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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

Commissioni Riunite (VIII Camera e 8a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Mercoledì 7 settembre 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Realacci Ermete , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLO STATO DI ATTUAZIONE E SULLE IPOTESI DI MODIFICA DELLA NUOVA DISCIPLINA SUI CONTRATTI PUBBLICI

Audizione di rappresentanti di Consip.
Realacci Ermete , Presidente ... 3 ,
Marroni Luigi , amministratore delegato di Consip ... 3 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 3 ,
Marroni Luigi , amministratore delegato di Consip ... 3 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 7 ,
Marroni Luigi , amministratore delegato di Consip ... 7 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 7 ,
Filippi Marco  ... 7 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 8 ,
Cioffi Andrea  ... 8 ,
Mannino Claudia (M5S)  ... 8 ,
Esposito Stefano  ... 9 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 9 ,
Marroni Luigi , amministratore delegato di Consip ... 9 ,
Esposito Stefano  ... 10 ,
Marroni Luigi , Amministratore delegato di Consip ... 10 ,
Esposito Stefano  ... 10 ,
Marroni Luigi , Amministratore delegato di Consip ... 10 ,
Esposito Stefano  ... 11 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 11 ,
Esposito Stefano  ... 11 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 11 ,
Marroni Luigi , amministratore delegato di Consip ... 11 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 11 ,
Beneventi Martina , Direttore legale e societario di Consip ... 11 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 11 ,
Marroni Luigi , Amministratore delegato di Consip ... 12 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 12 

Audizione di rappresentanti dell'Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE):
Realacci Ermete , Presidente ... 12 ,
Bianchi Edoardo , vicepresidente Opere pubbliche, Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) ... 12 ,
Esposito Stefano  ... 16 ,
Bianchi Edoardo , vicepresidente Opere pubbliche, Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) ... 17 ,
Esposito Stefano  ... 17 ,
Bianchi Edoardo , vicepresidente Opere pubbliche, Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) ... 17 ,
Esposito Stefano  ... 17 ,
Bianchi Edoardo , vicepresidente Opere pubbliche, Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) ... 17 ,
Esposito Stefano  ... 17 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 17 ,
Bianchi Edoardo , vicepresidente Opere pubbliche, Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) ... 17 ,
Esposito Stefano  ... 18 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 18 ,
Bianchi Edoardo , vicepresidente Opere pubbliche, Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) ... 18 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 18 ,
Bianchi Edoardo , vicepresidente Opere pubbliche, Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) ... 18 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 18 ,
Bianchi Edoardo , vicepresidente Opere pubbliche, Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) ... 18 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 18 ,
Matteoli Altero , presidente dell'8ª commissione del Senato ... 18 ,
Mariani Raffaella (PD)  ... 19 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 20 ,
Massa Federico (PD)  ... 20 ,
Gibiino Vincenzo  ... 21 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 22 ,
Cioffi Andrea  ... 22 ,
Esposito Stefano  ... 23 ,
Iannuzzi Tino (PD)  ... 24 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 25 ,
Mannino Claudia (M5S)  ... 25 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 26 ,
Bianchi Edoardo , vicepresidente Opere pubbliche, Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) ... 26 ,
Massa Federico (PD)  ... 27 ,
Bianchi Edoardo , vicepresidente Opere pubbliche, Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) ... 27 ,
Massa Federico (PD)  ... 27 ,
Bianchi Edoardo , vicepresidente Opere pubbliche, Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) ... 27 ,
Esposito Stefano  ... 28 ,
Bianchi Edoardo , vicepresidente Opere pubbliche, Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) ... 28 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 28 ,
Bianchi Edoardo , vicepresidente Opere pubbliche, Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) ... 28 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 29 ,
Bianchi Edoardo , vicepresidente Opere pubbliche, Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) ... 29 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 30 

Allegato 1: (Documentazione consegnata dai rappresentanti di Consip) ... 31 

Allegato 2: (Documentazione consegnata dai rappresentanti dell'ANCE) ... 42

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri;
Misto-Movimento PPA-Moderati: Misto-M.PPA-Mod.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA VIII COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
ERMETE REALACCI

  La seduta comincia alle 15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di Consip.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sullo stato di attuazione e sulle ipotesi di modifica della nuova disciplina sui contratti pubblici, l'audizione dell'ingegner Marroni, amministratore delegato di Consip.
  Ringrazio l'ingegner Marroni per la sua presenza. L'indagine che si avvia oggi rientra nell'ambito di un lavoro svolto congiuntamente dalle Commissioni VIII della Camera e 8ª del Senato (presieduta dal collega Matteoli), nell'ambito della nuova disciplina sui contratti pubblici. Si tratta di un lavoro che prosegue con l'audizione odierna, necessario al fine di monitorare il percorso che porta all'applicazione della delega con la quale il Parlamento ha introdotto il nuovo Codice degli appalti. Ricordo che sono presenti i relatori, gli onorevoli Mariani ed Esposito. Con questa indagine conoscitiva intendiamo ascoltare le posizioni di tutti i soggetti interessati per capire qual è lo stato di attuazione della delega, quali sono le criticità incontrate e come intervenire in corso d'opera. Ricordo che vi è un limite di tempo entro il quale possono essere apportate modifiche al nuovo Codice, e adottati i relativi provvedimenti. Ritengo pertanto che i nostri lavori, pubblicizzati anche attraverso il circuito interno della Camera e il canale satellitare, potranno essere utili in tal senso.
  Do quindi la parola all'ingegnere Marroni, al quale ricordo che abbiamo tempo fino alle 15.30, poi seguirà l'audizione dei rappresentanti dell'ANCE, e quindi lo invito a contenere il suo intervento iniziale in dieci o quindici minuti, al fine di illustrare gli elementi essenziali, oltre alla consegna di eventuale documentazione scritta.

  LUIGI MARRONI, amministratore delegato di Consip. Le abbiamo inviato della documentazione, presidente.

  PRESIDENTE. Benissimo, la distribuiamo a tutti i colleghi, in maniera tale da porre delle questioni al riguardo, e ne autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta (vedi allegato).
  Do la parola all'ingegnere Luigi Marroni, amministratore delegato di Consip.

