Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 2
INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 1174 COLLETTI, C. 1528 MAZZIOTTI DI CELSO E C. 2150 FERRANTI, RECANTI «MODIFICHE AL CODICE PENALE IN MATERIA DI PRESCRIZIONE DEI REATI»
Audizione di Fausto Giunta, Ordinario di diritto penale presso l'Università di Firenze.
Ferranti Donatella , Presidente ... 2
Giunta Fausto , Ordinario di diritto penale presso l'Università di Firenze ... 2
Ferranti Donatella , Presidente ... 4
Giunta Fausto , Ordinario di diritto penale presso l'Università di Firenze ... 4
Ferranti Donatella , Presidente ... 6
Giunta Fausto , Ordinario di diritto penale presso l'Università di Firenze ... 6
Ferranti Donatella , Presidente ... 7
Marotta Antonio (FI-PdL) ... 7
Ferranti Donatella , Presidente ... 7
Marotta Antonio (FI-PdL) ... 7
Ferranti Donatella , Presidente ... 8
Fava Claudio (Misto-LED) ... 8
Ferranti Donatella , Presidente ... 8
Costa Enrico (NCD) , Viceministro della Giustizia ... 9
Ferranti Donatella , Presidente ... 9
Bonafede Alfonso (M5S) ... 9
Ferranti Donatella , Presidente ... 9
Vazio Franco (PD) ... 10
Ferranti Donatella , Presidente ... 10
Giunta Fausto , Ordinario di diritto penale presso l'Università di Firenze ... 10
Ferranti Donatella , Presidente ... 12
Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: (NCD);
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia: (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Libertàe Diritti-Socialisti europei (LED): Misto-LED.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DONATELLA FERRANTI
La seduta comincia alle 14.10.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che, ove non vi siano obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
Audizione di Fausto Giunta, Ordinario di diritto penale presso l'Università di Firenze.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame delle proposte di legge C. 1174 Colletti, C. 1528 Mazziotti Di Celso e C. 2150 Ferranti, recanti «Modifiche al codice penale in materia di prescrizione dei reati», l'audizione di Fausto Giunta, Ordinario di diritto penale presso l'Università di Firenze.
È presente anche il viceministro Costa.
Abbiamo avuto la deroga, di cui ringrazio i Gruppi, per svolgere la Commissione, e quindi l'audizione, anche durante l'informativa. Non volevamo rinunciare, appunto, a questa seduta che avevamo già da tempo fissato. Sono rappresentati tutti i Gruppi. C'è anche l'onorevole Marotta per Forza Italia. Ringrazio i colleghi.
Avevamo rimandato l'audizione del professore pensando che, nel frattempo, sarebbe arrivato anche il disegno governativo, ma abbiamo pensato, comunque, di proseguire nelle audizioni. Il tema va approfondito in ogni caso e nel frattempo vedremo se ci sarà anche l'assegnazione del disegno di legge del ministro Orlando.
Do ora la parola al professor Giunta per lo svolgimento della relazione.
FAUSTO GIUNTA, Ordinario di diritto penale presso l'Università di Firenze. Vi ringrazio dell'invito.
Quello della prescrizione è notoriamente uno dei più controversi tra gli istituti fondamentali del diritto penale in questo periodo. È molto difficile spiegare all'uomo della strada perché mai un processo penale, magari prossimo alla conclusione, debba essere bruscamente interrotto per un termine prescrizionale. Ci sono, però, buone ragioni, che cercherò di tratteggiare molto brevemente, perché ciò avvenga. Non è un caso che l'istituto della prescrizione sia previsto in quasi tutti gli ordinamenti evoluti e che la sua disciplina sia in certa misura diversa da quella dell'omologo istituto civilistico, proprio perché diversi sono gli interessi sostanziali sottostanti.
Ho preparato una scaletta del mio intervento che penso sia utile vi rappresenti subito. Farò una brevissima premessa proprio sulla prescrizione, sui nodi fondamentali, almeno quelli che ritengo tali, dopodiché passerò all'analisi contestuale dei tre disegni di legge che mi sono stati inviati. Da ultimo, dedicherò qualche osservazione alle prospettive di riforma, cercando di muovermi per quanto possibile nel solco dei disegni di legge in discussione.
Come è notissimo, la prescrizione è un istituto di diritto penale sostanziale ed è classificata tradizionalmente tra le cause estintive dal reato. Questa è una categoria imprecisa ed eterogenea, perché raccoglie istituti che non sempre danno l'idea di un'estinzione del fatto di reato. Basti pensare alla sospensione condizionale della Pag. 3pena, che presuppone invece l'accertamento di un reato e, addirittura, la commisurazione della pena. Ebbene, la categoria dell'estinzione del reato, invece, si attaglia, calza perfettamente nei confronti della prescrizione. Perché?
Perché è un istituto a base temporale che estingue la potestà punitiva per il decorso del tempo. Ho letto la trascrizione dell'audizione del collega Domenico Pulitanò, che ha usato una metafora: ha accostato la prescrizione al funzionamento di un estintore, giocando sulle parole e anche sulle funzioni, perché estingue il reato. Mi pare un'immagine molto efficace, molto felice. Potrei aggiungerne un'altra: la prescrizione è un istituto che fa scattare un meccanismo di blocco, come un impianto frenante dell'automobile e voi sapete che le automobili hanno necessità, a certe condizioni che adesso rappresenterò, di un impianto frenante. Questi presupposti, ovviamente, devono essere previsti dalla legge e vivono dentro il processo penale, ma non possono operare, benché previsti dalla legge, se non interviene una dichiarazione del giudice.
