Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 2
INDAGINE CONOSCITIVA SULLO STATO DI ATTUAZIONE DELLA LEGISLAZIONE IN MATERIA DI VIOLENZA CONTRO LE DONNE
Audizione del procuratore aggiunto presso la Procura di Roma, Maria Monteleone.
Ferranti Donatella , Presidente ... 2
Monteleone Maria , Procuratore aggiunto presso la Procura di Roma ... 2
Ferranti Donatella , Presidente ... 4
Monteleone Maria , Procuratore aggiunto presso la Procura di Roma ... 4
Ferranti Donatella , Presidente ... 7
Cirielli Edmondo (FdI) ... 7
Monteleone Maria , Procuratore aggiunto presso la Procura di Roma ... 7
Moretti Alessandra (PD) ... 7
Agostinelli Donatella (M5S) ... 8
Biffoni Matteo (PD) ... 8
Giuliani Fabrizia (PD) ... 8
Ferranti Donatella , Presidente ... 9
Monteleone Maria , Procuratore aggiunto presso la Procura di Roma ... 9
Ferranti Donatella , Presidente ... 10
Monteleone Maria , Procuratore aggiunto presso la Procura di Roma ... 10
Ferranti Donatella , Presidente ... 11
Morani Alessia (PD) ... 11
Ferranti Donatella , Presidente ... 12
Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero: Misto-MAIE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI
La seduta comincia alle 14.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
Audizione del procuratore aggiunto presso la Procura di Roma, Maria Monteleone.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sullo stato di attuazione delle disposizioni legislative in materia di violenza contro le donne, l'audizione del procuratore aggiunto presso la Procura di Roma, Maria Monteleone, a cui lascio la parola.
MARIA MONTELEONE, Procuratore aggiunto presso la Procura di Roma. Il tema della violenza di genere è all'attenzione pressoché quotidiana non soltanto dei media, ma di tutti per una serie di ragioni.
Sulla base della mia esperienza e del ruolo che svolgo quale coordinatore del pool di magistrati della Procura di Roma specializzato nei delitti contro la libertà sessuale, la famiglia e le fasce deboli, vorrei cogliere l'occasione dell'incontro odierno per evidenziare alcuni dati e alcune circostanze che possano aiutare in una riflessione comune e soprattutto voi nella elaborazione e nello studio di proposte di modifiche normative in grado di rivelarsi concretamente utili, al di là delle valutazioni del fenomeno della violenza di genere.
È un fenomeno che interessa non soltanto i giuristi, ma anche gli psicologi, i sociologi e noi tutti. La mia prospettiva è quella di un magistrato inquirente, quindi le riflessioni che farò a breve sono le riflessioni di chi ha istituzionalmente il compito di intervenire per reprimere un fatto delittuoso quando ormai è accaduto.
È inutile che premetta alle mie considerazioni il dato che la vera lotta alla violenza di genere (e sicuramente non solo a quella) debba essere fatta fornendo un contributo concreto alla prevenzione, perché sicuramente è lì che il nostro impegno deve essere massimo. Sotto questo profilo, se il tempo ce lo consentirà, mi riservo di fornire qualche indicazione, ma mi preme di più andare direttamente al fenomeno dal punto di vista del magistrato inquirente.
Come voi sapete, sono diffusi numeri più o meno corrispondenti alla realtà sul fenomeno della violenza di genere, sono noti quelli sul femminicidio. Mi permetto di fare una riflessione: il dato vero, statisticamente attendibile secondo me non lo abbiamo, però possiamo fornire indicazioni di tendenza, che non devono avere riguardo soltanto al femminicidio, cioè all'uccisione della donna, perché accanto ai numeri relativi a questo grave fenomeno criminale dobbiamo tenere conto di altre indicazioni.
Ai numeri diffusi sul femminicidio dobbiamo innanzitutto aggiungere tutti quelli sul tentato omicidio, perché, come sanno tutti i giuristi presenti, sotto il profilo dell'elemento soggettivo del dolo questo in nulla diverge dal delitto di omicidio volontario Pag. 3consumato, e purtroppo i tentati omicidi sono di poco inferiori agli omicidi consumati.
Il fenomeno non sarebbe conosciuto nelle sue reali dimensioni, se ci fermassimo a queste scarne qualificazioni giuridiche, perché a queste due ipotesi delittuose dobbiamo sicuramente aggiungere tutti i procedimenti e i delitti qualificati come «lesioni volontarie gravi e gravissime» che non sono sicuramente meno rilevanti.
Voglio ricordare che sono diverse le donne che, in conseguenza di atti lesivi particolarmente gravi, subiscono conseguenze quali ad esempio un indebolimento permanente di un organo o di un senso. Ci sono donne che vivono sulla sedia a rotelle, con handicap ormai definitivi, e sono moltissimi i delitti di lesioni volontarie gravi e gravissime, ai quali dobbiamo aggiungere tutti i delitti di maltrattamenti in famiglia, tutte le ipotesi di violenza sessuale.