  LUIGI MARRONI, amministratore delegato di Consip. Signor presidente, la ringrazio. Signori commissari, buon pomeriggio. È qui con me l'avvocata Beneventi, che è la responsabile del settore giuridico-legale e affari societari di Consip.
  Anzitutto desidero ringraziare le Commissioni per l'opportunità di esporre il nostro punto di vista su questo argomento.
  Consip – come immagino saprete – è l'azienda partecipata al 100 per cento dal Tesoro, che ha il compito di fare acquisti e di svolgere gare e, quindi, appalti per la Pag. 4Pubblica amministrazione, ossia per lo Stato e i ministeri, quindi per gli organi dello Stato nazionale, ma anche per vari enti, quindi comuni, province, regioni, ASL, enti locali e enti pubblici in generale.
  Nel corso dei venti anni di esistenza della Consip, sono stati attribuiti a questa, via via, diversi compiti. Le varie leggi finanziarie o leggi di stabilità hanno infatti assegnato alla Consip compiti crescenti o affinato quelli già assegnati. Inoltre, la legge di stabilità vigente, approvata circa sette o otto mesi fa, ha attribuito ulteriori compiti alla Consip. Esiste quindi un elenco di obblighi e facoltà, cui i vari enti dello Stato, della pubblica amministrazione in senso lato, debbono attenersi per poter avvalersi o meno delle attività di Consip. A fronte di questo, la legge di stabilità, approvata otto mesi fa, ha anche aumentato le disponibilità di Consip: siamo pertanto in una fase di crescita – una sorta di fase espansiva – dell'azienda, nell'ambito di un piano presentato da Consip al suo azionista, il Ministero dell'economia e delle finanze, ed approvato dal Parlamento.
  Prima di entrare nel merito del Codice degli appalti, vorrei dare una visione dell'attività della Consip e più in generale di quelli che si chiamano i «soggetti aggregatori», e vorrei fare un breve commento in merito.
  L'attuale Codice degli appalti, che comunque presenta molti elementi innovativi e di qualità, in effetti, è molto orientato – se posso dare un parere, visto che me ne viene chiesto uno personale – sulla questione degli appalti, intesi come lavori pubblici, e quindi riguardanti l'edilizia, le strade eccetera. Il settore di beni e servizi, fatta la centrale di committenza, è un mondo un po’ diverso da quello delle grandi opere e presenta delle peculiarità, che non vengono tutte affrontate in maniera ottimale dalla formulazione attuale del nuovo codice, che pure nel suo insieme riteniamo molto buona e molto interessante.
  Vorrei aggiungere alcune considerazioni. Ad esempio, Consip e, in generale, i soggetti aggregatori si occupano degli acquisti dei cosiddetti «consumi intermedi» della spesa dello Stato, per cui si parla di circa 131 miliardi di euro all'anno del bilancio complessivo dello Stato, di cui circa 87 miliardi vengono considerati appaltabili.
  Faccio un esempio: nei 131 miliardi di servizi acquistati, ci sono gli emolumenti per i medici di famiglia o le convenzioni per le case di cura del Servizio sanitario nazionale, che sono tecnicamente degli acquisti. In effetti, però, nessuno ha mai fatto gare per tali servizi, né si pensa di farne; quindi, dei 131 miliardi, che vengono catalogati come acquisti intermedi, 87 sono quelli appaltabili.
  Su quest'aspetto, Consip costituisce un elemento di riferimento, grazie alla regola sancita per legge del cosiddetto «benchmark». Ricordo che, laddove Consip fa delle gare, quindi su quelle tipologie di beni e servizi per i quali Consip fa delle gare, le varie leggi hanno previsto che il prezzo di Consip nella gara e le caratteristiche dei beni comprati diventino un riferimento nazionale. Questa è quella che noi chiamiamo «spesa presidiata», cioè la quota di questi 87 miliardi su cui noi facciamo delle gare, e che costituisce uno standard di riferimento, sia in termini di prezzo sia di prestazione (in quest'ultimo caso solo da sette mesi).
  Nel 2014, la cifra interessata da queste caratteristiche era di 38 miliardi, saliti a 40 nel 2015, però, a seguito di alcune proposte approvate nella legge di stabilità dello scorso anno, ormai stiamo portando questa quota a 49 miliardi e mezzo o 50 miliardi per l'anno in corso, destinata a crescere ulteriormente il prossimo anno. Pertanto in determinati ambiti le gare fatte da Consip stabiliscono uno standard.
  Anche le spese sostenute, invece, da convenzioni direttamente stipulate tramite Consip, sono in una fase di crescita: siamo infatti passati da 6 miliardi di un anno e mezzo fa alla cifra di 8 miliardi (forse 8,2 o 8,3), che puntiamo di raggiungere quest'anno, realizzando risparmi valutati con il cosiddetto «metodo del benchmark» intorno ai 3 miliardi. Anche qui, siamo in crescita rispetto ai 3 miliardi del 2014 e ai 3,8 miliardi del 2015. Si registra pertanto una forte espansione e anche una forte presenza di Consip. Pag. 5
  L'ammontare su cui si interviene, come dicevo, è costituito da 87 miliardi. Ogni anno per beni e servizi vengono svolte circa – il perché si spiega con i numeri che illustrerò – 4 milioni e mezzo di procedure. Si stima che ci siano circa 4 milioni e mezzo di procedure in tutta Italia. Si tratta di procedure, in qualche modo, formali di un qualche ente che compra qualcosa. 4 milioni e mezzo di procedure è una quantità enorme: si stima che in quest'azione siano coinvolte circa 100.000 persone, ossia pubblici dipendenti.
  Le procedure che superano i 200.000 euro, in effetti, sono soltanto 27.000. C'è una grossa concentrazione, ossia un elevato numero di azioni di acquisto rientra in un determinato ammontare, però quelle con un valore sopra i 200.000 euro, in effetti, sono solo circa 27.000. Dunque, che ci sia, in questo, un grosso piano di riorganizzazione – cosa che ha fatto questo Codice degli appalti – è importantissimo, secondo noi, anche perché, forse per la prima volta, c'è una visione unitaria complessiva.
  Si parla delle procedure, ma anche di qualificazione dei soggetti aggregatori e delle stazioni appaltanti. Si parla di soggetti aggregatori, quindi c'è una visione complessiva di tutta la materia, non solo in senso stretto per le procedure di gara. Anche questa è una cosa di grande importanza.
  Un altro aspetto da segnalare è la semplificazione normativa. Sicuramente questo Codice introduce una semplificazione normativa e riordina complessivamente la materia. Si registra altresì molta attesa per l'emanazione degli atti di soft law, di indirizzo, da parte dell'ANAC, che vengono attesi come elementi di semplificazione in una materia oggettivamente molto complessa. Le leggi, che finora regolano quei famosi quattro milioni e mezzo di procedure, in effetti, sono decine e decine. Abbiamo leggi e regolamenti, con molte stratificazioni, si era creata una piccola giungla normativa.
  Un'altra cosa importante che viene introdotta è la governance, cioè la cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, cui Consip ha l'onore di partecipare (ne è membro a pieno titolo), perché così ha effettivamente modo di dare un imprinting, un impulso e anche un indirizzo strategico alla materia degli appalti.
  Come accade per molte nazioni, mi preme dire che – questa è una cosa che Consip fece presente in relazione alla discussione sulle misure di economia e finanza della tarda primavera – il public procurement, nell'insieme, oltre che utile a varie cose, può essere una forte leva di politica industriale. Ovviamente, avere una governance del sistema degli appalti e del sistema delle gare ha grande importanza, così come l'impulso ulteriore verso i mezzi elettronici e la digitalizzazione, di cui viene fatto l'obbligo; la cui introduzione, forse, si poteva anche accelerare.
