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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

Commissioni Riunite (III-XIV Camera e 3a-14a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Mercoledì 22 gennaio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUL SEMESTRE DI PRESIDENZA ITALIANA DEL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA

Audizione del Ministro per gli affari europei, Enzo Moavero Milanesi.
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 3 
Moavero Milanesi Enzo , Ministro per gli affari europei ... 3 
De Pietro Cristina  ... 7 
Chiti Vannino , Presidente della 14a Commissione del Senato ... 8 
Gozi Sandro (PD)  ... 8 
Orellana Luis Alberto  ... 10 
Tancredi Paolo , Presidente ... 10 
Schirò Gea (PI)  ... 10 
Mussini Maria  ... 10 
Tancredi Paolo , Presidente ... 11 
Moavero Milanesi Enzo , Ministro per gli affari europei ... 11 
Locatelli Pia Elda (Misto-PSI-PLI)  ... 13 
Prataviera Emanuele (LNA)  ... 14 
Tancredi Paolo , Presidente ... 15 
Moavero Milanesi Enzo , Ministro per gli affari europei ... 15 
Tancredi Paolo , Presidente ... 18

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA III COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI FABRIZIO CICCHITTO

  La seduta comincia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro per gli affari europei, Enzo Moavero Milanesi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro per gli affari europei, Enzo Moavero Milanesi, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul semestre di presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea.
  Saluto i colleghi presidenti e tutti i componenti presenti delle Commissioni Affari esteri e Politiche dell'Unione europea dei due rami del Parlamento.
  Ringrazio, quindi, il Ministro Moavero Milanesi per la sua consueta disponibilità e lo invito a svolgere la sua relazione.

  ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro per gli affari europei. Grazie, presidente. L'opportunità di questa indagine conoscitiva è notevole, a mio parere, perché può consentire, nei tempi che ci stanno davanti, di affinare la preparazione di questo appuntamento del semestre di presidenza dell'Unione europea. Seppur mutato nelle sue funzioni dalle innovazioni dell'ultima modifica al Trattato dell'Unione europea, questo resta, tuttavia, un appuntamento significativo per il Paese che la esercita, sia come momento catalizzatore di una possibile attenzione interna e di una riflessione sulle questioni europee, sia per gli spunti e gli impulsi che può dare in sede di Unione.
  Di conseguenza, per un Paese come il nostro, che sovente discute delle questioni europee in modo anche molto variegato, questo può essere un momento importante. Considerate che l'ultima volta che abbiamo esercitato la presidenza è stato nel 2003 e che la prossima volta, per chi ci sarà, sarà nel 2028-2029. Se poi aumentano gli Stati dell'Unione, sarà ancora un po’ più in là.
  In questa presentazione sintetica io mi propongo di affrontare due profili. Il primo riguarda gli elementi di organizzazione pratica, in maniera che voi abbiate l'idea di come si sta muovendo il convoglio di preparazione del semestre. Il secondo riguarda l'indicazione schematica delle priorità strategiche che attualmente, a livello di Governo, abbiamo identificato.
  Sotto gli aspetti di preparazione e organizzazione sottolineerei tre profili. Il primo riguarda le caratteristiche di calendario e gli elementi specifici alla fase in cui noi eserciteremo il semestre di presidenza.
  Il semestre inizia nel mese di luglio, all'indomani delle elezioni del Parlamento europeo. Il Parlamento europeo si insedia nella prima settimana di luglio. Oltre ai vari incarichi di presidenza all'interno dell'Assemblea parlamentare, relativi al presidente e ai presidenti delle Commissioni, verranno designati anche il presidente Pag. 4della Commissione europea, il cosiddetto Esecutivo, e, successivamente, i commissari. Sono poi previste le audizioni.
  Di conseguenza, ci sarà un periodo piuttosto lungo, che attualmente, a bocce ferme, si ritiene prenderà sino a tutto il mese di ottobre, per l'insediamento completo della nuova Commissione europea e l'entrata in operatività del nuovo Parlamento europeo.
  Si dovrà anche designare entro novembre il presidente del Consiglio europeo, oltre che, con ogni probabilità, il presidente dell'Eurogruppo, ovvero del Consiglio dei ministri economici dei Paesi della zona dell'euro.
  Questa fase di rinnovo istituzionale coinciderà naturalmente con un rallentamento, per non dire proprio con una sospensione, dell'attività legislativa parlamentare propriamente detta, così come della presentazione di nuove proposte da parte della Commissione. Voi sapete che nel sistema dell'Unione è solo la Commissione europea che può fare proposte legislative.
  Questo elemento di calendario, quindi, fa sì che il primo periodo del nostro semestre, il primo periodo abbondante, sarà un periodo di forte responsabilità politica per garantire l'operatività e la continuità istituzionale dell'Unione durante una sorta non proprio di vacatio, ma comunque di uscita ed entrata in funzione delle Istituzioni.
  L'attività legislativa potrà, quindi, concentrarsi soprattutto negli ultimi due mesi. Questo può essere un elemento di diverso inquadramento del semestre, anche con profili interessanti, proprio per la funzione di continuità istituzionale che saremo chiamati ad assicurare.
  Il secondo punto dei tre relativi al primo aspetto di cui vi dico riguarda il fatto che, a seguito delle modifiche del cosiddetto Trattato di Lisbona, ci sarà una serie di novità a cui si pensa poco, ma che è utile avere a mente e che entreranno in vigore proprio durante il nostro semestre.
  Anzitutto, inizierà la fase di progressivo cambiamento del calcolo del numero dei voti che spetta a ciascuno Stato membro in sede di Consiglio. Questo è importante, perché riguarda gli equilibri e i pesi specifici delle maggioranze che si formano in un organo che decide ormai, il più delle volte, a maggioranza qualificata.
  In secondo luogo, entrerà in operatività, ed è già stato sperimentato nelle ultime due presidenze, il cosiddetto trio, con le tre presidenze che si succedono. Nel caso di specie, con la Lettonia e il Lussemburgo siamo noi che dobbiamo assicurare in questo periodo di diciotto mesi lo svolgimento e la programmazione delle attività. Questo si tradurrà nell'elaborazione, a cui sono chiamati a collaborare i Parlamenti, oltre che i Governi, del programma per i diciotto mesi e poi del programma più specifico del semestre.
  Nel corso del semestre, infine, sotto il profilo dell'attività parlamentare, come sapete, vi segnalo che sono previste, oltre alle riunioni consuete COSAC (Conferenza degli Organi specializzati per gli Affari Comunitari), anche l'interparlamentare sulla Politica di sicurezza e di difesa e la possibilità di organizzare quella prevista dall'articolo 13 del trattato cosiddetto del Fiscal Compact. Poiché parliamo molto, nel dibattito italiano, del Fiscal Compact, la riunione interparlamentare prevista è un elemento importante, oltre alla possibilità per il Parlamento del Paese che esercita la presidenza di proporre altre iniziative sul genere, per esempio, delle assise parlamentari.
  Infine, l'ultimo punto su questo primo aspetto riguarda i profili organizzativi. Voi sapete che è stato costituito un Comitato interministeriale di pilotaggio, presieduto dal Presidente del Consiglio e composto dal ministro degli affari esteri, dal ministro dell'economia, dal ministro dei rapporti col Parlamento, dal vicepresidente del Consiglio e dal ministro degli affari europei.
  A valle opera un Comitato di natura più tecnica, presieduto dal sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio. È stata costituita una delegazione cosiddetta – nella terminologia tradizionale – per gli aspetti organizzativi pratici.Pag. 5
  Noi abbiamo già fatto un primo atto, presentando la settimana scorsa in Parlamento la relazione programmatica per il 2014 prevista dalla legge n. 234 del 2012, che è un atto molto importante, per mettervi al corrente degli elementi in corso.
  Veniamo ora al secondo aspetto, quello legato alle priorità strategiche. Per schematicità di presentazione vi propongo un trittico di elementi che, secondo me, sono salienti. Il primo si può declinare su tre punti: legittimità, democrazia e futuro dell'Unione europea.
  Questa prima fase del semestre sarà dedicata al rinnovo delle Istituzioni a seguito delle elezioni parlamentari del Parlamento europeo. Tale fase è molto importante per consentire anche una riflessione profonda sul fondamento democratico dell'Unione che deriva, in particolare, dal suffragio universale con cui è eletto il Parlamento europeo.
  Questo è un elemento di dibattito che varrebbe la pena di approfondire e di nutrire, perché è quello che può aprire la porta a sviluppi successivi, di cui potremo valutare la concretizzabilità a distanza più ravvicinata. Per esempio, vi è la possibilità di fare dichiarazioni o atti di carattere solenne, che in generale si fanno verso la fine del semestre, in maniera da dare una propulsione evolutiva all'Unione, ovvero anche di intraprendere passi ancora più concreti e di prospettiva più ampia verso un progresso nella direzione dell'unione politica. Si tratta di elementi che possono essere nutriti durante la fase precedente il semestre, quindi già adesso, e ancor più durante il semestre stesso, per poi valutare in che modo solennizzarli nel corso del semestre.
  Il secondo elemento di questo ideale trittico di presentazione lo declinerei su tre punti: crescita, occupazione e riforme. Lo si è detto già più volte ed è stato ripreso anche dai media: noi vediamo il semestre, e anche la nuova legislatura europea che si apre dopo le elezioni, come una legislatura della crescita. Naturalmente, questo è fondamentale dopo il periodo cupo della crisi economica. La crescita economica ha un senso nella misura in cui produce posti di lavoro e migliora il benessere della società civile. È per questo che, accanto alle azioni per la crescita, bisogna affiancare riforme strutturali importanti che possano favorire effettivamente il salto di qualità.
  C’è tutta una serie di atti che guida questo processo. Per la parte più tipicamente economica e monetaria il cosiddetto «Rapporto dei quattro presidenti», adottato a livello dell'Unione nel dicembre 2012, dà una vera e propria tabella di marcia, una delle componenti della quale, l'Unione bancaria, è stata recentemente finalizzata nell'ambito legislativo e dovrà essere messa in opera proprio durante il nostro semestre.
  Il cosiddetto «Patto per la crescita e l'occupazione», adottato nel giugno 2012 e monitorato semestralmente nella sua realizzazione dal Consiglio europeo stesso, contiene tutte le misure di carattere industriale, microeconomico, di mercato e via elencando che possono determinare una creazione di posti di lavoro e una crescita sostenibile dell'economia europea, sostenibile da un punto di vista sociale e anche da un punto di vista ambientale.
  Molte delle misure che sono, per esempio, individuate come ottimali per favorire la crescita in economie mature riguardano anche una svolta verso un'economia più verde, un'economia più rispettosa dell'ambiente e verso metodologie di lavoro più rispettose delle esigenze sociali di un moderno contesto civile.
  In questi due atti c’è, quindi, già moltissimo. Tutto questo si affianca alla strategia, che conosciamo, cosiddetta dell'Europa 2020, che necessita di un costante aggiornamento, in quanto concepita in un momento in cui mai più si pensava che sarebbe poi scoppiata la crisi economica globale.
  In questi atti che vi ricordavo c’è anche tutta una serie di fondi di finanziamento importanti per l'industria e per la realizzazione di progetti. È stata conclusa in maniera positiva – proprio ieri a Bruxelles, parlando con la Commissione europea, sostenevo la necessità di passare dalla fase pilota, che si è conclusa in maniera positiva, Pag. 6a una fase implementativa ulteriore – la sperimentazione dei cosiddetti project bond, che rappresentano una possibilità di finanziamento ulteriore.
  Non dimentichiamo nemmeno che con il 2014, che si è aperto adesso, e via via che entreremo in operatività, sono fruibili i fondi previsti dal nuovo quadro finanziario pluriennale 2014-2020.
  Anche questi elementi – crescita, occupazione e riforme – fanno parte proprio di questioni molto concrete su cui saremo chiamati alla prova durante il semestre.
  Per le riforme noi stiamo lavorando a un meccanismo – ve ne parlavo l'altro giorno, riferendo del Consiglio europeo – che possa prevedere incentivi europei a favore delle riforme. Quel meccanismo più vincolistico-obbligatorio che passava con il nome di contractual arrangement è ormai totalmente superato e siamo entrati in una logica di partenariato che prevede impegni volontari e meccanismi di solidarietà, alla cui definizione stiamo ancora lavorando.
  L'ultimo punto di questo trittico generale lo declinerei sui tre concetti che sono un po’ propri della dimensione esterna dell'Unione europea: Mediterraneo, vicinato e mondo globalizzato.
  La geografia economica mondiale è cambiata. L'Europa deve assumere un nuovo tipo di presenza in un'economia mondiale che non la vede più come ovvia protagonista ma, al contrario, come uno degli elementi declinanti della geografia economica mondiale. Parliamo dell'Europa, non dei singoli Stati che la compongono.
  Di conseguenza, bisogna rivedere nell'ambito dei sistemi di accordi bilaterali – pensiamo al negoziato per l'accordo transatlantico, ma non solo, anche al sistema degli accordi multilaterali e al dopo Accordo di Bali nel quadro dell'Organizzazione mondiale del commercio – il ruolo dell'Europa nel mondo, soprattutto sotto il profilo economico, ma non solo. La riflessione che si è svolta a dicembre sulla Politica di sicurezza e di difesa vuol dare all'Europa anche una dimensione più di carattere politico della sua presenza nel mondo, ma va ripensata e, con essa, quella degli Stati. In questo quadro è importante, nel corso del nostro semestre, il vertice ASEM (Asia-Europe meeting), con i Paesi dell'Asia, che noi ospiteremo.
  Il vicinato riguarda i Paesi più vicini all'Europa, aree sensibilissime – non sto neanche a dilungarmici – come Medio Oriente, Nord-Africa, Est europeo. Basta guardare ciò che leggiamo o vediamo nei media: ciò che accade in Ucraina, la Conferenza sulla Siria, il periodo successivo alle cosiddette «primavere arabe».
  Infine, è molto importante, ovviamente, per l'Italia, per il semestre di presidenza italiana e per l'Europa stessa, la dimensione mediterranea, che ingloba anche l'affrontare fino in fondo – c’è un appuntamento fondamentale al Consiglio europeo di giugno, l'ultimo di presidenza greca ma prodromico alla nostra presidenza – e in maniera globale le questioni legate al tragico, drammatico fenomeno delle migrazioni.
  Vi è una grande asimmetria tra Paesi dove c’è l'impatto immediato di arrivo dei migranti e Paesi in cui poi i migranti tendono maggiormente a stabilirsi. Quest'asimmetria, come tante altre asimmetrie negli oltre sessant'anni di storia europea, va affrontata insieme. L'appuntamento che noi abbiamo stimolato, ottenendo una discussione approfondita ai Consigli europei di ottobre e dicembre 2013, è adesso a giugno 2014. Poi, durante la nostra presidenza, lo porteremo ulteriormente avanti.
  Concludo ricordando ancora tre punti che, secondo me, sono molto importanti per l'Italia. Noi eserciteremo la presidenza come si faceva una volta. Perlomeno quando io ero bambino si facevano in certe occasioni importanti buoni propositi e buoni proponimenti. Io credo che, se noi dobbiamo fare dei buoni proponimenti, come sistema Paese, per esercitare con piena legittimità, forza e influenza il nostro semestre di presidenza, dobbiamo tenere presenti, ancora una volta, tre elementi.
  Il primo è usare – e usare al meglio, presto e bene, e nella loro interezza – i fondi che l'Unione europea mette a disposizione Pag. 7del Paese. Non si tratta solo dei fondi preassegnati, come i fondi strutturali e quelli agricoli, ma anche dei fondi che bisogna conquistare con gare aperte europee, come quelli della ricerca. A questi concorre molto anche il sistema privato delle imprese e dei centri di ricerca Paese.
  Il secondo è quello di porre fine a questa spirale di numero eccessivamente elevato di violazioni e infrazioni alle norme europee. Noi abbiamo fatto – ringrazio molto sinceramente e concretamente il Parlamento – passi avanti fenomenali nel ridurre le infrazioni da tardivo e mancato recepimento. Anche se, come leggiamo sui giornali di oggi, esistono ancora direttive in ritardato recepimento, le abbiamo ridotte.
  Su centoquattro infrazioni circa venticinque riguardano ancora i mancati recepimenti, ma ce n’è un'ottantina che riguarda proprio violazioni di norme esistenti. Questo è un macigno che pesa sulla nostra credibilità, perché è una forte incoerenza. È come voler essere cittadini corretti e poi violare varie regole. Non funziona. Riduce la nostra capacità di influenza, l'affidabilità del Paese e la credibilità delle nostre proposte.
  Il terzo elemento è rappresentato dalle riforme. È partita in Europa una stagione in cui sulle riforme, come vi ho detto prima, si porta una grande attenzione. Potrebbero essere previste anche delle forme di incentivo. Se noi non ci incamminiamo in questo percorso di riforme, il che vuol dire in un tagliando di drastica modernizzazione del Paese, rischiamo di perdere un treno europeo, ma anche un treno, probabilmente, con la storia.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DELLA XIV COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI PAOLO TANCREDI