Mi permetto di sottolineare che sono molte le fattispecie di violenza sessuale consumate all'interno del nucleo familiare e ricordo a me stessa che, come la Cassazione ha reiteratamente affermato, la violenza sessuale è un'ipotesi delittuosa che acquisisce una configurazione autonoma anche quando viene compiuta all'interno della famiglia. Capita spesso di dover contestare in concorso tra di loro i maltrattamenti in famiglia e la violenza sessuale, come capita anche di contestare atti sessuali non consenzienti come caratteristica tipica di un'abitualità di maltrattamento.
A queste dobbiamo aggiungere tutte le numerose ipotesi di atti persecutori. Il delitto di cui all'articolo 612-bis ha raggiunto dimensioni allarmanti sotto il profilo sia statistico che qualitativo (nel senso della gravità delle condotte poste in essere dal persecutore).
A queste ipotesi dobbiamo aggiungere l'enorme quantità di delitti che qualifichiamo – a mio avviso erroneamente – di poco rilievo, tanto che spesso vengono trasmessi alla competenza del giudice di pace, ma che altro non sono che il campanello di allarme di una situazione violenta all'interno di un nucleo familiare, che spesso sfugge a ogni nostro possibile controllo.
A questa prima riflessione vorrei aggiungere una seconda che a mio avviso viene spesso sottovalutata o forse è poco conosciuta. Mi riferisco alle misure cautelari. Mi sono preoccupata di acquisire dati certi delle misure cautelari, e probabilmente sono anche numeri in difetto rispetto a quelli reali. Mi riferisco alla Procura di Roma, che ovviamente vi darà soltanto una visione parziale, territoriale di un fenomeno che non ho difficoltà a definire coerente con i dati di altre Procure.
Le misure cautelari sono in notevole, significativo aumento da un anno all'altro e anche all'interno di uno stesso anno. Questo è il segno di una maggiore gravità delle condotte delittuose e anche (voglio vedere il lato positivo) di un intervento repressivo dovuto.
All'interno di questo dato vi è un'altra considerazione da fare: non è casuale che le misure cautelari che le procure richiedono e i GIP concedono non siano quelle più attenuate. Non sono quindi statisticamente numerose le misure di cui all'articolo 282-bis, l'allontanamento dalla casa familiare, che quando è stato introdotto dal nostro legislatore sembrava dovesse essere una misura risolutiva di problemi familiari.
Le misure cautelari più frequenti sono invece rappresentate dalla custodia in carcere. Se ne avrò l'opportunità, vi proporrò una modifica legislativa, in quanto a volte non basta neppure quella, perché terminate la custodia in carcere ed espiata la condanna definitiva, l'autore delle violenze spesso reitera la propria condotta spesso con modalità non meno gravi di quelle che ne hanno determinato la condanna. Questo è un ulteriore elemento su cui riflettere, perché testimonia la pericolosità sociale di questi soggetti.
Desidero esprimere una riflessione forse banale, che faccio ovviamente non da magistrato ma da cittadina: l'attenzione da prestare a questo tipo di delitti deve essere Pag. 4necessariamente speciale, perché non vi è dubbio che per una donna, che sia una bambina di 8-10 anni o un'adulta, non dimenticando inoltre come le numerose donne anziane siano le più indifese, per alcuni aspetti più dei bambini, in una scala di valori delle esigenze di tutela quella della propria persona si collochi al primo posto.
Tra il rischio di subire un furto o una rapina e quello di subire una violenza sessuale credo che la risposta sia scontata per qualunque donna. Abbiamo quindi il dovere di predisporre ogni strumento affinché l'integrità fisica, psicologica e morale delle donne venga garantita in ogni modo possibile. Sicuramente il primo passo è quello di un'assoluta e massima specializzazione di tutti, laddove non ci possiamo improvvisare né ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, né magistrati capaci di affrontare e fronteggiare un fenomeno così complesso e difficile, se non dopo avere acquisito un'adeguata preparazione.
Se il presidente lo ritiene, posso fare un cenno a quelle che potrebbero essere delle proposte di modifica legislativa.
PRESIDENTE. Sì, perché proprio questa è la finalità dell'indagine conoscitiva, e per questo abbiamo scelto di audire chi opera nel campo. L'oggetto dell'indagine conoscitiva è proprio quello di verificare quali siano, nell'ambito della materia penale, i punti critici su cui bisogna intervenire. Entro il 30 settembre la Commissione dovrà concludere l'indagine per avanzare poi delle proposte.
MARIA MONTELEONE, Procuratore aggiunto presso la Procura di Roma. Queste proposte sono state più volte oggetto di confronto in occasione di convegni, incontri di studio, ma anche di elaborazione anche all'interno di uno stesso ufficio, perché con i colleghi che compongono il pool abbiamo un confronto e uno scambio di opinioni non solo quotidiano per i singoli procedimenti, ma quasi mensile per quanto riguarda i profili e gli aspetti di carattere generale.
