogazione di vantaggi economici, come acquisizioni delle segnalazioni ai sensi del decreto legislativo n. 39 del 2013; la verifica delle condizioni di conferibilità di incarichi di compatibilità ai sensi del medesimo decreto legislativo; l'inconferibilità per incarichi dirigenziali prevista già nella stessa legge n. 190 del 2012 nelle tipologie enucleate all'interno alla stessa; l'obbligo di astensione nel caso di conflitto di interessi previsti sia nel Pag. 14regolamento di organizzazione degli uffici, sia nel codice di comportamento stesso.
Per attività successive alla cessazione del servizio la provincia di Monza e Brianza prevede il rispetto di questa norma anche all'interno dei bandi di gara. Prevede cioè l'inserimento proprio di questa tipologia di esclusione dell'impresa, dell'operatore economico, con impegno da parte della stessa impresa di osservare nell'eventualità che ci siano dei dipendenti o ex dipendenti dell'ente che possono avere dei rapporti con le società che si presentano nelle gare d'appalto per la realizzazione delle opere, delle forniture e dei servizi.
Sempre tra le misure che sono state attivate dalla provincia in materia di modalità di assegnazione dei contratti. Occorre siglare tutta una serie di protocolli già nella fase della gara e dei contratti. Infatti, la provincia ha sottoscritto dei Patti di integrità negli affidamenti, prevedendo una specifica clausola da inserire nei bandi.
Molto importante all'interno dell'ente è anche il monitoraggio dei tempi procedimentali. La provincia ha sviluppato un'analisi dei processi all'interno dell'ente al fine di monitorare e di controllare da parte della struttura organizzativa il rispetto dei tempi.
Inoltre, è stato introdotto il sistema di controllo interno, l’auditing interno, che monitora, a campione ovviamente, gli atti amministrativi da assoggettare al controllo successivo. Attraverso questo monitoraggio è possibile verificare anche statisticamente l'intero flusso decisionale che ha portato ai provvedimenti conclusivi e l'ottemperanza degli adempimenti alla normativa anticorruzione.
Nell'ambito di questi sistemi di auditing è stato molto interessante anche il fatto di costituire un gruppo di lavoro interno, con una rotazione dei dirigenti. Questo è stato fatto in modo tale che le checklist venissero utilizzate da più dirigenti a rotazione e, quindi, che l'attività di controllo non venisse vista come un'attività estranea al buon operare all'interno della pubblica amministrazione, ma come, invece, un rafforzare il sistema delle procedure e dell'andamento secondo i princìpi della trasparenza, della correttezza e dell'opportunità. Il piano di prevenzione anticorruzione è stato adottato anche dalle società partecipate.
Venendo ad altri adempimenti, in estrema sintesi, sono stati siglati diversi protocolli che hanno interessato tutti i 55 comuni della Brianza. Sono state redatte delle mozioni proprio per costruire e rafforzare la cultura della legalità e combattere le mafie. Sono stati realizzati dei patti locali di sicurezza urbana sul territorio della provincia di Monza e Brianza denominati «Intesa Brianza delle polizie locali», il protocollo di intesa per la regolarità e la sicurezza sul lavoro negli appalti d'opera, sottoscritto tra parti sindacali confederali, le organizzazioni sindacali di categoria e Assimpredil, e, infine, il protocollo di intesa della cassa edile di mutualità e di assistenza per la verifica tempestiva della regolarità nei cantieri.
Nella provincia sono stati parimenti siglati dei protocolli sperimentali proprio per realizzare dei percorsi formativi nelle scuole, in modo tale che la cultura della legalità partisse dalle Istituzioni e si radicasse poi nell'intero territorio della Brianza mediante tutto un sistema di sinergie e di reti dei 55 comuni della Brianza.
Soffermandomi adesso, proprio in sintesi, sulle considerazioni che io ho ritenuto di fare, premetto che mi sono confrontata anche con alcuni miei colleghi segretari generali della provincia proprio per andare a delineare delle osservazioni su una figura che – lasciatemelo dire – nei nostri enti viene largamente disattesa. Alcuni piani dell'anticorruzione la prevedono, ma è una figura che raramente trova supporti operativi e collaborazione, proprio perché viene considerata distante dalla struttura all'interno della quale noi operiamo.
Infatti, in Italia si è cominciato ad approfondire tale figura e la connotazione a sistema del whistleblower da quando la legge n. 190 del 2012, ha introdotto esplicitamente tale istituto per il lavoratore Pag. 15pubblico. Abbiamo visto già una prima limitazione. Condivido l'estensione di tale tipologia anche alle varie tipologie di rapporti contrattuali che sono state evidenziate nell'appunto di lavoro, dove sono state più specificatamente analizzate le tipologie di whistleblower.
L'articolo 54-bis della legge n. 165 del 2001 tutela, infatti, da licenziamento e ritorsioni il dipendente pubblico che segnali illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro. I limiti della regolamentazione nazionale si evidenziano, da un lato, per il tenore generico e non esaustivo della norma, che recepisce le prescrizioni delle convenzioni internazionali solo parzialmente, considerando esclusivamente l'ambito pubblico, come dicevo prima, e, dall'altro, per il modo di salvaguardare il denunciante non sufficiente a tutelarne l'incolumità e il posto di lavoro.
La corruzione, come diceva l'ex Ministro Severino quando venne all'Università Cattolica di Piacenza, è divenuta un fenomeno così rilevante da incidere non solo sul patrimonio del singolo ente azienda, ma anche sul sistema economico nel suo complesso, distorcendo i meccanismi di funzionamento del mercato, gravando sulle risorse nazionali e riducendo l'attrattività del nostro Paese.
Nella sua attuale formulazione il citato articolo 54-bis sanciva la forma l'introduzione del whistleblower nel contesto italiano e, sebbene tale figura sia ancora un concetto astratto alla nostra cultura e non facilmente identificabile, in inglese whistleblower è una parola con connotazioni positive, che identifica la persona che lavora in un'impresa o in un ente che denuncia illeciti connessi al suo incarico, riportandoli all'autorità competente, all'opinione pubblica o anche alla stessa organizzazione, se sono previsti meccanismi per raccogliere tali segnalazioni. La metafora, quindi, richiama l'attenzione su attività non consentite perché bloccate da parte di colui che agisce esponendosi pubblicamente, spinto da convinzioni etiche e politiche senza alcun tornaconto. Parole italiane come «delatore», «confidente» o «spia» non sono adatte a descrivere tale concetto. Il concetto positivo di whistleblower è ben diverso dal concetto di delatore.
Nella proposta di legge in esame si ricorre al termine «segnalazioni di reato o irregolarità nell'interesse pubblico», rendendolo più aderente alla costruzione di una cultura più proclive alla legalità nell'ambito di una cittadinanza attiva che si esercita in primis alla luce di un contesto etico all'interno del quale il whistleblower è esso stesso parte integrante.
Il professor Renato Ruffini, al proposito, disse: «Non bastano buone regole. Le buone regole hanno, infatti, bisogno di un sistema di relazioni che le faccia rispettare». Questo non è solo il contesto culturale, ma anche quello civico, che lega tra loro persone nella consapevolezza del livello del danno che una pratica illegale può causare.
Da un punto di vista gestionale-operativo io trovo comunque che, al di là degli elementi positivi che scaturiscono dalla proposta di legge nel suo complesso, il punto fondamentale sia la sua contestualizzazione all'interno delle organizzazioni e degli enti territoriali di medie e piccole dimensioni. Sto parlando, ovviamente, degli enti che hanno un contingente di dotazione organica dai 200 dipendenti alle 30 unità, o addirittura inferiore a queste 30 unità. Sebbene in molti piani di prevenzione sia stata prevista tra le misure generali di contrasto l'adozione obbligatoria di azioni di tutela del soggetto che segnali illeciti, nella maggior parte dei casi, proprio per le dimensioni demografiche dell'ente, per i contesti di micro-organizzazione, tali azioni sono rimaste completamente disattese, seppure regolamentate con la predisposizione anche di procedure ad hoc per garantirne la sicurezza e la protezione.
