Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 2
INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DEL DISEGNO DI LEGGE DEL GOVERNO C. 2798 , RECANTE MODIFICHE AL CODICE PENALE E AL CODICE DI PROCEDURA PENALE PER IL RAFFORZAMENTO DELLE GARANZIE DIFENSIVE E LA DURATA RAGIONEVOLE DEI PROCESSI E PER UN MAGGIORE CONTRASTO DEL FENOMENO CORRUTTIVO, OLTRE CHE ALL'ORDINAMENTO PENITENZIARIO PER L'EFFETTIVITÀ RIEDUCATIVA DELLA PENA, E DELLE ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE C. 370 FERRANTI, C. 372 FERRANTI, C. 373 FERRANTI, C. 408 CAPARINI, C. 1194 COLLETTI, C. 1285 FRATOIANNI, C. 1604 DI LELLO, C. 1957 ERMINI, C. 1966 GULLO, C. 1967 GULLO, C. 2165 FERRANTI, C. 2771 DORINA BIANCHI E C. 2777 FORMISANO
Audizione di Glauco Giostra, Presidente della Commissione ministeriale di studio in tema di ordinamento penitenziario e misure alternative del Ministero della giustizia e di rappresentanti dell'Unione delle Camere penali italiane.
Ferranti Donatella , Presidente ... 2
Giostra Glauco , Presidente della Commissione ministeriale di studio in tema di ordinamento penitenziario e misure alternative del Ministero della giustizia ... 2
Ferranti Donatella , Presidente ... 11
Migliucci Beniamino , Presidente dell'Unione delle Camere Penali italiane ... 11
Ferranti Donatella , Presidente ... 13
Migliucci Beniamino , Presidente dell'Unione delle Camere Penali italiane ... 13
Ferranti Donatella , Presidente ... 15
Migliucci Beniamino , Presidente dell'Unione delle Camere Penali italiane ... 16
Ferranti Donatella , Presidente ... 16
Migliucci Beniamino , Presidente dell'Unione delle Camere Penali italiane ... 16
Ferranti Donatella , Presidente ... 16
Giostra Glauco , Presidente della Commissione ministeriale di studio in tema di ordinamento penitenziario e misure alternative del Ministero della giustizia ... 16
Ferranti Donatella , Presidente ... 16
Migliucci Beniamino , Presidente dell'Unione delle Camere Penali italiane ... 16
Ferranti Donatella , Presidente ... 16
Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI
La seduta comincia alle 13.55.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
Audizione di Glauco Giostra, Presidente della Commissione ministeriale di studio in tema di ordinamento penitenziario e misure alternative del Ministero della giustizia e di rappresentanti dell'Unione delle Camere penali italiane.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame del disegno di legge del Governo C. 2798, recante modifiche al codice penale e al codice di procedura penale per il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi e per un maggiore contrasto del fenomeno corruttivo, oltre che all'ordinamento penitenziario per l'effettività rieducativa della pena, e delle abbinate proposte di legge C. 370 Ferranti, C. 372 Ferranti, C. 373 Ferranti, C. 408 Caparini, C. 1194 Colletti, C. 1285 Fratoianni, C. 1604 Di Lello, C.1957 Ermini, C. 1966 Gullo, C. 1967 Gullo, C. 2165 Ferranti, C. 2771 Dorina Bianchi e C. 2777 Formisano, di Glauco Giostra, Presidente della Commissione ministeriale di studio in tema di ordinamento penitenziario e misure alternative del Ministero della giustizia, accompagnato da Pasquale Bronzo e Benedetta Galgani, e di Beniamino Migliucci, Presidente dell'Unione delle Camere Penali italiane, accompagnato da Domenico Ciruzzi, Vicepresidente dell'Unione delle Camere Penali italiane, e Francesco Petrelli, Segretario dell'Unione delle Camere Penali italiane.
Do la parola al professor Giostra.
GLAUCO GIOSTRA, Presidente della Commissione ministeriale di studio in tema di ordinamento penitenziario e misure alternative del Ministero della giustizia. Prima di provare a fare una rapida carrellata dei singoli punti di delega e dei criteri direttivi in cui si declina la delega sul penitenziario, ho provato a chiedermi preliminarmente se sia necessaria una delega in questa materia, cioè mi chiedevo, prima di interrogarmi sul quomodo, se l’an meritasse una risposta positiva.
Secondo me è condivisibile quanto dice la relazione accompagnatoria al disegno di legge, che si propone di restituire coerenza e organicità a questa materia, all'ordinamento penitenziario, e individua la causa della disorganicità e della non coerenza in una frizione interna e pressoché insanabile – sembrerebbe – anche dal punto di vista culturale tra la funzione rieducativa, peraltro anche costituzionalmente tutelata, e una tendenza a usare la pena in senso punitivo per alcune tipologie di reato, quando non nel senso di sollecitare la collaborazione di alcuni condannati (penso al 4 bis in particolare).
Questo secondo aspetto, che confligge con il primo, è una tendenza ormai ricorrente sia a livello processuale, sia a livello di esecuzione penale, nel senso che quasi ad ogni stagione meteorologica ce Pag. 3n’è una politica, per cui si individua una tipologia di reato à la page e la si inserisce in questa specie di favo che aggrega le tipologie ritenute più gravi e scattano meccanismi, automatismi, preclusioni.
È un atteggiamento politico che dovreste conoscere molto bene questo per cui, non appena si delinea un presunto o reale allarme sociale, la prima reazione è andare alla fondina legislativa e decidere di alzare le pene e diminuire le garanzie, far scattare le preclusioni, perché questo è il modo più facile per affrontare o far sembrare che si affronti il problema di volta in volta ritenuto il più assillante e urgente.
Basta pensare quanto questo incida sulla popolazione penitenziaria e ricordare la legislazione in materia di stupefacenti, che aveva portato ad avere nei nostri penitenziari il 30 per cento di persone recluse per ragioni più o meno direttamente collegate al problema degli stupefacenti.
Questo modo di legiferare porta periodicamente a un indignitoso sovraffollamento carcerario. Prima a risolvere questo problema c'era lo sversamento dell'amnistia, quando periodicamente si arrivava sull'orlo del non più tollerabile, ma adesso che l'amnistia è meno facilmente se non difficilmente praticabile, si incappa (ustionante umiliazione per il nostro Paese) in condanne della Corte europea, che, come sappiamo, ci inducono poi a cambiare registro.
La direzione in cui va questo disegno di legge (poi esprimerò invece delle critiche per come vengono declinati i singoli punti) è sicuramente condivisibile, però vorrei dire soprattutto a voi che fate le scelte politiche, che fate opinione, che è inutile scrivere sulla carta se poi non c’è una svolta normativa che non sia seguita da una svolta culturale.
Sulla carta scriveremo infatti qualche riforma, qualche aggiustamento, qualche nuovo rafforzamento della funzione rieducativa, ma al primo allarme sociale, se si continua a ritenere il carcere una sorta di fortezza in cui stipare tutte le nostre paure, fortezza senza ponte levatoio in uscita ma soltanto in entrata per essere rassicurati, saremo presto daccapo.
Come sapete meglio di me, non è neppure corretto mandare il messaggio, molto recepito vista la situazione di continua fibrillazione di questa cosiddetta «società liquida», secondo cui «più carcere più sicurezza».
