Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 2
INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 1174 COLLETTI, C. 1528 MAZZIOTTI DI CELSO E C. 2150 FERRANTI, RECANTI «MODIFICHE AL CODICE PENALE IN MATERIA DI PRESCRIZIONE DEI REATI»
Audizione di Piercamillo Davigo, Consigliere della II Sezione penale presso la Corte di Cassazione.
Ferranti Donatella , Presidente ... 2
Davigo Piercamillo , Consigliere della II Sezione penale presso la Corte di Cassazione ... 2
Ferranti Donatella , Presidente ... 4
Marotta Antonio (FI-PdL) ... 4
Bazoli Alfredo (PD) ... 5
Colletti Andrea (M5S) ... 5
Dambruoso Stefano (SCpI) ... 5
Ferranti Donatella , Presidente ... 5
Davigo Piercamillo , Consigliere della II Sezione penale presso la Corte di Cassazione ... 5
Ferranti Donatella , Presidente ... 7
Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia: (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI
La seduta comincia alle 15.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
Audizione di Piercamillo Davigo, Consigliere della II Sezione penale presso la Corte di Cassazione.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame delle proposte di legge C. 1174 Colletti, C. 1528 Mazziotti Di Celso e C. 2150 Ferranti, recanti «Modifiche al codice penale in materia di prescrizione dei reati», l'audizione di Piercamillo Davigo, Consigliere della II Sezione penale presso la Corte di Cassazione, al quale do subito la parola.
PIERCAMILLO DAVIGO, Consigliere della II Sezione penale presso la Corte di Cassazione. A mio giudizio, la disciplina della prescrizione in Italia presenta profili di irrazionalità molto evidenti.
Premetto che, in generale, la prescrizione è un istituto presente in quasi tutto il mondo, non fosse altro che per una ragione: se definiamo la traccia che un reato lascia nelle cose o nella memoria delle persone, è evidente che il passare del tempo disperde queste tracce e quindi rende più difficile l'accertamento dei fatti.
Tuttavia, sempre in tutto il mondo, così come in Italia, ci sono reati imprescrittibili quando per la loro gravità si ritiene che non possano essere mai oggetto di prescrizione. In Italia sono i reati puniti con la pena dell'ergastolo.
L'irrazionalità del sistema italiano deriva dal fatto che mentre il termine di prescrizione non è affatto breve, perché per i delitti puniti fino a sei anni di reclusione è di sei anni, è a mio giudizio irragionevolmente breve il termine prorogato, nel senso che la prescrizione è interrotta da determinati atti e il termine comincia a decorrere ex novo dal compimento di questi atti, ma non può superare, per quante siano le interruzioni, un quarto della durata massima. Questo significa che per i reati puniti con la reclusione fino a sei anni e la prescrizione è di sei anni, si arriva al massimo a sette anni e mezzo.
Questo significa, altresì, che il pubblico ministero è tenuto a interrompere la prescrizione e a esercitare l'azione penale quando ha notizia di un reato non ancora prescritto. Dopodiché residua, nell'ipotesi peggiore, un anno e mezzo per compiere l'udienza preliminare, il giudizio di primo grado, il giudizio di appello e il giudizio di Cassazione. È all'evidenza impossibile, non soltanto con i tempi patologicamente lunghi degli apparati giudiziari italiani, ma anche con tempi molto più efficienti di altri Paesi.
Il risultato è che le prescrizioni, anziché essere dichiarate per lo più con archiviazioni in fase di indagini preliminari, vengono dichiarate nelle fasi dei giudizi di primo grado e di appello, meno in Cassazione perché, in ipotesi di inammissibilità del ricorso, la prescrizione non decorre, Pag. 3in quanto è come se il ricorso non fosse mai stato presentato. Siccome la percentuale di dichiarazioni di inammissibilità dei ricorsi in Cassazione supera il 70 per cento, questo fa sì che le prescrizioni dei reati in Cassazione siano ridotte.
