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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Giovedì 4 febbraio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 2892  MOLTENI, C. 3384  MAROTTA, C. 3380  LA RUSSA E C. 3434  GREGORIO FONTANA, RECANTI MODIFICA ALL'ARTICOLO 52 DEL CODICE PENALE, IN MATERIA DI DIFESA LEGITTIMA

Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale magistrati e dell'Unione delle Camere penali italiane.
Ferranti Donatella , Presidente ... 2 
Sabelli Rodolfo Maria , Presidente dell'Associazione nazionale magistrati ... 2 
Ferranti Donatella , Presidente ... 7 
Migliucci Beniamino , Presidente dell'Unione delle Camere penali italiane ... 7 
Ferranti Donatella , Presidente ... 9 
Marotta Antonio (AP)  ... 9 
Molteni Nicola (LNA)  ... 10 
Migliucci Beniamino , Presidente dell'Unione delle Camere penali italiane ... 11 
Ferranti Donatella , Presidente ... 13 
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 13 
Ferranti Donatella , Presidente ... 14 
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 16 
Sabelli Rodolfo Maria , Presidente dell'Associazione nazionale magistrati ... 16 
Migliucci Beniamino , Presidente dell'Unione delle camere penali italiane ... 18 
Ferri Cosimo Maria , Sottosegretario alla giustizia ... 19 
Ferranti Donatella , Presidente ... 19

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale - Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale magistrati e dell'Unione delle Camere penali italiane.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame delle proposte di legge C. 2892 Molteni, C. 3384 Marotta, C. 3380 La Russa e C. 3434 Gregorio Fontana, recanti modifica all'articolo 52 del codice penale, in materia di difesa legittima, l'audizione di Rodolfo Maria Sabelli, Presidente dell'Associazione nazionale magistrati, accompagnato da Maurizio Carbone, Segretario generale, Marcello Bortolato, Componente GEC, e Rosa Polito, Addetto stampa, e di Beniamino Migliucci, Presidente dell'Unione delle Camere penali italiane, accompagnato da Francesco Petrelli e da Luca Andrea Brezigar.
  Avete letto le proposte e credo che abbiate anche l'esito delle precedenti audizioni. Ritengo che il tema in esame sia di particolare interesse e attualità, dunque vorremmo avere il punto di vista della magistratura e dell'avvocatura penale in merito.