Lo dico perché (quando ho rinvenuto il dato sorprese prima di tutto me, a dimostrazione di un'equazione insostenibile) dalle indagini di vittimizzazione gli autori di reato che sono ristretti nel carcere sono una percentuale del 2-3 per cento (il 97 per cento è fuori), quindi quando provvedimenti come quelli varati incidono sul 10 per cento della popolazione carceraria è inutile parlare di svuota-carceri, come si è fatto allarmisticamente, perché sono andati i migliori dei detenuti che rappresentavano il 3 per mille dell'intera popolazione delinquenziale italiana !
La verità è che non si ha la forza, la possibilità, la determinazione politica per apprestare antidoti preventivi, che debbono essere di tipo culturale, socio-economico, amministrativo, oppure di contrastare (non dico che non sia necessario anche un contrasto sul terreno della delinquenza) con mezzi e risorse alla polizia. Non si contrasta però con il processo penale o gettando le chiavi delle celle di coloro che siamo riusciti ad assicurare alla giustizia.
Si potrebbe anzi dire (e questo è uno slogan meritoriamente portato avanti dalle Camere penali) «meno carcere più sicurezza sociale», perché tutte le volte in cui si persegue una politica ovviamente attenta, oculata, senza eccessi di apertura del carcere per coloro che meritano, per un'espiazione non intramuraria, la recidiva si abbassa significativamente.
Questo non è buonismo a buon mercato, perché, anche se avete letto tutti quel bell'articolo di Zagrebelsky di qualche tempo fa, Abolire il carcere, credo invece che il carcere debba rimanere e sia ancora un male necessario.
Il problema è che tutte le volte in cui ricorriamo al carcere inutilmente il carcere Pag. 4provoca più problemi di quanti non ne risolva. Questo dovrebbe essere un dato chiaro, poi ognuno fa la politica che crede, perché non sarò certo io a potere indicare come acquisire consenso, come fare opzioni di politica criminale, però i dati devono essere correttamente proposti.
Ben venga, quindi, questo disegno di legge se intende ridare vento alla vela della rieducazione e non soltanto, come qualcuno comincia a dire, fermarsi alla tutela dei diritti come abbiamo fatto con l'articolo 35 bis di recente introduzione. La tutela dei diritti è una condizione necessaria ma non sufficiente, perché ci sia possibilità di rieducazione in carcere.
Non voglio abusare del tempo anche se spiace che sia sempre abbastanza ristretto, ma ci sarebbero altre esigenze che non sono però fronteggiabili con una delega o almeno con una delega penitenziaria, ma di cui il potere politico dovrebbe farsi carico se volesse davvero avviare non dico a soluzione, ma a miglioramento significativo questo universo carcerario, innanzitutto maggiore giustizia sostanziale.
Può sembrare (e lo è) datata e ormai impolverata l'espressione secondo cui la nostra è una pena classista, ma il nostro carcere ha solo alcune tipologie di condannati, pochissime. Nel picco massimo della nostra popolazione penitenziaria (67.000 detenuti) i ristretti per corruzione erano 9, non 9.000 ! A volte si dice che ricorriamo di più al carcere perché la nostra è una delinquenza particolare, ma proprio dove siamo sicuri di avere purtroppo primati non particolarmente commendevoli la nostra risposta a corruzione, concussione, falso in bilancio è un decimo inferiore a quella degli altri Paesi, che hanno dieci volte meno il fenomeno della criminalità nei colletti bianchi.
Ci vogliono maggiori investimenti in termini di magistrati di sorveglianza, uffici di esecuzione penale esterna (UEPE), équipes, perché queste strutture, soprattutto oggi dopo le nuove riforme, costituiscono una gruccia troppo fragile per appoggiarci sopra tutte queste aspettative e, se si rompe la gruccia, si rischia di non credere più neppure alle aspettative, mentre invece è un problema di proporzione fra fini e mezzi assicurati.
Bisognerebbe avere questa possibilità, sebbene capisca la contingenza politico-economica, come pure sarebbe utile una maggiore partecipazione della collettività alla realtà carcere perché, se si conoscesse meglio, forse tanti populismi sarebbero sconfitti in partenza.
Questo per quanto riguarda l’an, che è quindi condivisibile e, per quello che può contare, ha tutto il mio apprezzamento, mentre molto meno l'hanno i criteri in cui è stato declinato questo proposito politico, perché sono di una genericità tale che rischiano di essere una cambiale in bianco per il legislatore delegato. Questo non risponde esattamente alla ripartizione dei compiti e delle prerogative tra Parlamento e potere esecutivo.
Vorrei adesso, sia pure rapidamente, passare in carrellata tutti i punti di delega, per esprimere qualche osservazione.
Lettera a) «semplificazione delle procedure anche con la previsione del contraddittorio differito ed eventuale per le decisioni di competenza del magistrato del tribunale di sorveglianza, fatta eccezione di quelle relative alla revoca delle misure alternative alla detenzione».
Vorrei preliminarmente far notare che sembrerebbe quasi in contraddizione con quello che ho appena detto, perché credo sia conosciuto il mio favor per le misure alternative e per una gestione oculata, però questo punto a) combinato con il criterio di cui alla lettera b), «revisione dei presupposti di accesso alle misure alternative sia con riferimento ai presupposti soggettivi che con riferimento ai limiti di pena al fine di facilitare il ricorso alle stesse», rischia di favorire una procedura deformalizzata e a maglie molto larghe delle misure alternative, perché quando il pendolo va troppo in una direzione poi ritorna in risacche ancor più pericolose. Noi non dobbiamo infatti favorire la misura alternativa a tutti costi, va gestita con molta attenzione.
Qui si dice «semplificazioni delle procedure» ma quello che si poteva fare in Pag. 5tema di semplificazione delle procedure è stato fatto, perché materie come la remissione del debito, la rateizzazione e conversione delle pene pecuniarie sono state affidate al magistrato di sorveglianza con la procedura semplificata.
Oltretutto questa deformalizzazione è in contrasto con quanto insegnato di recente dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 135 del 2014, che in materia di misure di sicurezza ha dichiarato che per questi procedimenti che incidono sulla libertà personale la pubblicità dell'udienza deve essere garantita.
Qual è quindi il messaggio che sembra passare in questo primo punto della delega ? Credo che il retropensiero, che di primo acchito potrebbe anche essere condivisibile, facendo caso a quell'inciso finale «fatta eccezione di quelle relative alla revoca», sia che quando c’è un addebito, quando si contesta un fatto, il detenuto si deve poter difendere e lì il contraddittorio è necessario, quando invece il procedimento è in bonam partem (mi esprimo grossolanamente) si può fare a meno della procedura formalizzata con il contraddittorio garantito.
Mi premerebbe sottolineare però che si tratta di due contraddittori diversi, cioè il contraddittorio difensivo, quello per la revoca, in cui ci sono un'accusa e una difesa, e un contraddittorio qualitativamente diverso, ma non per questo meno necessario, quando si tratta di decidere e di fare prognosi di rieducabilità del soggetto.
In questo secondo caso è importantissimo non già il contrasto frontale e quasi pregiudiziale accusa/difesa, ma ascoltare la pluralità di voci con un unico punto di fuga: la possibile rieducazione del condannato.
