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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SULL'ATTUAZIONE DELL'AGENDA 2030 E GLI OBIETTIVI DI SVILUPPO SOSTENIBILE

Resoconto stenografico



Seduta n. 7 di Mercoledì 22 marzo 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Spadoni Maria Edera , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'AGENDA 2030 PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE

Audizione del Direttore dell'Autorità nazionale – UAMA (Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento), Ministro Plenipotenziario Francesco Azzarello.
Spadoni Maria Edera , Presidente ... 2 ,
Azzarello Francesco , Direttore dell'Autorità nazionale – UAMA (Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento) ... 3 ,
Spadoni Maria Edera , Presidente ... 5 ,
Locatelli Pia Elda (Misto-PSI-PLI)  ... 5 ,
Basilio Tatiana (M5S)  ... 6 ,
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 7 ,
Spadoni Maria Edera , Presidente ... 7 ,
Azzarello Francesco , Direttore dell'Autorità nazionale – UAMA (Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento) ... 8 ,
Spadoni Maria Edera , Presidente ... 10 ,
Azzarello Francesco , Direttore dell'Autorità nazionale – UAMA (Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento) ... 10 ,
Spadoni Maria Edera , Presidente ... 11 ,
Azzarello Francesco , Direttore dell'Autorità nazionale – UAMA (Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento) ... 11 ,
Locatelli Pia Elda (Misto-PSI-PLI)  ... 11 ,
Azzarello Francesco , Direttore dell'Autorità nazionale – UAMA (Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento) ... 11 ,
Spadoni Maria Edera , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista: MDP;
Area Popolare-NCD-Centristi per l'Europa: AP-NCD-CpE;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Scelta civica-ALA per la costituente libera e popolare-MAIE: SC-ALA CLP-MAIE;
Civici e Innovatori: (CI);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri;
Misto-UDC: Misto-UDC;
Misto-Alternativa Libera-Tutti Insieme per l'Italia: Misto-AL-TIpI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
MARIA EDERA SPADONI

  La seduta comincia alle 10.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Direttore dell'Autorità nazionale – UAMA (Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento), Ministro Plenipotenziario Francesco Azzarello.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Direttore dell'Autorità nazionale – UAMA (Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento), Ministro Plenipotenziario Francesco Azzarello, che saluto e ringrazio per la disponibilità a prendere parte a questa audizione, da me richiesta da lungo tempo nella mia qualità di presidente di questo Comitato, nel contesto dell'indagine conoscitiva sugli Obiettivi di sviluppo sostenibile, con particolare riferimento all'attuazione dell'Obiettivo 16.
  Ricordo ai colleghi presenti che tale obiettivo è dedicato alla promozione di società pacifiche ed inclusive ai fini dello sviluppo sostenibile e si propone di fornire l'accesso universale alla giustizia e a costruire istituzioni responsabili ed efficaci a tutti i livelli.
  La questione degli armamenti è esplicitamente menzionata nel novero dei traguardi da conseguire per la realizzazione dell'obiettivo. Il traguardo n. 16.4 prevede, infatti, che entro il 2030 si dovrà ridurre in maniera significativa il finanziamento illecito del traffico di armi, potenziare il recupero e la restituzione dei beni rubati e combattere tutte le forme di crimine organizzato.
  Ciò premesso, il Ministro Azzarello dal settembre del 2016 dirige l'Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento (UAMA), istituita nel marzo 1991 e individuata quale Autorità nazionale nel giugno 2012. Tale ufficio è competente per il rilascio delle autorizzazioni per l'interscambio dei materiali di armamento e per il rilascio delle certificazioni per le imprese e per gli adempimenti connessi alla materia, di cui alla legge n. 185 del 1990 e successive modificazioni.
  Si tratta di un settore della Farnesina che ha presumibilmente il polso circa l'andamento dei flussi internazionali del commercio legale di materiali di armamento. Sicuramente l'UAMA è titolare di una competenza che pone in connessione tra loro, da un lato, la politica commerciale del nostro Paese in tema di armamenti e, dall'altro, il quadro di relazioni internazionali e gli scenari di crisi presenti a livello globale.
  È noto quanto la legge n. 185 del 1990 rappresenti una normativa assai avanzata. Non a caso essa esordisce, all'articolo 1, comma 1, con un forte richiamo alla politica estera e di difesa dell'Italia e ai nostri valori costituzionali: «L'esportazione, l'importazione e il transito di materiale di armamento nonché la cessione delle relative licenze di produzione devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell'Italia. Tali operazioni vengono regolamentate dallo Stato, secondo i princìpi della Costituzione repubblicana, che ripudia la Pag. 3guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali».
  La normativa vigente è, inoltre, attrezzata di un apparato di divieti e limitazioni, volti ad assicurare che tale delicato settore sia conforme a standard internazionali di carattere umanitario, oltre che ai nostri princìpi costituzionali. Mi riferisco in particolare ai commi 5 e 6 dell'articolo 1, che dettano rispettivamente che «l'esportazione e il transito di materiale di armamento, nonché la cessione delle relative licenze di produzione sono vietati quando siano in contrasto con la Costituzione, con gli impegni internazionali dell'Italia e con i fondamentali interessi della sicurezza dello Stato, della lotta contro il terrorismo e del mantenimento di buone relazioni con altri Paesi, nonché quando manchino adeguate garanzie sulla definitiva destinazione dei materiali».
  L'esportazione e il transito di materiale di armamento sono, altresì, vietati verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i princìpi dell'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell'Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei Ministri, da adottare previo parere delle Camere; verso i Paesi la cui politica contrasti con i principi dell'articolo 11 della Costituzione; verso i Paesi nei cui confronti sia stato dichiarato l’embargo totale o parziale delle forniture belliche da parte delle Nazioni Unite o dell'Unione europea; verso i Paesi i cui governi siano responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani, accertate dai competenti organi delle Nazioni Unite, dell'Unione europea o del Consiglio d'Europa; verso i Paesi che, ricevendo dall'Italia aiuti ai sensi della legge 26 febbraio 1987, n. 49 (oggi legge n. 125 del 2014), destinino al proprio bilancio militare risorse eccedenti le esigenze di difesa del Paese. Verso tali Paesi è sospesa l'erogazione di aiuti ai sensi della stessa legge, ad eccezione degli aiuti alle popolazioni nei casi di disastri e calamità naturali.
  Mi scuso per la lunghezza di questa mia introduzione, ma essa serve ad evidenziare quanto l'attività dell'UAMA sia cruciale per il contributo che può derivare dall'Italia alla realizzazione a livello globale dell'Obiettivo 16.
  Gentile Ministro, Le lascio la parola, prego.