Questo è irragionevole perché significa caricare gli apparati giudiziari di lavoro destinato al nulla. Paradossalmente – lo dico come una battuta, ma non del tutto – sarebbe più ragionevole se fosse un anno e mezzo prorogabile a sette anni e mezzo, perché almeno non partono i processi. Invece, in tal modo i processi bisogna farli, e si fanno in primo grado. Oltretutto, c’è una spinta di autotutela dei magistrati comprensibile, perché quando si fanno le ispezioni ordinarie se viene rilevato un elevato numero di prescrizioni il magistrato che ha in carico il procedimento prescritto viene chiamato a dover fornire giustificazioni sulla prescrizione, quindi c’è la corsa a passare il cerino che si sta spegnendo nelle mani del giudice del grado successivo, con conseguenze anche complesse.
D'altro canto, la riforma introdotta con la cosiddetta «ex Cirielli» ha un altro profilo che ha creato problemi molto complessi: quello della decorrenza della prescrizione nel reato continuato. La disciplina precedente prevedeva che nel reato continuato, per la sua evidente analogia con il reato permanente, la prescrizione decorresse dall'ultimo reato commesso. A seguito della «ex Cirielli», per ogni episodio in continuazione decorre autonomamente.
Ciò, oltre ad avere complicazioni notevoli, perché molte volte nella contestazione non è indicata esattamente la data dei singoli episodi in continuazione, quindi comporta attività di approfondimento al solo fine di scegliere gli accadimenti prescritti da quelli non prescritti, pone problemi particolari, per esempio in tema di corruzione. Devo fare una brevissima premessa per chiarire quanto sto per dire. La corruzione è un reato che non si scopre praticamente mai, perché è un reato con la cifra nera elevatissima: la cifra nera è la differenza fra i delitti commessi e i delitti denunciati. Ci sono reati dove la cifra nera è prossima allo zero, ad esempio il furto d'auto, perché chiunque subisca il furto di un'autovettura corre a denunciarlo, oppure gli omicidi volontari, perché si trova un cadavere con tracce di violenza oppure non si trova più una persona, e in un caso e nell'altro cominciano le indagini.
Per reati come la corruzione, invece, le notizie di reato acquisite sono di gran lunga distanti dalla percezione della corruzione non soltanto nell'opinione pubblica, ma anche dagli indici di percezione. La corruzione è un reato a vittima diffusa, quindi non c’è una persona offesa che la percepisca immediatamente che possa denunciarla; non si fa di regola davanti a testimoni; raramente lascia tracce documentali; anche le indagini sulle pratiche amministrative il più delle volte lasciano il tempo che trovano. Nella mia esperienza, se c’è una pratica perfetta è quella in cui ci sono soldi. In una pubblica amministrazione, che è sommersa di cose da fare, può sempre capitare di trovare qualcosa che non va, ma se c’è una pratica perfetta è quella dove c’è stato un patto illecito alla radice.
Il problema, allora, diventava che il reato di corruzione si scopriva in due modi: facendo le indagini su qualcos'altro, in genere le falsità contabili, e qui la riforma dei reati tributari del 2000 e poi la riforma del delitto di false comunicazioni sociali successivamente hanno praticamente prosciugato questa fonte di innesco; l'altro modo rispondeva a un principio della fisica, ossia che per improbabile che sia un accadimento, quando il tempo a disposizione è sufficientemente ampio può verificarsi. C’è un adagio popolare che lo rende meglio: tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino. La corruzione, in altre parole, è un reato normalmente seriale e altrettanto normalmente diffusivo. Chi commette questi reati tende a ripeterli tutte le volte che ne ha occasione con ragionevole certezza di impunità, il che vuol dire quasi sempre, perché la ragionevole certezza dell'impunità per questi reati c’è praticamente sempre.Pag. 4
Poteva però accadere che, essendoci stata una reiterazione nel tempo, di solito in esecuzione di un unico disegno criminoso, di questi reati, quando ne veniva scoperto uno era possibile risalire indietro nel tempo.