  RODOLFO MARIA SABELLI, Presidente dell'Associazione nazionale magistrati. Presidente, abbiamo preso visione delle precedenti audizioni; il che ci semplifica il compito, nel senso che eviteremo di attardarci in esami di natura strutturale o dogmatica dell'istituto, per procedere a un'esposizione di taglio piuttosto pratico. Abbiamo preparato non una vera e propria relazione per la verità, ma solo un documento per punti, molto schematico, che depositerei.
  Farò una brevissima premessa normativa. Come è noto, attualmente la difesa legittima, prevista dal primo comma dell'articolo 52 del codice penale, si fonda sostanzialmente su cinque elementi, cioè la necessità di difendere; l'esistenza, come oggetto della difesa, di un diritto proprio o altrui, inteso come diritto pieno, diritto soggettivo; l'esistenza di un pericolo attuale; la necessità di un'offesa che abbia carattere ingiusto e il requisito della proporzionalità, per cui la difesa deve essere proporzionata all'offesa.
  Dico questo, secondo lo schema di carattere generale del primo comma. Come è noto, però, nel 2006 si è intervenuti, aggiungendo un secondo e un terzo comma che, secondo la tesi prevalente in giurisprudenza, non ha previsto una vera e propria nuova difesa legittima, ma soltanto un'ipotesi speciale di legittima difesa, che ha introdotto in alcune circostanze particolari – non dico quali, perché sono ben note – una presunzione di proporzione, che tuttavia salvaguarda l'omogeneità dei diritti. In altre parole, deve trattarsi comunque di un rapporto fra beni di pari livello e dunque, anche dopo la riforma del 2006, non si potrà aggredire gravemente l'integrità personale, o addirittura la vita, per difendere soltanto l'aggressione Pag. 3a un bene patrimoniale, senza che vi sia neanche un pericolo di aggressione contro la persona.
  Prima di esporre il nostro parere, mi permetto di fare alcune brevi osservazioni, che sono inutili in una sede istituzionale come questa, però vogliono dare una risposta a quello che è un riflesso sull'opinione pubblica di episodi noti alla cronaca.
  La prima osservazione è che spesso le reazioni che si percepiscono da parte dell'opinione pubblica nascono da considerazioni fatte sulla base di iniziative adottate dagli uffici della procura in una fase di prima indagine, che spesso, anche se si dice che forse non si riflette abbastanza, sono imposte dalla necessità di svolgere attività investigativa. Inoltre, quando purtroppo si verifichi la morte, si tratta anche di attività non ripetibili, come l'autopsia, che impone necessariamente l'iscrizione di un titolo di reato e l'adozione di precise garanzie difensive.
  Quando, poi, si esamina il prosieguo del procedimento, si vede come spesso siano gli stessi uffici di procura della Repubblica che ravvisano l'esistenza, nei casi dovuti, di una scriminante con i conseguenti provvedimenti, finanche di assoluzione, o prima ancora di richiesta di archiviazione.
  Un'altra considerazione, che come ripeto non è dovuta in questa sede, ma anche questa risponde a una percezione da parte dell'opinione pubblica, è che a volte si trascura la necessità di una valutazione più approfondita degli elementi costitutivi questa scriminante, e talvolta anche gli elementi di fatto, giungendo – come mi capita di leggere – a delle considerazioni che si spingono fin quasi alla legittimazione di un'idea di autotutela che finisce con il confondersi con il farsi giustizia da sé.
  In terzo luogo, riteniamo che non possano essere abbandonati alcuni capisaldi dell'articolo 52 del codice penale e tra gli altri, in particolare, come accennavo prima, il principio di proporzione fra beni omogenei. Quindi, a nostro avviso, non si potrebbe mai ammettere una riforma che legittimasse, ad esempio, una reazione omicida diretta a difendere beni materiali, in assenza di violenza, o anche solo di pericolo di violenza, o di aggressione alla persona.
  Dico questo, considerando non solo i princìpi della nostra Costituzione, ma anche quanto previsto ad esempio dalla convenzione europea dei diritti dell'uomo che, nell'articolo 2, tutela il diritto alla vita e ammette la possibilità di un'aggressione fisica, fino anche a cagionare la morte, qualora però questo sia reso necessario, fra le altre cose, a garantire la difesa di ogni persona contro la violenza illegale, per tale intendendosi evidentemente una violenza che sia rivolta ai princìpi fondamentali dell'incolumità e della vita.
  Un'altra considerazione riguarda la tecnica di un'eventuale modifica dell'articolo 52. In proposito, osserviamo che vi è un rischio, quello di voler adeguare la norma sulla legittima difesa alla fenomenologia di volta in volta offerta dalla cronaca. Qui si rischia di cadere nel pericolo di degradare una previsione astratta in una casistica che, per sua natura, è molto ampia. Rischierebbe di essere soltanto esemplificativa e potrebbe produrre l'effetto, non già di estendere l'ambito della scriminante, ma di limitarlo, escludendo tutto ciò che non fosse espressamente tipizzato.
  In quinto luogo, non c’è dubbio che sulla valutazione circa la sussistenza della legittima difesa caso per caso residuano, e non potrà mai che essere così, ampi margini di valutazione discrezionale. Tuttavia, una maggiore oggettivazione degli elementi di questa scriminante non potrebbe che ricavarsi dalla casistica offerta dall'esperienza giurisprudenziale.
  Del resto, se andiamo a vedere i casi di cronaca più noti, anche recenti, che hanno suscitato forti reazioni critiche da parte dell'opinione pubblica, si vedrà come il più delle volte queste incertezze non potrebbero comunque risolversi attraverso l'introduzione di presunzioni legali, sia perché queste sono soggette ai limiti costituzionali, anche di origine sovranazionale ai quali prima accennavo, ma anche perché quelle incertezze spesso non toccano tanto i profili generali astratti dell'istituto, Pag. 4quanto piuttosto la ricostruzione probatoria della fattispecie concreta e quindi l'apprezzamento in concreto della situazione di volta in volta esaminata dalla magistratura.
  Fatte queste osservazioni preliminari, vorrei fare anche qualche considerazione, sempre in via preliminare, sulla casistica concreta. Anzitutto devo osservare che alcune situazioni spesso oggetto di discussione pubblica, sempre in margine a casi di cronaca, in realtà non crediamo che meritino tutela, proprio perché difettano di alcuni elementi essenziali previsti dall'articolo 52 del codice penale.
  Tra gli altri, è il caso di chi reagisce violentemente benché possa sottrarsi, ad esempio con la fuga o con un mezzo non lesivo, all'aggressione del bene e, quindi, all'offesa ingiusta. Vi è poi il caso di chi ha determinato lo stato di pericolo. So che su questo vi sono delle divergenze, ma la giurisprudenza è abbastanza stabile nel ritenere che non possa invocare la legittima difesa colui che ha determinato la sussistenza dello stato di pericolo, ad esempio, intervenendo personalmente, pur in assenza di un rischio di aggressione, essendo invece nella condizione di reagire sollecitando l'intervento degli organi di polizia. È chiaro che poi non merita tutela il caso di chi reagisce nel momento in cui l'aggressore sta fuggendo, ad esempio sparando alle spalle, o comunque in tutti i casi in cui il pericolo non sia attuale. A nostro avviso, inoltre, non meriterebbe tutela il caso di colui che aggredisce, fino a uccidere, al solo scopo di tutelare i beni materiali, pur in assenza di qualsiasi pericolo di aggressione all'incolumità.
  In secondo luogo, va detto che alcune situazioni che spesso occupano il dibattito pubblico in realtà già possono rientrare nell'ambito di applicazione della scriminante attualmente prevista dall'articolo 52, al primo, secondo e terzo comma. Penso, ad esempio, ad alcune situazioni di minorata difesa, oppure al caso dell'invasione notturna nell'abitazione. È il caso di chi si sveglia di soprassalto, vedendo l'intruso che si dirige verso di sé.
  In terzo luogo, vi sono alcuni istituti che possono essere, e poi nei casi concreti vengono valorizzati. Penso, in particolare, alle situazioni di eccesso colposo e di legittima difesa putativa. L'eccesso colposo è un errore di valutazione, non un intenzionale eccesso di reazione. Ad esempio, si valuta per colpa, e non per errore, come tentativo di aggressione quello che invece è soltanto un tentativo di fuga.
  Vi è poi quella che costituisce in molti casi una vera e propria valvola di sicurezza del sistema che è la legittima difesa putativa, cioè l'errore di fatto su uno degli elementi costitutivi della scriminante. Ad esempio, si crede di trovarsi di fronte ad un'aggressione, quando invece si tratta soltanto di un tragico scherzo. È noto un caso di cronaca piuttosto risalente – il caso Re Cecconi – per cui uno sfortunato giocatore della Lazio entrò in una gioielleria simulando una rapina e purtroppo fu ucciso dal gioielliere che non lo riconobbe.
  Nei casi di legittima difesa putativi entrano tutti gli errori che sono elementi costitutivi dell'aggravante, ad esempio l'errore di fatto sul rischio di aggressione, per cui si crede che nella stanza dove sta entrando la persona vi siano dei familiari, quando in realtà l'abitazione è vuota, ma di esempi se ne potrebbero fare molti.
  Detto questo in premessa, scendiamo all'esame molto in sintesi di queste proposte di legge. Comprendiamo le esigenze che ispirano queste proposte, tuttavia abbiamo il timore che per diverse ragioni queste proposte di legge non riescano nell'obiettivo di dare una risposta soddisfacente alle problematiche che vorrebbero risolvere, fra cui la necessità di rendere più oggettivi gli elementi costitutivi di questa scriminante.
  Anzitutto, vengo alla proposte di legge A.C. 2892 – procedo molto in sintesi, presidente – che aggiunge in fondo all'articolo 52 un comma ulteriore e che sembrerebbe voler costituire una figura autonoma di legittima difesa attraverso l'introduzione, e in parte il rafforzamento, di presunzioni legali che toccano sia il requisito della necessità, sia quello della proporzione.Pag. 5
  A me sembra, per come è stato costruito dal punto vista testuale – peraltro è una proposta di legge che richiama un'esperienza francese, anche se solo in parte, perché mi pare che in Francia sia richiesto anche un elemento ulteriore – che questa estensione di presunzione sia eccessiva, qualora si dovesse ritenere, cosa non esclusa dalla formulazione testuale, che la presunzione operi anche in assenza di violenza alla persona, o di pericolo di aggressione.
  Dico questo perché, quando leggo: «Si presume che abbia agito per difesa legittima colui che compie un atto per respingere l'ingresso, mediante effrazione, o contro la volontà del proprietario, con violenza eccetera», trovo che questa formulazione non richieda necessariamente la presenza del soggetto aggredito all'interno dell'abitazione.
  Se, quindi, considerassimo il caso in cui dall'esterno vedo una persona che cerca di entrare all'interno della mia abitazione, senza che vi sia concreto pericolo di violenza – peraltro si parla di violenza, senza specificare che sia rivolta alla persona e quindi si potrebbe leggere anche come violenza alle cose – rischieremmo di rompere quel rapporto di proporzione che è già oggetto, in un caso specifico, al comma secondo, di una presunzione legale, ma che a nostro avviso non può mai rompere la relazione fra beni omogenei. Come dicevo prima, non si potranno mai difendere beni patrimoniali aggredendo la vita.
  Un altro limite di questa proposta, a nostro avviso, è che fa una scelta di tipo casistico. Già prima osservavo come le soluzioni di tipo casistico rischino non di estendere, ma di limitare, perché la fenomenologia concreta offre una casistica molto ampia. Non si fa riferimento, ad esempio, al caso dell'aggressione notturna del soggetto addormentato che si sveglia di soprassalto, o alla minorata difesa. Insomma, le altre possibilità di situazioni sono numerose.
  Passo ad esaminare la proposta di legge A.C. 3380, che prevede, all'articolo 1, due lettere. A noi sembra che, anche qui, vi sia un rischio di eccessiva estensione della legittima difesa, quando, alla lettera a), si dice: «Ovvero nelle immediate adiacenze dei luoghi indicati, se risulta chiara e in atto l'intenzione di introdursi negli stessi con violenza, o di volersene allontanare senza desistere dall'offesa». Anche qui mi pare che si sia rotto quel principio di proporzione tra beni omogenei ai quali facevo prima riferimento.
  Su questa lettera a) svolgo anche qualche altra osservazione. Anzitutto, mi pare che questo tipo di formulazione contraddica quella necessità di maggiore oggettivazione degli elementi costitutivi della fattispecie, che mi pare essere un obiettivo da perseguire perché si fa riferimento all'intenzione di introdursi e, quindi, a un concetto che è eminentemente di tipo soggettivo.
  Francamente, non abbiamo neanche ben compreso cosa si voglia dire quando si legge «volersene allontanare senza desistere dall'offesa», perché in questo caso sembrerebbe adombrarsi la possibilità di una reazione anche al momento della fuga, appena temperata da questa assenza di desistenza dall'offesa, che però sembra essere un riferimento troppo generico per essere letto nel senso comunque di un pericolo di aggressione fisica.
  Anche la lettera b) richiama dei requisiti eminentemente soggettivi, quando si fa riferimento «allo stato di particolare paura e agitazione della persona offesa», che si collega a condizioni di carattere estremamente indeterminato e soggettivo. Aggiungo anche che il solo riferimento all'ora notturna non comporta necessariamente una condizione di sorpresa o di minorata difesa, perché andrebbe quanto meno integrata con qualche elemento ulteriore.
  Passo alla proposta di legge A.C. 3384. Questa proposta fa richiamo all'imprevedibilità dell'offesa. A noi sembra che questo concetto sia anch'esso troppo generico, perché lo sviluppo offensivo è quasi sempre possibile, quindi direi quasi sempre imprevedibile risulta essere l'offesa.
  Comprendiamo perfettamente il senso del richiamo alla minorata difesa, le cui Pag. 6condizioni sono semmai uno dei fattori che possono aggravare il pericolo di aggressione, ma anche qui si rischia di cadere in quella casistica il cui apprezzamento sarebbe meglio forse lasciare alla giurisprudenza. Peraltro, queste condizioni di minorata difesa rientrano nei casi che già oggi, alla luce dell'attuale formulazione dell'articolo 52, il giudice può convenientemente valutare.
  La proposta di legge A.C. 3434 costruisce una causa di giustificazione autonoma che sembra prescindere completamente dei requisiti previsti dal primo comma dell'articolo 52 del codice penale, cioè lo schema generale di questa scriminante, introducendo un'ampia presunzione di necessità, che però è ancora una volta, anche in questo caso, riferita a condizioni di natura soggettiva. Tale è, ad esempio, l'espressione «vedendo minacciata la propria o l'altrui incolumità, vedendo minacciati i propri o altrui beni». Il richiamo a questo tipo di condizioni soggettive rischia non già di rendere più certa, ma semmai più incerta, la sussistenza di questa scriminante.
  In secondo luogo, un aumento del grado di incertezza mi pare possa venire da richiami che hanno carattere generico. Ad esempio, mi sembra che carattere generico abbia l'espressione «per dissuadere o per rendere sicuramente inoffensivo l'aggressore».
  Aggiungo ancora una considerazione, sempre sulla rottura del criterio di proporzione tra beni omogenei, perché questa formulazione sembra consentire la difesa della proprietà anche con una reazione lesiva contro la persona, quando si dice «vedendo minacciati i propri o altrui beni, si ricorre a una reazione, per bloccare l'aggressore con qualsiasi mezzo idoneo, o un'arma legittimamente detenuta, mirando alle parti non vitali di chi persiste nella minaccia». Anche in riferimento alle parti non vitali, una lesione agli arti inferiori può essere molto grave e suscettibile peraltro di conseguenze anche mortali.
  Vengo alle conclusioni, con qualche considerazione finale. È chiaro che tra gli elementi costitutivi di questa scriminante, che ricordavo al principio, tre sono quelli fondamentali: la necessità, l'attualità del pericolo e la proporzione.
  Sulla proporzionalità si è già intervenuti con la riforma del 2006 che ha introdotto una presunzione legale, con riferimento specifico ad una situazione di cosiddetta legittima difesa domiciliare. Sinceramente, non riusciamo a individuare spazi per l'introduzione di ulteriori presunzioni, proprio in virtù di quei limiti che ricavo dal quadro costituzionale e anche dalle norme sovranazionali che avevo al principio ricordato.
  Anche l'attualità del pericolo è un requisito che a me pare intoccabile. Non si potrà mai consentire la reazione contro chi fugge, o comunque non si potrà mai consentire la reazione per la difesa di beni che non si possono difendere, perché in realtà il diritto è stato già integralmente compromesso. In questo caso, non avremmo una reazione, ma una vendetta.
  Per quanto riguarda, infine, l'elemento della necessità, come osservavo prima, i tentativi di tipizzazione che colgo in queste proposte di legge, pur comprensibili e pur condividendo in un certo senso l'esigenza, sono ostacolati dall'estrema varietà della casistica concreta, la cui valutazione sarebbe forse meglio rimettere alla giurisprudenza. Del resto, come dicevo prima, non dimentichiamo le valvole di sfogo del sistema, cioè l'eccesso colposo e soprattutto la scriminante putativa che sono in grado di dare una risposta di giustizia nei casi concreti.
  Qualora si volesse modificare l'articolo 52 del codice penale, a nostro avviso bisognerebbe seguire un procedimento di questo tipo. In primo luogo, si dovrebbe muovere da un esame completo dell'intera giurisprudenza, che è molto ricca – le massime sono veramente centinaia e centinaia –, anche anteriore all'anno 2006, perché la riforma del 2006 ha toccato soltanto un punto relativo a una situazione particolare. A quel punto, bisognerebbe ricavare da quelle massime l'intera casistica, per poi estrapolare le fattispecie che si sono maggiormente prestate a incertezze, distinguendo però le incertezze legate Pag. 7alle difficoltà di ricostruzione probatoria, quindi, ricostruzioni in fatto, dalle incertezze che toccano invece la struttura di questa scriminante.
  Una volta fatto questo tipo di ricostruzione e individuati dalla giurisprudenza, assai più che non dalla casistica, dalla fenomenologia offerta dalla cronaca – che, come ripeto, sconta quel difetto di lettura riferito all'intervento immediato degli organi inquirenti – questi momenti critici, si potrebbe arrivare a definire maggiormente e meglio, in sede normativa, la fattispecie, adeguandola alle necessità e alla fenomenologia attuale.
  Per il momento mi fermerei qui.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola al presidente Migliucci.