La prescrizione, secondo gli orientamenti più recenti, si collega al funzionamento della pena, o meglio al venir meno di valide ragioni sostanziali per applicare la pena quando è passato molto tempo dal fatto di reato. Se preferite, si può parlare di diritto all'oblio o – l'ho usato come titolo di un libro che ho scritto nel 2003 con Dario Micheletti – del principio del tempori cedere, di cedere cioè al tempo, ma non solo al decorso del tempo, bensì a tutto ciò che il decorso del tempo comporta, il cambiamento della società, delle persone, anche dell'autore del reato. Quando, cioè, sono intervenuti i cambiamenti sociali e individuali, può mettersi nuovamente in discussione l'indefettibilità della pena, che è il principio di partenza del diritto penale.
Naturalmente, quanto detto non è un principio assoluto. Esistono fatti espressivi di disvalori assoluti che, come tali, possono sottrarsi alla regola della prescrizione e, infatti, reati come l'omicidio doloso sono imprescrittibili, perché tutti dobbiamo serbarne ricordo, anzi devo dire che il ricordo di questi fatti precede la disciplina giuridica e la condiziona nel senso di non far operare la prescrizione.
La prevenzione generale speciale, in questi casi, cioè nei casi ordinari, ha un raggio d'azione temporalmente contenuto. Il cittadino, cioè, ha diritto a non essere tenuto sine die in sospeso in attesa che l'ordinamento valuti la sua posizione e, se del caso, applichi la pena. Per esempio, sarebbe del tutto improduttivo, inefficace e, probabilmente, anche ingiusto celebrare oggi un processo per un furto commesso vent'anni fa. Un processo di questo tipo non servirebbe a validare la funzione general preventiva della norma, a validare il significato del divieto del furto.
Naturalmente, tutto questo ha anche una proiezione processuale, nel senso che troviamo la stessa esigenza rispetto all'ingombro temporale del processo. Il cittadino ha anche diritto a un processo in tempi contingentati affinché possa fare le sue scelte di vita. La vita media di un uomo è di circa 80 anni: un processo penale non può durarne 20. Dal fatto di reato bisogna far decorrere un tempo ragionevole perché la posizione dell'imputato sia definita.
Tutto questo non è solo una garanzia oggettiva, come comunemente si dice con riguardo alla ragionevole durata del processo, ma anche soggettiva, tanto che una parte della dottrina ha ricondotto queste esigenze al principio personalistico che avrebbe una legittimazione costituzionale implicita. Come dicevo, quindi, la prescrizione è un limite alla potestà punitiva.
Naturalmente, quando si parla di limiti alla potestà punitiva, come accade con l'altro principio fondamentale che è quello di legalità, bisogna essere chiari. O vi si crede o non vi si crede. Se si crede a questi limiti, bisogna concepire una disciplina effettiva e rigida, che assicuri effettivamente queste delimitazioni. Se non si crede a questi princìpi, se ne può fare a meno. Naturalmente, appartengo a coloro che, nonostante i difetti della prescrizione come disciplina, cercano di salvarne la funzione nei termini che preciserò.
Apro una brevissima parentesi in chiusura di questa prima parte del mio intervento. Pag. 4 Molti di voi sono giovani. Io, invece, ho sostenuto l'esame di diritto penale all'università come studente sul finire degli anni Settanta e sono stato assistente negli anni Ottanta. Ebbene, ricordo che, quando ero studente e poi giovane assistente, agli esami di diritto penale raramente si chiedeva la prescrizione: come mai? Eppure era un istituto che esisteva nel codice Rocco. La prescrizione non era chiesta perché nessuno la applicava. Come mai nessuno applicava un istituto che oggi imperversa nelle aule dei tribunali? La ragione è semplice.
La prescrizione era divorata da un altro istituto che andava molto di moda e che oggi, invece, non si chiede più, giustamente, agli esami: l'amnistia. Abbiamo avuto, infatti, un'epoca di amnistie cadenzate, che toglievano terreno alla prescrizione.
Con la riforma dell'articolo 79, nel 1992, e l'innalzamento del quorum per l'amnistia, tutta la funzione deflattiva svolta dall'amnistia è stata scaricata sulla prescrizione. Allora, parliamo pure male della prescrizione, ma cerchiamo di capire che è l'amplificatore di difetti esterni all'istituto e che sono amplificati dall'istituto, per cui eliminare la prescrizione non significa avere zittito i problemi. I problemi rimangono, magari senza voce, ma sul tappeto.
La prescrizione svolge oggi due funzioni improprie e che, se la eliminiamo, dobbiamo cercare di risolvere, ma fondamentali. Uno è il problema della deflazione. Tra le funzioni perverse assunte dalla prescrizione, c'è anche quella della deflazione del carico, ovviamente senza biasimo per certe prassi a mio avviso inevitabili. Quando la giornata di lavoro non consente al pubblico ministero di esaminare tutti i fascicoli, si impone una scelta, con tutto quello che ciò comporta. Voglio essere molto trasparente.