Chiarisco la dinamica facendo un esempio concreto di una vicenda di cui mi sono occupato. Quando mi sono imbattuto, con i colleghi coassegnatari del procedimento, in episodi di corruzione di militari del Nucleo regionale di polizia tributaria della Guardia di finanza di Milano, partendo da un caso singolo si è fatta questa operazione: se questo signore ha preso i soldi in questa occasione, verosimilmente avrà quantomeno fatto capire che era disposto a prenderli anche in altre; quindi, ci siamo fatti mandare l'elenco di tutte le verifiche che aveva fatto. Chiamando tutti i soggetti interessati, cioè tutti gli imprenditori verificati, qualcuno ha riferito che effettivamente questo signore aveva un atteggiamento aggressivo oppure ostruzionistico, insomma aveva fatto capire che voleva dei soldi e via dicendo. Siccome questi comportamenti di solito non sono individuali, perché avvengono alla presenza di altri militari, si ripete l'operazione con gli altri militari di quella pattuglia, quindi si crea un numero di casi su cui investigare abbastanza ampio, il che vuol dire poter chiamare altre persone. Quando le persone diventano decine o centinaia si crea una massa critica per cui inevitabilmente, dal punto vista statistico, qualcuno parla. Dopodiché, si innesca l'effetto domino.
È evidente che nel momento in cui la prescrizione viene fatta decorrere da ogni episodio in continuazione, singolarmente, questa operazione non è più possibile. L'arco temporale su cui investigare è decisamente più ristretto. Infatti, c’è stato il crollo delle condanne per corruzione, che in parte deriva dal mutamento delle norme processuali e dal mutamento dei termini di prescrizione, ma in gran parte deriva dal fatto che non si riesce neanche più a innescare.
Se si pensa che, di fronte a un aumento costante degli indici di percezione, dal 1995 al 2010 le condanne per corruzione si sono ridotte a un decimo, cioè sono crollate del 90 per cento, vuol dire che di fronte a un probabile aumento della corruzione c’è una sempre meno efficace risposta.
Tra l'altro, questo rende assolutamente inutili le riforme in materia di corruzione o inasprimento delle sanzioni, visto che non si accertano i fatti; anzi, non si arriva neanche a prendere notizia dei reati in tempo utile. Questa, ovviamente, è un'estrema sintesi.
PRESIDENTE. Grazie. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
ANTONIO MAROTTA. Consigliere Davigo, per avere un elemento certo, quale potrebbe essere il termine per individuare la prescrizione ? Questo è quello che mi chiedo. Prima avevamo un termine, poi superato dalla «ex Cirielli» la quale ha individuato un termine oggettivo a cui far fare riferimento per la prescrizione. Il termine oggettivo è la pena nel massimo considerato dal codice. In quel caso abbiamo un elemento oggettivo. Si poteva scegliere il minimo o una pena intermedia, ma con la «ex Cirielli» si è scelto il massimo, che è un dato oggettivo ai fini della prescrizione, migliorando il quadro precedente.
Prima, come lei sa, molto spesso la decisione era affidata anche alla concessione di alcune attenuanti che lasciavano al giudicante la discrezionalità di stabilire, rispetto a due imputati per lo stesso reato, che uno poteva godere della prescrizione perché aveva avuto una serie di attenuanti e l'altro no perché queste attenuanti non le aveva avute.
Penso che il legislatore si sia posto il problema di individuare un elemento certo a cui legare la prescrizione, non affidandola certo alla discrezionalità del magistrato. Quale poteva essere il termine, se non la durata nel massimo della pena ?