  BENIAMINO MIGLIUCCI, Presidente dell'Unione delle Camere penali italiane. Presidente, ho letto molto attentamente gli interventi che hanno preceduto la nostra audizione e sono rimasto incuriosito, soprattutto, dall'intervento del procuratore presso la Corte di Cassazione, Fulvio Baldi, che ha introdotto un tema di curiosità. Il procuratore ha detto che dal 1983 fino alla riforma c'erano 2497 sentenze, massimate 546, con una percentuale molto alta rispetto alle altre sentenze massimate su questioni diverse. Dopo la legge n. 59 del 2006, secondo il procuratore, ci sarebbero state 139 sentenze, ma solo dieci massimate.
  Inoltre ha aggiunto, quasi in gergo calcistico, che: «È stato fatto poi cinque a cinque», facendo intendere che, su casi omogenei cinque, si erano risolti in un modo e cinque si erano risolti in un altro.
  Il tema credo che sia un poco questo: comprendere se queste oscillazioni giurisprudenziali dipendano da una mancanza di chiarezza della norma, o da un'erronea applicazione della legge. Questo è il problema di fondo.
  La norma della legittima difesa nel passato ha suscitato dibattiti dottrinari anche con diversità di posizioni. Basta leggere per esempio quanto scrive il professor Fiandaca, che non è per nulla d'accordo sul fatto che nella locuzione «un diritto proprio o altrui» rientrino solo i diritti soggettivi in senso stretto, ma rientrerebbero anche interessi di altro genere, che possono essere protetti, o il tema di quale sia il criterio di proporzionalità che deve essere seguito: una proporzione tra i mezzi adoperati tra l'aggressore e l'aggredito, o gli interessi dei beni in gioco ?
  Anche su questo sembrava che vi fosse un superamento, con il riferimento all'idea che si dovesse trattare dei mezzi per parlare degli interessi, però anche questo criterio non è stato rilevato soddisfacente dalla dottrina, o quanto meno non c’è una uniformità su questi princìpi.
  Immagino che se il Parlamento intende occuparsi della questione, non lo faccia e non lo debba fare di certo perché vi è da parte dell'opinione pubblica una preoccupazione determinata da qualche caso concreto, ma semmai dalla giusta e corretta idea che ci possa essere una sorta di prevedibilità della decisione da parte del cittadino. Penso che il tema sia capire, posto che io abbia una condotta, se poi questa è scriminata o meno, cioè qual è l'ambito della reazione possibile.
  Il primo aspetto che mi pare di dover sottolineare, facendo riferimento proprio a quella casistica giurisprudenziale, è che dopo il 2006 è cambiato poco. In sostanza, quella riforma non è stata digerita, nel senso che si è ritenuto, per certi versi anche correttamente, di non estendere troppo i limiti di questa presunzione, senza dire se quella riforma fosse corretta o meno.
  Questo, però, è oggettivamente un fatto. Insomma, la giurisprudenza non ha ritenuto di dover accordare a queste fattispecie previste dal secondo comma una connotazione di particolare pericolo o tutela.
  Presidente, ricordo a me stesso – in queste audizioni non è stato rammentato – che il furto in appartamento è sempre stato punito con una pena maggiore perché si ritiene che esso sia sintomo di maggiore pericolosità, cioè la persona che Pag. 8sfida l'idea che in casa vi possa essere taluno accetta anche l'idea di sopraffare chi è all'interno di quell'abitazione.
  Allora, il legislatore del 2006 – inutile dire in questo momento se bene o male – ha ritenuto di dare un'indicazione abbastanza precisa, cioè di dire che se certi fatti avvenivano in certi luoghi c'era una presunzione di proporzione tra difesa e offesa che, però, andava ancorata a certi principi.
  Come diceva il presidente Sabelli, a ben leggere quella norma, se si vuole interpretarla con buon senso, già ci potrebbe essere la soluzione a certi casi perché, opportunamente, il legislatore con la lettera b) del secondo comma dell'articolo 52 del codice penale ha tenuto in considerazione l'articolo 2 della CEDU. Infatti, ha detto, per esempio, che si può attivare questa difesa quando, al fine di difendere la propria o altrui incolumità e i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza, cioè quando uno non se ne va via e non scappa, e (non «o») vi è pericolo di aggressione.
  Ora, nella parola «pericolo», che forse potrebbe essere stata oggettivizzata maggiormente con i termini che sono stati usati per la custodia cautelare («concreto pericolo»), si immaginava di definire quella situazione che ricordava anche il presidente Sabelli: di notte, sono a casa; entra una persona (mascherata o meno, perché che sia travisato o meno cambia poco) e non sono in grado di chiedermi se quell'aggressore voglia rubare qualche limone o voglia violentare le persone di genere femminile che in casa; allora, in quella incertezza di quel momento il legislatore rilevava che da parte della giurisprudenza avrebbe dovuto esserci una maggiore attenzione.
  Sotto questo aspetto, sarebbe utile quello che ha rilevato il presidente Sabelli. Sono, però, meno d'accordo sul fatto che il legislatore debba fare le leggi controllando la giurisprudenza. Questo è un principio che a me non piace. Tuttavia, sono d'accordo nella verifica delle decisioni giurisprudenziali.
  A me sembra utile definire il tema. Le modifiche sulle quali siete impegnati riguardano la difesa legittima in generale o c’è un'insoddisfazione per l'applicazione del secondo comma ?
  Questo è il tema. Invece, leggendo gli interventi interessantissimi del professor Lanzi o del procuratore Nordio, c’è anche un aspetto sistematico di complessità che in questo momento credo sfugga alla discussione. Pertanto, ritengo che il problema sia quale di queste riforme che vengono prospettate consentirebbe di oggettivizzare nel modo migliore questa causa di giustificazione o questa scriminante.
  A me pare che, francamente, non ce ne sia nessuna, come diceva il presidente Sabelli. Tutte quante nascono, come si comprende, dall'esigenza di tipizzare. Tuttavia, se si tipizza troppo, può sfuggire dell'altro. Per esempio, nella proposta di legge dell'onorevole Marotta e dell'onorevole Sammarco, dove c’è un tentativo di oggettivizzazione parlando di condizioni di minorata difesa, il concetto di imprevedibilità elimina lo stesso concetto di proporzione: chi è, infatti, che dirà che cosa è prevedibile e che cosa non lo è ? Diventa imprevedibile soltanto perché qualcuno è entrato in casa ? Insomma, qual è il contenuto che si vuole dare a questa previsione ?
  Credo, quindi, che le perplessità che sono giustamente sorte nell'opinione pubblica siano determinate dall'incertezza giurisprudenziale.
  Questo è quello che mi viene da dire perché è evidente che ogni caso è concreto e diverso dall'altro. Si fa fatica, insomma, a delineare una decisione che vada bene per tutti i casi, che devono essere studiati uno a uno, presentando delle differenze soggettive e oggettive. Credo, allora, francamente, che nessuna delle quattro proposte di legge potrebbe riuscire nell'intento che si prefigge.
  La prima – l'A.C. 2892 – come diceva il presidente Sabelli, non risolve i problemi interpretativi riscontrati sino ad oggi, anzi, se si può, li amplifica, nel senso che se il tema era quello di correggere il secondo Pag. 9comma dell'articolo 52 del codice penale, mi pare che questo non avvenga perché si aggiungerebbe un ulteriore comma, ma non si risolverebbe la questione che è sul tappeto.
  Per quanto riguarda la proposta di legge A.C. 3380, non si risolve il tema di una maggiore specificità del secondo comma che consenta all'interpretazione giurisprudenziale di conferire maggiore prevedibilità alle decisioni, ma si introducono degli elementi che offrirebbero ancora maggiore discrezionalità, se si vuole, all'interpretazione (lo stato di paura, di agitazione nella persona offesa, tutte cose non controllabili).
  Per quanto riguarda la proposta di legge A.C. 3384, questa proposta e l'unica che fa riferimento a un inserimento dopo il primo comma dell'articolo 52. Per questo, presidente, chiedevo se il tema era solo quello del secondo comma o in generale.
  La proposta di legge dell'onorevole Marotta, infatti, potrebbe addirittura prevedere la soppressione del secondo comma, cioè l'idea di una specificazione alla legittima difesa che, in teoria, può valere sempre, non solo nell'abitazione, ma anche nel parco pubblico (cammino in certe condizioni e vengo aggredito).
  Per questo chiedevo, presidente, qual è il perimetro dell'intervento.
  In questo caso, l'idea dell'imprevedibilità non ci trova d'accordo. Per la minorata difesa, se si volesse aggiungere a quello che già c’è, non credo che cambierebbe né in peggio né in meglio, anche perché l'interpretazione giurisprudenziale dovrebbe già tener conto di questi parametri e di questi aspetti. Se non lo fa, il problema è l'interprete, non è la norma.
  In questo caso mi sembra che il legislatore, più di scolpire alcune situazioni per offrire all'interprete la possibilità di discernere tra caso e caso, non potesse fare.
  L'ultima proposta di legge, come si diceva, modifica complessivamente il quadro. A me non pare, però, che costituisca una risposta soddisfacente al tema trattato.
  Quindi, per quanto ci riguarda, dovendo parlare di questo, a me sembra di poter dire che nessuna di esse, benché se ne comprendano gli intenti che sono ovviamente meritevoli di attenzione, soddisfi gli obiettivi, anzi potrebbe prevedere delle complicazioni.
  L'unica cosa che non farebbe né male, né bene, quindi forse non cambierebbe molto – mi pare che il procuratore Baldi, invece, nel suo intervento abbia detto che forse una modificazione sarebbe necessaria – potrebbe essere proprio il riferimento alla minorata difesa, ma credo che sia una modifica di poco momento che gli interpreti, invece, dovrebbero tenere di buon conto nell'applicazione della legge anche ora.
  Quindi, esprimo la contrarietà a ogni modificazione che non serva effettivamente a rendere oggettivo e certo un criterio che a me pare sia già sufficientemente delineato dal legislatore.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente. Do ora la parola ai colleghi che desiderino intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni, iniziando dai relatori o dai presentatori.