  Consip è già completamente compliant con i metodi di utilizzo di mezzi elettronici. Un'accelerazione su questo, dal nostro punto di vista, può essere positiva, così come per la qualificazione delle stazioni appaltanti: non tutti possono far tutto, ma ci sono vari livelli di qualificazione delle centrali appaltanti, che quindi possono occuparsi di gare o di appalti in maniera scalare. Vengono ovviamente incrementati, proposti e spinti anche l'accentramento e la centralizzazione e Consip, per sua natura, non può che essere felice di questo. Anche le misure a favore delle piccole e medie imprese sono molto interessanti.
  Detto questo, passerei, presidente, ai punti di attenzione. Ecco, vorrei anche fare un commento intermedio, dopo le cose positive evidenziate.
  È stato detto – e, probabilmente, è anche successo – che il nuovo Codice degli appalti ha creato un rallentamento delle gare in Italia, in generale. Io parlo delle gare di beni e servizi, perché, naturalmente, non abbiamo visibilità delle gare che riguardano gli appalti di lavori pubblici. Certo, sicuramente per quanto riguarda Consip si può dire che questo nuovo Codice, ha richiesto un paio di mesi dalla sua entrata in vigore per l'adeguamento delle procedure: si pensi ai verbali da cambiare, agli interventi da fare sul sito, alle procedure web o alle procedure sul portale. Di fatto, non essendo specificamente previsto un periodo di adeguamento, perché la Pag. 6disciplina entrava in vigore dal momento di attuazione della legge, c'è stato un certo ritardo.
  Noi l'avevamo previsto e abbiamo fatto un piano di lavoro che prevedeva un'accelerazione prima dell'entrata in vigore e un'accelerazione nei mesi di settembre e ottobre, di modo che l'anno si dovrebbe chiudere come se questo periodo di adeguamento non ci sia stato. Di fatto, però c'è stato, quindi sicuramente molte stazioni appaltanti ne hanno sofferto. È chiaro che Consip, occupandosi esclusivamente di tali compiti, è storicamente molto solida da questo punto di vista, quindi per noi forse è stato più facile o meno complesso che per tante altre stazioni appaltanti, che sono meno strutturate, sono più piccole o fanno anche altre cose.
  Riguardo ai punti di attenzione, su cui forse si potrebbe un po’ sollevare una questione, noi ne avremmo due o tre, che vorrei appunto sottoporre.
  La cosa che ci preoccupa di più – ho avuto modo di dirlo qualche altra volta – riguarda la composizione delle future commissioni di gara. È previsto che queste commissioni siano formate da membri tutti esterni alla stazione appaltante (estratti dalle liste ANAC in numero doppio rispetto al numero richiesto per la commissione): quindi l'ANAC segnala alla stazione appaltante i nominativi dei membri e, in seduta pubblica, la stazione appaltante estrae da questi i componenti della commissione. Ad esempio, se si tratta di una commissione di cinque membri, ANAC manda dieci nomi e poi, in pubblico, ne vengono estratti cinque.
  Di per sé, questo metodo va benissimo. Sicuramente, si tratta di un metodo che non ha alcuna controindicazione se – la dico in maniera un po’ semplicistica e me ne scuserete – si deve realizzare una grande opera, che si fa una volta nella storia di un territorio e nella storia di un ente, ossia quando non ci sono compiti molto ripetitivi. Per un ente come il nostro, dove ci sono 400 persone che si occupano solo di gare, e che esiste e viene finanziato dallo Stato per fare gare, introdurre un obbligo per cui i membri delle commissioni siano tutti esterni, ci pone dinanzi a delle grosse disfunzionalità.
  Intanto vorrei evidenziare una sorta di retropensiero: una commissione esterna può forse essere più trasparente di una commissione interna. Tuttavia, mi verrebbe da dire che conosciamo tutti i nostri 500 dipendenti, perché li abbiamo selezionati, li abbiamo promossi e abbiamo fatto con loro dei corsi di formazione, quindi sappiamo tutti chi sono. Mentre chiamare cinque persone per una gara, le quali magari vengono da tutta Italia e che nessuno conosce e nessuno sa che siano, non necessariamente rappresenta una procedura più trasparente e non necessariamente le persone saranno meno corruttibili dei cinque che avevamo internamente. Questa è una considerazione che si può fare.
  Detto questo, per un'azienda che ha strutturato tutta la sua organizzazione nel fare gare, questo crea delle disfunzionalità, per esempio nei tempi: parliamo di una commissione con cinque membri, che vengono da cinque città d'Italia, statisticamente distribuite fra nord e sud; tale commissione si deve riunire, e deve garantire determinati tempi, e magari il suo presidente non si sa quante volte ha fatto il presidente di commissione. Credo che tutto ciò possa creare delle grosse disfunzionalità.
  In ultimo, ma non ultimo, la legge prevede che ci sia una sorta di albo dedicato alle stazioni appaltanti e che, quindi, i commissari possano essere scambiati fra i vari soggetti aggregatori. Tuttavia, siccome Consip è molto più grande di tutti i soggetti aggregatori messi insieme (Consip da sola rappresenta più della metà di tutto il gruppo dei famosi trentacinque soggetti aggregatori), emerge che probabilmente la stessa Consip dovrà fornire commissari a tutte le altre stazioni appaltanti, quindi potrebbe avere dei grossi problemi di funzionalità interna.
  Ecco, mi rendo conto che questi sono elementi non molto strategici, ma, nel momento che una legge interviene in una realtà voluta dallo Stato, e che tale realtà era in fase di potenziamento, allora è necessario porre alla vostra attenzione le difficoltà Pag. 7 – e con questo, Presidente, concludo e chiedo scusa per il tempo che ho sottratto – che a causa di questa disciplina potranno incontrare taluni soggetti come, ad esempio, le stazioni appaltanti, che fanno solo quello, o come i soggetti aggregatori.
  Si potrebbe prevedere, per esempio, che le commissioni possano essere composte da membri esterni solo in parte o che solo il presidente sia esterno, oppure, viceversa, che tutti i membri siano esterni e il presidente sia interno (perché ci vorrebbe qualcuno che organizzi le cose). Diversamente, per esempio sulla certezza dei tempi non è previsto nulla, per cui riunire una commissione da tutta Italia, visto che si deve incontrare per trenta o quaranta volte crea delle problematicità.
  C'è un'ultima, ma non ultima, questione che riguarda i costi. Noi abbiamo considerato che i commissari verranno pagati non molto. Si tratta di 500 euro al giorno per commissario, che non è molto per uno che deve andare in trasferta e che in caso si tratti di un professionista, deve lasciare il suo studio per venire a lavorare in Consip, uno o più giorni alla settimana. Rispetto al mercato, questa non è una cifra molto alta, se considerata al lordo delle spese di trasferta. Bene, abbiamo fatto il conto che questo costo può incidere per alcuni milioni l'anno.
  Grazie, presidente, ho voluto fornire la mia opinione sulla nostra realtà, una realtà importante, che lo Stato sta potenziando.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, ingegnere. Penso che abbiamo apprezzato tutti anche la serietà del contributo che avete fornito. Credo che si terrà conto delle obiezioni sollevate, che peraltro paiono fondate.
  Voi giustamente sostenete – l'ha detto lei e vi è anche nella vostra relazione – che si tratta di una leva importante di politica industriale. In tutto il documento non ho visto un solo riferimento al green procurement, che è una delle indicazioni presenti nella legge delega. Forse questo aspetto mi è sfuggito nella lettura del vostro documento, ma lo dico perché o tale questione entra nelle logiche anche degli appalti oppure risulterà un po’ indebolita.
  Mi riferiscono che in realtà vi è il riferimento al green procurement.