Vado subito a quelle che potrebbero essere delle interessanti e utili proposte di modifica legislativa. Prima di parlare di una misura precautelare utile nell'immediatezza della commissione di determinati delitti (mi riferisco in particolare ai maltrattamenti in famiglia, agli atti persecutori), secondo le previsioni in base alla mia esperienza vorrei illustrare un dato rilevato proprio oggi.
Vorrei rappresentare che nella valutazione del numero dei provvedimenti cautelari personali emessi dalla Procura di Roma nel 2011, nel 2012 e nei primi sei mesi di quest'anno, nel 2011 sono state adottate circa (qui abbiamo un numero probabilmente inferiore a quello reale) 200 misure cautelari e gli arresti in flagranza di reato sono stati molto significativi.
Le misure cautelari nel 2012 sono state 269, quindi abbiamo avuto un incremento significativo di 69 provvedimenti in un solo anno. L'incremento è ancora maggiore nel corso dei primi sei mesi di quest'anno perché alla metà di giugno abbiamo già raggiunto le 143 misure cautelari personali.
Un altro dato importante è l'incremento costante degli arresti in flagranza di reato, che nel 2011 sono stati 114. Ho preso in considerazione soltanto i tre fondamentali, cioè i maltrattamenti in famiglia, la violenza sessuale (articolo 609-bis) e gli atti persecutori (articolo 612-bis). Nel 2012 da 114 siamo arrivati a 160.
A questi dati che possono sembrare tutto sommato non eccezionali dobbiamo aggiungere quelli che riguardano tutte le altre ipotesi delittuose qui non comprese, che vanno dalle lesioni aggravate alla violenza sessuale di gruppo, alla corruzione di minori, agli atti sessuali con minorenni, alla prostituzione minorile, cioè a tutta l'altra fascia di delitti che coinvolgono per l'80-90 per cento delle donne. Sono infatti reati che hanno come vittima tipica quasi esclusivamente delle donne.
Gli arresti in flagranza di reato hanno avuto un incremento del 50 per cento, e in proposito debbo sottolineare (chi ha una conoscenza giuridica coglierà in maniera più precisa la mia indicazione) che già l'arresto in flagranza di reato per i maltrattamenti Pag. 5e gli atti persecutori, delitti caratterizzati dall'abitualità, sono particolarmente complessi perché impongono alla Polizia giudiziaria di valutare nell'immediatezza dell'intervento l'esistenza di una condotta abituale, cosa tutt'altro che semplice.
I numeri degli arresti in flagranza e delle misure cautelari applicate sono indicativi di una situazione tutt'altro che tranquillizzante. Potrebbe quindi rivelarsi utile l'introduzione di una misura «precautelare», in quanto, analogamente a quanto previsto dall'articolo 384 del codice di procedura, anziché procedere all'arresto o al fermo dell'autore dell'atto violento si potrebbe adottare una misura diversa, quella dell'allontanamento del violento dall'abitazione o dal luogo in cui ha consumato il reato.
Questa misura potrebbe essere calibrata su quella del fermo e quindi il verbale trasmesso al Pubblico Ministero nei termini previsti per l'arresto in flagranza di reato potrebbe prevedere una regolare richiesta di convalida al GIP, ove in alternativa non sia possibile procedere con rito direttissimo.
È una misura che presenta alcuni profili utili, perché non impone alla Polizia giudiziaria di condurre in carcere la persona coinvolta, anche perché spesso le condotte verificate in quel momento non impongono l'adozione di una misura così grave, consente all'autore della violenza di cogliere nell'immediatezza le conseguenze della sua condotta, e inoltre garantisce la vittima dalla possibile e frequentissima reiterazione delle condotte violente, perché spesso quando il poliziotto o il carabiniere richiamato dalle grida dei vicini o della povera vittima si allontana il violento assume una condotta ancor più aggressiva di quella che aveva in precedenza. Una misura che permetta l'allontanamento del violento nell'immediatezza del fatto potrebbe quindi rivelarsi di una certa utilità.
Valuterei inoltre con attenzione la possibilità di rendere non rimettibile la querela per gli atti persecutori. Sul piano statistico i dati che abbiamo non sarebbero indicativi in questo senso, però va fatta una riflessione. Spesso lo stalker è una persona molto vicina alla vittima (marito o convivente), con la quale inevitabilmente, superato il momento di maggiore aggressività, il rapporto riprende, laddove spesso ci sono anche dei figli che continuano a tenere legate le due persone.
Purtroppo spesso anche per gli atti persecutori la violenza può essere interrotta soltanto con la misura cautelare della custodia in carcere ed è quindi difficile comprendere che la permanenza in carcere di una persona possa essere legata alla libera determinazione della vittima, perché questa si sente caricata di una responsabilità che non deve avere.
Nel momento in cui lo Stato interviene con l'adozione di una misura cautelare, infatti, è inconcepibile che la permanenza di una misura cautelare quale la custodia in carcere possa essere affidata alla libera determinazione della vittima che spesso subisce le intimidazioni dell'aggressore. In molti casi lo stalker continua dal carcere a porre in essere condotte di persecuzione attraverso le lettere.