La seconda funzione impropria svolta dalla prescrizione è di assicurare malamente la ragionevole durata del processo. Il processo, se parte, non ha limiti più temporali. In questa cornice calerò, passando alla seconda parte del mio intervento, alcune osservazioni sulle proposte di legge che mi sono state sottoposte.
Qualunque riforma della prescrizione ha davanti a sé un ostacolo enorme. Sembra semplice, banale, ma in realtà è un ostacolo rilevantissimo. Mi riferisco alla determinazione del tempo di prescrizione per ciascun reato. Perché è così difficile questa valutazione?
Lo è perché è necessariamente presuntiva. Nessun dato empirico può guidarci. Quando diciamo che ordinariamente un reato si deve prescrivere in sette anni e mezzo, facciamo una valutazione della memoria collettiva rispetto a quel fatto del tutto presuntiva. Rispetto a questa difficoltà, quindi, soltanto un faro può guidarci, il principio di ragionevolezza, e due tecniche legislative tra di loro alternative, la descrizione di fasce di reato e l'ancoraggio al massimo edittale. Sono due tecniche diverse. La proposta di legge Mazziotti Di Celso opta per la prima, le altre due optano per la seconda.
Qualunque sia la scelta – è questo il punto – la riforma della prescrizione dovrà fare i conti, perdendo, con valutazioni politico-criminali disomogenee che si sono spalmate nei decenni, qualunque sia il criterio. Questo è un po’ il limite strutturale di una riforma settoriale della prescrizione. Le due tecniche possono distinguersi, possiamo esprimere preferenze per l'una o per l'altra, ma il punto è che entrambe scontano il fatto di operare su valutazioni di gravità già date. Se quelle valutazioni di gravità dei fatti non sono omogenee, avremo termini di prescrizione disomogenei.
PRESIDENTE. Quindi l'entità della pena.
FAUSTO GIUNTA, Ordinario di diritto penale presso l'Università di Firenze. L'entità della pena.
Ciò premesso, il termine di prescrizione deve essere ragionevole. Ho notato che tutte e tre le proposte di legge, come era prevedibile, tendono a allargare il tempo di prescrizione, in maniera anche sensibile. Si arriva a proporre, da parte della proposta di legge dell'onorevole Colletti, l'aggancio al massimo edittale più aumento fino alla metà. Per citare un esempio, il delitto di usura o di peculato avrebbe un termine Pag. 5ordinario prescrizionale di 15 anni, suscettibile di ulteriori allargamenti, ampliamenti. Stiamo parlando di una porzione molto rilevante della vita di una persona.
Certo, sto proponendo una rivisitazione contro controcorrente, se volete, della prescrizione ma effettiva – tornerò sul punto – cioè che quel tempo non sia aggirabile da tattiche dilatorie della difesa, che sia un tempo ragionevole, effettivo, dal quale non si possa scappare.
Quest'allungamento tendenziale di tutte le proposte di legge è addirittura ampliato nel caso di delitti che hanno come soggetto passivo il minore. Qui si deve aspettare il raggiungimento del quattordicesimo anno d'età. Sono altri 3, 4, 5, 10 anni di tempo che il presunto colpevole deve attendere, francamente senza che io ne colga una ragione funzionale rispetto alla ratio della prescrizione.
Per non tediarvi troppo, sorvolerò su alcuni profili di dettaglio, ma vorrei brevemente richiamarne uno alla vostra attenzione la proposta di legge dell'onorevole Colletti vuole tornare alla soluzione del codice Rocco con riguardo al reato continuato, cioè far decorrere la prescrizione nel caso di reato continuato dall'ultimo episodio. Non sono d'accordo e mi esprimo per offrire un elemento di valutazione alla vostra attenzione.
Il reato continuato è, per definizione, una pluralità, una somma di reati, ma ha una ratio favorevole. Si applica, cioè, non il cumulo materiale, ma quello giuridico. Allora, non si comprende per quale ragione un istituto che muove dalla premessa che siamo in presenza di un concorso di reati trattati favorevolmente, debba essere accompagnato da una disciplina che deroga al principio per cui ogni reato attivi il suo momento di decorrenza a seconda del momento storico in cui è stato commesso.
Vengo al cuore delle proposte di legge, che tutte intervengono sulle cause di sospensione e interruzione della prescrizione. Quale sia in astratto il ruolo delle cause sospensive e interruttive è un problema molto complesso, che metterei da parte, perché ci sono situazioni osmotiche tra le due categorie. Sappiamo soltanto che è diversa la disciplina, ma la casistica si sovrappone, nel senso che sono tutte vicende processuali che impongono di «rivedere» il calcolo della cornice prescrizionale.
È questo che rende l'istituto sostanziale della prescrizione un istituto con un profilo processuale, un affaccio processuale, che però non ne muta la natura. Rimane un istituto sostanziale, che però ha delle interferenze processuali. Le cause di interruzione e sospensione sono, appunto, i punti di intersezione tra questo tempo prescrizionale e le vicende del processo, vicende che possono determinare un metaforico ingombro temporale ulteriore, al punto da dover derogare alla cornice ordinaria.
Tutte le proposte di legge si muovono nel tentativo, aumentando i casi di sospensione e di prescrizione, di allungare ancora i tempi di prescrizione. È questa la dilazione. Un po’ li allunghiamo con il termine ordinario, un po’ con la disciplina della prescrizione e della sospensione. L'obiettivo, però, è chiaro, perché penso si muova dall'idea che la prescrizione è un inutile orpello penalistico a tutela dei malfattori. Come dicevo, io non ne sono convinto.