In alcuni contesti prevale la diffidenza verso la segnalazione individuale di illecito e irregolarità mediante i meccanismi che richiedono all'interno dell'ente stesso la formale individuazione del denunciante, prevedendo il rivolgersi all'autorità Pag. 16giudiziaria, alla Guardia di finanza, alla procura della Repubblica o alla Corte dei conti.
Nelle mie esperienze io ho sempre visto indagini molto pesanti anche relative a fenomeni di irregolarità e di corruzione all'interno degli enti, mosse però da segnalazioni dirette agli enti alla Guardia di finanza, alla procura o alla Corte dei conti piuttosto che prodotte all'interno dell'ente stesso. In realtà, i canali di segnalazione sono più diretti e immediati qualora l'analisi del clima organizzativo consenta di intervenire nella struttura, a seconda delle risultanze delle analisi dei singoli indicatori, che possono costituire un oggettivo punto di partenza per la costruzione di strategie e politiche interne volte a creare un clima più sereno, con il fine ultimo di migliorare la performance complessiva dell'organizzazione, nonché il senso di appartenenza.
In ordine al testo in esame si ritiene di focalizzare l'attenzione e le osservazioni su alcuni aspetti, quali il sistema di protezione a garanzia e tutela del segnalatore e l'istituto del premio. In sintesi, tra i punti fondamentali all'interno della proposta di legge che ho letto, ho rilevato che il punto focale è garantire, almeno nella fase iniziale dell'istruttoria, l'anonimato e la riservatezza.
Invece, quello che mi ha lasciato maggiormente perplessa, e che ho condiviso anche con gli altri colleghi, è proprio il discorso del binomio anonimato e premio, che può costituire, a mio avviso, un elevatissimo rischio all'interno delle organizzazioni di una cultura della delazione potenzialmente lesiva della capacità gestionale interna. La componente premiale è l'elemento che in questi contesti è difficilmente sostenibile e di difficile applicazione, in quanto continua a essere costituita da una somma di danaro sull'importo recuperato a seguito di condanna definitiva della Corte dei conti.
Quello che io ritengo, invece, di evidenziare è come tra le modalità organizzative per dare una veste, ma anche un fondamento alla figura del whistleblower potrebbe esserci il fatto di attivare una gestione di rete. Mi riferisco all'idea di poter gestire tale meccanismo delle segnalazioni non da parte del singolo ente, che molte volte non ha neanche il personale per poter istruire i procedimenti disciplinari, ma tra responsabili dell'anticorruzione a livello di macrosistema.
La provincia di Monza e Brianza proprio in questi giorni ha elaborato una piattaforma di rete con tutta una serie di supporti agli enti locali. Le istanze che arrivano dai vari comuni sono veramente molto pregnanti in questo contesto, per quanto riguarda sia l'assistenza legale, sia il contenzioso, i finanziamenti europei, i procedimenti disciplinari, l'elaborazione delle politiche e le strategie in materia di personale. Io riterrei di suggerire anche la possibilità di gestire questo segnalatore di illeciti a livello di un sistema di rete. Ritengo di poter proporre questo anche ai nostri comuni della Brianza.
PRESIDENTE. Grazie del documento e della testimonianza.
Adesso do la parola a Magda Bianco, capo del servizio tutela dei clienti e antiriciclaggio del dipartimento vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d'Italia. Anche, in questo caso abbiamo acquisito un documento scritto.
MAGDA BIANCO, capo del servizio tutela dei clienti e antiriciclaggio del dipartimento vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d'Italia. Non lo ripercorro tutto.
PRESIDENTE. Noi leggeremo poi con moltissima attenzione tutti i documenti, ma la pregherei di segnalare le problematiche. Vorrei solo dire questo. Fin qui noi abbiamo avuto, anche nel primo intervento, testimonianze molto importanti e di perfezionamento per il sistema pubblico. Io credo che la proposta presenti delle problematiche, che sono state evidenziate anche ieri, ma anche nelle altre audizioni. Non ero presente, purtroppo, stamattina per i sindacati, ma leggerò il documento e la trascrizione. Il problema è come articolare questa figura e, quindi, i meccanismi Pag. 17nell'ambito del privato. Questo è il punto più problematico, che non mi pare ancora sciolto dagli interventi che ci sono stati.
Grazie.
MAGDA BIANCO, capo del servizio tutela dei clienti e antiriciclaggio del dipartimento vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d'Italia. Grazie, presidente, per questa opportunità offerta alla Banca d'Italia di intervenire in questa Commissione su questo tema. Seguendo le sue indicazioni, io dirò una parola generale. Passerei poi a qualche indicazione derivante dall'esperienza del sistema bancario, anche se è molto particolare. È un'esperienza da cui si può prendere qualcosa, ma ovviamente è molto specifica. Infine, spenderei qualche parola sulla proposta di legge.
Il punto generale che vorrei fare – poi lo troverete scritto – è quello dell'importanza dell'informazione sui fenomeni corruttivi e sulle loro radici, su che cosa li determina. Sul fenomeno della corruzione noi abbiamo informazioni che sono, perlopiù, basate sulle percezioni, che sappiamo avere enormi limiti. Ci dicono alcune cose, influenzano i comportamenti, ma naturalmente non ci dicono abbastanza sull'oggettività del fenomeno. Questa è un'area su cui io credo che, soprattutto nella prospettiva di verificare l'effettività di alcune misure che si introducono, occorrerà investire. L'analisi del fenomeno e la valutazione delle misure devono prevedere uno sforzo di elaborazione di informazioni più solida. Io credo che l'ANAC, probabilmente in collaborazione con l'Ufficio nazionale di statistica, potrebbe lavorare su questo fronte.
Anche sul fronte dell'individuazione degli strumenti per la deterrenza e per il contrasto, l'analisi delle radici del fenomeno è nuovamente fondamentale. Su questo fronte noi abbiamo qualche elemento dalla letteratura corrente. Si tratta di elementi che io credo debbano essere valutati attentamente. Alcuni sono ampiamente noti, come la struttura della legislazione, gli oneri burocratici nel sistema e il funzionamento della giustizia, ma ce ne sono altri della letteratura più recente che sono altrettanto rilevanti, come la rilevanza della cultura di origine dei soggetti che segnalano.
L'intervento culturale profondo è fondamentale – ho sentito parlare prima degli interventi sulla legalità nelle scuole, che sono strumenti importanti – ma lo è anche il livello di istruzione. Gli studi mostrano come il livello più elevato di istruzione tenda a essere uno strumento di difesa maggiore, la capacità di farsi sentire e lamentarsi quando le cose non funzionano, senza arrivare addirittura al fenomeno corruttivo, è associata a un'istruzione più elevata. Libertà di stampa e accesso all'informazione per i cittadini sono l'altra componente importante.
Sul whistleblowing specificamente incidono tutti questi fattori di contesto nell'assicurare la possibilità di funzionamento. Abbiamo l'esperienza degli altri Paesi, abbiamo buone prassi e sappiamo che ormai una legge esiste nella maggior parte dei Paesi con caratteristiche diverse. Le valutazioni sono ancora contenute e sono mixed. Quelle soprattutto sugli Stati Uniti, il Paese in cui lo strumento è stato più ampiamente utilizzato, mostrano effetti benefici, ma forse anche rigidità o rischi derivanti da alcune caratteristiche del disegno.
