Sulla pubblicità dei lavori:
Realacci Ermete , Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SULLA GREEN ECONOMY
Audizione del sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Giovanni Legnini.
Realacci Ermete , Presidente ... 3
Legnini Giovanni (PD) , Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze ... 3
Realacci Ermete , Presidente ... 3
Legnini Giovanni (PD) , Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze ... 3
Realacci Ermete , Presidente ... 6
Legnini Giovanni (PD) , Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze ... 6
Realacci Ermete , Presidente ... 7
Bianchi Mariastella (PD) ... 8
Crippa Davide (M5S) ... 8
Mannino Claudia (M5S) ... 9
Realacci Ermete , Presidente ... 10
Legnini Giovanni (PD) , Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze ... 10
Realacci Ermete , Presidente ... 10
Legnini Giovanni (PD) , Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze ... 10
Realacci Ermete , Presidente ... 11
Audizione del sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Luigi Bobba:
Realacci Ermete , Presidente ... 11
Bobba Luigi (PD) , Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali ... 11
Realacci Ermete , Presidente ... 15
Mannino Claudia (M5S) ... 15
Crippa Davide (M5S) ... 15
Realacci Ermete , Presidente ... 16
Mannino Claudia (M5S) ... 16
Realacci Ermete , Presidente ... 16 17
Bobba Luigi (PD) , Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali ... 17
Realacci Ermete , Presidente ... 18
Bobba Luigi (PD) , Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali ... 18
Realacci Ermete , Presidente ... 18
Bobba Luigi (PD) , Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali ... 18
Realacci Ermete , Presidente ... 18
Allegato 1: Documentazione consegnata dal sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Giovanni Legnini ... 19
Allegato 2: Documentazione consegnata dal sottosegretario di Stato per le politiche sociali, Luigi Bobba ... 30
Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ERMETE REALACCI
La seduta comincia alle 9.35.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE . Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
Audizione del sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Giovanni Legnini.
PRESIDENTE . Buongiorno. Salutiamo il sottosegretario Legnini e i colleghi presenti.
L'ordine del giorno delle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e X (Attività produttive) reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla green economy, l'audizione del sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Giovanni Legnini. Come il sottosegretario sa, le Commissioni stanno svolgendo un'indagine conoscitiva oramai arrivata alle sue fasi finali sulla green economy a 360 gradi, sugli effetti delle politiche ambientali nel campo dell'economia e un po’ in tutti i settori.
Nella fase finale, abbiamo richiesto e, in parte già svolto, l'audizione di vari ministeri, non solo ambiente e sviluppo, ma anche economia, lavoro, MIUR, agricoltura eccetera. Sentiamo oggi, per l'appunto, il Ministero dell'economia.
L'indagine conoscitiva è, ovviamente, orientata a influenzare il semestre di Presidenza italiana dell'Unione europea in un anno che, peraltro, l'Unione europea ha dedicato proprio alla green economy. Ci interessa conoscere il punto di vista in materia del Ministero dell'economia, quindi darei la parola al sottosegretario.
GIOVANNI LEGNINI , Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Innanzitutto, provvedo a depositare una relazione scritta alla quale, ovviamente, rimando per i dettagli degli argomenti che sinteticamente svolgerò. Inoltre, ho portato anche delle slide che riguardano la tassazione ambientale in Italia, un'elaborazione già nella disponibilità del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia, contenente dati, valutazioni e prospettive future su un argomento che, come dirò, è centrale nella strategia.
PRESIDENTE . Possiamo riceverli anche per via telematica ?
GIOVANNI LEGNINI , Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Provvederò senz'altro a trasmettere per via telematica entrambi i documenti, dai quali sono ricavabili gli argomenti di dettaglio.
È difficile definire la competenza, l'ambito di operatività del Ministero dell'economia su un tema che, come lei ha ricordato, è molto ampio e trasversale. Ormai credo che, come sapete meglio di me, costituisca un'acquisizione definitiva – sia nazionale, sia internazionale – quella in base alla quale per economia verde non si intende un settore, una nicchia, un aspetto della politica economica, ma un complesso di attività finalizzate a riorientare la politica economica e produttiva complessiva del Paese e dei Paesi.
Questa definizione, ormai consolidata e che anima le politiche dei Governi e, Pag. 4 certamente, quella del nostro Governo, attinge anche a definizioni, decisioni, orientamenti in sede europea. Ricordo, tra tutti, il programma ONU per l'ambiente, la Conferenza di Rio del 2012, decisioni assunte in sede europea e la strategia Europa 2020, che certamente è stata oggetto di ampia discussione nel corso di questa vostra indagine conoscitiva.
Sulla base di quest'approccio sistemico, finalizzato a suscitare un'evoluzione delle politiche economiche nella direzione della sostenibilità, il Governo italiano, considerando i contenuti noti della strategia Europa 2020, si è munito nel corso degli anni, da ultimo con il piano nazionale delle riforme, di una strategia. Non esito senza enfasi a considerarla tale; una strategia che afferisce, appunto, alla declinazione con misure precise dell'obiettivo più complessivo della riconversione ecologica sostenibile della nostra economia.
Questa strategia è ricavabile per una parte importante dal piano nazionale delle riforme, approvato, come è noto, lo scorso mese di aprile e inviato a Bruxelles alla Commissione che – all'inizio di questo mese, con le raccomandazioni che sono state rese pubbliche – ha sostanzialmente dato un avviso positivo sul complesso delle politiche economiche di bilancio, ivi comprese quelle che riguardano ciò che possiamo chiamare, appunto, una vera e propria agenda verde del Governo italiano.
Le misure che sono state prospettate, di cui alcune, come dirò, assunte e decise proprio in questi giorni nel Consiglio dei ministri di venerdì scorso, si innestano peraltro su politiche già in itinere e su decisioni che erano già state assunte, come voi sapete bene e su cui, peraltro, credo che la Commissione Ambiente sia direttamente investita.
Pendono tuttora in Parlamento l'esame del collegato ambientale alla legge di stabilità 2014, le azioni di salvaguardia del territorio e del paesaggio, tra cui in primis il disegno di legge del passato Governo sul contenimento dell'uso del suolo e riuso del suolo edificato, le misure che riguardano il risparmio e l'efficienza energetica fino al recepimento da parte del Governo nel Consiglio dei ministri del 4 aprile della direttiva sull'efficienza energetica e diverse altre misure che, a mano a mano, sono state adottate.
In questo quadro complessivo, come dicevo, particolare rilevanza, almeno per quel che riguarda le competenze proprie del Ministero dell'economia e delle finanze e, più in generale, per la strategia nazionale all'interno del pacchetto 2020, assume rilievo il tema della fiscalità ambientale o della fiscalità energetica.
In Italia, le tasse ambientali coincidono largamente con le tasse sui prodotti energetici, che costituiscono il 2,3 per cento del prodotto interno lordo, dato riferito al 2012, e le tasse sui veicoli, che costituiscono lo 0,7 per cento del PIL, oltre alle tasse sull'inquinamento da emissioni, sui conferimenti in discarica, parzialmente riferite a livello locale.
Nel corso degli anni recenti, è aumentata in modo significativo l'incidenza delle imposte ambientali sul PIL, in particolare a seguito delle misure adottate a partire dall'estate 2011, quando iniziò il percorso di forte aggiustamento dei conti pubblici. Infatti, mentre nel 2008 le tasse sui prodotti energetici erano al 2,3 per cento del PIL, negli anni successivi hanno registrato un incremento significativo fino al 3,1 per cento a seguito di incrementi, in particolare, delle accise sugli oli minerali, passate da 23,4 miliardi di euro nel 2008 a 28,2 miliardi nel 2012.
Il prelievo fiscale sui prodotti energetici, come sappiamo e come ben sanno anche i cittadini italiani e le imprese italiane, in particolare le accise sulla benzina e il diesel, è oggi uno dei più alti tra i Paesi europei. L'Italia, infatti, si colloca al secondo posto per il livello delle accise sulla benzina, dopo i Paesi Bassi e per il livello delle accise sul gasolio dopo il Regno Unito.
Nel quadro dalla nuova governance economica dell'Unione sull'utilizzo della riforma fiscale ecologica per il rilancio della crescita sostenibile, la Commissione europea, da un lato, ha formulato delle raccomandazioni, dall'altro, sta attuando iniziative e proposte di modifica della tassazione Pag. 5 sui prodotti energetici con proposte di modifica delle direttive sulla fiscalità energetica.
In particolare, nell'aprile 2011 la Commissione europea ha presentato una proposta di modifica della direttiva del 2003 con il duplice obiettivo di razionalizzare la tassazione del valore energetico dei combustibili e, in particolare, di introdurre una componente che valorizzi le esternalità negative legate alle emissioni di carbonio, da un lato, e di coordinare l'attestazione energetica con il sistema cosiddetto ETS, dall'altro.
La proposta di modifica eleva il livello minimo di tassazione già fissato dalla direttiva del 2003 e lo scinde in due distinti elementi, uno legato appunto all'emissione di CO2 e l'altro alla componente energetica, in modo che i livelli di imposizione riflettano uniformemente, per tutte le diverse fonti di energia, sia le emissioni di CO2 sia il potere calorifico netto.
Questa nuova impostazione, che ovviamente riguarda il complesso della fiscalità energetica, è recepita, come vi è noto, nella delega fiscale che il Governo dovrà attuare. L'articolo 15 della delega fiscale, in coerenza con le raccomandazioni della Commissione europea, prevede nuove forme di prelievo finalizzate a preservare e a garantire l'equilibrio ambientale, assicurandone la compatibilità con lo sviluppo sostenibile, in linea con la strategia Europa 2020 di riduzione delle emissioni inquinanti e il coordinamento con i princìpi della proposta di modifica della direttiva sui prodotti energetici attualmente in discussione, come dicevo, in sede comunitaria.
Sostanzialmente, la fase di attuazione dell'articolo 15 della delega fiscale – com’è noto, l'attuazione del complesso delle misure ipotizzate, quindi dei decreti legislativi da emanare nella verifica fiscale, dovrà essere effettuata entro 12 mesi dallo scorso mese di marzo – dovrà essere coordinata con la profonda revisione della normativa armonizzata in materia di tassazione dell'energia, che è l'oggetto della discussione e del confronto in sede europea. Si tratterà anche di scandire i tempi e i contenuti, ovviamente, del percorso attuativo sulla base di ciò che sarà deciso sulla materia in sede europea.
Naturalmente, bisognerà stare attenti anche a non penalizzare, sotto il profilo della competitività, le imprese italiane rispetto a quelle europee. Anche l'entrata in vigore, quindi, oltre che la definizione dei contenuti del decreto delegato, dovrà essere coordinata con l'entrata in vigore delle misure stesse anche in altri Paesi europei.
L'altro macrotema di carattere fiscale che ha caratterizzato, caratterizza e mi auguro caratterizzerà la politica economica e fiscale del Governo italiano, riguarda, come è ampiamente noto a tutti, le cosiddette misure di efficienza energetica per gli edifici, il cosiddetto ecobonus. Non vi illustrerò dati, percentuali e durata temporale perché ve ne siete e ce ne siamo occupati ripetutamente fino alla legge di stabilità per il 2014. Questa forte implementazione in termini percentuali e, comunque, complessivi del credito di imposta per le spese sostenute dal giugno 2013 al 31 dicembre 2014, con un décalage previsto per il 2015 dal 65 al 50 per cento, costituisce un potente fattore di politica anticiclica oltre che di conseguimento degli obiettivi di efficienza energetica e delle finalità previste nella strategia Europa 2020.
Si pone il tema, di cui credo abbiamo discusso ripetutamente, dell'estensione a regime di tale agevolazione, ovvero del carattere strutturale, che va affrontato compatibilmente con il reperimento delle risorse finanziarie e considerando anche il carattere anticiclico, come dicevo, della misura stessa. È evidente, infatti, che, se già la strutturalità della misura ha in sé un vantaggio, legato alla stabilità nel tempo delle agevolazioni fiscali stesse, non consente tuttavia di conseguire il risultato altrettanto importante in questa fase di uscita dalla crisi di accelerazione degli investimenti che si sono per fortuna prodotti in questi mesi a seguito delle misure che ho richiamato.Pag. 6
Il piano nazionale delle riforme, inoltre, contiene diverse altre misure che vi indico solo per titoli perché, come dicevo, troverete qualche specificazione e maggiori dettagli nella relazione e nell'altro materiale che ho depositato. In particolare, si tratta di implementare gli impegni assunti con il Protocollo di Kyoto e con la strategia Europa 2020.