Le cause di allungamento del processo sono altro, non sono tanto le tecniche dilatorie degli avvocati. Alla base c'è una cattiva organizzazione. Citerò solo un esempio noto a tutti: non c'è processo penale che non sconti una falsa partenza per difetto di notifiche nell'epoca in cui sarebbe possibile fare le notifiche via Internet. Quelli morti sono tempi di disorganizzazione, che nulla hanno a che fare o che possono non avere nulla a che fare con il comportamento degli attori del processo.
Nell'epoca in cui si parla e si attua il processo telematico in altri settori, non sarebbe pensabile una notifica a mano come primo atto, dopodiché l'obbligo dell'indagato imputato di comunicare all'autorità giudiziaria una PEC alla quale saranno poi trasmesse tutte le altre notifiche? Vedrei questi problemi.
Torniamo, però, alla disciplina della sospensione e dell'interruzione, che diventa in queste tre proposte di legge una sorta di terreno dove grattare ancora tanto allungamento Pag. 6 del termine prescrizionale ordinario. L'intervento più drastico è quello della proposta di legge Colletti, che prevede cause di sospensione. Vorrei ricordarne una che ha una portata assorbente: il procedimento è sospeso dal momento in cui la persona contro cui si procede assume la qualifica di imputato o, come diciamo ordinariamente, da quando interviene la richiesta di rinvio a giudizio.
Da questo momento in avanti, a me pare che non ci sia più termine. Oltretutto, questa proposta di legge ha eliminato quella precisazione dell'attuale articolo 160 del codice penale, secondo il quale in ogni caso non possono sforarsi i tetti massimi, invece si può andare avanti.
Nondimeno, vedo anche l'aspetto positivo di questa proposta di legge, perché mi sentirei anche di condividere la base di partenza se poi si lavorasse sul contingentamento dei tempi del processo. Allora mi andrebbe anche bene l'idea che la prescrizione diventi sostanziale, breve, cioè il tempo necessario per arrivare all'inizio di un processo, dopodiché la prescrizione non ha più ragion d'essere come istituto sostanziale e lì c'è un'altra garanzia diversa, che è quella di una durata ragionevole del processo.
Avevo espresso quest'idea di fondo, non soltanto mia, in un librettino insieme con il professor Micheletti nel 2003, quindi non è una critica frontale quella che muovo alla proposta di legge dell'onorevole Colletti. Mi pare che manchi un pezzo, senza il quale in effetti siamo in presenza non dico di una abrogazione della prescrizione, che mi pare termine molto forte, ma di un notevole ridimensionamento: la garanzia si riduce soltanto a far sì che la richiesta di rinvio a giudizio intervenga in tempi ragionevolmente brevi. A quel punto, il processo può durare senza un termine. Questo è contrario anche agli interessi della persona offesa, che ha bisogno di una risposta in tempi brevi, ragionevoli.
Diverso, invece, quello che mi pare il filo conduttore di fondo della proposta di legge dell'onorevole Mazziotti Di Celso. Qui compare un'idea che definirei di termini di fase, introdotti limitatamente al giudizio di appello e a quello di Cassazione. Quest'innovazione, però, va letta in collegamento con un altro vincolo temporale che la proposta di legge in questione prevede nell'articolo 157. Sostanzialmente, questa proposta di legge si preoccupa di penalizzare, di pungolare il pubblico ministero affinché non tenga l'indagine per troppo tempo in sospeso.
Se si supera, se non ricordo male, il doppio del tempo per le indagini preliminari, scatta la prescrizione. L'idea, quindi, è quella di comparti temporali, con l'unica particolarità che nell'ultimo caso esemplificato scatta la scure della sanzione, quindi è un limite serio; negli altri due casi, non c'è sanzione allo sforamento del termine per l'appello.
Vengo alla proposta di legge d'iniziativa della presidente Ferranti. Anche qui, forse in modo ancora più strutturato, più scolpito, si sviluppa l'idea di questi termini di fase. Abbiamo questa scansione: formulazione dell'imputazione, che interrompe e prescrive, e quindi sostanzialmente ritaglia in negativo dei tempi del dibattimento; due anni per l'appello; l'anno per Cassazione, quindi altre due forbici temporali, creando quindi una scansione più chiara.
È un'idea che si può sviluppare, ma ila proposta di legge in questione non prevede un rimedio nel caso in cui l'ordinamento venga meno all'impegno preso. Se, infatti, quei tetti temporali sono sforati e l'imputato è riconosciuto colpevole, gli si riconosce un'attenuante.
PRESIDENTE. Uno sconto.
FAUSTO GIUNTA, Ordinario di diritto penale presso l'Università di Firenze. Uno sconto. Allora, mi perdonerà l'ironia, ma che serve ovviamente a semplificare i concetti: perché, allora, non dei buoni pasto da scontare durante l'esecuzione? Si tratta di rimedi totalmente eterogenei rispetto al piano del bilanciamento degli interessi. Non si considera, peraltro, che la proposta di legge Ferranti ha cassato quel passaggio dell'articolo 160 che richiamavo a proposito della proposta di legge d'iniziativa dell'onorevole Mazziotti Di Celso.