  CRISTINA DE PIETRO. Grazie, signor presidente. Grazie, signor Ministro. Il semestre di presidenza dell'Unione europea rappresenta certamente per il nostro Paese una grande occasione, anche se il percorso è costellato di sfide molto impegnative. Infatti, si profila una congiuntura particolarmente complessa al crocevia di appuntamenti che potranno portare a trasformazioni di rilievo strategico a livello politico e istituzionale, dal rinnovo del Parlamento europeo a quello della Commissione, senza contare il perdurare della necessità di far fronte a situazioni di forte instabilità nell'area del Mediterraneo.
  Per quanto riguarda l'Italia, come il Ministro ha sottolineato, occorre intraprendere riforme strutturali profonde e stabilire una governance e un’accountability degne del nostro Paese. Al contempo, occorre intraprendere forti misure per riportare il sistema economico italiano a livelli di competitività internazionale accettabili per innescare la ripresa.
  A mio avviso, però, queste riforme non potranno essere attuate completamente senza una contemporanea revisione di molte regole europee e dei rapporti di forza fra i Paesi e senza l'introduzione, per esempio, di meccanismi di perequazione degli oneri, come accade nei Länder tedeschi.
  Occorre prendere atto ormai che i trasferimenti della sovranità monetaria, con l'introduzione dell'euro e le limitazioni delle politiche fiscali nazionali, non hanno avuto le conseguenze positive che erano attese. Anzi, in alcuni Paesi, come il nostro, ci sono state conseguenze negative.
  L'Unione europea si è allontanata, a mio avviso, da quelli che erano i suoi obiettivi originari, cioè creare uno spazio politico, economico, culturale e sociale di pace e benessere per i popoli europei. È questa la dimensione che dobbiamo recuperare e che dobbiamo cercare di innescare durante il semestre di presidenza italiana.
  L'Europa che milioni di cittadini stanno vivendo adesso impone meccanismi troppo rigidi, che stritolano l'economia e i diritti sociali in molti Paesi, fra cui l'Italia, e impediscono ai Governi l'adozione di quelle politiche che potrebbero aiutare il rilancio dell'economia.
  Il divario nella distribuzione della ricchezza è crescente sia nell'asse Nord-Sud Pag. 8fra Paesi, sia all'interno dei Paesi, fra le classi sociali. Ciò è dovuto principalmente al fatto che il mercato unico, che avrebbe dovuto assicurare benessere per tutti e maggiori opportunità, in realtà non è mai completamente esistito. Anzi, ci troviamo di fronte a un mercato duale, dove, da una parte, abbiamo i Paesi come la Germania, i Paesi a economie forti, in una sorta di ricreata area economico-politica della Mitteleuropa e, dall'altra parte, i Paesi più deboli, come l'Italia. Prima che sia troppo tardi occorre riequilibrare queste forti differenze di competitività fra Europa del Nord ed Europa del Sud e creare un vero mercato unificato. In mancanza di questo non ci sembra che l'unione monetaria possa essere ulteriormente sostenibile.
  Il semestre di presidenza italiana ci offre certamente una grande opportunità, se l'Italia saprà giocare il ruolo, che ha giocato in passato, come importante Paese fondatore. Ha, quindi, l'opportunità, a mio avviso, di essere il motore di questo cambiamento che potrebbe partire da una strategia di azione comune con gli altri Paesi europei in crisi, principalmente quelli mediterranei, ma non solo. Mi riferisco anche al Portogallo e all'Irlanda, cioè a Paesi che con noi condividono determinate situazioni economiche e di rapporti di forza.
  Si tratta, quindi, di creare con questi Paesi un forte coordinamento per difendere gli interessi condivisi ai tavoli europei. Mi riferisco non solo, per esempio – anche lei vi ha fatto riferimento – alle politiche dell'immigrazione, ma soprattutto alle politiche che riguardano l'economia, la fiscalità e la governance. Si tratta, quindi, di ristabilire giustizia sociale ed equità economica all'interno dell'Unione.
  Nella mia breve esperienza – soltanto dieci mesi – come delegata all'Assemblea parlamentare della NATO e dell'OSCE, io ho sollecitato e riscontrato un forte interesse dei parlamentari di altri Paesi, soprattutto Paesi mediterranei, a lavorare insieme per difendere interessi comuni. Questo atteggiamento, però, non lo vedo parallelamente condiviso dai rispettivi Governi. Su questo, a mio avviso, ci dovrebbe essere un maggiore impegno dei Governi nel coordinarsi secondo quella che io ho riscontrato nella realtà essere anche una richiesta che viene dai Parlamenti.
  Signor Ministro, le chiedo se l'Italia riuscirà, secondo lei, a stimolare, nel corso della nostra presidenza, quel necessario rinnovamento delle regole e degli equilibri europei che ci sembra dobbiamo arrivare a realizzare.

  VANNINO CHITI, Presidente della 14a Commissione del Senato. Il mio non è un intervento, è solo un richiamo ad una questione che ieri abbiamo discusso, con il Ministro Bonino. Queste audizioni le facciamo per un programma del Parlamento, coordinato con il Governo, per il semestre.
  Il Ministro Bonino diceva che c'era un interesse anche da parte del Governo, perché il punto degli Stati generali dei Parlamenti che era stato inserito nelle mozioni che avevamo approvato alla Camera e al Senato era stato erroneamente collocato nell'ambito del semestre greco. Collocandolo, invece, a dicembre – questo è un punto di riflessione per noi molto importante rispetto all'attività del Parlamento – poteva avere un apprezzamento e anche un sostegno e una collaborazione convinta da parte del Governo. Poiché questo, se lo prendiamo, è un impegno di grandissimo rilievo e dobbiamo inserirlo nella risoluzione che approveremo alla Camera e al Senato, vorrei, dato che lei ha il coordinamento di queste attività, avere anche la sua valutazione.
  Tutto qui.