  ANTONIO MAROTTA. Grazie, presidente. Vorrei sgombrare subito il campo da qualsiasi riflesso condizionato, ovvero dall'idea che il legislatore che si muoverebbe in seguito a una spinta emozionale. Si sentono i fatti di cronaca, ma non è questo lo spirito della mia proposta. Questo, infatti, non deve essere il cammino del legislatore, il quale deve intervenire nel momento in cui ritiene che su un determinato argomento – nel caso di specie su questo istituto – si possa operare una sorta di tagliando di verifica, proprio alla luce delle considerazioni che si dicevano e dell'esame giurisprudenziale che ci porta ad avere momenti di incertezza rispetto a determinati comportamenti.
  È chiaro che l'istituto così com’è non va bene, va benissimo, sia per come è affrontato dal legislatore, sia per quanto ritenuto dalla giurisprudenza. Ciò che crea un elemento di attenzione sul quale tutti Pag. 10dobbiamo riflettere riguarda alcune considerazioni che tutti hanno fatto. Poc'anzi lo riferiva anche – se non ho capito male – il presidente dell'Associazione nazionale magistrati Sabelli.
  Il tema è, infatti, l'ampio margine di valutazione discrezionale. Su questo possiamo – io ritengo dobbiamo – intervenire perché dobbiamo mettere in condizioni il giudice di avere certezza nel momento in cui deve prendere la sua decisione, per cui se gli offriamo un patrimonio completo, con riferimento ai comportamenti e alle condotte, molto probabilmente lo spazio del giudice si restringe.
  Infatti, il giudice in genere non cerca, ma applica la legge; non fa ricerca sulla situazione o contribuisce a modificare o integrare la legge, quindi, più gliela diamo chiara, con riferimento a determinate fattispecie, svolgendo a pieno il compito del legislatore, più rendiamo facile il lavoro del giudice.
  Allora, con riferimento a questo ampio margine di valutazione discrezionale, chiedo un contributo. Io ho fatto una proposta, che avrà i limiti che ha, ma non tocca assolutamente l'istituto, riferendosi esclusivamente a uno dei principali momenti che caratterizzano l'istituto stesso, cioè il rapporto di proporzione (abbiamo visto quali sono gli elementi).
  Su questo rapporto, siccome c’è – stando alla casistica e a quello che veniva riferito anche dal dottore Baldi – un momento di incertezza nella ricerca degli elementi, cerchiamo di offrirne qualcuno in più aggiungendone due proprio per escludere il rapporto di proporzione.
  Il primo è la minorata difesa, che, come sappiamo benissimo, è già presente nel codice, ma la introduciamo qui, nel caso specifico, come elemento assorbente rispetto a una valutazione a monte.
  Il secondo è l'imprevedibilità. Su questo, mi consentirete di non essere d'accordo con quello che dicevano sia il rappresentante dell'Associazione nazionale magistrati, sia il presidente dell'Unione delle Camere penali. Infatti, l'imprevedibilità, che tra l'altro indichiamo in concreto, quindi diamo anche un'ulteriore specificazione, è un concetto chiaro perché esiste la prevedibilità, dunque c’è anche il contrario: l'imprevedibilità, appunto. Non dobbiamo, perciò, fare una ricerca che introduce una discrezionalità.
  L'imprevedibilità è prevista come fatto che si svolge e si sviluppa in natura nelle condotte concrete. È chiaro che è imprevedibile una cosa che non può essere prevista. Se entro della mia abitazione di notte, in cucina, con le luci spente e vedo una sagoma che si muove e sono solo, quindi non posso pensare che ci siano altri familiari, è evidente che è una situazione imprevedibile che si presenta a me.
  Allora, quella era la specificazione che indicavo nella mia proposta. Sono pienamente d'accordo su tutto. Tuttavia, per dire in maniera definitiva che questo istituto così com’è formulato nel codice non va modificato, vi pregherei di darmi qualche indicazione per cercare di intervenire su quello che voi stessi ritenete un momento critico dell'evoluzione di questo ragionamento, ovvero il margine di valutazione discrezionale, in modo da agire su fatti di cui la cronaca parla ogni giorno. Ecco, come dobbiamo intervenire ?
  Forse, il percorso che ho indicato sarà sbagliato, allora dateci voi qualche indicazione che ci possa mettere in condizione di dare una risposta all'opinione pubblica e a chi si trova a vivere queste situazioni, ma soprattutto a chi deve giudicare, affinché sia sereno nell'individuare effettivamente la condotta che può far ritenere che il soggetto abbia agito per legittima difesa.