  FRANCESCO AZZARELLO, Direttore dell'Autorità nazionale – UAMA (Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento). Ringrazio vivamente la presidente Spadoni e gli onorevoli membri di questo Comitato per l'invito. L'Autorità nazionale è sempre a disposizione del Parlamento perché opera in totale trasparenza, quindi potete sempre contare su di noi.
  Consentitemi alcuni sintetici richiami ad audizioni precedenti, onde poter riprendere questioni di vostro diretto interesse odierno e poi sviluppare un ragionamento sull'argomento.
  Nel corso di sedute passate è stato chiesto come si potesse conciliare l'Obiettivo n. 16 dell'Agenda 2030 con l'attuale politica estera, in particolare con l'esportazione di armi; è stata citata l'Arabia Saudita, che utilizzerebbe tali armi per bombardare lo Yemen; si è fatto riferimento ad una commessa al Qatar, evocando una presunta violazione della legge n. 185 del 1990, che di fatto vieta il commercio di armi verso Paesi che violano i diritti umani; infine, è stato affermato che una parte delle disponibilità del Fondo per l'Africa saranno utili ad aiutare le capacità delle forze di sicurezza dei Paesi destinatari.
  L'Obiettivo n. 16, come ben sapete, si intitola «Pace, giustizia e istituzioni forti». Tra i dodici traguardi, il 16.4 afferma, come ha appena rammentato la presidente: «entro il 2030 ridurre in maniera significativa il finanziamento illecito e il traffico di armi, potenziare il recupero e la restituzione dei beni rubati e combattere tutte le forme di crimine organizzato». Trattasi dell'unica citazione sugli armamenti.
  Nelle ricerche in preparazione a questa audizione ho trovato sul sito dell'Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile – peraltro, da voi audita il 13 luglio scorso – due paragrafi che vorrei citarvi perché di interesse per il nostro ragionamento. «Fra gli Obiettivi di sviluppo sostenibile il 16 è uno di quelli più facilmente condivisibili Pag. 4sulla carta, ma più difficili da raggiungere nella sostanza e più complessi da misurare. Inoltre, per l'Obiettivo 16 più che per altri il raggiungimento dei risultati è condizionato dalle dinamiche degli altri obiettivi e dalla specificità del contesto istituzionale».
  Salto alcuni passaggi e passo al secondo paragrafo che vorrei citare. «Il target 16.4 ha a che fare, invece, con la necessità di evitare che il controllo del funzionamento della società possa essere esercitato dal di fuori, attraverso l'introduzione nel Paese di fondi e di armi da parte di gruppi esterni che operano in regime di illegalità. Il tema del traffico d'armi e del riciclaggio è un tema presente nel nostro Paese, ma che si inserisce in una più ampia riflessione sulla legalità e sulla corruzione. In questo caso, quindi, l'Obiettivo è indubbiamente coerente con l'azione nazionale di contrasto alle mafie e all'azione di gruppi terroristici».
  Ho altresì letto con interesse il resoconto/commento, riportato sul sito del Centro regionale di informazione delle Nazioni Unite di Bruxelles, relativo ai lavori preparatori del documento finale, che include l'Obiettivo n. 16, in particolare le parti riguardanti le guerre. Tali lavori si sono svolti, come ben sapete, nell’open working group dell'Assemblea Generale dell'ONU e sono stati poi finalizzati nella risoluzione A/RES/70/1, del 21 ottobre 2015.
  Viene detto, fra l'altro, che per sradicare la povertà e ottenere uno sviluppo sostenibile occorre affrontare i conflitti e le insicurezze; che violenza e insicurezza sono problemi legati al benessere delle popolazioni di tutte le nazioni e non solo di quelle coinvolte in conflitti; che una pace duratura e stabile richiede la riduzione dei rischi di guerre e di insicurezza, mediante la riduzione della corruzione, l'equo accesso alla giustizia e alla sicurezza, la solidarietà politica per tutte le categorie sociali; e, infine, che i fattori scatenanti un conflitto, ivi compresi i flussi illeciti di armi e capitali, vanno contrastati attraverso azioni e coordinamenti a livello globale.
  Sulla base della volontà del Parlamento, l'Autorità nazionale UAMA è competente per il rilascio delle autorizzazioni, per l'interscambio dei materiali di armamento e per gli adempimenti connessi alla materia, di cui alla legge n. 185 del 1990 e successive modificazioni. Abbiamo un sito web sul portale del Ministero, sotto la pagina dell'Autorità nazionale, con tre sezioni contenenti tutti i documenti ad oggi di interesse per chiunque volesse consultarlo.
  L'Autorità si avvale, prima dell'eventuale rilascio di autorizzazioni all'esportazione e importazione per e da Stati extra NATO o UE, del parere del Comitato consultivo, ove seggono i rappresentanti del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ma anche quelli dei Ministeri dell'interno, della difesa, dello sviluppo economico, dell'economia e delle finanze e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli.
  Le modifiche del 2012 alla legge n. 185 del 1990 hanno, peraltro, consentito il recepimento della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2009/43/CE, del 6 maggio 2009, che semplifica le modalità e le condizioni dei trasferimenti all'interno della comunità dei prodotti per la difesa.
  Assistiamo, quindi, ad un processo di progressiva «europeizzazione» dei procedimenti di verifica nazionale sui materiali di armamento, che si basa anche sugli impegni politici assunti nel quadro della politica estera e di sicurezza comune, la PESC.
  A loro volta la legislazione italiana e quella europea sono integrate, nell'ambito delle articolate procedure valutative nazionali, dagli atti di carattere normativo di indirizzo e di armonizzazione in ambito ONU, UE, OSCE e dell'Intesa di Wassenaar; dai risultati delle periodiche consultazioni fra Stati membri del gruppo di lavoro della politica estera e di sicurezza comune del Consiglio dell'Unione europea sul controllo degli armamenti convenzionali, cosiddetto COARM; e dalle previsioni del Trattato sul Commercio delle Armi (ATT) cui l'Unione europea, nell'ambito della strategia europea in materia di sicurezza, dedica fondi e attività a sostegno della sua piena attuazione ed universalizzazione. Pag. 5
  Tutto ciò per dire che quando viene invocata l'interruzione della vendita di armamenti a Paesi che si ritiene siano in guerra e/o violino i diritti umani occorre tener conto del quadro nazionale ed internazionale normativo e di coordinamento in cui l'Italia si muove. Lo stato di conflitto armato e le situazioni di gravi violazioni dei diritti umani vengono accertati innanzitutto dagli organi principali e sussidiari delle Nazioni Unite – rammento che l'articolo 24 della Carta attribuisce al Consiglio di Sicurezza la responsabilità principale del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale – nonché dall'Unione europea. Laddove essi, unitamente al Consiglio d'Europa sul fronte dei diritti umani, come stabilisce la legge n. 185 del 1990, adottassero un qualche dispositivo precettivo internazionale, anche il nostro Paese sarebbe tenuto e ad adeguarvisi prontamente ed ovviamente lo farebbe subito.
  A ciò si aggiunga che il costante monitoraggio e la verifica delle singole situazioni-Paese, uniti alle caratteristiche del sistema autorizzativo delle licenze di movimentazione di materiali d'armamento, consente all'Autorità nazionale UAMA di rispondere con prontezza, a fronte di specifici mutamenti nelle situazioni locali e/o nel livello di rischio di un Paese, con il diniego a distanza o la sospensione o la revoca di autorizzazione.
  Peraltro, come si continua ad affermare anche in Parlamento, la legislazione italiana è considerata fra le più avanzate e rigorose in ambito internazionale. Nella sua concreta applicazione, specie verso destinazioni sensibili in termini di sicurezza, stabilità interna e regionale, oltre alle opportune valutazioni, vengono ottenute adeguate garanzie sia sull'utilizzatore sia sull'impiego finale dei materiali da esportare.
  Dal collegamento fra i traguardi 16.4 e 16.6 dell'Obiettivo n. 16 emerge, poi, che il traffico di armi e il finanziamento illecito si combattono anche e soprattutto con istituzioni efficaci, responsabili e trasparenti. In proposito, attiro la vostra attenzione sul fatto che l'Autorità nazionale UAMA contribuisce autonomamente all'attività di prevenzione, monitoraggio e sanzione di fenomeni di illegittimità settoriale, nonché in collaborazione con l'autorità giudiziaria, laddove emergano sospetti o certezze del verificarsi di fenomeni di illegalità.
  In secondo luogo, la trasparenza dell'azione dell'Autorità nazionale UAMA è garantita da tempistiche e procedure certe, recentemente oggetto di un approfondito processo di riordino e semplificazione, ciò anche a tutela della legalità e dell'efficacia dell'azione dell'Amministrazione dello Stato.
  Inoltre, l'individuazione, nel 2012, dell'allora Unità per le Autorizzazioni e i materiali d'armamento quale Autorità nazionale, con un articolato aumento delle competenze discendenti dalla normativa dell'Unione europea, ha rafforzato ulteriormente la lotta al traffico illegale di armi, anche attraverso l'allargamento dei poteri ispettivi.
  Infine, i flussi finanziari legati alle movimentazioni di materiali d'armamento sono ora oggetto di un controllo più stringente, grazie anche al portale MAECI-MEF, attraverso cui vengono monitorate tutte le operazioni derivanti da autorizzazioni dell'Autorità nazionale UAMA, corredate da apposito codice per il MEF, che noi apponiamo.
  Presidente Spadoni, onorevoli membri di questo Comitato, vi ringrazio della cortese e paziente attenzione e sono a disposizione per eventuali domande.