Occorre sicuramente incidere sui costi e sui benefici. Ci sono molti modi per incidere. L'aspetto principale con cui si incide sui costi è la tutela del segnalante, di cui abbiamo sentito parlare. I benefici possono avere varie caratteristiche. Quella economica è una. Un'altra è quella sociale di riconoscimento del ruolo della figura, che può essere accompagnata da interventi sulla legalità nelle scuole, ma anche da un ruolo attivo dei mezzi di comunicazione.
Sui benefici economici il dibattito è aperto. Ci sono evidenze che favorirebbero l'emersione del fenomeno e ci sono altre evidenze che sottolineano anche i rischi di sovrasegnalazione e di uso opportunistico e indiscriminato del fenomeno. Un fattore fondamentale per accrescere i benefici, ridurre i costi e ridurre le possibilità di uso opportunistico sono la velocità delle Pag. 18istruttorie nell'analisi e il buon funzionamento della giustizia, in questo caso soprattutto penale.
Spendo ora una parola sul sistema bancario. Nel sistema bancario il whistleblowing è adesso disciplinato dal maggio del 2015 con il recepimento della «Capital Requirement Directive» – esso è stato guidato, ovviamente, dall'esperienza del periodo della crisi e dai fenomeni accentuati di comportamenti irregolari – ma anche prima dell'introduzione della direttiva noi avevamo una serie di strumenti che possono essere avvicinati al whistleblowing, che forse vale la pena di ricordare, perché noi riteniamo che abbiano dato buona prova di sé.
Le previsioni, se vogliamo, più datate sono quelle contenute nel testo unico bancario di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993, che all'articolo 52 prevede che il collegio sindacale e i revisori debbano comunicare atti e fatti che possono costituire irregolarità nella gestione o violazioni delle norme. Queste segnalazioni sono assistite da sanzioni se non vengono realizzate e hanno dato buona prova di sé nel tempo. Sono relativamente rare perché impegnano i soggetti che le fanno, ma hanno condotto sicuramente a circostanze di rilievo, a volte anche significative, a cui sono seguiti approfondimenti, indagini e talora anche sanzioni.
Negli ultimi due anni questi approfondimenti, che hanno portato a interventi di vigilanza di vario tipo, si sono verificati in circa 40 casi. Ovviamente, c’è stata una componente di segnalazioni rilevanti dettata più dal timore della sanzione che dalla reale rilevanza del fenomeno, ma probabilmente questo è un fatto che si accompagna sempre al fenomeno delle segnalazioni. Pertanto, noi riteniamo che questo sia uno strumento importante.
L'altro fronte è quello dell'antiriciclaggio e del finanziamento al terrorismo. In merito abbiamo il decreto legislativo n. 231 del 2007, che prevede, di nuovo a un altro articolo 52, l'obbligo per gli organi di controllo degli intermediari di segnalare tutti gli atti e i fatti di cui vengono a conoscenza nell'esercizio dei propri compiti che possano costituire una violazione degli obblighi di adeguata verifica della clientela, di registrazione nell'archivio e relativi all'organizzazione e ai controlli interni.
Queste segnalazioni sono state relativamente frequenti in passato, ma dal 2010 a oggi sono andate diminuendo da un numero intorno al centinaio fino a 70. Noi interpretiamo questo, perché lo vediamo poi con gli approfondimenti, come un progressivo allineamento degli intermediari alla normativa antiriciclaggio, ma anche come una maggiore capacità di selettività degli organi di controllo nel fare le segnalazioni.
L'altro strumento in ambito antiriciclaggio è, naturalmente, l'articolo 41 del medesimo decreto legislativo n. 231 del 2007, relativo alle segnalazioni di operazioni sospette. Anche questo può essere un fenomeno in parte assimilabile al whistleblowing. I soggetti obbligati vengono chiamati dalla legge a collaborare con l'Unità di informazione finanziaria per individuare anomalie nell'operatività con la clientela. Negli ultimi anni il numero delle segnalazioni è cresciuto molto – siamo a oltre 70.000 – il che denota anche in questo caso una crescente consapevolezza da parte dei soggetti chiamati ad attuare la legge. Ovviamente, questi sono strumenti di segnalazione importanti, assistiti però da un obbligo e da sanzioni. Questo è l'elemento che li qualifica.
Lo strumento informativo che forse, però, si avvicina di più al whistleblowing sono gli esposti che segnalano anomalie nella gestione della banca, che vengono inviati in prevalenza da esponenti, dipendenti o soci all'Autorità di vigilanza. In molti casi ci hanno messo effettivamente in condizioni di avviare approfondimenti su fenomeni molto difficili da individuare senza questo strumento. Considerato, però, che si tratta di segnalazioni autonome e non assistite da alcuna forma di tutela, esse hanno avuto molto spesso – in poco meno del 50 per cento dei casi – la natura di segnalazione anonima, ma hanno comunque portato a risultati efficaci. La rilevanza di questo tipo di segnalazioni Pag. 19è confermata dal fatto che adesso anche la Banca centrale europea ha realizzato un meccanismo per facilitare questo tipo di segnalazioni (Breach Reporting Mechanism).
Veniamo al recepimento della direttiva, la CRD IV, la quale ha previsto che si istituiscano meccanismi efficaci e affidabili per incoraggiare la segnalazione alle autorità competenti di violazioni potenziali o effettive delle norme, ma anche perché il personale degli intermediari possa segnalare violazioni a livello interno con un canale specifico, indipendente e autonomo. Queste previsioni sono state recepite dall'articolo 52-bis del testo unico bancario per quanto riguarda segnalazioni interne alle banche e dall'articolo 52-ter del medesimo testo unico per quanto riguarda segnalazioni a noi, nonché nel testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998 per quello che riguarda la materia Consob. A loro volta poi questi articoli sono stati dettagliati e disciplinati in una circolare, ossia nella normativa secondaria, che contiene delle disposizioni più specifiche per le banche.
Questa normativa, soprattutto quella secondaria, definisce l'ambito applicativo soggettivo, cioè il personale che può fare le segnalazioni, e oggettivo, ossia le violazioni delle norme relative all'attività bancaria. Richiede poi alle banche di definire dei sistemi interni che prevedano gli atti e i fatti che possono formare oggetto di segnalazione, le modalità di segnalazione, i soggetti preposti alla ricezione, che devono essere diversi da quelli che sono in linea gerarchica con il soggetto segnalante, il procedimento che si instaura e le modalità attraverso cui segnalante e segnalato devono essere informati di quello che succede.
Un elemento che si differenzia rispetto a quanto previsto nella proposta di legge è che, nel caso in cui il segnalante sia corresponsabile delle violazioni e, quindi, abbiamo un fenomeno corruttivo all'interno, deve essere previsto un trattamento privilegiato per quest'ultimo rispetto ai corresponsabili, compatibilmente con la disciplina applicabile. Si tratta, quindi, di un tentativo di rompere l'accordo collusivo.
Le banche, inoltre, devono costruire dei meccanismi di formazione del personale per dare evidenza degli strumenti introdotti. Questa disciplina recepisce alcuni elementi del dibattito, anche accademico, virtuosi.
In base poi all'articolo 52-ter del testo unico bancario, anche la Banca d'Italia riceve da parte del personale delle banche delle segnalazioni che si riferiscono a violazioni nella disciplina bancaria, in particolare in quella prudenziale, utilizzando gli stessi criteri contenuti nell'articolo che riguarda le segnalazioni all'interno.