  NICOLA MOLTENI. Ovviamente, non ho la pretesa di convincere rispetto alla proposta di legge che abbiamo presentato, ma come relatore, insieme al collega Marotta, credo che la politica debba legiferare prescindendo dai fatti di cronaca.
  Ritengo, dunque, che la politica – il legislatore in questo caso – abbia fatto bene a porsi il problema se la legge attuale (la n. 59 del 2006) e l'articolo 52 del codice penale corrispondano ai bisogni reali del nostro sistema.Pag. 11
  Penso che dalle audizioni sia emerso che il quadro sia estremamente complesso ed eterogeneo. Infatti, tutti gli interlocutori e i protagonisti del diritto che abbiamo chiamato in causa – ovviamente ringrazio l'Associazione nazionale magistrati e l'Unione delle Camere penali per il contributo che hanno portato – ci presentano un quadro che, anche tra gli stessi operatori del diritto, manifesta la chiara complessità del problema.
  Ora, non credo – è questa la domanda, a cui purtroppo è stato già risposto – che la normativa attuale, a dieci anni di distanza, dia una risposta chiara e pacifica al quesito che veniva posto in precedenza, ovvero, in una situazione di pericolo che si crea all'interno dell'abitazione, qual è la condotta che il cittadino aggredito deve compiere per tutelare se stesso, la propria incolumità e un bene primario come la vita propria e dei suoi familiari.
  Allora, la domanda che la politica, il legislatore e i protagonisti del diritto si devono porre è se la norma, così com’è scritta oggi, vada mantenuta, modificata oppure riscritta perché dalle audizioni precedenti, in modo particolare da quella del procuratore generale presso la Corte di Cassazione, il dubbio emerso è se una modifica possa essere necessaria e opportuna ad ancorare ad elementi di maggiore oggettività le condotte tenute o se addirittura lo sforzo che deve fare il legislatore, consapevole della complessità della materia e dei beni che vengono aggrediti e/o tutelati, debba essere quello di riscrivere completamente l'istituto.
  Difatti, la proposta di legge che abbiamo presentato, mutuandola parzialmente dal codice francese, va proprio in questa direzione, cioè riscrivere, invertendo, ad esempio, l'onere della prova.
  Quindi, con l'ausilio e il contributo di tutti abbiamo la responsabilità, anche come relatori, di chiederci, come faremo perché è necessario, se la norma va mantenuta – personalmente non credo che la norma vada tenuta così com’è, proprio perché il cinque a cinque è l'esemplificazione del fatto che questa discrezionalità porta a situazioni diverse – o modificata (la proposta del collega Marotta va nella direzione di chiarire parzialmente l'istituto della proporzione) o interamente riscritta.
  Vengo alla domanda. La proporzionalità tra difesa e offesa è – come è stato più volte detto – un giudizio di valutazione, che come tale è arbitrario e discrezionale. L'esempio che è stato fatto dimostra che cambia da procura a procura, da territorio al territorio, da giudice a giudice, da pubblico ministero a pubblico ministero. Ora, è necessario superare questa discrezionalità e questa variabilità di giudizio, ancorandola a fattori e a elementi maggiormente oggettivi ?
  Ebbene, credo di sì perché i casi di cronaca ci danno, su fatti parzialmente analoghi, risposte parzialmente differenti. Nessuno vuole il «far west», né incentivare all'utilizzo dalle armi, ma vorrei che il cittadino abbia il sacrosanto diritto, là dove l'azione dello Stato non è incisiva, di poter tutelare la propria incolumità all'interno di un bene qual è il domicilio, che è sacrosanto e assolutamente tutelabile.
  Presidente, prendiamo atto anche di queste audizioni. Tuttavia, come relatori che devono arrivare a formulare un testo (poi, ovviamente sarà il Parlamento a doversi esprimere), chiediamo un ausilio tecnico e giuridico rispetto alla doppia opzione, ovvero se modificare questa normativa o se riscriverla completamente.
  Pertanto, rimaniamo a disposizione tramite la presidenza, anche perché le audizioni precedenti ci hanno fornito degli elementi di valutazione e di tecnica giuridica estremamente interessanti, quindi, vorremmo partire da lì per rendere più attuale e più attuabile una normativa che a oggi sta, purtroppo, creando parecchia confusione all'interno dell'opinione pubblica.

  BENIAMINO MIGLIUCCI, Presidente dell'Unione delle Camere penali italiane. Vorrei rispondere all'onorevole Marotta. Non sfugge l'intento delle proposte. Il problema è cercare di capire se queste proposte possano soddisfare l'intendimento di conferire un criterio maggiormente oggettivo per evitare che le interpretazioni Pag. 12siano troppo difformi o discrezionali.
  Ora, riguardo alla proposta di legge dell'onorevole Marotta (sulla quale, peraltro, si è soffermato anche il procuratore Baldi quando è venuto), ho detto che il principio della minorata difesa è oggettivo perché c’è giurisprudenza sul punto, quindi è un tema che può essere affrontato. Nel momento in cui si fa riferimento anche all'imprevedibilità (in concreto imprevedibile), questa, però, non propone un confronto tra gli interessi e i beni in gioco.
  Insomma, ci può essere una condotta imprevedibile, ma che non pone a rischio un bene, che consenta alla difesa con una reazione violenta. In sostanza, l'imprevedibilità in sé non consente di eliminare la necessità di un parametro di riferimento tra mezzi e interessi in gioco.
  Tra l'altro, questa proposta, così com’è fatta, andrebbe inserita dopo il primo comma dell'articolo 52, quindi, potrebbe apparire – almeno questa è la lettura che faccio io – che questo sarebbe applicabile a tutto.
  Allora, il tema, che non ho compreso a pieno, è se vi sia l'insoddisfazione per l'applicazione tout court della legittima difesa o se si intenda dire che anche l'uso delle armi può essere consentito per difendere i beni patrimoniali. In tal caso, però, questo comporterebbe una riscrittura delle norme, nonché un confronto con l'articolo 2 della CEDU.
  Invece, il secondo aspetto – quello della minorata difesa – se non è stato preso in considerazione dall'interprete, vuol dire che questi non ha operato bene perché nella norma è stata data forza alla presunzione del secondo comma dell'articolo 52.
  Se la presidente me lo consente, leggo la sentenza n. 11610 del 2011 della Corte di Cassazione, là dove si parla di un ricorso accolto in caso di legittima difesa.
  «L'articolo 52, comma secondo, ha stabilito la presunzione – quindi è già stabilita una presunzione – della sussistenza del requisito della proporzione tra offesa e difesa quando sia configurabile la violazione di domicilio dell'aggressore, ossia l'effettiva introduzione del soggetto nel domicilio altrui, contro la volontà del soggetto, legittimato ad escluderne la presenza. In tal caso l'uso dell'arma legittimamente detenuta è ritenuto – così dice la Cassazione; sono gli interpreti che si discostano da questo che sono un problema – proporzionato per legge, se finalizzato a difendere la propria o l'altrui incolumità ovvero i beni propri o altrui quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione. In presenza delle suddette condizioni – insiste la Corte di Cassazione – non è più rimesso al giudice il giudizio sulla proporzionalità della difesa all'offesa, essendo il rapporto di proporzionalità sussistente per legge».
  Quindi, la norma è chiara, se deve essere interpretata chiaramente. Questo vale in ipotesi sia di legittima difesa obiettivamente sussistente, sia di difesa legittima putativa incolpevole.
  Spero, dunque, di aver dato un modesto contributo in questo senso. Talvolta, infatti, aumentare di termini non consente di eliminare il problema. Per esempio, sulla custodia cautelare il legislatore è intervenuto svariate volte, ma poi è sempre un fatto di interpretazione.
  Ora, credo che questo tentativo di oggettivizzare con la minorata difesa non consentirebbe di superare i limiti.
  Quanto all'onorevole Molteni, vorrei dire che ho letto con grande attenzione la relazione, tra l'altro molto dotta, e anche i rilievi che hanno fatto il professor Lanzi e il procuratore Nordio. Entrambi hanno parlato della quasi necessità di riscrivere tutte le cause di giustificazione.
  In particolare, il professor Lanzi dice che bisogna parlare dello stato di necessità. Tuttavia, anche lo stato di necessità – come ricordava il dottor Nordio – non esclude il criterio della proporzionalità perché una cosa necessaria non toglie dalla necessità di valutare la proporzione tra quello che si fa e quello che si subisce.
  In sostanza, è un tema interessante sotto il profilo dottrinario, ma che non arriva alla soluzione. Difatti, il dottor Nordio ha proposto agli onorevoli qui riuniti la soluzione che aveva adottato la Pag. 13sua Commissione, che è un misto tra necessità, legittima difesa e altre presunzioni.
  Inoltre, la proposta di legge A.C. 2892 aggiunta aggiungerebbe un ulteriore comma all'articolo 52 del codice penale. Ora, non riesco a comprendere – è un mio limite; lo dico solo per dare un contributo alla discussione – come questa aggiunta supererebbe i rilievi che sollevate al secondo comma.
  Infatti, questa è un'aggiunta che mi consentirebbe di respingere sull'uscio gli aggressori, ma non eliminerebbe il problema che voi avete individuato rispetto a] chi entra in casa. Insomma, il pericolo deve essere valutato dal giudice con riferimento al caso concreto.
  Credo, dunque, che i magistrati, che sono dotati di buonsenso, dovrebbero mantenere inalterato il giudizio, per cui, se ci sono delle interpretazioni difformi, non penso che la colpa sia totalmente del legislatore.
  Riguardo allo sforzo di oggettivazione, noi siamo tra i primi a dire che le leggi chiare aiutano l'interprete e soprattutto i cittadini, ma non vorremmo che una superfetazione di norme rendesse ancora più complicata la questione.