  SANDRO GOZI. Grazie, presidente. Grazie, Ministro. Quattro punti in tre minuti.
  Come primo punto, noi abbiamo molto apprezzato le dichiarazioni del Presidente Letta sul tema federalismo e Stati Uniti d'Europa. Ci rendiamo perfettamente conto della difficoltà dell'iniziativa e dell'esercizio. Io volevo sapere, però, anche collegandomi al «Rapporto dei quattro presidenti» ed al capitolo «Unione politica» di quel rapporto, a quali iniziative Pag. 9concrete state pensando e quali alleanze, tattiche e strategiche, state cercando di impostare per portare avanti, nelle conclusioni di dicembre, proprio il tema unione politica in ottica federale. Questo è il primo punto.
  Come secondo punto, c’è il tema dei partenariati. Abbiamo molto apprezzato già il cambio nominale. Noi eravamo nettamente contrari ai contractual arrangement nella versione Merkel, all'inizio. Lo abbiamo dichiarato sia nel nostro Gruppo in sede di Parlamento europeo, sia in Italia. Adesso si chiamano partenariati. Se ne discuterà, se non vado errato, in ottobre.
  Lei, Ministro, parlava di incentivi. Non ritiene che si possa lavorare attorno ai partenariati per avere in realtà più flessibilità ? Parlo non tanto degli incentivi, che sono piuttosto incerti, viste le ristrettezze del bilancio della UE e anche il ruolo della BEI, certamente interessante, ma anch'esso sottoposto a limiti. Questi partenariati non possono essere utilizzati per far giocare veramente quella clausola di flessibilità per quanto riguarda sia spese per investimenti – mi ricollego in parte ai project bond – sia per valutare in maniera diversa quella spesa pubblica, che produce certamente debito pubblico, ma che è necessaria per portare avanti alcune riforme ?
  Si tratterebbe di concordare, attraverso i partenariati in sede europea, un programma di riforme nazionali per raggiungere obiettivi comuni, concordati in maniera comune, che sono necessari nel nostro Paese e, in cambio, di avere un po’ più di flessibilità per quanto riguarda sia la valutazione di parte del debito pubblico prodotto per finanziare le riforme nell'immediato, sia gli investimenti. In sostanza, si tratterebbe di introdurre una vera flessibilità attraverso dei partenariati per lo sviluppo e le riforme.
  L'altro aspetto di questi partenariati è: renderli obbligatori per tutti o no ? Forse noi dovremmo valutare l'obbligatorietà per tutti. Per me «per tutti» significa anche per la Germania. Perché non chiediamo dei partenariati obbligatori, in cui ogni Paese si obbliga ad adottare quelle riforme o a prendere quelle misure che siano considerate necessarie a livello di valutazione comune europea ? Penso, per quanto riguarda la Germania, allo squilibrio della bilancia dei pagamenti, della bilancia commerciale, o al tema della liberalizzazione del mercato dei servizi tedesco. In vista di tale importantissimo appuntamento che noi gestiremo in ottobre, dovremmo ben valutare cosa conviene di più all'Europa e cosa conviene di più all'Italia nel dare un senso concreto a questi partenariati.
  Ultimo punto, presidente: Europa dei cittadini per noi è anche Europa dei diritti. È vero che ci sarà poco, purtroppo, di legislativo nel nostro semestre. Tuttavia, Ministro, visto sia il rapporto di Louis Michel – credo appena adottato al Parlamento europeo, o in via di adozione – sul tema del monitoraggio dei diritti fondamentali nell'Unione europea e dei rapporti tra Unione europea e Consiglio d'Europa, sia la necessità di proporre, sotto presidenza italiana, un'Europa che non sia solo degli algoritmi finanziari o dei vincoli di bilancio, ma anche e soprattutto dei diritti fondamentali della democrazia; visto anche il dibattito che è stato rilanciato a Bruxelles sulla necessità di attuare l'articolo 7 del Trattato sull'Unione europea, ma anche di andare un po’ oltre e di fare qualcosa che non sia così eccessivo e forte come la sospensione dei diritti di uno Stato membro in base all'articolo 7, noi crediamo che sia molto importante che l'Italia tenti di mettere in agenda, soprattutto nelle conclusioni di dicembre, nuovi obiettivi in materia di monitoraggio dei diritti fondamentali e di rapporti tra Unione europea e Consiglio d'Europa e di dare un'impostazione più conforme ai nostri interessi, a partire da immigrazione e Mediterraneo, al nuovo programma di Stoccolma. Ci sono delle guidelines di Van Rompuy che verranno adottate probabilmente in giugno, ma io credo che ci sia il tempo, sotto la presidenza italiana, di dare un'impostazione diversa al programma di Stoccolma in materia di diritti, sicurezza e giustizia.

Pag. 10

  LUIS ALBERTO ORELLANA. Buongiorno, Ministro. Grazie, presidente. Io volevo riprendere alcuni temi.
  Noi abbiamo fatto ieri anche un'audizione con le parti sindacali italiane (CGIL, CISL e UIL) in 14a Commissione ed è emersa, proprio per quanto riguarda i partenariati, alias i contractual arrangement, una forte preoccupazione da parte dei sindacati. Essi temono che in merito alle raccomandazioni specifiche che venissero fuori da questi partenariati – che poi vengono fatti fra due parti, aggiungo io – avrebbero un diverso peso, nella negoziazione, gli Stati forti e che l'Unione europea sarebbe più incisiva rispetto a uno Stato che, invece, con un potere contrattuale molto basso, si vedrebbe costretto ad accettare norme che non gradirebbe in sé, ma che si vedrebbe costretto dalla crisi economica, dalla crisi del deficit, ad accettare.
  Queste raccomandazioni specifiche vengono viste, tornando ai sindacati, un po’ come delle deregolamentazioni, con la perdita dei diritti – forse è un po’ quello che diceva il collega Gozi – e, quindi, di fatto con un taglio del welfare.
  Tra l'altro, ci hanno anche segnalato che non si sono sentiti da parte della Commissione europea, a dir la verità, particolarmente coinvolti. Mi domando se, invece, la presidenza italiana dell'Unione europea cambierà questo atteggiamento e cercherà di tenerli nella giusta considerazione.
  Sempre in quest'ambito, ci hanno segnalato il fatto molto più specifico che si utilizzano sempre indicatori riferiti alla disoccupazione giovanile e alle fasce più svantaggiate, che sicuramente sono da tenere in considerazione, ma che loro ritengono insufficienti. Su questo anch'io mi trovo concorde. Probabilmente bisognerebbe aggiungere altri indicatori per fotografare meglio la realtà di crisi che stiamo vivendo in Europa.

  PRESIDENTE. Grazie, senatore, anche per la sintesi.

  GEA SCHIRÒ. Grazie, presidente. Grazie, Ministro. Grazie alla serie di audizioni, che abbiamo iniziato ieri con la Ministro Bonino, cominciamo ad avere un panorama e delle informazioni ampie e articolate sull'organizzazione del semestre europeo che ci permettono di formulare e di avere idee più chiare.
  Vista la difficoltà dell'organizzazione del semestre europeo a seguito delle elezioni europee e il tempo che ci vorrà in questa fase – già ieri la Ministro Bonino ha francamente ammesso che non prima di una certa fase e di alcuni mesi entreranno a regime il nuovo Parlamento e la nuova Commissione – la Ministro attribuiva alla nostra presidenza una forte valenza politica, constatazione del tutto condivisibile.
  A proposito della valenza e della reinterpretazione politica di alcuni princìpi che noi declineremmo – sul partenariato ho già avuto modo di fare le mie domande in altre occasioni – e, in particolare, sulla reinterpretazione delle politiche dei diritti di cittadinanza, molto banalmente, io penso che nomadismo, diaspora e migrazione siano tre declinazioni di un medesimo fenomeno come si sono manifestate nei secoli. L'Europa, in realtà, non è mai stata protagonista, ma sempre ricettacolo. Non è mai stata un luogo da cui sono partiti né il nomadismo paleolitico, né una diaspora, né una forte emigrazione, ma è sempre stato un luogo di arrivo di questi fenomeni.
  Avendo questa responsabilità politica, come altri colleghi hanno già chiesto, probabilmente con gli Stati generali o con una reinterpretazione politica di Stoccolma si potrebbe fare un ripensamento davvero profondo e, se non storicistico, attualizzato del fenomeno della migrazione economica e dei diritti. Sono tutte questioni di cui sia lei che il Presidente Letta vi siete fatti carico, ma questa è una forte raccomandazione.