Concludo con alcune osservazioni proprio brevissime de lege ferenda, cioè di Pag. 7prospettive di riforma. Possono essere tantissime perché la fantasia dei giuristi è inesauribile, per cui percorrerle tutte è impossibile, né tanto meno sono venuto qui a rappresentare il mio punto di vista. Come ho detto, l'ho rappresentato tanti anni fa, è stato discusso nelle sedi competenti, nel senso del circuito dei professori.
L'idea di fondo da cui muovevo era questa: distinguere nettamente la prescrizione sostanziale da quella processuale e collocare quest'ultima nel codice di procedura penale. La prescrizione sostanziale va dal fatto al rinvio a giudizio e poi scatta una disciplina autonoma rigida dei tempi del processo. Questa era la mia idea. Addirittura, immaginavo che questa disciplina coprisse il tempo necessario per arrivare alla sentenza di primo grado.
A quel punto, se la sentenza di primo grado è di condanna, l'imputato ha diritto a una specie di extra time per giungere alla revisione della sentenza in appello o in Cassazione, ma ripeto che non è questo che mi preme, ossia ribadire un punto di vista personale e, come tale, anche opinabile. Vorrei ragionare in modo «intrasistematico» sulle proposte di legge, cioè sulle prospettive di sviluppo delle tre proposte di legge in discussione che ho citato.
Il punto di partenza è il seguente: si crede all'istituto della prescrizione o no? Bisogna prendere posizione su questo punto. Vogliamo porre dei limiti ragionevoli ma certi o no? Questo è il punto. Questo non significa sviluppare a latere una politica di contrasto dei tanti tempi morti del processo, come dicevo. Ritengo che da queste proposte di legge affiori un'idea modulare, in uno meno sviluppata perché ferma al primo stadio, negli altri due più sviluppata, che potrebbe essere razionalizzata, ma puntellata da precise conseguenze in caso di inadempimento ordinamentale.
In questa prospettiva, mi pare opportuna l'idea di un meccanismo temporale che estingua il reato nel caso di prolungata inerzia del pubblico ministero, di eccessiva durata del dibattimento, dell'appello e della Cassazione. Se si adottano questi comparti e, al tempo stesso, si sviluppa una politica di contrasto dei tempi morti, le cause di interruzione e di sospensione possono anche deflazionarsi con semplificazione a mio avviso dell'aspetto intertemporale.
Qualunque riforma sarà emanata, infatti, se avrà per un aspetto soltanto una disciplina sfavorevole, porrà problemi di intertemporalità difficili da valutare quando non toccano le cornici dei tempi prescrizionali. Quando si tratta di andare a vedere quale sia la disciplina di un atto interruttivo diventato tale, ma che all'epoca del processo non era, non oso pensare come si possano affrontare aspetti di questo tipo, che poi sono aspetti molto concreti, quindi difficili da immaginare in astratto.
Mi fermo qui e resto a vostra disposizione.
PRESIDENTE. Ringraziamo il professor Giunta per questa disamina veramente molto approfondita delle varie problematiche, di cui siamo ben consapevoli tutti. Non stiamo, infatti, andando piano, ma stiamo comunque cercando di approfondire proprio perché il tema è complesso nella soluzione.
Do ora la parola gli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
ANTONIO MAROTTA. Nel ringraziarlo per l'esposizione chiarissima e che mi vede convergente per il 90 per cento delle sue considerazioni, vorrei sottoporre questo problema al professore, ma anche alla Commissione: qual è la ratio di quest'istituto? Se abbiamo le idee chiare sull'esistenza dell'istituto e sulla ratio che si pone sottostante, allora possiamo parlare anche di una evoluzione di quest'istituto alla luce delle tre proposte di legge.
La ratio è mettere in condizione il cittadino...
PRESIDENTE. Scusi se la interrompo, ma per favore rivolga delle domande. Faremo gli interventi in discussione. Vale per tutti. Cortesemente, formulate delle domande.
ANTONIO MAROTTA. Sarò sintetico. Vorrei capire cosa pensa il professore di questo che è il punto a monte di tutto: se Pag. 8questa è la ratio, e noi vogliamo superarla superando i limiti previsti dall'attuale sistema della prescrizione perché non riusciamo a portare a termine il processo in un tempo giusto, allora dovremmo sempre rincorrere. Se, infatti, andiamo avanti con i tempi del processo, dovremo andare avanti con i tempi della prescrizione. Come si può intervenire sulla prescrizione senza intervenire su quella questione di fondo su cui insiste la prescrizione, che è la durata del processo?
La ragione per cui dicevo che sono d'accordo è che tutte le proposte di legge prevedono un allungamento sostanzialmente dei termini della prescrizione perché il processo è lungo. Se questo è il sistema – ecco perché chiedo al professore di esprimersi su questo punto – allora dovremo sempre inseguire questo e non il punto importante per cui penso che dobbiamo tutti cercare di riformare: la durata del processo. Se la durata del processo è giusta, anche i termini di prescrizione sono giusti.
PRESIDENTE. Do ora la parola all'onorevole Fava.
CLAUDIO FAVA. Professore, alcuni reati e comportamenti si manifestano molto tempo dopo che il reato si è consumato. Penso a una figura di reato che abbiamo recentemente costruito in questa Commissione, al Parlamento, quella dei depistaggi. In modo quasi ontologico, del depistaggio si ha notizia, proprio perché di depistaggio si tratta, molto tempo dopo. Penso a tutti i reati legati alla corruzione.