  LUIGI MARRONI, amministratore delegato di Consip. Presidente, se mi permette, manderò un'integrazione sul green procurement. Noi disponiamo di un piccolo organismo, composto da tre persone che vagliano tutte le gare in relazione alle normative green. Queste persone hanno anche il compito, laddove non c'è una normativa specifica, di promuovere un'attività su questi aspetti. Comunque, se permette, le manderei un'integrazione alla relazione.

  PRESIDENTE. Non lo dicevo per puntiglio, ma perché sono convinto che il mercato si orienta anche dal basso, non solo con le norme. Inoltre, questa era una delle finalità, per cui – lo ricorderà anche il collega Filippi – tale questione è stata inserita in più parti nella delega.
  Do la parola ai colleghi che desiderano intervenire.

  MARCO FILIPPI. Grazie, presidente. Confermo che il riferimento è presente. Credo sia un riferimento anche evocativo, in qualche modo, della missione di Consip.
  Ho avuto modo di leggere la nota che ci avete fatto pervenire per tempo e vi ringrazio. L'ho trovata molto opportuna, ma sarebbe interessante anche disquisire sulle sorti progressive, che inevitabilmente promuovete rispetto al vostro ruolo. Indubbiamente non è solo una questione di economie di scala, perché vi è una serie di questioni sull'orientamento, dal punto vista di politica industriale, che, con la vostra attività, promuovete. Ho avuto la sensazione che il vostro giudizio, sia pur prevalentemente positivo, contenesse qualche zona d'ombra, rispetto ai vostri clienti, soprattutto per talune particolarità, che rappresentano aspetti significativi dal punto di vista dell'economicità.
  Tralasciando quest'aspetto e leggendo la vostra nota, sono quattro le questioni che volevo porvi. Una, in parte, è stata già approfondita, anche se, purtroppo, non sono sostanzialmente d'accordo con le vostre motivazioni. Pag. 8
  Inoltre, giustamente lamentate l'assenza di diverse disposizioni attuative, necessarie in ragione della struttura del nuovo Codice degli appalti. Ossia, pur apprezzando la semplificazione normativa della nuova disciplina, indubbiamente rimandate alla soft law e ad alcuni decreti ministeriali il quadro completo dell'architettura normativa nel settore. È possibile sapere, da parte vostra, quali dovrebbero essere, in ordine di priorità, i primi atti fondamentali necessari nel settore delle gare, appunto legate a servizi e forniture? Ovviamente il tempo necessario affinché la riforma vada a regime sarà necessariamente più ampio, ma vi chiedo quali atti ritenete debbano essere emanati nell'immediato.
  La seconda richiesta che vorrei sottoporvi era di dettagliare e definire meglio le motivazioni in base alle quali richiedete che le nomine all'interno della commissione di gara siano fatte anche su vostra indicazione. Come vi dicevo, avete delineato una motivazione che, in parte, comprendo, ma che, in parte, non mi convince, perché è stato uno degli elementi su cui abbiamo particolarmente insistito, nella fase appunto di indirizzo del Codice degli appalti. Abbiamo infatti individuato, soprattutto per le commissioni di gara, il requisito dell'esternalità e dell'asseveramento dal punto di vista dei requisiti soggettivi, quale elemento di garanzia, ai fini della tracciabilità e della trasparenza.
  Alcune motivazioni che voi ponete sono giuste e possono costituire elemento per una nostra riflessione. Mi riferisco alla questione dei costi e della provenienza, ma questi aspetti – credo – possono, in qualche modo, rientrare nell'ambito della cosiddetta soft law. Altra cosa è intervenire su una norma primaria. Abbiamo fortemente voluto un criterio di separazione. Lo dico non sulla base di un elemento di pregiudiziale sfiducia nei confronti dei soggetti da voi menzionati, ma perché riteniamo che un soggetto esterno possa essere un elemento di garanzia.
  La terza questione che vorrei sottoporvi riguarda le procedure per le opere di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria da voi citate nella documentazione consegnataci. Ecco, siccome vi è stato indubbiamente anche un approccio abbastanza empirico da parte nostra, riguardo alla definizione delle soglie (40.000 euro per forniture e servizi e 150.000 per i lavori), vorrei avere da parte vostra, se possibile, un giudizio sulla loro appropriatezza, con particolare riferimento agli appalti per i servizi.
  In ultimo, richiamate la necessità di una particolare attenzione rispetto agli acquisti sotto soglia, al fine di coniugare la necessaria flessibilità con il rispetto delle regole, che devono garantire trasparenza. Su quest'aspetto, sarebbero auspicabili da parte vostra ulteriori elementi di valutazione. Grazie.

  PRESIDENTE. Vi avverto che a seguire dobbiamo audire i rappresentanti dell'ANCE, quindi sarebbe opportuno non sforare eccessivamente con i tempi. Io torno sulla questione del green procurement: nel vostro documento fate riferimento ai risparmi per azioni green, ma sarebbe utile un'integrazione riguardo agli orientamenti di politica industriale.

  ANDREA CIOFFI. Vorrei fare una domanda molto velocemente. Nel vostro documento fate riferimento all'opportunità che il presidente della commissione per le gare sia espressione del personale interno. Tuttavia, dobbiamo considerare che stiamo andando – l'abbiamo scritto nel Codice – verso l'offerta economicamente più vantaggiosa e non solo in quella direzione. E quindi, nelle procedure dell'offerta economicamente più vantaggiosa, come spesso capita nelle gare, è fondamentale come si scrive il capitolato e come si scrive il bando: è tutto là il gioco. Non pensate che sarebbe opportuno che la commissione di gara sia assolutamente separata rispetto a chi scrive il bando e il capitolato, visto che chi scrive il bando e chi scrive il capitolato potrebbe essere un funzionario Consip? Perché invece pensate che sia opportuno che il presidente della commissione di gara sia interno?

  CLAUDIA MANNINO. Vorrei porre due domande velocissime. Anzitutto vorrei riferirmi Pag. 9 alla qualificazione delle stazioni appaltanti e anche al loro accorpamento – penso soprattutto a quelle più piccole – e al fatto che la qualificazione è automaticamente riconosciuta per Consip, per le regioni, per i ministeri e per altri enti. La domanda che vi pongo è se si può verificare la situazione di quei comuni che non si accorpano, delegando tutte le procedure di gara alle regioni, e se questa circostanza può creare un problema a Consip.
  La seconda domanda, anche in questo caso propositiva perché ci troviamo d'accordo, è se disponete al vostro interno (o magari lo avete ipotizzato) di un modello di digitalizzazione che possa effettivamente e utilmente essere utilizzato. Noi avevamo proposto un metodo al riguardo, in particolare per la realizzazione delle opere; immaginiamo però che anche per beni e servizi possa esistere una piattaforma digitale unica, alla quale i vari soggetti coinvolti in tutte le fasi di gara possano accedere e inserire le loro documentazione. Chiedo, quindi, se anche secondo voi questo modello può essere adottabile. Grazie.