Non sono previsti, a differenza della proposta di legge, in particolare nella versione circolata successivamente, limiti per cui la segnalazione all'Autorità di vigilanza può essere fatta solo se sono stati esperiti altri canali in precedenza.
La Banca d'Italia in generale, come organizzazione, nello svolgimento delle proprie funzioni attribuisce molto rilievo all'imparzialità e alla correttezza e ha recepito le disposizioni della legge n. 190 del 2012 con tutto quello che ne segue, ossia nomina di un responsabile per la prevenzione, sistematizzazione dei diversi presìdi, rafforzamento di misure di prevenzione per i procedimenti amministrativi e anche lavori per l'introduzione di un sistema di segnalazione delle condotte illecite. Daremo attuazione anche al quadro etico che è stato delineato nell'ambito dell'Eurosistema e del Meccanismo di sorveglianza unica con ulteriori misure che saranno valutate utili.
Spendo ora una parola sulla proposta di legge. La proposta di legge supera e rafforza, naturalmente, in modo significativo le previsioni della legge n. 190 del 2012. Alcune debolezze del testo della proposta di legge, che sono state evidenziate anche in precedenti audizioni, sono superate, io credo, dall'appunto di lavoro che è stato fatto circolare. Il nuovo testo tiene conto delle buone prassi evidenziate dagli organismi internazionali, dalle stesse Pag. 20linee-guida dell'ANAC e da alcune esperienze virtuose nazionali, fornisce chiara definizione di «segnalazione», estende le tutele a ex dipendenti e ad altri soggetti, chiarisce meglio i destinatari e rafforza la tutela del segnalante in modo significativo.
Forse il testo potrebbe beneficiare di una migliore definizione, come diceva la presidente, dell'ambito di applicazione della disciplina al settore privato – questo è forse il punto fondamentale – e di un più esplicito coordinamento tra la richiesta di individuare un ufficio competente a ricevere le segnalazioni nell'articolo 6 con quella di inviare tali segnalazioni al responsabile per la prevenzione della corruzione in caso di ente pubblico o di organismo di vigilanza in ambito privato. Qui il rischio è di incrocio e la disciplina dell'ufficio forse è eccessiva, perché ingessa in modo significativo l'organizzazione interna, che può essere molto diversa.
Ovviamente, rimane, ma forse questo è implicito in qualunque disciplina del whistleblowing, il rischio di condotte opportunistiche e di eccesso di segnalazioni che possono essere costose per le autorità che le ricevono e che devono vagliarle. Tali fenomeni sono difficili, naturalmente, da presidiare. Ciò è verificato, in questo caso, perché la tutela è molto rafforzata. In presenza di una giustizia penale molto lunga, però, questo rischio diventa più rilevante.
Infine, pensiamo che potrebbe essere considerata, oltre che la protezione del whistleblower in senso stretto, anche una disciplina volta a tutelare il segnalante che sia corresponsabile degli atti segnalati, come è stata introdotta nel sistema bancario, perché può aiutare a rompere all'origine il fenomeno corruttivo tra le due componenti.
Grazie.
PRESIDENTE. Grazie a lei, anche per il documento, che sarà acquisito agli atti delle indagini.
Adesso abbiamo un'altra esperienza. Do la parola al vicesegretario generale del comune di Milano, Mariangela Zaccaria.
MARIANGELA ZACCARIA, Vicesegretario generale del comune di Milano. Buongiorno. Prima di tutto devo ringraziare, non solo a livello istituzionale, la presidente Ferranti per l'invito, perché chi, come me, è un operatore del diritto trova veramente lusinghiero avere l'opportunità di poter, in fase di formazione legislativa, fornire un contributo. Chi fa le leggi a volte non conosce quali sono le difficoltà operative e interpretative. Questo momento io lo trovo un modo nuovo, diverso e veramente apprezzabile di approcciarsi a temi di questa rilevanza.
Io ho presentato un documento composto di due parti. La prima riguarda l'esperienza del comune di Milano, che, come primo comune in Italia, ha istituito il whistleblowing all'interno delle proprie organizzazioni. La seconda è un commento specifico, articolo per articolo, proprio come contributo in quella funzione interpretativa che poi, come operatore del diritto, tocca tutti noi.
Potete leggere il documento. A me interessa accennarvi l'esperienza del comune di Milano solo in chiave di lettura della proposta di legge. Poi, se avete bisogno di approfondimenti, il documento è a disposizione.
Prima di tutto dobbiamo inquadrare la funzione del whistleblowing all'interno di strutture come gli enti locali. Prima di tutto esso è uno strumento di prevenzione della corruzione e, quindi, è uno strumento per valorizzare l'apporto di qualsiasi dipendente al miglioramento delle procedure. Io non ho mai letto questo, quando ho studiato, inventato e applicato il whistleblowing, esclusivamente come un modo per segnalare reati. In realtà, non ci dobbiamo dimenticare che all'interno della pubblica amministrazione esiste l'articolo 321 del codice penale che obbliga qualsiasi pubblico ufficiale a denunciare ipotesi di reato. Io l'ho sempre letto come un supporto – vi posso garantire fondamentale – nella segnalazione di anomalie di procedure. All'interno di strutture come enti locali e Ministeri, le anomalie di procedure appartengono a quegli ambiti non spesso controllati, ma che per prassi di lungo Pag. 21tempo possono dar luogo – sì – a favorire la corruzione, ma anche a creare un ambiente e un ambito che favorisca e non disincentivi.
L'altro elemento che non ci dobbiamo dimenticare è che ventidue anni dopo Tangentopoli è entrata in vigore la legge anticorruzione. Non basta, però, una legge per cambiare un'etica e un comportamento. Il whistleblowing deve essere inquadrato anche all'interno di un processo culturale che ogni pubblica amministrazione deve perseguire.
Dal 2002 io mi occupo di appalti pubblici e di queste materie e mi sono sempre fatta affiancare da Transparency International, perché la cultura non si forma come autodidatta. La cultura dell'etica si forma facendosi aiutare da persone esperte.
Che cosa mi interessa dire dell'esperienza del comune di Milano ? Mi interessa dire essenzialmente due cose. Poi passerei a una lettura, se volete, di alcuni aspetti della proposta di legge.
Prima di tutto è molto più facile fare che parlare. L'istituto del whistleblowing non è difficilissimo da applicare. Io l'ho applicato spendendo 8.000 euro su un sistema informatico che ho messo in riuso a molti comuni, che adesso lo utilizzano gratuitamente.
Inoltre, tra tutti i casi di segnalazione che ho ricevuto, nessuna segnalazione aveva la necessità di riconoscere il segnalante. Se voi ci pensate bene, a eccezione del caso in cui il segnalante dica che ha visto la dottoressa Zaccaria il giorno tot a cena con l'imprenditore tot che riceveva una busta, in tutti gli altri casi, normalmente, vengono circoscritti i fatti. Nella pubblica amministrazione – per l'ente privato è un po’ diverso – si parla con prassi e atti amministrativi. È stato facilissimo, quindi, andare a riscontrare anomalie a prescindere dal nominativo del segnalante.
Dico questo per tranquillizzare gli animi e, soprattutto, perché l'equilibrio, che non possiamo nascondere, tra i diritti del segnalante e i diritti del segnalato trova una più facile gestione se poi andiamo nell'esperienza pratica.
Un'altra cosa che mi preme molto sottolineare è che, in assenza di una legge come quella di cui adesso stiamo parlando, il comune di Milano ha introdotto un comitato di garanzia. La segnalazione diretta al responsabile anticorruzione non garantisce totalmente perché il responsabile anticorruzione è il segretario generale, nominato dal sindaco. Pertanto, la catena del controllo è un po’ stridente. Il sindaco Pisapia ha nominato un Comitato di garanzia, formato da tre soggetti, il presidente di Transparency Italia, il presidente di Avviso pubblico e la sottoscritta, perché ingenerosamente considerata esperta in materie amministrative. Questo Comitato di garanzia svolge un'istruttoria e poi la manda al responsabile anticorruzione. È un po’ quell'ufficio preparatorio di cui si legge nella proposta legge.