  PRESIDENTE. Continuiamo, ora, con altri quesiti.

  VITTORIO FERRARESI. Grazie, presidente. Ringrazio innanzitutto gli auditi. Oggi, rispetto ad altre audizioni, siamo arrivati a centrare maggiormente il tema; manca, comunque – sebbene ne sia stata avanzata una dall'Associazione nazionale magistrati – una proposta concreta portata alla nostra attenzione per modificare questi istituti.
  Si dice che dovremmo controllare, ovvero – leggo l'ultimo punto – «muovere da un esame completo dell'intera giurisprudenza anche anteriore al 2006 per ricavarne la casistica ed estrapolarne le fattispecie per le quali sono emersi profili di incertezza».
  Ecco, con delle proposte alla mano, mi aspettavo che questa analisi arrivasse da voi più che da noi, che siamo con l'acqua alla gola, visto che questa proposta sarà calendarizzata in Aula a breve.
  Ora, le audizioni servono a questo, occorre inquadrare bene i problemi. In altre audizioni non sono stati inquadrati, cioè non sono state date risposte concrete. Insomma, visto che rappresento una forza politica che vuole agire, ma solo se c’è la necessità di farlo, ci aspettiamo una proposta concreta, altrimenti è meglio lasciare la norma così com’è.
  Come è stato ricordato, se non si vogliono fare errori, trasformando una norma e creando ulteriori problemi giurisprudenziali, è meglio – ripeto – lasciarla com’è. Se, invece, vogliamo intervenire, dobbiamo farlo in maniera precisa.
  Andando al merito, i problemi sollevati da queste quattro proposte di legge sono due.
  Il primo è il luogo dove si vuole identificare questa legittima difesa. Le proposte sollevano il problema – praticamente già risolto dalla giurisprudenza – di allargarlo anche ad ambiti, pertinenze, giardini e scale fuori dall'abitazione privata. Quindi, si pone la questione se estendere l'articolo 52 alle pertinenze dell'abitazione privata che non sono previste dalla norma e che, almeno da quanto mi risulta, non sono applicate dai giudici.
  Il secondo problema, più importante, che è stato sollevato oggi è quello della presunzione legale della legittima difesa, ovvero della proporzionalità. Questo nasce perché il cittadino è in una situazione di incertezza se si ritrova una persona dentro casa, magari di notte, travisata, forse con un passamontagna, e non sa se ha un coltello, una pistola o è a mani nude, né se vuole aggredire il suo orologio Rolex, un bel quadro o la sua incolumità o quella di un familiare (si è parlato anche di violenza sessuale e altre fattispecie).
  Detto questo, come possiamo agire ? L'unica proposta concreta arrivata nella scorsa audizione – credo che sia quella del professor Lanzi – è stata chiara: non dovremmo intervenire sulla proporzionalità, Pag. 14altrimenti si lascerebbe la norma così com’è, anzi si creerebbe ulteriore difficoltà interpretativa.
  Se inserissimo la minorata difesa e l'imprevedibilità, si deve andare ad accertare che il soggetto aveva il volto coperto, era un'ora notturna – sto leggendo dalle varie proposte – o l'agitazione della persona offesa e quant'altro. Insomma, dovremmo fare quello che già viene fatto, ovvero accertare che ci sia un pericolo concreto e attuale e che ci sia una proporzionalità tra l'offesa e la difesa.
  Tutti questi aspetti comportano valutazioni discrezionali che c'erano prima e forse rimarranno anche dopo perché, anche se inserissimo la presunzione di legittima difesa, come vuole fare il collega Marotta, queste valutazioni dovranno essere fatte comunque dal giudice.
  Allora, cosa vuol dire valutare l'imprevedibilità ? In tutte le quattro proposte di legge o abbiamo un marine addestrato con un M16 in casa che si aspetta che arrivi il ladro, cosa del tutto imprevedibile, o in tutti gli altri casi sarà un fatto imprevedibile. È ovvio, infatti, che l'offesa che può essere cagionata alla persona è imprevedibile. Quindi, in questo senso, non vedo utile né virtuoso agire sulla proporzionalità.
  Poi, passiamo a chi, legittimamente, la pensa in maniera diversa. Infatti, c’è chi pensa che ci debba essere una presunzione legale di legittima difesa. Alcuni lo pensano in senso assoluto. Quindi, se una persona entra in casa, qualunque sia la situazione, e gli sparo, sono salvo in ogni caso. Questa è l'ipotesi che ha creato ulteriori dubbi anche negli Stati Uniti perché molte volte il padrone di casa invita una persona alle undici di sera, fa un'effrazione alla porta, spacca un vetro e si creano casi apocalittici. In alternativa, come dice il collega Marotta, se ci sono alcuni presupposti da verificare si va nella presunzione di legittima difesa.
  Non apro una parentesi su come sono scritte le proposte perché ci sono problemi di forma. Per esempio, quando si va ad agire sull'articolo 52 del codice penale, mantenendo il primo e il secondo comma e si dice che «si presume altresì che abbia agito per legittima difesa», non si capisce se si presume la legittima difesa o la proporzionalità della legittima difesa. Peraltro, non si capisce nemmeno se la presunzione vale solo per respingere l'ingresso.
  Ecco, sono cose molto semplici su cui possiamo fare un sorriso, ma sono anche incertezze dal punto di vista del legislatore. Quindi, sia la proposta Molteni sia quella Marotta sarebbero da descrivere meglio per essere sicuri di non fare disastri successivamente.
  Tuttavia, chiedo la vostra opinione. La norma va lasciata così o dobbiamo intervenire sulla presunzione legale di legittima difesa ?
  Mi pare di aver capito che entrambi escludete questa presunzione generale. Ecco, se la escludete generalmente, è possibile introdurre una presunzione legale per alcune fattispecie, come diceva il dottor Sabelli ?
  Nel caso, però, ci dovreste dire qual è la vostra proposta perché, come legislatore, ne abbiamo la necessità, altrimenti l'alternativa è che o non si fa niente, o si specifica meglio il luogo, o si mette una presunzione legale sempre, oppure si specifica che la presunzione legale è solo per alcune fattispecie.
  Dovreste, però, darci un consiglio soprattutto riguardo al come, altrimenti in questo momento non saprei come agire, quindi nel dubbio di fare una cosa che non deve essere fatta e che crea ulteriori problemi, non prendo questa iniziativa.