  PRESIDENTE Ringrazio per l'esposizione il Ministro Azzarello e lascio la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  PIA ELDA LOCATELLI. La ringraziamo per questa relazione, che ha messo in evidenza la complessità del controllo del traffico illegale di armi, d'altronde non può che essere così. Sono stata lieta di apprendere che le procedure di verifica per la sicurezza abbiano dei livelli sovranazionali di coordinamento: le Nazioni Unite, per quanto riguarda il coinvolgimento di Paesi in conflitto, e il Consiglio d'Europa, quando siano coinvolti Paesi in cui vi sono gravi violazioni dei diritti umani.
  Ho letto recentemente, però, che circa un terzo dei Paesi membri delle Nazioni Pag. 6Unite – quindi, quasi 70 Paesi – sono afflitti da conflitti con altre nazioni oppure da conflitti interni ed è sempre molto difficile distinguere il conflitto esterno dal conflitto interno perché non ci sono paratie stagne.
  Se poi pensiamo ai Paesi in cui vi sono gravi violazioni dei diritti umani, direi che la maggior parte dei Paesi del mondo dovrebbe essere esclusa dalla possibilità di commercio legale di armi, dato che, se il commercio avviene, è chiaramente un traffico illegale. Essendo la portata di questa illegalità così ampia, come è possibile essere efficaci nel contrasto ad essa? Ciò sembra davvero di difficile gestione.
  Sono d'accordo che ci debba essere il coordinamento tra Nazioni Unite e Consiglio d'Europa a livello di Paese ed è molto apprezzabile il controllo dei flussi finanziari perché, se si segue il denaro, si capiscono tante altre cose. Quindi, è assolutamente importante che ci sia coordinamento tra MAECI e MEF, ma è una macchina molto complessa. Le chiediamo, quindi, di essere molto diretto: è possibile fare un'efficace azione di contrasto? Grazie.