L'altra cosa che voglio sottolineare è che anch'io, nonostante fossi soggetto artefice di questa applicazione, ero un po’ timorosa. Avevo immaginato che su 15.000 dipendenti mi sarebbero arrivate segnalazioni molte poco concrete e altre diffamatorie in senso atecnico. In realtà, nessun dipendente comunale ha utilizzato le segnalazioni con tale intenzione, forse perché tutto questo fa parte di un ampio processo culturale. Noi abbiamo impiegato più di otto mesi a informare il personale, a incontrarlo. Abbiamo emanato circolari interpretative, disposto modelli operativi e svolto incontri con Transparency International proprio per far sentire il dipendente non accusato o accusatore, ma parte di un nuovo processo etico e di riforma.
Tutti gli altri dettagli li lascio perché non ce n’è più bisogno. Invece, sulla proposta di legge, come operatore del diritto, vorrei dirvi tre o quattro cose che possono servire come spunto.
In primo luogo, questa a proposta non ha chiaro l'ambito di applicazione. Tutte le leggi che noi siamo abituati a utilizzare parlano di oggetto, finalità e ambito. All'interno di questa proposta di legge non è chiaro se essa si applichi alle pubbliche amministrazioni, alle società private in diritto pubblico partecipate o agli enti di diritto privato, ossia le fondazioni. L'articolo Pag. 222, l'unico che parla del rapporto privato, al quale potremmo eventualmente fare riferimento come ente di diritto privato, in realtà è un non riferimento, perché le società private con partecipazione pubblica non applicano il rapporto pubblicistico di lavoro, ma il rapporto privato. Questa è la prima osservazione macro che mi sembra fondamentale fare.
Lo devo dire con molta chiarezza: nelle pubbliche amministrazioni il whistleblowing è necessario, ma lo è molto di più nelle società private, soprattutto nelle società partecipate e pubbliche. Riferirsi al dottor Cantone è sempre facile e molto comodo, ma l'altro ieri in un articolo ha chiarito esattamente a che cosa servono alcune delle società pubbliche. L'ambito di applicazione, secondo me, rimane fondamentale.
Il secondo ambito assolutamente fondamentale, che nella proposta di legge non ho visto richiamato, è il richiamo all'autorizzazione in base alla legge della privacy. In realtà, chi analizza le segnalazioni del whistleblower viene a contatto con dati che possono essere protetti. Vi faccio un caso tipico degli enti locali, non di tutti. Il secondo ambito di cui si occupa la legge anticorruzione, dopo gli appalti, è quello dei contributi. I contributi e i sussidi riguardano di norma soggetti o disabili o indigenti. Questi sono soggetti che godono della tutela assoluta del garante della privacy. Se la segnalazione riguarda contributi erogati illegittimamente, o anche con casi di corruzione, chi analizza quella pratica non può trattarli perché viene a conoscenza di dati dei soggetti terzi. Io credo che questa premura sia assolutamente fondamentale.
Un'altra questione è all'articolo che parla di come deve essere la segnalazione. Mi riferisco al documento di cui l'onorevole Ferranti ha consentito ieri la distribuzione, perché questo documento è quasi vicino a quello che uno si può aspettare. C’è un'evoluzione molto concreta di un'applicazione normativa.
L'articolo 5 parla di «segnalazioni documentate». Secondo me, questo aggettivo è un po’ fuorviante. Le segnalazioni devono essere circostanziate. La documentazione la posso chiedere anche in un secondo momento. Al comune di Milano noi parliamo di «segnalazioni circostanziate» o di «segnalazioni documentate». Più volte al comitato di garanzia ci capita di colloquiare, perché magari il soggetto, pur avendo a disposizione una piattaforma che gli permette di allegare foto, documenti e via elencando, prima racconta il fatto e solo dopo che prende confidenza ai colloqui manda i documenti. Credo che questa sia una modifica abbastanza significativa.
L'altra cosa di cui voglio assolutamente parlare è sulla base dell'equilibrio segnalante-segnalato. Nell'ambito di questo tema vorrei parlare del premio e della tutela fino alla sentenza passata in giudicato per diffamazione. Quest'ambito è molto importante. Io, che credo fermamente in questo istituto e che grazie alla politica e, quindi, a chi mi amministra sono riuscita ad applicarlo – questi strumenti, se la politica non è d'accordo, non si riescono a portare avanti – mi sono trovata, però, a dover sempre equilibrare l'ambito in cui mi trovo. Io trovo il premio, in questo momento e per la nostra cultura, molto lontano da un concetto etico, di consapevolezza e di senso di appartenenza che tutti noi, che lavoriamo e crediamo nella pubblica amministrazione, dobbiamo diffondere. Il premio, invece, ha un po’ il senso di taglia, come la definisce sempre il dottor Cantone.
L'altra ipotesi, che invece mi sembra molto positiva, sul premio è quella che ha proposto Transparency International. Eventualmente, più che una taglia rivolta al whistleblower, si potrebbe introdurre la costituzione di un fondo a tutela degli eventuali abusi.
Un'altra questione riguarda il fatto che il whistleblower ha tutela fino alla sentenza passata in giudicato. Se devo essere onesta, io preferisco riferirmi sempre alla circolare n. 6 del dottor Cantone e fermarmi alla sentenza di primo grado. L'equilibrio tra whistleblower e segnalato è lo strumento che ci permetterà di diffondere questa modifica legislativa ovunque.Pag. 23
Svolgo un'ultima considerazione e poi mi taccio per sempre. Sarebbe opportuno nella proposta legge distinguere tra i soggetti pubblici a cui applicarla obbligatoriamente e quelli a cui non è obbligatorio applicarla. Il comune di Milano e i grossi comuni hanno capacità, esperienza e professionalità, mentre i piccoli enti non l'hanno. In quel caso basterebbe la segnalazione ad ANAC.
Vi ringrazio molto.
PRESIDENTE. Grazie veramente. Abbiamo avuto da tutti contributi molto proficui.
Do ora la parola ad Alessandro Rodolfi.
ALESSANDRO RODOLFI, Rappresentante dell'Associazione Hermes (Centro per la trasparenza e i diritti umani digitali). Buongiorno a tutti. Anch'io ringrazio i presidenti per l'invito e tutti gli onorevoli presenti. Svolgo brevemente un'introduzione – tra chi mi ha preceduto ci sono istituzioni già note – su chi è la nostra Associazione Hermes (Centro per la trasparenza e i diritti umani digitali).
Noi siamo un'associazione ambiziosa, perché abbiamo scomodato addirittura il messaggero degli dei, Hermes, all'interno del nome. Da chi è composta quest'associazione ? È composta da esperti di sicurezza informatica, sviluppatori software che hanno dedicato la vita a sistemi di crittografia, giuristi e avvocati specializzati in diritti relativi alla privacy e alla tutela della protezione dei dati personali. Poi vedremo cosa facciamo e perché c’è attinenza con questi tipi di professionalità.
All'85-90 per cento siamo composti da soggetti italiani, ma interamente finanziati da fondi esteri, in particolare dall’Open Technology Fund, afferente al Congresso americano, e dalla Hivos Foundation, afferente al Ministero degli affari esteri olandese. Sono fondi che vengono istituiti per dare la possibilità di portare nelle democrazie che hanno dei «problemi di trasparenza» questo tipo di aspetti. Anche questo può essere un indicatore, sia in senso positivo, sia in senso negativo del significato di questa attività.