  PRESIDENTE. Anch'io vorrei fare una riflessione. Mi rivolgo ai relatori: poniamoci questo tema. Quella che ha appena espresso l'onorevole Ferraresi mi sembra una riflessione giusta, anche perché questo provvedimento sarà in Aula molto presto e, quindi, non so se saremo pronti per una riflessione attenta. Il tema è posto.
  Io perlomeno mi adopererò anche con i relatori sul suggerimento che ci è venuto dall'Associazione nazionale magistrati e dalle camere penali. Se c’è bisogno di un dettaglio ulteriore, forse questo deriva da Pag. 15un'incertezza della giurisprudenza o comunque da una mancata univocità della giurisprudenza su una tematica dove un'univocità, come dicono i relatori, è necessaria. D'altro canto, credo che siamo in una fase in cui le oscillazioni interpretative non portano da nessuna parte, tantomeno per esigenze di certezza e sicurezza.
  La cosa che mi è sembrata interessante – è una mia riflessione estemporanea – è questa: la proposta di legge del collega Marotta introduce un nuovo comma dopo il primo e, quindi, sembra riguardare tutto il valore e l'ampiezza della scriminante; invece, la proposta del collega Molteni, a mio avviso, se leggo bene, vorrebbe specificare il secondo comma introdotto nel 2006.
  Pongo questo tema: come risulta dalla giurisprudenza, la presunzione della non necessità di valutare la proporzionalità, ossia una presunzione riguardante la proporzionalità, è già stata inserita dal legislatore nel 2006. Anche alla luce delle scorse audizioni, vedevamo la proposta di legge dell'onorevole Molteni – forse nessuno di noi si era ancora calato più di tanto in questo esame abbastanza delicato – come una proposta che introduce un principio di presunzione sul modello francese. In realtà, una presunzione è già stata introdotta.
  Pongo una domanda a voi, ma anche ai relatori. Secondo me, la giurisprudenza è oscillante, perché questo comma secondo è molto poco determinato, mentre la proposta Molteni, se la leggiamo come integrazione del secondo comma e non come una cosa a parte, vuole in qualche modo delimitare l'area della presunzione del rapporto di proporzione, perché la specifica.
  Non ricordo chi, tra il presidente Sabelli e il presidente Migliucci, ha detto che neanche nella proposta di legge dell'onorevole Molteni si fa riferimento ai beni della vita. Infatti, un conto è la reazione alla minaccia al bene della vita o dell'incolumità e un altro è la proporzione che viene a essere presunta con riferimento a un bene soltanto patrimoniale. Lo dobbiamo valutare.
  Forse hanno ragione, onorevole Molteni, quando sollevano dubbi su un ulteriore comma, mentre il secondo rimane. Io me ne farò carico. Noi non abbiamo fatto un lavoro a tappeto sulla giurisprudenza. Lo possiamo fare, anche invitando qui, per esempio, il direttore o il vicedirettore del massimario penale, la Cassazione, con uno specifico quesito, affinché ci porti, non la sua opinione personale, ma l'andamento della giurisprudenza, quella casistica interpretativa che è oscillante, come ci ha riportato il procuratore Baldi. Infatti, il dottor Baldi è venuto a fare questa sintesi. Non ci ha portato le massime, ma ci ha portato una sua sintesi. Dunque, forse dovremmo fare quest'ulteriore passaggio.
  C’è un effetto perverso nell'applicazione di questa norma del 2006, che è molto ampia e afferma che non c’è rapporto di proporzione tutte le volte in cui un soggetto, legittimamente, ha un'arma e la usa per difendere la propria e l'altrui incolumità, i beni propri o altrui, e non vi è desistenza.
  Tutti questi casi dovrebbero rientrare in un rapporto di proporzionalità, che poi va sempre verificato nel caso concreto. Pertanto, dovremo sempre aprire un processo nei confronti di una persona.
  Non otterremmo l'effetto che vogliamo, onorevole Molteni, ovvero quello di evitare ciò che purtroppo accade e che viene ingigantito dalla cronaca, ovvero che chi reagisce con una pistola a un'aggressione viene poi messo sotto processo e deve pagare un avvocato.
  Tuttavia, credo che questo sia inevitabile. Come ci ha detto poco fa il procuratore Sabelli, per arrivare a un provvedimento di archiviazione, bisogna iniziare almeno l'iscrizione di un'indagine. In seguito, si verifica se quel caso rientra nella presunzione di proporzione.
  Noi non elimineremmo quella cosa. Forse, se facciamo quest'ulteriore lavoro, potremmo eliminare delle oscillazioni. Non lo so, pongo il tema.

Pag. 16

  VITTORIO FERRARESI. Secondo me, le oscillazioni si possono avere su casi che sono molto diversi. Dire che ci sono delle oscillazioni sull'istituto potrebbe portare un problema ulteriore, cioè il fatto di inserire alcune specificazioni, come vuol fare Marotta, ed escluderne altre.
  Per ciò che concerne la forma aperta dell'offesa che c’è nell'articolo 52, secondo me non è l'oscillazione dell'istituto a creare problemi sulla sentenza del giudice, bensì i vari casi che sono molto diversi tra loro e, quindi, ovviamente vengono affrontati in un processo in maniera molto diversa rispetto alle circostanze dell'azione in cui si verificano.
  Non vorrei che, andando a vedere l'oscillazione della giurisprudenza e prendendola come un'oscillazione dell'istituto piuttosto che come un'oscillazione dei vari casi, si inseriscano delle fattispecie per centrare di più e per dare meno discrezionalità su questo istituto, quando invece, secondo me, una certa ampiezza deve essere lasciata, a meno che non si metta una presunzione legale.
  Pertanto, facciamo attenzione. Anche oggi è uscita sul giornale la notizia di un'archiviazione del procuratore di Vicenza. Ovviamente, quando c’è un morto ammazzato, vengono fuori molto più spesso le indagini, che giustamente devono essere svolte, rispetto alle archiviazioni. Chiaramente per le persone indagate è sempre un dramma – questo lo sappiamo – però io credo che vada analizzato il fatto che queste diversità sono dovute alle diverse circostanze, non tanto all'istituto.
  Non vorrei che, proprio restringendo queste fattispecie, alcuni di coloro che si difendono in modo legittimo non riuscissero a provare l'imprevedibilità e la minorata difesa. In tal caso, andremmo in direzione opposta a quella che vorremmo ottenere con queste proposte.

  RODOLFO MARIA SABELLI, Presidente dell'Associazione nazionale magistrati. Quest'ultima considerazione dell'onorevole Ferraresi mi vede d'accordo, coglie un punto centrale. Pocanzi osservavo che la tendenza casistica rischia di limitare piuttosto che di ampliare o di tendere verso una maggiore oggettivazione degli elementi.
  Come dicevo, noi cogliamo e condividiamo le esigenze che sono alla base di queste proposte di legge.
  Vorrei anche chiarire che pocanzi ho fatto riferimento all'opinione pubblica e a certe reazioni e ho precisato anche che è un'osservazione evidentemente non dovuta e inutile in questa sede. Tuttavia, non posso dimenticare che questa audizione è pubblica e che, nel passato anche recente, vi è stata perfino una reazione verbalmente violenta contro alcune decisioni dell'autorità giudiziaria.
  Pertanto, nel momento in cui illustro il parere dell'Associazione magistrati, vorrei dare anche una risposta, che non è dovuta e ovviamente non si riferisce alle esigenze della Commissione, ma, in considerazione della pubblicità dell'audizione, vuole offrire una spiegazione un po’ più ampia anche alla stampa e a chi leggerà le nostre dichiarazioni, della posizione espressa dall'associazione che io rappresento.
  Come dicevo, noi condividiamo e comprendiamo le esigenze. In effetti, tutte queste proposte di legge colgono alcuni aspetti condivisibili. Tuttavia, a nostro avviso, il risultato che si realizza rischia di essere difforme dall'obiettivo che si vorrebbe perseguire.
  Loro ci richiamano a una maggiore concretezza e anche alla necessità di formulare da parte nostra una proposta. È un compito non facile. Noi abbiamo provato in termini di bozze embrionali a segnare un metodo, che è quello contenuto nell'ultima considerazione.
  Devo dire che purtroppo non è facile procedere in quello che noi siamo convinti sia il compito necessario, cioè provare a individuare, dall'amplissima casistica giurisprudenziale, i momenti di criticità nell'individuazione dei casi critici che nascono – se ne potrà discutere – dall'attuale formulazione della scriminante oppure dalla sua applicazione concreta. Non è un compito facile ed evidentemente non è un compito che si può esaurire in pochi giorni.Pag. 17
  Provo a sintetizzare in negativo e poi, magari, provo anche a dare qualche spunto positivo. In negativo, a nostro avviso, non vanno introdotti elementi di natura soggettiva; il riferimento all'intenzione, a tutto ciò che si risolve in percezione, aumenta l'incertezza e non definisce la scriminante.
  Siamo anche convinti che non possa ammettersi, come dicevo prima, una sproporzione fra beni disomogenei, il bene della vita e la difesa della proprietà. Naturalmente ciò è percepito anche sotto il profilo del rischio di aggressione, perché chiaramente il pericolo di aggressione all'incolumità giustifica una reazione violenta. Questo è ovvio.
  Vorrei aggiungere anche un altro dato. Pocanzi ricordavo la scriminante putativa come valvola di sicurezza del sistema, che possa rispondere nel caso concreto a un'esigenza di giustizia. Vorrei ricordare anche un'altra cosa: il dubbio sulla sussistenza di una causa di giustificazione (articolo 530, comma 3, del codice di procedura penale) determina l'assoluzione.
  Pertanto, non soltanto bisogna dimostrare in positivo che la scriminante sussiste, ma, anche se c’è solo il ragionevole dubbio di esistenza della scriminante, questo porta a una sentenza di assoluzione. Credo che neanche questo debba essere dimenticato, perché è un'altra valvola di sicurezza, come l'ho definita, di questo sistema.
  Tendenzialmente sul tema delle presunzioni io procederei con una certa cautela. La riforma del 2006 non ha comportato una trasformazione radicale, perché si riferisce, oltre che a una situazione particolare domiciliare, a una presunzione sul punto della proporzione.
  Il vero problema, però, tocca l'aspetto della necessità. Non a caso, alcuni di queste proposte di legge intervengono con presunzioni legali sotto il profilo, non solo della proporzione, ma anche della necessità, il che suscita in me non poche perplessità. Infatti, probabilmente quando si formula una presunzione legale in termini di necessità si pensa a una situazione tipica, che però, poi, trasformata in una fattispecie di carattere generale, rischia di adattarsi a situazioni dove invece l'operare di quella presunzione legale può portare a risultati ingiusti.
  Cosa fare ? Se vi sono stati dei problemi nella concreta operatività di questa scriminante, si può pensare anche a un'esemplificazione, come indicazione al giudice di tener conto di taluni elementi, che sono esattamente quelli colti in queste proposte di legge, come la situazione di minorata difesa. Peraltro, la situazione di minorata difesa non è un criterio soggettivo, ma è un criterio oggettivo che trova già preciso riconoscimento nel codice penale. Altri elementi sono l'ora notturna, la presenza di più persone riunite, il fatto che si tratti di soggetto travisato. Potrei andare avanti, pensando alla casistica concreta.
  Se queste situazioni risultano in concreto trascurate nell'applicazione della scriminante, si può anche pensare a un'esemplificazione, come indicazione tendenziale che, però, deve essere poi applicata al caso concreto.
  La trasformazione di queste situazioni in presunzioni legali corre un doppio rischio, peraltro opposto. Da un lato – mi ricollego alle ultime considerazioni dell'onorevole Ferraresi – rischia di circoscrivere troppo e di imbrigliare troppo; dall'altro, di portare all'applicazione della scriminante in situazioni che francamente non giustificano la sussistenza di una legittima difesa.
  Per quanto riguarda la proposta di legge dell'onorevole Molteni, a cui faceva riferimento la presidente, io pocanzi mi sono espresso in termini di incertezza. Infatti, ho detto: «Questa proposta di legge sembra – però si può leggere in termini diversi – poter costruire una figura autonoma di legittima difesa». Se, invece, questa proposta di legge si riferisse a un'integrazione della previsione esistente, allora non saremmo di fronte a una figura autonoma, ma a una specificazione di quella situazione speciale di legittima difesa già sostanzialmente prevista dal comma 2. Resterebbero le altre perplessità.Pag. 18
  Quando leggo «per respingere l'ingresso», questo «respingere» contiene in sé il rischio di un'aggressione, oppure consente anche di respingere un ingresso che potrebbe avvenire senza rischio di aggressione all'incolumità ? Se io dall'esterno vedo qualcuno che sta entrando in casa mia, quando in casa mia non c’è nessuno, probabilmente non è giustificata una reazione fortemente violenta e aggressiva nei confronti del ladro. Si può immaginare una soluzione di tipo diverso.
  Sugli altri aspetti di perplessità che prima illustravo mi sentirei di aggiungere questo. Certamente, riformulare integralmente non è facile e richiederebbe, a mio avviso, un'opera, sicuramente non breve e complessa, di studi.

