Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 3139 , APPROVATA DAL SENATO, C. 1986 CAMPANA, C. 2408 IORI, C. 2435 BRAMBILLA E C. 2670 IORI, RECANTI DISPOSIZIONI A TUTELA DEI MINORI PER LA PREVENZIONE E IL CONTRASTO DEL FENOMENO DEL CYBERBULLISMO
Audizione di Ciro Cascone, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Milano, di Laura Bononcini, Head of Public Policy di Facebook Italia, di Luca Pisano, Direttore del Master in criminologia presso l'Istituto di formazione socio sanitario (IFOS), di Eugenio Albamonte, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma, di Maria Monteleone, Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Roma, di Claudia Pecorella, ordinario di diritto penale presso l'Università degli Studi di Milano – Bicocca, di Fulvio Sarzana, esperto della materia, di Rappresentanti di Confindustria digitale, di Rappresentanti di Save the Children Italia, di Rappresentanti di SOS Il Telefono Azzurro, di Isabella Mastropasqua, Dirigente Ufficio studi, ricerche e attività internazionali – Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità del Ministero della giustizia e di Roberto Di Legami, Direttore del Servizio Polizia postale e delle comunicazioni presso il Ministero dell'Interno.
Ferranti Donatella , Presidente ... 3
Cascone Ciro , Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Milano ... 4
Marazziti Mario , Presidente ... 6
Bononcini Laura , Head of Public Policy di Facebook Italia ... 6
Pisano Luca , Direttore del Master in criminologia presso l'Istituto di formazione socio sanitario (IFOS) ... 8
Marazziti Mario , Presidente ... 10
Pisano Luca ... 10
Marazziti Mario , Presidente ... 11
Monteleone Maria , Procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 11
Marazziti Mario , Presidente ... 12
Monteleone Maria , Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Roma ... 12
Marazziti Mario , Presidente ... 13
Pecorella Claudia , Ordinario di diritto penale presso l'Università degli Studi di Milano – Bicocca ... 13
Marazziti Mario , Presidente ... 16
Sarzana Fulvio , Esperto della materia ... 16
Marazziti Mario , Presidente ... 17
Sarzana Fulvio , Esperto della materia ... 17
Marazziti Mario , Presidente ... 18
Baroni Massimo Enrico (M5S) ... 18
Beni Paolo (PD) ... 19
Ferranti Donatella (PD) ... 19
Marazziti Mario , Presidente ... 20
Colonnese Vega (M5S) ... 21
Marazziti Mario , Presidente ... 21
Cascone Ciro , Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Milano ... 21
Ferranti Donatella (PD) ... 21
Cascone Ciro , Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Milano ... 21
Albamonte Eugenio , Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma ... 22
Sarzana Fulvio , Esperto della materia ... 23
Marazziti Mario , Presidente ... 23
Sarzana Fulvio , Esperto della materia ... 23
Marazziti Mario , Presidente ... 23
Sarzana Fulvio , Esperto della materia ... 23
Bononcini Laura , Head of Public Policy di Facebook Italia ... 24
Marazziti Mario , Presidente ... 25
Minozzi Marzia , Rappresentante di Confindustria Digitale – Asstel ... 25
Marazziti Mario , Presidente ... 27
Minozzi Marzia , Rappresentante di Confindustria Digitale – Asstel ... 27
Marazziti Mario , Presidente ... 27
De Paoli Cristina , responsabile Unità Giovani e tecnologie digitali di Save the Children Italia ... 27
Marazziti Mario , Presidente ... 28
Cioffi Sandra , Vice Presidente di SOS Il Telefono Azzurro ... 28
Marazziti Mario , Presidente ... 28
Cioffi Sandra , Vice Presidente di SOS Il Telefono Azzurro ... 29
Forresi Barbara , rappresentante del Centro studi, progetti e sviluppo di SOS Il Telefono Azzurro ... 29
Marazziti Mario , Presidente ... 30
Mastropasqua Isabella , Dirigente Ufficio studi, ricerche e attività internazionali – Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità del Ministero della giustizia ... 30
Marazziti Mario , Presidente ... 32
Di Legami Roberto , direttore del Servizio Polizia postale e delle comunicazioni presso il Ministero dell'interno ... 32
Marazziti Mario , Presidente ... 34
Monteleone Maria , Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Roma ... 34
Marazziti Mario , Presidente ... 35
Beni Paolo (PD) ... 35
Ferranti Donatella (PD) ... 35
Marazziti Mario , Presidente ... 35
Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI.
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE DELLA II COMMISSIONE
DONATELLA FERRANTI
La seduta comincia alle 13.35.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
Audizione di Ciro Cascone, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Milano, di Laura Bononcini, Head of Public Policy di Facebook Italia, di Luca Pisano, Direttore del Master in criminologia presso l'Istituto di formazione socio sanitario (IFOS), di Eugenio Albamonte, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma, di Maria Monteleone, Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Roma, di Claudia Pecorella, ordinario di diritto penale presso l'Università degli Studi di Milano – Bicocca, di Fulvio Sarzana, esperto della materia, di Rappresentanti di Confindustria digitale, di Rappresentanti di Save the Children Italia, di Rappresentanti di SOS Il Telefono Azzurro, di Isabella Mastropasqua, Dirigente Ufficio studi, ricerche e attività internazionali – Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità del Ministero della giustizia e di Roberto Di Legami, Direttore del Servizio Polizia postale e delle comunicazioni presso il Ministero dell'Interno.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame delle proposte di legge C. 3139, approvata dal Senato, C. 1986 Campana, C. 2408 Iori, C. 2435 Brambilla e C. 2670 Iori, recanti disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo, l'audizione di Ciro Cascone, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Milano, di Laura Bononcini, Head of Public Policy di Facebook Italia, di Luca Pisano, Direttore del Master in criminologia presso l'Istituto di formazione socio sanitario (IFOS), di Eugenio Albamonte, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma, di Maria Monteleone, Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Roma, di Claudia Pecorella, ordinario di diritto penale presso l'Università degli Studi di Milano – Bicocca, di Fulvio Sarzana, esperto della materia, di Marzia Minozzi, Rappresentante di Confindustria digitale – Asstel, di Cristiana De Paoli, Responsabile Unità Giovani e Tecnologie Digitali di Save the Children Italia, di Sandra Cioffi, Vice Presidente di SOS Il Telefono Azzurro, di Isabella Mastropasqua, Dirigente Ufficio studi, ricerche e attività internazionali – Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità del Ministero della giustizia e di Roberto Di Legami, Direttore del Servizio Polizia postale e delle comunicazioni presso il Ministero dell'Interno.
In considerazione dei tempi a disposizione d'intesa anche con il presidente della XII Commissione pensavamo di ripartire i tempi in quattro gruppi, assegnando dieci Pag. 4minuti per ciascun intervento. Quello a cui tengo è chiudere la seduta avendo esaurito le audizioni.
Naturalmente ringraziamo gli auditi per la presenza. Poi daremo la parola ai deputati – soprattutto al relatore, che è presente – per qualche domanda.
Inizierei subito dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Milano, Ciro Cascone.
CIRO CASCONE, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Milano. Grazie, presidente. Cercherò di essere velocissimo e sintetico.
Sono Procuratore presso il Tribunale per i minorenni, quindi il mio approccio e la mia prospettiva sono chiaramente quelli del magistrato minorile che si occupa principalmente di condotte agite da minori.
Faccio una considerazione generale sul bullismo, poiché noi ci occupiamo molto di bullismo e di cyberbullismo. Non dimentichiamo che partiamo dal concetto di bullismo, che esprime più che altro un concetto di condotte reiterate che si traducono in un rapporto asimmetrico tra bullo – il prepotente – o gruppo di bulli e vittima. La vittima di solito è sempre sola; non ci sono gruppi di vittime, solitamente.
Le forme più insidiose di bullismo che ho potuto riscontrare avvengono normalmente tra gli infraquattordicenni, quindi nell'ambito della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado. È un territorio in cui la scuola non riesce a entrare perché non è attrezzata. Pertanto, anche quando viene a conoscenza di questi singoli episodi, a volte li sottovaluta, li sminuisce definendoli come bullismo, ragazzate, quando invece sono vere e proprie condotte di reato anche se agite da bambini piccoli, da ragazzini piccoli, che creano prolungati danni psicofisici a questi bambini. Il tutto è aggravato dal fatto che oggi già i bambini delle scuole elementari hanno lo smartphone di ultima generazione con connessione internet, per cui le condotte di bullismo si tramutano automaticamente in cyberbullismo, cioè condotte di vessazione, di molestie prolungate portate avanti attraverso l'utilizzo di social network, di messaggistica, mail e simili.
Da questo punto di vista, quello che serve in effetti oggi è veramente un'educazione digitale. Ho apprezzato il Garante della privacy che, nella scorsa audizione, sollecitava questa etica del digitale che ancora a tanti ragazzi non viene impartita, anche perché la maggior parte di questi ragazzi non ha la consapevolezza del disvalore sociale, oltre che penale, di quello che fa.
Normalmente, a seguito delle segnalazioni che ci arrivano, agiamo sul versante penale, quindi contestiamo una serie di reati: ingiuria, diffamazione, atti persecutori (quando è possibile), diffusione di materiale pedopornografico, perché nell'ambito di queste condotte spesso c’è la foto anche autoprodotta, il selfie, che però viene diffuso su Facebook o sugli altri social network e un po’ dappertutto.
Procedo velocemente sul versante penale perché io credo che il grosso dell'intervento che bisogna fare non sia sul penale. Il penale è un campo residuale; bisogna intervenire – parlo soprattutto per questa fascia di età, di minori infraquattordicenni ma anche ultraquattordicenni – a livello educativo, la prevenzione tramite interventi educativi. A livello penale, non sono molto d'accordo innanzitutto a prevedere nuove forme di reato.
Ho letto tutte le proposte di legge che incidono anche sul versante penale. Alcune soffrono chiaramente di una difficile tipizzazione, con un deficit di determinatezza proprio delle descrizioni; altre si richiamano alla figura degli atti persecutori, dello stalking, adattandolo agli atti commessi da minori, però sembra che a questo punto qualsiasi azione, anche commessa telematicamente da un minore, diventi atto persecutorio. In questo modo eleviamo troppo la soglia penale per fatti che invece ricadono tranquillamente in un'altra condotta di reato.
Quindi, io non inserirei nuove figure di reato. Sicuramente sarebbe utile prevedere – è una cosa che già facciamo normalmente Pag. 5– una circostanza aggravante. Spesso noi contestiamo la circostanza aggravante dell'articolo 61, n.1, del codice penale, i motivi abbietti e futili, quando ci rendiamo conto che la condotta è connotata da questo intento di «bullismo», cioè intento vessatorio o persecutorio reiterato nei confronti del soggetto ritenuto debole. Dunque, una circostanza aggravante, forse generale, di questo tipo ci faciliterebbe perché i reati che contestiamo, come dicevo, sono vari: le minacce, le molestie, le ingiurie, le lesioni, le percosse e lo stalking, ma non necessariamente lo stalking. Pertanto, non possiamo riportare tutto allo stalking, altrimenti sembra che ogni reato commesso con strumenti telematici diventi cyberbullismo.
Attenzione, non tutti i reati commessi tra i minori e non tutti i reati commessi attraverso lo strumento informatico o telematico sono cyberbullismo. Il bullismo presuppone una sperequazione di forze tra due soggetti. Spesso si tratta di soggetti che, a livello di forza, sono sullo stesso piano, che si insultano e che litigano, ma è difficile individuare il bullo e la vittima intesa come persona offesa dal reato.
Spendo qualche parola, invece, per il versante educativo, che andrebbe molto rinforzato e questo, secondo me, richiederebbe anche un serio investimento. Ho apprezzato in molte proposte di legge un aspetto. Ad esempio, ho visto che nella scorsa audizione la collega Monteleone, laddove si parlava di piano straordinario di lavoro, ha puntualizzato proponendo di sostituirlo con «programma educativo specifico». Io andrei oltre e parlerei di «intervento educativo personalizzato», perché è questo che manca oggi. Attenzione, i fatti di bullismo e di cyberbullismo avvengono nel contesto scolastico, ma non possiamo lasciare solo la scuola – che oggi non è attrezzata e possiamo anche attrezzarla – a gestire questo intervento educativo. Quindi, l'intervento educativo dovrebbe partire dalla scuola ma coinvolgere necessariamente anche i servizi sociali del territorio. Non bisogna di solito intervenire solo sul presunto bullo, ma anche sulla famiglia.
Sempre in queste proposte di legge si prevede, nei casi gravi, la denuncia del dirigente scolastico all'autorità giudiziaria. Innanzitutto quali sono i casi gravi ? Chi lo decide ? Io direi che ogni volta che c’è un episodio che possa essere letto come espressione di bullismo è opportuna una segnalazione. Non parlerei di denuncia, ma di segnalazione al Procuratore della Repubblica per i minorenni. Vedete, la segnalazione da noi assume una duplice veste: ne nasce un procedimento penale, eventualmente, ma anche un procedimento civile, un procedimento che diventa un intervento educativo.
Il Procuratore per i minorenni e il Tribunale per i minorenni hanno degli strumenti civili per poter agire in questo senso: procedimento ai sensi degli articoli 333-336 del codice civile, quello di verifica sul corretto esercizio della responsabilità genitoriale, oppure il procedimento previsto dall'articolo 25 della legge minorile (regio decreto legge n.1404 del 1934), il cosiddetto «procedimento amministrativo rieducativo», per i minori che danno manifeste prove di irregolarità della condotta o del carattere. Quelli sono gli ambiti privilegiati nei quali agire. Quindi, è necessario un raccordo tra scuola, servizio sociale e segnalazione al Procuratore della Repubblica per i minorenni.
Ho visto che in alcune proposte di legge è prevista la procedura di ammonimento, procedura tipicamente amministrativa quindi, da parte del questore, mutuata dalla legge sullo stalking, dall'articolo 8 del decreto-legge n. 11 del 2009. Può sortire un certo effetto positivo un richiamo forte del minore, ma la procedura andrebbe limitata ai minori ultra quattordicenni. Andrebbe inoltre previsto, secondo me, un termine di sei mesi o un anno al massimo. Una durata degli effetti fino a diciotto anni per un ragazzino di quattordici anni mi sembra eccessiva.
Si potrebbe prevedere l'eventuale verifica, ma andrebbe previsto anche qualche strumento in più. Che cosa succede se il minore trasgredisce ? Questo dovrebbe automaticamente tradursi in una segnalazione per un procedimento educativo, oltre Pag. 6che penale se ci sono gli estremi. Io direi che ogniqualvolta il questore emette un ammonimento di questo tipo deve trasmetterlo per le iniziative di competenza al procuratore della Repubblica per i minorenni.
Chiudo su questi aspetti. Sempre nell'ottica dell'educazione digitale, sarebbe opportuno che ogni scuola, nella propria autonomia, prevedesse l'opportunità di disciplinare l'uso degli strumenti elettronici a scuola. Non so se questo venga fatto nelle scuole. Formalmente ci sono i patti di corresponsabilità e tutto il resto, ma forse insistere su questo potrebbe essere utile.
Da questo punto di vista, raccogliendo il suggerimento della collega Monteleone nella scorsa audizione, si potrebbe prevedere la possibilità di sequestrare e confiscare gli strumenti elettronici utilizzati per commettere reati simili. In questo caso comprenderei anche gli infra-quattordicenni perché, è vero che il minore non è imputabile, ma il reato c’è. Il sequestro e la confisca servirebbero a sensibilizzare e responsabilizzare il minore, ma anche le famiglie. Come vedo tante volte nei nostri procedimenti, infatti, sono le famiglie per prime a sottovalutare e ridimensionare oltre misura la condotta dei propri figli.
Da ultimo, ho notato che nella proposta di legge C. 2670 si prevede che, qualora non sia possibile concedere il perdono giudiziale o la pronuncia di rilevanza penale del fatto, bisogna sempre applicare la messa alla prova per il minorenne. Mi sembra eccessivo perché è una definizione a priori del processo penale. La maggior parte di questi fatti si chiude penalmente con perdono o messa alla prova, ma prevederlo per legge mi sembra esagerato.
