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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Martedì 25 marzo 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLA PROPOSTA DI LEGGE C. 1063  BONAFEDE, RECANTE DISPOSIZIONI CONCERNENTI LA DETERMINAZIONE E IL RISARCIMENTO DEL DANNO NON PATRIMONIALE

Audizione del professor Guido Alpa, Presidente del Consiglio nazionale forense.
Ferranti Donatella , Presidente ... 2 
Alpa Guido , Presidente del Consiglio nazionale forense ... 2 
Ferranti Donatella , Presidente ... 6 
Bonafede Alfonso (M5S)  ... 6 
Alpa Guido , Presidente del Consiglio nazionale forense ... 7 
Bazoli Alfredo (PD)  ... 9 
Alpa Guido , Presidente del Consiglio nazionale forense ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
Alpa Guido , Presidente del Consiglio nazionale forense ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
Alpa Guido , Presidente del Consiglio nazionale forense ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Alpa Guido , Presidente del Consiglio nazionale forense ... 11 
Bonafede Alfonso (M5S)  ... 11 
Alpa Guido , Presidente del Consiglio nazionale forense ... 11 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Alpa Guido , Presidente del Consiglio nazionale forense ... 11 
Bonafede Alfonso (M5S)  ... 11 
Vazio Franco (PD)  ... 11 
Alpa Guido , Presidente del Consiglio nazionale forense ... 11 
Vazio Franco (PD)  ... 12 
Alpa Guido , Presidente del Consiglio nazionale forense ... 12 
Vazio Franco (PD)  ... 12 
Ferranti Donatella , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 14.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del professor Guido Alpa, Presidente del Consiglio nazionale forense.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame della proposta di legge C. 1063 Bonafede, recante disposizioni concernenti la determinazione e il risarcimento del danno non patrimoniale, del professor Guido Alpa, Presidente del Consiglio nazionale forense.
  Nella seduta di domani, con la quale concluderemo le audizioni, saranno presenti il presidente del Tribunale di Roma, il presidente della prima sezione civile della Corte d'appello di Roma e il professor Giulio Ponzanelli, ordinario di Istituzioni di diritto privato presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
  Do la parola al professor Alpa per lo svolgimento della relazione.