Per esempio, sempre relativamente al controllo delle emissioni inquinanti, c’è il tema che dovrà essere declinato con provvedimenti più concreti e che costituirà un aspetto molto importante della strategia complessiva del sistema europeo di scambio dei permessi di inquinamento negoziabili, i cosiddetti emission trading system, uno strumento armonizzato a livello europeo e in prospettiva in grado di contenere l'emissione dei gas serra del settore termoelettrico e dei settori industriali.
Evidenzio sul punto che le misure già adottate e in corso previste per aumentare la quota delle fonti di energia rinnovabile e risparmio energetico dovrebbero ulteriormente, sotto questo profilo, consentire il raggiungimento degli obiettivi nazionali fissati per l'Italia. Voglio qui sottolineare, ma certamente ne avete fatto oggetto già di riflessioni, che il nostro Paese, come ci dicono molti dati e molti elementi acquisiti anche negli ultimi tempi, sul raggiungimento di questi obiettivi europei si trova in uno stato certo non ottimale, ma sicuramente più avanzato rispetto ad altri Paesi europei.
Vi è poi tutto il capitolo che ha a che fare con il macrotema del dissesto idrogeologico e dell'uso del suolo. Come sapete, il Piano Nazionale delle Riforme (PNR) fa espressa menzione delle misure concrete che il Governo ha adottato e intende adottare in questa materia a partire dalla decisione di istituire un'unità di missione presso la Presidenza del Consiglio per accelerare le procedure relative alla realizzazione di interventi contro il dissesto idrogeologico...
PRESIDENTE . Le chiedo scusa, ma dovrebbe accelerare l'esposizione perché alle 10,15 abbiamo un'altra audizione.
GIOVANNI LEGNINI , Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Procederò, allora, solo per titoli. Parlavamo di misure sul dissesto idrogeologico, di quelle relative all'agricoltura, alla nuova PAC e di altre che adesso non menziono per ragioni di brevità, per una parte anticipate dalle decisioni adottate dal Consiglio dei ministri del 13 giugno scorso.
I decreti, come è noto, sono in via di pubblicazione. Vi sono pezzi importanti, largamente anticipati dal Presidente del Consiglio e dai ministri competenti, che riguardano la materia ambientale, il dissesto idrogeologico, l'agricoltura e così via. Vi sono poi i capitoli – su questo, aderendo alla sollecitazione del presidente Realacci, non mi soffermo, ma sono molto rilevanti – che riguardano i contenuti della nuova programmazione dei fondi comunitari 2014-2020. Vi sono almeno quattro obiettivi tematici che hanno un'incidenza e un'influenza diretta, finalizzati a conseguire obiettivi sul macrotema dello sviluppo dell'economia verde.
Mi riferisco all'obiettivo sul trasporto urbano sostenibile, a quello sul cambiamento climatico e la prevenzione e la gestione dei rischi, a quello più generale che riguarda la tutela dell'ambiente, i beni culturali e la gestione dei rifiuti, le aree inquinate, il servizio idrico, la biodiversità, i sistemi di trasporto sostenibile, l'eliminazione della strozzature delle infrastrutture di rete.
Inoltre, vi è una programmazione altrettanto rilevante che riguarda il fondo di sviluppo e coesione nazionale, che deve essere ancora precisamente programmato dal Governo italiano, ma che contiene misure, dirette e indirette, assai rilevanti per il prossimo settennio di programmazione. Mi riferisco, in particolare, a quelle riguardanti la mobilità sostenibile di persone e di merci, a cui è dedicato il 45 per cento di questa risorsa molto importante oggi iscritta nel bilancio dello Stato, seppur spalmata nei 7 anni, per circa 43,8 miliardi di euro; al tema del clima e dei rischi ambientali e a numerosi altri che riguardano la ricerca, lo sviluppo tecnologico, Pag. 7 l'agenda digitale, la competitività dei sistemi produttivi, l'energia sostenibile e il clima.
Possiamo dire, poi bisognerà sostanziare questi obiettivi con provvedimenti o decisioni concrete stando attenti anche alla fase attuativa, che il complesso delle importantissime risorse, peraltro le sole aggiuntive di cui potremo disporre nei prossimi anni, sia dei fondi strutturali, sia del fondo di sviluppo e coesione, è fortemente orientato verso le politiche verdi e di sviluppo sostenibile.
Vi è poi il grande tema, sul quale concluderò, presidente, che riguarda l'aggiornamento ulteriore degli obiettivi di Europa 2020. In sede europea, a partire da quest'anno, si sta discutendo, come sappiamo, il pacchetto 2030, che contiene obiettivi che fanno evolvere ulteriormente quelli già definiti nel pacchetto precedente e anche delle novità.
Durante il semestre di Presidenza italiano dell'Unione europea, questo pacchetto e altre misure sull'economia verde saranno centrali nella discussione, nel confronto, nelle decisioni che l'Unione europea stessa dovrà assumere. Penso che il Governo italiano si presenterà a quell'appuntamento forte di risultati positivi acquisiti su questa materia e anche di un programma organico che ho per titoli richiamato e che potrete meglio verificare dalla documentazione allegata.
PRESIDENTE . Ringraziamo il sottosegretario, del quale, peraltro, conosco la sensibilità anche personale su questi temi. Abbiamo un quarto d'ora per formulare le domande e lasciare spazio al sottosegretario per le risposte.
Inizierei chiedendo tre cose rapidamente. Innanzitutto, sul credito di imposta e l’ecobonus, qui viene fotografata una situazione che non è quella chiesta dal Parlamento. Sull’ecobonus in più occasioni il Parlamento ha votato risoluzioni, ordini del giorno e via discorrendo, in cui si chiede la stabilizzazione dell’ecobonus perché, appunto, come giustamente si ricordava e come diciamo sempre in Europa, è stata non solo un'importante misura anticiclica, ma anche quella più efficace sulla riduzione dei consumi energetici nell'edilizia esistente, che è uno degli obiettivi che ci pone l'Europa.
Peraltro, siamo spesso in ritardo nei confronti dell'Europa nell'indicare la maniera in cui perseguire quest'obiettivo, quindi, signor sottosegretario, bisogna non solo trovare le risorse, ma anche forse fare i conti in maniera diversa. Esiste, infatti, sempre una polemica su come siano fatti i conti, sul rientro di queste misure, perché spesso sono sottovalutati sia gli effetti anticiclici, sia l'emersione dal nero che queste misure producono. C’è un problema, quindi, su questo punto.
Il problema riguarda anche gli edifici pubblici. C’è stata una sottovalutazione fino a oggi dell'effetto che può avere la riduzione dei consumi energetici negli edifici pubblici. Secondo la Consip, gli edifici pubblici italiani consumano 5 miliardi di euro di energia all'anno, solo le scuole 1,3 miliardi. Nella spending review di questo non c’è traccia, cioè si inseguono risparmi di tutti i tipi, ma questi – che peraltro sarebbero in parte autofinanziati dal rientro successivo e si incrociano con le misure europee che lei ricordava – non entrano mai nel mirino, quindi bisogna buttarci un occhio.
Infine, un punto chiave è la riforma fiscale. Nella sua relazione, di cui veramente la ringrazio, sono enunciati bene i princìpi, spostamento del carico fiscale da lavoro e imprese all'ambiente, come dice l'Europa, peraltro non per motivi ambientali. La tassazione ambientale in Italia vent'anni fa era molto più forte, perché il peso della benzina era molto più forte di oggi. Il grosso di quella che chiamiamo oggi fiscalità ambientale è, infatti, l'imposta sui carburanti.
Vorrei, quindi, capire se nella riforma fiscale il ministero, come era previsto anche nei princìpi di indirizzo della riforma fiscale, stia attuando questo spostamento.
Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
MARIASTELLA BIANCHI . Sui fondi europei, ha fatto benissimo il sottosegretario a segnalare quei quattro assi. Segnalo anche, ovviamente, l'asse 2, se non sbaglio, che è quello dell'innovazione, l'asse 3, competitività, e, in generale, il fatto che la Commissione europea abbia fissato come regola che il 20 per cento di tutti i fondi europei, e quindi della programmazione aggiuntiva nazionale, sia dedicato al clima in modo trasversale su tutti i settori e specifichi segnatamente che le misure di contrasto ai cambiamenti climatici devono essere centrali nell'obiettivo 3, competitività delle imprese.
Mi associo a quanto diceva il presidente sulla stabilizzazione dell’ecobonus.
Sulle misure fiscali, è molto importante la sottolineatura che il sottosegretario fa nella sua relazione sulla carbon tax e, a parte effettivamente vedere questo spostamento di carico fiscale verso l'impiego di materia piuttosto che sul lavoro, mi chiedo quali altre misure il Governo pensi di adottare come incentivi fiscali, come credito d'imposta, per sostenere effettivamente la transizione verso un'economia a bassissimo impatto di carbonio e con uso di risorse efficienti.
Sono misure di sostegno anche della politica industriale, ma certamente la leva fiscale è fondamentale per orientare le imposizioni. Non vorremmo soltanto dover assistere a discussioni per ora solo sullo spalmo degli incentivi, che francamente ci lasciano molto perplessi, perché non si possono cambiare le regole del gioco agli operatori. Spero che si vada verso una soluzione ragionevole. Certamente, lì c’è stato un aumento sconsiderato, una cattiva gestione della struttura e degli incentivi, mentre è fondamentale indirizzare correttamente l'economia.
Fa piacere che abbia citato in fondo il pacchetto clima ed energia, su cui è molto importante che il Governo italiano, che avrà la Presidenza di turno, conduca a buon fine la trattativa e si arrivi all'effettiva approvazione di quelle misure vincolanti. Penso che l'Italia, con tutti gli strumenti a sua disposizione, debba prendere sul serio la sfida del clima.
È vero che abbiamo risultati positivi, ma non ci siamo perché il trend delle emissioni attuali porta a una catastrofe. Sono sicura che il Governo italiano saprà adottare tutti gli strumenti necessari per riorientare l'economia.
DAVIDE CRIPPA . Ho due considerazioni. Una è riferita al fatto che è stato citato dal sottosegretario l'aumento di tassazione registratosi sulle accise sui carburanti, da 23 a 28 milioni di euro, ma la criticità è che non abbiamo visto rinvestire questo delta di tassazione in campo ambientale. Ahimè, una parte delle risorse, ad esempio, sono state anche messe sul «paracadute» IMU, seconda rata, cosa veramente estranea a un processo di tassazione ambientale per fini di programmazione di un Paese a livello energetico e di politiche ambientali.
Vorrei capire, in relazione all'aumento di tassazione, quanta parte è confluita in politiche di riconversione ambientale o di sostegno energetico alle rinnovabili o simili o se non si tratti, invece, di «paracadute di cassa» ai fini statali.
Altra questione è l'aumento delle tasse, ad esempio, che c’è stato anche sul consumo del gas, una tassazione che oggi prevede il sostegno del conto termico, dunque direttamente prelevato con una tassazione sui metri cubi di gas consumato. In quest'ambito, vorrei capire, visto che, ai fini ambientali, il consumo del gas è quello meno inquinante rispetto ad alcune risorse fossili tradizionali, perché non ci sia una tassazione molto più pesante su produzioni energetiche a olio combustibile o a carbone.
Andiamo, invece, su una diffusione di massa, che sicuramente spinge il cittadino a essere più parsimonioso nel suo consumo di gas, e quindi a migliorare la propria efficienza, ma vorrei anche capire come mai ancora oggi ci permettiamo di avere centrali di generazione a carbone nonostante una sovracapacità produttiva, anziché disincentivare l'utilizzo di questa fonte energetica.
Altre questioni riguardano, ad esempio, le vendite delle aste di emission trading Pag. 9 system (ETS) ovvero le quote di CO2. Su questo punto, il Viceministro De Vincenti pochi giorni fa, il 3 giugno, ci riferiva che sostanzialmente, secondo una normativa europea, il 50 per cento di questa debba essere destinata per fini e progetti energetico-ambientali e del 50 per cento ogni Stato può decidere cosa fare: ahimè, il nostro Stato ha deciso che è destinato agli operatori nuovi entranti oppure, per quello che manca, alla riduzione del debito pubblico. Forse su questi punti possiamo intervenire in maniera un po’ più strutturale, perché credo che, per poter rilanciare un sistema, dovremmo utilizzare tutte le risorse disponibili. Credo che qui ci siano delle potenzialità per uscire a cambiare un po’ di questioni.
Mi sarebbe piaciuta anche un'analisi di concetto, che magari è presente nella relazione e che per motivi di tempo non ha potuto esprimere, su cosa ha comportato l'aumento della detrazione dal 50 al 65 per cento in termini numerici e anche di gettito IVA derivanti da questi lavori e, soprattutto, le ricadute fiscali, cioè il fatto che ci sia stata, di conseguenza, una maggiore entrata per lo Stato derivante dalle tassazioni delle imprese e in ricaduta la tassazione sui lavoratori che lavorano per quell'impresa.