Allo stato, non avrei altro da dire. Ho cercato di ridurre in sintesi i punti che ritenevo utili e resto a disposizione per rispondere a eventuali domande.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA XII COMMISSIONE MARIO MARAZZITI
PRESIDENTE. Ringrazio il procuratore della Repubblica. Quello che ho ascoltato mi sembra molto utile e molto interessante e sicuramente ci saranno stimoli.
Do ora la parola a Laura Bononcini, capo delle public policy di Facebook Italia.
LAURA BONONCINI, Head of Public Policy di Facebook Italia. Ringrazio i presidenti delle Commissioni e i parlamentari presenti per questa audizione.
Quello del cyberbullismo è un tema prioritario per l'azienda che rappresento e vorrei iniziare il mio intervento ringraziando le Commissioni ed esprimendo il plauso per l'intenzione di svolgere un'indagine conoscitiva su questi temi, coinvolgendo tutti i soggetti che svolgono attività di contrasto. È un'iniziativa che oggi viene svolta dal Parlamento, ma anche dal Governo e siamo orgogliosi di far parte dell’advisory committee del Safer Internet Center creato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca su indicazione della Commissione europea, per affrontare questo tipo di tematiche.
Pensiamo che l'attività svolta nell'ambito di questo comitato possa essere ulteriormente rafforzata da iniziative come quelle contenute nella maggior parte delle proposte di legge all'esame, come, ad esempio, la creazione, prevista dalle proposte di legge Ferrara e Iori, di un tavolo di confronto permanente tra istituzioni, aziende ed esperti per sviluppare attività di sensibilizzazione, ma anche per rafforzare i codici di autoregolamentazione o ancora agevolare una normativa più adatta a contrastare questi fenomeni.
Sull'importanza della sensibilizzazione non mi soffermo perché penso che il procuratore Cascone abbia detto tutto il necessario. Anche noi riteniamo che la formazione, la sensibilizzazione e la diffusione di informazioni nei confronti di ragazzi, ma anche di genitori e insegnanti, sia una premessa fondamentale per combattere il cyberbullismo e per tutelare la sicurezza dei minori in generale.
Penso che sia interessante, avendo l'opportunità di essere audita come rappresentante di una delle piattaforme di social networking più utilizzate sia dagli adulti sia soprattutto dai ragazzi, raccontarvi Pag. 7come avviene la gestione dei contenuti contrari alle leggi e alle nostre policy, con particolare riferimento a contenuti di cyberbullismo, per poi passare ad alcuni commenti spot sulle proposte di legge e su quanto da esse previsto.
Ventisette milioni di italiani utilizzano Facebook. Parliamo di oltre il 90 per cento della popolazione on-line italiana. A livello mondiale abbiamo superato gli 1,5 miliardi di utilizzatori. Si tratta di una grandissima opportunità sia per noi sia per i nostri utilizzatori, come speriamo, ma anche di una grande responsabilità. L'obiettivo è trovare il giusto equilibrio tra la necessità di garantire a queste persone di potersi esprimersi liberamente, scambiare opinioni e connettersi con altre persone e la necessità di tutelare tutti coloro che sono sulla nostra piattaforma e in particolare i più giovani.
Il primo strumento è quello della definizione di regole della comunità di Facebook. Queste regole sono internazionali e sono applicabili agli utenti della piattaforma in tutto il mondo. Vengono applicate allo stesso modo sia che l'utente si trovi negli Stati Uniti, sia che si trovi in Italia, in Egitto o in India. È un punto estremamente importante perché siamo una piattaforma multinazionale e ogni persona che si scrive a Facebook si impegna a rispettare le stesse regole.
Ci sono poi le leggi dei singoli Paesi nei quali operiamo. Su richiesta di un'autorità o su segnalazione specifica di un utente circa una violazione dei propri diritti ai sensi della legge del suo Paese, potremmo bloccare l'accesso a un determinato contenuto, anche qualora non fosse contrario alle nostre policy. Questi due canali ci consentono di garantire un'azione a livello multinazionale, allo stesso tempo rimanendo in linea con le normative dei vari Paesi nei quali operiamo.
Mi piace raccontarvi come funziona la gestione delle segnalazioni e la rimozione dei contenuti contrari alle nostre policy o legati al cyberbullismo sulla piattaforma Facebook. Qualsiasi tipo di contenuto può essere molto facilmente segnalato da un utente su Facebook, che si tratti di una fotografia, di un video, di un post o di un commento. Segnalare è molto semplice. L'utente deve spiegare a Facebook perché sta segnalando un determinato contenuto. Mi preme sottolineare che dietro a ogni segnalazione di un utente c’è una persona reale e non un algoritmo. Ogni singola segnalazione che viene trasmessa a Facebook viene rivista da una persona reale, che la analizza e decide se rimuovere o meno il contenuto sulla base delle policy di cui vi parlavo precedentemente.
Ad ogni segnalazione viene data priorità a seconda del suo oggetto. Le nostre policy sono estremamente aggressive sulle tematiche legate alla tutela dei minori e in particolare al cyberbullismo e quindi una segnalazione relativa a un contenuto potenzialmente di cyberbullismo verrà presa in carico con priorità rispetto a un'altra.
L'utente che segnala un contenuto riceve immediatamente la comunicazione che la segnalazione è stata presa in carico da Facebook. Successivamente sarà informato del fatto che il contenuto è stato o meno rimosso, con l'indicazione della policy utilizzata per valutare la rimozione di quel contenuto.
Avendovi spiegato molto velocemente come funzionano le nostre procedure di segnalazione, vorrei concludere con alcune osservazioni specifiche sui contenuti delle proposte di legge che abbiamo esaminato. La prima osservazione riguarda la necessità o l'opportunità di unire iniziative come quella della creazione di comitati che mettano insieme operatori del settore, istituzioni e associazioni, al fatto di dare visibilità a procedure di segnalazione e rimozione come quelle che ho appena descritto, qualora disponibili.
Pensiamo sia opportuno, se queste procedure esistono, raccontarle e renderle visibili così da raggiungere l'obiettivo, che noi tutti condividiamo, di rimuovere al più presto contenuti che non dovrebbero essere on-line. Allo stesso tempo, qualora esistano procedure per la segnalazione come quelle operative su Facebook, andrebbe scoraggiato l'utilizzo di procedure alternative.Pag. 8
Il secondo punto è la necessità di indicare specificatamente il contenuto oggetto di segnalazione. È molto difficile dal punto di vista tecnico, ma anche potenzialmente rischioso perché potrebbe coinvolgere utenti e contenuti che nulla hanno a che vedere con violazioni, fornire ordini generici di rimozione di qualsiasi contenuto che, ad esempio, riguardi un minore su una piattaforma come Facebook. Rischiamo di produrre un risultato contrario a quello atteso e soprattutto allunghiamo di molto i tempi di rimozione.
È importante inoltre, come suggerito dallo stesso presidente Soro in occasione della sua audizione, collegare l'obbligo di conservazione dei dati originali di cui si richiede l'oscuramento ai soli fini probatori, anche per evitare che, come ha detto il Garante, «si apra una voragine di conservazione infinita». Penso che questa sia un'indicazione importante da specificare in alcune proposte.
Mi soffermo, infine, sulla definizione data al fenomeno del cyberbullismo. Le istituzioni dell'Unione europea e in particolare la Commissione hanno individuato alcuni elementi fondamentali di un atto di cyberbullismo, quali l'intenzionalità e la ripetizione del comportamento offensivo. In questo caso riteniamo che sia veramente importante evitare la confusione tra atti di cyberbullismo e altre categorie di condotte e illeciti, come la violazione della privacy, che rivestono rilevanza autonoma e sono soggetti a una specifica normativa.
Da questo punto di vista, la proposta di legge dell'onorevole Campana ritengo sia la più esaustiva ed efficace in quanto inserisce un riferimento alla violazione della privacy del minore, ma collegandola all'atto di cyberbullismo. È molto difficile includere nella definizione del fenomeno del cyberbullismo la generica violazione della privacy di un minore.
Concludo qui, riservandomi di lasciare alle Commissioni ulteriore documentazione sulle nostre procedure e sui nostri strumenti.
LUCA PISANO, Direttore del Master in criminologia presso l'Istituto di formazione socio sanitario (IFOS). Buongiorno al presidente e a tutti i parlamentari qui presenti.
Io sono il direttore del master in criminologia IFOS. Nel 2008 abbiamo costruito il primo sito specializzato sul cyberbullismo, cyberbullismo.com, i cui contenuti sono ripresi da alcune proposte di legge. Sono anche consulente e ricercatore dell'ufficio IV, Dipartimento di giustizia minorile e di comunità, del Ministero della giustizia. Ho quindi il compito di individuare in Italia nuove strategie di intervento educativo per minori che commettono reati on-line.
Pensavo di approfondire questo aspetto specifico della dimensione educativa, facendo riferimento a una pubblicazione che è già presente presso il Dipartimento di giustizia minorile e che presto verrà pubblicata con la Franco Angeli. La prefazione è del professor Massimo Ammanniti, ordinario di psichiatria all'Università «La Sapienza», che approva l'impostazione che è stata data a questo lavoro.
Innanzitutto non si può che esprimere apprezzamento per questo interesse per la tematica del cyberbullismo, ma ci sono talune criticità che mi preme segnalare. Alcuni disegni di legge hanno il limite di non inquadrare correttamente i fenomeni sotto il profilo nosografico. Il cyberbullismo è considerato una sottocategoria del bullismo, a sua volta ritenuto sovrapponibile alla categoria della criminalità. In realtà, il cyberbullismo è una sottocategoria della navigazione on-line a rischio, all'interno della quale possiamo trovare la violazione della privacy, il sexting, la violazione del copyright eccetera, ed è sempre una forma di criminalità, mentre il bullismo è una condotta deviante che talvolta può sfociare nella criminalità.
Per un docente o per un genitore non è sempre facile compiere questa «diagnosi differenziale» e distinguere il bullismo dalla criminalità e il cyberbullismo dal bullismo, ma porre sullo stesso piano fenomeni che presentano importanti differenze non può che generare rilevanti Pag. 9confusioni sul piano metodologico. Questo è l'inciso nosografico sull'inquadramento del fenomeno.
La seconda dimensione è quella educativa. I disegni di legge non prestano una sufficiente attenzione alle caratteristiche specifiche del fenomeno e in particolare alla circostanza che il reato è commesso da un soggetto minorenne che opera on-line e che non sempre ha la sufficiente consapevolezza delle azioni che compie, perché ritenute erroneamente intangibili e quindi non vere.
Dalle ricerche che ho svolto dal 2013 al 2015 per il Ministero della giustizia è emerso che i minorenni autori di reato e i loro genitori banalizzano le conseguenze delle azioni trasgressive, ritenendo che comportamenti manifestati on-line siano virtuali e quindi non reali. Minori e genitori sembrano non avere compreso che la realtà virtuale non è un ossimoro, in quanto il mondo virtuale sembra ma non è meno vero di quello reale per gli effetti concreti che sempre produce nella vita delle persone.
Inoltre, dalle stesse ricerche svolte per il Ministero della giustizia è emerso che gli operatori della giustizia minorile, le famiglie e i minori che commettono reati possiedono una rappresentazione non sufficientemente chiara della identità virtuale. Questo è un punto importante perché quando il minore è on-line mette in gioco, accanto all'identità reale, anche l'identità virtuale.
I minori e talvolta gli adulti non riescono a decifrare il complesso rapporto che sussiste tra identità reale e identità virtuale. Non sempre comprendono, cioè, che le informazioni pubblicate su un social network, come foto, video, immagini, testi e commenti, sono in stretta dipendenza con l'identità reale e quindi con la loro soggettività o essere.
Pertanto, adulti e minorenni navigano on-line senza essere sufficientemente consapevoli di esprime attraverso qualsiasi azione la loro identità virtuale. Se avessero consapevolezza che, nel momento in cui sono on-line, chattano o pubblicano video, stanno mettendo in gioco la propria identità virtuale, sarebbero anche capaci di proteggerla, ma questa consapevolezza è molto diversa dalla categorizzazione dell'identità virtuale. Sono consapevoli che stanno agendo on-line, sono consapevoli talvolta anche di commettere azioni che sono inadeguate, ma manca l'auto-consapevolezza.
Per poter dire, infatti, che un minore è maturo psicologicamente per affrontare un procedimento penale e capire il disvalore dell'atto sociale posto in essere on-line, dovrebbe essere capace di categorizzare adeguatamente la propria identità virtuale, ma dalla ricerca condotta sul territorio nazionale questo non è emerso. Questi ragazzi percepiscono al più un senso del sé digitale, ma non hanno una vera e propria categorizzazione dell'identità virtuale e, infatti, non capiscono che tutto ciò che fanno on-line è un segnale e un simbolo della loro identità. Questo può riguardare anche molti adulti, che pubblicano on-line materiale «al limite» e non si rendono conto che stanno lasciando indizi sulla loro identità e non comprendono che l'identità virtuale è in rapporto con quella reale.
Su questo sarebbe opportuno lavorare molto di più nelle scuole, costruendo veri e propri laboratori che aiutino questi ragazzi a concettualizzare l'identità virtuale. Sono d'accordo con il magistrato sul fatto che non si può arrivare soltanto con lo strumento repressivo penale. È necessario, innanzitutto, educare a concettualizzare che cosa sia l'identità virtuale. Se non li aiutiamo in questa direzione, è difficile attuare interventi funzionali.
Per quanto riguarda le azioni repressive, i disegni di legge non considerano il problema della valutazione della maturità psicologica virtuale. Oggi i minori ultraquattordicenni ma infradiciottenni sono imputabili, ai sensi dell'articolo 98 del codice penale, se al momento dei fatti erano capaci di intendere e di volere, dunque maturi psicologicamente.
Tuttavia, la Cassazione ha messo in evidenza che nel caso dei minori è necessario correlare la maturità psicologica con la specifica del reato. Infatti, per alcuni Pag. 10reati è sufficiente un certo tipo di maturità, ma per altri, come quelli on-line, serve una maturità molto più sviluppata, perché attengono all'intangibile e all'inconcreto.
Forse sarebbe opportuno, anche attraverso i disegni di legge, modificare, se possibile o quant’è possibile, l'articolo 98 del codice penale, prevedendo che nei casi di reati commessi adoperando le nuove tecnologie la capacità di intendere e di volere sia valutata facendo particolare riferimento alla maturità psicologica virtuale. Bisogna vedere se sono capaci di categorizzare l'identità virtuale, perché, se non la categorizzano, in quel momento non si può parlare di responsabilità penale. Se hanno il semplice senso del sé virtuale, è chiaro che si pone una condizione di maturità.
PRESIDENTE. Scusi se la interrompo. Chi sa valutare la capacità virtuale ?
LUCA PISANO, Direttore del Master in criminologia presso l'Istituto di formazione socio sanitario (IFOS). Sul nostro libro che è in fase di pubblicazione e in questa ricerca che troverete subito presso il Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità sono indicate le linee guida per la valutazione della maturità psicologica virtuale, perché ci siamo resi conto che, accanto alla tradizionale valutazione della maturità psicologica, è opportuna anche questa specifica, come richiamato appunto dalla sentenza della Cassazione.
Inoltre, sarebbe utile modificare l'articolo 316 del codice civile, recentemente sostituito dalla legge n. 219 del 2012 e dal decreto legislativo n. 154 del 2013, aggiungendo al concetto di responsabilità parentale quello di competenze genitoriali virtuali, che è il sistema complesso di abilità cognitive affettive e relazionali che i genitori devono possedere per prendersi cura della dimensione virtuale dei loro figli.
Il punto fondamentale è che oggi noi non viviamo soltanto nella realtà tradizionale; c’è anche una realtà on-line. Quella realtà on-line deve essere presa in considerazione anche ai fini della valutazione delle competenze, o almeno questa è la proposta.
Infine, è necessaria la formazione degli operatori sociosanitari e della giustizia minorile. Vi riporto i dati relativi al territorio nazionale. Il 21 per cento degli operatori ha utilizzato il profilo del minore per commentarlo insieme a lui. Parliamo di minori che avevano commesso reati. Il 12 per cento ha usato le informazioni derivanti dall'esame del profilo del minore per redigere la relazione valutativa finale da inviare al tribunale.