  GUIDO ALPA, Presidente del Consiglio nazionale forense. Grazie, presidente. Io ho accolto con molto interesse l'invito a fare questa audizione, per due ragioni. Innanzitutto perché l'attività di carattere risarcitorio che riguarda la lesione degli interessi della persona è un'attività essenziale della professione forense ed è, quindi, seguita con molta disponibilità e partecipazione da tutti gli avvocati che si occupano di questo tema. È anche, per la verità, una delle basi del diritto civile e, quindi, interessa tutti i giuristi in quanto tali.
  Se posso aggiungere poi una nota personale, io mi sono occupato di questi temi a cominciare dal 1974, cioè dall'anno in cui il Tribunale di Genova, con una sentenza molto innovativa, ha introdotto la nozione di danno biologico. Da quell'epoca via via, come capita normalmente per tutte le idee e i concetti che vengono immessi in un processo culturale, soprattutto quando si tratta di elaborazioni non di carattere astratto o teorico, ma che hanno una grande rilevanza dal punto di vista pratico-professionale, queste idee, rielaborate, sono state modellate in modo da renderle adeguate, accettate e soprattutto più funzionali.
  Che cosa ha implicato tutto ciò ? Ha implicato che dall'idea originaria, la quale aveva una funzione prettamente ideologica, ossia quella di assicurare a tutti i soggetti lesi nella loro integrità fisio-psichica un adeguato risarcimento, si stabilisse che tale risarcimento non fosse parametrato sulla base della condizione sociale. Ovviamente si deve tenere conto del reddito prodotto e, quindi, degli effetti che il danno può produrre a carico del soggetto, che, essendo impedito, a causa di un'invalidità permanente o anche temporanea, di produrre reddito, può risentirne danno.
  A parte la capacità specifica di lavoro, però, le tecniche che venivano utilizzate in allora, tecniche che si affidavano a tabelle Pag. 3predisposte dalle compagnie di assicurazione, che via via venivano aggiornate, ma che erano state originariamente elaborate nel 1922, implicavano una diversa valutazione dello stesso tipo di lesione a seconda del reddito percepito dal soggetto, delle sue condizioni sociali, oltre che, naturalmente, del sesso e dell'età.
  Il Tribunale di Genova nel 1974 creò una nuova voce di danno, che denominò «danno biologico». L'espressione forse non è felice, ma in quel momento venne utilizzata ricorrendo alla letteratura dei medici legali, in particolare del professor Gerini, in modo tale da poter aggiungere ai criteri che già venivano utilizzati una voce che fosse uguale per tutti. Infatti, la lesione di un arto, di un organo vitale, di una parte del corpo o un trauma di carattere psicofisico non hanno, né possono avere, valore diverso a seconda della provenienza economica o sociale delle persone.
  Dal 1974 in poi questa nuova tecnica si diffuse tra i tribunali di primo grado. A Pisa furono elaborate le tecniche di valutazione al punto, utilizzando criteri diversi di determinazione di questa valutazione di carattere economico di un valore collegato con questo tipo di danno. In tutta Italia a poco a poco questa pratica si diffuse.
  Ci vollero molti anni perché questa giurisprudenza si affermasse, soprattutto in Corte d'appello, a cominciare da Genova. A Genova tutte le sentenze di primo grado venivano riformate perché non corrispondevano alle tecniche di liquidazione tradizionale. Tuttavia, questa idea riuscì a conquistare prima la Corte costituzionale, nel 1987, e poi la Corte di cassazione, sicché venne elaborato in via giurisprudenziale il principio per cui la lesione alla persona che si concretizza in una violazione fisio-psichica implica un diritto al risarcimento del danno.
  La seconda ragione per elaborare questa idea e, quindi, questa nozione di danno biologico era dovuta al fatto che in allora la liquidazione affidata al giudice era prevalentemente discrezionale. Sulla base delle regole del Codice civile, agli articoli 1223 e seguenti e 2056 e seguenti in materia di danno alla persona, è, infatti, la valutazione equitativa il principio che regge la determinazione del danno, il che attribuisce una grande discrezionalità al giudice.
  Proprio per evitare che la discrezionalità fosse abusata e che, nello stesso tempo, si liquidassero voci e somme diverse a seconda dei diversi tipi di lesioni, tenendo conto dell'esigenza di uniformità, le tabelle che furono elaborate a poco a poco si espansero in tutta Italia e finalmente quelle che si ritennero le più perfezionate e le più affidabili, nonché quelle che maggiormente davano soddisfazione alle vittime, furono quelle di Milano.
  Questo per una ragione molto semplice. All'epoca, negli anni Ottanta e Novanta, Milano era la città che aveva il più alto tenore di vita, ragion per cui le voci venivano a calibrare questi parametri in modo più sostanzioso rispetto alle altre città.
  Questo sistema, però, rivelò due handicap, due aspetti negativi. Il primo è che i giudici non sempre capirono che il danno biologico doveva rappresentare un'unica voce di danno per la lesione alla persona, oltre, ovviamente, al danno di carattere patrimoniale. Di conseguenza, liquidarono, per esempio, altre voci fantasiose, come il danno alla vita di relazione, il danno alla felicità e alla serenità familiare, il danno esistenziale, figure che una parte della dottrina ha sostenuto e che, invece, coloro che avevano inventato o sostenuto il danno biologico e che avevano ben a cuore le finalità del danno biologico hanno sempre riprovato.
  Le Sezioni unite della Corte di cassazione, nel 2009, hanno ritenuto che il danno biologico rientrasse nell'ambito del danno morale e che il danno morale implicasse il risarcimento del danno sia nel caso in cui ciò sia previsto dalla legge, sia nel caso in cui vi sia la lesione di diritti fondamentali. Per inciso, il danno alla salute è la lesione di un diritto fondamentale previsto dall'articolo 32 della Costituzione.
  Inoltre, le Sezioni unite hanno stabilito che, anche laddove il giudice avesse ritenuto Pag. 4che vi fosse, oltre al danno biologico, anche un danno esistenziale, che io non saprei definire, perché è molto evanescente, il danno esistenziale dovesse essere incluso e assorbito nel danno biologico.
  Dal 2009 in poi questa linea uniforme si è consolidata, ma, come tutti sanno, la creatività giudiziale spesso riserva delle sorprese. Infatti, proprio qualche giorno fa, la terza sezione della Corte di cassazione ha emesso una sentenza molto articolata che riguarda il danno tanatologico, cioè il danno risentito non posso dire dal soggetto, perché il soggetto non è più, ma da un soggetto che, quando era in vita, ha perduto la vita e, quindi, ha incontrato la morte, ma non ha sofferto dal momento del fine vita all'inizio della morte, perché, se l'avesse fatto, avrebbe anche per pochi minuti subìto un danno di carattere biologico. Questo tipo di danno è molto chiaro: si tratta, cioè, dell'evento che si produce nel momento in cui il soggetto leso muore di colpo.