  TATIANA BASILIO. Ringrazio infinitamente per l'accurata relazione. Io faccio parte della Commissione difesa, quindi spesso ci occupiamo di armi. Il bilancio della Difesa ruota soprattutto sulla produzione di armamenti pesanti, produzioni di sistemi d'arma diversi da quelli di cui si parla in questa relazione. Trovo che la situazione sia agghiacciante non solo all'estero, ma anche in Italia, in quanto il traffico illegale, purtroppo, sussiste e, a questo punto, parlo anche di un traffico non illegale.
  Noi abbiamo, infatti, una fantastica legge, la n. 185 del 1990. Devo informarla che purtroppo da circa due anni la relazione alle Camere prevista da questa legge manca, ossia si cerca, di concerto, di provare a trattarla in Commissioni riunite e pare sempre inverosimile e improbabile. Quindi trovo che sia molto difficile contrastare il traffico illecito di armi perché mancano collaborazioni tra Paesi più o meno evoluti.
  A questo punto, si potrebbe anche proporre di potenziare l’intelligence, come abbiamo proposto anche nell'ultima legge quadro sulle missioni internazionali, invece che investire sempre e comunque in missioni nelle quali si portano gli «stivali sul campo». Bisogna potenziare l’intelligence soprattutto per quanto riguarda il terrorismo, ma anche per quanto riguarda il traffico illegale di armi che Lei oggi ha evidenziato come pesante.
  Entro il 2030 si dovrebbe ridurre il traffico illecito, ridurre drasticamente il finanziamento illecito del traffico di armi, ma non è semplice. Bisogna scavare nei finanziamenti delle banche, perché, sempre malgrado la legge n. 185 del 1990, sono state rilasciate autorizzazioni all'esportazione di sistemi militari italiani a numerosi governi e Paesi in stato di conflitto armato intenso oppure in stato di guerra, come l'Algeria, la Colombia, il Perù, l'Afghanistan, l'Egitto, la Tunisia e lo Yemen. La situazione relativa a quest'ultima nazione ha fatto scalpore grazie a trasmissioni televisive e denunce in Parlamento.
  Se si vuole normare questo traffico illecito, non bisogna aggirare le leggi, come spesso accade, perché, se la legge n. 185 dice che il commercio delle armi in Paesi in conflitti esterni o interni è vietato, poi non si può obiettare che vendiamo armi a quel Paese perché non sta bombardando, ma sta aiutando uno Stato in cui c'è una guerra civile o qualcuno che combatte contro il governo.
  La legge n. 185 è stata approvata nel 1990 a seguito di alcuni scandali, con il coinvolgimento di una filiale statunitense di una grande banca italiana, la BNL di Atlanta, nella vendita illegale delle armi all'Iraq di Saddam Hussein. Ritengo che questa, come si dice in ambito di cyber security, sia la parte oscura su cui mettere le mani. Infatti, se non si mettono le mani sui finanziatori, non si arriva da nessuna parte, perché purtroppo noi riusciamo a vedere solo il lato meno oscuro, quello della vendita delle armi e dei massacri che si susseguono in vari Paesi del mondo. La parte che va colpita e monitorata è proprio quella delle banche, perché con i finanziamenti bancari si fa molto nel bene, ma purtroppo anche molto in traffici illeciti. Pag. 7
  Volevo chiederLe quanti dinieghi e rifiuti di autorizzazione ci siano stati tra il 2015 e il 2016. Secondo le nostre informazioni dovrebbero essere zero e ci chiedevamo perché l'UAMA non utilizzi lo strumento dei dinieghi, ai sensi della posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio, dell'8 dicembre 2008, che definisce norme comuni per il controllo delle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari. Si tratta di una posizione comune dell'Unione europea. I dinieghi avrebbero il chiaro effetto di scoraggiare e limitare le esportazioni di armamenti.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Ringrazio molto per la relazione, che ci ha aiutato a fare il punto su una legge molto buona, che è stata anche ispirazione dell'ATT, una legge di cui dobbiamo essere orgogliosi.
  La legge è molto buona, innanzitutto, perché prevede un controllo parlamentare. Quindi credo che l'audizione di questa mattina ci aiuti a fare il nostro lavoro per quanto riguarda il controllo e ci permette di basarci sui fatti rispetto a un tema che, come Lei sa meglio di noi, è assolutamente delicato e sul quale è opportuno avere il maggior numero di informazioni dettagliate, così da non parlare per sentito dire. Infatti, nel caso dell'esportazione di armi e della normativa italiana è importante non basarsi su dicerie, ma avere informazioni.
  Da questo punto di vista, anche in riferimento a quello che appare sulla stampa, in particolare riguardo ad alcuni Paesi, credo che sia opportuno poter promuovere occasioni di confronto e di dibattito come questa, a partire dalla relazione in modo tale da capire perché in alcuni momenti sono state fatte scelte strategiche che consolidano le nostre alleanze e in modo da condividere queste scelte strategiche anche con il Parlamento.
  La mia domanda si riferisce, in particolare, al tema della relazione, che è effettivamente molto corposa. Tra i colleghi penso di essere una dei pochi che hanno richiesto ed esaminato la relazione: è composta da vari volumi ed è difficile da leggere, quindi da interpretare e questo fatto dà ragione ad un «sentito dire». Pertanto, mi chiedo se questa occasione di confronto con Lei non possa darci qualche spunto per elaborare una modalità di lettura della relazione che aiuti anche a svolgere un dibattito parlamentare annuale, basato su dati.
  Noi lo facciamo o dovremmo farlo sui dati della cooperazione allo sviluppo, lo facciamo sui dati delle missioni internazionali e questo ci aiuta molto a vedere anche la variazione degli impegni italiani, della presenza italiana, delle scelte strategiche italiane. Mi chiedo, quindi, se dalla discussione di questa mattina non possa arrivare qualche spunto per aiutarci, qualora a luglio dovesse arrivare la relazione o, comunque, quando arriverà, a leggerla in modo più efficace e a svolgere una discussione sulle motivazioni di certe scelte, che sono scelte del Paese e non di un gruppo politico, scelte che avranno conseguenze anche negli anni successivi e sono spesso dettate da alleanze, da rapporti, da una certa idea del mondo. Infatti, dire che noi diamo l'autorizzazione a esportare ad alcuni Paesi rispetto ad altri è un'idea di come si stanno configurando le relazioni internazionali.