Ciò significa che gli operatori sono privi di strumenti epistemologici e metodologici per inquadrare i minori che commettono reati on-line e per studiare poi un intervento adeguato. Col buonsenso, leggono il profilo on-line che il minore ha su Facebook. Apro una parentesi: il Ministero della giustizia non autorizza gli operatori della giustizia minorile a collegarsi col computer a Facebook. Solo su questo bisognerebbe aprire un'altra indagine specifica. Agli operatori mancano proprio gli strumenti per catalogare adeguatamente.
Tenete presente che il 3,68 per cento degli operatori ha tenuto conto delle informazioni riguardanti l'identità virtuale del minorenne (3,68 per cento !) e, quando l'ha fatto, si è affidato al buonsenso. Noi siamo in presenza di operatori della giustizia minorile che dichiarano, nella misura del 90,81 per cento, di non possedere necessarie conoscenze tecniche per interpretare il fenomeno. Ecco perché è nata la ricerca, ecco perché abbiamo dato quelle linee guida ed ecco perché ve le sto proponendo.
Un ultimo punto è il seguente. Raramente i minori subiscono il cyberbullismo soltanto in termini intrasistemici, cioè provenienti da uno specifico social network; di solito subiscono il cyberbullismo in termini intersistemici. I cyberbulli possono colpire su più piattaforme, talvolta collegate tra loro, perché integrabili, determinando un effetto virale.
Qual è il punto ? Le vittime di solito subiscono attacchi, non solo su Facebook, ma anche su Ask, oppure possono essere Pag. 11ridicolizzati in un video pubblicato su YouTube, scherniti in una foto caricata su Instagram o Pinterest, diventare il tema di un microblog di Tumbler, essere ripresi da un cyberbullo che manda i video in diretta su Periscope.
Se i social network sono integrabili tra loro per quanto riguarda la condivisione dei contenuti – ad esempio, il post pubblicato su Facebook può essere automaticamente condiviso su Twitter – non lo sono per la segnalazione dei comportamenti ritenuti offensivi. Ciò vuol dire che la vittima deve compilare tante singole segnalazioni quanti sono i social network in cui è presa di mira. Si tratta di un'evidente sperequazione di potere, che pone gli aggressori in una posizione di netta superiorità.
Pertanto, sarebbe auspicabile che nel disegno di legge si prevedesse l'indicazione, per i gestori di social network che operano in Italia, di costruire una scheda multisistemica di segnalazione, in modo tale che un ragazzo che subisce un attacco su Twitter o su Pinterest, mentre segnala il fatto a Pinterest, possa aprire la scheda e segnalarlo anche agli altri gestori.
PRESIDENTE. Abbiamo un nuovo intervento di Eugenio Albamonte, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma, accompagnato da Maria Monteleone, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma. Hanno un'integrazione della loro presenza nelle nostre Commissioni perché portatori di un pensiero aggiuntivo rispetto all'incontro precedente. Li abbiamo richiamati per questo contributo al dibattito.
MARIA MONTELEONE, Procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma. Siccome io e il collega Albamonte, non solo siamo nello stesso ufficio, ma abbiamo sostanzialmente elaborato le nostre osservazioni insieme, avvierò io le integrazioni.
Riprendendo il discorso dal momento in cui ci siamo interrotti nell'ultimo incontro, come ci eravamo programmati, abbiamo provato a elaborare un articolato un po’ più preciso in ordine all'ipotesi di reato che noi avevamo prospettato come quella proponibile, in alternativa a quella indicata come «cyberbullismo» nell'articolato che avevamo preso in esame, che era quello della proposta di legge Campana e altri.
Riepilogo brevemente. Avevamo osservato, in relazione a questo elaborato, che il riferimento al cyberbullismo e soprattutto all'attenzione ai minori fosse poco coerente con l'articolato, che in realtà prevede una fattispecie di reato che può essere commessa anche da adulti, quindi da qualunque altro soggetto.
Avevamo rappresentato, sulla base della nostra esperienza, che ci appariva più utile proporre una fattispecie di reato nuova, quella di atti persecutori commessi mediante strumenti informatici o telematici. Abbiamo ipotizzato un articolo 612-ter, che, essendo una fattispecie di reato – non può che essere così, secondo noi – che può avere come soggetto che lo commette sia un adulto che un minore, potesse contenere in sé, nelle varie condotte ipotizzate, sostanzialmente tutte quelle che noi oggi consideriamo come forme di bullismo.
Dunque, noi abbiamo espresso nuovamente l'articolato, partendo dall'articolo 3. Mi riferisco alla proposta Campana. L'articolo 2, per noi, scompare. Riguarda ipotesi condotte che sono riconducibili a fattispecie di reato che sono già assorbite sostanzialmente sia nel 612-bis sia in questa nuova ipotesi.
Abbiamo ipotizzato un nuovo articolo 3, la cui rubrica dovrebbe essere «Atti persecutori commessi mediante strumenti informatici o telematici». Le condotte che proponiamo sono le seguenti. «Sono considerati atti persecutori informatici o telematici: i messaggi pubblicati su forum on-line che incitano risposte violente e/o diffamatorie, la spedizione reiterata di messaggi via e-mail con messaggistica istantanea o sui social network idonei a offendere l'onore e il decoro del destinatario, l'assunzione di identità altrui finalizzata all'invio di messaggi o alla pubblicazione di contenuti idonei a offenderne la Pag. 12reputazione; la pubblicazione e diffusione di informazioni private o lesive della reputazione di un'altra persona; condotte finalizzate a carpire la fiducia di un soggetto per acquisirne informazioni private, attraverso artifici, raggiri, lusinghe o minacce posti in essere mediante l'utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di connessione, nonché la pubblicazione, condivisione o diffusione delle informazioni in tal modo acquisite; l'esclusione deliberata di un soggetto da una comunità virtuale per ragioni di discriminazione fondata su orientamenti sessuali, di razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e/o sociali; le molestie e minacce a un soggetto con modalità idonee a determinare nello stesso paura, ansia, timori o grave turbamento; la videoripresa e la diffusione, attraverso la rete informatica o telematica, delle condotte indicate nel presente articolo, nonché delle condotte di cui all'articolo 612-bis del Codice penale».
Ipotizziamo che questa fattispecie di reato non sia un delitto che preveda l'evento in senso naturalistico.
La sanzione che ipotizziamo al precedente articolo 3, che diventerebbe il 4, è la seguente: «È punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque pone in essere reiteratamente alcuna delle condotte previste dall'articolo che precede. Se il soggetto è minore degli anni diciotto, si applicano le disposizioni previste dall'articolo 98 del Codice penale».
Apro una parentesi: nel riesaminare alcune delle indicazioni contenute nell'articolato, abbiamo recuperato nel nostro elaborato quelle proposte e quelle iniziative che noi riteniamo di condividere. Queste riguardano essenzialmente il minore degli anni quattordici e ovviamente il minore degli anni diciotto per alcuni aspetti.
«Se il soggetto è minore degli anni quattordici, i dirigenti scolastici, previe intese con gli esercenti la responsabilità genitoriale, sono tenuti a predisporre un programma obbligatorio educativo e specifico, oltre l'orario scolastico, secondo le modalità ritenute più idonee al fine di impedire la reiterazione delle condotte persecutorie già commesse».
L'articolo successivo, ovvero l'articolo 4, prevede: «Qualora, mediante le condotte previste dagli articoli che precedono, un minore degli anni diciotto...
PRESIDENTE. L'articolo 5 !
MARIA MONTELEONE, Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Roma. Sì, è la numerazione nuova. «Qualora, mediante le condotte previste dagli articoli che precedono, un minore degli anni diciotto abbia arrecato danni a strutture scolastiche e obbligato alla riparazione, in ogni caso è tenuto al risarcimento dei danni cagionati in solido con gli esercenti la responsabilità genitoriale».
Ovviamente abbiamo rielaborato le varie proposte, che contenevano a nostro avviso delle cose in contrasto evidente con le attuali disposizioni legislative e non coerenti.
L'articolo 6 stabilisce: «Il dirigente scolastico che venga a conoscenza della commissione dei fatti previsti negli articoli che precedono, all'interno di strutture scolastiche o che coinvolgono studenti dell'istituto, ha l'obbligo della denuncia all'autorità giudiziaria se l'autore dei fatti è maggiore degli anni quattordici». «Se si tratta di un minore degli anni quattordici, informa la procura della Repubblica presso il tribunale per i minori e gli esercenti la responsabilità genitoriale dei soggetti coinvolti» – qui ovviamente intendiamo sia gli autori sia le eventuali vittime – «convoca una riunione con i soggetti coinvolti, gli esercenti la responsabilità genitoriale e uno psicologo della struttura pubblica territoriale, al fine di predisporre per l'autore delle condotte un programma educativo obbligatorio da svolgere oltre l'orario scolastico, secondo le modalità ritenute più idonee a impedire la reiterazione delle condotte medesime e ad attuare un percorso di tutela e adeguata assistenza e riparazione dei danni, anche psicologici, subìti dalla vittima».
Questo è l'articolato che contiene le nostre proposte. Proponiamo poi alle Pag. 13Commissioni di valutare l'opportunità di attenzionare alcuni profili che a nostro avviso, adeguatamente valutati, potrebbero essere inseriti con articoli successivi.
A nostro avviso, potrebbe essere utile prevedere il sequestro e la confisca obbligatoria degli strumenti informatici utilizzati per commettere i fatti. Se l'autore è minorenne, il sequestro e la confisca vengono eseguiti sugli strumenti dal minore utilizzati e dei quali aveva la disponibilità, anche se di proprietà degli esercenti la responsabilità genitoriale (ovviamente non di terzi).
A nostro avviso, potrebbe avere una particolare efficacia «prevedere come misura interdittiva, da applicare per il tempo ritenuto idoneo, il divieto di detenere e utilizzare strumenti informatici» – cellulari, tablet, iPad eccetera – «sanzionandone la trasgressione con il sequestro e la confisca degli stessi, anche se di proprietà degli esercenti la responsabilità genitoriale».
Si potrebbe altresì «prevedere la vendita immediata degli strumenti informatici» – ovviamente se il mantenimento e il sequestro non è necessario ai fini probatori – «e la devoluzione del ricavato al risarcimento dei danni provocati alla vittima e alle strutture pubbliche».
Proponiamo, inoltre, di «abrogare espressamente il disposto del comma 2 dell'ultima parte del vigente articolo 612-bis, nella parte relativa al richiamo al fatto commesso attraverso strumenti informatici o telematici».
Ovviamente questa è una proposta di valutazione e di discussione, che contiene alcune delle modifiche e delle misure preventive e anche repressive che, sulla base della nostra esperienza, possono avere sicuramente un'efficacia di un certo rilievo.
Quello che ci preme sottolineare è che sicuramente non è ipotizzabile introdurre una nuova fattispecie di reato relativa soltanto ai minori degli anni diciotto, cioè immaginare, come ci è sembrato che in alcune proposte si volesse fare, un reato che possa essere attribuito soltanto ai minori degli anni diciotto.
Va previsto un intervento, sicuramente non di tipo penale e repressivo, ma di altro genere, efficace anche per i minori degli anni quattordici. Infatti, credo costituisca un dato di fatto acquisito che molti dei fatti che determinano conseguenze gravissime soprattutto nelle vittime, che sono anch'esse minorenni – io ho citato alcuni casi nell'incontro precedente – impongono un intervento efficace – mi auguro che non sia repressivo ma preventivo – anche nei confronti dei minori degli anni quattordici. Purtroppo dobbiamo constatare che tali fatti possono rivelarsi non meno gravi di quelli che possono essere ricondotti a comportamenti di soggetti ultraquattordicenni.
PRESIDENTE. Vi ringrazio di questo ulteriore contributo. Ovviamente chi è intervenuto finora, come voi, ci fornirà le carte scritte del proprio intervento, perché abbiamo bisogno di puntualità nelle vostre proposte.
CLAUDIA PECORELLA, Ordinario di diritto penale presso l'Università degli Studi di Milano – Bicocca. Devo dire che, a differenza di chi mi ha preceduto con le considerazioni sul piano del diritto penale, sono assolutamente contraria all'utilizzo del diritto penale in questo campo.
Lo dico perché parto dalla premessa che il ricorso al diritto penale deve essere un’extrema ratio e quindi uno strumento afflittivo che ha un costo economico e sociale che deve essere utilizzato con grande cautela, soprattutto in un settore come questo, in cui andrebbe a contrastare un fenomeno che, se usiamo i termini bullismo e cyberbullismo in senso proprio, viene comunemente definito come una forma di comportamenti aggressivi tra minorenni, quindi autore e vittima sono entrambi minorenni. Questo scoraggia ulteriormente l'idea di ricorrere al diritto penale.
Per avere qualche conforto su questo piano ho provato a fare un'indagine per capire se sistemi che hanno affrontato questo tema prima di noi abbiano utilizzato o meno il diritto penale. Posso sinteticamente Pag. 14dire che nella stragrande maggioranza dei Paesi (parlo del Canada, dell'Australia, degli Stati Uniti, della Gran Bretagna) si è escluso il ricorso allo strumento penale sulla base della considerazione che gran parte di quei comportamenti nei quali si manifesta il bullismo o cyberbullismo già trovano nel diritto penale vigente (la stessa cosa si può dire per il nostro ordinamento) uno strumento che può essere utilizzato ove le circostanze lo rendano necessario.
La cosa che mi ha più convinto sono le caratteristiche di questo fenomeno, che richiamo brevemente perché è veramente la premessa dalla quale sono partita nell'esame delle proposte di legge. Richiamo solo brevemente che si tratta di un fenomeno che intercorre tra minori, un fenomeno nel quale, in una buona percentuale di casi stimata differentemente nei vari studi intorno al 15 o al 12 per cento a seconda che si tratti di bullismo cyberbullismo, colui che è autore può essere anche vittima e viceversa, quindi non c’è una netta separazione, questi ruoli sono intercambiabili.
A differenza di quanto è stato detto prima, da questi studi penalistici ma non solo, da questa letteratura scientifica emerge come si tratti di fenomeni spesso coesistenti. Innanzitutto il cyberbullismo viene studiato a fianco del bullismo, proprio perché visto come una manifestazione dai risvolti più pericolosi per le cose che abbiamo già detto, ma che spesso coesiste, e comunque viene stimata ancora una prevalenza di fenomeni di bullismo più che di cyberbullismo.
Due cose emergono da questi studi e sono importanti. La prima è che da un punto di vista psichiatrico è risultato che sono maggiormente esposti a pensieri e gesti suicidari soggetti che sono stati coinvolti nel cyberbullismo sia come vittime che come autori. Questo richiama quella fragilità e quel malessere che accomuna o può accomunare (è chiaro che ogni generalizzazione ha i suoi limiti) autore e vittima e che è già emersa nell'audizione del presidente Soru, ma anche dalle parole della dottoressa Monteleone nella precedente audizione.
Questa è una considerazione importante dal mio punto di vista, perché ci si rende conto che il tipo di intervento fondamentale in un'ottica preventiva non consiste nel punire l'autore del fatto di bullismo o di cyberbullismo, ma principalmente nell'aiutarlo sul piano psicologico, educarlo (l'educazione deve comunque riguardare tutti i minori indistintamente), perché ha bisogno di aiuto in quanto è una persona in una situazione di difficoltà non indifferente.
Un altro aspetto, che cito solo perché si ricollega con la proposta del sequestro obbligatorio degli strumenti informatici nell'ambito peraltro di un intervento penale che, come ho già detto, non condivido, è il fatto che dalle indagini fatte sui ragazzi senza chiedere se fossero stati autori o vittime di bullismo o di cyberbullismo, ma volte a sentire la loro opinione rispetto a questi fatti, è emersa una costante: nessuno racconta ai genitori e fa emergere di essere stato vittima di cyberbullismo perché il timore principale è che venga impedito l'uso dello strumento informatico.
Chiunque ha un figlio adolescente (come nel mio caso) si rende conto infatti di oggi la socialità passi necessariamente attraverso Whatsapp e Facebook, quindi proibire, sequestrare, impedire è come mettere in carcere, bloccare completamente, e trovo che sia una cosa di un'afflittività pericolosa.