  Su questo danno tanatologico si apre un problema in più, ossia che il soggetto non è più. Non essendo più, non è possibile attribuire un diritto a un soggetto che non esiste, perché il soggetto che non esiste è un mero corpo cadavere, che non ha un diritto ad avere qualche cosa. Sicché il danno subìto per la morte del soggetto è subìto dai congiunti, i quali hanno diritto al risarcimento del danno iure proprio, ma non iure successionis.
  La sentenza n. 1361 del 2014, che è stata resa proprio pochi giorni fa, il 23 gennaio 2014 – ve la posso lasciare, se è ritenuta utile – compie un salto logico e, per ragioni equitative, dice che, poiché la vita finisce con la morte e la morte può essere considerata il momento culminante della vita e poiché il danno biologico è la lesione delle salute e della vita, la massima lesione della salute è la morte e, quindi, bisogna riconoscere anche questo danno. È un salto logico, ma ai giudici è concesso fare opere di creatività.
  Ovviamente, questo non ha convinto, nella stessa sezione, gli altri giudici che condividevano l'orientamento delle Sezioni unite della Cassazione del 1999, ragion per cui, con un'ordinanza, è stata rinviata la questione alla Suprema Corte. Vedremo quello che la Corte deciderà. Vi lascio le copie, se per caso non fossero a vostra disposizione.
  Se posso aggiungere ancora qualcosa, prima di commentare il testo interessante e peculiare che è stato predisposto, vorrei segnalare che il problema del risarcimento del danno alla persona, purtroppo, non è uniforme – a parte che per le voci che citavo prima – non soltanto nel nostro ordinamento, ma anche in altri, perché cambiano le regole a seconda del settore che si prende in considerazione.
  Le voci di cui io parlavo prima riguardano la circolazione di autoveicoli, ma ci sono migliaia di altre categorie di danni alla persona che possono verificarsi, dalla lesione dei diritti della personalità ad altre modalità con cui possono accadere incidenti, anche in relazione al rapporto di lavoro e via elencando. In questi casi, salvo che la legge non lo predisponga, il danno alla persona viene liquidato in via equitativa e non sulla base delle tabelle che vengono utilizzate per liquidare il danno biologico.
  Una delle aspirazioni che la dottrina vorrebbe vedere soddisfatte prima o poi è proprio questa, cioè che, trattandosi di valori che riguardano la persona e tutti egualmente apprezzabili, vi fossero criteri uniformi per la liquidazione del danno alla persona in qualunque modo tale danno sia stato inferto.
  In sede comunitaria molti problemi che incontrano il legislatore, i giudici o i giuristi italiani vengono risolti spesso d'emblée con l'introduzione di direttive e di regolamenti che, in questo caso, svolgono non soltanto una funzione di uniformazione e di armonizzazione, ma anche di soluzione di problemi che i giuristi nazionali non riescono a risolvere adeguatamente. Purtroppo, però, questo è un problema che non è stato risolto in sede europea, perché ogni Paese ha la sua tradizione.
  Per fare un esempio, in Inghilterra il danno morale in quanto tale era considerato secondario e solo fino a qualche anno Pag. 5fa si liquidava con una somma univoca di 75 sterline. Adesso, invece, la liquidazione è diventata più articolata.
  Da questo punto di vista io non so se gli uffici abbiano già avuto modo di fare approfondimenti recenti a proposito delle modalità con cui il danno alla persona viene liquidato nei diversi Paesi dell'Unione, ma ho portato, soltanto a titolo esemplificativo, alcuni documenti che possono essere utili.
  In Inghilterra la Commissione che si occupa delle ricerche per il Parlamento ha preparato una ricerca che viene aggiornata ogni anno – questa è la settima edizione, ma è in corso quella successiva – la Personal Injury and Fatal Accident Cases. Ve la consegno. Per quanto riguarda sempre il Governo inglese, ci sono poi le Ogden Tables: Actuarial Compensation Tables for Injury and Death.
  In Spagna hanno seguito il metodo del danno biologico e in Francia usano dei barème, ossia dei parametri. Il problema è vedere in che modo determinati tipi di lesione vengono valutati, se ci siano delle modificazioni sulla base dei criteri e soprattutto se queste valutazioni siano conformi.
  A che cosa serve questo ? Serve a verificare non soltanto un problema di carattere generale, ossia che la lesione di un danno alla persona venga a essere considerata in modo eguale, per ragioni di eguaglianza nell'ambito del diritto europeo, in tutti i Paesi, ma anche che, poiché tale situazione è ancora molto frequente in relazione alla circolazione di autoveicoli e di altri mezzi di trasporto, per i danni che si verificano a un cittadino italiano altrove, implicando questo la lesione di un diritto in un luogo diverso dal territorio nazionale, ossia un atto illecito commesso all'estero, si applichino a tale atto le regole che sono previste nel Paese dove l'incidente si è svolto.
  Non è detto, quindi, che la liquidazione del danno sia simile a quella che si potrebbe ottenere da noi. Potrebbe essere anche migliore, ma devo dire, sulla base dell'esperienza che ho, che le liquidazioni che si offrono in Italia sono tra le migliori. Sono certamente inferiori a quelle americane, ma apprezzabili dal punto di vista del confronto con gli altri Paesi.
  Ho portato anche due modelli di uniformazione della disciplina. Uno è predisposto dalla Commissione Von Bar, il Draft Common Frame of Reference del 2009, in cui si dice quali sono le tecniche di disciplina del danno alla persona, in particolare del danno non patrimoniale. Si tratta, però, di princìpi che, anche se riguardano la personal injury, sono molto labili. Non sono precisi come li abbiamo noi.
  Devo aggiungere anche, con una punta di orgoglio, che questo gruppo, che si è occupato della redazione di un Codice civile europeo, si è ispirato all'esperienza italiana per introdurre il danno biologico. La lesione della persona viene considerata come un illecito di per sé.
  C’è poi un gruppo italiano, francese e tedesco che ha studiato in particolare l'uniformazione delle regole in materia di illecito. Anche questo lavoro ha parlato di danni alla persona. Mentre il primo, il testo in inglese, non è stato tradotto, questo è stato tradotto anche in italiano.
  Per venire brevemente al testo, io sono favorevole alla definizione legislativa di danno non patrimoniale derivante dalla lesione del diritto alla salute, perché questa definizione dovrebbe superare tutti i contrasti giurisprudenziali in materia.
  Sono favorevole anche all'unificazione della disciplina e, quindi, all'individuazione di un danno biologico non solo nei casi in cui la lesione della persona derivi da incidenti d'auto e implichi problemi di carattere assicurativo a essi collegati, ma anche in tutti i casi di lesione di diritti diversi della salute, come, per esempio, i diritti della personalità.