  PRESIDENTE. Grazie, è condivisibilissimo il fatto che ci sia una riflessione anche all'interno delle Commissioni affari esteri e difesa sulla relazione che, come diceva prima l'onorevole Quartapelle, è molto corposa, molto articolata e spesso di difficile interpretazione. Anche la presidente ha qualche domanda per Lei, Ministro.
  Si è già parlato di alcune incongruenze tra la legge n. 185 del 1990 e l’import-export di armi a determinati Paesi. Lei prima ha citato giustamente il fatto che, se le Nazioni Unite o il Consiglio d'Europa reputano che determinati Paesi violino i diritti umani, l'esportazione di armi potrebbe non essere autorizzata.
  Essendo anche membro dell'Assemblea parlamentare presso il Consiglio d'Europa, una di quelle istituzioni che valuta proprio la democrazia e i diritti umani in determinati Paesi, ho avuto la netta sensazione, in questi tre anni e mezzo, che venissero usati due pesi e due misure. E questo è un problema. Ci sono alcuni Paesi per i quali le associazioni umanitarie non vengono prese Pag. 8in considerazione, altri nei quali, invece, vengono prese in considerazione. Quindi dobbiamo tirare una riga e decidere se gli interessi di un Paese siano superiori ai diritti umani o meno.
  Come è stato detto precedentemente, infatti, sono state rilasciate autorizzazioni all'esportazione di sistemi militari italiani a numerosi governi di Paesi in stato di conflitto armato intenso oppure in stato di guerra. Penso all'Algeria, alla Colombia, al Perù, all'Afghanistan.
  Sono stata in missione in Afghanistan qualche anno fa: siamo lì da dieci anni ma non c'è stato un miglioramento della situazione. C'è anche la nota situazione dell'Arabia Saudita e ci si nasconde – mi perdoni il termine un po’ forte – dietro il fatto che le Nazioni Unite non dicono nulla, anzi promuovono l'Arabia Saudita alla presidenza di un panel sui diritti umani alle Nazioni Unite e quindi va tutto bene. Però, dall'altra parte, ci sono associazioni che, invece, affermano che in Arabia Saudita si stanno violando costantemente i diritti umani, bombardando dei civili. Cosa pensa di questa discrasia tra determinati Paesi con cui viene permesso il commercio delle armi e gli altri Paesi? La Russia, ad esempio, è stata estromessa dal Consiglio d'Europa ma il problema è che molti altri Paesi rispetto ai quali probabilmente ci sarebbero più motivazioni per l'estromissione non vengono toccati.
  Come Lei diceva nella Sua relazione, con il decreto legislativo 22 giugno 2012, n. 105, sono state introdotte modifiche alla legge n. 185 del 1990 in attuazione della normativa dell'Unione europea. Con la modifica dell'articolo 27 della legge n. 185 del 1990 si prevede che le banche non siano più obbligate a chiedere l'autorizzazione del MEF, indispensabile strumento di verifica e di trasparenza per i trasferimenti bancari collegati a operazioni in materia di armamenti, in quanto, allo stato, basta una semplice comunicazione via web delle transazioni effettuate. Le chiedo, quindi, quale sia il Suo parere al riguardo e se ritenga opportuno che il MEF debba ripristinare il testo del previgente articolo 27 della legge n. 185 del 1990.
  Il Consiglio dell'Unione europea nell'agosto del 2013 ha condannato con la massima fermezza tutti gli atti di violenza in corso in Egitto e ha deciso di sospendere la licenza di esportazione. Tuttavia, malgrado fosse stata adottata questa disposizione in ambito europeo, l'Italia ha continuato a inviare armi in Egitto nonostante le pesanti violazioni dei diritti umani operate dalle autorità egiziane e certificate anche dal medesimo Consiglio dell'Unione europea dell'agosto 2013. Alla luce di questi fatti, ossia un'istituzione esterna di controllo che dice che si verificano atti di violenza in Egitto, come è possibile che l'Italia continui l'esportazione di armamenti verso l'Egitto? Magari Lei mi risponderà che tale esportazione è stata sospesa, cosa di cui sarei molto contenta, però non credo che sia così.
  Come accennava la collega Quartapelle, nella relazione ci sono varie difficoltà di carattere interpretativo connesse all'estrema complessità della stessa relazione. Essa è carente nell'Allegato C, recante la lista dei Paesi che si sono resi responsabili di gravi violazioni dei diritti umani. Quanto alla parte relativa alle operazioni finanziarie e al ruolo degli istituti di credito, il testo non reca più le indicazioni delle singole operazioni autorizzate dal MEF, con ciò precludendo un profilo d'esame importante ai fini del controllo parlamentare.
  La mia domanda, quindi, è come intenda risolvere tali gravi mancanze. Lei ha citato il fatto che la relazione uscirà a breve, a fine marzo, quindi questa è la sede adatta per chiarire se questa relazione verrà semplificata anche per il controllo parlamentare, che dovrebbe esserci soprattutto su questi temi.
  Mi associo alla domanda della collega Basilio sul numero di dinieghi e rifiuti di autorizzazione nel 2015 e nel 2016, perché sarebbe interessante avere questa informazione.
  La ringrazio e Le lascio la parola.