Anch'io ho un approccio operativo e condivido in grandissima parte quello che è stato detto dalla relatrice precedente. Noi abbiamo fatto circa 30 installazioni in 20 Paesi in tutto il mondo. La nostra associazione è nata nel 2012 come un cappello giuridico per lo sviluppo del primo software open source per facilitare iniziative di whistleblowing. Le risorse sono state dedicate interamente alla sicurezza di piattaforme di questo tipo.
Questo è un aspetto che io ho sentito poco. Il software risale addirittura al dicembre 2010, ma non c’è alcuna protezione giuridica per il whistleblower nel nostro Paese. Noi ci siamo dedicati a una protezione tecnologica forte. Immaginate il canale di comunicazione con cui vengono veicolate a livello informatico le segnalazioni. Deve essere un canale cifrato e sicuro, come l'hanno le transazioni bancarie, per impedire che il contenuto venga in qualche modo intercettato.
Non solo, pensate anche alle piattaforme di case management, quelle che gestiscono i casi. Immaginatevi la violazione di una piattaforma di questo tipo. Può essere tranquillamente una violazione che può avere impatto come una risorsa critica del nostro Paese. Hanno violato l'altro giorno la mail del direttore della CIA dal punto di vista informatico. Queste potrebbero essere segnalazioni di un dato tipo.
Il nostro software è tradotto in 40 lingue, di cui 20 correttamente funzionanti e 10 tradotte da madrelingua e traduttori professionisti, e permette la comunicazione cifrata anche per le segnalazioni anonime. Una questione ricorrente che ho notato nel sistema di Milano e indicata anche dal dottor Egidi dell'Agenzia delle entrate è il fatto di avere un codice.
Questo è importante, perché l'altro aspetto che non abbiamo detto dell'anonimato è il fatto che, ovviamente, la segnalazione può partire anonima. Poi questo canale, quando si instaura la fiducia del segnalante, può anche essere, in un secondo momento, cambiato. Il segnalante viene invogliato, se trova una collaborazione Pag. 24e una professionalità nella gestione della sua segnalazione, a identificarsi ed eventualmente a caricare documenti.
La nostra è una piattaforma multi-stakeholder. Anche qui ho sentito questioni in relazione ai costi di gestione. È una piattaforma che può essere gestita – nella pubblica amministrazione sta funzionando – anche magari con le regioni che fanno da capofila per erogare il servizio anche a piccolissimi comuni (se ne parlava prima anche con la rappresentante del comune di Milano in attesa delle audizioni), oppure anche da organizzazioni. Stamattina c'erano i sindacati. Anche loro, oppure le associazioni di categoria per quanto riguarda le imprese, potrebbero attivare delle iniziative per dare ai propri associati un servizio di questo tipo.
L'altra cosa importante, che è stata anche accennata, sempre in relazione all'anonimato e alla necessità di circostanziare la segnalazione, è la grande attenzione che noi prestiamo in tutte le iniziative che curiamo, che sono fondamentalmente di quattro tipi: iniziative in ambito attivistico, in ambito dei media (giornali e via elencando), nell'ambito della pubblica amministrazione e in ambito corporate, riguardanti cioè il privato. Da questo punto di vista ogni modalità ha dei campi di segnalazione molto importanti, sia per dividere macrocategorie, sia per individuare ambiti che possono essere ricavati dalla specificità aziendale.
Si parte dai concetti di risk management, dai Piani triennali per la prevenzione della corruzione o comunque dall'analisi del rischio che si fa nel decreto legislativo n. 231 del 2001 nell'ambito bancario. Si tratta di guidare il segnalatore attraverso una dettagliata procedura. Si potrebbero aumentare, se un segnalatore decide di essere anonimo, le informazioni che vengono richieste, obbligando la procedura informatica a non proseguire se non viene compilato adeguatamente il form che noi riteniamo importante all'interno della nostra organizzazione per qualificare la segnalazione.
Questo è importantissimo perché evita tutti i fenomeni di delazione e tutte le critiche che vengono ricevute per il discorso delle segnalazioni anonime – il «pissi pissi» ho addirittura letto in alcuni giornali per sminuire – per fare in modo, come qualcuno forse ha accennato prima, di fare le scarpe al collega. Questa è diffamazione innanzitutto, ma noi la consideriamo come un rischio. Attraverso le qualificazioni e i form che noi implementiamo siamo in grado di diminuire questo tipo di fenomeno.
Tra le installazioni ci sono anche quella del servizio Allerta Corruzione (ALAC), di Trasparency International, con cui noi abbiamo collaborato, e c’è anche Mafialeaks. Un'altra cosa che noi abbiamo imparato, su cui penso che l'anonimato sia fuori discussione – non è un problema normativo – è che, se una fonte viene scoperta in quest'ambito, ha una pallottola direttamente in fronte. Penso che sia fuori di dubbio in questo caso. Questa iniziativa ha avuto un risalto anche internazionale importante. Ne ha parlato addirittura la CNN.
Quello che abbiamo imparato qui, e che non ha funzionato, invece, è stato il fatto che l'autore di questa iniziativa è a sua volta rimasto anonimo. Il nodo ricevente era anonimo, ragion per cui la confidenza poteva essere gestita, in realtà, da appartenenti a organizzazioni mafiose che volevano scoprire i traditori. Quello che noi abbiamo imparato è che bisogna metterci la faccia in questo tipo di iniziative per fare in modo che funzionino.
Un'iniziativa che sta funzionando molto bene e che invito a visitare, perché è un bel modello, è WildLeaks, una piattaforma per la denuncia dei crimini contro la fauna selvatica e le foreste, attiva tra gli Stati Uniti e l'Africa per i traffici internazionali di migliaia e migliaia, e a volte anche milioni, di dollari sull'avorio o sulla tratta di questi animali pregiati. Loro hanno strutturato molto bene questa iniziativa. Pubblicano anche degli abstract sanitizzati di queste violazioni.
Anche in questo caso l'anonimato è molto importante, perché questi sono Paesi in cui ci sono delle dittature e, quindi, c’è un alto grado di corruzione Pag. 25anche tra i pubblici ufficiali e le autorità giudiziarie. Pertanto, anche qui è molto importante avere un grado di anonimato elevato. Infatti, se voi andate a vedere, le segnalazioni che arrivano sono quasi tutte anonime.
Poi c’è SourceSure, la piattaforma utilizzata da Le Monde e da altri media francofoni. Queste sono esperienze che ci hanno dato la possibilità di andare sul campo a valorizzare lo strumento tecnologico, che – vi dico – funziona. Il contributo che vorrei portare anche dal punto di vista normativo da questo fatto è che, visto che noi ne abbiamo bisogno – addirittura Giuseppe Pignatone ieri ha parlato di una «depressione» proprio di fenomeni corruttivi quotidiani – una scossa è uno strumento che può essere molto importante.
Faccio due brevi commenti. Visto che sono arrivato un po’ prima, ho ascoltato anche stamattina quello che hanno detto alcuni rappresentanti sindacali. Riprendo alcune note che mi sono preso nell'attesa e vada a chiudere. Avete tutti i documenti che ho presentato.
La rappresentante della CISL, in particolare, diceva che non capiva come mai si andasse a interessare anche il settore privato. Ovviamente, la relatrice che mi ha preceduto l'ha spiegato benissimo. Io aggiungerei che il fenomeno corruttivo è bidirezionale. Perché, se non lo intercetto da una parte, mi devo precludere la possibilità di intercettarlo dall'altra ?