  Evidentemente, non si può parlare di danno alla persona quando si parla, per esempio, di lesione del credito e di lesione di interessi legittimi. In fin dei conti, quando parliamo di danno morale, parliamo di danno strettamente collegato con la persona.
  Come dicevo, io ho dei dubbi sull'ammissibilità del danno da morte e, quindi, Pag. 6avrei dei dubbi sul fatto che all'articolo 2 venga liquidata una somma per danno tanatologico di per sé in via legislativa, anche perché la giurisprudenza sul punto non è ancora uniforme. Credo che il danno da morte del congiunto si debba liquidare al congiunto piuttosto che al morto, non essendo più il morto un soggetto vivente e, quindi, non essendo più sui juris un soggetto di diritto.
  Per quanto riguarda poi il danno, all'articolo 3, comma 2, determinato da perdite di rapporto di parentela, mi pare che riemerga il danno esistenziale, il che implicherebbe, da un lato, il fatto di duplicare il risarcimento, se è già stato liquidato il danno biologico, e, dall'altro di considerare il giudice libero di aumentare il danno liquidato in via discrezionale a seconda degli specifici aspetti dinamico-relazionali personali.
  Io ovviamente non pretendo che il giudice sia come una macchina, alla quale si indicano gli estremi e che automaticamente rende il suo prodotto dell'ingegno. Tuttavia, se si continuano a introdurre criteri di discrezionalità, si perde il principio fondamentale per il quale il danno biologico era stato introdotto, cioè l'uniformazione e la possibilità di evitare una discriminazione e, quindi, una diversa valutazione dello stesso tipo di danno a seconda delle origini sociali, del reddito, dell'ubicazione, della regione nella quale uno vive, del luogo nel quale si è verificato il danno e via elencando.
  Tutto ciò che si può fare per uniformare, ridurre la discrezionalità e migliorare il risarcimento del danno alla salute è benvenuto, sia per una ragione di buon andamento dell'ordinamento giuridico, sia per una ragione di civiltà, sia, credo, per una ragione di prevedibilità dei costi, in modo che anche gli operatori economici possano adeguarsi. L'importante è valutare la persona nel modo adeguato.
  Siamo arrivati, quindi, dal 1974, un'epoca nella quale la liquidazione del danno era – se posso usare questo termine – classista, a una situazione in cui adesso dei rimedi sono stati apposti. La valutazione è buona, ma bisogna intervenire nuovamente, altrimenti, se non si applicano le tabelle, se non si applicano in modo uniforme e se si lascia eccessivo spazio discrezionale alla valutazione del giudice, si ritorna al sistema pregresso e tutto questo lavoro di circa quarant'anni va in fumo.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Grazie anche della completezza della sua relazione.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ALFONSO BONAFEDE. Grazie, professore. Io vorrei chiederle alcuni chiarimenti e alcuni suggerimenti. In realtà, colgo l'occasione anche per questi ultimi.
  La proposta di legge, che mira a una quantificazione uniforme, distingue ontologicamente il danno alla salute dagli altri tipi di danno. Quando parla degli altri tipi di danno, questa è stata una scelta. Per cercare di approfondire un percorso di questo tipo, però, quando parla dei danni non patrimoniali derivanti da lesioni di diritti diversi dalla salute, non àncora questi diritti a un riconoscimento costituzionale.
  Il primo suggerimento è se, secondo lei, sui danni non patrimoniali diversi dal danno alla salute andrebbe fatto un riferimento esplicito a diritti sanciti e riconosciuti dalla Costituzione. Secondo me, il problema che potrebbe crearsi in caso di esplicito rinvio alla Costituzione è rappresentato da un coordinamento magari non altrettanto esplicito con la Carta di Nizza o comunque con le fonti europee. Mi era venuto questo dubbio proprio in sede di redazione.
  Per quanto riguarda poi il danno, noi abbiamo sentito in audizione il giudice Travaglino, che peraltro è il relatore dell'ordinanza di rimessione alle Sezioni unite, il quale diceva che, se, da un lato, la sentenza n. 184 del 1986 era stata un traguardo importante, così come le sentenze del 2008, dall'altro, si rischia nell'ordinamento italiano di ingabbiare troppo il danno non patrimoniale all'interno delle dinamiche del danno biologico.Pag. 7
  Travaglino parla di rischio di eccessiva biologizzazione del danno e propone, a tal proposito, la possibilità di distinguere semplicemente il danno a seconda degli effetti che questo avrà sulla vita esterna da quelli che avrà sugli aspetti interni. Ovviamente in sede di audizione questo tema non è stato approfondito, ma la linea era questa, cioè quella di distinguere tra gli effetti esterni alla vita dell'individuo rispetto agli effetti interni, intendendo con danno morale non solo la sofferenza, ma anche tutta una serie di aspetti interni al danneggiato.
  Addirittura Travaglino proponeva, e noi avevamo anche raccolto materiale in tal senso, di procedere a una tabellazione eventuale di quel tipo di danno sulla scorta di alcune proposte che sono state fatte. Come seconda domanda, le chiedo cosa pensa di una prospettiva di questo tipo.
  Per quanto riguarda il danno tanatologico, io concordo sul fatto che, secondo i princìpi ormai consolidati nel nostro ordinamento, il danno tanatologico non abbia nemmeno motivo di essere una problematica. Tuttavia, nello stesso tempo, può esserci una questione di giustizia sociale.
  Io faccio sempre l'esempio di chi sta guidando la macchina e, quando si accorge che è ormai inevitabile lo scontro con il danneggiato, con l'individuo che attraversa la strada, nel millesimo di secondo antecedente allo scontro, sapendo che probabilmente non ci sarà più possibilità di evitarlo, ritiene che gli convenga premere sull'acceleratore per uccidere il pedone sul colpo e, in quel modo, per non doverlo risarcire. È chiaramente un paradosso, ma il danno tanatologico pone delle prospettive problematiche in tema di giustizia sociale.
  Quello che è emerso anche nelle altre audizioni è che probabilmente, per dare spazio al danno tanatologico, si dovrebbe dare ingresso a una forma di danno punitivo. Le chiederei se questa potrebbe essere una rivoluzione troppo grande e se sia auspicabile o no.
  L'ultima osservazione – la ringrazio per la pazienza – è sulla discrezionalità. Io concordo sul fatto che la discrezionalità rischi poi di svuotare, perché questo è accaduto con il danno esistenziale, il rigore scientifico con cui si procede alla redazione delle tabelle per il danno biologico.
  Nello stesso tempo, però, non si può nemmeno azzerare la discrezionalità del giudice. Anche facendo un confronto con la storia degli altri ordinamenti, si nota che tutti, per esempio quelli della Francia e della Germania, hanno avuto la necessità di avere delle clausole generali entro cui muoversi nell'ambito del danno non patrimoniale.
  Quale potrebbe essere una via di mezzo tra l'eccessivo ingabbiare il danno entro limiti troppo predeterminati e un'eccessiva discrezionalità ?
  Grazie, professore.