Il Pubblico Ministero farà presente le esigenze di difesa sociale, ci saranno le relazioni dell’équipe, il difensore esporrà le ragioni per l'ammissione a una misura alternativa e ci sarà un organo specializzato (vorrei che questo non si sacrificasse) che è già un incrocio di sapere opportuno, irrinunciabile, che rimarcherei ancora di più, perché nelle procedure di nomina degli esperti è troppo forte la tentazione e spesso il ricorso da parte della magistratura a una sorta di cooptazione. Devono essere invece professionisti in grado di contrapporsi con uguale autorevolezza al magistrato togato e a portare il loro contributo.
Sono quindi contrario alla semplificazione della procedura quando si ha a che fare con la rieducazione, perché funzione rieducativa, pluralità di saperi, giudici specializzati e trattamento individualizzato stanno e cadono insieme: non è possibile togliere una di queste componenti senza sacrificare l'obiettivo finale.
Un solo modesto parere: mi starebbe a cuore una risistemazione organica e funzionalmente coerente delle procedure e delle competenze, cioè chiarire bene quali sono i valori in campo di volta in volta dietro le singole decisioni e individuare l'organo competente e la procedura più adatta. Faccio alcuni esempi per non essere generici.
Se si ha a che fare con problemi del titolo esecutivo che può mutare in itinere o con vicende quali la detenzione domiciliare prima dell'ingresso in carcere, come competenza può bastare il giudice dell'esecuzione, perché dietro non c’è alcuna osservazione della personalità, quindi è una procedura adeguata a questo tipo di intervento.
Tutte le volte, invece, in cui c’è tra i presupposti la conoscenza dell'uomo, l'osservazione della personalità e la prognosi in ordine alla possibilità di evoluzione positiva della sua condotta, non possiamo rinunciare al tribunale di sorveglianza, al giudice specializzato e a questo contraddittorio – qualitativamente diverso, ma non meno necessario di quello a cui siamo abituati – accusa/difesa.
Ci sono invece delle decisioni che possono essere rimesse al magistrato monocratico, se si ha chiara, ove si condividessero questi suggerimenti, la mappatura delle decisioni da prendere e dei valori. Al magistrato di sorveglianza possono essere assegnate tutte le decisioni che riguardano l'esecuzione penale, ma prescindono dall'osservazione della personalità, e questo Pag. 6indipendentemente dal contenuto della decisione. La decisione può incidere sullo stesso valore, ma avere a monte presupposti diversi.
Avete da poco meritoriamente introdotto l'articolo 35 ter sul rimedio compensativo. Sapete che il detenuto che abbia subìto una detenzione inumana può avere una riduzione di pena, anche il detenuto meritevole può avere una riduzione di pena con la liberazione anticipata, e gli effetti quantitativamente non sono commensurabili perché il legislatore è stato molto avaro, però sono gli stessi: si incide sulla durata della pena.
Queste due competenze sono diversissime, perché in un caso si tratta solo di accertare, come può fare il magistrato di sorveglianza e persino un giudice civile, se le condizioni fossero troppo restrittive, se nella cella vi fossero l'illuminazione e l'aerazione adeguate, nell'altro della liberazione anticipata sono necessarie tutta un'osservazione a monte della personalità e la prognosi sul suo sviluppo, quindi abbiamo bisogno di contributi specialistici.
Al giudice di cognizione si potrebbero attribuire, per alleggerire la magistratura di sorveglianza, decisioni concernenti gli imputati detenuti. Sapete che adesso le competenze passano dopo il giudizio di primo grado, ma potrebbero rimanere al giudice di cognizione i trasferimenti sanitari, i colloqui che adesso sono del direttore e sono importanti, perché è lui che conosce la situazione processuale dell'imputato. Incidentalmente sarebbe da mettere tra i criteri della delega, ma purtroppo abbiamo già nel nostro ordinamento, anche se inosservata, l'assoluta separazione degli imputati dai condannati.
Lettera b) «revisione dei presupposti di accesso alle misure alternative sia con riferimento ai presupposti soggettivi che con riferimento ai limiti di pena, al fine di facilitare il ricorso alle stesse». Come ho già detto, no a misure alternative ad ogni costo, prima di tutto c’è bisogno di un riordino.
Con i miei colleghi qui presenti ho fatto una piccola ricognizione, rilevando che abbiamo 6 tipi di detenzione domiciliare, che rispondono a criteri e ad esigenze diversissimi. Questo va risistemato, distinguendo situazione da situazione, perché un conto è la detenzione domiciliare per l'ultrasettantenne o la condannata che abbia un figlio in tenera età, detenzione che non ha alcuna prospettiva rieducativa (è semplicemente una scelta politica condivisibile, che prescinde dall'atteggiamento soggettivo del beneficiario), altra cosa è la detenzione domiciliare come vera e propria misura alternativa.
Non si tratta di dilatare le maglie di accesso alle misure, perché è già stato fatto molto e quando si esagera è in agguato il pericolo di un ritorno in senso restrittivo, le maglie possono rimanere quelle attuali mentre si dovrebbe (e ci sono punti della delega in materia di giustizia riparativa, mediativa che aggiungo io, e lavoro) dare peso e significato a queste esperienze.
Quando c’è stata una mediazione con esito positivo, una conciliazione, un lavoro scelto e portato avanti dal detenuto con attenzione, impegno, passione, queste vicende (non una generica dilatazione) possono utilmente anticipare una liberazione. Se deve scontare un terzo di pena prima di chiedere una certa misura, si potrebbe ridurre a un quarto se ha aderito a un tentativo di conciliazione, se ha riparato il danno, quindi iscrivere questi momenti in un percorso rieducativo che ne premi l'esito positivo.
Veniamo a uno dei punti più delicati, quello della lettera c), «eliminazione di automatismi e preclusioni che impediscono o rendono molto difficile, sia per i recidivi che per gli autori di determinate categorie di reati, l'individuazione del trattamento rieducativo, e revisione della disciplina di preclusione ai benefici penitenziari per i condannati alla pena all'ergastolo».
Fermiamoci sulla prima parte, «eliminazione di automatismi e preclusioni che impediscono o rendono molto difficile l'individuazione del trattamento rieducativo». Questo è un principio sacrosanto nell'esperienza, dato che sono chiamato qui in qualità di Presidente della Commissione Pag. 7ministeriale e prima ancora della Commissione mista del CSM, e la prima cosa che abbiamo detto, recependo le indicazioni di magistrati, componente ministeriale, professori, è «eliminiamo gli automatismi», perché ogni automatismo sconta la possibilità di un carcere inutile, in quanto ci sarà sempre almeno un caso in cui il magistrato avrebbe concesso ma non può perché c’è quella barriera.
Spesso, purtroppo, è soddisfatto di non potere, perché così non deve motivare e ha questo scudo. Basti pensare allo sfoltimento che la Corte Costituzionale ha operato e sta operando del 275, gli automatismi della custodia cautelare, specularmente contrapposta al 4 bis in penitenziario. Ha ribadito più volte che questi automatismi non si giustificano, sono incostituzionali.
So che c’è una sensibilità particolarmente accentuata per il 4 bis, capisco le esigenze e adesso dirò come si possano conciliare un minimo di cautela e un'esigenza di razionalizzazione e di riconduzione del sistema a una credibilità di massima.