Immaginare un inizio del termine di prescrizione dal momento della conoscenza del reato è un'ipotesi, secondo lei, percorribile, quindi con una disciplina diversificata a seconda del reato?
PRESIDENTE. Vorrei riagganciarmi anche alla domanda posta dal collega Marotta. Abbiamo questa necessità di garantire la ragionevole durata del processo, però credo che non sia compito della prescrizione del reato. Ovviamente, sono esigenze che devono essere garantite.
Mi rivolgo a lei in qualità di studioso. Noi siamo motivati dalla necessità della riforma della prescrizione non tanto in relazione alla revisione dei termini massimi di prescrizione previsti dall'ex Cirielli. Le esigenze sono varie, ma non si tratta tanto di quello. Ovviamente, ci sono delle controindicazioni, soprattutto per certe tipologie di reati, come diceva il collega Fava.
Il problema che, però, ci è stato rappresentato anche a livello europeo è che mi pare che nel nostro sistema, che prevede il correre il termine di prescrizione per tutta la durata dei tre gradi di giudizio, sia un tempo connesso all'oblio mentre il processo è in corso, magari c'è stata anche la sentenza di appello, quindi di condanna e di appello. Mi sembra che, per come è oggi, sia un sistema che non solo non regge da solo, anche se crea quelle cause di deflazione che diceva, ma che in realtà non sia nemmeno adeguato a quello che c'è negli altri Paesi europei.
Da qui nasce la ricerca di un momento in cui si possa sospendo il termine. Lei ha ragione sul rimedio nella proposta di legge a mia firma e di altri, ovviamente è una base di lavoro per noi, criticabilissima, ma il presupposto era che non è facile trovare il rimedio o la compensazione nei confronti di chi, comunque, vede sforare il termine di fase. Credo che l'esigenza esista.
La domanda è la seguente: se la prescrizione è connessa all'oblio della potestà punitiva, come si concilia l'oblio mentre il processo è in corso, addirittura dopo la sentenza di primo grado – arriverei anche alla sentenza di primo grado – mentre il resto fa parte del dover attuare la ragionevole durata del processo?
Su questo punto sono i riferimenti europei. Soprattutto, quale momento, la sentenza di primo grado per esempio o la richiesta di rinvio a giudizio, vede più coerente come momento di rottura di quell'oblio o perlomeno di sospensione?
Ci farebbe anche piacere che potesse dirci qualcosa sulla transitoria, ma forse dovremmo avere molto più tempo.
Do ora la parola al Viceministro Costa.
ENRICO COSTA, Viceministro della Giustizia. Chiaramente, ho ascoltato con attenzione l'analisi, che verte sui testi attualmente in Commissione, poi immagino che ci sarà anche l'occasione di affrontare il disegno di legge del Governo.
Ci sono sicuramente molte riflessioni da fare, a partire dall'ultima domanda dell'onorevole Fava. Recentemente, sono stato in un dibattito con il procuratore Nordio, che ha posto proprio quest'aspetto del momento da cui far decorrere il termine di prescrizione, quindi sicuramente è un aspetto interessante, dibattuto. Personalmente, non sarei favorevole, ma questa è, appunto, una valutazione personale.
Vorrei aggiungere pochi dati che possono forse anche far riflettere e sui quali può poggiare anche una domanda. Anzitutto, abbiamo, per il 2012, 112-113 mila pronunce di prescrizione. Di queste, 70 mila sono nella fase delle indagini preliminari, se comprendiamo comunque l'udienza preliminare. Questo è un aspetto importante, perché mi pare che le tecniche dilatorie di cui ho sentito parlare non siano riferibili a questa fase.
Nell'ambito di questi 70 mila reati, è interessante analizzare la differenziazione. Molti, una vastissima platea, sono reati edilizi. Sono tantissimi. Mi chiedo perché. Probabilmente, perché la notizia di reato arriva dopo parecchi anni rispetto alla realizzazione del fatto. Nel momento in cui, probabilmente, la procura viene a conoscenza del reato, fa un accertamento e si rende conto che è già prescritto.
Sicuramente, quindi, c'è una riflessione da fare in termini di reazione del sistema di fronte a situazioni come queste. Si può decidere di mantenerlo nello stesso modo o di trovare rimedi tali per cui quest'inerzia automatica si verifichi. Questo è un aspetto.
È stato lei a toccare l'aspetto dei tempi morti. Effettivamente, quando affrontiamo il tema della prescrizione, dovremmo contestualmente fare in modo che quest'eventuale allungamento dei termini di prescrizione – lo dico nell'ambito dei testi presentati – non sia valutabile semplicemente come un far pagare al cittadino i costi di un sistema del quale, chiaramente, il cittadino non ha responsabilità.
Inoltre, vorrei porre una domanda sulla disciplina intertemporale, sulla norma transitoria. È chiaro che, quando è applicata una modifica normativa, bisogna capire anche quando i suoi effetti andranno a valutarsi. Posto, infatti, che non c'è alcun effetto deflattivo e che, anzi, mi pare si rischi di appesantire ulteriormente il sistema, come ha evidenziato lei, quando e quali possono essere i suggerimenti, dal suo punto di vista, proprio per una disciplina corretta dal punto di vista dell'istituto della prescrizione?