  STEFANO ESPOSITO. Ringrazio i nostri ospiti per la documentazione trasmessa. A dir la verità, le criticità evidenziate sono quelle che Consip, in sede di confronto prima dell'emanazione del Codice, quindi in fase di costruzione del Codice, aveva già posto su questi temi.
  Non credo che siano cambiate le ragioni per le quali il legislatore ha fatto determinate scelte – ma ne discuteremo in seguito – e, onestamente mi interesserebbe capire i diversi milioni di euro, cui il nostro ospite ha fatto riferimento in termini di costo, che percentuale rappresentano rispetto al monte complessivo degli appalti. Io credo, in base alla filosofia che ha ispirato il legislatore nella fase di stesura del Codice, che il Parlamento ha deciso di prevedere dei fondi e delle risorse per garantire una maggiore rapidità delle procedure. Su questo tema, Consip dovrebbe fare una ulteriore riflessione perché comunque, anche per ragioni indipendenti dalla vostra responsabilità, sulle quali abbiamo cercato di intervenire, non sempre i tempi sono corrispondenti a quelli che ognuno di noi riterrebbe utili per assegnare beni e servizi.
  Certo, questo è un problema italiano e ci auguriamo che le nostre norme possano aiutarvi in questo senso. È interessante capire che i soldi spesi per raggiungere gli obiettivi previsti dal Codice sono finalizzati a migliorare la qualità e la trasparenza, il che è preferibile rispetto a spendere fondi per farsi difendere dagli avvocati.
  Ricordo inoltre che voi usufruite di un albo speciale relativo alle commissioni esterne; si è molto discusso al riguardo e alla fine si è giunti a questa soluzione, che ritengo rappresenti un elemento di riconoscimento nei confronti della Consip, a condizione che ciò produca poi dei miglioramenti rispetto alla situazione previgente. Lo dico perché se poi lo standard tempistico di Consip non migliorasse, allora il problema non è rappresentato dal Codice, ma da un altro fattore sul quale bisognerà poi indagare. Personalmente non ho nessuna prevenzione nei confronti di chi lavora in Consip, ma non ritengo utile che le stesse persone facciano parte per lungo tempo delle commissioni, e lo stesso vale per i presidenti di commissione. Credo che il criterio della rotazione e il trasferimento ad incarichi presso strutture differenti da quelle che si occupano delle gare, siano un fatto positivo, e contribuiscano ad aumentare le conoscenze, il know-how dei singoli.

  PRESIDENTE. Abbiamo ancora qualche minuto per ascoltare le risposte del nostro ospite, cui ricordo che siamo disponibili a ricevere, oltre ai dati sul green procurement, anche altre integrazioni alla relazione.

  LUIGI MARRONI, amministratore delegato di Consip. Senz'altro, e vi ringrazio per le vostre osservazioni. Ci sono due questioni – credo – più significative, tra quelle che sono state sollevate, e alcuni temi più specifici.
  Vorrei partire dalla domanda sulla questione delle soglie, per introdurre un tema che non ho affrontato nella mia esposizione e che ora vorrei precisare, perché è molto importante. Riteniamo le soglie di per sé adeguate, rispetto al nostro lavoro. Pag. 10
  Vorrei sollevare una questione, che vi pongo e che riguarda il cosiddetto «sotto soglia», cioè le spese rispettivamente sotto i 200.000 e sotto i 40.000 euro. Questo tema riguarda una spesa di molti miliardi, con delle procedure volutamente non regolamentate. Quella frase, in maniera un po’ ecumenica, voleva dire quello che chiarisco ora e che possiamo anche specificare meglio per iscritto. Il «sotto soglia», per certi versi, è un demi-monde; consultando il portale del MEPA, dove noi operiamo, si noterà che vi sono transazioni per 2 miliardi e mezzo all'anno, che è tantissimo; mi riferisco al mercato elettronico, alla Consip, e ad altro. Ad esempio, alcuni soggetti quali amministrazioni, comuni o ASL fanno un bando di 40.000 euro per l'acquisto di un bene, i fornitori rispondono alla richiesta d'acquisto e in maniera semplificata, viene stabilito chi si aggiudica il contratto.
  Ci sono casi in cui il contratto viene diffuso il venerdì pomeriggio alle tre e bisogna presentare la domanda lunedì alle due del pomeriggio. Tutto ciò è legale, non è contro nessuna norma e nessun regolamento. Cito solo questo caso, ma potrei citare una decina di esempi, in cui le medie dei prezzi sono fatte in modo che, poi, si capisce già quale sarà l'esito. Allora, questa è una cosa per la quale è vero che ogni singola gara è piccola, però, per la somma, si parla di milioni di procedure.
  Noi stiamo anche realizzando una casistica dei casi più evidenti, dove effettivamente non c'è trasparenza o c'è qualche anomalia che ricorre in maniera particolare. In base alla nostra esperienza sono molti i casi simili. In riferimento a quella frase che lei citava, posso dire che, di per sé, sulle soglie non abbiamo problemi, ma ci sono alcuni casi sui quali, alla fine, visto che si rimette mano a tutto, sarebbe forse il caso di intervenire.

  STEFANO ESPOSITO. Dottor Marroni, mi perdoni. Lei ritiene che per questi casi, sulla base di quello che c'è scritto nel Codice, non vi siano delle linee guida? Lo chiedo perché noi sul sotto soglia...

  LUIGI MARRONI, Amministratore delegato di Consip. A oggi, no.

  STEFANO ESPOSITO. Ecco, sarebbe molto utile avere questa casistica, perché per noi il tema era abbastanza chiaro, ma evidentemente non siamo stati efficaci, anche se credo che su questo tema ci siano delle linee guida che non sono ancora state pubblicate, quindi bisogna aspettare. Le ripeto che sarebbe molto utile avere questi dati.

  LUIGI MARRONI, Amministratore delegato di Consip. Posso dire che, se si cerca la non trasparenza, esistono tanti casi di piccole non trasparenze, anzi milioni di piccole non trasparenze. Questa è la prima questione cui volevo rispondere. Vorrei fare anche un'altra notazione e poi parlare delle commissioni.
  Una piccolissima nota sui tempi: credo che questo Codice sugli appalti non diminuirà i tempi di gara, perché alcuni nodi fondamentali devono essere ancora affrontati, come la legislazione e la normativa sulla cosiddetta «busta», sui controlli di cui all'articolo 38 e sulla possibilità dei ricorsi. Voi scrivete le leggi, mentre io sono chiamato a fare l'amministratore delegato di Consip, quindi posso dare la visione operativa di Consip, ma la valutazione generale è rimessa a voi, naturalmente, e non mi permetterei mai di invadere campi altrui.
  Da un punto di vista operativo, non vedo una potenziale semplificazione dei tempi, anzi. Per fare un esempio banale sulla questione delle commissioni, posso dire che, se il lavoro di una commissione composta da cinque membri di Consip va per le lunghe, io li richiamo e gli dico «ragazzi, datevi una mossa», perché sono miei dipendenti e miei dirigenti. Tuttavia, se una commissione è fatta da membri esterni che non conosciamo e uno di questi ha l'influenza, che si protrae per tempi lunghi, questo va a vantaggio, di fatto, dell’incumbent, cioè della ditta, perché, finché non si conclude la procedura, questa ancora continua a lavorare. Si tratta di un esempio e mi scuserete per la semplificazione che ho fatto, ma è tanto per dare un'idea.
  Emerge una preoccupazione sulle commissioni in ordine alla quale vi illustro le questioni operative e mi guardo bene dal Pag. 11cercare di convincere qualcuno di cose diverse da quelle di cui è già convinto. Ebbene, da un punto di vista operativo, mi pongo il problema di una commissione che non riesco a mettere insieme, mi pongo il problema di una commissione che è presieduta da un presidente che non ha mai gestito una commissione, quindi non sa scandire i tempi, e mi pongo il problema di gente che forse non è esperta di queste materie. Mi pongo il problema della presenza di persone esperte nelle commissioni, perché un esperto di una gara di ponti forse si sa chi è, ma qual è l'esperto nazionale di buoni pasto e dove lo puoi cercare? Ecco, alcune decisioni in linea di principio mi possono trovare anche d'accordo. Ma personalmente, mi preoccupa il fatto che comunque, alla fine, gli organi amministrativi dovranno avallare una decisione presa da gente che non conoscono. La Consip invece fa solo gare – esistiamo per fare gare –, e quindi, parlando di aspetti pratici, siamo «misurati» sui tempi, sulla performance e sul costo. Inoltre, dovremmo studiare un modo per capire come mettere dei paletti giuridici sulla responsabilità. Per esempio, l'assicurazione dei componenti della commissione, chi la paga?