Mi chiedo, e chiedo in maniera aperta, quale potrebbe essere, secondo il consigliere Davigo, l'elemento oggettivo, a cui Pag. 5legare la prescrizione, diverso da quello dell'individuazione della pena prevista per il reato.
ALFREDO BAZOLI. A me pare che nel fatto che questo progetto di legge sia calendarizzato e che ne stiamo discutendo vuol dire che c’è evidentemente una consapevolezza, da parte nostra, che il sistema attuale della prescrizione presenta profili di criticità o di malfunzionamento sui quali occorre intervenire.
Voglio porre una questione, e lo faccio in maniera semplice e semplificata, giusto per capirsi. Nel modificare un regime di prescrizione, secondo il modello che è contenuto nelle proposte di legge che oggi stiamo valutando, non si può correre il rischio che si allunghino i tempi o che non si definiscano tempi certi per la definizione dei giudizi, lasciando in questo modo sia gli imputati sia le altre persone che sono interessate alla conclusione rapida del processo in una sorta di limbo dal quale rischiano di non uscire appunto in tempi certi, come oggi in qualche modo la prescrizione obbliga a fare ? Si sa che entro una certa data si arriva a sentenza, che evidentemente concluderà il processo.
Secondo lei, come si riesce a conciliare queste doppie esigenze ? Mi riferisco, da un lato, alla necessità di modificare questo regime che oggi funziona male, e dall'altro di tutelare adeguatamente gli indagati, le persone sottoposte a processo e le altre persone interessate alla conclusione rapida dello stesso.
ANDREA COLLETTI. Premesso che noi del Movimento 5 Stelle abbiamo presentato la soluzione più tranchant delle tre che sono all'esame, ad ogni modo vorrei avere da lei un'interpretazione di diritto su una proposta, ma anche sull'osservazione che ha fatto il presidente Santacroce, ovvero la ragionevolezza sulla sospensione della prescrizione in caso di sentenze di condanna nel primo grado.
Il mio dubbio è che questa norma possa essere tacciata di incostituzionalità, giacché si prevede un doppio binario in base alla sentenza di primo grado e in base a una condanna o un'assoluzione. Su questo punto specifico vorrei da lei un'interpretazione «costituzionalmente orientata».
STEFANO DAMBRUOSO. Non voglio accavallare con ulteriori domande le risposte che darà il consigliere Davigo, però sarebbe opportuno che riuscisse a trovare una modalità per darci un'indicazione, che noi utilizzeremo con tutta la mediazione che ci sarà nel corso delle discussioni che avremo in questa Commissione. Fra le tre proposte che ha avuto modo di leggere e che comunque le sono state presentate, prima ancora che da pubblico ministero di indagini note, ancor più come consigliere della Cassazione, quale ritiene possa avvicinarsi al rimedio più utile per superare in una maniera convincente la Cirielli ?
PRESIDENTE. Le domande portano tutte dalla stessa parte.
Do la parola al consigliere Davigo per la replica.
PIERCAMILLO DAVIGO, Consigliere della II Sezione penale presso la Corte di Cassazione. Credo che in un mondo in cui le frontiere sono diventate evanescenti, ci sono movimenti impressionanti di popolazioni da un Paese all'altro, un mondo in cui è possibile lo shopping degli ordinamenti, i tassi di repressione concreta – non quella astratta, scritta nei codici, come dicono gli inglesi non la law in book, ma la law in action – non possono essere diversi tra un Paese e un altro. Se il tasso di repressione è più basso, si importa criminalità; se è più alto, si esporta criminalità. Quindi, bisogna più o meno fare come fanno gli altri Paesi.
Gli altri Paesi hanno un termine di prescrizione che mediamente è più basso del nostro. Come ho detto prima, il nostro termine di prescrizione non è affatto alto, come termine di prescrizione di base. Quello che è irragionevole è il limite alle interruzioni. Allora, si potrebbe fare come in tanti Paesi, cioè che dopo l'esercizio dell'azione penale la prescrizione non decorre più. Così avviene nel processo civile: Pag. 6una volta iniziato il processo civile, la prescrizione non decorre più, perché lo Stato ha dimostrato il suo interesse a perseguire il fatto.