PRESIDENTE. Do ora la parola all'onorevole Bonafede.
ALFONSO BONAFEDE. Mi sovrappongo completamente nelle premesse alla presidente Ferranti e le condivido totalmente sull'importante distinzione tra il profilo sostanziale e quello processuale. Lei stesso ha individuato un istituto di carattere sostanziale con un affaccio, come mi sembra abbia detto, rispetto al processuale.
Proprio questa considerazione e la constatazione del fatto che attualmente l'istituto sostanziale è strumentalizzato a fini processualistici, non dovrebbe portarci a maggior ragione su quella distinzione che diceva, anche verso un orizzonte in cui il processo abbia dei tempi o, comunque, funzioni meglio? Alla base, però, deve esserci una disciplina sul profilo sostanziale chiara e netta, altrimenti si rischia addirittura di legare a tal punto i due profili da renderli una zavorra sotto il profilo sia sostanziale sia processuale.
Ha già risposto sulla peculiarità sostanziale, ma osserverei che, effettivamente, il reato continuato va controsenso rispetto al favor che l'ordinamento esprime sul reato continuato: proprio, però, perché la funzione è la stessa, la diversa funzione non legittimerebbe in realtà anche una deroga all'istituto favorevole nel suo complesso?
PRESIDENTE. Do ora la parola all'onorevole Vazio.
Pag. 10 FRANCO VAZIO. Andando nel solco di quello diceva la presidente, non sarebbe meglio stagliare gli interessi sulla prescrizione, nel senso che c'è una prescrizione che tutela il cosiddetto diritto all'oblio perché non c'è interesse da parte dello Stato a procedere al processo?
La seconda parte di prescrizione, quella che noi avvocati utilizziamo come una tecnica processuale – lo dico senza vergogna alcuna – attiene invece a un giusto processo, che è un'esigenza profondamente diversa rispetto alla prima. Sotto questo profilo, magari una distinzione tra i due interessi e la loro regolamentazione diversificatamente, forse darebbe più chiarezza anche sotto il profilo dei rapporti con la difesa e sarebbe più corretto.
PRESIDENTE. Ha sollecitato troppe curiosità.
Do la parola al professor Giunta per la replica.
FAUSTO GIUNTA, Ordinario di diritto penale presso l'Università di Firenze. Innanzitutto, vi ringrazio delle domande e dell'attenzione. Come sempre, quando il discorso si fa più concreto, diventa più difficile, quindi mi scuserete se non sarò esaustivo su alcuni aspetti. Procederò in ordine sparso.
Non c'è dubbio che, quando la prescrizione giunge a processo in corso, non nella fase delle indagini preliminari, siamo in presenza di un fenomeno contraddittorio dal punto di vista della spiegazione funzionale. Proclamiamo, infatti, il principio della dimenticanza, anzi l'avvenuta dimenticanza, nel momento del rito della memoria, che è il processo. È evidente, quindi, che detta così è una contraddizione insanabile. La contraddizione rimane inestirpabile fintanto che continueremo a considerare la prescrizione quale istituto sostanziale, qual è, ma di fatto utilizzandolo come un istituto che ha anche una valenza processuale, tanto che c'è chi dice in dottrina che siamo in presenza di un istituto ambivalente, che ha una doppia natura.
Non è così. La verità è che, come dicevo, l'istituto della prescrizione sostanziale è stato sovraccaricato dal sistema, di fatto, di funzioni che non gli sono proprie: la funzione deflattiva e la funzione di dare al processo un tetto massimo di durata. È da qui che nascono i problemi.
A suo tempo, ho ritenuto di poterli sciogliere togliendo dall'istituto della prescrizione l'affaccio processuale, che poi è qualcosa più di un affaccio, che mi sta anche bene, ma la prescrizione si sporge troppo da quella finestra, fino addirittura a rischiare di cadere dall'altra parte, cioè a smarrire la sua natura sostanziale per omologarsi a meccanismi di spegnimento del processo quando dura troppo. Non c'è dubbio, quindi, che si debbano tenere nettamente distinti i due fenomeni: quello della legittimazione sostanziale della pena quando è decorso troppo tempo dal fatto e quello dei tempi del processo. Nella mia visione delle cose, questa scissione è chiarissima e, naturalmente, una volta operata, la prescrizione perde la sua funzione deflattiva, che svolge fintanto che vive immersa nel processo.
Detto questo, quando ho esaminato le proposte di legge e ho anche salutato con favore l'idea dei termini di fase, non ho dimenticato la premessa della quale sono convinto: semplicemente, mi sono adeguato a un linguaggio che è stato utilizzato da quelle proposte di legge di mantenere ancora l'istituto unitario.
Ferma restando, allora, questa scelta, che può avere dei margini di convenzionalità rispetto alla tradizione, ho continuato a ragionare di termini di fase nell'ambito dell'istituto sostanziale, ma pensandoli in chiave processuale, al punto di sostenere che sarebbe meglio collocarli nel codice di procedura penale. Anche se, però, quest'operazione di tecnica legislativa non si compie, li ho sempre pensati come di natura processuale, anche se collocati, per ragioni di sintesi e magari di economia legislativa, nell'ambito di un unico pacchetto di riforma che interessa il piano sostanziale.