  FRANCESCO AZZARELLO, Direttore dell'Autorità nazionale – UAMA (Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento). Grazie, credo che giustamente cerchiate di approfittare della mia presenza Pag. 9però questo non significa che il futuro debba precludere rapporti trasparenti, come sempre, fra noi e il Parlamento.
  Andrò forse a ritroso, senza rispettare l'ordine delle domande e cercherò di rispondere ma, se mancassi in qualche risposta, vi prego di dirmelo.
  Per quanto riguarda la relazione al Parlamento – ne parlavamo un attimo prima di iniziare l'audizione –, la legge dice che entro il 31 marzo la Presidenza del Consiglio deve inviare al Parlamento la relazione annuale, che è fatta di contributi di varie Amministrazioni, cioè del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale/Autorità nazionale UAMA; che è stata mandata alla Presidenza del Consiglio a firma del Ministro, anche se poi ovviamente il Ministro non ha il tempo di scrivere una relazione che è corposa e ha svariate centinaia di pagine di allegati. Però un punto fermo è che la relazione arriverà sicuramente nei termini prescritti al Parlamento.
  Quest'anno (sono i dati del 2016) per quanto riguarda l'Amministrazione degli affari esteri (che è depositaria di una buona parte delle informazioni che interessano voi, la società civile, gli osservatori e gli studiosi e anche i nostri amici, alleati, concorrenti stranieri sul mercato delle vendite e delle esportazioni) è stato fatto un particolare sforzo di trasparenza, nel senso di completezza e di lettura dei dati di cui alle centinaia e centinaia di pagine degli allegati. Questo lo capisco, ma gli allegati sono composti da una serie di tabelle e voi sapete che la legge prescrive (mi pare all'articolo 5) che per ogni operazione societaria venga indicata la società, l'operazione, il valore, la quantità e la tipologia, poi c'è un punto in cui la legge prescrive di fornire un elenco dei Paesi cui noi vendiamo.
  Ci sono Paesi che voi avete citato, come l'Afghanistan, a cui forse noi vendiamo qualcosa, ma non lo ricordo. Ho le tabelle con i primi 25 Paesi, ovviamente non posso fornire i dati del 2016 adesso perché mancherei di rispetto alla Presidenza del Consiglio, violando il documento che poi la Presidenza vi trasmetterà. Però avrei qualche dubbio sull'esportazione in Afghanistan e, se pure vi fosse un'esportazione, forse essa è diretta alle forze di pace in Afghanistan.
  C'è comunque l'elenco completo nella relazione introduttiva, che quest'anno è di 24 pagine. Si tratta di una relazione assolutamente non discorsiva (basta fare un paragone con le precedenti): sono solo dati e informazioni suppletive, anche con delle prospettive storiche, in quanto la legge è del 1990 e nel 1991 viene creata l'UAMA che inizia a operare da metà 1991 in poi; quindi si cerca di fornire le maggiori informazioni sulle varie operazioni in termini di contenuto e di dati.
  Ammetto che l'applicazione della legge è complessa; è complessa anche per noi, perché ci sono tante casistiche, tanti attori coinvolti, varie amministrazioni. Si tratta di un settore che è sempre sotto l'occhio vigile di tutti. I flussi finanziari sono seguiti, però arriverò a parlare del portale.
  Sull'Allegato C confesso che non lo ricordo, ma, se esso mancasse nella relazione di quest'anno per i dati del 2016, ne prendiamo nota. È una cosa dovuta, non c'è alcun problema. D'altro canto, gli elenchi non li decidiamo noi, ma li prendiamo dagli organismi internazionali, e credo che gli elenchi non siano neanche tanto lunghi perché ricordo dai miei studi di relazioni passate di averne visti forse due risalenti agli inizi degli anni Novanta. Però, eventualmente, è una mancanza assolutamente in buona fede cui porremo rimedio.
  So che l'argomento dei dinieghi è un argomento che interessa e questa è un'occasione preziosa per dare qualche spiegazione su questa materia complessa, su cui credo che molti, non sapendo, a volte, non riescono a cogliere certi aspetti. Per il 2015-2016 c'è la politica – almeno per quanto mi riguarda, ma credo anche per il mio predecessore – di cercare di gestire il rapporto con gli operatori – si chiamano così oggi in gergo comunitario – cioè le aziende, le società, in modo molto trasparente e costruttivo.
  Noi tendiamo a cercare di evitare di dare dei dinieghi formali, perché questi sono registrati nella banca dati UE e l'utilizzo della banca dati UE, anche da parte di Pag. 10altri Paesi, è un qualcosa su cui si potrebbe discutere. Noi diamo innanzitutto un preavviso di diniego.
  Il preavviso di diniego significa che si dà alla società la possibilità di ritirare l'istanza e quindi di ripresentarla il primo giorno utile nel caso in cui la situazione cambiasse. Oppure la società, come ci è capitato recentemente, dice di volere il diniego formale, quindi noi diamo il diniego formale, che viene registrato nella banca dati UE, dove rimane per tre anni. Questo significa che se il materiale oggetto di diniego in un Paese dell'Unione europea è identico a quello che noi vogliamo esportare, si fanno delle consultazioni, dopodiché il Paese può anche decidere di esportare ugualmente. Il diniego dovrebbe, in teoria, impedire l'esportazione di certi materiali oggetto del diniego, ma anche in quel caso la questione è politicamente complessa. Non voglio entrarci perché potrebbe essere utilizzato in modo strumentale per bloccare altre società e questo vi pregherei di non stenografarlo...