Questo 4 bis è nato per esigenze che si possono condividere o non condividere, ma almeno avevano una loro plausibilità: i reati di mafia. In seguito, come spesso capita, ci si sono aggregati per stratificazioni successive e concrezioni l'allarme incendi boschivi, il sequestro di persona, per cui funge da contenitore. Nel 4 bis c’è il contrabbando di tabacchi lavorati esteri e non c’è la strage.
Si ha il dovere di essere intellettualmente onesti, poi uno può dire che bisogna persino estenderlo, però vorrei che si facesse con coerenza: diciamo che tutti i reati puniti da venti anni in su devono essere preclusivi delle misure alternative, non lo condivido ma ha una coerenza, che invece questo non ha, perché è veramente un patchwork inguardabile.
Salto altre considerazioni che potrebbero risultare involontariamente urticanti, però non posso non farmi carico dei contraccolpi politico-sociali e culturali di una soppressione tout court del 4 bis (voglio essere chiaro su questo). Se lasciate la formulazione in questi termini, questa soppressione sarà pressoché obbligata, perché non è solo eliminazione di automatismi e preclusioni che impediscono, quindi secondo me è fin troppo avanzato questo impegno per il delegato.
Forse si potrebbe, come sta facendo la Corte Costituzionale con un legislatore sordo che non la segue e non l'anticipa, costringendola a togliere pezzo dopo pezzo, lasciare solo i reati di mafia, perché solo rispetto a quelli (ha avuto anche l'avallo dalla Corte europea con la decisione Pantano contro Italia) per peculiarità criminologiche, per reato mafioso e la possibilità generalizzata di intimidazione e di controllo del territorio e delle popolazioni, ci può essere una presunzione assoluta. Può non piacere, causa qualche affanno argomentativo quando si sostiene, però ha una sua credibilità.
Con questo ripulire, riportare al nucleo essenziale sia il 275 che il 4 bis, se questa è la volontà politica perché dovete scegliere voi, secondo me dovreste intervenire nella lettera c) e togliere l'inciso «o rendono molto difficile», quindi abbattere tutte le preclusioni assolute perché non hanno ragion d'essere ma nessuno impedisce al legislatore di alzare la soglia dei presupposti necessari per accedere, per i condannati per i reati più gravi e pericolosi, a qualche beneficio, oppure lasciare così la formulazione, ma aggiungere in conclusione «rendono difficile per i recidivi e per gli autori di determinate categorie l'individuazione del trattamento rieducativo, salvo per i casi di 4 bis» o «di eccezionale gravità e pericolosità».
Io preferisco il primo intervento, perché questa per tipologie di reato è una tecnica legislativa che non apprezzo particolarmente e dà solo lavoro alla Corte Costituzionale.
Quanto invece all'idea di sopprimere l'ergastolo ostativo, direi che non solo è condivisibile, ma è quasi imposta. In una recente decisione della Corte europea del novembre 2014, Valisescu contro Belgio, che è la nostra Torreggiani, si dice che il trattamento è inumano e lo è anche quando manchi una prospettiva di liberazione Pag. 8anticipata per l'ergastolano, è un trattamento inumano, viola l'articolo 3.
Visto che ci sono anche gli avvocati che potrebbero essere interessati, faccio presente che l'ergastolo ostativo creerà problemi non indifferenti alla normativa appena approvata sul rimedio compensativo, perché quel rimedio compensativo scatta solo quando l'amministrazione penitenziaria ha violato le regole dell'ordinamento e del regolamento penitenziario e ha messo il detenuto in una condizione inumana.
Se la regola invece è posta dal legislatore, come questa dell'ergastolo ostativo, quel meccanismo non scatta, l'amministrazione penitenziaria può obiettare di non averlo messo fuori perché non le è consentito farlo. Se l'inumanità è in re ipsa, avremo probabilmente una censura dalla Corte europea, perché rispetto a questa ipotesi e a tutte quelle che non presuppongono una violazione dell'ordinamento penitenziario o del suo regolamento, non c’è tutela per il detenuto.
Lettera d) «previsioni di attività di giustizia riparativa e delle relative procedure quali momenti qualificanti del percorso di recupero sociale sia in ambito intramurario, sia nell'esecuzione di misure alternative». Io aggiungerei «previsioni di attività di mediazione e di giustizia riparativa» perché il momento mediativo è molto importante anche nella fase dell'esecuzione. Noi lo conosciamo nella fase di cognizione davanti al giudice di pace, però sarebbe opportuno inserirlo, anche per i minori con la messa alla prova, anche nella fase esecutiva.
La nostra cultura giuridica, che non è seconda a quella di tanti altri Paesi scimmiottati ritenendoli meritevoli di emulazione, su questo punto forse marca un ritardo, in quanto non abbiamo un approccio vittimologico e invece la vittima andrebbe valorizzata non tanto per contrapporla all'accusato e al condannato, ma perché insieme a questo (ci sono progetti che danno risultati più che lusinghieri e insospettati) possa intraprendere un cammino di reciproca spiegazione delle proprie ragioni e aiutare il condannato in un processo di presa di consapevolezza delle proprie responsabilità e quindi di riabilitazione.
Volevo far cenno a dei progetti molto interessanti di mediazione stabile. In Belgio hanno uffici dediti stabilmente a tutte le mediazioni a tutti i livelli, sia nella fase di cognizione che nella fase di esecuzione, per i minori e per gli adulti, con personale specializzato che riesce a ricucire situazioni che con la sola pena non si riesce a ricucire, e il vulnus sociale viene sanato meglio.
Lettera e), valorizzazione del lavoro. Negli ambienti politici, in particolare al Ministero, serpeggia un'idea, perché tutti riconoscono che il lavoro ha una grande forza riabilitativa, emancipativa e va valorizzato anche, come dicevo all'inizio, in un percorso di rieducazione, cioè dandogli una spendibilità in termini rieducativi.
Sono però pochissimi i detenuti ammessi al lavoro, soprattutto quello intramurario, domestico, commissionato dalla stessa amministrazione, non per cattiva volontà da parte dell'amministrazione, ma per le scarse risorse economiche, eppure sappiamo tutti che il detenuto ammesso al lavoro recidiva nell'ordine dell'1 per cento mentre colui che ha espiato la pena in carcere nell'ordine del 67 per cento.
È vero che, come diceva Mark Twain, di solito usiamo le statistiche come gli ubriachi usano i lampioni, più per appoggiarsi che per illuminazione, e ognuno cita quelle che gli fanno più comodo, però tra 67 e 1, per quanto 1 possa diventare 4 e 67 possa diventare 50, la forbice è amplissima.
Invece di proporre, come qualcuno comincia a fare, di pagare ancora meno i detenuti, così da avere più soldi e far lavorare più persone, potrebbe essere una buona idea (ne ho parlato anche con i colleghi qui presenti) quella che qualcuno porta avanti all'interno del Ministero della giustizia, ossia potenziare il ricorso al lavoro domestico in particolare, ma anche quello con committenza esterna non pagandoli meno e spalmando quei pochi Pag. 9soldi su più soggetti, ma aggiornando quanto il detenuto deve a titolo di mantenimento.