Credo che qui il legislatore sia stato vittima di una disattenzione, per cui valuterei l'opportunità di modificare l'articolo 190-bis, comma 2 del codice di procedura penale, perché non è possibile prevedere la possibilità dell'ascolto della vittima di delitti gravissimi in incidente probatorio proprio perché dobbiamo evitare che la vittima possa poi essere chiamata in dibattimento a raccontare di nuovo quanto è accaduto magari dopo 3, 4 o 5 anni e vi siano le limitazioni dell'articolo 190-bis previste per la criminalità organizzata ed estese opportunamente dal legislatore anche a queste vittime, ovvero il limite della vittima di 16 anni. Francamente, dopo le recenti modifiche legislative questo limite non ha più ragione di essere.
Nonostante le modifiche introdotte in seguito al recepimento della Convenzione di Lanzarote, offro alla vostra riflessione l'opportunità di introdurre un'aggravante specifica per le lesioni volontarie commesse dal coniuge o dal convivente. Non è soltanto un messaggio importante, che Pag. 6serve a superare le resistenze piuttosto diffuse a dare adeguata rilevanza alla violenza tra marito e moglie e tra conviventi, perché è un'indicazione che serve per sottolineare la particolare gravità di atti di lesione volontaria tra persone che devono essere legate da tutt'altro che non da rapporti di violenza.
C’è però anche un effetto processuale non secondario, perché in questo modo sottraiamo la competenza al giudice di pace. Trovo inopportuno che atti di lesione volontaria vengano non solo lasciati all'iniziativa della querela di parte, ma anche affidati alla competenza dei giudici di pace, sulla cui operatività mi astengo dal fare ulteriori considerazioni, anche perché l'esperienza insegna che spesso gli atti di lesione volontaria da parte del coniuge o del convivente sono il primo campanello di allarme di una situazione che quasi sempre evolve verso conseguenze molto gravi.
Una delle forme di violenza poco affrontate che però ha un rilievo importante nella scelta della vittima di rimettere la querela o di denunciare l'autore dell'aggressione è la violenza economica. Molte donne infatti non denunciano perché non hanno alternative economiche a un rapporto violento che tuttavia garantisce la sopravvivenza a loro e ai loro figli. Molti procedimenti penali vengono iscritti dalle nostre procure per violazione dell'articolo 570.
Mi sento di dire che la nostra attività è assolutamente inutile, perché non servirà a nulla e a nessuno che dopo 5, 6 o 7 anni questo signore verrà condannato a una pena irrisoria per la violazione dell'articolo 570, per avere cioè violato gli obblighi di assistenza economica dei suoi figli e della moglie, mentre nel frattempo i figli sono diventati maggiorenni, la moglie è invecchiata e hanno dovuto trovare altri modi per sopravvivere.
Potrebbe essere utile prevedere la possibilità di anticipare alla fase delle indagini preliminari il sequestro conservativo dei beni appartenenti all'indagato. Il sequestro conservativo è previsto solo dal momento in cui viene esercitata l'azione penale, però il tempo che intercorre tra l'iscrizione della notizia di reato e l'esercizio dell'azione penale consente all'autore del reato di disfarsi tranquillamente dei suoi beni, se li ha, e di intestarli ad altre persone. Spesso imprenditori o comunque soggetti con cospicue disponibilità economiche nel giro di poco tempo risultano nullatenenti e lavoratori dipendenti con stipendi irrisori con i quali non possono neppure mantenere se stessi.
Valuterei anche la possibilità di introdurre una nuova pena accessoria da applicare al termine dell'espiazione della pena detentiva, che inibisca il comportamento del condannato che anche dopo aver espiato la pena manifesti comportamenti, condotte, iniziative sintomatiche di una capacità aggressiva nei confronti della vittima. Una pena accessoria che ad esempio gli impedisca di risiedere nello stesso luogo in cui risiede la vittima oppure di avvicinarla, nei casi di concreto pericolo, ed eviti alla vittima di essere ancora minacciata.
Un'ultima proposta è quella di introdurre modifiche legislative, una delle quali potrebbe riguardare l'articolo 498, comma 4-ter del codice di procedura penale, finalizzate a consentire alla vittima di questi reati (in particolare violenza sessuale, atti persecutori e soprattutto maltrattamenti in famiglia) di deporre e di essere ascoltata nel dibattimento con adeguata tutela.
Non poche volte abbiamo faticato a convincere il giudice a darci un paravento per evitare che la vittima nel ricostruire dettagli estremamente spiacevoli e sgradevoli sotto il profilo personale sia costretta a guardare in faccia l'imputato, che spesso riesce a intimidirla con il solo sguardo.