Mi piacerebbe capire, in un quadro globale, di questo strumento di incentivazione quanto in realtà torna dallo Stato in termini, ovviamente, banali di IVA al 22 per cento o al 10, a seconda del regime di tassazione, quindi anche di tutte le ricadute di tassazione sul lavoro. Quindi, come questo sistema viene globalmente inquadrato ?
Un'altra faccenda che mi sta molto cara è, ahimè, quella dell'accatastamento degli impianti fotovoltaici. Qualche mese fa l'Agenzia delle entrate ha adottato questa risoluzione nella quale era esplicitato che gli impianti superiori ai 3 kilowatt dovevano essere accatastati e di conseguenza doveva aggiornare il valore catastale dell'immobile su cui venivano posizionati. Questo, ahimè, porta ovviamente a un'ennesima tassazione per quelle persone che comunque avevano investito anche non a fini speculativi. Credo, infatti, che un impianto superiore ai 3 kilowatt potenzialmente soddisfi dei fabbisogni anche di produzione energetica domestica, ma è indiscriminato.
Se si colloca un impianto sopra ai 3 kilowatt su un edificio semi abbandonato, sicuramente lo si riqualifica, quindi aumenta la tassazione; se lo si colloca su una villa di lusso, quell'impianto da 3 chilowatt non fa aumentare la classe catastale, per cui non si incide con il valore dell'impianto sul totale.
Questo, ovviamente, porta a una discriminazione dell'utente: mentre l'utente con un edificio più fatiscente si trova a pagare una tassazione più alta, non altrettanto succede per quello con un edificio qualificato su cui collocare un impianto. Credo che sia l'ennesima tassazione rivolta ai gestori degli impianti fotovoltaici e che forse il Governo potrebbe fare un intervento risolutivo, perché questo comporta oggi un ulteriore onere a carico dei gestori degli impianti.
CLAUDIA MANNINO . Sarò brevissima, anche perché le curiosità sono in parte già state espresse da chi mi ha preceduto. Formulerò solo due domande che credo camminino trasversalmente all'intervento del sottosegretario. Una è riferita alla programmazione 2014-2020: il ministero ha una sorta di resoconto della discussione intrapresa dalle varie regioni in merito a questa programmazione ? Tutte le regioni italiane hanno risposto a questo sollecito di programmazione presentando le loro istanze ?
Se fosse così, si può effettuare una verifica rispetto alle programmazioni precedenti, rilevando se quest'ulteriore programmazione continua un lavoro iniziato nella programmazione precedente o se sono pedissequamente riproposte le stesse cose e, quindi, evidentemente qualcosa non ha funzionato nella programmazione precedente ?
Pongo la questione perché trasversalmente questo argomento è collegato, ovviamente, con il ruolo che il nostro Paese può avere durante il semestre di presidenza Pag. 10 europea italiano. Credo sia fondamentale arrivare là con una gestione consapevole della situazione delle regioni.
Sempre riferendomi alla programmazione 2014-2020, ha citato due argomenti che a noi come Commissione Ambiente sono molto cari. Uno è quello del dissesto idrogeologico e l'altro quello della prevenzione. Mi fa piacere aver sentito parlare di un'unità che in qualche modo snellisca le procedure o comunque le verifichi per le bonifiche dal dissesto: mi chiedo se all'interno di questa unità ci sia anche e, in caso affermativo, in che percentuale, l'impegno per la prevenzione al rischio idrogeologico.
Da un lato, alcuni fenomeni si manifestano ogni semestre, per il troppo caldo o per le troppe piogge, ma contemporaneamente abbiamo un'edificazione, un utilizzo dei suoli, l'altro argomento che proponeva, che evidentemente non tiene conto della situazione idrogeologica del Paese.
PRESIDENTE . Do ora la parola al sottosegretario Legnini per la replica, ovviamente, per quanto possibile, in tempi contenuti. Data l'ampiezza, il sottosegretario può rispondere adesso o può farci pervenire una nota.
GIOVANNI LEGNINI , Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Come ritiene. Naturalmente, per una risposta esaustiva, occorrerebbe un tempo congruo. In tre minuti cercherò di dire ciò che è possibile sulle importanti domande che sono state rivolte.
Quanto alla stabilizzazione dell’ecobonus, si è detto e fatto di tutto, ha ragione il Presidente, ordini del giorno, discussioni, eccetera. Credo che l'occasione per discutere sulla strutturalità di questa misura sarà la prossima legge di stabilità. Prima di allora la vedo un po’ difficile. Questo perché la legge di stabilità contiene anche la programmazione finanziaria triennale, sapendo – ripeto – che vi sono argomenti a favore e argomenti contro, sempre in senso pro misura. Se il cittadino italiano ha la convinzione ricavata da fonte normativa che comunque questo beneficio c’è sempre, a prescindere, probabilmente non ci sarà un'accelerazione degli investimenti. Questo è l'unico argomento contro, ma ripeto che è un tema serissimo che credo si affronterà con la legge di stabilità.
Aggiungo solo che una stima sugli effetti che chiedeva l'onorevole Crippa delle misure recenti non è stata ancora effettuata. Sarà utile effettuarla, ma faremo di tutto per effettuarla, perché questi investimenti sono in itinere. L'applicazione di questo beneficio è in corso.
Riguardo agli edifici pubblici, onorevole Realacci, come lei sa, una prima misura in questa direzione sarà contenuta nel decreto che credo sarà pubblicato nei prossimi giorni riguardo all'efficientamento degli edifici scolastici, ma bisogna fare di più in questa materia.
PRESIDENTE . Di questo abbiamo discusso col Ministro quando è venuto in audizione proprio su tale questione. Lì, oltre ai 330 milioni di euro del Ministero dell'ambiente, stiamo spendendo 3,5 miliardi sull'edilizia scolastica, senza orientare in quella direzione.
GIOVANNI LEGNINI , Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Concordo, ma questo riguarda i contenuti dei progetti.
Personalmente, condivido. Si tratta di verificare se è necessario un supporto normativo o possa essere affidato tutto alla scelta discrezionale dei valutatori dei progetti che sono stati e che saranno presentati. Ovviamente se c’è il vincolo normativo, l'effetto è assicurato.
Per quel che riguarda il tema dell'attuazione della leva fiscale, fiscalità energetica, carbon tax e così via, non posso che riaffermare ciò che ho detto. L'attuazione di questa misura non è ancora iniziata, è recentissima come sappiamo, circa 3 mesi fa. Questo percorso attuativo va posto in stretta relazione con la ridefinizione degli obiettivi in sede europea, perché c’è un problema serio che riguarda certo l'orientamento della leva fiscale verso incentivi e disincentivi, ma anche la competitività delle imprese italiane. Non possiamo avere Pag. 11 trattamenti molto differenziati tra le imprese italiane e quelle dei Paesi a noi omologhi, quindi il raccordo tra le decisioni di attuazione e quelle europee è assolutamente necessario. Diverse domande hanno trattato questi due temi.
Sulla destinazione del ricavato dalle aste vi è un orientamento, ma non mi risulta vi sia una decisione assunta per via normativa. In ogni caso, il Parlamento è pienamente nelle condizioni di decidere.
Allo stesso modo, il tema dell'accatastamento degli impianti fotovoltaici potrà essere utilmente affrontato, posto che l'orientamento è quello che lei richiamava, in occasione della riforma del catasto, anch'essa in itinere. Credo sarà, anzi, uno dei provvedimenti di prima emanazione in attuazione della disciplina della delega fiscale.
L'onorevole Mannino chiedeva se le regioni si sono pronunciate sulla programmazione. Sì, sono state coinvolte ampiamente nella fase di preparazione dell'accordo di partenariato: ove necessario potranno essere resi disponibili anche i documenti su questa materia che sono nella disponibilità del DPS, il Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, che ha concluso questo negoziato che ha coinvolto regioni, enti locali, partenariato nel suo complesso anche economico e sociale, confluito tutto nell'accordo di partenariato approvato dal CIPE lo scorso 22 aprile e inviato lo stesso giorno alla Commissione europea e in corso di valutazione in quella sede.
Sul dissesto e lo snellimento delle procedure, a parte la misura sull'unità di missione istituita presso la Presidenza, in uno dei decreti approvati in Consiglio dei ministri, come sapete, vi è una misura specifica che riaffida ai presidenti delle regioni la programmazione e la gestione di questi interventi, dopo che la gestione commissariale non ha prodotto grandi risultati di velocizzazione.
Al contrario, parlo di cognizione personale diretta, molte volte ha prodotto un rallentamento. Peraltro, lì si pone il tema serissimo che il Parlamento ha già discusso ampiamente sul patto di stabilità: molte volte queste risorse non sono spendibili e affidarle alla responsabilità dei livelli territoriali di governo non risolve il problema, ma aiuta a riconciliare le esigenze finanziarie legate al rispetto del patto di stabilità con l'esigenza della velocizzazione della spesa. In ogni caso, anche su questa materia ci sarà modo da discutere nel corso dell'esame della legge di conversione del decreto-legge approvato venerdì scorso.
PRESIDENTE . Ringraziamo il sottosegretario anche per la documentazione che ci ha fornito e di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico dell'audizione odierna (vedi allegato 1). Alle questioni aperte si lavora.
Audizione del sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Luigi Bobba.
PRESIDENTE . Passiamo adesso all'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla green economy, del sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Luigi Bobba, che ringrazio e saluto.
Do la parola al sottosegretario Bobba per lo svolgimento della sua relazione. Successivamente, chiunque volesse porre domande o chiarimenti avrà il tempo di farlo.
LUIGI BOBBA , Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Buongiorno. Presento una nota rispetto al tema oggetto della vostra indagine conoscitiva. Successivamente, lascerò un testo più puntuale rispetto al tema specifico.
La crescita verde costituisce ormai un elemento di riferimento per le strategie di policy della maggior parte delle economie avanzate. Se l'obiettivo è quello di continuare a innalzare i livelli di benessere e salute della popolazione, infatti, il perseguimento di una crescita eco-compatibile rappresenta una scelta ineluttabile. L'Unione europea ha in tal senso ampiamente inglobato nella sua strategia di crescita l'attenzione verso l'ambiente, puntando verso una crescita a bassa emissione Pag. 12 di CO2, stimolando l'efficienza energetica e promuovendo lo sviluppo delle fonti rinnovabili per l'approvvigionamento di energia elettrica.
Altrettanto evidenti sono gli sforzi compiuti dal G7 e dalle Nazioni Unite per trovare un consenso sull'obiettivo del contenimento delle emissioni nocive per l'ambiente e la transizione verso un'economia che faccia un uso più attento ed efficiente delle risorse. Non a caso, la stessa Unione europea ha affermato che la sfida degli anni futuri è per un'economia che sia insieme intelligente, sostenibile e competitiva.
I benefìci di una rapida transizione verso una green economy sono notevoli. L'OCSE ha stimato in 9 milioni il numero di decessi che si potrebbero evitare in tutto il mondo riducendo l'inquinamento dell'aria e delle falde acquifere, decessi che colpiscono prevalentemente i bambini con meno di 5 anni. In termini economici, per citare un solo esempio, sono stimati in 112.000 miliardi di dollari i risparmi complessivi derivanti dal ricorso a fonti di energia diverse dal carbone.
Le sfide associate a un cambiamento di paradigma sono, tuttavia, non secondarie. Occorre promuovere e sviluppare politiche energetiche in grado di accompagnare la transizione, valutare l'introduzione di incentivi e disincentivi fiscali in grado di accelerare la transizione verso un uso delle risorse più efficiente e compatibile con l'ambiente e, infine, prevenire i possibili disagi associati a una trasformazione del mondo e del mercato del lavoro che vedrà, a mano a mano, diventare obsolete determinate tipologie di produzione e di competenze per sostituirle con altre e rendere così la crescita verde un fenomeno inclusivo.
In tal senso, va parimenti ribadito l'enorme potenziale in termini occupazionali di un passaggio verso la green economy. Alcuni di essi sono già del tutto visibili. Anche se non è semplice quantificare l'evoluzione dei cosiddetti green job, gli studi della Commissione europea sull'argomento hanno evidenziato come durante il periodo di crisi, gli ultimi 7 anni, l'occupazione nel settore della produzione di beni e servizi ambientali sia cresciuta del 20 per cento, arrivando quasi a 4,5 milioni di posti di lavoro, laddove in altri settori tradizionali erano alle prese con pesanti ristrutturazioni e ridimensionamenti. Si tratta, quindi, di un settore in controtendenza rispetto a quello che è accaduto durante gli anni della crisi.