Anche dal punto di vista sindacale io sono molto stupito dal fatto che non si pensi alla tutela dei posti di lavoro. Penso al caso Volkswagen. Io non posso credere che in un'azienda come la Volkswagen, in cui lavorano 17-20-25.000 dipendenti, in uno Stato come la Germania, un'azienda fantastica dal punto di vista ingegneristico, non ci sia stata una persona onesta che, se avesse avuto un sistema di segnalazione, non l'avrebbe utilizzato. In tal caso io rinuncio alla speranza di insegnare alle mie due figlie la legalità e il credere in questo sistema.
Non guardiamo il dito e poi la luna. È nell'interesse dell'azienda che i panni sporchi vengano lavati in casa. Noi dobbiamo investire nel sistema di controllo interno. Come dicevamo prima, dal punto di vista privato è più facile, perché le aziende sono già abituate a ragionare in un'ottica di business da anni. Che venga applicata o meno, il decreto legislativo n. 231 del 2001 andava proprio in quel senso.
Io vengo da Parma. L'hanno fatto per il «crac Parmalat» e per il «crac Cirio». In America l'hanno fatto per il caso Enron. Hanno il SOX. C’è un vuoto normativo – parlavamo di privacy – che il Garante ha segnalato già dal 2009 al Parlamento e al Governo in materia. Per esempio, la Ferrari è stata quotata al listino americano. È soggetta al Sarbanes-Oxley e, quindi, deve ricevere segnalazioni anonime.
C’è un vuoto normativo, perché per la legge italiana, invece, c’è il problema di privacy, che è stato segnalato. Chi è interessato al benessere delle aziende deve assolutamente pretendere che venga normato a garanzia dell'azienda. C’è il danno di immagine, oltre a quello sanzionatorio. Abbiamo detto prima del vigile che va a timbrare in mutande e ciabatte al comune di Sanremo. Quando io guarderò Sanremo, mi verrà sempre in mente questa immagine. Per la Volkswagen ripulirsi da questo danno d'immagine non sarà facile.
Il sistema di segnalazione interno e la segnalazione anonima sono tutte cose che vengono contestate perché si guarda avanti a un passo. Per esempio, a proposito della segnalazione anonima, il nostro sistema è maturo ? Posto che il whistleblowing funziona, il livello di maturità è tale per cui io sia confidente per fare una segnalazione aperta ?
Apro una parentesi tecnica. Ci sono tre tipi di segnalazioni. La segnalazione può essere aperta, confidenziale o anonima. Poi c’è un anonimato tecnologico se si utilizzano le piattaforme, in cui noi abbiamo investito, come associazione. Con la segnalazione aperta io ho completa fiducia nel sistema. Abito in Norvegia. I parametri di Transparency non li cito, ma noi siamo un Paese al 70-80o posto. Se io sono un Pag. 26cittadino norvegese e nello strumento ho fiducia, dico il mio nome, Alessandro Rodolfi.
Se ho un sistema di un altro tipo, la mia segnalazione è confidenziale, cioè dico il mio nome a un ente di garanzia, che può essere il responsabile anticorruzione, l'organismo di vigilanza o l'ANAC, che media la mia identità.
Con la segnalazione anonima non dico chi sono in prima battuta. Lo posso fare in seconda battuta, ma il fenomeno inverso non è possibile. Se mi annuncio anonimo, posso dire chi sono, ma poi in realtà non funziona all'incontrario.
L'anonimato tecnologico è quello funzionale anche a non permettere che ci siano le tracce digitali, come il mio indirizzo IP, le tracce del mio computer. Se ne è parlato poco anche qui in Italia, ma il Datagate, la sorveglianza di massa di tipo governativo, oppure anche la sorveglianza dal punto di vista commerciale che i comuni motori di ricerca per finalità più di business effettuano sono un contesto importante.
L'altra cosa che volevo dire riguarda i costi. Il nostro è un software libero e gratuito. Lo scaricate e in un paio d'ore nelle funzionalità di base può essere immediatamente operativo. Poi ci sono le configurazioni. Abbiamo stabilito contrattualmente con alcune ASL e alcune pubbliche amministrazioni proprio di riusare il software e, quindi, di diffondere le esperienze e dare i feedback e le attività di follow-up per migliorare le risorse.
L'onorevole Casellato, che non so se sia ancora in Aula, diceva prima che non si capisce a chi si deve segnalare. Nella legge, in realtà, è importantissimo fare questo flusso, ossia dare la possibilità al segnalante di avere un percorso disegnato, perché, se non trovo ascolto internamente, io devo essere in grado di essere protetto anche se vado all'esterno. Questo è un richiamo anche del G20 e dell’Action Plan.
Direi che alla fine ho trattato tutti i punti.
PRESIDENTE. La ringrazio. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
FRANCESCA BUSINAROLO. Sono stati tutti veramente molto esaustivi. Volevo solo ringraziarli e dire che questi casi e questi esempi ci serviranno nella discussione e nel dibattito. Tutti i miei colleghi poi ne prenderanno visione, anche se non sono tutti presenti.
DAVIDE TRIPIEDI. Volevo porre alcuni quesiti a tutti gli auditi. Nella maggior parte dei casi di segnalazione si mettono in gioco le persone, ossia la maggior parte delle denunce sono anonime, oppure le persone hanno il coraggio di denunciare ? Ha capito cosa sto cercando di dire ?
ALESSANDRO RODOLFI, Rappresentante dell'Associazione Hermes (Centro per la trasparenza e i diritti umani digitali). Secondo la nostra esperienza, all'inizio si denuncia anonimamente e poi, se c’è confidenza nel soggetto ricevente, in tantissimi casi dopo due o tre comunicazioni c’è il disvelamento dell'identità.
MARIANGELA ZACCARIA, Vicesegretario generale del comune di Milano. La mia esperienza è che alcune segnalazioni partono già dichiarando nome e cognome e ufficio di appartenenza.
MAGDA BIANCO, capo del servizio tutela dei clienti e antiriciclaggio del dipartimento vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d'Italia. Nel nostro caso per gli esposti che pervengono dalle singole imprese direi che una percentuale intorno al 40 per cento è di segnalazioni anonime. Le altre, invece, sono nominative.
ALESSANDRO RODOLFI, Rappresentante dell'Associazione Hermes (Centro per la trasparenza e i diritti umani digitali). Ovviamente sono contesti differenti. Il nostro è un ambito magari attivista e di media, in cui le nostre installazioni per il momento sono prevalenti. Probabilmente, quindi, questo aspetto è irrilevante ai fini statistici.
Pag. 27DAVIDE TRIPIEDI. C’è un'altra domanda che vorrei porre. Dalle segnalazioni siamo riusciti a trovare il problema ? Dalle segnalazioni che sono emerse siamo riusciti a evidenziare il problema, a risolvere il problema di quella o di quell'altra denuncia ?
PRESIDENTE. Lei chiede se sono andate a buon fine, oppure se il «bubbone» è stato estirpato ?
ALESSANDRO RODOLFI, Rappresentante dell'Associazione Hermes (Centro per la trasparenza e i diritti umani digitali). Come dicevo prima, il fatto di investire molta della resource nel processo di creazione dei form di inserimento dati della segnalazione ci consente di arrivare a un livello molto elevato di circostanziazione della segnalazione, ossia di circostanziarla molto bene. Di conseguenza, poi con successivi dialoghi il fatto che la fonte sia anonima, come diceva prima anche la referente del comune di Milano, è secondario perché noi abbiamo altre evidenze, che permettono delle investigazioni ulteriori.