In alcuni casi, quando questi era detenuto, ho dovuto chiedere agli agenti di Polizia penitenziaria di schierarsi come un plotone davanti all'imputato per impedirgli di guardare la vittima e di condizionarne la deposizione. Questo non è tollerabile, e mi permetto di ricordare che la Convenzione di Istanbul sul punto è estremamente precisa e sollecita opportunamente il nostro legislatore ad adottare la possibilità di interrogare la vittima in videoconferenza.Pag. 7
La Procura di Roma si è orientata in questo senso e quindi abbiamo predisposto una sala ascolto minori, per la quale abbiamo previsto la possibilità della videoconferenza con alcune aule, in modo che le donne ma anche i bambini che dovessero essere ascoltati non debbano stazionare fuori dall'aula e subire le intimidazioni dei familiari dell'imputato. Non poche volte, infatti, davanti alle aule di giustizia dobbiamo predisporre un apposito servizio d'ordine tramite i carabinieri per fronteggiare le eventuali aggressioni fisiche delle vittime.
È quindi necessario adottare misure a protezione delle vittime per garantire la genuinità del racconto ma anche per evitare il fenomeno ormai noto come «vittimizzazione secondaria». Non so se riusciate a immaginare di quali forme di violenza alcune persone siano capaci, ma è davvero terribile venire in un luogo pubblico, davanti a persone sconosciute (giudici, pubblico ministero, difensori) a sostenere un controesame, e spesso anche un riesame da parte del tribunale.
È qualcosa di così grave e così difficilmente accettabile che non poche donne di fronte a questa prova di resistenza desistono, e qualcuna dopo avere subìto gravi atti di maltrattamento viene in dibattimento a ridimensionare quanto ha raccontato e a dichiarare di avere enfatizzato e di aver fatto pace e di vivere di nuovo insieme all'accusato, mettendo anche in grandi difficoltà il giudice. Spesso questo accade in processi nei quali sono state adottate misure cautelari, il che dimostra la gravità di queste situazioni e la difficoltà della decisione.
PRESIDENTE. La ringrazio. Le chiederemmo anche di lasciare ulteriori dati agli atti dell'indagine conoscitiva, sperando di poter arrivare a una sintesi dei vari contributi. Do quindi la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.
EDMONDO CIRIELLI. Vorrei conoscere l'opinione del procuratore in merito all'impatto del provvedimento che la Camera discuterà proprio oggi, «Delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e disposizioni in materia di sospensione del procedimento connesso alla prova nei confronti degli irreperibili», che peraltro prevede la possibilità di erogare pene alternative alla carcerazione fino a 6 anni, quindi reati compresi nel campo di cui stiamo parlando.
MARIA MONTELEONE, Procuratore aggiunto presso la Procura di Roma. Ho maturato un'esperienza più che decennale in materia di esecuzione della pena, ma sinceramente non conosco l'elaborato al quale lei ha fatto riferimento, quindi mi è veramente difficile cogliere gli aspetti di rilievo o le conseguenze sul piano della concreta applicazione. Ne ho solo sentito parlare in maniera molto vaga, quindi non ho elementi per poterle dare una risposta adeguata.
Ho sentito parlare di una pena fino a 6 anni, ma è evidente che, come lei sicuramente sa, queste misure vanno valutate in ogni loro aspetto e va conosciuta ogni condizione di applicabilità, per cui al momento mi astengo dal fare valutazioni.
ALESSANDRA MORETTI. Vorrei ringraziare la dottoressa Monteleone e la presidente che ha fatto in modo di audire in Commissione le persone più esperte e più esposte, che conoscono bene i problemi concreti che gli operatori del diritto vivono nel trovarsi di fronte a casi così delicati e sono in grado di enunciare provvedimenti in grado di migliorare le condizioni di chi opera in questo delicato settore ma soprattutto delle vittime.
Mi hanno colpito i numeri da lei indicati, che denotano un incremento delle forme di violenza contro le donne, in particolare delle forme di violenza intrafamiliare che coinvolgono le donne e spesso anche i minori. Credo che la Commissione dovrà trarre insegnamenti dalle sue considerazioni e dai suggerimenti preziosi che ci ha indicato, anche perché Pag. 8spesso l'autore delle violenze è un parente, per cui per la vittima è ancora più difficile uscire dalla morsa del segreto, perché diventa un segreto di famiglia molto difficile da svelare.
Altrettanto interessanti ho trovato le sue considerazioni sul tema della ritrattazione da parte della vittima e del ridimensionamento del fatto quando la vittima non si sente tutelata. Lo sforzo della Commissione e del Parlamento consiste quindi nel tutelare la vittima prima della denuncia, facendo in modo che si senta protetta e creando le condizioni affinché la denuncia sia supportata, e nel garantire la tutela della vittima durante il processo, come lei ha ben sottolineato, ma anche dopo, perché purtroppo chi si macchia di reati come questo tende a reiterarli.
Oltre alla centralità della tutela della vittima, c’è quindi anche il tema della rieducazione dell'autore del reato.
DONATELLA AGOSTINELLI. Anche noi volevamo ringraziare la dottoressa Monteleone per l'interessante illustrazione. Vorrei porre l'accento sull'esigenza non tanto di un inasprimento delle pene per il colpevole quanto piuttosto della tutela della vittima, cosa che denota una grande sensibilità.