  STEFANO ESPOSITO. Tutti i temi che lei pone, e che naturalmente non abbiamo mai potuto verificare, sono giusti. Ma, in sede di costituzione dell'albo, si è seguito il criterio della disciplina e della responsabilità nei comportamenti. Io capisco il suo discorso, dottor Marroni, e anche il suo predecessore, con il quale abbiamo cominciato questo lavoro, nutriva simili preoccupazioni. Credo che sia giusto, da parte vostra, porre le questioni in termini operativi, ma, nel caso delle commissioni – lei mi perdonerà – più che termini operativi sono termini ipotetici, perché non li abbiamo ancora sperimentati. Credo pertanto che valga la pena avere la pazienza di aspettare. Tra l'altro voi, nel frattempo, potete continuare a fare quello che state facendo finché non ci sono le linee guida, quindi su questo il Codice presenta dei vantaggi.
  Da questo punto di vista, sento parlare di blocco degli appalti per mancanza di linee guida. Non l'ha detto lei, ma c'è stato un ampio dibattito ferragostano sull'argomento, di cui il nostro prossimo interlocutore è stato ampiamente protagonista. Non vi è alcun blocco perché, laddove non ci sono i decreti attuativi, si procede sulla base della normativa precedente. Siamo stati, almeno da questo punto di vista, più previdenti.

  PRESIDENTE. Devo interrompere il confronto perché dobbiamo audire i rappresentanti dell'ANCE.

  STEFANO ESPOSITO. Presidente, mi perdoni, credo che, per come hanno passato agosto..., possono anche aspettare... Abbiamo fretta noi di chiudere? Ad agosto hanno fatto le ferie per attaccare poi il Codice sugli appalti, per cui, se aspettano un attimo, non credo soffrano.

  PRESIDENTE. Erano convocati per le 15.30.

  LUIGI MARRONI, amministratore delegato di Consip. La questione delle commissioni, per me, era chiusa e non pensavo di doverne riparlare più. Questo non è compito mio, ma mi è stato chiesto a suo tempo un parere e professionalmente sono tenuto a rispondere, per cui dico quello che penso, anzi vi ringrazio dell'opportunità.

  PRESIDENTE. Come è stato detto anche dal collega Esposito, vi chiediamo se ci fate avere delle note puntuali, perché questo ci aiuta molto nel nostro lavoro.

  MARTINA BENEVENTI, Direttore legale e societario di Consip. Magari, visto che non abbiamo avuto materialmente il tempo per rispondere anche alle domande degli onorevoli, possiamo cercare di fornire un contributo scritto in risposta alle domande che avete fatto.

  PRESIDENTE. Assolutamente, perché ci sarebbe utile nel corso del nostro lavoro. Ho molto apprezzato personalmente anche le vostre modalità organizzative con cui avete affrontato il periodo in cui le amministrazioni Pag. 12 non erano in grado di stare dietro la partita.

  LUIGI MARRONI, Amministratore delegato di Consip. Vorrei aggiungere – scusate se prendo ancora la parola – che, comunque sia, avremo le commissioni formate come prescrive la legge. Noi gestiremo al meglio tutto questo, anzi stiamo già organizzandoci anche per superare queste eventuali criticità dal punto di vista organizzativo, Quindi opereremo al meglio e, volevo darvi la mia rassicurazione al riguardo.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti per la loro partecipazione e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti dell'Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sullo stato di attuazione e sulle ipotesi di modifica della nuova disciplina sui contratti pubblici, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE).
  Come sapete, quest'indagine conoscitiva prosegue il lavoro comune svolto dalle due Commissioni della Camera e del Senato in sede di esame della delega al Governo sul codice degli appalti. Vogliamo «accompagnare» con il nostro lavoro i provvedimenti che portano all'attuazione della delega. Voi sapete che c'è un termine entro il quale tali provvedimenti possono essere anche modificati, ed è per questo che procediamo adesso con queste audizioni, per interfacciarci meglio con il lavoro che stanno svolgendo il Governo e l'ANAC su questo tema.
  Ricordo che è in distribuzione il materiale trasmessoci dall'ANCE, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato 2).
  Do ora la parola al dottor Edoardo Bianchi, vicepresidente Opere pubbliche dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE), al quale concederei un quarto d'ora, venti minuti, per poi consentire ai colleghi di interloquire.