Per quanto riguarda l'Italia, dal rapporto di Green Italy 2013 presentato da Unioncamere e Fondazione Symbola si evince come sia cresciuto negli ultimi anni il numero di imprese che investono in tecnologie green destinate a ridurre l'impatto ambientale e a risparmiare energia e come da tali imprese nasca una forte domanda di competenze giovani e innovative. Sono imprese che, grazie alla loro propensione a investire in ricerca e sviluppo, riescono a competere anche sui mercati internazionali e che da sole assorbono quasi il 50 per cento dei nuovi posti di lavoro creati per gli under 30. Dall'inizio della crisi a oggi, più di un'impresa su cinque ha scommesso proprio sulla green economy.
Va considerato, inoltre, che attualmente nella nostra economia gli occupati verdi, i cosiddetti green job, sono più di 3 milioni. Accanto a questi vanno considerate altre 3 milioni 700.000 figure attivabili proprio dalla green economy, cioè soggetti già regolarmente occupati che possono essere impegnati a lavorare in settori e filiere green.
Dal 2008 a oggi, anche senza tener conto dell'agricoltura, 328.000 aziende italiane dell'industria dei servizi con almeno un dipendente hanno investito o lo faranno quest'anno in tecnologie green per ridurre l'impatto ambientale e risparmiare energia. Si tratta di più del 20 per cento di tutte le imprese nazionali.
Dunque, la green economy rappresenta un terreno sul quale costruire le basi per una ripresa sia della produttività sia della competitività esterna del nostro Paese, indicata come il vero fattore di crescita. Sappiamo, infatti, che l'espressione green Pag. 13 job non si limita a indicare quei lavori direttamente collegati alla produzione di beni e servizi ecocompatibili.
Nella definizione adottata dall’International Labour Organization (ILO), i lavori verdi sono tutte quelle occupazioni che contribuiscono a salvaguardare, recuperare o migliorare la qualità dell'economia, ovvero tutti quei lavori che contribuiscono a ridurre l'impatto ambientale delle attività di impresa attraverso la riduzione dei consumi di energia, materie prime e acqua, la riduzione di emissioni di carbonio e gas serra, la minimizzazione o la riduzione di tutte le forme di inquinamento, la protezione o la rigenerazione degli ecosistemi e della biodiversità. In tutti i settori economici dell'agricoltura e di servizi esiste, dunque, lo spazio per lo sviluppo di posti di lavoro verdi.
Un caso emblematico di come la green economy possa generare occupazione nei settori tradizionali e imprese di piccola dimensione è quello degli sgravi fiscali associati alla riqualificazione energetica e alla ristrutturazione edilizia da parte delle famiglie. Nel solo 2013, queste ultime hanno speso per tali tipologie di interventi oltre 23 miliardi di euro e già quasi 6 miliardi nei primi due mesi del 2014. Secondo alcune stime del Cresme, tali investimenti in attività di riqualificazione hanno generato circa 340.000 occupati addizionali in un settore come quello delle costruzioni, che sappiamo in profonda crisi.
Anche il rapporto Green Italy, infatti, stima quasi un quarto del fatturato complessivo del settore delle costruzioni quello derivante da attività connesse alla green economy, laddove essa rappresenta, sempre secondo tale studio, circa il 10 per cento del PIL complessivo del Paese.
Questi cambiamenti hanno determinato anche la nascita di nuove figure professionali particolarmente innovative e collegate allo sviluppo della green economy. L'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (ISFOL), Istituto di ricerca vigilato e controllato dal Ministero del lavoro, ha individuato quelle prioritarie e principali, come l'esperto economico-finanziario di interventi in campo energetico-ambientale, l'esperto di interventi energetici sostenibili a livello territoriale, il promotore consulente di materiali edili a basso impatto ambientale, l'esperto di qualificazione in campo energetico e ambientale delle imprese edili, tutte figure che in qualche modo dicono come il campo professionale e lavorativo collegato alla green economy sia interessato da profonde innovazioni, sia nelle competenze sia nelle configurazioni dei sentieri professionali delle persone che vi lavorano.
Ancora, nell'ambito, della filiera corta agroalimentare ed ecosostenibile sono state individuate, in particolare, tre nuove figure professionali: l'esperto in programmazione e pianificazione dei processi produttivi a filiera corta, il responsabile della gestione ambientale e qualità e, infine, il tecnico dei processi produttivi a filiera corta.
In una prospettiva di individuazione delle politiche da mettere in campo per sviluppare ulteriormente e qualificare la green economy, occorre premettere che è necessario un approccio integrato, in modo da far sì che la transizione verso la stessa green economy possa sfruttare al massimo le potenzialità e ridurre i colli di bottiglia generati da un processo così rilevante.
Insomma, le politiche fiscali, quelle industriali, quelle energetiche e quelle del lavoro, qui particolarmente evidenziate, devono avere un'unica direzione, in modo da far sì che gli investimenti in tecnologie ecocompatibili possano, da un lato, disincentivare le attività con forte impatto ambientale e, dall'altro, promuovere conoscenze e competenze nuove nelle imprese e tra i lavoratori. Le politiche del lavoro hanno, quindi, un peso particolare nel gestire la transizione dell'economia verde, ma la loro efficacia dipende da come e quanto esse riusciranno a integrarsi in un disegno strategico più ampio.
In particolare, le politiche devono essere ispirate a tre criteri nel governo del mercato del lavoro: vedere come riuscire ad anticipare e prevenire i mismatch che Pag. 14 possono generarsi tra domanda e offerta di competenze necessarie proprio dentro questa transizione; gestire l'inevitabile ristrutturazione connessa al progressivo abbandono di produzioni ad alto consumo energetico verso forme di produzione più efficienti e a bassa emissione di CO2, l'ultimo, come facilitare la creazione di nuovi posti di lavoro.
Queste tre linee di azione chiamano in causa, a loro volta, una serie di attori e di strumenti su cui occorre lavorare per garantire la massima efficacia di queste politiche. Occorre, quindi, conoscere le caratteristiche del tessuto produttivo, studiarne i cambiamenti, adeguare tempestivamente sia la formazione scolastica sia, in particolare, quella professionale a queste nuove esigenze che si presentano, appunto, con lo sviluppo della green economy. Come ho detto, lo sviluppo della green economy è anche un veicolo straordinario per recuperare quel gap di produttività che è stato uno degli elementi che ha bloccato il nostro Paese.
I settori innovativi necessitano, infatti, di un sufficiente apporto di capitale umano principalmente, ma non esclusivamente, dotato di competenze in ambito scientifico, tecnologico, ingegneristico e matematico. Occorre, quindi, colmare in tempi rapidi quel gap che vede l'Italia come uno dei Paesi con la minore incidenza di lavoratori laureati, anche tra i giovani.
In particolare, l'ISFOL ha osservato che, in quest'ultimo decennio, c’è stato un particolare sviluppo nel campo della formazione universitaria – quello delle lauree triennali – delle cosiddette lauree verdi, a indirizzo ambientale. Indagini successive hanno verificato una buona potenzialità occupazionale dei giovani che hanno scelto queste tipologie di lauree, con più della metà dei giovani che si sono occupati nei primi 3 anni.
In secondo luogo, questi giovani hanno avuto particolare soddisfazione, ossia hanno trovato una coerenza tra il percorso formativo e lo sviluppo professionale che hanno poi intrapreso.
Da ultimo, nel tipo di occupazione e remunerazione, non si tratta di occupazioni precarie o incerte, ma fondamentalmente di lavori dipendenti a tempo indeterminato.
Sempre con riguardo al campo della formazione, si è avuta un'offerta formativa abbastanza ben distribuita sul territorio anche sul versante di prima formazione professionale o di formazione professionale specializzata. Tutto questo ha avuto un incremento particolare fino al 2010. Successivamente, invece, c’è stata una riduzione di quest'offerta dovuta a un fattore esogeno, nel senso che buona parte delle risorse anche derivanti dal fondo sociale europeo in capo alle regioni è stata ridestinata a finanziare gli ammortizzatori sociali. Non solo questo settore della formazione professionale nell'area dei mestieri verdi, quindi, ha avuto un andamento decrescente, ma questo si è determinato anche in altri settori.
In questi ultimi anni, invece, dal 2010 in poi, la formazione ambientale è andata concentrandosi prevalentemente su azioni di formazione continua, e quindi l'offerta di formazione professionale ambientale si va caratterizzando sempre più come formazione di breve durata e di risposta alle domande provenienti dal mercato e dalle aziende, volte all'adeguamento delle normative ambientali vigenti, alla riqualificazione e ricollocazione lavorativa e all'esigenza di una riconversione sostenibile e di una diversificazione dei processi produttivi e dei servizi green offerti.
In buona sostanza, mentre tra il 2001 e il 2010 c’è stata un'offerta formativa pubblica consistente e variegata, peraltro distribuita su tutto il territorio nazionale, negli ultimi anni l'offerta di formazione ambientale si è concentrata su corsi di breve durata, sostanzialmente originati da domande delle aziende orientate ad adeguare le competenze dei propri lavoratori alle normative vigenti.
Infine, la formazione professionale può essere uno strumento complementare per gestire le ristrutturazioni del tessuto produttivo. Ho già detto che uno dei compiti delle politiche è gestire queste transizioni, Pag. 15 supportando o mettendo in conto i costi che originano anche dal fatto che un numero non irrilevante di lavoratori può trovarsi totalmente spiazzato rispetto alle nuove esigenze delle attività produttive e alle competenze che, invece, hanno maturato nel loro percorso professionale.
Uno dei compiti della formazione professionale è, dunque, anche quello di essere un elemento di sostegno per questi lavoratori che tendono a perdere il lavoro o, comunque, ad avere competenze obsolete, in modo da reintegrarli attraverso attività di formazione e riqualificazione nelle nuove filiere produttive e nelle nuove competenze che originano dai cosiddetti mestieri verdi.
In tal senso, un punto della delega, in discussione in questo momento al Senato, riguardante il governo complessivo del mercato del lavoro va proprio in questa direzione.
Credo con questo di poter concludere il mio intervento.
PRESIDENTE . Ringrazio il sottosegretario. Mi pare che il quadro sia completo dal punto di vista dei profili occupazionali e anche da quello degli interventi di politica lavorativa, formazione compresa.
Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
CLAUDIA MANNINO . Formulerò una domanda secca. Mi è sfuggito un nesso. Lei ha parlato ripetutamente di formazione e di corsi di formazione al mondo del lavoro. Le volevo chiedere se i dati che porta come posti di lavoro legati alla formazione nel settore della green economy sono riferiti a posti di lavoro legati al numero dei partecipanti ai corsi di formazione oppure al numero effettivo di posti di lavoro.
Peraltro, non mi risulta che i lavoratori di cui lei parlava siano lavoratori a tempo indeterminato, nel senso che tutte queste professioni, prevalentemente, sono svolte da liberi professionisti con partita IVA, e dunque non sono assimilabili al lavoro a tempo indeterminato. Vorrei, quindi, capire questo dato.
DAVIDE CRIPPA . Prendo atto che è il secondo intervento odierno che in qualche modo – non lo so, ma mi sembra che ci sia aria di cambiamento – pensa a una tassazione sulle centrali a carbone. Mi sembra, infatti, che la prima parte dell'intervento che ci ha preceduto fosse riferita alla necessità di considerare le esternalità negative, le morti dei bambini e, quindi, di tassare quelle produzioni energetiche con caratteristiche ambientali pessime. Vedremo. Ovviamente, lo cogliamo come uno spunto positivo e cercheremo di tramutarlo al più presto in un emendamento.
Sono rimasto un po’ perplesso sulla considerazione riferita alle lauree triennali. Ahimè, provengo da quell'estrazione e ho dovuto inventarmi dei lavori per andare avanti, aprire una partita IVA e sbocchi professionali autonomi, non di lavoro dipendente. Ahimè, tutti i miei colleghi coetanei di corso non hanno un lavoro dipendente a tempo indeterminato, come citato poco fa.
Il dibattito resta aperto, ma credo che la riforma dei percorsi universitari triennali non abbia portato quel rilancio occupazionale che si era tanto decantato durante l'inizio dell'attività. A un certo punto, i soggetti che si sono trovati inseriti in quel percorso di formazione hanno dovuto scegliere strade alternative. Il 3+2 è messo in discussione da qualsiasi categoria professionale, anche dagli ordini, dai collegi. È un percorso formativo che non ha portato assolutamente i frutti che erano stati ipotizzati inizialmente.