La prevenzione, tema a cui la dottoressa ha brevemente accennato, non deve essere intesa solo come educazione del colpevole del reato, dell'elemento maschile coinvolto, bensì anche come una prevenzione di tipo culturale da attuare nella mentalità della donna, attraverso la sua consapevolezza di essere sottoposta a un reato, perché a volte le donne sottoposte a violenze e maltrattamenti non si rendono conto di quello che stanno subendo fino all'esplosione di situazioni a cui difficilmente si può far fronte.
Ringrazio veramente la dottoressa Monteleone per il suo notevole apporto.
MATTEO BIFFONI. Anche io ringrazio il procuratore Monteleone dell'esposizione. Vorrei comprendere tre aspetti. Lei ha accennato all'ipotesi di introdurre un'aggravante specifica in questi casi. Ho sempre ritenuto che si potesse applicare l'abuso delle relazioni domestiche, ma vorrei capire i due piani di differenziazione.
Lei giustamente evidenziava come la questione economica spesso influenzi le decisioni della vittima, ma credo che ci sia una questione anche sociale soprattutto in alcune culture e che la risposta sia la formazione di un sistema di protezione precedente e soprattutto successivo. Ci sono alcune esperienze sui territori, che in alcuni casi funzionano e in altri hanno avuto esiti discutibili, per cui vorrei chiederle quali suggerimenti in base alla sua esperienza possa dare anche a noi legislatori per introdurre adeguati correttivi.
La terza questione, per cui la ringrazio personalmente, riguarda il tema della violenza sessuale ed è un mio cruccio per esperienza professionale. Ritengo infatti che nel delicato momento dell'interrogatorio, in cui alla donna viene chiesto di dettagliare la violenza subita, sia utile evitarle pressioni esterne attraverso la videoconferenza o comunque un ambiente «asettico». Credo che questo si possa estendere a tutti i tribunali in casi del genere, anche se potrebbe essere una soluzione non banale.
Le chiederei se condivida l'esigenza della formazione specifica di chi si occupa di questi temi, in quanto spesso in questa fase si rischia di perdere la gravità di quello che è invece il più grave dei reati di violenza. Qui entra in gioco un meccanismo molto complesso, per cui bisogna essere molto bravi. Vorrei chiederle dei suggerimenti per dare una risposta a questa particolare situazione.
FABRIZIA GIULIANI. Mi associo ai ringraziamenti espressi dai colleghi perché la sua relazione ci ha consentito di mettere a fuoco alcuni temi come non avevamo ancora avuto modo di fare e perché condivido alcuni aspetti che lei ha sottolineato e che forse possono costituire per noi anche delle linee di indirizzo per le valutazioni che faremo in Commissione.Pag. 9
Procedo velocemente. Mi pare che nell'identificare gli aspetti più rilevanti abbia posto l'accento sull'esigenza di uno sguardo particolare nel considerare questi reati. Al di là della retorica, si rileva l'esigenza di cambiare lenti rispetto a quelle con le quali solitamente guardiamo ai reati (garantismo, repressione).
Quanto abbiamo imparato finora perché la cronaca e il diritto ci hanno messo davanti un certo tipo di reati deve essere accantonato, perché questa fattispecie di reati impone di rivedere queste categorie. In ogni audizione in Commissione, infatti, mi trovo a rimettere in questione le lenti che utilizzavo abitualmente.
Per quanto riguarda il tema della formazione degli operatori sollevata dall'onorevole Biffoni, la Convenzione di Istanbul si sofferma molto su questo aspetto che credo debba essere recepito per quanto riguarda non solo gli operatori di giustizia, ma anche tutti gli altri attori coinvolti (polizia, personale ospedaliero, psicologi), perché senza questi strumenti non saremo in grado di combattere e sconfiggere questa problematica.
Condivido profondamente l'ipotesi di un'aggravante per il maltrattamento intrafamiliare, che il nostro codice già prevede per alcuni tipi di reati, perché avendo lavorato in centri antiviolenza ho potuto constatare il ripetersi di questi eventi. Credo quindi che questo punto debba essere considerato seriamente.
PRESIDENTE. Lei proponeva di introdurre una specie di fermo come misura cautelare per garantire la tutela della vittima ma al tempo stesso anche una prevenzione di ulteriori atteggiamenti violenti dell'indagato.
Dalla sua relazione ho evinto, quindi, la conclusione che dal carcere vengano perpetuate le minacce e l'azione venga reiterata addirittura dopo la condanna definitiva scontata in carcere. È quindi necessario intervenire in maniera sinergica dal punto di vista non soltanto processuale e cautelare in sede di misure definitive, ma soprattutto nelle attività di supporto che si possono svolgere.
Fermi restando i puntuali suggerimenti dal punto di vista della normativa penale dei quali terremo assolutamente conto, vorrei sapere se siano state individuate e sperimentate buone prassi che consentano di dare un indirizzo, considerato che anche la custodia cautelare in carcere non è definitiva, e vorrei sapere quale sia nel suo distretto la specializzazione delle forze di polizia.