Il presupposto dal quale sono partita nel valutare le diverse proposte di legge è quello di considerare se si sia tenuto conto a sufficienza della necessità di aiuto, della situazione di debolezza e di malessere nella quale si trova o può trovarsi l'autore di fatti di bullismo o di cyberbullismo.
A differenza di chi mi ha preceduto, non sono d'accordo sul fatto che il cyberbullismo vada ascritto alla delinquenza minorile, credo che bullismo e cyberbullismo siano due manifestazioni di uno stesso fenomeno e che questi comportamenti di bullismo o di cyberbullismo oltrepassano Pag. 15una certa soglia di accettabilità del gruppo (un'altra caratteristica costante emersa negli studi con percentuali intorno al 72-80 per cento è che autore e vittima si conoscono). Talvolta nella discussione si mescolino le problematiche legate al fenomeno del bullismo e del cyberbullismo con problematiche attinenti all'uso distorto della Rete, con i fenomeni di porno revenge o di sexting.
All'interno di una proposta di legge dichiaratamente rivolta a prevenire e contrastare il fenomeno del bullismo e del cyberbullismo non si dovrebbe a mio parere cadere nell'equivoco di inserire surrettiziamente norme che disciplinano un'altra cosa, le cosiddette «norme intruse» che non dovrebbero esserci.
Se quindi uno ha capito nello studio dell'argomento che è opportuno affrontare anche il problema dell'uso distorto della Rete e che le norme penali esistenti non sono sufficienti e decide di farlo in questo contesto, deve quantomeno farlo emergere già nel titolo della legge, perché altrimenti sarebbe un intervento surrettizio e secondo me non sarebbe da fare, perché queste proposte di legge sono molto interessanti nelle parti propositive nelle quali si pensa alla prevenzione e all'aiuto da fornire a questi ragazzi più che nella parte penalistica.
Sono quindi assolutamente contraria all'introduzione di nuove figure di reato ad hoc, soluzione che, sia per le ragioni che diceva poco fa la dottoressa Monteleone che per quanto ho appena detto, non è stata condivisa neanche negli altri Paesi, per cui saremmo isolati in questa nostra scelta. Il tipo di proposta che è stato fatto di una figura speciale di stalking mi sembra tutto sommato inutile, perché l'attuale figura del delitto di stalking prevede minacce o molestie e molestia è un termine talmente ampio che sicuramente può essere realizzata anche per comportamenti molesti, aggressivi, ripetuti sulla Rete.
Faccio solo una considerazione da docente: non capisco perché precisare che, se l'autore è un minorenne, si applica l'articolo 98 del codice penale, perché questa è una cosa pacifica e si dovrebbe forse intervenire nel caso (non so se sarebbe costituzionalmente legittimo) si volesse modificare la disciplina, ma che nei confronti di un infradiciottenne il giudice sia tenuto ad accertare la sua imputabilità per poterne dichiarare la responsabilità penale è una regola del sistema e va da sé.
Sono quindi assolutamente contraria, ma sono anche contraria per le stesse ragioni all'introduzione di una circostanza aggravante, che vedo ancora con maggior sfavore rispetto alla ricerca di una nuova incriminazione.
L'introduzione di circostanze aggravanti, che sembra un gesto così semplice, un tratto di penna, in realtà infatti ha un costo. Noi vediamo la circostanza aggravante come uno strumento meramente simbolico (fra l'altro, chi ha formulato questa proposta forse non si è reso conto che in alcune parti come quella dello stalking è già previsto l'aumento della pena fino alla metà nell'ipotesi in cui sia realizzato in danno di un minore) ma la minaccia di un aumento della pena attraverso una circostanza aggravante viene valutata in sede di giudizio e di bilanciamento, quindi spesso le pene sono eccessive.
Le pene previste nel nostro ordinamento sono infatti davvero elevate, bisognerebbe confrontarle con altri codici penali per rendersene conto, e non è la minaccia di una pena superiore che può trattenere o avere un effetto preventivo sulle persone.
A proposito dell'aggravante come anche dell'ammonimento vorrei segnalare che attualmente è in discussione alla Camera uno schema di decreto legislativo con il quale si propone tra l'altro l'abrogazione dell'articolo 594 del codice penale, quindi l'eliminazione del reato di ingiuria, mentre qui l'ingiuria viene considerata una premessa sia per l'aggravante sia per l'ammonimento; contemporaneamente la Camera sta valutando un decreto legislativo nel quale si propone tra le altre cose di eliminare l'ingiuria e di prevedere per l'ingiuria ma anche per il danneggiamento nell'ipotesi base, che può essere realizzata Pag. 16nei fatti di bullismo, soltanto una sanzione pecuniaria civile da 100 a 8.000 euro.
Questo fa capire che la percezione sociale della gravità dell'ingiuria forse è cambiata, ma qui c’è un po’ una schizofrenia perché nel momento in cui studiamo il bullismo e il cyberbullismo anche questi comportamenti ci sembrano estremamente gravi. Trovo quindi l'aggravante solo con una carica simbolica e nessuna funzione effettiva.
Vorrei fare qualche considerazione sull'ammonimento del questore per le stesse ragioni che mi portano a ritenere poco condivisibile la scelta del ricorso allo strumento penale per risolvere questi problemi che sono prevalentemente comportamentali e che, se per la loro gravità escono da quanto sarebbe definibile in modo appropriato come bullismo e diventano espressione di una criminalità, trovano sanzioni adeguate e fattispecie esistenti nel nostro ordinamento.
L'ammonimento del questore non è una sanzione penale, non è uno strumento penale, ma il questore non è un soggetto che per le sue competenze e le sue caratteristiche abbia una formazione, una sensibilità, delle competenze psicologiche per affrontare nel modo adeguato il minore coinvolto in fatti di bullismo o di cyberbullismo. Non li ha e non gli è richiesto all'interno della procedura di ammonimento, così come è stata introdotta nel 2009 per lo stalking, laddove doveva fare un autorevole intervento di minaccia, che bloccasse sul nascere questi comportamenti. Questa almeno era l'aspirazione.
Sarebbe anche interessante avere dei dati (non ho avuto il tempo per farlo ma forse voi li avete) su quanto sia stata sfruttata questa procedura di ammonimento, cui a quanto so non si fa grande ricorso. Nel dati pubblicati pochi mesi fa dall'Istat sulla violenza nei confronti delle donne vi sono informazioni anche sullo stalking e il dato abbastanza positivo secondo cui chi ha fatto ricorso a questa procedura solo nel 2 per cento dei casi ha riscontrato una recrudescenza dei comportamenti, che è probabilmente il timore principale che trattiene dal ricorrere all'ammonimento.
L'ammonimento del questore non è però dal mio punto di vista la soluzione adeguata proprio per le caratteristiche di questa procedura, e mi domando perché lo stesso compito non potrebbe essere svolto da un dirigente scolastico.
Supportata anche dalle soluzioni adottate in altri Paesi, credo che l'intervento all'interno dell'ambito scolastico sia essenziale, giudico molto positivamente la proposta, che forse è un po'isolata tra tutte, di introdurre un referente per il contrasto del bullismo e del bullismo informatico all'interno degli istituti scolastici, in quanto un referente potrebbe costituire un punto di riferimento importante per i minori all'interno dell'istituto, soprattutto se non si tratta di un insegnante del ragazzo, perché nell'insegnante vedo una difficoltà a intervenire.
Deve essere una persona formata e sensibilizzata che potrebbe fungere da tramite e rendere edotto il direttore dell'istituto, che con la sua autorevolezza, che ci auguriamo riesca a conservare, potrebbe svolgere quella funzione di ammonimento.
Un'ultima osservazione sulla proposta della dottoressa Monteleone: ho l'impressione...
PRESIDENTE. Mi scusi, professoressa, siccome è possibile intervenire sulle domande, se ha delle cose fondamentali da lasciarci può inviarcele anche per iscritto.
Darei quindi la parola al dottor Fulvio Sarzana. Aprirei subito dopo un momento di domande e, siccome il Procuratore della Repubblica di Milano, Ciro Cascone, alle 15 dovrebbe assentarsi, gli daremo la possibilità di rispondere per primo.
FULVIO SARZANA, Esperto della materia. Grazie, signor presidente, ringrazio anche i deputati che mi hanno invitato, cercherò di essere brevissimo per non togliere spazio al dibattito.
Mi occupo di queste tematiche come avvocato, mi capita spesso di assistere dei giovani che sono oggetto di questi reati e Pag. 17anche dei soggetti che ne sono responsabili. Concordo con la professoressa Pecorella nel dire che l'opzione penalistica non è l'opzione più corretta per inquadrare il fenomeno, proprio perché il cyberbullismo è una tematica che riguarda la tragedia di più ragazzi, sia chi lo subisce, sia chi lo compie, quindi criminalizzare questi ragazzi mi sembra un'opzione non del tutto corretta.
Teniamo presente che stiamo andando verso l'abolizione di determinate sanzioni penali con i decreti legislativi sulla depenalizzazione citati dalla professoressa Pecorella, ma anche con la speciale tenuità del fatto, che è stata approvata ad aprile del 2015, quindi andremmo a ipotizzare delle forme di criminalizzazione di comportamenti giovanili che potrebbero in realtà determinare alla fine una devianza, invece che risolvere il problema del cyberbullismo. Io ci andrei con i piedi di piombo, anche perché le proposte normative che io ho analizzato in realtà sono affette senz'altro da un difetto di tassatività delle fattispecie.
In merito, ci troviamo di fronte a comportamenti che sono criminalizzati solamente per un semplice messaggio. Ci troviamo, quindi, di fronte in realtà a una possibile criminalizzazione di tutti i nostri ragazzi e di tutti coloro che vanno sul web e magari hanno dei messaggi sulle chat e quant'altro, per cui, se si vuole ipotizzare una nuova sanzione penale, bisogna necessariamente essere tassativi con quello che si va a dire. Inoltre, se vogliamo ipotizzare nuovi reati, il reato a cui poter guardare può essere quello di stalking, ma senz'altro ci devono essere dei comportamenti reiterati e ci deve essere qualcosa che distingue il singolo atto da un'attività di cyberbullismo, da un reato, perché altrimenti ci troveremo di fronte alla criminalizzazione di tanti comportamenti di giovani. Questo sicuramente non gioverebbe ai nostri giovani né aiuterebbe le vittime il cyberbullismo.
Concludo rapidissimamente. Mi vorrei concentrare, visto che c’è un esperto di internet, sulla procedura di oscuramento ipotizzata presso il Garante della privacy. Quasi tutte le ipotesi normative prevedono questa forma di segnalazione al Garante della privacy. Io sono in realtà contrario per due motivi.
Il primo è che si onererebbe di fatto il Garante della privacy della decisione su temi che non riguardano il trattamento dei dati personali perché stiamo parlando in questo caso di attività di diffamazione e stiamo parlando di molestie, cioè tutte cose che non riguardano minimamente l'attività del Garante della privacy. Si andrebbe a dare a un'autorità amministrativa il compito di stabilire regole che in realtà devono essere stabilite da un giudice, perché si sta parlando comunque di fattispecie che appunto non riguardano il trattamento dei dati personali.
Ricordiamo anche che, nonostante nelle norme sia citato, il trattamento dei dati personali è escluso dalla disciplina del decreto legislativo n. 70 del 2003. La norma cosiddetta «sul commercio elettronico» che consente di agire nei confronti dei provider internet, infatti, esclude il trattamento dei dati personali dal fuoco della sua applicazione. Ci troveremo di fronte a delle norme che prevedono oscuramenti non confacenti con le normative europee, perché le norme europee dicono cose diverse, e ci troveremo di fronte a fattispecie attribuite al Garante, dandogliele senza ipotizzare per esempio una forma di aumento dell'organico anche del Garante stesso.
Insomma, ci troveremo di fronte a un'attività di oscuramento di carattere amministrativo che in realtà, a mio giudizio, non potrebbe essere gestita da un'autorità amministrativa. Il sistema di notice and take down, cioè del «cancellami», attribuito poi a un'autorità amministrativa...
PRESIDENTE. È chiarissimo, ma ha un'alternativa, in caso non sia il Garante, per essere una cosa amministrativa e rapida ?
FULVIO SARZANA, Esperto della materia. Il Codice di autoregolamentazione sul cyberbullismo, cui abbiamo partecipato Pag. 18con diversi soggetti che sono a questo tavolo, prevede in realtà una serie di attività da svolgere, per esempio per i social network. Si tratta di attività che consentono di ottenere in via di autoregolamentazione quello che si vorrebbe ottenere con l'opzione repressiva, quindi già ci sono i social network, come Facebook, che cancellano dopo due ore. Questo è chiaro e tutti lo sanno.
Tuttavia, sarebbe importante avere delle forme di segnalazione che in qualche modo aiutino per esempio nella stessa lingua dell'utente. Il problema è che il ragazzo magari non sa come fare. Io sostituirei un'attività puramente repressiva con una nuova attività, coinvolgendo le istituzioni e coinvolgendo i social network, per ottenere in via di autoregolamentazione quello che con la repressione non si otterrebbe mai.
PRESIDENTE. Grazie davvero a tutti.
Come abbiamo tutti potuto notare, abbiamo contributi molto importanti, molto interessanti e anche con approcci estremamente diversi, pertanto non è questa la sede del dibattito, nel momento in cui abbiamo visioni e suggerimenti non tutti convergenti e che addirittura partono da visioni non contrapposte ma sicuramente diverse. Il momento del dibattito e della sintesi è il nostro momento di sintesi politica.
In questo momento, vi chiedo se c’è semplicemente a livello di chiarimento, quindi a livello di domanda, qualche richiesta di piccola integrazione da parte dei commissari verso gli auditi.
Preciso che l'audizione non è conclusa. Questa è la prima parte, poi continueremo con le audizioni dei rappresentanti di Save the Children Italia e di Telefono Azzurro. Poi ascolteremo Isabella Mastropasqua, Roberto Di Legami e, prima di loro, i rappresentanti di Confindustria digitale. Siamo alla metà delle nostre audizioni, che si concluderanno alle 16.15.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
MASSIMO ENRICO BARONI. La mia domanda è particolarmente rivolta alla dottoressa Bononcini di Facebook perché in particolare ritengo che sia essenziale saperne di più rispetto ai 27 milioni di iscritti su Facebook che riteniamo comunque a grandi spanne sia il mezzo «regina» attraverso cui avviene forse anche il 90 per cento di tutto quello di cui ci stiamo occupando in questo momento.
Vorremmo avere un'integrazione, se possibile, anche successivamente su quante sono per voi le segnalazioni in un anno per atti di violenza verbale.
In secondo luogo, vorremmo sapere quanti minorenni verificati sono iscritti a Facebook.
In terzo luogo, vorremmo anche sapere se le violazioni sono da voi divise per cluster, cioè tra adulto e adulto, tra adulto e minore, tra minore e adulto o tra minore e minore, e quante persone lavorano materialmente per la presa in carico di queste segnalazioni. Lo chiedo perché, se il primo numero sarà molto alto, ovviamente occorre un certo numero di persone che siano in grado di fare questi distingui.
Inoltre, vorremmo sapere se confermate l'esistenza del protocollo con la Polizia postale e delle comunicazioni in merito alla collaborazione con le istituzioni di Polizia che non ho sentito citato.
Poi, vorremmo approfondire quello che è stato sollevato riguardo la questione della violazione della privacy.
In verità, un atto di cyberbullismo è la rivelazione di fatti personali, di fatti estremamente intimi della propria vita, per cui è una vera e propria violazione e può essere appunto anche una fattispecie di altro tipo. Direi che si tratta di dati estremamente importanti e che, sicuramente al di là delle questioni più umorali o teoriche, a livello statistico potremmo incominciare a avere un importante contributo da voi, dato che voi siete gli unici a avere un codice di autoregolamentazione e che la proposta di legge al momento sul tavolo prevede l'esclusione di questa legge per l'esistenza di codici di autoregolamentazione.Pag. 19
Da una parte voi siete avanti, dall'altra però vorremmo sapere con precisione come state lavorando.
PAOLO BENI. Anch'io vorrei fare una domanda alla dottoressa Bononcini.