Si potrebbe dire, ancora, con proposte di mediazione, che se il giudizio di primo grado è quello dove si acquisiscono le prove, poiché la prescrizione ha questo legame con l'acquisizione delle prove, che si disperdono col passare del tempo, una volta intervenuta la pronunzia di primo grado non c’è più ragione per cui debba decorrere la prescrizione.
Ho provato a spiegare ai colleghi stranieri il fatto che in Italia la prescrizione non solo continua a decorrere durante il processo, ma decorre persino dopo la sentenza di primo grado di condanna, quando appellante è il solo imputato. È una cosa che gli stranieri non riescono a capire. Si chiedono perché, visto che è l'imputato che vuole un altro giudizio, debba maturare la prescrizione. Un istituto di questo genere da solo aumenta le impugnazioni.
Uno dei problemi gravi dell'Italia è che noi abbiamo un numero di impugnazioni che non ha equivalenti al mondo, non impugnazioni teoriche; tre gradi di giudizio li hanno più o meno tutti, ma da noi vengono percorsi sul serio. Abbiamo in Cassazione, se ricordo bene, il 13 per cento di ricorsi in materia di patteggiamenti. È incomprensibile.
Ricordo che, anni fa, quando ero componente della Giunta esecutiva centrale dell'Associazione nazionale magistrati, andammo dal Capo dello Stato e qualcuno gli segnalò questo problema. Il Capo dello Stato, che non era, per la verità, un giurista, disse: «Ma come ? Si può fare ricorso per Cassazione contro le sentenze di patteggiamento ?». Un collega incautamente gli rispose: «Signor Presidente, è scritto nella Costituzione». Noi lo incenerimmo con lo sguardo, perché non si ricorda al Presidente della Repubblica cosa è scritto nella Costituzione, ma ormai l'aveva detto.
Il problema non è che si possa fare; il problema è perché viene fatto. Viene fatto perché si differisce l'esecuzione della sentenza e perché comunque potrebbe maturare la prescrizione. Questo è il problema.
La pena prevista per il reato è il criterio più oggettivo, non c’è dubbio. Il problema è che senso ha stabilire che la prescrizione è di sei anni se poi, attraverso i tre gradi di giudizio, al massimo si può fare un anno e mezzo. Questo è irragionevole, incomprensibile: perché si deve procedere per un reato che certamente si prescriverà ?
L'allungamento dei tempi non dipende dal fatto che non ci sia la prescrizione, ma dal fatto che la prescrizione c’è, perché le impugnazioni vengono fatte proprio perché c’è la prescrizione. Intanto, l'unico modo per ridurre i tempi dei processi è ridurre il numero dei processi. Nessuno fa tanti processi come l'Italia e non perché i magistrati si divertano a fare i processi – a nessuno piace lavorare più del dovuto – ma per il mix tra una latitudine di previsioni di fattispecie penali che non ha equivalenti...
È venuto il Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa in Italia e nessuno gli ha saputo dire quante sono le fattispecie penali. Ora, che non lo sappia io, che pure faccio il magistrato penale da trentasei anni, è grave; ma che non lo sappia il Ministero della giustizia, che tiene il casellario, quindi dovrebbe avere l'elenco di tutte le fattispecie, è davvero incomprensibile per uno straniero.