Do quindi la parola al procuratore aggiunto presso la Procura di Roma, Maria Monteleone, per la replica.
MARIA MONTELEONE, Procuratore aggiunto presso la Procura di Roma. Cercherò di rispondere nell'ordine. Vi ringrazio molto perché dalle vostre domande e soprattutto dalle vostre considerazioni mi sono resa conto di essere almeno riuscita a trasmettervi non dico la passione, ma la partecipazione umana che è grandissima e che ci sostiene di fronte alle insormontabili difficoltà che in tutte le Procure ma soprattutto in quella di Roma dobbiamo affrontare quotidianamente.
L'onorevole Moretti ha fatto riferimento a un tema fondamentale di cui non ho parlato per ragioni di tempo, anche perché mi premeva segnalare maggiormente il profilo delle modifiche processuali legislative perché ovviamente la mia presenza davanti a voi oggi è per me un'occasione ghiotta per rappresentare le nostre esigenze quotidiane.
La tutela della vittima: è indiscutibile che il nostro sistema processuale penale sia incentrato sulle garanzie da prestare all'indagato e all'imputato. Il nostro sistema, come è giusto, è garantista al massimo, però dimentichiamo spesso che c’è una vittima.
Lei, onorevole Moretti, ha fatto una riflessione che è per noi un dato ormai acquisito: molte donne che subiscono violenza non sono consapevoli di essere delle vittime e quando raggiungono questa consapevolezza ormai ne hanno subite talmente tante che è difficile tirarle fuori da Pag. 10una situazione drammatica. Non voglio citare in questa sede le condizioni impossibili nelle quali spesso vivono in Italia i nuclei familiari stranieri, in cui vengono riprodotti sistemi culturali, morali e personali che voi potete immaginare.
La tutela della vittima è essenziale, per cui mi permetto di invitarvi a valutare un'eventuale modifica legislativa che consenta alle vittime di questi reati di avere un'effettiva assistenza legale. Il processo di parti quale il nostro tendenzialmente prevede che ogni parte svolga correttamente il suo ruolo, e anche la vittima deve essere presente nella fase delle indagini preliminari con la sua difesa tecnica.
Devono essere apportate modifiche legislative perché non è concepibile che l'avviso di deposito degli atti ex articolo 415-bis e di conclusione delle indagini sia ricevuto dall'indagato e non dalla vittima, che la vittima non venga informata del fatto che lo stalker o il violento sia evaso o sia stato rimesso in libertà e che, come è capitato, lo trovi inaspettatamente sotto la propria abitazione subendo nuove aggressioni e violenze.
La difesa della vittima deve anche sapere utilizzare gli strumenti processuali esistenti. Le investigazioni difensive sono uno strumento fondamentale nel nostro processo, ma dovrebbero essere fatte anche dalla difesa delle vittime, per cui potenziamo il ruolo delle vittime.
L'onorevole Agostinelli ha fatto un riferimento veramente ghiotto a una proposta che per esigenza di sintesi non ho fatto. Credo molto nella prevenzione, credo nella mediazione e faccio anche tentativi di conciliazione (voi non ci crederete, ma qualche volta riescono, perché non tutti i casi sono gravissimi), per cui forse sarebbe il caso di valutare per l'autore di queste condotte penalmente rilevanti misure che non siano solo divieti (allontanamento, divieto di dimora) ma siano un obbligo.
Nei casi meno gravi potrebbe portare a risultati concreti l'adozione di una misura che obblighi l'autore della violenza a frequentare un centro dove si fa attività terapeutica.
PRESIDENTE. La messa alla prova.
MARIA MONTELEONE, Procuratore aggiunto presso la Procura di Roma. Si può chiamare come si vuole, però – credetemi – qualche volta (e sarebbe una vittoria) un obbligo imposto dal giudice con queste modalità potrebbe impedire che il rapporto violento si trasformi in un rapporto normale, con conseguenze che voi immaginate.
L'onorevole Biffoni ha fatto riferimento alle modalità dell'ascolto della vittima di violenza sessuale, ed è vero: nello sforzo di garantire alla vittima di questi orribili delitti (spesso bambine o bambini) le condizioni migliori perché l'ascolto non finisca per essere un ulteriore motivo di disagio, di difficoltà, di vergogna, utilizziamo tutti gli strumenti disponibili. Quasi sempre la polizia giudiziaria è al femminile, il pubblico ministero quasi sempre, abbiamo adottato modalità protette di ascolto, alla Procura di Roma abbiamo inaugurato una sala ascolto minori che tutto è fuorché un ufficio giudiziario, però anche sotto questo profilo offro alla vostra riflessione una proposta.