  EDOARDO BIANCHI, vicepresidente Opere pubbliche, Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE). Vi ringrazio di quest'opportunità. Da quando abbiamo cominciato ad affrontare il tema in oggetto, a partire dal varo della legge delega a oggi, considero importante questo nuovo metodo di lavoro, che si basa anche molto sull'ascoltare gli stakeholder del settore, perché si ha l'occasione di riuscire a rappresentare le proprie idee, le perplessità e se ci sono, anche le cose che vanno bene.
  È difficile concentrare un intervento in un quarto d'ora, ma ci provo. Relativamente a questo codice, ci siamo confrontati in giro per l'Italia con molti di voi, in occasione di vari convegni e penso che condividiamo il punto di partenza: ci trovavamo in una situazione in cui per un cinquanta per cento c'era forse una diffusa illegalità nel settore dei lavori pubblici, e bastava leggere i giornali due anni fa, e per un altro cinquanta per cento avevamo la necessità di recepire una direttiva europea che ridisegnava il nostro comparto. C'erano, quindi, tutte e due queste esigenze.
  Per il sistema ANCE, questa rappresenta veramente l'ultima occasione; penso alle imprese storiche, alle classiche imprese medio-piccole a carattere familiare che hanno ricostruito l'Italia, e che nella maggior parte dei casi non si sono volute piegare a logiche distorsive del mercato. Ricordo che al vaglio della magistratura vi sono il meccanismo del massimo ribasso e anche altri fenomeni, stando a quanto apparso sui giornali. Ecco, questa per noi è veramente l'ultima occasione.
  Ho personalmente sperimentato il periodo di vigenza della cosiddetta legge Merloni – ero appena arrivato in ANCE –; ebbene, dopo questo nuovo Codice non penso che tra vent'anni voi troverete altre imprese qui come quelle che sono ora mediamente in ANCE: imprese a carattere familiare, a carattere storico, imprese che non hanno fatto bad company, imprese che hanno provato a pagare sempre i fornitori, che hanno sempre provato a pagare gli interessi nei confronti delle banche e le proprie maestranze, e a portare a termine Pag. 13i lavori. Riteniamo che per noi sia veramente l'ultima spiaggia.
  Proprio perché è l'ultima spiaggia, affrontiamo questo tema con grande serietà. A differenza del periodo in cui era stata introdotta la legge Merloni, ormai venticinque anni fa, attualmente ci troviamo in una fase di grande crisi economica. Negli ultimi dieci, quindici anni, c'è stata una grandissima contrazione della spesa per investimenti. Abbiamo registrato in tutti gli enti locali un grandissimo aumento della spesa corrente, ma la spesa per investimenti è andata via via contraendosi. Questo trend nei comuni è confermato anche a livello delle più grandi stazioni appaltanti di ambito nazionale.
  Dobbiamo partire da due presupposti: la necessità di recepire la direttiva europea e quella di fare pulizia e chiarezza rispetto a istituti che nella precedente legge erano stati adottati con il massimo delle buone intenzioni, ma che poi in realtà nell'applicazione pratica hanno suscitato perplessità. In ogni caso, c'era sicuramente la necessità di intervenire.
  Ci siamo confrontati, abbiamo fornito il nostro supporto, i nostri contributi, quando è stata esaminata la legge delega, che riteniamo rappresenti veramente la «Carta costituzionale» di quello che poi doveva trovare attuazione nel codice. Condividiamo al 99,99, posso dire al 100 per cento, i contenuti della legge delega, perché sono princìpi sacrosanti. Sono quasi tutti princìpi che l'ANCE in questi ultimi anni ha portato avanti nella sua politica.
  Rispetto a questo, vi diciamo con molta umiltà e trasparenza, che a nostro avviso in alcuni casi si dovrebbe intervenire: non abbiamo più niente da perdere e, se perdiamo questo treno, abbiamo perso tutto, quindi è un po’ anche la forza della disperazione a guidarci nella situazione che vi rappresentiamo. Non elencheremo tutti gli aspetti che vanno bene, altrimenti in un quarto d'ora non ce la faremmo. Vorremmo evidenziare, però – l'abbiamo rappresentato in maniera dettagliata nella documentazione consegnata – tre o quattro questioni su cui pensiamo si debba intervenire.
  Se è vero che negli ultimi anni c'è stata una contrazione della spesa pubblica, e se è vero che molte gare sono andate al massimo ribasso, e quelle che non lo hanno fatto sono state fatte con l'offerta economicamente più vantaggiosa e ci sono stati molti fenomeni di malaffare presunto – ripeto, se ne occuperà la magistratura –, noi vi diciamo che molte imprese, sicuramente parlo della mia, non hanno fatturato quanto gli ultimi anni, perché ho deciso con molta trasparenza di non fare offerte con il 60 per cento di ribasso e di non mettermi d'accordo con nessuna commissiona di gara!
  Se ho vinto un lavoro, è stato perché ho provato a presentare un progetto valido. Ma spesso ho speso un sacco di soldi, ho investito moltissimo in progettazione e non ho vinto alcuna gara. Vi comunico un dato consolidato – nessuno di voi può dire il contrario –: non ho vinto! E ho partecipato a gare con le più grandi stazioni appaltanti in giro per tutta Italia.
  Se è vero ciò, vi chiediamo di valutare l'opportunità di estendere il periodo di riferimento temporale per la comprova dei requisiti SOA, ossia i requisiti per passare il vaglio delle società organismi di attestazione, le SOA (oggi c'è l'attestazione SOA, quindi ragioniamo sulla base di questa). Sarebbe preferibile estendere tale periodo non solo agli ultimi cinque anni, che sono stati quelli di maggiore contrazione economica, e quelli in cui si è maggiormente verificato un fenomeno di illegittimità. Questo è il primo punto. Negli ultimi cinque anni gli investimenti in spesa pubblica sono calati quasi del 50 per cento. E peraltro questo trend era già in atto da tempo.
  Ai fini della revisione SOA, la norma oggi dice che devono essere presi in considerazione gli ultimi cinque anni. Noi vi chiediamo di valutare l'opportunità di ampliare l'arco temporale di riferimento per la revisione SOA, e pensiamo che questo possa essere esteso a dieci anni, come d'altra parte era già previsto nell'ultimo «decreto mille proroghe».
  Per la stessa ratio, in caso di lavori per importi sopra i 20 milioni di euro, oggi per la suddetta attestazione sono presi in considerazione Pag. 14 gli ultimi tre anni. Se gli ultimi cinque anni già erano un arco temporale ristretto e penalizzante, prendere in considerazione gli ultimi tre anni vuol dire basarsi sul periodo decisamente peggiore. Anche su questo vi chiediamo la possibilità di recuperare quanto già contemplato negli ultimi due «decreti mille proroghe», ossia i migliori cinque degli ultimi dieci anni. Con molta onestà vi dico che i cinque anni che andremmo a considerare sono il decimo, il nono, l'ottavo, il settimo e il sesto. La ratio è la stessa. Parliamo sempre dei medesimi dati. Questo però darebbe la possibilità a una serie di imprese di non sparire dal mercato. Diversamente, questa norma facilita esclusivamente chi lavora all'estero. Per coloro che lavorano in Italia, il mercato è lo stesso per tutti. Gli investimenti pubblici sono gli stessi per tutti. Questi sono i primi due punti.
  Un terzo punto su cui vi chiediamo supporto riguarda i criteri di aggiudicazione. L'ANCE è sempre stata, e lo è tuttora, contraria al criterio del massimo ribasso, che ovviamente facilita chi deve riciclare soldi o non vuole eseguire i lavori. Col 60 per cento di ribasso non si esegue il lavoro. È scientificamente provato. Se ci fosse una cimice, una telecamera, si scoprirebbe che nessuno che offre il 60 per cento può eseguire il lavoro.
  Oltre alle misure sulla maggiore qualificazione di imprese e stazioni appaltanti e sulla professionalità, uno dei pilastri del Codice è il progetto esecutivo. Molti di voi ricorderanno che l'esecutività del progetto era lo stesso principio fondante della cosiddetta legge Merloni, poi ci sono state deroghe, appalti integrati e altro, ma il principio fondante era il progetto esecutivo.