Questo è molto importante perché spesso le risorse che sono dedicate al team che si occupa di investigare le segnalazioni sono tantissime. Avere la segnalazione aperta che arriva via mail in cui uno può scrivere di tutto e allegare di tutto, moltiplicata in larga scala, diventa ingestibile, come processo. È quello che ha fatto, per esempio – credo di ricordare – la Grecia. Ha fatto una grande campagna stampa di lancio del proprio sistema anticorruzione completamente aperto e libero, senza alcun form. Sono stati investiti da migliaia di segnalazioni e non sono stati in grado di gestirle.
Questo aspetto è molto importante perché è la disfatta del sistema, perché non più credibile. Se io non do feedback, se non dialogo con chi sta segnalando, se non sono in grado di risolvere il problema e di dargli riscontro, perde completamente di credibilità l'intero sistema di segnalazione.
DIANA RITA NAVERIO, Segretario generale della provincia di Monza Brianza. Per quanto riguarda la mia esperienza, invece, le segnalazioni che ho avuto di irregolarità all'interno dell'ente sono sempre state fatte verbalmente da dipendenti, proprio per il clima di ente. Tuttavia, queste segnalazioni sono rimaste anonime. Le ho avocate io e, quindi, sono uscita poi direttamente io come responsabile anticorruzione e come segretario dell'ente. Ho messo la mia firma all'interno e anche all'esterno in enti esterni, come la prefettura, quando si trattava di segnalare dei quesiti e delle contingenze che avevano rilevanza per la prefettura.
Invece, nell'altro comune più grande le segnalazioni hanno preso altra strada. Sono state formulate direttamente all'autorità giudiziaria e hanno portato poi ad arresti di dipendenti e a sospensioni all'interno, ossia a procedimenti disciplinari attivati dopo, perché si trattava di irregolarità all'interno di corpi difficilmente raggiungibili da parte di segretari o dirigenti. Bisognava proprio essere all'interno del contesto per riuscire a conoscere i fatti e a segnalarli. Queste persone, però, probabilmente non si sentivano sufficientemente tutelate dall'organizzazione e, quindi, hanno preferito adire direttamente alla via giudiziaria.
MAGDA BIANCO, capo del servizio tutela dei clienti e antiriciclaggio del dipartimento vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d'Italia. Nel nostro caso la segnalazione è un campanello d'allarme. Noi abbiamo gli strumenti di vigilanza per approfondirla. La segnalazione è il campanello d'allarme, ma sono gli approfondimenti successivi che consentono di arrivare a fondo.
MATTEO DALL'OSSO. Volevo chiedervi dello scandalo Volkswagen. Essendo stato per un breve periodo di tempo un cittadino tedesco, anche se i cittadini tedeschi sono degli «sbandati mentali», cosa che magari un cittadino italiano non può capire – viviamo in un altro parallelo – io trovo inconcepibile che nessun cittadino tedesco che lavori per la Pag. 28Volkswagen abbia denunciato il fatto attraverso i sistemi di segnalazione che la legislazione tedesca mette a disposizione.
Io non so se ci sia stata in precedenza in Germania una segnalazione di whistleblowing o meno, ma mi chiedo quale sistema legislativo può essere più o meno adatto affinché possa emergere un sistema simile a quello della Volkswagen in Germania quando chi è corrotto è proprio il top della catena, cioè il capo del capo, il capo del mio capo, il capo capissimo. Secondo voi, quale può essere ?
PRESIDENTE. Questa è una risposta che forse dovremmo dare noi a loro, visto che stiamo facendo la legge. Scusi, onorevole, ma mi sembra una domanda che rimette in discussione tutto quello che stiamo facendo. Parliamo della Germania, che peraltro ha già il sistema, ragion per cui adesso l'acquisiremo. È un sistema non specifico, ma comunque ha un sistema. Qui non possiamo chiedere agli auditi qual è il sistema migliore per cercare di fare questo.
ALESSANDRO RODOLFI, Rappresentante dell'Associazione Hermes (Centro per la trasparenza e i diritti umani digitali). Probabilmente in ambito privato dovrebbe essere l'organizzazione a investire in soggetti che godono realmente di una capacità di indipendenza nei confronti del top management. Dovrebbe far sì che essi siano realmente in condizione di indipendenza e che riferiscano direttamente al consiglio di amministrazione.
Nello specifico nel caso Volkswagen non so se l'amministratore delegato fosse al corrente, ma questi organismi relazionano al Consiglio d'amministrazione. Poi, se il Consiglio d'amministrazione capisce e accetta il rischio a cui sta andando incontro, si espone eventualmente a ripercussioni di carattere sanzionatorio, previste, come diceva giustamente la presidente, dalla normativa. Se io fossi un'azienda, darei un commitment molto chiaro sul fatto che questi presìdi di controllo interni siano veramente garantiti da un'indipendenza reale, non solo formale, ma anche sostanziale.
DAVIDE TRIPIEDI. Secondo me, l'onorevole Dall'Osso voleva chiederci nel dettaglio, dato che è successo questo in Germania, se noi siamo sulla strada giusta. Secondo voi, è la strada giusta quella che stiamo percorrendo ?
PRESIDENTE. La domanda era chiarissima, ma era quasi provocatoria, onorevole. Era chiarissima. Purtroppo, è da fare a noi questa domanda.
MATTEO DALL'OSSO. Proprio perché è chiarissima, forse non è stata chiara abbastanza, visto che non c’è.
LEONARDO FERRANTE, Rappresentante dell'Associazione Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie. A proposito proprio del caso della Volkswagen, in realtà nel 2011 c'era stata una segnalazione proprio sul test delle emissioni, che non fu però presa in conto. È a quel punto che succede quello che è successo. Fortunatamente, quando la prevenzione non funziona, interviene il contrasto. L'importante è avere anche le migliori leggi sul contrasto per fare in modo che tutto funzioni.
PRESIDENTE. Giusto perché è stato sollevato un altro tema, mi introduco anch'io. Bisognerebbe capire se in quel sistema, che non è il nostro – non stiamo facendo un lavoro di diritto comparato in questo momento – per esempio, quando non viene presa in considerazione una segnalazione, il livello superiore poi diventa fondamentale. Noi abbiamo l'Autorità anticorruzione.
Questo punto è venuto fuori da tutto il dibattito. Si tratta di creare dei livelli, perché il corrotto può essere quello del vertice. Noi abbiamo già un responsabile dell'anticorruzione con la legge Severino e con l'ANAC nelle amministrazioni pubbliche. Il problema è il privato. È nel privato piccolo, secondo me, perché nelle grandi imprese il decreto legislativo n. 231 del 2001 prevede già dei modelli organizzativi.
Adesso noi andremo avanti. Abbiamo già fatto molta strada. L'onorevole Businarolo Pag. 29ha depositato anche formalmente la nuova proposta di legge assegnataci. È già stato fissato un termine per gli emendamenti. Vedremo di andare avanti.
DAVIDE TRIPIEDI. Essendo di Monza e Brianza e di Milano, volevo ringraziare tutti i presenti che arrivano dalla Lombardia del contributo molto costruttivo che hanno fornito. Sono molto preparati. Fatemi dire anche la verità. Io mi sono perso Monza e Brianza, il che mi dispiace, ma, dato che ci sono le riprese audiovisive, mi andrò a rivedere il nostro lavoro che si sta facendo a Monza proprio nella provincia.
Posso dire che sono contento e che a volte si va verso la strada giusta. Volevo ringraziare proprio tutti i rappresentanti sia di Monza e Brianza, sia di Milano.
Grazie, presidente.
PRESIDENTE. Bene. Ringrazio tutti gli auditi, anche perché c’è stato un grosso sforzo e c’è stato un contributo non solo all'audizione, ma anche con i documenti scritti, che sono a disposizione della Commissione. Vi ringrazio. Buona giornata.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 13.05.