Attualmente lo Stato recupera una cifra irrisoria, nonostante i diversi soggetti che recuperano (le spese di mantenimento vanno nella Cassa delle mercedi e le spese di giustizia vengono recuperate da Equitalia giustizia), ma il legislatore potrebbe prevedere che tutte le volte che il detenuto ha un lavoro debba pagare il mantenimento aggiornato e consentire il recupero delle spese di giustizia, che, come sappiamo dai servizi giornalistici, non vengono mai recuperate.
Che paghi, perché questo è giusto, sempre con dei limiti perché non bisogna comprimergli lo stipendio, però si recuperi tutto quello che è possibile. Questi soldi in più entrano nel circuito, fanno lavorare altri detenuti, consentono una manutenzione diversa e molto più accettabile anche esteticamente delle strutture penitenziarie, innescando un circuito virtuoso con migliori condizioni di vita e di contesto strutturale. Potrebbe quindi essere una strada da percorrere far lavorare molto i detenuti e pretendere molto in termini di recupero del debito contratto con lo Stato.
Disciplina dei collegamenti audiovisivi. Qui sarei favorevole quando questo riguarda il processo di cognizione sempre nel rispetto del diritto di difesa, però direi «con modalità che garantiscano il rispetto del diritto di difesa», che è una migliore formulazione ma non cambia la sostanza, e il processo di esecuzione.
Sappiamo che adesso, se il condannato si trova in una circoscrizione diversa da quella in cui risiede il giudice dell'esecuzione, viene sentito dal magistrato di sorveglianza per rogatoria e poi viene mandato il verbale, ma a questo punto è meglio il collegamento audiovisivo direttamente con il giudice che dovrà giudicare piuttosto che questa mediazione. Il magistrato di sorveglianza non sa neanche cosa chiedergli o comunque è un passaparola.
Per il processo di sorveglianza considero inopportuno un eccessivo ricorso al collegamento audiovisivo, perché la magistratura di sorveglianza, essendo oberata, va già poco in carcere e tutti testimoniano l'importanza di vedere e ascoltare il detenuto. Credo che questa mediazione, questa tele-mediatezza possa non funzionare. Per le relazioni familiari ovviamente massima estensione e ben vengano.
Velocemente sul «riconoscimento del diritto all'affettività delle persone detenute e delle condizioni generali di esercizio» che credo sia «e disciplina delle condizioni generali» perché credo manchi qualcosa. Bisognerebbe aggiungere innanzitutto delle persone detenute «o internate», perché detenute copre imputati e condannati.
Più della metà dei Paesi europei riconosce questo diritto all'affettività, che poi sarebbe un diritto ai rapporti sessuali (cerchiamo sempre di edulcorare ciò che non dovrebbe necessariamente avere questa sorta di copertura farisaica). Da noi non è che non si possa fare, ma il colloquio ha sempre un controllo visivo e quindi sarebbe inopportuno.
Vorrei soltanto citare un dato: in Spagna c’è la possibilità di consentire l'affettività in alcuni penitenziari, quindi la situazione è a macchia di leopardo, con penitenziari in cui è consentito e altri in cui non è consentito per le strutture, laddove anche volendo molte strutture nostre non lo consentirebbero.
In Andalusia no, ma a Madrid, dove riescono a offrire a questi detenuti quasi un albergo a due o tre stelle, sono diminuiti drasticamente gli autolesionismi, i tentativi di suicidio, i tentativi di evasione, le aggressioni in carcere (e fin qui si poteva presumere che diminuisse l'aggressività), ma è diminuita anche la sindrome del burnout tra gli agenti di polizia giudiziaria, quindi le mortificazioni, le stanchezze, le nausee che questi soggetti accusano se operano in un ambiente dove l'affettività non è riconosciuta, quindi carico di aggressività e di ostilità. Negli ambienti dove è riconosciuta, questa sindrome e tutte le altre ripercussioni negative non si verificano se non in percentuali irrisorie.
L'ultimo passaggio, scusandomi per il tempo che eventualmente ho rubato in più, riguarda il minorile. «Adeguamento Pag. 10delle norme dell'ordinamento penitenziario alle esigenze rieducative dei detenuti minori di età»: formulata così questa delega non è altro che l'attuale articolo 79 dell'ordinamento penitenziario, il legislatore è in mora da 40 anni.
Nel 1975 l'articolo 79 stabiliva l'applicazione di queste norme fino a quando non si sarebbe provveduto all'ordinamento penitenziario minorile, quindi ci vorrebbe non un adeguamento, ma un ordinamento autonomo per il minore, come ci chiede non solo la legge sull'ordinamento penitenziario, ma la Corte Costituzionale con la sentenza n. 125 del 1992, che è una delle sentenze di incostituzionalità accertata e non dichiarata, perché il giudice chiedeva perché ammettere un minorenne responsabile di gravi reati alle semilibertà e all'affidamento con gli stessi limiti con cui ammetto un adulto, se non dovesse avere situazioni più favorevoli.
La Corte dice che questo contrasta con il principio di rieducazione combinato con l'articolo 31 di tutela dell'infanzia, però non può essere lei a decidere come abbassare i livelli di accesso. Deve essere il legislatore a farlo ma, se non lo farà (diceva nel 1992) la Corte sarebbe intervenuta, ma poi sono passati venticinque anni.
Segnalo quanto dice la Corte Costituzionale nella sentenza n. 168 del 1994, che ha dichiarato incostituzionale l'ergastolo per i minori: l'ergastolo è sempre incostituzionale, ma per il minore c’è qualcosa di qualitativamente diverso, che sarebbe importante far passare anche come principio, in quanto non basta pensare al minore come una sorta di adulto in sedicesimo, ma bisogna immaginare qualcosa di qualitativamente diverso.
Questa sentenza n. 168 del 1994 impone «un mutamento di segno al principio rieducativo nei confronti di un soggetto che è ancora in formazione e alla ricerca della propria identità, una connotazione educativa più che rieducativa», quindi il criterio di delega andrebbe corretto per mandare questo messaggio «in funzione del suo inserimento maturo nel consorzio sociale».
Qui si tratta di accompagnare il minore nella sua crescita e quindi è importante non solo abbassare i presupposti di accesso, ma anche garantire offerte formative, che sia scuola, addestramento professionale, lavoro di pubblica utilità o misure alternative calate sull'individuo e sulla sua specificità.
In Inghilterra hanno lo ius rehabilitation order e ogni volta c’è un provvedimento per quel minore, in base al tipo di reato e al contesto familiare, con delle prescrizioni che lo accompagnano. Per lui è ancora più importante quanto detto per l'adulto, cioè la mediazione in fase esecutiva.
Il problema è che bisognerebbe intervenire (questa è la delega penitenziaria ma il provvedimento è molto più ampio) sia a monte che a valle dell'ordinamento penitenziario, a monte, cioè nel processo di cognizione minorile, per promuovere giustizia mediativa e riparativa che in alcuni casi estremi possa anche esonerare il Pubblico Ministero dall'esercizio dell'azione penale.
Quando un'attività mediativa e conciliativa ha fatto sì che la pena per quel minore abbia già raggiunto lo scopo che la pena potrebbe raggiungere, questo potrebbe essere un caso in cui, sottoposto al controllo del giudice, il Pubblico Ministero possa decidere di non esercitare l'azione penale non perché non abbia sufficienti elementi per esercitarla, ma perché considera già conseguito l'effetto finale.