Vorrei pure precisare che indubbiamente noi qui stiamo raccogliendo gli stimoli e i contributi utilissimi che voi ci state dando, ma non apriamo una discussione, anche perché questi stimoli sono particolarmente variegati e articolati.
Vi chiederei, anche in qualità di relatore delle proposte di legge, del materiale scritto. In particolare, la dottoressa Monteleone ci leggeva addirittura una proposta di articolato che è bene che poi possiamo visionare e che comunque prenderemo come un contributo sul lavoro che dovremo fare.
Mi limito, quindi, solo a una richiesta di chiarimento che vorrei rispetto alla questione dell'oscuramento.
Sulla questione del Garante il presidente Soro ha incoraggiato nella sua audizione dicendo di far mandare a lui le istanze. Vorrei sapere lei cosa ne pensa rispetto a quel dubbio che veniva avanzato nell'ultimo intervento che fra l'altro ha un risvolto anche dal punto di vista della giustizia perché, se noi diamo una torsione più sul penale, scatta quel problema, cioè che la competenza non può essere amministrativa, anche per quanto riguarda la rimozione. Tuttavia, se privilegiamo l'altro aspetto, va privilegiato il terreno dell'autogestione, dell'autoregolamentazione.
In merito, vorrei sapere se ritiene possibile quanto proponeva il dottor Pisano: siccome il bullo agisce su diverse piattaforme integrabili fra loro, le istanze di oscuramento potrebbero essere integrabili. Lo dico perché francamente non avevo valutato questa possibilità che non so se tecnicamente sia possibile.
DONATELLA FERRANTI. Vorrei fare il punto di questa prima fase dalla prospettiva della Commissione Giustizia.
Comprendo che ci sono degli aspetti di prevenzione e di autoregolamentazione che non possono e non devono riguardare l'intervento penalistico, questa è la ragione per cui abbiamo due Commissioni congiunte che si stanno occupando di questo tema e, come alcuni testi, affrontano l'uno e l'altro problema, anche se quello del Senato è affrontato solo da un angolo visuale.
Tuttavia, io vorrei pure che non si negasse la patologia, l'importanza e anche gli effetti gravissimi di una certa parte del fenomeno, quindi che ci fosse un ulteriore intervento anche su questo punto da parte degli auditi, in particolare del dottor Albamonte, del procuratore Cascone, della dottoressa Monteleone, se lo ritiene, e della professoressa Pecorella che invece vede in un'ottica meramente di prevenzione l'affrontare questo fenomeno.
In merito, vorrei dire che il fenomeno c’è e che gli attuali strumenti di intervento penalistici sono insufficienti e inadeguati, perché questo è un dato di fatto, per cui evitiamo solo di parlarne nel momento in cui qualcuno si suicida e non si interviene.
Io sono molto lontana da questo tipo di intervento perché in quel momento, da politico, mi chiedo io che cosa ho fatto fino adesso. Certo, nemmeno voglio creare lo slogan del momento o la frase del momento.
Siamo in questa fase di approfondimento che abbiamo voluto fare per dire che sicuramente c’è bisogno di tutto il resto, ma, dal momento che non vogliamo introdurre il penale a ogni costo, vogliamo rafforzare degli strumenti, anche penalistici, laddove servono e laddove quelle condotte superano quel limite di tollerabilità sociale o comunque di irrilevanza dal punto di vista penale.
Su questo punto vorrei capire meglio se questa proposta che voi ci avete portato parte da un'esperienza anche sul campo, quindi da alcuni vuoti normativi che avete valutato operativi.
Inoltre, vi chiedo come poter conciliare quello che ci veniva rappresentato, cioè l'intervento dal punto di vista amministrativo e anche eventualmente dell'autorità del Garante, con l'intervento di una misura interdittiva che ci può essere dal punto di vista appunto penale. Grazie.
PRESIDENTE. Io vorrei aggiungere che lo sforzo di questo Parlamento è quello di affrontare un tema che è sempre più vasto e più importante, ma che prevede e affronta un grande problema educativo o parte da un grande problema educativo.
Ci troviamo di fronte a una nuova fattispecie. Si tratta del cyberbullismo che è un segnale di allarme e anche una fattispecie di un problema globale della nostra società. Di fronte a questo problema, come classe politica, potremmo tendere a rispondere per prima cosa facendo vedere che ci siamo, intervenendo, quindi, effettivamente in maniera troppo facile, creando il nuovo reato e aggravando le pene solo perché ci siamo e non lasciamo soli i cittadini.
Tuttavia, noi non vogliamo andare solo verso una soluzione semplicistica perché vogliamo provare a capire e cercare di rendere questa cosa utile al Paese, a tutti noi e soprattutto alle generazioni più deboli.
Abbiamo una parte del problema che lega i cyberbulli e le vittime dentro lo stesso problema perché gli stessi cyberbulli sono vittime di qualcos'altro, cioè nessuno nasce cyberbullo. C’è un punto di debolezza della società, per cui noi dovremmo andare a trovare i modi per aiutare nella maniera più efficace possibile con qualche ripensamento o qualche intervento sociale che aiuti a ridurre la nascita del cyberbullismo.
Poi, abbiamo il problema del branco, cioè della omologazione e della pressione dell'uno e dell'altro perché c’è il branco sul debole, quindi sulla vittima, ma anche sul cyberbullo. Questo è un altro problema perché si può diventare cyberbulli per conformismo e così via, quindi anche nel nostro ragionamento sulle sanzioni, sulla prevenzione eccetera dobbiamo tener conto di quest'aspetto, sempre dalla parte delle vittime.
Abbiamo il problema della generazione adulta che tende a prendersi poche responsabilità o che è sguarnita di alcuni strumenti culturali, quindi tende a minimizzare, a relativizzare e così via. Questo potrebbe lasciare sole le vittime.
Faccio questo discorso perché con questo tema ci inseriamo dentro un problema gigante che è quello delle nuove agenzie educative.
In merito, abbiamo il grande tema della libertà su internet e della «strada» perché una volta c'erano la scuola, la famiglia e la strada, adesso la scuola, la famiglia e una strada grande quanto il mondo.
Certo, questo Parlamento ha approvato una prima carta sul tema internet, però noi abbiamo il problema di questa grande strada e di che conseguenze può avere.
Su questo discorso vorrei sapere come risolvere il problema della sproporzione di potere tra aggressore e aggredito. Non c’è solo il problema delle varie piattaforme per cui, se uno denuncia una piattaforma, ne viene oscura una, ma restano le altre che sono collegate, perché effettivamente c’è anche il problema della sproporzione globale tra qualunque diffamazione o minaccia e la conseguenza o tra la diffusione di contenuti via internet e il singolo. Questo è un problema che non ha ancora una soluzione plausibile e che vale anche nel nostro caso, quindi rivolgo la mia domanda agli operatori.
In secondo luogo, per quanto riguarda il problema della autoregolamentazione è stato sollevato il nodo della maturità virtuale e non solo della maturità psicologica, quindi mi chiedo se gli operatori specializzati dei grandi social network abbiano le competenze sufficienti per percepire se il soggetto abbia anche la maturità virtuale e non solo psicologica, per esempio. Mi chiedo se in un processo di autoregolamentazione i grandi social network sarebbero disponibili a un percorso di assistenza delle agenzie educative per andare a riqualificarsi, in maniera tale da essere avvertiti di questo problema, o ritengono di essere totalmente autoformati. Questo è un punto importante perché c’è una discrepanza molto rilevante in merito.
Per concludere vi chiedo se, qualora venga rilevato un comportamento comunque dannoso, quindi si segnali il fatto che c’è l'oscuramento o che si toglie il post, il soggetto «recidivo» che ripete quel tipo di comportamenti è un soggetto che gli altri Pag. 21nella rete possono individuare come fonte di comportamenti aggressivi o meno. Ve lo chiedo perché in questo momento è sembrerebbe di no, infatti si cancella il post e il soggetto continua in altri modi con chiunque, con chi gli pare.
Mi chiedo se sia da ipotizzare o meno, non tanto l'interdizione o altre cose, ma semplicemente il fatto che esista la possibilità di un albo o di un luogo in cui si possano visionare oppure semplicemente che chi posta abbia l'asterisco come quando è stato cancellato da un sito e gli altri sanno che è stato cancellato da quel sito, ma non dagli altri mille siti. In merito, mi chiedo se non vadano pensate forme diverse da quelle che sono state preventivate.
So che il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minori di Milano voleva integrare, ma prima do la parola all'onorevole Colonnese.
VEGA COLONNESE. Ringrazio per l'opportunità. La mia è una domanda per tutti. Il problema esiste, ma vorrei un'opinione sulla legge nel suo complesso e sulla sua importanza. Vorrei anche sapere se questa legge preoccupi in quanto limitante della libertà di espressione e come strumento per un ipotetico bavaglio alla rete.
Rivolgo questi quesiti a chi se la sente rispondere perché è il suo ambito o perché ritiene che possa essere una preoccupazione.
PRESIDENTE. Do ora la parola ai nostri ospiti per la replica.
CIRO CASCONE, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Milano. Grazie, presidente. Per brevità, nel primo intervento ho tralasciato qualche aspetto su cui ritorno in pochi secondi.
Quello che ho provato a dire prima e che in parte è stato ripetuto da altri relatori è che la maggior parte dei comportamenti di cui ci stiamo occupando avviene tra minori, da minori e su minori. Io faccio il magistrato minorile e ho questa percezione. Da questo punto di vista, avverto la perplessità di un allargamento dello strumento penale perché lo strumento penale già c’è. Sicuramente sono utili alcuni innesti, ma vedo con sfavore ogni nuova fattispecie incriminatrice penale.
La fattispecie incriminatrice penale serve a reprimere e non a prevenire. Mi sono occupato anche io di qualche caso eclatante di suicidio di minore e, benché avessimo aperto un'indagine per istigazione al suicidio, alla fine non siamo riusciti a individuare la causa effettiva perché spesso le condotte vessatorie nei confronti di questi soggetti deboli si innestano e amplificano fragilità personali non ancora rilevate dalla famiglia.
La famiglia è l'ultima ad accorgersi di queste cose. È l'ultimo luogo dove il minore va a confidarsi o a parlare. Ci sarebbe la scuola, ma bisognerebbe attrezzarla. Altri strumenti penali non servirebbero più di tanto a evitare quei casi eclatanti che abbiamo visto e che ogni volta ci fanno stringere il cuore.
Da questo punto di vista, io concordo con quasi tutto l'intervento della professoressa Pecorella. È vero, professoressa, che l'aggravante ha un valore simbolico. Oggi non riesco a trovare in questi casi un'aggravante. Contesto i motivi abbietti e futili.
DONATELLA FERRANTI. Non simbolico, effettivo.
CIRO CASCONE, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Milano. Certo, ma è anche un messaggio simbolico.
L'aggravante, quando ci sono gli estremi e vengono contestati i motivi abbietti e futili, servirebbe a rendere procedibile d'ufficio il reato perché molte volte si tratta di reati procedibili a querela e la querela non arriva. Anche nelle famiglie c’è anche sfiducia a sporgere querela, a segnalare e a denunciare.
Lo strumento educativo della scuola è importantissimo, ma attenzione al lodevole intervento del programma obbligatorio. Se è obbligatorio, non lo può gestire la scuola, Pag. 22ma l'autorità giudiziaria minorile. L'intervento molto lodevole che state discutendo presuppone una conoscenza approfondita del sistema minorile che oggi abbiamo in Italia, che, nelle sue grandi linee, è abbastanza incisivo e funziona. Tutte le misure obbligatorie devono essere gestite dall'autorità giudiziaria minorile. Io avevo proposto di prevedere un intervento della scuola con il coinvolgimento del servizio sociale territoriale, che può agire anche sulla famiglia, e con segnalazione al procuratore della Repubblica per i minorenni.
Mi permetto anche di dire che prevedere la responsabilità civile del minore scardina il sistema della responsabilità civile in generale. La responsabilità è del genitore. La solidarietà del minore, come la misura interdittiva del divieto di utilizzo di strumenti tecnologici, è inattuabile. Trovo ottimo il sequestro degli strumenti tecnologici utilizzati e anch'io lo proposi, ma non si può imporre al minore per tre mesi o per sei mesi di non usare alcuno strumento. Sappiamo bene che il proibizionismo ha generato un contrabbando ancora più pericoloso. Rischiamo, quindi, di aprire spirali da cui non usciremmo più.
Chiudo dicendo che, come intervento scolastico, la mediazione ha dato ottimi risultati nei casi in cui l'abbiamo applicata. È l'unico momento in cui la vittima viene riconosciuta come tale e si sente considerata. Il sistema penale italiano, come sappiamo tutti, non dà spazio alla vittima e non la riconosce. Quello della mediazione è l'unico momento in cui l'autore della condotta illecita, messo davanti alla vittima, si rende conto di ciò che ha fatto.
Inviterei tutti a entrare in una stanza di mediazione, anche per una sola volta, per capire che cos’è. Per i minori ha un significato riparativo molto forte e noi dobbiamo insistere proprio sull'aspetto riparativo.
EUGENIO ALBAMONTE, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma. È evidente che ciascuno è portatore presso di voi di un punto di vista che viene dalla sua esperienza professionale. Nessuno ha quindi la pretesa di dare una lettura totalizzante e onnicomprensiva. La volta scorsa abbiamo avuto il punto di vista di Soro, oggi quello del collega Cascone.
Il nostro punto di vista di pubblici ministeri che si occupano degli adulti è legato al fatto che esiste un numero elevatissimo di casi in cui queste condotte vengono poste in essere da neo maggiorenni nei confronti di minorenni. Negli ambienti scolastici e in tutti gli altri ambienti di formazione più o meno regolamentati, c’è una zona di convivenza tra queste due fasce d'età, in cui neo maggiorenni convivono con minorenni. Abbiamo un numero elevatissimo di condotte del tipo di cui voi state trattando che riguardano questa dimensione: non minori su minori, quindi, ma maggiorenni su minori.
Dallo studio che abbiamo fatto delle proposte al vostro esame, ci siamo resi conto, abbandonando per un momento la premessa del bullismo e del cyberbullismo, che tante delle condotte incriminatrici che si cerca di tipizzare in questa sede sono tenute da adulti nei confronti di altri adulti. Comportamenti che non definiamo cyberbullismo, ma, per esempio, stalking telematico, sono posti in essere da adulti nei confronti di adulti con le stesse identiche modalità dei minori nei confronti dei minori o degli adulti nei confronti di minori.
Una parte di questo lavoro ci sembra utile, soprattutto laddove si lavora sulla definizione di alcune condotte incriminatrici legate all'ambiente cyber. Facciamo fatica, ad esempio, a ricondurre alla fattispecie incriminatrice la sostituzione di persona, ma nella proposta Campana abbiamo trovato un contesto in cui collocarla. La sostituzione di persona è, inoltre, finalizzata alla captazione della fiducia della vittima per estorcerle dati e informazioni, che vengono poi rilanciati anche se avrebbero dovuto rimanere riservati. Ciò significa che ci sono condotte ulteriori che oggi non sono tipizzabili, se non facendo un collage difficilissimo tra tutta una serie di norme.Pag. 23
Visto che non si può o che sarebbe un unicum nel nostro sistema emanare una norma che non è dedicata a chiunque, ma che punisce qualunque minorenne commetta queste condotte, e visto che chiunque può essere ogni minorenne e ogni maggiorenne, uscendo dalla gabbia sociologica, fenomenologica e criminologica di bullismo e cyberbullismo, ci pare che questo strumento abbia capacità ben più ampie.
Chiaramente, dovendo essere utilizzato per soggetti minorenni e per soggetti maggiorenni, richiederà pesi e contrappesi e il bilanciamento di un sistema che preveda prevenzione, formazione ed educazione, che preveda soglie di fuoriuscita dal penale per una serie di soggetti minorenni e che invece mantenga per i soggetti maggiorenni la sanzione penale.
L'interdizione dall'utilizzo di alcuni strumenti come sanzione accessoria è di difficile applicazione nei confronti del minorenne, che si trova in una fase formativa, ma nei confronti, per esempio, dell'adulto che agisce contro il minorenne o un altro adulto potrebbe essere un modo, come diceva il presidente, per allarmare i soggetti.