  GUIDO ALPA, Presidente del Consiglio nazionale forense. Innanzitutto la prima questione, che riguarda la lesione di diritti costituzionalmente garantiti e garantiti anche dalla Carta europea dei diritti fondamentali, si potrebbe forse risolvere, per evitare fraintendimenti interpretativi, aggiungendo due parole all'articolo 2059-ter: «il danno non patrimoniale derivante dalla lesione di diritti della persona diversi dal diritto alla salute è determinato dal giudice». In questo modo si ricollega sempre la lesione dei diritti alla persona, per evitare che si possa pensare – la fantasia dei giuristi, come lei sa, non ha limiti – che la lesione di un diritto di proprietà possa determinare un danno morale.
  Questo è l'esempio che mi sembra più calzante per dire quanto sia evanescente il danno esistenziale, cioè il danno morale che si deve liquidare a un bambino perché soffre, in quanto gli è stato rubato il motorino. Questo è l'esempio che fanno. Un conto è il danno che si deve liquidare al bambino che ha perso una gamba mentre giocava a palla perché investito da un'auto – questo è il caso Gennarino del 1969. I giudici dissero che, poiché avrebbe fatto il muratore come suo padre, gli si potevano dare quattro soldi, perché nella vita non avrebbe subìto grandi danni – un Pag. 8altro conto è il bambino che sta bene e al quale è stato fatto il dispetto di rubare il motorino.
  Faccio questo esempio eclatante per dire che stiamo parlando di cose serie e che, quindi, è importante ricollegare la lesione dei diritti alla persona. È chiaro che, se si dice «alla persona», rientrano in gioco i diritti della personalità, per esempio la sofferenza che si prova per la circolazione di informazioni, dati e notizie che ledono l'onore, la riservatezza, la privacy. Tutti questi sono danni morali alla persona che devono essere liquidati e che devono essere liquidati secondo criteri il più possibile uniformi, tenendo anche conto, però, di alcune peculiarità specifiche della fattispecie. Mi ricollegherò a questo punto quando parleremo della discrezionalità.
  Quanto all'espressione «biologico», io capisco quello che dice il Presidente Travaglino e condivido con lui l'idea che non si debba biologizzare il danno. Tuttavia, non dobbiamo fare un gioco di parole. Non a caso precisavo che si è parlato originariamente di danno biologico perché questo era il modo per introdurre un nuovo tipo di danno. Poi, però, l'espressione è stata superata e ora si parla di danno alla salute, per collegarlo con l'articolo 32 della Costituzione. La giurisprudenza della Cassazione dice ormai a iosa che il danno biologico è la lesione fisio-psichica della persona, ragion per cui non c’è una fisicità o una corporeità prevalente.
  Inoltre, si tratta di sofferenze. Originariamente – poi ho dovuto cambiare opinione – io avevo proposto di classificare il danno biologico nell'ambito del danno patrimoniale. In seguito la giurisprudenza, a cominciare dalla Corte costituzionale, l'ha classificato come danno non patrimoniale e io mi sono adeguato.
  Se si tratta di danno non patrimoniale, tendenzialmente di danno morale, non si può dire, parlando di queste tematiche e utilizzando le tabelle, che si biologizza il danno o che si rende troppo fisico il danno. Io credo che qui ci sia, purtroppo, un equivoco sulle parole, ma che la sostanza sia quella.
  Quanto al danno tanatologico, abbiamo assistito ad alcune finzioni che per i giuristi sono la pratica quotidiana e che non sono un fatto moralmente riprovevole. Quando è necessario risolvere alcuni problemi, il giurista, fin dall'epoca romana, ricorre a delle finzioni. La morte presunta è una finzione. Bisogna trovare una soluzione al caso. Se il soldato non ritorna più dall'Asia, bisogna però amministrare il suo patrimonio e le sue eredità. Si finge che sia morto. Quando poi tornerà, si vedrà.
  In questo caso la finzione in che cosa è consistita ? Una persona muore. Non muore sul colpo, ma, poniamo, dopo una, due o tre ore. Le si liquida, quindi, il danno biologico, perché ha sofferto, ragion per cui gli eredi, oltre a ottenere il risarcimento del danno – per lesione del credito e per la lesione derivante da sofferenze e patemi d'animo connessi con il reato o comunque col fatto illecito – oltre ad avere diritto al risarcimento proprio, ossia ad avere un danno liquidato iure proprio, possono avere anche un danno liquidato iure successionis, perché ereditano il credito che il defunto ha maturato nei momenti intervenuti tra la lesione e l'evento della morte, che è un danno biologico. Anche questo danno, che viene materializzato, trasformato e liquidato secondo le tabelle in via monetaria, viene attribuito agli eredi.
  Si tratta di una finzione, perché spesso lo spazio tra l'evento e la morte è brevissimo. A volte consiste in giorni di agonia terribile, ma altre volte, anziché essere di due o tre ore, è di pochi minuti. Il giudice tiene in considerazione questi pochi minuti per liquidare qualche cosa in più.
  Se la morte è immediata, purtroppo, la logica è la logica: la morte immediata estingue il soggetto che avrebbe diritto al risarcimento del danno. Non è neanche insorta l'obbligazione la cui lesione si dovrebbe risarcire. Se vogliamo procedere con una finzione giuridica inserita in una norma di legge, questa è una valutazione di carattere legislativo. Se, invece, vogliamo Pag. 9restare alla ragione, la ragione dice che, quando c’è la morte immediata, un danno biologico o un danno morale non esiste. Il soggetto non ha subìto alcun danno biologico o morale perché ha semplicemente cessato di vivere. I congiunti chiederanno, quindi, il risarcimento del danno morale per il fatto che qualcuno, colposamente o dolosamente, li ha privati della loro fonte di sostentamento e della persona con cui avevano grandi e intensi rapporti sentimentali e affettivi.
  Si chiedeva se si possa in qualche modo lasciare uno spazio di discrezionalità per evitare che diventi tutto meccanico. Certamente sì, ma il problema è capire quanto e come. C’è qualcuno che dice che bisogna verificare la natura delle circostanze. Io credo che sia la natura delle circostanze, che molte volte è pericolosa, perché è molto manipolabile, che ha portato Scarano ha depositare una sentenza di 110 pagine, con due pagine di dispositivo, per giustificare il fatto che si liquidasse il danno tanatologico a una donna che era morta sul colpo. Questo perché il marito, che aveva avuto una grande depressione mentale prima che la moglie morisse, quando è morta la moglie, è diventato pazzo e si è suicidato.
  Ovviamente sono le vicende atroci della vita, ma non è il caso isolato che deve governare il diritto. Il caso isolato può essere un indice di qualche cosa che non funziona. Il caso Gennarino non era un caso isolato. Era un caso che aveva fatto notizia perché il danno al figlio dell'operaio si risarciva così, che si chiamasse o non si chiamasse Gennarino.
  È la prima volta che io sento che un signore si suicida, essendo già depresso, perché la moglie è morta e lui non poteva sopravvivere, non avendo la possibilità di continuare a vivere senza quell'affetto. Francamente, partire da questo evento e istituirlo come una regola generale che scardina i princìpi elementari della ragione per liquidare il danno mi sembra eccessivo. Si può tener conto della peculiarità della fattispecie, ma deve essere una fattispecie particolarmente rilevante.
  Inoltre, lei diceva: nel dubbio preferisco uccidere piuttosto che lasciar sopravvivere un soggetto. Qui, però, c’è una sanzione di carattere penale. Nel caso che diceva prima, l'incidente è avvenuto occasionalmente e per colpa, perché l'automobilista non ha visto bene, perché l'auto non ha funzionato correttamente e tutto il resto. Se, invece, travolge il pedone perché pensa che sia meglio risarcire di meno, avendolo ucciso, scatta poi la sanzione penale.
  Noi stiamo parlando di una funzione esclusivamente risarcitoria. La sanzione la porterà poi il diritto penale, se l'incidente è stato commesso anche in violazione del Codice penale.