Questo anche per evitare ipocrisie, laddove chi conosce la giustizia minorile sa come si regola paternalisticamente il giudice minorile. Ricordo ancora l'uscita del Presidente del tribunale dei minori che, dichiarandolo assolto per non aver commesso il fatto, raccomandò a un giovane: «però non lo fare più», come anche la messa alla prova perché «male non gli fa». Se c’è un addebito, va accertato, se si può prima conciliare e riparare, tanto meglio.
Occorrono poi agenzie di sostegno per accompagnare il minore nella sorta di convalescenza sociale che sarà il dopo pena, qualunque essa sia stata.Pag. 11
Mi scuso per questa rapsodica carrellata, ma il materiale era tanto e ho cercato di dare qualche spunto di riflessione, grazie.
PRESIDENTE. Grazie, l'avremmo ascoltata ancora, per voi avevo previsto un'ora e mezza ma purtroppo abbiamo calcolato male i tempi, c’è stata una discussione importante prima. Abbiamo venti minuti, poi magari potremo riaggiornarci.
BENIAMINO MIGLIUCCI, Presidente dell'Unione delle Camere Penali italiane. Io ci provo, presidente, cercando di essere concreto e pragmatico.
Iniziamo dalla fine. Siamo d'accordo con quello che ha detto il professor Giostra, quindi l'articolo 26, no al contraddittorio differito eventuale, si rischia una degiurisdizionalizzazione della materia, no alle semplificazioni, sì all'eliminazione di automatismi e preclusioni che impediscono o rendono molto difficile per i recidivi e gli autori di determinati reati l'individuazione del trattamento rieducativo e l'ottenimento dei benefici penitenziari.
Sì alla valorizzazione del lavoro, al recupero sociale e al riconoscimento del diritto all'affettività; contrarietà all'indiscriminata diffusione dell'utilizzo dei collegamenti audiovisivi soprattutto per fini processuali, che dovrebbe essere utilizzato solo con il consenso.
Quanto al resto, presidente, due aspetti che ha già toccato il professor Giostra. In generale quello che è detto per l'esecuzione può essere detto anche per il processo di cognizione. Noi rileviamo due tendenze, una all'estensione della mafiosità a tutti i fenomeni criminali, l'altra a un diritto processuale sostanziale penale autoritario e allo stesso tempo paternalistico.
Bene tutte quelle norme come la particolare tenuità del fatto e tutto quello che rende appetibile il rito alternativo nei limiti che il Codice accusatorio disegna; bene il ristoro con l'estinzione della pena, però a fronte di questo occorrerebbe che il processo non fosse avvertito come una minaccia per i tempi interminabili, un processo che ormai non abbiamo più reso accusatorio, ma che abbiamo portato sempre più verso l'inquisitorio.
Per quanto riguarda gli articoli, condotte riparatorie, norma transitoria (articoli 1 e 2) siamo favorevoli, articolo 3 (aumento di pena per il delitto di corruzione) siamo contrari. L'aumento di pena inutilmente sperimentato dalla legge Severino non è un deterrente e tra l'altro non è neppur vero che nel caso di approvazione dell'articolo 448 bis, cioè della sentenza di condanna su richiesta dell'imputato, non si potrebbe arrivare alla sospensione condizionale della pena proprio se si ritiene che il carcere debba essere sempre una misura necessaria.
Ipotesi particolari di confisca, quindi la modifica dell'articolo 12 sexies: siamo totalmente contrari per la questione di principio che abbiamo detto, ma in più segnaliamo che al termine del primo comma, laddove si parla del valore sproporzionato rispetto al reddito, c’è questa aggiunta: «in ogni caso il condannato non può giustificare la legittima provenienza dei beni sul presupposto che il denaro utilizzato sia provento o reimpiego dell'evasione fiscale», che è un intenzionale superamento delle sentenze della Suprema Corte di Cassazione, che aveva detto esattamente il contrario.
Molte di queste sentenze sostengono che debbano essere considerate, per verificare se il reddito sia sproporzionato, tutte le fonti di lecita produzione del patrimonio, sia che siano costituite dal reddito dichiarato ai fini fiscali, sia che provengano dall'attività economica svolta, benché non evidenziate in tutto o in parte nella dichiarazione dei redditi.
Da ultime le Sezioni Unite con la sentenza Repaci, la n. 33451 del 2014, hanno affermato questo principio, perché un conto è quello che è stato guadagnato legittimamente e l'evasione fiscale è un fatto successivo rispetto alla lecita provenienza. Si tratta di redditi geneticamente leciti, perché l'illecito è successivo alla produzione del reddito.Pag. 12
C’è anche un altro grave aspetto, la totale discrezionalità in merito alla sproporzione: chi e come si giudica la sproporzione rispetto al reddito ? È totalmente affidato alla discrezionalità, senza alcun parametro, e la cosa più grave di questa modifica sono i commi 4 sexies e 4 septies. Questo si applicherebbe persino agli eredi, che quindi potrebbero aver guadagnato lecitamente il proprio patrimonio, ma siamo davvero a cose che non si dovrebbero neppure leggere !
Per quanto riguarda il 4 sexies, cioè la possibilità di arrivare anche alla confisca, la CEDU ha stabilito che si tratta di sanzioni penali e quindi la confisca dovrebbe avvenire solo in caso di una sentenza di condanna.
Quanto alla modifica al sistema della prescrizione, articolo 5, presidente, noi ci siamo confrontati a lungo e siamo totalmente contrari alle sospensioni, tranne al limite per la rogatoria all'estero, perché questo non riguarda la giurisdizione italiana, può essere un fatto non fisiologico, mentre le altre dipendono dalle impugnazioni che invece sono fisiologiche allo sviluppo del processo e le sospensioni assumerebbero un significato punitivo.
Tra l'altro, il richiamo alla Commissione Fiorella nella relazione introduttiva è improprio, perché in quella era prevista l'estinzione del processo in caso di eccessiva durata delle indagini. Rileviamo che in questa ipotesi, contrariamente al disegno di legge Ferranti, non è previsto alcun rimedio compensativo, il che non renderà ragione della necessità di procedere in fretta, e tra l'altro questa norma è in contrasto con il recupero della ragionevole durata del processo.
Articolo 6, delega al Governo per la riforma di procedibilità di alcuni reati: si stabilisce la procedibilità a querela, che va bene anche perché garantisce nell'altra formulazione l'indicazione dei settori penali, i criteri di omogeneità sulla base di interessi protetti. Articolo 7, delega per la revisione del Casellario giudiziario: mancano totalmente princìpi e criteri direttivi precisi.
Articolo 8: idem come sopra, non ci sono princìpi. Per quanto riguarda l'articolo 9 siamo favorevoli, per quanto riguarda l'articolo 104 del Codice di procedura penale siamo totalmente contrari, dovrebbe essere abolito, si tratta non di una valutazione della pericolosità del soggetto, ma di totale sfiducia del difensore nel suo ruolo.
Per i reati più gravi sarebbe necessario che la persona potesse interloquire immediatamente con il difensore, a meno che non si abbia un'idea negativa, sbagliata e anche offensiva del difensore e comunque, se questo non fosse possibile, in conformità con quanto ha detto il professor Giostra, non si estenda al mondo universo, ma al limite c’è il 275, comma 2, la limitazione ad alcuni reati.