Il legislatore del 2012, nel dare attuazione alla Convenzione di Lanzarote, ha introdotto, il comma 1-ter dell'articolo 351, il comma 1-bis dell'articolo 362 e il comma 5-bis dell'articolo 391-bis, investigazioni difensive. Questo significa una cosa rivoluzionaria che forse non tutti hanno capito: imporre da subito alla polizia giudiziaria di tenere conto delle condizioni della vittima che però deve essere ascoltata. Mi chiedo quindi perché non immaginare che l'ascolto della vittima di questi reati possa avvenire in forma adeguata, con un'assistenza specialistica, e che quindi l'ausilio dell'esperto che l'articolo 351, comma 1-ter prevede per il minore possa essere adottato, nei casi in cui sia Pag. 11necessario, come cautela a tutela della vittima maggiorenne.
Ci sono ragazze che subiscono violenza sessuale di gruppo di cui immaginerete le condizioni al momento in cui vengono avvicinate nell'immediatezza del soccorso. Quando abbiamo bisogno di acquisire elementi per l'immediata prosecuzione delle indagini, magari per l'identificazione del gruppo dei violentatori, non è da poco conto garantire la possibilità di assumere informazioni da parte della Polizia giudiziaria o del Pubblico Ministero con l'assistenza e l'ausilio di un esperto. Forse l'estensione di questa disposizione anche a questi casi potrebbe essere utile.
Formazione. Non c’è dubbio: i risultati si ottengono quando il lavoro è svolto da persone professionalmente qualificate, e debbo dare atto che le forze dell'ordine sono tutte impegnate in un'attività di riqualificazione, di specializzazione nello svolgimento di queste investigazioni, tanto che nei casi di maggiore rilievo le attività investigative, sulla base di precise disposizioni date anche dal Procuratore della Repubblica di Roma, vengono svolte da sezioni e organismi specializzati delle forze dell'ordine, quindi quanto avete rilevato è un'esigenza assolutamente inderogabile.
Sulla formazione degli operatori è stata citata dalla presidente la Convenzione di Istanbul che è molto precisa sul punto, ma anche la Convenzione di Lanzarote richiama anche gli ordini forensi a preparare il personale che deve occuparsi di questo tipo di processi, e diversi ordini forensi si stanno organizzando sotto questo profilo con attività didattica e specializzazione.
Lo sforzo anche all'interno della magistratura è notevole, i corsi di formazione e di qualificazione professionale per i magistrati sono frequentissimi anche in sede distrettuale, e a Roma il procuratore, che ha dimostrato particolare sensibilità nel predisporre quanto necessario per la lotta a questi fenomeni criminosi, ha dato direttive specifiche alle forze di polizia perché operino nel modo più professionale possibile.
Mi riferisco in particolare alle modalità di ascolto dei minori, laddove dopo l'entrata in vigore della legge n. 172 del 2012, anche se il legislatore non lo ha previsto, ha dato indicazioni specifiche sull'assoluta necessità che i minori vengano sempre ascoltati con la videoregistrazione e con la fonoregistrazione, strumenti che le forze dell'ordine e i magistrati spesso non hanno e di cui ci siamo dotati a titolo puramente personale.
Lo abbiamo comprato e ormai lo abbiamo tutti, e tutti di fatto applichiamo questo principio fondamentale, perché la videoregistrazione del racconto del minore vittima di violenza sessuale o di maltrattamenti spesso diventa un atto irripetibile, che condiziona l'evoluzione successiva del processo.
PRESIDENTE. Avremmo concluso, ma, siccome l'onorevole Morani, che è molto sensibile sul punto, vorrebbe porle un'ultima domanda, le lascerei la parola.
ALESSIA MORANI. Più che una domanda, ringraziandola per l'audizione, intervengo per dire che in Italia si realizzano a macchia di leopardo le cose che ci siamo detti. A proposito di buone prassi, infatti, vengo dalla provincia di Pesaro e Urbino dove esiste una Rete contro la violenza che coinvolge tutte le istituzioni pubbliche (comuni, provincia, prefettura, istituzioni scolastiche, ordini degli avvocati, ANM, Arma dei carabinieri) con cui si realizza un lavoro coordinato.
Nel centro antiviolenza ci sono carabinieri specializzati, in particolare donne perché, come evidenziato dall'onorevole Biffoni, ci vuole una certa delicatezza nell'affrontare tematiche di questo genere, l'ASUR regionale che ha messo a disposizione personale qualificato (psicologi, infermieri, medici). Qualche bella esperienza esiste, ma bisognerebbe metterla a sistema, e siamo qui per lavorarci. Tenevo quindi a evidenziare che le cose si fanno, però sono Pag. 12purtroppo esperienze realizzate a macchia di leopardo.
PRESIDENTE. Indubbiamente occorre uno sforzo comune per arrivare a una omogeneizzazione, però credo che queste esperienze positive possano fungere da traino per altre.
La ringraziamo molto del notevole contributo che ha voluto darci e che ha fatto emergere un confronto molto sentito. Cercheremo di arrivare a una conclusione tenendo presenti i suoi suggerimenti.
Nel ringraziare il procuratore aggiunto presso la Procura di Roma, Maria Monteleone, dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 14.55.