  MARIA MUSSINI. Chiedo se, cortesemente, il signor Ministro potesse intanto rispondere alle domande che abbiamo fatto, così noi senatori possiamo andare in Pag. 11Aula. Diversamente, dobbiamo aspettare anche le domande dei colleghi della Camera.

  PRESIDENTE. Nessuna obiezione. Prego, Ministro.

  ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro per gli affari europei. Rispondo alle domande dei senatori intervenuti. Inizio dall'appunto che era stato fatto dal Presidente Chiti riguardo alle assise parlamentari.
  Naturalmente, da parte del Governo esiste non solo la massima disponibilità, ma anche il massimo sostegno, ma è una decisione che va presa dal Parlamento. Tenete conto che si tratta di un'operazione imponente, perché fu fatta, per esempio, in occasione proprio della presidenza del 1990 esercitata dal nostro Paese.
  Io vi segnalavo gli altri appuntamenti interparlamentari già di tabella, in maniera tale che voi possiate fare la valutazione completa sull'articolazione che avrebbero i tre appuntamenti che andrebbero fatti tra COSAC, Politica di sicurezza e difesa e quello collegato all'articolo 13 del Fiscal Compact, e la possibile organizzazione di assise generali.
  Se si riuscisse a fare tutto e nel migliore dei modi, questa potrebbe essere un'operazione di grandissima visibilità politica e di parlamentarizzazione delle questioni europee. Naturalmente, però, richiede uno sforzo imponente di organizzazione e anche di contenuti, per evitare che cose dette magari in un contesto già interparlamentare europeo siano poi inevitabilmente da ripetersi in un altro contesto. Vi è, però, massimo sostegno, supporto e contributo a qualunque tipo di livello e articolazione da parte del Governo.
  Sul primo intervento, senza dubbio, per rispondere puntualmente alla domanda finale, noi ci attiveremo in modo particolare durante il semestre, ma siamo – noi, come Governo, e io, come Ministro – costantemente attivi per stimolare un rinnovamento di visione su certi fenomeni e anche, laddove è possibile, un rinnovamento proprio nelle norme e nelle disposizioni.
  Il motivo per cui io vi infliggo e vi affliggo con costanti richiami alla necessità di usare presto, bene e puntualmente i fondi europei ed evitare infrazioni, violazioni, ritardi alle norme europee è proprio perché la nostra possibilità di stimolare il rinnovamento è molto legata alla credibilità da cui noi predichiamo. Se noi siamo membri percepiti come bravi a parlare, ma poi francamente negligenti nell'agire e nel concretizzare, le nostre proposte vanno poco lontano. È un vero peccato, perché, in realtà, di proposte ne abbiamo molte da fare – io traggo moltissimi spunti dai nostri dibattiti insieme – e ne abbiamo fatte moltissime.
  Non dimentichiamoci mai che siamo stati noi, l'Italia, a parlare per la prima volta, ancora nella fase calda della crisi, all'inizio del 2012, della necessità di fare un Piano organico di misure per la crescita e l'occupazione, misure che poi sono state adottate nel giugno 2012. Abbiamo avuto il supporto della Francia, dopo le elezioni in particolare quello del nuovo presidente, e di altri Paesi e le abbiamo portate a concretizzazione, ma il lancio iniziale l'abbiamo fatto proprio noi.
  Quando parliamo – ci ritornerò nella fase successiva, immagino, rispondendo anche all'onorevole Gozi – di flessibilità, siamo stati noi a proporre l'idea di avere una flessibilità, posto che il parametro del 3 per cento del deficit è scritto nel trattato, perlomeno rispetto a quell'obiettivo di bilancio, al di sotto del 20 per cento.
  Questa idea ha ormai avuto anche un nome – a livello europeo non si trattengono dall'inventare nomi o acronimi per le idee – e adesso si chiama investment clause. Le prime volte in cui, dopo averla proposta, immaginata e alla fine ottenuta, sentivo parlare di questa investment clause, ci ho messo un momento a capire che era esattamente la stessa cosa. È stata una nostra idea, come le misure per la disoccupazione giovanile.
  Tutto questo, vi assicuro, è più faticoso da portare avanti se noi siamo percepiti come Paese che predica bene e razzola Pag. 12male, per stare nel proverbio. È molto importante, quindi, che noi riusciamo ad avere questo tipo di credibilità, proprio per portare anche a questo riequilibrio, che fa parte di elementi naturali alla costruzione europea.
  I fondi strutturali sono stati proprio concepiti per equilibrare aree meno favorite con le aree più favorite. Ci si può chiedere: dov’è l'interesse europeo ? L'interesse europeo c’è, ed è proprio l'interesse che sta alla base della solidarietà. Le asimmetrie non giovano a un sistema che vuole unificarsi. Le diversità sono naturali, le asimmetrie creano un problema. Di conseguenza, su questo noi siamo assolutamente impegnati e in prima linea.
  Per quanto riguarda la questione degli indicatori sociali – ne parlava il senatore Orellana – anche su questo, insieme a qualche altro Paese, noi siamo stati fra i primi promotori della necessità di affiancare a indicatori di carattere puramente macroeconomico anche indicatori di carattere sociale. La discussione è ancora aperta. La lista, in effetti, è ancora ampiamente migliorabile. Idee e proposte possono aiutare in un esercizio che andrà avanti nei mesi prossimi e che, quindi, avrà anche un suo momento nella nostra presidenza.
  Per quanto riguarda – ne hanno parlato il senatore Orellana e l'onorevole Gozi – la questione dei partenariati, teniamo conto degli elementi seguenti, che attualmente sono di certo acquisiti nell'ambito di una riflessione in corso. Tutto ciò che è acquisito o che va acquisito si vedrà poi alla fine.
  Anzitutto è cambiato totalmente l'accento tonico. Non si parla più di obblighi o di meccanismi per rendere obbligatorie le raccomandazioni. Si parla, al contrario, di un meccanismo che preveda forme di incentivo e a cui si acceda volontariamente. Si sottolinea il concetto espresso in inglese di homegrown, vale a dire concepite a casa, nelle sedi del Paese che le propone, con il coinvolgimento, quindi, non solo dei Governi, ma anche dei Parlamenti e delle parti sociali. Se e quando mai si arrivasse da parte italiana a dire che noi saremmo disposti, a fronte di determinati incentivi, ad attuare, calendarizzare e programmare una certa riforma, questo dovrà essere il frutto di una profonda riflessione interna, con il coinvolgimento di tutti gli attori potenzialmente interessati.
  Questo riguarderà tutti gli Stati ed è già previsto. Tutti gli Stati hanno una lista di potenziali riforme, che è quella delle raccomandazioni specifiche per Paese fatte ogni anno, nelle quali esiste un catalogo di riforme che ciascuno deve fare.
  Certamente riguarda anche la Germania, la quale, infatti, è molto interessata a capire in che modo determinate forme di incentivo possano incentivare anche un Paese che, in teoria, è più difficilmente incentivabile, in quanto sta meglio di altri. La Germania, però, come ricordava in un'intervista di un mese fa lo stesso presidente della Bundesbank, avrà riforme importantissime da affrontare, tra cui quella delle pensioni, data la sua curva demografica, oltre che la questione legata agli squilibri e a tutto quanto può interessare gli equilibri più generali.
  Il tema riguarda certamente tutti. La nostra indicazione, già in vista delle decisioni da prendere durante la presidenza, è quella di lavorare col più ampio raggio possibile alla concretizzazione dei meccanismi cosiddetti di solidarietà. Si lavora, quindi, su una panoplia di possibili meccanismi di incentivo, la più ampia possibile, che potrà certamente includere forme legate ai project bond, le quali contengono elementi anche collegabili alla flessibilità. Essa potrà inquadrarsi in quella flessibilità riconosciuta con la cosiddetta clausola degli investimenti, che può arrivare – su questo, per esempio, sta lavorando molto la Commissione europea – a forme di garanzia, non di concreta spesa per creare fondi di investimento, ma di garanzia. Questo al fine di consentire, per esempio, ad alcuni Stati di coprire il costo di una determinata riforma prendendo finanziamenti a prestito sui mercati a un tasso inferiore a quello che avrebbero i buoni Pag. 13dello Stato in questione, proprio perché ci sarebbe a copertura una garanzia europea più ampia.
  Per esempio, un Paese come l'Italia, che ha una certa valutazione nei rating internazionali, potrebbe, magari a fronte di una determinata riforma, raccogliere i fondi a prestito sui mercati con una garanzia europea e, quindi, a un tasso più basso.
  Dette così, tutte queste proposte sembrano molto interessanti e molto belle. Stiamo lavorando affinché siano realmente ben studiate in tutti i particolari, in maniera da poter essere concretamente valutate nella loro operatività potenziale. Non si può immaginare che si pigli un impegno che, per definizione, diventa concreto e solenne a prescindere dalla sua natura giuridicamente vincolante – questo è ormai un tema uscito un po’ dal tavolo: un impegno di uno Stato è comunque un impegno solenne ed è inutile blindarlo in altri modi – ma è importantissimo che il contrappeso sia concreto.
  Lo studio diventa estremamente tecnico e meticoloso, ed è quello su cui noi ci siamo assolutamente impegnati, in vista delle decisioni da prendere nel mese di ottobre. È un terreno interessante, su cui vale la pena di lavorare, ma rispetto al quale la concretizzabilità si potrà valutare soltanto alla fine del percorso, quando sarà stato ben definito soprattutto il quadro dei possibili incentivi.
  Si apre a forme di incentivo e di solidarietà, così come avviene per analogia già nei fondi strutturali. Non stiamo inventando una nuova filosofia politica europea. I fondi strutturali europei sono una forma di solidarietà. C’è chi paga di più e c’è chi riceve di più, però il vantaggio collettivo è che si fanno crescere le regioni meno favorite con vantaggio anche per le regioni più favorite, perché si riequilibrano le condizioni di mercato. Non dimentichiamo mai che chi è più favorito e produce di più ha poi bisogno anche di chi acquisti ciò che produce. Questo è, per esempio, uno degli elementi che portano la Germania a essere molto più interessata a un mercato interno europeo equilibrato di quanto tendenzialmente si possa immaginare da certi inquadramenti. Se questa stagione di riforme europee si apre e si accompagna con una stagione di riforme di un Paese come il nostro, può essere un elemento estremamente positivo.
  Con questo ho risposto a tutti i senatori e anche a buona parte delle domande dell'onorevole Gozi. Poi ritornerò sugli ultimi punti.