  ALFREDO BAZOLI. Vorrei fare anch'io una domanda sulla questione della diversa moltiplicazione di queste voci di danno, che rischia effettivamente, anche attraverso sofismi, di accumulare titoli di risarcimento che non sempre risultano giustificati.
  In linea di principio anch'io credo che sia opportuno, come la giurisprudenza ha suggerito nel corso degli anni, che ci siano sostanzialmente due categorie di danno, il danno patrimoniale e il danno alla salute, ossia il danno biologico, che ricomprende un po’ tutti gli altri danni che possono essere causati.
  C’è, però, un aspetto sulla scorta del quale la giurisprudenza aveva individuato in particolare la categoria del danno esistenziale, cioè la necessità di tener conto di alcune circostanze nel caso concreto che difficilmente riescono a rientrare nella categoria del danno biologico.
  L'esempio tipico è quello del libero professionista che, per effetto di un incidente, perde due o tre dita di una mano, con diritto al risarcimento per il danno biologico stabilito dalle tabelle in ragione della perdita delle dita. Questo professionista, però, che pure non perderà particolarmente la capacità di reddito derivante dal suo lavoro, ha una passione per la musica. È un musicista, ha sempre fatto il musicista e come hobby ha questa sua grande passione. Perde, quindi, per effetto dell'incidente, la possibilità di coltivare Pag. 10questa sua passione, che lo ha contraddistinto per tutta la vita.
  Si pone, quindi, il problema di come quantificare, e se sia possibile farlo, una voce di danno che risarcisca il danneggiato di una perdita di possibilità di esplicazione della propria personalità nell'arco della propria vita, che è connaturata alla sua persona. Questo era un motivo, se non ricordo male, per il quale la giurisprudenza aveva individuato la categoria del danno esistenziale, una categoria a parte che serviva proprio per andare, nel caso concreto, a cercare di individuare delle ipotesi risarcitorie che tenessero conto anche di queste circostanze particolari.
  La mia domanda è la seguente: lei ritiene che sia possibile, dentro la categoria del danno biologico, tener conto anche di circostanze di questo genere ? Ritiene che sia utile che il diritto tenga conto anche di queste circostanze per adeguare il risarcimento al caso concreto e ritagliarlo in maniera esatta su questo ? Oppure è opportuno non tenerne conto e considerare questa una voce di danno, tutto sommato, già ricompresa nella voce del danno biologico ?