  PRESIDENTE. C'è la diretta web.

  FRANCESCO AZZARELLO, Direttore dell'Autorità nazionale – UAMA (Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento). Va bene, non fa niente, l'ho detto nel senso che le competizioni commerciali di altri Paesi possono portare anche a questi comportamenti.
  Il diniego vale tre anni e noi possiamo anche decidere di ritirare il diniego prima dei tre anni, perché se cambia la situazione la società può ripresentare l'istanza; altrimenti per tre anni non può presentare più istanze di esportazione ma il tutto è gestito in modo molto sereno con le società. Credo che la società che aveva chiesto il diniego lo facesse per motivi di azionariato interno, cioè aveva azionisti di altri Paesi e voleva dimostrare agli altri azionisti che loro non avevano responsabilità, nel senso che veniva deciso in modo sovrano dallo Stato, dal Governo, dall'istituzione, che è l'Autorità nazionale, sulla base di una serie elementi. Pertanto, credo di avervi risposto sui dinieghi, che so essere un argomento di grande interesse.
  Per quanto riguarda il MEF, a tutte le istanze diamo un codice (è un modo per controllare), che chiamiamo codice per il MEF e che identifica le operazioni per noi, per il MEF e per le dogane, perché poi tutto passa attraverso le dogane. Non bisogna dimenticare che le dogane sono l'attore principale di tutto questo sistema, perché verificano i flussi in entrata e in uscita sulla base delle istanze che noi firmiamo e che sono controfirmate, per i Paesi extra UE e NATO, dal direttore competente delle dogane. Quando c'è qualcosa di sospetto, che può anche essere una virgola, vi è un alert. Ce ne sono tanti, spesso sono un nulla, nel senso che non c'è un motivo di sostanza. Anzi, direi che, per fortuna, almeno da quando sono arrivato, il 1° settembre dell'anno scorso, non mi hanno mai parlato di motivi di sostanza. Però è un modo di verificare tutti i flussi finanziari legati agli armamenti su nostre istanze.
  Fenomeni di illegalità presunta o accertata vengono gestiti non da noi, ovviamente, ma dalla magistratura, che può chiedere la nostra collaborazione che noi forniamo senza alcun problema. Abbiamo anche avuto visite, nel passato storico, per acquisizione di atti, per fortuna molto raramente, ma ci sono state grosse inchieste che hanno portato anche ad acquisizione di atti da noi.
  Sulle difficoltà interpretative della relazione al Parlamento credo di avervi risposto. La relazione quest'anno, nella parte introduttiva, cerca di essere estremamente aperta, estremamente chiara. Gli allegati purtroppo sono quello che sono, non possiamo far niente, sono tanti perché tante sono le operazioni. Noi riceviamo circa 30.000 istanze formali l'anno, poi abbiamo giornalmente rapporti con le aziende, incontri, e-mail, telefonate, casi particolari, urgenze, emergenze, e tutto è gestito in base a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1994. Come struttura, quindi, stiamo lavorando per un nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Questo dovrebbe limare in aumento le risorse, perché, se andiamo a guardare (lo vedrete nella nuova relazione annuale) i dati del primo quinquennio di vita dell'UAMA e li raffrontiamo ad oggi, Pag. 11c'è un'enorme differenza in termini di quantità e di valori, perché è aumentata progressivamente la nostra presenza sul mercato, c'è stata un'evoluzione.
  Le banche ricevono delle richieste da parte delle aziende, che hanno il codice.

  PRESIDENTE. Non c'è il codice nella relazione al Parlamento.

  FRANCESCO AZZARELLO, Direttore dell'Autorità nazionale – UAMA (Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento). Il MEF fa una sua relazione e dà un suo contributo alla relazione. Quindi la parte finanziaria è questione di competenza del MEF. Sull'istanza (l'istanza è una pagina con vari riquadri con tante cose scritte che viene firmata in fondo) c'è anche un codice MEF. Non credo che cambi nulla, in realtà avere, un codice MEF o non averlo.

  PIA ELDA LOCATELLI. Si individuerebbe la pratica in modo più semplice.