All'articolo 10: siamo favorevoli all'eliminazione del ricorso per Cassazione e alla possibilità di esperire l'Appello. Per quanto riguarda il termine per proporre incidente probatorio nei casi di consulenza del Pubblico Ministero, il termine di 5 giorni è ridicolo, perché comprendo la necessità di evitare situazioni dilatorie, ma concedere 5 giorni a fronte di situazioni complesse è davvero frustrante per il diritto della difesa. Sarebbe invece auspicabile (lo dico alla politica) un intervento di riforma sull'incidente probatorio, che restituisca all'istituto la sua originaria eccezionalità.
Articolo 11, modifica alla disciplina dell'udienza preliminare, per intendersi il 421 bis e il 422: chi sta nelle aule giudiziarie sa che generalmente il 421 bis è utilizzato per trovare le prove a carico e quindi sotto questo aspetto potrebbe anche andar bene.
A noi sembra mancare però una visione complessiva di quello che si vuole dell'udienza preliminare, cioè bisogna capire se l'udienza preliminare sia 425, comma 3, e quindi valorizzarne il tema, oppure, se si vuole tornare all'origine manca una visione di insieme.
Articolo 12, modifica alla disciplina delle impugnazioni delle sentenze di non luogo a procedere: siamo tendenzialmente favorevoli ed è condivisibile l'abolizione Pag. 13del potere di impugnazione della parte civile e la limitazione del ricorso per Cassazione per il Procuratore generale.
Articolo 13, modifica della disciplina del giudizio abbreviato: siamo totalmente contrari e non comprendiamo come si possa procedere in totale contrasto con gli orientamenti dottrinari, per cui chi sceglie il rito abbreviato dovrebbe rinunciare alle nullità, salvo che non siano assolute, tra l'altro con la giurisprudenza della Corte di Cassazione che limita sempre più le nullità assolute, e quindi prevedere la sanatoria delle nullità, la non rilevabilità dell'inutilizzabilità, persino, in contrasto anche questo con decisioni importanti, la impossibilità di eccepire questioni di competenza territoriale.
Favorevoli invece alla possibilità di revocare la richiesta di rito abbreviato in caso di indagini suppletive del PM. Questo è normale, perché altrimenti è il gioco delle tre carte.
Articolo 14, modifiche in materia di correzione dell'errore materiale di applicazione della pena su richiesta delle parti: contrari. Qui si comprende perché c’è l'inserimento dell'articolo 448 bis, però noi siamo contrari al 448 bis (poi spiegherò perché)...
PRESIDENTE. Non abbiamo ancora trovato uno favorevole !
BENIAMINO MIGLIUCCI, Presidente dell'Unione delle Camere Penali italiane. Immagino, però qualcuno favorevole c’è, perché l'ha scritto. Non c’è quindi una necessità di limitare. Contrarietà al 448 bis che dovrebbe compensare la riduzione: nel nostro attuale processo la confessione non è disciplinata, perché considerata come prova regina del sistema inquisitorio, e si pone in contrasto con un processo a vocazione.
Il giudice potrebbe rigettare la domanda e procedere al rito abbreviato senza questioni di incompatibilità, quindi sarebbe lui stesso a giudicare dopo aver ottenuto la confessione e tra l'altro non si affronta il tema di una confessione che coinvolga anche altri soggetti che non sarebbero per nulla garantiti, quindi assoluta contrarietà al sistema, in quanto il timore che dicevo all'inizio si risveglia.
Articolo 15, esposizione introduttiva ai fini della valutazione della richiesta della prova: qui, presidente, essendo anzianotto ricordo quello che avvenne nel periodo di Mani pulite e siamo totalmente contrari perché il PM utilizzava l'esposizione concisa dei fatti per riassumere e portare a conoscenza del giudice gli atti del proprio fascicolo.
Anche in questo caso, peraltro, nella dizione letterale della norma è prevista una disparità con la difesa, che dovrebbe solo indicare i fatti che intende provare, quindi sarebbe inibito un racconto dei fatti, per esempio quelli delle indagini difensive.
Sarebbe utile, invece, che venissero richiamati i parametri di quell'articolo 190 del Codice di procedura penale, che richiede che le prove non siano manifestamente superflue e irrilevanti, non consentendo soprattutto ai PM di formulare prove con mero richiamo al capo di imputazione.
Noi speriamo che non venga approvata, ma in caso di approvazione di tale norma bisognerebbe comunque modificare l'articolo 493, comma 1 del Codice di procedura penale, vietando che il PM possa fare riferimento al contenuto degli atti formato nel corso delle indagini o dell'udienza preliminare.
Articolo 16, modifica in materia di requisiti della sentenza: si vorrebbero rafforzare gli elementi della motivazione in fatto, ma le disposizioni previste sembrano pleonastiche, perché la necessità di dar conto della motivazione dei risultati acquisiti e dei criteri di valutazione della prova deriva già dall'articolo 192, comma 1, e la precisazione che nell'apparato giustificativo debba trovare posto l'accertamento dei fatti e delle circostanze che si riferiscono all'imputazione è persino incomprensibile, perché una motivazione che non attenga all'oggetto principale del processo è una motivazione mancante.
Nella riforma potrebbe annidarsi il pericolo di un restringimento del potere di Pag. 14impugnazione, quella che noi avversiamo, l'appello con motivi a critica vincolata, stante il dichiarato intento di costituire l'effettivo paradigma devolutivo con questa norma.
Articolo 17, modifiche alle disposizioni generali sulle impugnazioni: contrari all'inserimento dell'articolo 591 bis, cioè alla previsione che il giudice a quo possa dichiarare l'inammissibilità dell'impugnazione. Tra l'altro, questa possibilità sarebbe prevista anche quando manchino i motivi, siano note le questioni legate alla motivazione apparente. Il giudice potrebbe quindi decidere su una sentenza che ha fatto lui stesso e decidere anche di questioni rilevanti la legittimazione all'impugnazione.
Dato che a noi pare che questo Governo sia proprio un Governo del fare e quindi cerchi l'aspetto economicistico, a noi pare persino antieconomico, uno spreco di risorse. Questo meccanismo impone infatti al giudice a quo un lavoro di scrutinio di tutte le impugnazioni, con un impegno che svia le risorse da altre incombenze essenziali e che comunque dovrà ripetere il giudice ad quem con un rilevante impegno delle cancellerie.
Articolo 18, modifiche alle disposizioni in materia di appello, inserimento del 599 bis, concordati: siamo favorevoli al cosiddetto patteggiamento in appello, contrarietà all'inserimento dell'articolo 1 bis nell'articolo 602 CPP nella parte in cui prevede che il giudice che non abbia accolto la richiesta sia lo stesso che giudica. È impensabile, perché ha già dato un giudizio e quindi una cosa del genere non si può neanche leggere.
Favorevoli all'inserimento del comma 4 bis all'articolo 603, che prevede che il giudice in caso di appello del PM, qualora non lo ritenga manifestamente infondato, debba disporre la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale. Articolo 19, modifica alle disposizioni in materia di ricorso per Cassazione e di rimessione del processo: contrarietà al comma 7, che prevede che, se una sezione della Corte non condivide il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite, debba rimettere la decisione del ricorso alle stesse.