Vengo alla falcidia della prescrizione nella fase delle indagini preliminari. Sono d'accordissimo. Non enfatizzerei, francamente, la vulgata dell'avvocato che sfrutta, fa una strategia processuale giocata interamente Pag. 11 sulla prescrizione. Non lo dico perché da qualche anno faccio anch'io l'avvocato, quindi per difendere una categoria – non è questa la ragione – ma perché è una tattica che non paga, perché alla fine è sempre il giudice che decide.
Quali potrebbero essere le tattiche dilatorie? Chiedere un rinvio? Il giudice sospende la prescrizione. Allungare il tempo di un interrogatorio? Quanto si guadagna, mezz'ora, venti minuti? Che poi l'avvocato possa anche calcolare la scelta del rito sulla base della prescrizione, si fa, ma non mi sembra uno scandalo. Se si ha un processo vicino alla prescrizione non per colpa o causa del difensore, ma perché le indagini si sono protratte oltre misura, credo che sia legittimo senza scandalo alcuno che il difensore non chieda l'abbreviato. Si celebrerà il processo ordinario, ma queste sono possibilità consentite dall'ordinamento senza nessun aggiramento.
Vengo ai nodi più delicati del termine di decorrenza della prescrizione rispetto a certe figure di reato, questione che non è soltanto de lege ferenda, ma già de iure condito. La giurisprudenza tende, infatti, proprio per guadagnare tempi di prescrizione, a spostare in avanti il momento consumativo dal reato. L'esempio dei reati edilizi potrebbe essere rovesciabile. È vero, infatti, che sono solitamente contravvenzioni, quindi con prescrizione breve, ma è altrettanto vero che la giurisprudenza ritiene che il reato si consumi quando le opere sono finite, quindi c'è tanto tempo per fissare il momento di decorrenza.
Lo stesso discorso vale per i reati tributari. Non è soltanto il reato di depistaggio a porre questo problema. Esistono categorie di reati, che non ho approfondito, per cui non ho ricette pronte, espresse, da suggerire, ma penso che la disciplina della prescrizione di cui abbiamo discusso finora potrebbe contemplare delle ipotesi, se non derogatorie, di adattamento, giustificabili sempre nei limiti della ragionevolezza, che è quella che guida le deroghe. Si tratta di vedere se il delitto di depistaggio, data l'importanza politico istituzionale e via discorrendo, debba essere sottratto alla prescrizione, se cioè debba diventare imprescrittibile: la risposta da parte mia sarà no. Se si tratta di introdurre temperamenti ragionevoli, non vedo perché non se ne debba discutere.
Aggiungerei, però, a questo punto una sorta di riconvenzionale, già anticipata dal professor Pulitanò, con il quale tra l'altro abbiamo discusso a un convegno qualche mese fa in relazione alla prescrizione nei casi di processi per morti di amianto. Capita che un signore di 80 anni in pensione da 15 e che 40 anni fa era datore di lavoro si veda trascinato in giudizio perché 40 anni fa si ritiene il lavoratore abbia inalato l'amianto. Essendo il tempo di latenza della malattia molto lungo, il lavoratore è morto tre anni fa. Francamente, qui l'ordinamento dovrebbe farsi carico di una soluzione. Veramente, è un processo antistorico quello celebrato nel 2014 per una condotta tenuta 40 anni fa.
Per quanto riguarda il reato continuato, nel codice Rocco aveva una sua logica: era una finzione. Innanzitutto, aveva delle strettoie pre-riforma del 1974, non c'era il reato continuato eterogeneo, era più contenuto come istituto. Inoltre, quel codice era autoritario. Uno dei biglietti da visita del codice autoritario è che la contestazione del reato consentiva al pubblico ministero di tenere in piedi l'antecedente, come il reato di 40 anni prima. Questo è singolare. Quando la norma di favore è contestata sistematicamente nei capi di imputazione, qualcosa non funziona. Così era il pre-Cirielli.
Non è un caso che mi fossi infine, scordato della transitoria, perché, dentro di me c'è una resistenza ad affrontare un tema così difficile. Si può discutere, in linea di principio, sulla copertura costituzionale dell'irretroattività sfavorevole della prescrizione. Non è proprio così pacifico. Questo principio è diventato pacifico con la giurisprudenza degli ultimi anni.
Se è da quella che partiamo, la giurisprudenza degli ultimi anni ha chiarito che la prescrizione è istituto sostanziale a tutti gli effetti, quindi anche agli effetti dell'intertemporalità, per cui tutte le discipline nuove sfavorevoli saranno irretroattive, quelle favorevoli retroagiranno. Siccome, a Pag. 12differenza che per l'ex Cirielli, queste riforme in larga misura comportano una disciplina più severa, dovrebbe essere tendenzialmente irretroattiva.
Concludo ricordando che in materia vale il principio della valutazione globale del carattere favorevole o sfavorevole. Se, infatti, cominciamo ad atomizzare i singoli aspetti, è chiaro che anche nella nuova disciplina si potrebbero trovare cause di sospensione o aspetti di dettaglio della disciplina singolarmente considerati favorevoli.
PRESIDENTE. La ringrazio anche per queste esaurienti risposte. Magari ci sarà modo anche di interloquire ulteriormente una volta che la Commissione e i relatori abbiano prodotto un testo base. Del resto, abbiamo quasi finito le audizioni.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15.10.