Ci terrei a soffermarmi su alcune sue considerazioni riferite agli addetti e a quanto ci ha detto poco prima il rappresentante del Ministero dell'economia. Dobbiamo aspettare la legge di stabilità per stabilizzare queste detrazioni al 50 e 65 per cento, ma quei posti di lavoro che sono stati citati e, ahimè, come sottolineo, anche quei milioni di partite IVA che dipendono da quei lavori, che si sono creati una professione svolgendo attività, magari facendo corsi di formazione come quelli che lei segnalava, per qualificarsi professionalmente ed essere sul mercato come esperto di gestione energetica e ambientale, Pag. 16 non possono aspettare dicembre per sapere se lavoreranno il prossimo anno, se riusciranno a pagare un mutuo, se riusciranno a mandare i figli all'asilo.
Credo che la prospettiva di pianificazione debba essere diversa. Non possiamo arrivare a dicembre a pensare ancora eventualmente a un altro anno. Quanto ha detto il sottosegretario Legnini è allarmante, ovvero l'idea che, se stabilizziamo, la gente lo considera un fisso, quindi non è incentivata a mettere in campo subito le misure. Se vogliamo indirizzare il mercato del lavoro in quel senso, è necessario dare un percorso ben definito e di continuità, altrimenti diventa sempre un mostruoso e diffuso precariato.
Vorrei fare anche un excursus, se possibile – se non dispone dei dati oggi, sarebbe utile anche farci avere una memoria – sulle casse integrazioni in deroga sui settori manifatturieri tradizionali. Vorrei capire quanto oggi, in settori manifatturieri tradizionali, che purtroppo continuano a ricorrere alle casse integrazioni in deroga o straordinarie e a mezzi di sostegno all'attività produttiva tradizionale, questi incidano sullo Stato italiano, visto che continuano ad aumentare i concordati con le aziende per riuscire a garantire almeno la sopravvivenza dei lavoratori fino a un certo periodo di tempo e quanto sarebbe necessario rinvestire, come è stato, per creare occupazione parallela, in maniera da diversificare questa operazione.
Vorrei capire quanto annualmente incidano questi tipi di sostegni finanziari e quanto eventualmente potremmo mettere in campo per evitare che quei sostegni gravino per 4 anni sulle casse senza produrre nulla. Non producono, infatti, un rilancio occupazionale. Cercare di riuscire a bilanciare questi due comportamenti, che ovviamente dobbiamo analizzare, come non è di facile risoluzione, aprirebbe orizzonti interessanti.
PRESIDENTE . Intervengo per una richiesta di chiarimento, ma vorrei dire anche una cosa alla collega Mannino. Conosco quella vicenda e la stabilità dei posti di lavoro dipende dal fatto che, se si intende, per posti di lavoro attivati dalla politica ambientale, l'insieme di quello che trasversalmente avviene nell'economia, ovviamente è cosa diversa da un call center.
Quanto diceva il collega Davide Crippa è chiarissimo. Se si deve qualificare un'impresa o anche un singolo per un intervento di qualità nell'edilizia, quella non è una professionalità che si ha dall'oggi al domani; se la si perde, perché non si dà continuità a quelle politiche, si crea un danno. Il call center, invece, senza nulla contro, possono essere inventati anche senza particolari percorsi. Per questo motivo, in genere, i lavori che hanno a che vedere con la green economy hanno una percentuale di stabilità più elevata. Sono più stabili di altri lavori.
CLAUDIA MANNINO . Il dato reale, però, non è questo.
PRESIDENTE . Sui lavori, no. Su quelli di questo settore, sì. In questo settore, il livello di stabilità è più elevato perché la qualità del «capitale umano» è più importante rispetto a ciò che bisogna realizzare, tant’è vero che nei settori a ricerca e sviluppo la percentuale di quelli sarà addirittura del 60 per cento. Il 60 per cento dei nuovi assunti in ricerca e sviluppo incrociano in qualche maniera temi che hanno a che vedere con l'ambiente.
Tornando a quanto si diceva riguardo all’ecobonus, capisco che la competenza specifica del ministero incroci questa tematica più dal punto di vista della formazione, delle competenze e del percorso, che non da quello delle politiche, ma è anche vero che non si produce lavoro cambiando le regole del lavoro. Si produce lavoro se anche si capisce quale sia il settore in cui il lavoro si attiva.
Da questo punto di vista, sicuramente la politica anticiclica più importante, più estesa e più di prospettiva, è quella di mettere mano all'edilizia. Ce ne sono tante altre, come l'agricoltura, ma il ragionamento sarebbe lungo. A mettere mano nell'edilizia, invece, in cui ci sono 40 miliardi di euro di energie spese ogni Pag. 17 anno, c’è tanto spazio per politiche economiche e quella politica è essenziale.
I settori che possono dare una risposta occupazionale in tempi non geologici sono l'edilizia, la difesa e la manutenzione del territorio, più anticiclici dal punto di vista della creazione del lavoro, almeno per il mercato interno, mentre l’export è un'altra partita, lo è la competitività dell'impresa. C’è bisogno, quindi, che il Ministero del lavoro, oltre a un'attenzione alle forme contrattuali, che non è oggetto del nostro contendere attualmente, provi anche a individuare in quali settori il lavoro può essere prodotto concretamente. Questo è importante.
Inoltre, è in programma – mi pare a metà luglio – un'incontro che non si è mai fatto prima in Europa, dei Ministeri dell'ambiente e del lavoro. Immagino si intenda collegare strettamente le due problematiche. Peraltro, uno dei nostri obiettivi è quello di terminare quest'indagine, appunto, in tempi utili per l'inizio del Semestre italiano europeo e prima di quell'incontro.
State ragionando su cosa portare a quell'incontro come ipotesi di lavoro da parte del Paese che gestisce il semestre in questa fase, tenuto conto anche che per l'Europa questo è l'anno della green economy ? Soprattutto, bisogna tener conto del fatto che, come credo sia evidente a tutti, ma su cui ritengo che il sottosegretario Bobba sia d'accordo, non usciremo dalla crisi ricominciando da dove ci eravamo fermati, come dice anche Squinzi oramai anche nella relazione di Confindustria, asserendo che i tre quarti della riduzione dei volumi non saranno recuperati nei settori in cui ci sono stati. Dobbiamo capire, dunque, in che direzione andare.
Su questo c’è un lavoro comune del Governo, c’è un lavoro del Ministero del lavoro ? Come si sta preparando quell'incontro per non farne un appuntamento di scambio di idee che non produca risultati ?
PRESIDENTE . Do ora la parola al sottosegretario Bobba per la replica.
LUIGI BOBBA , Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Sulla questione posta dall'onorevole Mannino e ripresa anche dall'onorevole Crippa sugli occupati delle lauree triennali ambientali, il dato di ISFOL è sostanzialmente questo: più della metà di questi laureati ha trovato un'occupazione nel giro dei primi 3 anni, di cui poco più del 25 per cento ha un'occupazione come lavoro dipendente. Questi sono i dati rilevati da ISFOL sulla base delle persone che hanno ottenuto lauree triennali a profilo ambientale.
In questo senso, si verificava che ci fosse un interessante rilievo dal punto di vista non solo del successo occupazionale, ma anche della soddisfazione dei singoli nel rapporto tra la formazione ricevuta e l'attività professionale realizzata.
Sul tema delle casse integrazioni in deroga, la questione è un po’ più larga del tema che abbiamo in oggetto. Sicuramente il tema è alla fortissima attenzione del Ministro e del Governo. Non a caso, questa tematica sarà riconsiderata all'interno della delega in discussione. Uno dei punti della delega riguarda, in generale, la riorganizzazione dei sistemi di protezione sociale del lavoratore.
Posso concordare con l'onorevole Crippa che in molti casi alcune casse che durano all'infinito in imprese praticamente morte diventano una spesa meramente assistenziale e non preludono ad alcunché, se non alla conclusione definitiva. Dunque, anche l'accompagnamento dei lavoratori dovrebbe avvenire con un obiettivo positivo e non statico, che di fatto lascia le cose come stanno e non li reinserisce verso una potenzialità o una possibilità occupazionale di diversa natura.
La riorganizzazione di questi strumenti, in modo da far sì che l'impegno finanziario rilevante che in questi anni si è avuto in tutti gli strumenti – dalla cassa ordinaria a quella straordinaria, a quella in deroga, alla mobilità, all'ASPI recentemente introdotta – deve essere meglio finalizzata, da un lato, al reinserimento lavorativo e, dall'altro, come ha ripetuto più volte il Ministro del lavoro Poletti, specialmente con quegli strumenti pagati Pag. 18 non tanto dalla contribuzione di lavoratori e imprese ma dalla fiscalità generale, il lavoratore deve essere impegnato a restituire alla comunità attraverso un servizio di utilità sociale e pubblica il sostegno che riceve dalla stessa comunità.
Per quanto riguarda il discorso del presidente Realacci, non posso che concordare. In effetti, le politiche che si fanno dal versante del ministero che qui rappresento, e cioè il Ministero del lavoro, non possono non essere coordinate per essere efficaci, per avere un qualche effetto pratico, con le politiche in capo ai Ministeri dell'ambiente, dell'economia o dello sviluppo economico.
In tal senso, l'indicazione di alcuni settori come elementi traenti per modificare il segno da meno a più nel campo dell'occupazione, vedono certamente l'edilizia, che è uno degli elementi oggi ancora di maggiore criticità. Non a caso, l'economista Deaglio faceva osservare che, quando è uscito il dato sul -0,1 del PIL nel primo trimestre del 2014, guardando i dati disaggregati, si vedeva che tutti i settori del manifatturiero avevano il segno positivo, tranne il settore energetico, per via dell'inverno mite, e il settore dell'edilizia, invece ancora in profondo rosso. Se, infatti, all'inizio della crisi valeva 100, adesso siamo a 60, quindi con un -40 per cento. Certamente, questo è uno degli elementi che potrebbe generare nuove potenzialità occupazionali.
Allo stesso modo, il ministero sta guardando, in un campo totalmente diverso da quello di cui parliamo oggi, con una qualche attenzione all'area del cosiddetto secondo welfare, dei servizi alla persona e alla famiglia, un'area a forte potenzialità occupazionale.
Per quanto riguarda, infine, il tema dell'iniziativa di metà luglio, del vertice a Torino il 10 e l'11 luglio.
PRESIDENTE . Quella congiunta ?
LUIGI BOBBA , Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Non lo ricordo. A Torino c’è la prima iniziativa, quella dei Ministri del lavoro.
PRESIDENTE . Mi pareva che quella congiunta fosse a metà luglio.
LUIGI BOBBA , Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Adesso non ricordo la data. In ogni caso, rispetto a questo, avendo partecipato su delega del ministro alla riunione interministeriale delle iniziative del Semestre, so che su queste tematiche il sottosegretario Gozi ha annunciato un lavoro comune guidato dal Presidente del Consiglio e i ministeri interessati, lavoro, ambiente ed economia, per formulare una proposta che faccia da battistrada, da guida su tutto il Semestre di Presidenza italiano.
Quale sia la configurazione di questa proposta non è noto neanche a me, ma il sottosegretario Gozi lo ha annunciato, dicendo che queste tematiche rappresentano un po’ il carattere che il Governo vuole dare a tutte le iniziative del semestre.
PRESIDENTE . Va benissimo. Ringrazio i colleghi e il sottosegretario anche per la documentazione consegnata di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato 2).
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 11.
Pag. 19ALLEGATO 1
Audizione Green Economy del Sottosegretario On.le Legnini
(17 giugno 2014, Camera dei deputati)
Considerazioni introduttive.
L'UNEP (Programma ONU per l'ambiente) definisce economia verde quella che comporta «il miglioramento del benessere umano e dell'equità sociale, riducendo in modo significativo i rischi ambientali ed il consumo di risorse» (UNEP 2011).
Alla Conferenza di Rio del 2012 i Governi hanno sottolineato l'importanza di considerare la green economy come principio guida delle loro politiche di sviluppo.
La maggior parte delle interpretazioni di sostenibilità prendono come punto di partenza il consenso raggiunto dalla Commissione sull'Ambiente e Sviluppo (World Commission on Environment and Development, WCED) nel 1987, che ha definito lo sviluppo sostenibile quello «che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni».
Le politiche e gli strumenti di sostegno e sviluppo della green economy sono passati dall'essere considerati un vincolo all'essere visti come risorsa per un diverso modello di sviluppo, riorientando le scelte sia in ambito internazionale che europeo e nazionale.
La strategia «Europa 2020» riconosce esplicitamente la necessità di creare sinergia tra obiettivi economici e ambientali, e sostiene la transizione verso una «economia verde». Migliorare l'efficienza delle risorse è una pietra miliare in questa iniziativa, i cui obiettivi concreti si trovano nella «Roadmap verso un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse» (CE, 2011). La Roadmap prevede che «entro il 2050 l'economia dell'UE sia cresciuta in modo da rispettare i vincoli delle risorse, così da contribuire a una trasformazione economica globale».