  BENIAMINO MIGLIUCCI, Presidente dell'Unione delle camere penali italiane. Vorrei aggiungere solo una cosa. L'intervento dell'onorevole Ferraresi mi trova d'accordo.
  Vorrei ricordare, anche perché si abbia la percezione del problema, che nel resoconto dell'audizione del procuratore Nordio leggiamo questo: «In secondo luogo, io credo che tutto questo discorso sia nato – non viviamo nelle nuvole – dal fatto che, a fronte di migliaia di processi che si risolvono alla fine quasi tutti con l'assoluzione, ci sono situazioni di persone che vengono indagate».
  Se è vero quello che afferma il procuratore Nordio, non c’è un pericolo di incriminazione per chi si difende, se il tema è la preoccupazione. Il procuratore Nordio dice: «Non sarebbe giusto – mi pare di arrivare a questo estremo – neppure che fossero indagati».
  Come diceva il presidente Sabelli, è evidente che essere indagati è un atto dovuto nel momento in cui avviene un evento di questo genere. Se è vero questo, cioè se la percezione delle procure è che i fatti di difesa legittima vengono giudicati e valutati per la maggior parte arrivando alle archiviazioni, ciò vuol dire che non c’è un problema di interpretazione così negativa del fenomeno.
  Pertanto, assume ancor più valore quanto detto dall'onorevole Ferraresi, che spiega come potrebbe essere difficile una modifica che potrebbe alterare un quadro, soprattutto se le modificazioni fossero inserite in norme già esistenti.
  Il professor Lanzi ha fatto riferimento allo stato di necessità. Ricordo a me stesso che lo stato di necessità non prescinde da una valutazione della proporzione. Recita l'articolo 54: «Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto da necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo».
  Pertanto, il tema della proporzione, come dicevano l'onorevole Ferraresi e il professor Lanzi, non è un tema ineludibile e facilmente affrontabile, neanche per renderlo più stabile e oggettivo; è necessariamente confinato, sotto alcuni aspetti, all'interprete.
  Quanto all'ultima osservazione, come sempre perspicua, della presidente in relazione alla proposta Molteni, naturalmente è molto importante che la Commissione e il Parlamento studino questi problemi e mi pare che ci sia stato già un approfondimento, ma dalla lettura si dovrebbe desumere che questa sia una clausola aggiuntiva, perché c’è scritto: «Si presume altresì».
  Non sarebbe una specificazione del secondo comma, ma sarebbe, così come formulata, un'ulteriore presunzione, che sembrerebbe tradire la preoccupazione, non tanto di una difettosa applicazione del secondo comma quanto della prevenzione del pericolo. Pertanto, io tenderei a respingere chi vuole entrare in casa ancor prima che si verifichi la situazione del comma secondo ed evidentemente posso respingere l'aggressore.
  Anche questi casi, a parte il fatto che non sono facilmente verificabili, potrebbero prestarsi a un'interpretazione. Se il ladro prova a entrare in casa confidando che non ci sia nessuno, cosa faccio, se sono in casa ? Posso sparargli ? Per carità, Pag. 19tutto si può ipotizzare, però credo che anche questo si legherebbe a una difficoltà interpretativa oppure a una presunzione troppo pericolosa.
  Io credo che, prima di mettere mano a questa norma, bisognerebbe maggiormente valutare gli effetti positivi e gli effetti negativi.

  COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario alla giustizia. Ringrazio anch'io, a nome del Governo, sia la presidente della Commissione giustizia sia tutti i parlamentari presenti per queste audizioni dell'Associazione nazionale magistrati e dell'Unione delle camere penali. È un'iniziativa parlamentare che seguiamo, come tutti i provvedimenti, con interesse.
  Riprendo le ultime osservazioni del presidente Sabelli, per dire che forse il punto è proprio quello. In primo luogo, come diceva la presidente Ferranti, occorre capire meglio questa casistica e poi – è un tema comune anche alle camere penali dal punto di vista giurisprudenziale – se rimangono davvero dei vuoti normativi e, quindi, lavorare sull'indicazione di quegli elementi a cui si è fatto riferimento.
  Magari, esplicitarli con un'esemplificazione può servire per guidare l'interprete ed evitare disparità di trattamento anche in quei casi a cui faceva riferimento la presidente (cinque e cinque). Se sono casi uguali che hanno le stesse dinamiche, vorremmo che fossero giudicati nello stesso modo, proprio per un principio di equità e di uguaglianza di fronte alla legge.
  Su questo eventualmente si può fare un approfondimento. Penso che possa esservi lo spazio per introdurre qualche modifica. Ciò vale anche per la minorata difesa e per tutti i criteri a cui si è fatto riferimento, che in parte la giurisprudenza già segue, come quello dell'orario notturno, quello della persona travisata e tutto quello che c’è nella giurisprudenza sull'arma giocattolo, che comunque può essere interpretata in un modo o in un altro.
  Un altro tema è se tipizzare maggiormente le presunzioni legali. Su quello, però, dobbiamo cercare di non fare confusione. Anche il Governo è attento a migliorare la norma se c’è da migliorare, perché a tutti sta a cuore la sicurezza dei cittadini e, quindi, è un tema importante, però, come diceva l'onorevole Ferraresi, non complichiamo le cose. Infatti, l'attuale norma, dopo la riforma del 2006, con i criteri generali anche sullo stato di necessità a cui si è fatto riferimento, lascia ampio spazio alla giurisprudenza e, quindi, dà già delle soluzioni.
  Quando si parla di questi temi, non dimentichiamo che c’è anche il tema della detenzione delle armi. Forse si dovrebbe aprire una riflessione anche sulla detenzione. A proposito di cronaca, pensiamo a tutti i casi di legittima difesa, ma pensiamo anche agli altri casi. Qualche giorno fa proprio nella mia zona un maresciallo è stato ucciso brutalmente e l'opinione pubblica si chiede perché quello che l'ha ucciso detenesse un'arma. Solo perché era andato a testimoniare, a distanza di otto anni, gli è piombato in casa e gli ha sparato.
  Nella riflessione, anche dal punto di vista normativo, chiediamoci, da una parte, come semplificare e non complicare le cose, perché le norme ci sono già, e, dall'altra, forse come rivedere tutto quello che riguarda la detenzione delle armi e l'accesso a questo strumento.

  PRESIDENTE. Ringrazio, a nome di tutta la Commissione, gli auditi e i relatori. Proseguiremo martedì con le ultime audizioni programmate.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.50.