La proposta appare pericolosa perché, pur se l'intento è quello di uniformare la giurisdizione, si potrebbe impedire l'apertura a interpretazioni che rispondano a culture e sensibilità interpretative diverse da quelle dominanti (è quello che abbiamo segnalato sulla responsabilità civile dei magistrati: si arresta la possibilità d'interpretazione non conforme a quelle dominanti).
Spesso dimentichiamo che non siamo un Paese di common law e c’è il rischio che le interpretazioni a Sezioni Unite possano prevalere sulla legge. Un'interpretazione della norma esclusivamente affidata alle Sezioni Unite e il vincolo a queste pronunce farebbero correre il rischio di escludere il contributo dell'avvocatura e dell'Accademia al formarsi di un'ermeneutica corretta e condivisa.
Articolo 20, modifiche in materia di rescissione del giudicato: favorevoli, in quanto la norma in questione restituisce la competenza a giudicare in ordine ad elementi in fatto, quale la natura colposa della mancata conoscenza del procedimento al giudice della cognizione, improvvidamente assegnata dalla riforma sul processo al giudice di legittimità.
Deve rilevarsi criticamente come le norme non riproducano la previsione opportunamente inserita dal legislatore all'interno dell'articolo 175 nella parte oggetto di abrogazione, laddove il termine di 30 giorni per la proposizione del rimedio restitutorio veniva fatto decorrere, nel caso di imputato o condannato estradato, dalla data di consegna all'autorità giudiziaria italiana. Tale mancanza potrebbe dare origine a una serie di inestricabili questioni di verifica sostanziale e rivelarsi addirittura incostituzionale per violazione dell'articolo 3.
Gli articoli 21 e 22 non sono così interessanti, l'articolo 23 per noi è fondamentale, è la cosiddetta «ritardata iscrizione». Siamo totalmente contrari alla previsione così come formulata, perché totalmente insufficiente, direi persino canzonatoria: Pag. 15il controllo sulla data di iscrizione nel registro degli indagati dovrebbe essere eseguito dal giudice per le indagini preliminari, con l'inserimento di tale previsione nell'articolo 407 del Codice di procedura penale.
In caso di violazione, dovrebbe conseguire la retrodatazione dell'iscrizione e la conseguente dichiarazione di utilizzabilità degli atti di indagini acquisiti al di fuori dei termini così nuovamente computati, come peraltro previsto dai lavori della Commissione Canzio.
Articolo 24, delega al Governo per la riforma del processo penale dell'ordinamento penitenziario: la delega è totalmente generica e mancano principi e criteri direttivi. Articolo 25, principi e criteri direttivi per la riforma del processo penale in materia di intercettazioni o conversazioni o comunicazioni dei giudizi di impugnazione: dovrebbe essere stralciato il tema dell'intercettazione tra l'assistito e il difensore, che non dovrebbe essere affrontato con delega ma potrebbe essere affrontato subito, e tra l'altro basta verificare la collocazione dell'articolo 103 del Codice di procedura penale, libertà di garanzia del difensore, e se si vuole, meglio ancora, della funzione difensiva.
Abbiamo sempre sostenuto che basterebbe applicare la norma, e la sentenza n. 1 del 2013 della Corte Costituzionale ha ribadito lo spazio di sacralità dei colloqui tra assistito e difensore. Tenuto conto però che evidentemente dopo c’è stata anche qualche sentenza di segno contrario, il che significa che anche questa osservazione della Corte costituzionale è andata in cavalleria, proponiamo una modifica del comma 5 dell'articolo 103 in questo senso: «non sono consentiti l'intercettazione, né l'ascolto e l'acquisizione di dati relativi a conversazioni o comunicazioni di difensori, degli investigatori privati autorizzati e incaricati in relazione al procedimento, dei consulenti tecnici e dei loro ausiliari, né quelle tra i medesimi e le persone da loro assistite. Il divieto opera anche in caso di intercettazione eseguita su utenza diversa da quelle in uso al difensore».
Dovrebbero essere aggiunti poi altri due commi, 5-bis «in nessun caso il contenuto della conversazione può essere oggetto di annotazioni sui verbali di cui all'articolo 268, comma 2, di annotazioni di servizio o di altra informativa anche orale all'autorità giudiziaria che procede», e 5-ter «il Procuratore generale presso la Corte di appello, anche al di fuori delle ipotesi costituenti reato, annota in apposito registro le notizie di violazione dei due commi precedenti e le trasmette alle competenti autorità disciplinari».
Per quanto riguarda le altre intercettazioni, i criteri e i princìpi della delega sembrano piuttosto generici, non tutelano compiutamente la riservatezza delle comunicazioni, il diritto delle persone occasionalmente coinvolte nel procedimento (e ricorderei al Governo che le persone occasionalmente coinvolte in un procedimento non possono essere confuse maldestramente con i difensori, come appare nella formulazione governativa) e la verginità cognitiva del giudice, con riferimento alla diffusione sempre più frequente, illegittima e anticipata di intercettazioni che neppure si sa se potranno entrare nel processo.
Per quanto alla lettera d), esprimiamo contrarietà in quanto non serviva una delega per la ricorribilità in Cassazione per la doppia conforme e quindi va stralciata e approvata direttamente.
Contrarietà alla lettera h) della delega in merito al cosiddetto «appello a critica vincolata». A parte il fatto che nella relazione introduttiva si leggono delle cose molto belle che non vengono riprese poi nella formulazione (si parla di un aumento del diritto di difesa), in questo caso l'appello a critica vincolata è incomprensibile, se davvero si vuole osservare il principio costituzionale di motivazione e rafforzare l'obbligo di motivazione, che deve consentire all'imputato di devolvere al giudice dell'appello ogni aspetto relativo all'accertamento di responsabilità.
Spero di essere stato bravo.
PRESIDENTE. È stato bravissimo e anche molto puntuale su tutto. Vedo che leggeva un testo...
Pag. 16BENIAMINO MIGLIUCCI, Presidente dell'Unione delle Camere Penali italiane. Ve lo manderemo più completo.
PRESIDENTE. Purtroppo devo interrompere qui i lavori dell'audizione, quindi non c’è tempo per il dibattito perché abbiamo una congiunta, ma, compatibilmente con le vostre disponibilità considerando anche che l'indagine conoscitiva non sarà breve, possiamo aggiornarci a un'altra volta.
BENIAMINO MIGLIUCCI, Presidente dell'Unione delle Camere Penali italiane. Con piacere. Abbiamo quindi anche il tempo di formulare per iscritto le nostre considerazioni.
PRESIDENTE. Lo chiederei anche al professor Giostra e, poiché stiamo facendo questa indagine conoscitiva perché il testo è imponente, è un disegno governativo sulla riforma del processo penale e ragionevole durata del processo, potrete dare il vostro contributo attivo al Parlamento.
GLAUCO GIOSTRA, Presidente della Commissione ministeriale di studio in tema di ordinamento penitenziario e misure alternative del Ministero della giustizia. Se ci mandate lo sbobinato...
PRESIDENTE. Ve lo manderemo certamente.
BENIAMINO MIGLIUCCI, Presidente dell'Unione delle Camere Penali italiane. Che tempi si prevedono ?
PRESIDENTE. Abbiamo previsto un calendario fino al 18 marzo, quindi entro quella data. Se poteste inviarci quindi delle osservazioni scritte e delle ulteriori precisazioni, vi saremmo molto grati.
Nel ringraziare i nostri ospiti, dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15.