L'azione penale obbligatoria ha questi effetti dirompenti, di un numero di processi esagerato, con un numero di impugnazioni ancora più esagerato, impugnazioni che comportano tra l'altro comunque motivazioni, persino per dichiararne l'inammissibilità. Sotto questo profilo, segnalo che la maggior parte degli appelli in Inghilterra sono definiti, con l'annotazione del giudice di appello a margine, loss of time, cioè perdita di tempo, e non si fa nessun processo, mentre noi dobbiamo fare comunque delle ordinanze di inammissibilità che sono ricorribili in Cassazione, e se vengono annullate si ritorna indietro, insomma si è perso un sacco di tempo.Pag. 7
La condanna in primo grado, quando è appellante il solo imputato, non presenta nessun profilo di incostituzionalità. Non si capisce perché debba decorrere la prescrizione, se è lui a volere la prosecuzione del giudizio. Davvero non riesco a capire per quale ragione il ricorso per Cassazione dell'imputato possa incidere sulla prescrizione e far prescrivere un reato. È lui che non si acquieta della pronuncia già avvenuta; se lui si acquietasse, la sentenza passerebbe in giudicato.
Nella mia esperienza la maggior parte delle impugnazioni sono meramente dilatorie, peraltro con effetti di retroazione, come direbbero gli scienziati sociali, notevoli. Cito solo un esempio. Ho fatto cinque anni in Corte d'appello e sono stati i cinque anni peggiori della mia vita di magistrato, perché la Corte d'appello è un giudice a senso unico, nel senso che può soltanto diminuire la pena o confermarla, o assolvere, ma non può, in assenza di appello del pubblico ministero, aumentare la pena.
In Francia, dove questo limite non c’è, solo il 40 per cento delle sentenze di condanna in primo grado viene appellato, perché l'appello temerario può comportare un aumento di pena. In Italia no. Una volta ero nel corridoio a parlare con un collega, prima dell'inizio dell'udienza, mi si è avvicinato un imputato (l'ho riconosciuto come tale perché aveva il decreto di citazione a giudizio in mano) e mi ha detto: «Scusi, dov’è che abbassano le pene ?». Cercava la Corte d'appello. Stando lì o si conclama la propria inutilità, confermando tutto, o si dà un senso alla propria esistenza riformando. In più, c’è una pressione psicologica sul magistrato inevitabile, perché lo stesso fatto identico – taccheggio nel supermercato che diventa rapina impropria – in tre città diverse, a Milano, è punito con un anno, a Monza con due e a Sondrio con quattro, perché a Sondrio un reato di questo genere è grave e quindi è percepito come tale dall'opinione pubblica e il giudice tende a essere più severo perché risente inevitabilmente delle aspettative dell'opinione pubblica.
Se si vogliono ridurre i tempi dei processi – e il collo della bottiglia sono essenzialmente le Corti d'appello, perché sono sommerse da un numero esagerato di impugnazioni – va introdotto qualche rischio nel proporre impugnazioni, specie se sono temerarie. L'ideale sarebbe il divieto di reformatio in peius.
Il legislatore ha scelto una strada del tutto diversa, che è quella dell'appello incidentale del pubblico ministero. Il pubblico ministero non fa gli appelli incidentali perché è sommerso di carte, non ha tempo di farli, e comunque c’è tutta l'area dell'abbreviato che rimane esclusa dagli appelli accidentali del pubblico ministero, perché non li può fare in punto di entità della pena, che è quello che costituirebbe una deterrenza.
Dopodiché, se dovessi scegliere io direi che dopo l'esercizio dell'azione penale la prescrizione non decorre più. Si ritiene che sia eccessivo ? Benissimo, dopo la sentenza di primo grado la prescrizione non decorre più. Si vuole una via diversa ? Si abolisca il limite alle interruzioni, tanto nel primo grado e nel grado d'appello gli atti interruttivi non possono che essere la sentenza di condanna. Se però ricomincia a decorrere la prescrizione dall'inizio al momento della sentenza di primo grado o della sentenza di condanna, gran parte delle attività dilatorie oggi poste in essere verrebbero spazzate via da questo meccanismo. Grazie.
PRESIDENTE. Consigliere Davigo, grazie per la sintesi e per l'esperienza che ci ha voluto portare.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15.25.