  PIA ELDA LOCATELLI. Di fatto ha già quasi risposto alle domande che volevo fare io. Cambio un po’ il taglio di quello che volevo dire.
  Ritornando al tema delle priorità strategiche – ce lo siamo già detto ieri – questo sarà un semestre di scarsissima attività normativa e di attività soprattutto di taglio politico. Il taglio politico fondamentale per me è proprio quello del far marciare l'unione politica. A giugno avevamo approvato una mozione che ci impegnava a una convocazione degli Stati generali dei vari Parlamenti, per il quale lei ha raccomandato prudenza, perché ci sono già delle scadenze impegnative.
  Il problema è che è altrettanto impegnativo aver approvato una mozione in questo senso. Questo è uno strumento importantissimo per lanciare o, meglio, per solennizzare, come lei ha detto, dichiarazioni che noi possiamo fare in questo semestre e che poi vanno solennizzate.
  Io insisto per la convocazione degli Stati generali, preparando dall'inizio questa convocazione con una serie di dichiarazioni che non facciano cascare dal cielo improvvisamente i contenuti importanti di passaggio verso l'unione politica. Non possiamo negare che noi abbiamo fatto in questi ultimi anni dei passi indietro. Il metodo intergovernativo è prevalso ed è, secondo me, un'impostazione sbagliata.
  Il secondo argomento è il tema del Mediterraneo. Anche questo ce lo siamo detto ieri: il 2014 deve essere l'anno del Mediterraneo, con tutte le conseguenze del caso, compresa la gestione, o l'inizio di un'impostazione diversa sulle politiche migratorie.Pag. 14
  È vero che le migrazioni che arrivano a noi, anche solo di passaggio, dal Mediterraneo sono numericamente una parte limitata delle migrazioni che ci riguardano, però sono migrazioni «speciali», perché la quantità di richiedenti asilo che arriva attraverso il Mediterraneo rende speciale questo tipo di migrazione. Occorre, quindi, un impegno particolare.
  Come ultimissima considerazione, mi permetto di cogliere l'occasione del suo compiacersi e compiacerci dell'aver ridotto il numero delle infrazioni attraverso il recepimento di diverse direttive europee per esprimere una raccomandazione: noi dobbiamo recepire le direttive europee, e recepirle in modo coerente con le indicazioni che ci arrivano attraverso le direttive.
  Mi permetto, allora, di esprimere una preoccupazione relativamente alla direttiva che riguarda la sperimentazione animale. Alla Camera abbiamo subìto – lo dico apertamente – il lavoro che ci è arrivato dal Senato rispetto a un recepimento molto più restrittivo della direttiva sulle sperimentazioni animali, per dirla molto sinteticamente, andando in contraddizione con l'articolo 2 della direttiva stessa, il quale dice che il recepimento deve essere conforme ai contenuti. Se imponiamo regole più restrittive, questo può accadere soltanto nel caso in cui regole più restrittive siano vigenti, mi pare, dall'ottobre del 2010. Nel caso della direttiva sulla sperimentazione animale noi stiamo violando, secondo me, questa regola e il rischio è che incorreremo in una nuova sanzione.
  Ne avevamo parlato in precedenza. Le riaffido il caso, però, perché incorrere in una nuova sanzione, per evitare la quale noi abbiamo recepito queste direttive, ci mette in profonda contraddizione.