Le interpretazioni del concetto di «green economy» possono variare in certa misura, ma c’è un ampio terreno comune tra i concetti impiegati da governi, imprese ed organizzazioni internazionali a livello mondiale: la green economy implica un superamento del «paradigma economico» in passato prevalente e un cambiamento di rotta, per adottare misure regolamentari e forti incentivi finanziari all'innovazione, agli investimenti (per esempio, in tecnologie verdi), a comportamenti di consumo sostenibile e condivisione delle informazioni.
Un'economia verde crea opportunità generando nuovi posti di lavoro e spostando le opportunità da aree che si basano su risorse non rinnovabili (ad esempio i combustibili fossili) ad altri settori quali l'industria del riciclo/riuso.
In sede europea è stata introdotta una definizione di «green jobs» basata su due tipologie: lavori correlati a produzione di beni e servizi che migliorano l'ambiente od ottimizzano l'utilizzo delle risorse, cioè che comportano un output positivo; ovvero lavori che comportano pratiche e processi che utilizzano minori risorse o sono più sostenibili, cioè che comportano una riduzione dell'impatto. Nel 2013, sono quasi 52 mila le assunzioni di green jobs (sia non stagionali che stagionali) previste dalle imprese dell'industria e dei servizi con dipendenti (9,2 per cento del totale). Mentre sono 81 mila le assunzioni di figure attivabili dalla green economy (14,4 per cento).
Secondo l'elaborazione del rapporto GreenItaly presentato nei giorni scorsi, a partire dalla classificazione Istat CP2011 Pag. 20 delle professioni «green jobs», gli occupati complessivi in tutta l'economia verde (sia privata che pubblica), al 2012, sono quasi 3 milioni e 100 mila (3.056,3 mila), corrispondenti al 13,3 per cento dell'occupazione complessiva nazionale. Un dato in sintonia con i risultati dell'Eurobarometro su «Pmi, efficienza delle risorse e mercati verdi», in cui si afferma che nel 2012 circa il 13 per cento degli occupati nelle Pmi può essere considerato un green job, nel senso che applica competenze verdi durante tutta o parte delle proprie mansioni lavorative.
Tale trasformazione economica migliora l'equità sociale e genera una più equa ripartizione degli oneri, sia in termini di costi e benefici economici che ambientali (EEA – Agenzia Europea Ambiente, 2012).
È significativo a tal proposito che, in linea con le esperienze più avanzate che stanno prendendo forma in tutto il mondo, sin dal dicembre 2010 Cnel e Istat si siano impegnati a mettere a disposizione della collettività uno strumento capace di individuare gli elementi fondanti del benessere in Italia e nei suoi molteplici territori. Gli indicatori del Bes (Benessere Equo e Sostenibile in Italia) integrano i dati macroeconomici, divenendo riferimento in grado di segnare la direzione del progresso che la società vuole realizzare, in linea con gli obiettivi internazionali ed europei.
Dagli ultimi dati disponibili emergono elementi importanti di riflessione per orientare le scelte politiche di sviluppo, ma anche un'evoluzione positiva in significative aree che mettono l'Italia tra i primi paesi OCSE per alcuni indicatori ambientali.
Le iniziative del Governo Italiano nell'ambito della strategia Europa 2020.
Promuovere un migliore utilizzo del capitale naturale, mediante un mix di politiche in grado di internalizzare le esternalità ambientali, consentirebbe di valorizzare alcuni settori strategici del nostro sistema produttivo – la filiera agro alimentare, il turismo, i servizi a elevato valore aggiunto e il sistema industriale nel suo complesso.
L'attuazione di una strategia di sviluppo ecosostenibile può creare nuove opportunità di business e aumentare la competitività delle imprese, riducendo i costi di approvvigionamento delle risorse naturali, tra cui le fonti energetiche, e l'esposizione del sistema economico alle oscillazioni delle loro quotazioni.
L'obiettivo di tale strategia è la piena affermazione di un modello di sviluppo sostenibile e inclusivo in grado di prevenire il degrado ambientale, il depauperamento del capitale naturale, la perdita di biodiversità e di utilizzare in modo efficiente le risorse naturali, creando al tempo stesso nuova occupazione. L'uso efficiente delle risorse risponde alla duplice necessità di stimolare la crescita e assicurare che questa avvenga in modo sostenibile.
La strategia del Governo, ampiamente descritte nel Piano nazionale di riforma approvato dal Governo ad aprile e promosso a Bruxelles all'inizio di questo mese, si muove in linea con il «Collegato ambientale alla legge di stabilità 2014» («Agenda Verde»), tutt'ora all'esame del Parlamento, con le azioni di salvaguardia del territorio e del paesaggio, tra cui in primis il DDL sul contenimento dell'uso del suolo e riuso del suolo edificato, con quelle sul risparmio e l'efficienza energetica, che costituisce la prima priorità della Strategia Energetica Nazionale, fino al recepimento da parte del Governo (CdM 4 aprile) della direttiva efficienza energetica, ora all'esame delle competenti Commissioni Parlamentari, e con diverse altre misure adottate dai passati Governi.
Gli obiettivi per la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio sono stati definiti a livello comunitario mediante il pacchetto clima energia («Pacchetto 2020») e inglobati nella strategia «Europa 2020» per rilanciare l'economia dell'Unione. Tale strategia è considerata una tappa intermedia rispetto a un orizzonte di più lungo periodo. La sfida nei prossimi anni, già intrapresa a livello europeo, Pag. 21 è quella di «dissociare» la crescita economica dal consumo delle risorse. Per conseguire questo obiettivo, il governo seguirà le linee guida tracciate nel PNR 2014 e farà leva sui seguenti elementi principali.
Fiscalità ambientale.
Come nei principali paesi OCSE, in Italia le tasse ambientali coincidono largamente con le tasse sui prodotti energetici (2,3 per cento del PIL nel 2012) e sui veicoli (0,7 per cento del PIL). Sono inoltre previste tasse sull'inquinamento (emissioni SO2 e NOx) e sui conferimenti in discarica, parzialmente a livello locale. Le tasse sull'inquinamento rappresentano tuttavia una quota marginale delle entrate «ambientali». Il gettito delle imposte sui prodotti energetici è in generale il risultato dell'applicazione di differenti aliquote a seconda della tipologia dei prodotti e dell'utilizzo al quale essi sono destinati (autotrazione, riscaldamento, usi agricoli, combustione).
Nel corso degli anni recenti, è aumentata in modo significativo l'incidenza delle imposte ambientali sul Pil, a seguito delle misure adottate a partire dall'estate del 2011 ai fini del consolidamento dei conti pubblici: nel 2012 le imposte ambientali rappresentavano il 3,1 per cento del Pil (erano il 2,3 per cento del Pil nel 2008), registrando un incremento significativo delle accise sugli oli minerali (passate da un 23,4 miliardi di euro nel 2008 a 28,2 miliardi di euro nel 2012). Il prelievo fiscale sui prodotti energetici, e in particolare le accise sulla benzina e il diesel, è oggi uno dei più alti tra i paesi europei (l'Italia si colloca al secondo posto per il livello delle accise sulla benzina, dopo i Paesi Bassi; e per il livello delle accise sul gasolio dopo il Regno Unito).
Le raccomandazioni della Commissione europea nel quadro della nuova governance economica dell'Unione sull'utilizzo della riforma fiscale ecologica per il rilancio della crescita sostenibile, da un lato, e la proposta di modifica della direttiva comunitaria sulla tassazione dei prodotti energetici(1) , dall'altro, pongono oggi la fiscalità ambientale al centro del dibattito del nostro Paese.
In primo luogo, per conseguire gli obiettivi di riduzione delle emissioni inquinanti e portare il sistema economico lungo un sentiero di sviluppo che faccia un uso meno intensivo delle fonti fossili, una rimodulazione fiscale sui prodotti più inquinanti è coerente con le raccomandazioni della Commissione Europea di spostare gradualmente il prelievo dai fattori produttivi ai consumi ambientali e di sostenere per questa via crescita e occupazione. Nell'ambito delle procedure del semestre Europeo, la Commissione ha formulato negli ultimi anni tra le raccomandazioni specifiche per l'Italia di spostare l'onere fiscale sul consumo, i beni e l'ambiente, in modo da ridurre la pressione fiscale sul lavoro e i capitali, senza incidere sul gettito. Le imposte ambientali, insieme a quelle sui consumi e sulla proprietà, sono ritenute infatti tra gli strumenti con un impatto positivo sulla crescita e, in un contesto di vincoli per il risanamento dei conti pubblici, un maggiore orientamento a riforme che spostino gradualmente il prelievo dalle imposte dirette a quelle ambientali potrebbe contribuire a ridurre le distorsioni economiche che ostacolano l'efficienza del sistema fiscale. Assicurare una tassazione ambientale più efficace ed eliminare i sussidi e gli incentivi dannosi per l'ambiente risulta nel giudizio della Commissione europea una
strategia essenziale per promuovere la crescita economica e la competitività del nostro Paese.
Va peraltro ricordato che a livello comunitario, le politiche energetiche si sono orientate da oltre un decennio a perseguire un maggiore equilibrio, nei sistemi fiscali degli Stati membri, tra incentivi e disincentivi(2) . Nell'aprile 2011 la Commissione europea ha presentato una proposta di modifica della direttiva 2003 con il duplice obiettivo di razionalizzare la tassazione del valore energetico dei combustibili e, in particolare, di introdurre una componente che valorizzi le esternalità negative legate alle emissioni di carbonio, da un lato, e di coordinare la tassazione energetica con il sistema EU ETS, dall'altro. La proposta di modifica eleva il livello minimo di tassazione già fissato dalla direttiva 2003 e lo scinde in due distinti elementi, uno legato alle emissioni di CO2 e l'altro alla componente energetica, in modo che i livelli di imposizione riflettano uniformemente per tutte le diverse fonti di energia sia le emissioni di CO2 sia il potere calorifico netto.
La proposta iniziale di direttiva prevedeva tre aspetti qualificanti: 1) il principio di proporzionalità o concatenazione delle aliquote, ovvero gli Stati membri avrebbero dovuto adeguare le accise nazionali in base al rapporto esistente tra i livelli minimi di imposizione fissati dalla proposta di revisione per le diverse fonti di energia in modo da riflettere correttamente il rapporto tra il valore energetico dei diversi carburanti(3) ; 2) l'introduzione di una componente per la valorizzazione del contenuto di carbonio dei prodotti energetici; 3) il coordinamento della tassazione energetica con quella dei prodotti energetici mediante un'esenzione obbligatoria per i settori appartenenti all’Emission Trading System, che si applica attualmente alle emissioni provenienti dagli impianti industriali e da alcuni tipi di combustione, a differenza della tassazione energetica che viene applicata agli usi di combustibile(4) . Nel secondo semestre 2012 alcuni punti cardine della proposta iniziale della Commissione, tra cui la concatenazione delle aliquote che di fatto limitava fortemente la sovranità fiscale degli Stati membri sono stati stralciati. È invece stato confermato che i livelli minimi di tassazione previsti nella nuova direttiva dovranno tener conto sia del contenuto energetico dei prodotti sia delle relative emissioni di CO2, fermo restando che gli Stati membri manterranno completa flessibilità nel determinare le aliquote di tassazione
nel rispetto dei livelli minimi comunitari e potranno conservare nelle legislazioni nazionali un'imposta unica (senza distinguere tra le due componenti). Di fatto la decisione di introdurre una carbon tax diventa opzionale in ciascuno Stato Membro.
Per riportare il sistema economico lungo un sentiero di sviluppo caratterizzato da un uso meno intensivo di fonti o emissioni più inquinanti, e considerando il quadro di evoluzione comunitario appena delineato, assume oggi una valenza strategica in Italia rimodulare gli strumenti fiscali esistenti e introdurre o potenziare le «green taxes» o le «carbon taxes». Se coordinate con la revisione della direttiva europea sulla tassazione dei prodotti energetici orientata a limitare le emissioni di carbonio, le tasse ambientali potrebbero generare un «doppio dividendo»: dal lato ambientale indurrebbero la riduzione delle emissioni inquinanti; dal lato del prelievo, la destinazione del gettito in via prioritaria anche alla riduzione del carico sul lavoro nei settori guidati dalla «crescita verde» potrebbe condurre ad una più equa distribuzione del carico tributario, con riflessi positivi sulla sostenibilità del prelievo sui cittadini e sulla qualità del tax mix.