Ritengo che sarebbe molto difficile – ne parleranno gli esperti di piattaforme in modo più competente di me – fare una blacklist di soggetti, che venga poi trasferita da una piattaforma all'altra, anche perché i soggetti operano sul web usando un nickname. Qua io sono Eugenio Albamonte, ma sono Maria Monteleone su Facebook e Giovanni Rossi su Instagram. È quindi molto difficile stilare una blacklist che rintracci la mia individualità al di là delle varie identità virtuali che assumo. All'esito della vicenda giudiziaria, invece, colpire il soggetto maggiorenne con un periodo di interdizione dall'uso di determinati strumenti potrebbe avere un effetto.
Non credo che questa legge crei un bavaglio. Io ritengo che la funzione del legislatore – mi occupo di internet anch'io da parecchi anni – sia quella di fissare dei paletti e non di disciplinare tutto. Come per il resto del vivere civile, vanno sanzionati alcuni limitati comportamenti, avendo come presupposto che tutto il resto è lecito. Creare zone di protezione, secondo me, non ha una funzione utile.
Ricordo, infine, che esiste già una concorrenza tra potere amministrativo di oscuramento e potere giudiziario. Il potere di oscuramento del Garante per la privacy coincide con quello dell'autorità giudiziaria, che, nel caso di violazione dalla norma incriminatrice, ha un potere concorrente.
Volendo, questi strumenti potrebbero convivere.
FULVIO SARZANA, Esperto della materia. Io il problema del bavaglio lo vedo, soprattutto in relazione alla proposta Campana, che si riferisce al bullismo sic et simpliciter.
Ci troviamo di fronte ad atti come, per esempio, i messaggi on-line volgari. Qualsiasi blog potrebbe essere colpito.
PRESIDENTE. Siamo già andati oltre e abbiamo già commentato.
FULVIO SARZANA, Esperto della materia. Ho dei dubbi su questo ma, se non è l'obiettivo, mi taccio.
PRESIDENTE. Nel corso dell'audizione mi sembra che il punto sia già stato acclarato, ma la domanda dell'onorevole Colonnese merita una risposta, se lei vuole intervenire sul punto.
FULVIO SARZANA, Esperto della materia. Io non estenderei ad altre fattispecie perché in queste formulazioni ricomprendiamo tutto ciò che avviene sul web e non solo quello che riguarda minori e cyberbullismo. Queste proposte normative ipotizzano oscuramento o attività criminose che abbiano come oggetto qualsiasi tipo di attività on-line, compresa la semplice messaggistica o l'invio di una e-mail. Non credo che questo sia l'oggetto specifico del cyberbullismo.
Il bullismo ha caratteristiche specifiche e, allargando a dismisura l'intervento penalistico e le fattispecie ricomprese all'interno di queste norme, diamo all'autorità Pag. 24giudiziaria e all'autorità amministrativa in via alternativa la possibilità di rimuovere, oscurare e penalizzare l'uso del web in sé e non il cyberbullismo nei confronti di minori.
Come giurista, penso che questo non debba accadere. È la mia semplice osservazione. Io il rischio di un bavaglio lo vedo.
LAURA BONONCINI, Head of Public Policy di Facebook Italia. Per quanto riguarda il numero di segnalazioni per Paese, non sono dati che rendiamo pubblici, tuttavia le posso dire che sono alcune migliaia al giorno.
Per quanto riguarda il numero di esperti della sicurezza che ricevono e gestiscono le segnalazioni degli utenti, si tratta di un numero in costante evoluzione. Abbiamo migliaia di persone sparse in tutto il mondo, che agiscono dai nostri uffici di Dublino e Hyderabad e da tre uffici degli Stati Uniti per assicurare una copertura ventiquattro ore su ventiquattro, sette giorni su sette.
È ottimo il livello di collaborazione con la Polizia postale e delle comunicazioni per quanto riguarda la gestione e il lancio sul territorio di iniziative di sensibilizzazione nei confronti di genitori, ragazzi e insegnanti. Siamo stati, per esempio, coinvolti dall'inizio nel progetto «Una vita da social». Inoltre, vi è una strettissima collaborazione nella creazione di procedure di segnalazione di contenuti illeciti su Facebook da parte delle forze dell'ordine. Abbiamo un team di persone, operante a livello internazionale, che si occupa esclusivamente di gestire le richieste e fare attività di formazione delle forze dell'ordine in tutti i Paesi nei quali operiamo per migliorare queste procedure e far sì che siano il più efficaci possibile, spiegando quali sono i canali, ma anche come segnalarci i contenuti in modo che noi possiamo reagire il più velocemente possibile.
Per quanto riguarda la privacy all'interno della definizione del cyberbullismo, sono d'accordo sul fatto che le attività di cyberbullismo includono spesso violazioni della privacy del minore. Vorrei però specificare che non si può includere nella definizione di cyberbullismo la violazione della privacy del minore in generale perché essa deve essere sempre collegata all'offesa. Con questo mi ricollego alle altre domande e all'intervento dell'avvocato Sarzana.
La competenza del Garante è un tema importante, dal mio punto di vista. Per poter gestire le segnalazioni degli utenti su fenomeni di cyberbullismo questi dovrebbe acquisire una serie di competenze in più nonché disporre di personale in più, visto che non si parla solo di violazioni della privacy. In generale, la maggior parte degli attori, non solo Facebook, ha procedure di segnalazione e rimozione dei contenuti che, come ribadisco, andrebbero probabilmente rese ancora più visibili nell'interesse di tutti. C’è poi il ricorso all'autorità, a seguito del cui ordine noi rimuoviamo il contenuto. Se un operatore come Facebook non rimuove il contenuto, c’è quindi la possibilità di procedere attraverso l'ordine di una autorità giudiziaria o di polizia.
Quanto proposto dal dottor Pisano, un tema del quale abbiamo parlato diverse volte, ci sembra difficile da implementare principalmente per due ragioni. Prima di tutto, bisognerebbe mettere insieme tutti gli operatori e assicurarsi che abbiano la stessa definizione di ogni singolo illecito o violazione delle policy. Questo potenzialmente sarebbe possibile, se trovassimo una definizione del cyberbullismo condivisa.
Il problema reale, secondo me, si collega a quello che dicevo prima sulla necessità di segnalare un contenuto specifico oggetto di violazione. Se vedo un contenuto di cyberbullismo su una piattaforma come Facebook e lo segnalo a Facebook, dovrei però inviare ad esempio, a YouTube, un ordine o una richiesta di rimozione dello stesso contenuto senza dire di che contenuto si tratta. Per una fotografia forse è fattibile, ma per un post no.
C’è anche un argomento tecnico che rende difficile implementare, vista la diversità delle piattaforme e dei contenuti che vengono condivisi sulle varie piattaforme, Pag. 25una cosa di questo tipo. Andrebbe comunque studiata, nel contesto dell'autoregolamentazione, attraverso la collaborazione tra tutti i soggetti, che a quel punto dovrebbero definire regole condivise.
Sull'autoregolamentazione e in generale sulla collaborazione tra operatori, piattaforme come Facebook ed esperti, siano essi psicologi o rappresentati delle autorità, ci sono anche qui due piani di azione. Sia nella definizione delle nostre policy sia nella formazione degli esperti della sicurezza che gestiscono le segnalazioni collaboriamo costantemente con istituzioni, associazioni, esperti. Non possiamo inventarle da soli. Collaboriamo poi, anche in Italia, con associazioni come Telefono Azzurro e Save the Children, che hanno canali specifici per segnalarci episodi di cyberbullismo, ad esempio, sui quali noi non abbiamo a disposizione tutte le informazioni di contesto che ci consentano di capire che si tratta realmente di cyberbullismo, però quando si va a parlare dello status psicologico del minore lì ci fermiamo, perché dobbiamo essere in grado di applicare la stessa policy nei confronti di tutti, poi il ruolo va alle autorità. Penso che questo concluda quello che mi era stato chiesto. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie a lei. A questo punto passerei alla seconda parte delle nostre audizioni. Abbiamo complessivamente un'ora per gli interventi, le domande e le risposte, quindi vi raccomando la brevità.
Lascio la parola a Marzia Minozzi, rappresentante di Confindustria digitale – Asstel.
MARZIA MINOZZI, Rappresentante di Confindustria Digitale – Asstel. La ringrazio, presidente, cercherò di andare quanto più veloce possibile. Salterei l'introduzione specifica su Confindustria digitale, limitandomi a dire che è la federazione che in Confindustria rappresenta l'intera filiera dell’information and communication technology (ICT), a partire dagli operatori di telecomunicazione, i classici gestori di telefonia, per coprire anche tutta la parte di apparati, elettronica di consumo relativa all'offerta del digitale, i servizi alla clientela sia lato call center, sia alcuni servizi digitali (ad esempio Facebook è della famiglia di Confindustria digitale).
Il nostro contributo non sarà orientato alla disamina giuridica delle diverse fattispecie di aspetti giuridici coinvolte dai diversi progetti di legge, ma ci focalizzeremo dal punto di vista dei fornitori di servizi della società dell'informazione sugli effetti delle misure previste dai diversi progetti di legge e quindi delle condotte ricomprese sotto l'ampia accezione di cyberbullismo, soprattutto relativamente al ruolo che i diversi soggetti della filiera dell'ICT possono svolgere per contrastare questo fenomeno.
Il tema ovviamente ci riguarda, perché Confindustria digitale è interessata alla creazione di un ambiente digitale sicuro, che è la base per la digitalizzazione sana dell'economia e del sistema italiano, un elemento che sicuramente può aiutare il sistema stesso a prendere una traiettoria di crescita e di modernizzazione più spinta.
Vi consegnerò la memoria scritta che abbiamo concordato con tutti gli stakeholders rappresentati dalla Federazione, però la discussione che c’è stata mi porta a evidenziare come il tema dell'ambiente digitale sano, corretto, legale sia un tema che ci sta a cuore e su cui abbiamo lavorato anche per quanto riguarda la tutela di altri diritti, non soltanto il contrasto di fenomeni di cyberbullismo.
Molti argomenti emersi nel corso della discussione di oggi pomeriggio sono stati ripercorsi anche nei lavori interni della Federazione, nelle interlocuzioni che abbiamo avuto con gli interlocutori istituzionali relativamente alla tutela del diritto d'autore.
In questo mi ricollego anche a quanto diceva il dottor Pisano in merito a come inquadrare il cyberbullismo. Noi pensiamo che questo sia soprattutto la manifestazione cyber del bullismo, però dal punto di vista del gestore dei servizi digitali e della Rete il cyberbullismo si sostanzia su un Pag. 26contenuto indesiderabile (poi vedremo se addirittura illecito) che viene messo in Rete. Sotto questo profilo, ha quindi forti affinità con il tema della tutela del diritto d'autore rispetto all'utilizzo dei diritti al di fuori delle condizioni lecite e di tutti gli altri comportamenti indesiderabili che vanno dalle x-peach al cyberbullismo stesso.
In questo senso Confindustria digitale è interessata, ma vi mettiamo a disposizione oltre alla memoria anche l'elaborazione che abbiamo fatto con le autorità competenti, perché sull'aspetto del diritto d'autore è stato fatto un approfondimento con l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni su come affrontare le procedure nel caso in cui sia necessario intervenire su siti o situazioni in cui siano presenti dei contenuti in violazione del diritto d'autore.
Questa parentesi mi sembrava opportuna per collegare diversi aspetti che sono emersi anche relativamente al tema del bavaglio della Rete, uno dei classici slogan che ha caratterizzato il dibattito sulla tutela del diritto d'autore online. Il tema non è totalmente escluso quando andiamo a parlare di oscuramento dei contenuti in Rete, ma è anche vero che per Confindustria digitale è necessario inserire una sorta di bilanciamento di interessi.
In alcuni casi lo possono fare alcuni soggetti della filiera del digitale, come nel caso di Facebook che si carica della responsabilità di dare seguito alle segnalazioni, mentre altri soggetti non possono giocare questo ruolo per questioni tecniche, come nel caso degli operatori delle comunicazioni più strettamente intesi, gli operatori di accesso.
A questo riguardo, abbiamo analizzato particolarmente la proposta di legge Campana, però il riferimento al concetto di titolare del trattamento come destinatario delle segnalazioni e degli ordini è un riferimento rischioso, perché il titolare del trattamento può riguardare una miriade di soggetti nella filiera di questa fornitura di servizio digitale, mentre apprezziamo particolarmente l'inserimento della figura del gestore del sito, perché indirizza in maniera più corretta le azioni che possono essere richieste e a chi possono essere richieste. Vi è quindi una serie di sfumature rilevanti anche relativamente a quello che è tecnicamente fattibile.
Andrei velocemente alla definizione di cyberbullismo, perché mi sembra un tema strettamente collegato al tipo di approccio che vorrà essere dato alla proposta di legge in discussione, se virata più verso l'amministrativo o verso il penale.
La nostra riflessione si è sviluppata ragionando in una direzione poco penalistica, perché, anche sull'esperienza dell'altro caso citato, le caratteristiche della Rete sia per la mutevolezza dei servizi e delle cose che vi succedono, sia per la tempistica ravvicinata che le contrassegna si prestano a un processo meno rigido, più nella direzione dell'autoregolamentazione o comunque di procedure flessibili affinché i fenomeni siano gestiti.
In questo senso ci sembra che il termine di cyberbullismo possa utilmente essere riferito a contenuti telematici e comportamenti intesi a molestare il minore o un gruppo di minori facendo temere per la sicurezza, ma con ripetuti comportamenti e contenuti on-line il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso o la loro messa in ridicolo.
Dal punto di vista dell'industria fornitrice di servizi di comunicazione, possiamo osservare che i servizi della società dell'informazione sono caratterizzati da una continua evoluzione e dalla possibilità di produzione dei contenuti della comunicazione, che nel caso del cyber bullismo, quindi, sono contenuti lesivi, da parte degli utenti praticamente senza limiti, ad iniziare da quelli di spazio e di tempo.
Da questa considerazione ne scaturivano alcune successive, perché riconducibili a quanto ho detto adesso sul concetto dell'intermediario della comunicazione, perché è chiaro che il contenuto dal punto di vista dell'intermediario della comunicazione è sempre immesso in Rete da un destinatario del servizio.
PRESIDENTE. Noi leggeremo tutto il contributo.
MARZIA MINOZZI, Rappresentante di Confindustria Digitale – Asstel. Sì, l'altro elemento importante dei diversi progetti di legge è l'aspetto dell'approccio multi-stakeholders, perché proprio la caratteristica della Rete di essere non qualcosa di predefinito, ma un ecosistema rende particolarmente importante arrivare a delle definizioni, delle misure e delle procedure con il contributo attivo di tutti gli attori, perché non prevedendo questi contributi si rischia di trascurare elementi fondamentali per l'esito dell'ecosistema.
PRESIDENTE. La ringrazio. Comunico che con Marzia Minozzi sono presenti anche Sabina Strazzullo di Wind Telecomunicazioni e Stefania De Julio di H3G.
Lascio la parola Cristiana De Paoli, responsabile Unità Giovani e tecnologie digitali di Save the Children Italia, e ad Arianna Saulini european and domestic advocacy manager di Save the Children Italia.
CRISTINA DE PAOLI, responsabile Unità Giovani e tecnologie digitali di Save the Children Italia. Grazie, presidente, cercherò di essere molto sintetica.
Save the Children è un'organizzazione che si occupa della tutela e della protezione dei diritti dei minori e di conseguenza porto questa visione. Per questioni di tempo mi soffermerò sulla prevenzione e sull'educazione, che sono anche il cuore della nostra competenza, ma voglio prima iniziare con le finalità delle proposte di legge al vostro esame.
A nostro avviso i confini fra bullismo e cyberbullismo sono estremamente labili, il cyberbullismo rappresenta una delle possibili forme in cui si può esprimere il bullismo e per questo motivo un intervento che si proponga di prevenire e contrastare questo fenomeno non può prescindere dal considerare la sua dimensione più generale, le sue dinamiche più profonde, le sue evoluzioni, tutti elementi essenziali per identificare le misure più efficaci da adottare. Di conseguenza, dal nostro punto di vista l'intervento legislativo dovrebbe focalizzarsi sul fenomeno del bullismo.