  GUIDO ALPA, Presidente del Consiglio nazionale forense. Lei ha fatto un esempio molto preciso. Ci sono anche altri esempi. Si era dato, per esempio, un grande rilievo al danno estetico. Si faceva la comparazione tra una ragazza qualsiasi e una ragazza che aveva vinto il concorso di Miss Italia, oppure che voleva fare la hostess, e si diceva che il danno estetico dovesse essere liquidato laddove l'aspetto estetico potesse essere promozionale per l'utilizzazione a scopo lavorativo.
  Oppure Tizio è un grande sportivo, gioca a tennis, ha perso due dita e, quindi, non può più giocare a tennis. Potrà fare altri tipi di sport, ma non più questo.
  Il danno biologico, o più esattamente il danno alla salute – se si continua a parlare di danno biologico, probabilmente si origina un vizio di carattere terminologico che potrebbe apparire restrittivo e, quindi, risultare dannoso; parliamo di danno alla salute – dovrebbe ricomprendere tutti questi aspetti, perché ha la finalità onnicomprensiva che si affianca al danno morale in senso stretto e al danno patrimoniale. Il musicista che sente e fa musica per lavoro avrà anche il risarcimento del danno per l'attività lavorativa.
  Il danno alla vita sociale è un'altra voce che si utilizzava. Erano tutti strumenti che ampliavano l'ammontare del danno, ma che differenziavano molto le persone: chi ha una grande passione per la musica è veramente una persona colta ed è molto apprezzabile, mentre chi non ce l'ha, perché non ha avuto la possibilità di studiarla, oppure perché doveva fare altre cose, non sarà risarcito. Soffre di più o soffre di meno ?
  Francamente, come ha già capito dalla mia risposta, io sono contrario alla categoria del danno esistenziale. Sono contrario alla moltiplicazione di voci che si risolvono in una differenziazione eccessiva e in una violazione del principio di uguaglianza.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Io ho una mia domanda, che è più che altro una perplessità sistematica. Questa proposta di legge, che prevede definizioni di danno non patrimoniale e di danno derivante dalla lesione di altri diritti, comprende l'allegazione di tabelle.
  Su queste tabelle di Milano del 2013 io vorrei il suo parere, perché è una tecnica legislativa un po’ particolare, un po’ sui generis, quella di allegare delle tabelle. Di solito si fa riferimento alle tabelle.