In coerenza con le raccomandazioni della Commissione europea, l'articolo 15 della delega fiscale (approvata dal parlamento nel marzo 2014) prevede nuove forme di prelievo(5) finalizzate a preservare e a garantire l'equilibrio ambientale, assicurandone la compatibilità con lo sviluppo sostenibile in linea con la strategia «Europa 2020’ di riduzione delle emissioni inquinanti e il coordinamento con i principi della proposta di modifica della direttiva sui prodotti energetici attualmente in discussione in sede comunitaria.
In linea con questi indirizzi, la delega prevede nuove forme di fiscalità (green taxes) che, compatibilmente con i principi di neutralità fiscale, siano finalizzate ad incoraggiare comportamenti virtuosi in materia di tutela ambientale e a penalizzare, nel contempo, l'impiego di prodotti più dannosi. Tali nuove forme di tassazione comporteranno conseguentemente una revisione dell'attuale impianto normativo nazionale dell'accisa, anche in funzione del contenuto di carbonio.
Il gettito derivante dall'introduzione della carbon tax potrà essere destinato prioritariamente alla diffusione e innovazione delle tecnologie e dei prodotti a basso contenuto di carbonio e al finanziamento di modelli di produzione e consumo sostenibili nonché alla riduzione della tassazione sui redditi, in particolare sul lavoro generato dalla green economy.
I principi delineati nell'articolo 15 devono però essere coordinati con la profonda revisione della normativa armonizzata in materia di tassazione dell'energia, attualmente in discussione in sede comunitaria. La delega conferita al governo in materia di fiscalità ambientale include infatti un esplicito coordinamento dei decreti delegati con il recepimento della modifica della direttiva sulla tassazione energetica.
Al fine di non penalizzare, sotto il profilo della competitività, le imprese italiane rispetto a quelle europee, l'entrata in vigore delle disposizioni riguardanti la fiscalità ambientale sarà condizionata alla data di recepimento della disciplina armonizzata decisa a livello europeo.
Efficienza energetica degli edifici.
L'altra misura incentivante più rilevante è quella relativa all'efficienza energetica
Pag. 24 degli edifici. Con la Legge di Stabilità per il 2014 è stato prorogato «l'Ecobonus», aumentando l'agevolazione, che consiste in detrazioni dall'Irpef o dall'Ires, nella misura del 65 per cento per le spese sostenute dal 6 giugno 2013 al 31 dicembre 2014. La detrazione è invece pari al 50 per cento per le spese che saranno effettuate nel 2015. Per le parti comuni degli edifici condominiali, la detrazione sarà del 65 per cento fino al 30 giugno 2015; poi per un anno ancora, fino al 30 giugno 2016, si abbasserà al 50 per cento. Dal primo gennaio 2016, invece, per le abitazioni indipendenti (per i condomini dal primo luglio 2016) la detrazione sarà prevista nella misura del 36 per cento.
In prospettiva si pone il tema della estensione a regime di tali agevolazioni, compatibilmente con il reperimento delle risorse finanziarie necessarie, ed in considerazione del carattere anticiclico della misura stessa sugli investimenti privati nel settore dell'edilizia.
Pacchetto 2020.
Agli impegni assunti dal nostro Paese con la ratifica del protocollo di Kyoto e il recepimento nel nostro ordinamento del pacchetto clima-energia nel quadro della strategia Europa 2020, hanno fatto seguito interventi urgenti in favore dell'efficienza energetica e delle fonti rinnovabili.
Tali misure, pur avendo permesso sostanziali miglioramenti del profilo emissivo del Paese, necessitano di essere ulteriormente rafforzati per raggiungere gli obiettivi del cosiddetto Pacchetto 20-20-20. Nel contesto del controllo delle emissioni inquinanti si inserisce anche il sistema europeo di scambio dei permessi di inquinamento negoziabili – l'Emission Trading System – uno strumento armonizzato a livello europeo, in prospettiva in grado di contenere le emissioni di gas serra del settore termoelettrico e dei settori industriali, limitando le disparità di trattamento tra imprese dello stesso settore di paesi diversi. Si evidenzia che le misure già adottate, in corso o previste per aumentare la quota delle fonti di energia rinnovabile e il risparmio energetico dovrebbero consentire il raggiungimento e in alcuni casi il superamento degli obiettivi nazionali fissati per l'Italia.
Dissesto idrogeologico ed uso del suolo: una economia verde che protegge il suo territorio.
Il Paese deve valorizzare le straordinarie risorse di cui dispone: l'ambiente, il territorio, il patrimonio agroalimentare. Questo significa scommettere sulle opportunità offerte dall'economia verde e prestare un'attenzione costante e sempre maggiore alle fragilità che caratterizzano il nostro territorio, a partire dai rischi prodotti dal dissesto idrogeologico. Perciò il Governo con il PNR 2014 ha programmato le unità di missione per accelerare le procedure relative alla realizzazione degli interventi contro il dissesto idrogeologico e la tutela del territorio con nuovi stanziamenti per 1,5 miliardi. Verrà effettuato il censimento del fabbisogno e realizzati gli interventi di bonifica dei siti inquinati di interesse nazionale (SIN). È prevista anche la costituzione di un Fondo di 200 milioni per la delocalizzazione di impianti industriali pesanti siti nei centri densamente abitati. Semplificare le procedure per gli interventi di risanamento ambientale. Velocizzare gli interventi di riparazione e risanamento a cura dei responsabili del danno ambientale e nello stesso tempo promuovere gli investimenti di reindustrializzazione dei siti inquinati. Predisporre il regolamento per la tariffazione puntuale in materia di rifiuti. Ai fini della tutela del territorio molte disposizioni hanno riguardato il contenimento e il riuso del suolo volte a valorizzare il terreno non edificato e a promuovere l'attività agricola per puntare alla valorizzazione del suolo come risorsa da tutelare anche in un'ottica di prevenzione del rischio idrogeologico. In particolare, è stato introdotto, anche in linea con le raccomandazioni dell'UE, un nuovo approccio al riuso e alla rigenerazione edilizia del suolo edificato. Inoltre, sono stati finanziati Pag. 25interventi di rimozione e demolizione di immobili abusivi.
Agricoltura.
Il 2014 rappresenta un anno fondamentale per l'agricoltura grazie alle decisioni strategiche per la nuova programmazione 2014-2020 della PAC che non potranno che avere ripercussioni strutturali sulla competitività e sostenibilità del modello agricolo italiano. L'azione del Governo sarà volta a valorizzare e massimizzare il contributo del settore agricolo e agro alimentare alla crescita sostenibile del Paese. Al riguardo un primo forte contributo proverrà dall'attuazione degli interventi previsti nel Collegato Agricoltura alla legge di stabilità 2014.
In linea con gli obiettivi contenuti nel PNR e sopra richiamati, si pongono le misure adottate dal Consiglio dei Ministri del 13 giugno scorso. Nel dl, in via di pubblicazione, è contenuto un pacchetto di disposizioni finalizzate a rendere più efficiente l'intero sistema ambientale, quali ad esempio più risorse per l'efficienza energetica delle scuole, procedure più veloci e semplici contro il dissesto idrogeologico, uno strumento straordinario per gli Enti Locali consistente nella «requisizione in uso» per gli impianti di gestione dei rifiuti, norme per il trasporto sicuro degli idrocarburi per mare, una procedura semplificata per le bonifiche e la messa in sicurezza dei siti inquinati, meno costi e più qualificazione e trasparenza per le procedure di VIA, riduzione delle procedure di infrazione comunitarie in materia ambientale ed altre norme. Nella stessa direzione si muovono le importanti misure per il settore agricolo quali incentivi fiscali per l'affitto di terreni per giovani imprenditori agricoli e per l'assunzione di giovani, credito d'imposta per l'innovazione e lo sviluppo di prodotti e tecnologie, reti di impresa di produzione alimentare ed e-commerce dei prodotti alimentari, introduzione di sanzioni per le coltivazioni di OGM in Italia e altre disposizioni del più ampio pacchetto denominato «Campo Libero».
Green growth: i fondi strutturali e di coesione a sostegno della strategia 2020 e del Governo.
Contesto di riferimento.
Gli accordi di partenariato conclusi fra la Commissione europea e singoli paesi dell'UE definiscono i piani delle autorità nazionali per utilizzare i finanziamenti erogati dai fondi strutturali e di investimento europei dal 2014 al 2020. Delineano gli obiettivi strategici e le priorità di investimento di ogni paese, collegandoli agli obiettivi generali della strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Per ogni fondo, dei programmi stabiliscono le priorità specifiche e gli obiettivi dei paesi dell'UE per l'intero periodo di programmazione in un determinato settore.
L'Accordo, inviato alla Commissione europea il 22 aprile 2014, è il frutto di un processo di consultazione allargata a Ministeri, Regioni, Enti locali e partenariato economico sociale e dell'interlocuzione informale avviata con la Commissione.
L'Accordo di partenariato dell'Italia: allocazioni e indirizzo dei fondi strutturali per obiettivi tematici dei regolamenti (FESR-FSE).
Sono quattro gli obiettivi tematici che fanno riferimento allo sviluppo sostenibile e in particolare agli obiettivi in campo ambientale ed energetico del pacchetto 2020 (che sono poi gli stessi della strategia Europa 2020): sostenere la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori (OT4); promuovere l'adattamento al cambiamento climatico, la prevenzione e la gestione dei rischi (OT5); tutelare l'ambiente e promuovere l'uso efficiente delle risorse (OT6); promuovere sistemi di trasporto sostenibili ed eliminare le strozzature nelle principali infrastrutture di rete (OT7).
Per l'OT4 – Transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio in Pag. 26tutti i settori, a beneficio del trasporto urbano sostenibile (per cui è possibile soddisfare evidenti fabbisogni di miglioramento della mobilità collettiva urbana coniugando l'azione con una efficace attenzione agli effetti ambientali e che insieme a risultati previsti per l'OT2, è diretto a contribuire all'investimento nel paradigma della cd. «comunità intelligente» (smart city) e dell'efficientamento energetico degli edifici pubblici in coerenza con gli indirizzi comunitari. Sono anche previste azioni esplicitamente mirate al risparmio energetico nelle imprese a complemento delle azioni per la riduzione degli impatti ambientali dei cicli produttivi previste in OT3. Vi si prefigura inoltre, in particolare per le regioni meno sviluppate, un intervento rilevante sulle cd. reti di distribuzione intelligente (smart grids) finalizzato non solo a una migliore gestione dei consumi, ma anche alla razionalizzazione d'uso effettivo delle fonti diffuse di energia rinnovabile accresciutesi fortemente in produzione negli ultimi anni soprattutto nel Mezzogiorno.
Una relativamente più modesta quota di risorse complessive del FESR, comunque abbastanza significativa per le regioni meno sviluppate, è appostata sull'OT5 – Promuovere l'adattamento al cambiamento climatico, la prevenzione e la gestione dei rischi, per rafforzare il concomitante impegno del FEASR su questo OT. Il FESR interviene soprattutto in quanto collegato alla strategia nazionale per le aree interne e per alcune altre operazioni territorialmente delimitate, da considerarsi quindi come dirette solo per interventi mirati, lasciando, comunque alla programmazione nazionale del FSC un intervento più ampio, soprattutto per quanto riguarda il rischio idrogeologico.
L'OT6 – Tutelare l'ambiente e promuovere l'uso efficiente delle risorse contiene un impegno significativo sui temi culturali e ambientali finalizzato a interventi di tutela. I risultati attesi comprendono anche l'ottimizzazione della gestione dei rifiuti urbani, secondo la gerarchia comunitaria, restituzione all'uso produttivo di aree inquinate, miglioramento del servizio idrico integrato per usi civili e riduzione delle perdite di rete degli acquedotti, mantenimento e miglioramento della qualità dei corpi idrici attraverso la diminuzione dei prelievi e dei carichi inquinanti, l'efficientamento degli usi nei vari settori di impiego e il miglioramento e/o rispristino graduale della capacità di ricarica delle falde acquifere, e un contributo per arrestare la perdita di biodiversità terrestre e marina, anche legata al paesaggio rurale e mantenendo e ripristinando i servizi ecosistemici.
L'OT7 – Promuovere sistemi di trasporto sostenibili ed eliminare le strozzature nelle principali infrastrutture di rete – si tratta di perseguire obiettivi generali di riequilibrio modale a vantaggio di vettori meno impattanti, mitigazione degli impatti ambientali, aumento della sicurezza e miglioramento della qualità della vita, attraverso obiettivi specifici quali il miglioramento dell'offerta ferroviaria e dei servizi offerti (in termini di accessibilità, efficacia ed efficienza), la continuità territoriale interna e il rafforzamento dei sistemi portuali e logistici.
Orientamento e integrazione della politica di sviluppo rurale nella strategia generale (FEASR).