  FRANCESCO AZZARELLO, Direttore dell'Autorità nazionale – UAMA (Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento). Rispondo in modo costruttivo: ci riflettiamo.
  Per quanto riguarda le incongruenze credo di aver già risposto. Noi ci muoviamo in un quadro di politica estera che ha come priorità l'aspetto multilaterale e l'aspetto europeo e devo dire che questa è una decisione storica dell'Italia. Io non sono il Governo, ma sono un dirigente dello Stato che fa questo mestiere. In ambito multilaterale, come io ho accennato, come viene detto in Parlamento anche in risposta a interrogazioni parlamentari e a question time e come accennato anche dalla presidente, se c'è lo stato di guerra e se ci sono gravi violazioni dei diritti umani queste situazioni sono accertate dagli organismi internazionali, quindi Nazioni Unite, Consiglio d'Europa e Unione europea. Noi ci muoviamo in quel quadro sotto un profilo normativo, quindi di diritto internazionale, e anche sotto un profilo di coordinamento. Si cerca, cioè, di avere una posizione comune e in questo consiste la progressiva «europeizzazione» dei procedimenti di verifica nazionale. Ci sono costanti contatti e riunioni, quasi mensili, del COARM a Bruxelles. C'è la banca dati UE e c'è anche un ruolo del Parlamento europeo, che si esprime in argomento e produce delle relazioni. Il controllo parlamentare è previsto dalla legge e a ciò risponde la relazione.
  Forse non tutti sono contenti o soddisfatti, lo so bene, perché vorrebbero qualcosa di diverso e in più, ma vi sono vari motivi, anche aspetti – consentitemi di dire – di natura di confidenzialità commerciale e politica e anche richieste di confidenzialità da parte dei Paesi destinatari, clausole di confidenzialità dei contratti, ci sono anche delle norme del codice penale che vanno a tutelare la riservatezza delle operazioni, sarebbe cioè necessario il consenso da parte sia del cliente sia della società italiana a dischiudere certe informazioni che sono coperte da confidenzialità.
  La relazione è annuale, quindi ogni anno viene presentata al Parlamento. Per quanto riguarda eventuali approfondimenti in Commissioni riunite non è una questione che riguarda il mio ruolo.
  Sull'efficacia dei controlli sull'illegalità, posso dire che se non siamo sollecitati dalla magistratura su fenomeni presunti o sicuri di illegalità, noi ci occupiamo di garantire la legalità e quindi c'è tutta una procedura piuttosto complessa, che è stata enormemente semplificata. Nei prossimi giorni avremo una nuova direttiva di totale riordino, aggiornamento e semplificazione del settore delle esportazioni che verrà pubblicata sul nostro sito web. Ne abbiamo adottate altre recentemente, perché ciò serve anche al fine della concorrenzialità delle nostre imprese sui mercati internazionali, che poi porta ovviamente anche a una garanzia dell'occupazione in casa nostra e di immagine del nostro Paese tramite queste società.
  Ci occupiamo di garantire la legalità e lo facciamo ex ante e in itinere, guardando alla documentazione che ci viene fornita. In questo la legge e il regolamento attuativo sono chiarissimi. Quando si parla di ritardi bisogna riflettere sull'origine degli stessi. A Pag. 12volte le documentazioni non sono complete, quindi i sessanta giorni entro cui noi dobbiamo riscontrare un'istanza diventano di più, perché la procedura temporale viene sospesa ed estesa finché la documentazione non è completa. La documentazione comprende anche l'EUC, l’end-user certificate, che è governativo, ovvero l’end-user statement, che, invece, è prodotto dalla società destinataria, che garantisce che il materiale esportato non verrà riesportato verso Paesi terzi senza l'assenso del Paese di origine. Questa è una prassi normale: si cerca ovviamente di controllare i trasferimenti di tecnologia e di evitare che un Paese alleato possa esportare il materiale ad altri e che, quindi, la tecnologia italiana possa disperdersi con una penalizzazione della concorrenzialità della società sui mercati internazionali, ma in questo modo si cerca anche di controllare la destinazione dei materiali d'armamento.
  La normativa europea, che ha portato alla riforma della legge n. 185 del 1990 nel 2012 e poi al regolamento attuativo nel 2013, ha aumentato enormemente le competenze dell'autorità nazionale anche in fase di ispezioni, che svolgiamo regolarmente e che stiamo cercando di aumentare compatibilmente con le risorse a disposizione. Infatti, svolgere ispezioni è una cosa complessa in termini di preparazione e in termini di seguito, di decreti, di carte da firmare, di sanzioni che irroghiamo alle società. Andiamo a verificare i registri, ma lo facciamo sempre in modo costruttivo, nel senso che il nostro obiettivo è quello di facilitare un efficace funzionamento di tutta la parte che riguarda le società. Infatti, laddove le società funzionano bene anche per noi va bene perché, a parte la soddisfazione, è un problema in meno da dover affrontare, tutto è più fluido. Devo dire che da parte delle società italiane inizia a esserci una presa di coscienza della necessità di adeguarsi sempre più alla normativa europea.
  Il nostro obiettivo, come quello dei nostri concorrenti principali a livello europeo, è quello di responsabilizzare maggiormente le società e di intervenire non ex ante – gli italiani preferiscono le licenze individuali piuttosto che quelle globali –, ma in sede ispettiva successiva, per cui noi ti diamo fiducia, tu ti assumi le tue responsabilità perché la legge prevede anche dei procedimenti penali a carico, con le eventuali sanzioni in termini di reclusione per chi violi la legge. Quindi noi cerchiamo di garantire la legalità ex ante.
  La legalità ex post è una responsabilità che si prende chi violasse la legge. Se ci sono traffici illeciti, spesso vanno su mercati paralleli, che mai hanno a che fare con le nostre società. Grazie, scusate ma non è semplice, però capisco che può essere un'occasione di approfondimento.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Plenipotenziario Francesco Azzarello, ringrazio per la presenza il dottor Carlo Iacobucci dell'Ufficio rapporti con il Parlamento del MAECI e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 11.