In merito alla prevenzione, che rappresenta uno degli elementi essenziali a garantire una risposta adeguata al fenomeno del bullismo, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (la scuola è l'ambiente titolato in cui avviene la maggior parte dei fenomeni), soprattutto nel 2005, ha promosso una serie di iniziative per affrontare il fenomeno, definendo le linee di orientamento per azioni di prevenzione e di contrasto al bullismo e cyberbullismo.
Attualmente è attivo anche il piano per la disposizione di fondi per le scuole per attivarsi sulla prevenzione e sulla sensibilizzazione, e tutto quanto sta attorno al Piano nazionale scuola digitale in seno alla legge n. 107 del 2015, cosiddetta «La buona scuola».
Come ho anticipato, tuttavia, il bullismo non avviene solo nella scuola. Dai dati raccolti nel corso della nostra esperienza e da una ricerca che abbiamo fatto in passato circa l'80 per cento dei ragazzi sostiene che il fenomeno avviene nella scuola, ma c’è tutta una serie di altri contesti extrascolastici dove il fenomeno si verifica.
Ci sembra quindi positiva la previsione di un piano di azione integrato, che prevede l'istituzione di un tavolo tecnico presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, tavolo espresso da due delle proposte di legge in discussione, se e in quanto sia in grado di promuovere iniziative che coinvolgano i contesti extrascolastici e di mettere a sistema tutte le iniziative in corso anche in seno al contesto scuola. È inoltre importante assicurare un sistema di monitoraggio e di valutazione dell'attuazione del piano nel suo complesso.
In merito all'educazione che rappresenta uno degli strumenti più importanti in termini di prevenzione, ricordiamo che le dimensioni che il fenomeno coinvolge sono molteplici e si rifanno alla capacità Pag. 28delle persone minorenni di gestire situazioni complesse, che richiedono tra le altre la capacità di gestire la relazione con l'altro, diverso da sé, la dimensione dell'affettività e della sessualità, il riconoscimento del limite non solo legato alla dimensione della legalità, l'utilizzo sicuro e responsabile delle tecnologie digitali, tutti elementi inclusi – anche se non sempre compresenti – nelle proposte di legge al vostro esame.
Per questo motivo la nostra proposta va nella direzione di pensare a un articolo che richiami espressamente l'educazione su tematiche specifiche in ambito scolastico, proposta del resto avanzata da alcuni dei provvedimenti in discussione, i cui contenuti non possono prescindere dall'affrontare tematiche che includono l'educazione all'affettività e alla sessualità, alla legalità e all'utilizzo responsabile delle tecnologie.
Questo mi porta direttamente alla formazione degli adulti e in particolare degli insegnanti, che per rispondere ai bisogni educativi di cui sopra devono essere messi nelle condizioni di poter rafforzare le competenze specifiche, che richiamano affettività e sessualità, legalità e utilizzo responsabile delle tecnologie.
In merito alle sanzioni, tema di acceso dibattito nel corso di questa audizione, considerando la natura del fenomeno e il coinvolgimento di minori sia tra le vittime che tra gli autori degli atti, raccomandiamo un approccio che privilegi azioni di carattere formativo, preventivo ed educativo. Parte di questo approccio consiste a nostro avviso nel promuovere nei minori una reale consapevolezza delle proprie azioni, adottando soluzioni che rifuggano da obiettivi meramente repressivi e consentano al minore autore e al minore vittima di prendere parte attiva alle procedure applicative, vivendole come momenti di accesso alla giustizia, di partecipazione e di responsabilizzazione.
Voglio solo aggiungere un ultimo elemento riguardante il contesto scolastico: è fondamentale per la scuola poter dare una risposta il più possibile integrata, che trovi la sua espressione di indirizzo in procedure chiare di cui deve dotarsi, che includano la collaborazione, prevedendo accordi specifici con le reti dei servizi sociali, in primis le ASL e la Polizia postale.
L'intervento di risposta a un evento deve quindi essere condiviso e concordato attraverso l'azione di più attori e tarato a seconda delle specificità del caso in esame. Fare incontrare bullo e vittima in uno stesso momento non può sempre essere la risposta più opportuna. Mi fermerei qui.
PRESIDENTE. La ringrazio vivamente anche per il contributo scritto. Darei la parola alla dottoressa Sandra Cioffi, Vice Presidente di SOS Il Telefono Azzurro. Sono presenti anche Giuseppe Magno, Antonella Succi e Barbara Forresi del Comitato produttivo e del Centro studi, progetti e sviluppo. So che Sandra Cioffi vuole introdurre e dare rapidamente la parola a Barbara Forresi.
SANDRA CIOFFI, Vice Presidente di SOS Il Telefono Azzurro. Grazie molte, presidente. Tra l'altro io sono una ex collega perché sono stata segretario alla Commissione bicamerale per l'infanzia nella XV Legislatura e responsabile del Gruppo minori e media, per cui ho visto e potuto toccare con mano come Vice Presidente di Telefono Azzurro l'aumento soprattutto negli ultimi anni di questo fenomeno.
Desidero innanzitutto rivolgervi il saluto del professor Caffo che purtroppo per ragioni familiari non può essere presente. Come Telefono Azzurro da 28 anni siamo impegnati per i bambini in questo Paese e siamo impegnati attraverso il 19696, il 114 e dal primo febbraio 2015 abbiamo anche il telefono contro il bullismo con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Tra l'altro, facciamo parte ormai da anni di Safer internet day.
Prima di dare la parola a Barbara Forresi e al professor Magno, volevo semplicemente dire...
PRESIDENTE. Le ricordo che, se dà loro la parola troppo tardi, l'intervento sarà molto breve.
Pag. 29 SANDRA CIOFFI, Vice Presidente di SOS Il Telefono Azzurro. Dico solamente una cosa, da ex legislatore: in realtà solamente la prevenzione e l'autoregolamentazione non bastano.
Io sono d'accordo con chi mi ha preceduta dicendo che in realtà si deve pensare anche una norma, intesa anche come reinserimento e riabilitazione. È fondamentale, quindi, un mix di interventi. Va bene la proposta di legge Iori che prevede la prevenzione nelle scuole, va bene una norma che preveda la riabilitazione e va bene un'autoregolamentazione che preveda anche le sanzioni. Questo deve essere, secondo me.
Ora lascio la parola a Barbara Forresi. Grazie.
BARBARA FORRESI, rappresentante del Centro studi, progetti e sviluppo di SOS Il Telefono Azzurro. Sono una psicologa e sono la responsabile del Centro studi di Telefono Azzurro. Sono anche l'autrice del dossier che poi farò circolare sul tema del cyberbullismo.
Noi riteniamo che appunto la gestazione di questa legge sia l'occasione per una riflessione che debba essere fatta, però, a partire dai dati e da quello che il nostro dossier, che parla dei dati raccolti nell'ultimo anno, evidenzia.
La ricerca del dossier è sui nostri dati, ma abbiamo citato anche la ricerca che abbiamo realizzato con Doxa e con Eurispes negli scorsi anni, sempre sul tema del cyberbullismo.
Ci tenevamo a partire quest'anno dalla nostra casistica per rispondere a una serie di quesiti che prima venivano anche posti giustamente dalla dottoressa Monteleone e che, secondo noi, nei nostri dati trovano un supporto.
Ve ne cito solo tre, poi lascio alla lettura del dossier un ulteriore approfondimento.
Il 55 per cento degli autori di bullismo ha tra gli undici e i quattordici anni. Questo vuol dire che rivolgere lo sguardo agli infraquattordicenni è un elemento essenziale che, appunto, in questa audizione dobbiamo sottolineare. L'82 per cento degli autori sono amici, ma una percentuale comunque significativa, quale il 18 per cento, degli atti di cyberbullismo avviene da parte di soggetti che sono sconosciuti e dei quali alcuni sono adulti, come sottolineato precedentemente. Il 70 per cento – in merito, vorrei supportare quanto diceva precedentemente il dottor Cascone – delle situazioni di cyberbullismo sono coesistenti a altre situazioni di disagio che i ragazzi riferiscono a Telefono Azzurro.
Abbiamo situazioni di salute mentale e di problematiche familiari, quindi non è possibile in questi casi ascrivere al solo cyberbullismo le conseguenze psicopatologiche e anche i gesti autolesivi, fino a arrivare ai casi più estremi di suicidio, che possiamo riscontrare nei casi di cyberbullismo.
Vorrei fare un ultimo accenno a un altro dato: il 31 per cento dei casi di cyberbullismo vede le scuole coinvolte. Questo dato è particolarmente interessante per la proposta che faceva prima la dottoressa Monteleone rispetto a un intervento della scuola nei casi di cyberbullismo. Dobbiamo considerare che in alcuni casi la scuola purtroppo non è coinvolta.
Ci rendiamo comunque disponibili per approfondimenti ulteriori su questi dati.
La complessità che appare ai nostri occhi è difficilmente gestibile con il solo strumento normativo su cui pure è importante riflettere e la cui gestazione certamente è occasione e stimolo per riflettere sul tema del cyberbullismo.
Dobbiamo ricordare che il cyberbullismo presenta dei fenomeni spesso sfumati, quindi è difficile una sua tipizzazione. Inoltre, una definizione sbilanciata sugli aspetti solo penalmente rilevanti rischia di sottrarre al sistema penale tutta una serie di comportamenti non necessariamente sanzionabili ai fini penali, ma pur sempre lesivi per la salute delle vittime.
In più, come giustamente ricordava la dottoressa Monteleone, dobbiamo in ogni caso pensare agli infraquattordicenni perché rischia di crearsi una frattura con la legge che si propone, tra gli ultraquattordicenni agli infraquattordicenni, che non Pag. 30rispecchia il fenomeno del cyberbullismo. Il cyberbullismo, invece, per la maggior parte dei casi coinvolge appunto soggetti infraquattordicenni.
Riteniamo che, per quanto riguarda l'autore, gli elementi centrali debbano essere quelli della rieducazione, del reinserimento e dell'attenzione anche agli aspetti di salute mentale che lo riguardano perché anche per gli autori in molti casi ci sono delle problematiche familiari e personali che vanno prese in considerazione.
Per quanto riguarda le vittime, la priorità deve essere sicuramente quella di contenere i danni sulla loro reputazione, quindi per noi è assolutamente indispensabile l'accento posto sulla cancellazione effettiva dei contenuti lesivi. Questo deve essere un elemento fondamentale.
Tuttavia, poiché la vittima è appunto sempre minorenne, le speciali procedure di trattamento dei casi devono contenere misure efficaci di assistenza e di protezione – spesso, come dicevamo prima, i genitori sono distratti o assenti – nonché di riparazione del danno e di riconciliazione. Certo, devono essere anche educative nei confronti delle vittime perché in molti dei casi che noi vediamo, come per esempio i casi di sexting, c’è una leggerezza nei confronti delle vittime nel proporre on-line dei contenuti che i cyberbulli possono utilizzare per i propri scopi.
A questo proposito, quindi, auspichiamo, come giustamente sottolineava anche la dottoressa Cioffi, un'attenzione alla formazione nelle scuole e alle campagne nelle scuole, con una focalizzazione sul tema della prosocialità che per noi è importantissima perché è un tema chiave per l'educazione dei ragazzi.
Un altro punto è quello di prevedere un aiuto on-line. Questo secondo me è l'aspetto veramente innovativo, cioè potremmo introdurre delle sentinelle on-line per poter in qualche modo creare degli strumenti che possano essere utili anche agli osservatori che sono così importanti nella dinamica del cyberbullismo e che possono segnalare le situazioni viste, in modo da consentirci di intervenire tempestivamente.
Per quanto riguarda la nostra esperienza rispetto alla chat, stiamo lavorando anche con Facebook per proporre delle parole che i ragazzi possano utilizzare per aiutare i ragazzi che vedono commettere atti di cyberbullismo on-line o per sostenere le vittime, ma anche per proporre appunto dei servizi che siano on-line al fianco dei ragazzi e a cui ragazzi possano accedere immediatamente, nel momento in cui il problema del cyberbullismo si verifica, cioè prima che raggiunga quegli apici che poi producono conseguenze psicopatologiche molto gravi.
In tal senso, questa è l'esperienza della nostra chat perché la chat è on-line con i ragazzi. Inoltre, non è un caso che noi abbiamo la chat solo dal 2010, cioè da quando abbiamo avuto un incremento della casistica relativa cyberbullismo perché rispetto al telefono è lì con loro on-line. Riteniamo, appunto, che sia necessario stimolare questi interventi (leaflet, aiuto immediato e intercettazioni immediate), creando delle sentinelle on-line e consentendo ai ragazzi di uscire dal cyberbullismo.
In conclusione, vorrei fare una raccomandazione generale, condivisa con il dottor Magno, riguardo al fatto che secondo noi i tavoli tecnici pletorici dovrebbero essere sostituiti da strutture più piccole e più agili, composte anche da poche persone e interessate da qualche esperto. Il cyberbullismo va affrontato con strumenti maneggevoli ed efficaci, utili a decidere bene e in breve tempo e a tradurre le decisioni in azioni, oltre che – questo è l'ultimo punto – a monitorarne gli effetti perché secondo noi le decisioni devono sempre essere munite di un feedback. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie.
Do la parola al dirigente dell'Ufficio studi, ricerche e attività internazionali – Dipartimento della giustizia minorile e di comunità del Ministero della Giustizia, Isabella Mastropasqua.
ISABELLA MASTROPASQUA, Dirigente Ufficio studi, ricerche e attività internazionali Pag. 31– Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità del Ministero della giustizia. Le proposte di legge in esame rappresentano veramente uno sforzo, ma anche la complessità del fenomeno intorno a cui il Dipartimento per la giustizia minorile che ora è anche di comunità sta lavorando.
A partire da un dato più esperienziale che statistico abbiamo percepito l'aumento dei reati commessi dai minori in rete, quindi il Dipartimento si sta anche organizzando perché all'interno del nostro sistema informativo e informatico nella cartella sociale, venga prevista questa fattispecie. Tuttavia, ci sembra importante precisare, alla luce dei lavori svolti, che non si può pensare che il bullismo e il cyberbullismo siano uno il derivato dell'altro. Sono due realtà che presentano delle categorie ben specifiche e distinte perché i concetti intorno a cui si muovono sono differenti.
Il bullismo esiste dai tempi de I ragazzi della via Pal e I fratelli Karamazov, il cyberbullismo rimanda, invece, a una vittima che non è visibile e con delle categorie anche nascoste.
Ho letto già alcune audizioni, quindi evito di ripetere cose che evidentemente sono condivisibili a più livelli.
Come Dipartimento per la giustizia minorile, crediamo che il supporto debba essere dedicato sia all'autore del reato che alla vittima e che ci debba essere non solo l'attività di supporto, ma anche e soprattutto l'attività riparativa, oltre a azioni educative, per fronteggiare i rischi che vittima e autori dei reati on-line spesso si trovano inconsapevolmente a dover subire. Questi con il tempo ne subiscono le conseguenze, appunto perché non ne conoscono i pericoli nell'immediatezza.
Il problema della comprensione delle competenze da parte degli adulti è estremamente importante. Inoltre, credo che nelle proposte emerga una centratura prevalente sugli insegnanti che, per carità, sono una classe particolarmente a rischio rispetto alla conoscenza di certi fenomeni. Tuttavia, appunto per l'osservatorio a cui appartengo, io credo che non si debba dimenticare che poi un ruolo importante, soprattutto quando lavoriamo con gli infraquattordicenni e con i minorenni, lo svolgono sia i magistrati che gli operatori dei servizi della giustizia minorile.
Se si deve fare una formazione e se ci sono delle categorie «obbligate» alla conoscenza, io includerei anche i magistrati e gli operatori dei servizi della giustizia minorile e degli enti locali cui molto spesso questi ragazzini, se non sono intercettati dalle scuole, vengono rinviati.
Con l'IFOS – prima è stato ascoltato il dottor Pisano – abbiamo realizzato un glossario sui comportamenti devianti on-line che è consultabile sul sito del Ministero della giustizia e che prevede 55 voci, scomposte tra ipotesi di reato e ipotesi a rischio. Questo strumento nasce da quella emergenza toccata con mano «dell'ignoranza» sia dei magistrati che degli operatori sociali di fronte ai reati commessi.