  GUIDO ALPA, Presidente del Consiglio nazionale forense. È dal 1922 che si allegano le tabelle. Le tabelle originariamente erano predisposte dalle compagnie di assicurazione, che dovevano prevedere il rischio che avrebbero dovuto coprire attraverso la conclusione di polizze assicurative. Queste tabelle erano distinte a seconda dell'età, del sesso, del reddito...

  PRESIDENTE. In un decreto, però.

  GUIDO ALPA, Presidente del Consiglio nazionale forense. Sì, ogni anno c’è un decreto che viene aggiornato.

Pag. 11

  PRESIDENTE. È una fonte secondaria.

  GUIDO ALPA, Presidente del Consiglio nazionale forense. Non ho controllato se l'allegato debba essere aggiornato ogni anno.

  ALFONSO BONAFEDE. Gli articoli rinvierebbero, per la quantificazione, alle disposizioni di attuazione del Codice civile in cui verrebbero inserite le tabelle. Gli importi sono quelli delle tabelle di Milano, ma non è scritto che si tratta delle tabelle di Milano. Vengono inserite le tabelle, che per ora nelle quantificazioni sono identiche a quelle di Milano, con la necessità di rinnovarle annualmente secondo gli indici ISTAT.

  GUIDO ALPA, Presidente del Consiglio nazionale forense. Io ho visto anche sentenze della Corte di cassazione che, nel rimettere la valutazione del danno alla Corte d'appello, fanno riferimento alle tabelle di Milano perché sono considerate le più complete e, pertanto, dovrebbero essere tenute presenti nella valutazione del danno.

  PRESIDENTE. Chiaritemi questo fatto. Fino a oggi si opera con decreto, ma questo decreto non ha mai recepito – faccio una domanda collettiva – queste tabelle di Milano, perché sono ancora fonte di giurisprudenza. Il decreto del Ministero della salute, all'articolo 5 della sua proposta, abroga il decreto del Ministero della salute del 2 luglio 2003 recante le tabelle e abroga anche il decreto del 2012 Balduzzi.

  GUIDO ALPA, Presidente del Consiglio nazionale forense. Sì, perché bisogna distinguere le tabelle per le invalidità permanenti, quelle per le grandi invalidità e quelle per le invalidità temporanee. Sono tre diversi tipi di tabelle.

  ALFONSO BONAFEDE. Infatti, la proposta che vuole eliminare distinzioni nelle quantificazioni a seconda del settore in cui avviene il danno si propone proprio di recepire le tabelle. Nella premessa della proposta viene citata la sentenza del 2011 della Corte di cassazione che individuava nelle tabelle di Milano un valido punto di riferimento per tutti i giudici. Si cancellano, quindi, le tabelle varie a seconda del settore e si introducono gli importi delle tabelle di Milano, pur con la necessità di rinnovarle.

  FRANCO VAZIO. Professore, noi stiamo ora affrontando il tema della qualificazione e della quantificazione del danno, ma in altre sedute e in altri contesti si sta avviando un processo per la discussione della valutazione e della liquidazione del danno e per la modifica delle tabelle relative alla liquidazione del danno alla salute.
  Lei ha fatto un accenno rispetto ai temi anche in altri Stati europei. La discussione che è maturata al di fuori di questo Parlamento e all'interno, per esempio, delle compagnie di assicurazioni, che peraltro è stata affrontata in sede di discussione politica all'interno delle Commissioni stesse, osserva che le tabelle che vengono applicate in Italia e, di conseguenza, la liquidazione del danno che viene adottata dal Tribunale di Milano siano esorbitanti. In ambito europeo e straniero, infatti, il danno da morte o il danno macropermanente è eccezionalmente ridotto rispetto a quello che normalmente si liquida.
  Quanto si liquida all'estero si può anche valutare tanto o poco, o non valutare. La mia domanda è, per la sua esperienza, se ritiene che i princìpi a fronte dei quali sono state elaborate queste tabelle siano princìpi che debbono essere messi in discussione, oppure se effettivamente siano fondate le ragioni poste alla base di queste tabelle di Milano.

  GUIDO ALPA, Presidente del Consiglio nazionale forense. Quello che posso dire innanzitutto è che una recente sentenza della Corte di giustizia del 23 gennaio del 2014 ha ritenuto che le tecniche di liquidazione del danno alla persona pertengano alle valutazioni esclusive del giudice nazionale e che, quindi, queste diversità di Pag. 12valutazione non rilevino dal punto di vista comunitario.
  Per quel che mi riguarda, io ho visto che in Spagna, seguendo i nostri criteri, liquidano somme che sembrano piuttosto simili. Più restrittivi sono in Inghilterra, mentre grosso modo liquidano somme simili in Germania.
  Io ho fatto una ricerca di questo tipo nel 1997. Porterò il volume. Non l'ho portato perché non è più stato aggiornato, ragion per cui mi sembrava più una valutazione di carattere storico, ma indica con precisione i danni. Contiene, però, tante voci diverse. Mi riferisco non tanto a quelle del danno morale, quanto alle altre voci che incidono, relative all'ospedalità, all'assistenza a casa, alla riabilitazione, agli interventi medici. Sono quelle le voci che incidono di più nella liquidazione del danno altrove rispetto a quelle che prendiamo in considerazione noi, perché noi stiamo prendendo in considerazione il danno non patrimoniale, mentre la maggior parte delle voci che considerano negli altri Stati sono di natura patrimoniale.
  Faccio un esempio. Se una persona ha bisogno di essere assistita e i suoi parenti vengono da un borgo vicino, si liquidano le somme di questo spostamento. Se vengono dalla città più distante, si liquidano altre somme per questo spostamento. Noi, invece, non prendiamo in considerazione questo aspetto, perché pensiamo che lo Stato sociale e, quindi, l'ospedale debba soddisfare tutto. Che poi uno abbia bisogno o no di vedere i parenti per noi è indifferente.

  FRANCO VAZIO. Potrebbe capitare che siano danni che apparentemente sembrano meno valutati all'estero, ma che, se sommati alle voci patrimoniali, risultano simili.

  GUIDO ALPA, Presidente del Consiglio nazionale forense. Sì, perché le voci non si corrispondono.

  FRANCO VAZIO. Ho capito. È un'osservazione della quale bisogna tenere conto.

  PRESIDENTE. La ringraziamo molto, professor Alpa. Ringrazio anche i colleghi per questo arricchimento nella discussione.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14,55.