  EMANUELE PRATAVIERA. Cercherò di essere il più veloce possibile, anche se vorrei toccare molti punti.
  Innanzitutto vorrei chiedere al Ministro un chiarimento. Ieri la Ministra Bonino ha dichiarato che il semestre costerà ai contribuenti 56 milioni di euro. A me sembra che siano 58, perché 2 milioni sono stati inseriti nella legge di stabilità per la cosiddetta comunicazione. Volevo chiedere innanzitutto questo, più che altro per avere un'omogeneità di pareri sul costo.
  Sulla questione dell'unione economica, che credo sarà la sfida che noi dovremo affrontare proprio per tutelare il nostro sistema economico, io non sono del tutto d'accordo con il Ministro quando afferma che una politica economica a livello di unione può favorire tanto le aree svantaggiate quanto quelle avvantaggiate.
  Io non sono d'accordo perché Paesi che giustamente tutelano i loro interessi, come la Germania e, in altri casi, la Francia, ma anche altri considerati minori, come l'Austria o l'Olanda, impongono, dal mio punto di vista, con una sorta di cartello, una legislazione europea orientata a tutelare non le piccole e medie imprese, che sono una caratteristica distintiva del nostro tessuto produttivo, ma le aziende medio-grandi. Nel momento in cui la legislazione europea è orientata a questo tipo di approccio, è chiaro che noi non potremo mai essere competitivi, proprio perché manca di fondo una legislazione che a livello europeo spinga a crescere in questa direzione.
  Sempre in tema di sviluppo industriale o, comunque, di sviluppo economico, io chiederei al Ministro, come ho già avuto modo di fare in precedenza, e come vorrei ribadire anche adesso, oltre che di spingere la nostra posizione nel mercato interno, anche di cercare di imporre una politica comune anche nello spazio esterno.
  Il caso più noto è la minaccia di azioni dumping nei confronti della Cina con i pannelli fotovoltaici. Nel momento in cui dovevamo andare a tutelare una specificità del Nord-Est, terra da cui provengo, sul piano esterno, l'Europa è apparsa divisa. La Germania ha di fatto condotto un negoziato autonomo per fare in modo che, se ci fossero state rivendicazioni da parte cinese, queste non fossero sulle automobili o sull'ingegneria meccanica, ma sul vino e, quindi, su altri prodotti che non avevano quasi nulla a che fare con le esportazioni Pag. 15tedesche, ma piuttosto con quelle italiane. Credo che questo sia un fattore limitativo non di poco conto, proprio perché, oltre alla legislazione sfavorevole alle nostre imprese, è sfavorevole anche l'approccio sul piano diplomatico internazionale.
  Lei ha parlato, in un passaggio veloce, anche degli obiettivi dell'Europa 2020. Io credo che questi siano obiettivi importanti da tenere in considerazione, dal momento che – questi sì – possono rappresentare per noi un grosso volano. Se, però, la nostra legislazione domestica non si adegua e non fa in modo di incentivare l'impiego di questo tipo di opportunità, in particolare opportunità economiche, derogando dai limiti del Patto di stabilità, io credo che questi siano buoni princìpi che nella pratica non si riescono a tradurre.
  Se, inoltre – saltando di palo in frasca e cercando di sintetizzare questo mio intervento – vogliamo iniziare a ragionare sull'opportunità che ci può essere data dagli Stati generali, dobbiamo avere ben chiaro su quali princìpi vogliamo fondare un nuovo rapporto di unione, un nuovo rapporto di comunità europea.
  Credo, personalmente, che si debba rilanciare – innanzitutto per le opportunità che propone, ma anche per l'etica – il valore fondamentale della famiglia e della società, dell'ambiente e dell'agricoltura, che è ancora il settore primario. Questo dovrebbe essere sancito anche nei valori costitutivi di un nuovo rapporto di convivenza nello spazio comune. Occorre anche affermare con forza le nostre radici e i nostri valori giudaico-cristiani.
  Ieri io ho avuto modo di partecipare all'ennesimo dibattito-incontro su ciò che accade nel mondo alle comunità cristiane. Poiché di fatto questi valori si sono tradotti in filosofia, in pratiche e in leggi del nostro sistema occidentale, lungi dal voler affermare una superiorità del sistema di valori della nostra società, è anche chiaro che, se noi riteniamo questo un modello da seguire, dovremmo iniziare a cercare di ricordarcelo tutti i giorni e di tradurlo in buone pratiche. Potremmo farlo magari chiedendo la reciprocità negli scambi commerciali all'estero, in modo che, se i diritti umani, tra cui la libertà di religione, vengono violati, debbano poi seguire delle conseguenze.
  Mi fermo, anche se avrei ancora molto da dire. Ritengo di dare questi spunti costruttivi al Governo per poter intavolare un buon semestre di presidenza italiana. Capita una volta ogni quattordici anni e potrebbero essere diciotto la prossima volta. Credo, quindi, che sia un'opportunità da non sottovalutare.

  PRESIDENTE. Do la parola al Ministro Moavero Milanesi per le conclusioni.

  ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro per gli affari europei. Prendo, come primo elemento, uno spunto nell'intervento dell'onorevole Locatelli. Non vorrei creare piccoli fraintendimenti: io non ho – né nella sostanza né, francamente, l'avrei fatto nella forma – raccomandato prudenza al Parlamento in una decisione che spetta al Parlamento stesso sull'organizzazione degli Stati generali. Ho attirato la vostra attenzione sul fatto che ci sono una serie di Stati generali ad hoc per temi già previsti, rispetto ai quali l'organizzazione di un'assise o di Stati generali di più vasta portata va correlata.
  Ho detto questo anzitutto a titolo di promemoria per una decisione che deve prendere il Parlamento e rispetto alla quale il Governo, lo ripeto, senza nessuna prudenza, è solamente a supporto e a sostegno.
  Dico anche, sempre alla luce dell'esperienza ambientale europea, che credo di conoscere piuttosto bene, che l'organizzazione di eventi non previsti nella normale tabella di marcia è sempre benvenuta, purché garantisca che si facciano quelli in tabella di marcia. È un po’ la stessa cosa che dicevo prima a proposito delle infrazioni. L'avere buone idee, anche inattese, da mettere sul tavolo della discussione europea è benvenuto ma, naturalmente, gli altri ti guardano e ti dicono: «Sì, ma intanto le cose base le stai facendo, o pensi solo al domani ?»
  In merito c’è un rischio che tocca tutti – mi ci metto pienamente dentro – che è Pag. 16quello di pensare, riflettere e ragionare in termini politici soprattutto sull'Europa che verrà, che non c’è ancora, e di dimenticarci quella che c’è, rispetto alla quale ci sono cose buone e cose migliorabili.
  Era solo quello. Non vorrei che il mio passasse agli atti come un richiamo alla prudenza che, né nella forma né nella sostanza, esisteva.
  Detto questo, viceversa, sarebbe bellissimo poter organizzare un'iniziativa di questo tipo a Roma, in una fase, tra l'altro, proprio di semestre più politico che – lo dico con nobiltà di parola – ordinariamente legislativo. L'opportunità è che non ci sia un'attività quotidiana di minuta legislazione e che si possa fare, invece, una riflessione politica più ampia e prendere conseguenti iniziative.
  Ricollegandomi anche alle questioni sollevate nel precedente giro di domande sul federalismo e sulle iniziative concrete, senza dubbio assise parlamentari solenni, per definizione, potrebbero concludersi con un atto di indirizzo politico solenne. Ci si può anche arrivare – l'una cosa non esclude l'altra – a latere di un Consiglio europeo, per esempio di dicembre. Occorrono dichiarazioni e atti solenni che guardino soprattutto al salto di qualità politico che l'Europa potrebbe e dovrà prima o poi fare.
  Rispetto a questo è molto importante poter valutare le sensazioni concrete che si avranno nell'ambiente politico europeo nel momento in cui ci porremo la questione. Un esempio in positivo: quando si firmò il cosiddetto Trattato di Lisbona, si disse, con unanime prospettiva di intento politico: «Per almeno quindici anni non si parlerà più di fare riforme del trattato europeo, già è stato difficile arrivare a questo. Ci hanno bocciato la Costituzione. Stiamo calmi. I cittadini hanno bisogno di una bella pausa di riflessione. Noi stessi, i Governi, non siamo entusiasti. Fermi tutti».
  La crisi, totalmente imprevista in quel momento, ha scosso completamente questi equilibri e, paradossalmente – o fortunatamente, scegliamo l'avverbio che ci piace di più – ha determinato un salto di qualità in apparenza intergovernativo e, in realtà, molto più vincolante fra gli Stati. È vero che alcune decisioni sono state prese con una meccanica cosiddetta intergovernativa, ma si tratta di una meccanica intergovernativa che personalmente tendo a qualificare di «intergovernativo buono», come c’è il colesterolo buono e quello cattivo. Questo sarebbe l'intergovernativo buono, perché aiuta a fare dei passi avanti. Dopodiché, naturalmente, va ricondotto a una meccanica più ortodossa, la meccanica cosiddetta comunitaria, che ci porta più concretamente verso la prospettiva federale.
  Molte delle decisioni prese nell'ambito dell'Unione economica e monetaria hanno questa caratteristica fondamentalmente federale, anche se forse gli stessi che le hanno sottoscritte non se ne sono pienamente resi conto. Se ne sono, però, resi conto, per esempio, i nostri amici britannici che, non a caso, si sono mantenuti un po’ più a latere – e non solo perché non fanno parte dell'euro – di alcune di queste decisioni.
  Tra l'altro, ricordo, sempre per memoria collettiva, che nel corso del semestre italiano – pensando alla Gran Bretagna – ci sono due momenti che non mancheranno di avere un'influenza anche sulle vicende europee. Da una parte, entro la fine del 2014, quindi di quest'anno, il Regno Unito deve esercitare il suo cosiddetto opt-out per le questioni legate allo Spazio europeo di libertà e giustizia, che tocca anche l'aspetto dei diritti fondamentali, l’«esecutibilità», la portabilità in giustizia di questioni legate ai diritti fondamentali.
  Non è una questione da poco. Noi siamo abituati a pensare all’opt-out soprattutto rispetto all'euro. Non dimentichiamo mai che esiste anche rispetto all'area di libera circolazione delle persone, la cosiddetta area Schengen, che ha già ripercussioni concrete più tangibili rispetto al buon funzionamento dell'Unione. Questo sarebbe un ulteriore elemento che fa riflettere sulla diversa velocità che sta prendendo l'Unione.Pag. 17
  Anche questo può essere guardato, da un lato, come un elemento negativo e, dall'altro, come un elemento che maggiormente giustifica il fatto che, per esempio, alcuni Paesi decidano non di rallentare, ma addirittura di accelerare la propria velocità di maggior coesione politica all'interno del sistema Unione europea. È un'opzione. Non è l'opzione. È un'opzione.
  L'altro evento di terra britannica che si verificherà è il referendum, in settembre, per la Scozia, un altro elemento da seguire con attenzione. Alla luce delle ultime dichiarazioni governative in Spagna sembra, invece, che il richiesto referendum in Catalogna sia meno probabile, ma era un'altra eventualità.
  Di conseguenza, è importantissimo lavorare sulla prospettiva politica dell'Unione europea ed è fondamentale lavorare sulla prospettiva concreta di una sempre più efficace e coesa Europa dei diritti, dei diritti fondamentali, dei diritti politici, dei diritti sociali, che si devono affiancare a quei diritti economici che più facilmente arrivano via via nella meccanica del progresso dell'Unione europea.
  Questo mi porta a due osservazioni legate all'ultimo intervento. Capisco che possa essere anche di efficace presentazione politica e di costruttiva contestazione di alcune caratteristiche europee l'usare immagini del tipo «cartello dei Paesi forti» e via elencando. Nella realtà di come si viene a formare la normativa europea e di come si formano le decisioni di indirizzo politico europeo, però, non è tutto bianco e nero. Le maggioranze qualificate, che hanno sostituito l'unanimità, anni fa ancora frequente, sono maggioranze che vanno comunque molto al di là dei gruppi di Paesi divisibili in più ricchi e meno ricchi o più avvantaggiati e meno avvantaggiati.
  In realtà, quindi, le normative europee escono fuori da negoziati e discussioni che inevitabilmente scendono nei dettagli e che più difficilmente seguono linee di carattere più massimalista. Nei dettagli delle normative europee si cela il proverbiale diavoletto piuttosto che l'opportunità o il problema.
  Questo è il motivo per cui io, ancora una volta, mi permetto di dire qui con voi che è fondamentale fruire della possibilità, che adesso è codificata nel nostro sistema legislativo, nel nostro ordinamento, di partecipare, come Parlamento, alla fase ascendente. È proprio – e vengo anche alla questione del recepimento delle direttive – la fase ascendente, in cui si forma la normativa europea, quella fondamentale per far valere il proprio punto di vista politico nazionale, locale o di interesse.
  Se il Parlamento, come tante volte ho avuto occasione di dire, sistematicamente, attraverso le Commissioni parlamentari, organizza audizioni del ministro competente prima che lui vada al suo Consiglio in sede di Unione europea e lo ascolta dopo per capire come è andata e, se occorre, gli fa un atto di indirizzo, prende conoscenza degli atti che poi diventeranno direttiva e che dovranno essere recepiti con largo anticipo e può influire sulla formazione dei medesimi.
  Sempre più sovente, in particolare al Consiglio competitività, che si occupa delle questioni del mercato interno, in cui io rappresento il Governo italiano, sento colleghi di altri Paesi che dicono: «No, su questo punto io ho un vincolo del mio Parlamento. Non posso fare questo. Questo per noi è inaccettabile. Voteremo contro». Poi magari si finisce in minoranza, ma poco importa. Almeno si è sostenuta la propria posizione nazionale.
  Sarebbe fondamentale che ogni ministro italiano, quando va a un Consiglio in sede di Unione europea, sapesse – poi dirà ciò che ritiene nella sua responsabilità politica – esattamente qual è il punto di vista del Parlamento. È, parallelamente, fondamentale che il Parlamento sappia in anticipo, durante la fase ascendente, che cosa si va a discutere.
  Questo, tra l'altro, renderebbe molto più scorrevole l’iter di recepimento delle direttive, perché uno ritroverebbe un tema di cui si è già occupato, che già conosce e rispetto al quale ha già fatto obiezioni o ha già apprezzato i punti positivi. Questo semplificherebbe moltissimo la fase di recepimento, rendendo meno problematiche Pag. 18situazioni come quella che citava l'onorevole Locatelli, quella della direttiva sulla ricerca e sull'utilizzo degli animali nell'ambito della ricerca. Per questa direttiva, tra l'altro – è notizia di oggi sui giornali – la Commissione ci metterà ulteriormente di fronte alla Corte di giustizia, con un rischio di sanzioni.
  È fondamentale, quindi, la fase ascendente, la fase in cui le direttive vengono discusse. Solo in quella maniera noi diventiamo pienamente influenti come membri dell'Unione europea, non perché siamo storicamente i fondatori. Quello è un bel blasone, francamente. Il vero punto è la possibilità di essere concretamente influenti e di essere, con la legge n. 234 del 2012, come Parlamento, vicini al Governo nella fase di preparazione delle normative europee.
  Quanto al Mediterraneo, certamente noi pensiamo che questo 2014, con le due presidenze, greca e italiana, non possa non essere un anno di grande attenzione: «Se non ora, quando ?» si potrebbe dire.
  Ci siamo mossi in anticipo già nel corso del 2013. È stato un riconoscimento postumo alle vittime della tragedia di Lampedusa il fatto che due Consigli europei di seguito, in ottobre e in dicembre, si siano specificamente ed esplicitamente occupati delle migrazioni e si siano dati questo appuntamento a trecentosessanta gradi per giugno 2014. Parlo di omaggio postumo nel senso reale del termine, perché era dalla fine degli anni Novanta, con il Consiglio europeo di Tampere in Finlandia, che questo non accadeva. Di conseguenza, è stato importante rimettersi al lavoro intorno a questo tavolo.
  Il fenomeno immigrazione è importantissimo oggi per l'Europa, che è un continente verso il quale le immigrazioni vanno. Non dimentichiamo però, onorevole Schirò, che noi siamo stati – come Europa, non ancora come Unione europea, naturalmente – per secoli, in realtà un continente di emigranti, il nostro Paese in modo particolare. Proprio questa memoria storica dovrebbe portarci oggi a guardare agli aspetti complessivi del fenomeno nelle loro articolazioni. Anche su questo ci sarà la più grande attenzione da parte del Governo.
  Concludo dicendo che anche per quanto riguarda le questioni legate alla politica commerciale comune e rivolte verso Paesi terzi (dazi antidumping e via elencando) vale il discorso che facevamo prima: occorrono una grande diligenza e puntualità tecnica sul fenomeno che concretamente si è manifestato e una capacità di raggruppare un consenso sufficiente a far approvare le misure, tenendo conto che nell'ambito europeo – lo dico sempre – è come lavorare con una coalizione politica di ventotto partiti. Lì sono ventotto Stati, ma alla fine è più o meno la stessa cosa: ci sono quelli che vogliono più una soluzione e quelli che vogliono più l'altra. Torniamo alla questione della nostra capacità di convincimento, che non è fatta di convincimento forzoso o gridato, ma di un convincimento legittimato dalla bontà delle idee e dall'influenza che si può esercitare.
  È vero che ci sono obiettivi validi nella strategia Europa 2020. Questa va, però, coniugata col Patto per la crescita e l'occupazione del giugno 2012, perché si tratta di una strategia obiettiva pensata in un periodo che era ancora anteriore alla crisi e va, quindi, attualizzata.

  PRESIDENTE. Grazie. Se non ci sono più richieste di intervento, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.55.