L'attenzione delle risorse FEASR è rivolta anche alla sostenibilità ambientale delle attività agricole e più in generale a tutte le variabili ambientali cui è indirizzata la strategia di Europa 2020, in stretta connessione con le altre politiche: di qui il peso rilevante assegnato agli OT4, OT5 e OT6 che insieme assorbono il 38,82 per cento delle risorse complessive.
Una stima molto preliminare del contributo dei fondi europei agli obiettivi di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici è contenuta nell'accordo di partenariato inviato alla Commissione ad aprile. Per il FESR il contributo è stimabile in via del tutto preliminare in 4,6 miliardi di euro complessivamente. Per il contributo del FEASR è stimabile in via preliminare in 4,7 miliardi di euro complessivamente.Pag. 27
La stima preliminare è fondata sulla proposta strategica dell'Italia e sulla allocazione indicativa delle risorse finanziarie per Obiettivo Tematico e Risultato atteso e tiene conto della metodologia descritta nel Regolamento di esecuzione (UE) n. 215/2014 della Commissione Europea che stabilisce norme di attuazione del Regolamento n. 1303/2013.
Fondo Sviluppo e Coesione.
Come è noto, il Fondo sviluppo e coesione costituisce lo strumento strategico e operativo per dare unità programmatica e finanziaria agli interventi aggiuntivi, volti al riequilibrio economico e sociale tra le diverse aree del Paese. Si articola in un arco temporale settennale, in coincidenza con la programmazione dei Fondi strutturali dell'Unione Europea, garantendo l'unitarietà e la complementarietà delle procedure di attivazione delle relative risorse con quelle previste per i fondi strutturali europei.
Programmazione 2014-2020.
Ai sensi dell'articolo 1, comma 6 e ss. della L. n. 147/2013 (LS 2014), sono destinati alla nuova programmazione 54,810 miliardi di euro, di cui l'80 per cento, pari a 43,848 miliardi di euro, da iscriversi in bilancio.
Sono stati individuati i seguenti 11 obiettivi tematici:
1 – Ricerca, sviluppo tecnologico ed innovazione;
2 – Agenda digitale;
3 – Competitività dei sistemi produttivi;
4 – Energia sostenibile e qualità della vita;
5 – Clima e rischi ambientali;
6 – Tutela dell'ambiente e valorizzazione delle risorse culturali ed ambientali;
7 – Mobilità sostenibile di persone e merci;
8 – Occupazione;
9 – Inclusione sociale e lotta alla povertà;
10 – Istruzione e formazione;
11 – Capacità istituzionale ed amministrativa.
Il Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica (DPS) ha definito un'ipotesi di ripartizione delle risorse finanziarie, in base alla quale, in particolare si evidenzia il positivo impatto sulla strategia della sostenibilità dei seguenti obiettivi:
Mobilità sostenibile di persone e merci – Quasi la metà delle risorse complessive (circa il 45 per cento) è destinata a tale obiettivo, per un importo pari a 19,53 miliardi, dei quali 9,75 miliardi dedicati alle infrastrutture ferroviarie.
Clima e rischi ambientali – Circa il 12 per cento delle risorse, per un importo pari a 5 miliardi, è stata attribuita a tale obiettivo, nell'ambito del quale sono previsti interventi per la messa in sicurezza del territorio e per il dissesto idrogeologico.
A valere su altri obiettivi tematici, sarà possibile programmare misure incidenti sullo sviluppo dell'economia verde. Si segnalano in particolare gli obiettivi relativi alla ricerca, sviluppo tecnologico e innovazione, agenda digitale, competitività dei sistemi produttivi, energia sostenibile e qualità della vita, tutela dell'ambiente e valorizzazione delle risorse culturali ed ambientali.
In conclusione, sia la nuova programmazione dei fondi strutturali che quella del fondo di sviluppo e coesione risultano fortemente orientate a favorire l'evoluzione del nostro modello di sviluppo nella direzione della sostenibilità ambientale.
Per il futuro: il «Pacchetto 2030».
Nel corso del 2014 è stato avviato il negoziato europeo che porterà alla definizione degli obiettivi per il periodo 2020-2030 delle relative proposte legislative (Pacchetto 2030 – cfr. nota di background). Le conclusioni del Consiglio Europeo di marzo 2014 (alle quali ha fornito un contributo anche l'Ecofin con la sua discussione l'11 marzo) hanno stabilito che entro ottobre 2014, durante il semestre di Presidenza italiana, dovrà essere raggiunto un accordo tra i Paesi membri sugli obiettivi del Pacchetto 2030. In particolare, dovrà essere definito il numero dei target da assegnare ai singoli Stati membri e il livello di ambizione degli stessi target sia a livello UE che a livello nazionale.
Al fine di giungere ad un accordo entro i tempi previsti, la Commissione europea (CE) ha definito una roadmap di avvicinamento al Consiglio europeo di ottobre 2014 prevedendo due incontri bilaterali a livello di sherpa (il 19 giugno e a settembre) a cui, anche per volontà della Presidenza italiana, sono affiancati alcuni incontri delle formazioni consiliari che sono più coinvolte sul tema. A questo proposito in occasione dell'Ecofin di ottobre è prevista una discussione sulle questioni più strettamente economiche che discendono dagli obiettivi per il 2030. Dati i tempi ristretti per la chiusura del negoziato le amministrazioni coinvolte sul tema, il MISE, il MATTM, il MEF e la PdC in particolare, hanno predisposto una serie di incontri tecnici presso la PdC sull'argomento. Gli argomenti di nostro diretto interesse sono:
1) Riduzione delle emissioni di gas serra.
Burden sharing criteria. I criteri che dovranno essere utilizzati per ripartire tra gli SM l'obiettivo da assegnare ai settori non-ETS sono uno dei punti qualificanti e più rilevanti del Pacchetto 2030. La responsabilità per il raggiungimento di questo obiettivo ricade sui singoli SM. A tal fine gli SM dovranno predisporre politiche di intervento (incentivi, fondi ad hoc, crediti d'imposta etc.) che avranno delle implicazioni sulle finanze pubbliche. Il criterio cost-efficiency, che prevede che gli obiettivi siano assegnati sulla base della minimizzazione dei costi di abbattimento delle emissioni, proposto dalla CE nell’impact assessment costituirà il punto di partenza del negoziato, ma potrebbe non essere il punto di caduta. Si potrebbe sostenere l'uso di altri criteri come l'impiego di criteri ambientali (GHG pro-capite; GHG/GDP), in cui l'Italia ha buone performance, insieme a criteri economici che tengano conto del contesto economico e della capacità di spesa/investimento degli SM (ad esempio, il livello del debito pubblico). In sostanza si potrebbe sostenere un indice composito che tenga conto sia del criterio del cost-efficiency che degli indicatori ambientali-economici.
2) Emissions Trading System (EU ETS).
Si ritiene che l'ETS, quale strumento incentivante di azioni di riduzione delle emissioni al più basso costo, debba svolgere un ruolo centrale nel Pacchetto 2030. A tal fine è auspicabile una riforma strutturale del sistema ETS per rafforzare la sua capacità di incentivare investimenti di medio lungo periodo in linea con gli obiettivi di riduzione delle emissioni UE. Tale riforma dovrà essere efficace e definitiva evitando che in futuro si debba intervenire in modo emergenziale (come è stato fatto recentemente) a seguito dell'andamento del prezzo dei permessi negoziabili che si registra nel mercato.
3) Rinnovabili.
La CE e la maggioranza degli SM (tra cui l'Italia) sono orientati a non definire al 2030 obiettivi vincolanti per gli SM. Il raggiungimento dell'obiettivo fissato a livello UE richiederà comunque uno sforzo da parte dei paesi membri. Grazie agli sforzi passati per l'Italia le azioni future saranno incrementali e potrebbero essere focalizzate sulle tecnologie più innovative, rivolte anche al settore termico.Pag. 29
4) Efficienza Energetica.
L'EE può rappresentare uno snodo strategico per il raggiungimento di un accordo sul Pacchetto 2030 ed ha significative e positive ricadute economiche. Allo stesso tempo la definizione di un target nazionale molto ambizioso potrebbe avere rilevanti impatti sulle finanze pubbliche nel caso in cui debbano essere finanziate misure che consentano di raggiungere l'obiettivo assegnato. Si è in attesa di ulteriori approfondimenti in merito da parte della Commissione. In particolare, l'attuale impact assessment è basata esclusivamente sull'obiettivo di riduzione delle emissioni e conseguentemente anche le stime dei costi e degli investimenti sono basate sul solo obiettivo di riduzione ignorando l'impatto che l'introduzione di un obiettivo di efficienza energetica può avere sul sistema economico. In tutti i casi sottolineiamo l'opportunità di ridurre al minimo la sovrapposizione tra strumenti. Come dimostrato dalla letteratura economica, un obiettivo di efficienza energetica ha un effetto depressivo sui prezzi dei permessi di emissione riducendo l'efficacia dell'ETS.
Conclusioni: la presidenza italiana dell'Unione.
Durante l'importante impegno della Presidenza di turno dell'Unione europea, che l'Italia sarà chiamata a svolgere a breve, avremo a disposizione una preziosa occasione per affrontare in maniera condivisa e coerente i temi della green economy, incluso quello e, in particolare, della fiscalità ambientale. Altri temi prioritari della Presidenza italiana riguarderanno il pacchetto clima energia per il post 2020 (con la riforma del sistema europeo di emission trading (ETS) a sostegno della riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra quale elemento qualificante); la maggiore integrazione delle priorità ambientali nel semestre europeo in un'ottica di promuovere le sinergie con la crescita economica; infine, la protezione della biodiversità e dei servizi resi dal sistema ecologico che occupa un ruolo di primo piano nelle priorità ambientali della Presidenza italiana. Dobbiamo continuare a lavorare assieme per metterla a frutto.
Vi ringrazio per l'attenzione.
(1) La proposta di modifica della direttiva 2003/96/CE, presentata dalla Commissione agli Stati membri il 13 aprile 2011 (comunicazione COM (2011) 169 della Commissione) prevede di scindere la soglia minima di tassazione, fissata a livello comunitario, in due distinte componenti, uno legata alla componente relativa alle emissioni di CO2 e l'altra relativa alla componente energetica, in modo tale che i livelli di imposizione riflettano sia le emissioni di CO2 sia il potere calorifico netto in modo uniforme per le diverse fonti di energia.
(2) È vero tuttavia che il percorso non è stato sempre lineare e molti ostacoli si sono frapposti al recepimento delle proposte comunitarie nelle normative nazionali: la significativa divergenza nei regimi e nei livelli effettivi di tassazione ambientale tra gli Stati membri riflette necessarie mediazioni politiche, tra crescenti esigenze di armonizzazione comunitarie da un lato, e difesa della sovranità nazionale, dall'altro. Risale al 1992 la prima proposta di direttiva su un'imposta sulle emissioni di biossido di carbonio e sull'energia che però non riuscì a raccogliere il necessario consenso unanime da parte degli Stati Membri. Più di dieci anni dopo, nel 2003, fu emanata la direttiva sulla tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità che ristrutturò il quadro comunitario e istituì alcuni livelli minimi di imposizione (per carburanti ad uso trasporto, riscaldamento e elettricità). La direttiva era assai meno ambiziosa rispetto alle precedenti proposte di carbon tax e sostanzialmente volta ad ampliare, armonizzare e aumentare gradualmente i livelli minimi delle accise applicabili ai prodotti energetici. Ma allo stesso tempo prevedeva, oltre ad aliquote relativamente inferiori a quelle già applicate in molti Stati membri, un gran numero di esenzioni, differimenti e regimi speciali.
(3) Per l'Italia, il vincolo di concatenazione delle aliquote avrebbe comportato entro il 2018 effetti di rilievo in termini di adeguamento al rialzo delle accise sul gasolio (attualmente il gasolio è meno tassato) e di sensibile aumento del gpl in termini di accise sulla benzina.
(4) Molti settori energy-intensive sono oggi esclusi dall'ambito di applicazione della direttiva. Estendere a tutti i settori economici gli strumenti per internalizzare i costi dell'inquinamento ed eliminare vuoti normativi e sovrapposizioni tra l'attuale sistema di tassazione dei prodotti energetici e l'EU ETS rappresenta un ulteriore importante passo nella direzione dell'efficiente funzionamento del mercato interno.
(5) L'ampia delega conferita al Governo include la rimodulazione delle accise sui prodotti energetici e sull'energia elettrica in funzione del contenuto di carbonio e delle emissioni di ossido di azoto e di zolfo, la destinazione delle maggiori entrate prioritariamente alla riduzione della tassazione sui redditi, in particolare sul lavoro generato dalla green economy, e al finanziamento delle tecnologie a basso contenuto di carbonio, nonché alla revisione del finanziamento dei sussidi alla produzione di energia da fonti rinnovabili.
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