In realtà, noi abbiamo intercettato, attraverso questionari e focus group, che di fronte ai reati commessi on-line dai minori esiste una difficoltà metodologica rispetto all'azione sociale e all'azione educativa. Il web mette in crisi le pratiche consuete del lavoro educativo e del lavoro sociale, quindi si fatica a tenere assieme identità reale e identità virtuale, spazi di vita virtuali e spazi di vita reali.
Sotto questo profilo, mi piace mettere in evidenza un paradosso della realtà amministrativa: se da una parte è importante svolgere le inchieste sociali on-line, un assistente sociale, per poter conoscere meglio il ragazzo che ha commesso un reato in rete, deve poter entrare nel suo profilo. In realtà, il Ministero non consente l'accesso a questi siti, quindi l'indagine sociale on-line uno o la fa da casa oppure non riesce a farla. Si tratta di un aspetto su cui bisognerà anche sciogliere alcuni nodi, visto che evidentemente questi ragazzi sono presi in carico dai servizi della giustizia minorile.
Credo che le procedure di oscuramento, quindi le procedure di tutela, dovrebbero prevedere tempi più stringenti perché la divulgazione in rete è veloce e i Pag. 32danni sono difficili da stimare, se escludiamo il dato evidente del numero dei suicidi.
A questo punto noi proponiamo la realizzazione, sulla base di un'esperienza fatta in Sardegna, di un osservatorio nazionale sul cybercrime. In Sardegna, abbiamo effettuato le prime «mediazioni virtuali on-line». I nostri operatori, a seguito di una segnalazione, hanno chiamato il ragazzo che aveva commesso il reato on-line o che comunque aveva attivato una condotta scorretta on-line. Poi, abbiamo mediato con lui e gli abbiamo esposto i rischi, non solo quelli cui andava incontro, ma anche quelli cui aveva sottoposto la ragazza, oggetto del sue attenzioni, per cui la rimozione è stata immediata e con relative scuse.
Crediamo che la dimensione della relazione immediata sia più funzionale e più coinvolgente rispetto all'attivazione delle ennesime pratiche burocratiche che rinviano ai 48 giorni del Garante perché nel frattempo il web si è riempito di informazioni. Crediamo anche che, siccome noi abbiamo già un osservatorio europeo sulla devianza, questa attività potrebbe essere realizzata.
Certo, deve essere fatto sempre con la dimensione dell'integrazione perché è chiaro che siamo tutti coinvolti e da solo nessuno è capace di tener banco a una realtà che è estremamente veloce; tant’è vero che questo glossario che abbiamo pubblicato è una versione 1.0, infatti adesso siamo già in fase di rivisitazione.
In ultimo, condividiamo la prevalenza della logica dell'educare e non del reprimere, quindi l'azione di prevenzione deve essere multilivello e anche la logica del piano integrato deve puntare a coinvolgere tutti i possibili attori che hanno qualcosa da poter dire. Crediamo, però, che, come diceva la collega prima, si debba escludere la logica dei tavoli con pluripresenze, perché non portano a niente, e che si debbano realizzare delle azioni concrete. Soprattutto crediamo che la centratura debba essere sul monitoraggio e sulla validazione dei risultati ottenuti perché il rischio di finanziamenti a pioggia che spesso si sovrappongono in alcune aree e non ne toccano altre non genera una buona azione amministrativa. Grazie.
PRESIDENTE. Do la parola all'ultimo – non è in ordine di importanza, naturalmente – degli auditi, Roberto Di Legami, direttore del Servizio Polizia postale e delle comunicazioni presso il Ministero dell'interno.
ROBERTO DI LEGAMI, direttore del Servizio Polizia postale e delle comunicazioni presso il Ministero dell'interno. Buon pomeriggio a tutti. La ringrazio per aver pensato alla Polizia postale e delle comunicazioni per un contributo a questo importante e lodevole sforzo parlamentare.
Non vorrei deludere le Commissioni perché, a differenza di chi mi ha preceduto, sinceramente non sono sorretto da certezze a riguardo, cioè mi viene veramente difficile dire se in questo caso l'approccio dovrebbe tendere più alla prevenzione o alla repressione.
L'impegno della Polizia postale e delle comunicazioni nel campo della prevenzione è noto a tutti, infatti è da anni che non siamo nelle scuole presenti quotidianamente e incontriamo centinaia di migliaia di studenti, insegnanti e genitori.
Crediamo fortemente di dover spiegare i rischi che una navigazione insicura del web e una navigazione scorretta e non attenta possono comportare. Certo, i risultati che noi troviamo e riscontriamo rappresentano il fatto che effettivamente la stragrande maggioranza dei minori pongono in essere comportamenti della cui serietà e delle cui conseguenze non hanno idea. Questo è allarmante e non può non far riflettere sulla necessità di un sempre maggiore impegno nel campo della prevenzione.
Vi ripeto, su quanto l'ago debba andare verso una o l'altra parte, non penso sia neanche la sede per discuterne e sicuramente non ci sono neanche i tempi ormai, però penso che non dovremmo perdere di vista quali sono le tappe fondamentali. La rimozione, come dicevano diversi precedenti relatori, rapida e immediata dei Pag. 33contenuti è sicuramente un obiettivo prioritario; poi si vedrà come, quando, qual è il mezzo migliore eccetera. Inoltre, è necessario un serio coinvolgimento dei due grandi assenti, quando si parla di sarebbe cyberstalking, cioè scuola e famiglia. Questi sono i cardini, secondo me, da cui dovremmo partire.
Si è già parlato per esempio di coinvolgimento dei dirigenti scolastici. Certamente qui nessuno vuole biasimare nessuno, però, per potere rideterminare le nostre strategie e ridefinire le priorità e anche la quantità del nostro impegno, portiamo avanti dei sondaggi indirizzati quest'anno anche ai dirigenti scolastici.
Ripeto, non è mio costume e neanche mia intenzione biasimare nessuno, ma vi garantisco che il quadro che emerge è veramente preoccupante. Grazie a Dio, io ho figli che ormai hanno superato quell'età, ma è veramente preoccupante vedere come i dirigenti scolastici si dichiarino apertamente incapaci di gestire la situazione. Secondo me, prima di arrivare a una decisione sulla definizione del tipo di reato o altro, non si deve perdere di vista questa priorità assoluta.
Coinvolgiamoli con grande onestà intellettuale, ma eventualmente anche con in mano una sanzione se non dovessero rendersi conto della sedia su cui sono seduti. Pretendiamo che prendano iniziative, siano considerati pubblici ufficiali, che prendano in mano la situazione ogni qual volta questa stia per degenerare. Ripeto che si potrebbe obiettare che sotto alcuni dirigenti scolastici ci sono 6.000 persone: si andrà alla delega, ma sicuramente dovrebbe essere individuata una figura forte che possa facilitare l'accesso a queste procedure accelerate. D'altro canto, anche l'aspetto penale ha la sua importanza. Non parliamo sempre di vittime, come ci ha detto la dottoressa Monteleone. Spesso abbiamo a che fare con dei piccoli criminali, per cui bisogna intervenire per tempo e in maniera chiara.
Su quello che hanno proposto i due magistrati non mi sento di dire nulla, perché effettivamente era una fotografia. Probabilmente, qualcosa si potrebbe rivedere sul discorso dell'obbligatorietà o meno nella sede del sequestro e della confisca. Mi sento più di parteggiare per chi dice che non è il caso di sequestrare e confiscare il materiale a quell'età. Soprattutto con gli adulti, però, abbiamo a che fare con casi di gente abbastanza ricca che dopo un anno e mezzo di sequestro e confisca esce un pomeriggio e compra per centinaia di migliaia di euro.
Sono casi residuali, ma potrei citarne almeno un paio, che mettono in difficoltà le Forze dell'ordine. Prevederei delle misure interdittive per i casi estremi, ma per il resto sicuramente non mi sento di dire che non sia altrettanto necessario un impianto che rimetta un po’ ordine in tutta la materia, anche per un'altra ragione: secondo me, si rivede un po’ quello che abbiamo visto con l'adescamento in rete, con il reato di grooming. Fino a quando, con legge n. 172 del 2012, non è stato codificato nel nostro Paese, avevamo dei dati fumosi. Soltanto l'indicazione precisa del reato ha fatto emergere un intero sommerso, che ho fondato motivo di ritenere ci sia anche in questo caso.
Se ho ancora qualche secondo, farei qualche commento sul discorso del tavolo permanente. Ho visto che in qualche proposta il tavolo dovrebbe essere gestito o comunque diretto dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Personalmente, lo porterei a livello di Presidenza del Consiglio dei ministri. Rischieremmo di confondere l'aspetto preventivo con quello delle misure di contrasto. Si parlava di autoregolamentazione: mi piacerebbe più parlare di co-regolamentazione, in cui abbiamo un confronto tra pubblico e privato di settore e, eventualmente, anche la possibilità di confrontarci con qualche sanzione nel caso in cui gli impegni presi non siano rispettati.
Per quanto riguarda i maggiorenni, anche se è già legge dello Stato, ricorderei che uno strumento ulteriore sarebbe anche quello dato dalla legge n. 39 del 2014, che sta dando ottimi risultati nel campo della punibilità nei confronti di autori maggiorenni, cioè con l'aggravante per il caso in cui si utilizzino dei software di Pag. 34anonimizzazione, che quando abbiamo a che fare appunto con degli autori adulti ritroviamo molto spesso.
In ultimo, poi mi taccio, c’è il discorso del bene giuridico da tutelare. Questa potrebbe essere una riflessione da sviluppare: qual è il bene giuridico da tutelare nel caso di una nuova ipotesi di reato ? Ci concentriamo più sulle immagini nella vita reale, nel web, perché è elemento indispensabile per la propria autostima, per l'equilibrio psicofisico ? Quali sono gli elementi che portano a definire il cyberbullismo ? Mi piacerebbe vedere dalla norma trasparire, soprattutto, quest'aspetto della simmetria, della reiterazione e anche dell'intenzionalità di chi agisce, prima che individuare una norma a parte.
PRESIDENTE. Ringraziamo il direttore Di Legami.
Approfittando della presenza di alcuni degli auditi e sollecitato, ho solo una domanda da porre. È importante, eventualmente, più intervenire presto che non sanzionare; la dottoressa ha appena parlato dell'eventuale convincimento. Ora, l'ipotesi di un banale bottone di help, che non sia quindi sanzione né altro, ma che compaia su Facebook, può essere considerata e ci risentiamo su un tema del genere ? Parlo della possibilità per chi è on-line di fare «click», attivando così un help che abbia dall'altra parte la Polizia postale, i gestori o altri.
Da quel momento potrebbe esserci qualcuno a fare monitoraggio, a insaputa anche di chi sta parlando. Probabilmente, non creerebbe nessun problema, e si farebbe solo ai fini della tutela, non ad altri. È un'ipotesi che mi è venuta in mente di conseguenza.
Chiede di intervenire la dottoressa Monteleone, a cui do la parola per un intervento brevissimo, di 30 secondi, perché purtroppo è iniziato il voto in Aula e dovremo raggiungere i colleghi.
MARIA MONTELEONE, Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Roma. La ringrazio. Sarò telegrafica. Ho sentito delle proposte veramente molto interessanti, sulle quali ovviamente rifletterò insieme ai miei colleghi. Voglio solo rispondere sinteticamente all'onorevole che ha posto la domanda sulla preoccupazione che questa normativa possa costituire una limitazione alla libertà di espressione. Sinceramente, la mia riflessione va nel senso opposto. Prevedere e sanzionare come censurabili determinate condotte sicuramente da considerarsi illecite, non consentite, e, quindi, pericolose, secondo me favorisce invece la libertà di espressione di tutti, per cui a mio avviso l'effetto non dovrebbe e non potrebbe essere questo.
Molti interventi, inoltre, hanno posto l'accento sulla necessità della prevenzione, qualcun altro ha posto maggiormente attenzione alla repressione. Le due esigenze non sono in contrasto. Al contrario, secondo me vanno insieme. La risposta alla sollecitazione mi è venuta dall'intervento del dottor Di Legami, che conosco e apprezzo moltissimo e da cui, ovviamente, ho colto l'occasione per questa mia riflessione.
Prevedere come fattispecie di natura penale gli atti persecutori informatici, che secondo la nostra proposta, tutta da valutare e studiare, sarebbero un po’ una sintesi delle varie proposte allo studio del legislatore, in realtà avrebbe una forte carica preventiva, come tutte le sanzioni penali, come la professoressa Pecorella sa meglio di noi. Avrebbe, secondo me, un efficace valore preventivo, anche perché ritengo che, nel momento in cui prevede sia pure non forme sanzionatorie penali ma preventive per il minore degli anni quattordici, potrebbe avere una forte educazione alla legalità e, allo stesso tempo, un carattere repressivo se la condotta assume una certa rilevanza.
La mia vorrebbe essere una sintesi. Condivido il 99 per cento di quello che è stato detto. La funzione preventiva è quella fondamentale. Quella repressiva deve essere solo subordinata e successiva. Considero la sintesi complessiva molto favorevole.
PRESIDENTE. La ringrazio. Si è un po’ sostituita alla politica, ma la ringrazio lo stesso.
PAOLO BENI. Mi rendo conto che dobbiamo assolutamente chiudere. Intervengo soltanto per una puntualizzazione e per tranquillizzare tutti.
Avevamo detto in partenza che nel corso delle audizioni ciascuno, rispettando le proposte di legge depositate, avrebbe offerto il suo contributo, espresso le sue valutazioni e così via. Io stesso ho detto che non sarei intervenuto nel merito, poi di fatto ne è scaturita una discussione, tanto che molti richiamavano appunto quella fatta.
Non è un problema. Evidentemente è venuta spontanea e tutto serve. Vorrei dire, però, semplicemente che, per quanto riguarda l'istruzione del lavoro che dobbiamo svolgere, abbiamo la verbalizzazione dell'incontro e vogliamo tener conto di tutti i contributi. Ho l'impressione, anche rispetto a quanto diceva la dottoressa ora, che il tema emerso sia se privilegiare l'aspetto di prevenzione, di educazione o quello sanzionatorio.
Credo che, se la questione diventasse di principio, non ne usciremmo mai e non faremmo cosa utile. Penso, quindi, e già mi preparo in questo senso, che innanzitutto dobbiamo sciogliere alcuni nodi: reato o non reato, minori o non solo minori, bullismo e cyberbullismo o solo cyberbullismo ? A mio avviso, sono state dette cose opposte. Teniamo tutto insieme perché dobbiamo farlo o lavoriamo a questioni più specifiche ?
È chiaro che dallo scioglimento di questi nodi deriva l'approccio che vogliamo. Viceversa, dall'approccio che vogliamo deriva lo scioglimento di questi nodi. È evidente che, se scegliamo la strada che contempla e parte dal penale e arriva alle misure di prevenzione, automaticamente escludiamo una legge che, come attualmente secondo tutte le proposte – questa è una contraddizione – privilegia la tutela dei minori. O scriviamo una legge per privilegiare la tutela dei minori, che ha nell'oggetto, nella rubrica quest'aspetto, o una legge per istituire un reato. Non può esistere un reato solo per i minori. Forse è necessario un approfondimento. Penso che le questioni siano assolutamente conciliabili.
Penso, allo stesso tempo, che l'approccio prevalente, cioè quello da cui si parte, non debba tanto essere quello sanzionatorio e penale, quanto quello che prende atto di un problema sociale, interviene sul piano della prevenzione e, in alcuni casi, prevede anche, laddove la fattispecie non è ridondante ma colma una lacuna, la dimensione penale. È, però, un discorso diverso. Volevo semplicemente dirlo a questo punto, perché tutti sono entrati nel merito, ma immagino proprio che questo sarà oggetto di una discussione che dovremo affrontare in Commissione.
DONATELLA FERRANTI. Scusate. Intervengo solo per sottolineare che chi volesse, può mandare contributi e aggiornamenti rispetto al dibattito. Saranno sottoposti alla nostra attenzione.
PRESIDENTE. Sì, qualunque documento. Nel corso delle audizioni continuiamo a ricevere materiali.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 16.20.