  Nei casi di progetto esecutivo, è necessario riflettere sul limite di un milione di euro per le gare di manutenzione. A nostro avviso tale cifra, laddove non c'è interesse transfrontaliero, dovrebbe essere portata a 2,5 milioni di euro. Questo Paese oggi ha bisogno di manutenzione, forse più che di grandi opere. Se dovessimo scegliere come spendere «cento lire» lo faremmo in questo settore. Non parliamo tanto come imprese che, per fare un'offerta più vantaggiosa, devono studiare un progetto, e quindi investire dei soldi. Ma mettetevi nei panni delle stazioni appaltanti. Non esiste, mediamente, una stazione appaltante in Italia che può apprezzare un progetto di 1,5 milioni a cui rispondono dieci, venti, cinquanta imprese, e su una gara di manutenzione ognuna di queste cinquanta imprese presenta una miglioria per, ad esempio, una modifica stradale o edilizia. È veramente difficile riuscire a formularla.
  Formuleremo delle migliorie che possono riguardare i tempi di esecuzione, la gestione e altro. Noi pensiamo che una stazione appaltante non riuscirà in tempi congrui ad aggiudicare i lavori.
  C'è una previsione del Codice, per noi una rivoluzione copernicana, un metodo antiturbativa, mi pare all'articolo 97, grazie alla quale c'è la possibilità di individuare il criterio di aggiudicazione come formula matematica successivamente alla presentazione delle offerte, quindi si esclude anche la possibilità, parlando molto francamente, di cordate di imprese, come si è verificato.
  Noi siamo qui per rappresentare alcune esigenze. È ovvio che non garantiamo che tutte le imprese dell'ANCE siano dei santi e tutte quelle che ne stanno fuori siano dei banditi. Ovunque vi sono delle mele marce e dei problemi. Rispetto a questo, però, vi diciamo che l'articolo 97 introduce un metodo antiturbativa: sperimentiamolo, soprattutto per le gare laddove non c'è complessità progettuale. Vi garantisco, ma tutti voi sapete di che cosa stiamo parlando, che su una gara di manutenzione stradale o edile non c'è alcuna complessità progettuale.
  Concordiamo, infatti integralmente, con quanto hanno detto il consigliere Corradino dell'ANAC e anche qualche parlamentare tempo fa: siamo convinti che sia assolutamente ingiustificabile che per gare di importo inferiore al milione di euro non si pubblichino bandi; in questi casi le imprese non rispondono. Mettiamo le imprese alla prova e vediamo se rispondono o meno. Oggi diventa tutto più vantaggioso: si pensi al massimo ribasso e all'esclusione automatica Pag. 15 con l'antiturbativa. È tutto notevolmente semplificato.
  Chiediamo perché sull'84 per cento dei bandi di gara non si pubblichi più niente. Il problema non è che le imprese non rispondono, ma che non ci sono i bandi di gara. Al riguardo consentiteci di spezzare una lancia a favore del lavoro svolto da ANAC e MIT. Per divenire completamente operativo, questo Codice necessita di circa 51 provvedimenti attuativi. L'ANAC ne ha messi in consultazione una decina, ognuno dei quali interviene in un determinato step dell'iter amministrativo; un'altra decina è di competenza del MIT: due sono stati emessi e altri sono in elaborazione.
  Sicuramente, tutti questi venti decreti (dieci più dieci), incidono relativamente, se non marginalmente, rispetto alle gare da un milione. Esiste, quindi, un innegabile deficit delle stazioni appaltanti: le imprese non c'entrano niente. Noi non c'entriamo niente se c'è stato un calo dei bandi. Le imprese, se ci sono i bandi, rispondono; se non ci sono i bandi, non rispondono, è scientifico.
  Vi chiediamo un intervento al riguardo, perlomeno fino a quando le stazioni appaltanti non verranno qualificate. Quando le stazioni appaltanti verranno qualificate, forse verrà meno anche l'osservazione che facciamo oggi sull'esclusione automatica. Allo stesso modo, quando ci sarà il decreto sul BIM (building information modeling) e questo strumento riuscirà a entrare nella mentalità di tutti, imprese, progettisti, stazioni appaltanti, forse potrebbe avere un senso, un domani, rinunciare a quest'esclusione automatica col metodo dell'antiturbativa. Questa è una terza richiesta.
  Sottolineiamo anche un problema con il subappalto. Abbiamo avuto molti scambi di idee in materia. Intendiamoci, il subappalto come previsto oggi non ci fa capire che tipo di impresa voi volete, come ci dobbiamo organizzare. Oggi la stazione appaltante nel bando di gara può prevedere o meno l'istituto del subappalto.
  Oggi come Associazione costruttori di Roma abbiamo fatto segnalazione all'ANAC che ci troviamo dinanzi a un bando di manutenzione stradale che va in deroga un'altra volta. Qui tutti siamo contrari alle deroghe.
  Al di là, però, di questo, può verificarsi che per due gare analoghe bandite una dal comune «A» e una dal comune «B», una preveda il subappalto e una no. Vuol dire che in uno devo fare tutto da solo. Fare, però, tutto da solo come impresa vuol dire tornare all'immediato dopoguerra. Mio padre diceva che, come impresa, facevamo tutto da soli, a eccezione delle fondazioni speciali e del conglomerato bituminoso, perché per fare il conglomerato serviva un impianto.
  Ammesso che sia questa la strada, e per assurdo si abolisca l'istituto del subappalto, non so più che tipo di impresa è necessaria. Se non c'è il subappalto, mi organizzo in un modo, cioè devo assumere persone, devo avere attrezzature, e forse è anacronistico. Se c'è il subappalto, devo affrontare diversamente alcune parti di lavorazione.
  Di recente, è intervenuta anche una sentenza della Corte di giustizia che forse fa chiarezza su quest'aspetto, laddove viene detto che non si può precludere l'istituto del subappalto se non in casi specifici, ma i «nomi e cognomi» dei casi nei quali non si può ricorrere a tale strumento vengono tipizzati in maniera tale che le imprese sanno come comportarsi.
  Sulla previsione di una terna di subappaltatori non siamo contrari. Siamo però contrari alla terna in fase di gara. Ben venga una situazione in cui facciamo la gara oggi e tra un mese consegnano i lavori, non c'è alcun problema, nulla quaestio. Se, però, facciamo la gara oggi e mi riconsegni i lavori, per altre cause e non per negligenza della stazione appaltante, tra un anno o due, i nomi che io do allora non hanno più senso, perché molto probabilmente non esistono più o fanno altro. C'è un tasso di «mortalità» abnorme.
  Vi solleviamo anche un'altra questione. Su molte gare, soprattutto sulle gare di grandi infrastrutture, dove per giustificare i prezzi serve la cava locale – parliamo di cose concrete, molto concrete – a quel punto deciderà il proprietario della cava chi vince il lavoro, perché solo lui potrà determinare le cose. Non ci troviamo di Pag. 16fronte alla disponibilità di cento cave, ma a una, due, tre cave...
  Quando parliamo di conglomerato bituminoso, quasi tutti i compartimenti dell'ANAS – non parliamo di una committente piccola – non accettano che la fornitura sia fatta da un soggetto e che lo stesso faccia la posa in opera. Identificano fornitura e posa in opera come contratto di subappalto. Non è così semplice.
  Relativamente ai movimenti di materiale, quando ti devi rivolgere a una ditta che toglie il materiale non buono che è nel sito e lo deve portare in discarica, molto probabilmente – le parlo di diverse autostrade – va portato in cava per il ritombamento della cava, per consentire a chi ha la cava di estrarre altro materiale (c'è uno stretto legame). Sulla terna, quindi, non siamo contrari in assoluto. Siamo contrari a questa difficoltà che s'incontra tra il momento in cui si indicano i nomi e quando si esegue il lavoro.
  Sul subappalto ci sono anche altri due dettagli da evidenziare. Sono stati ridotti i casi in cui scatta l'obbligo di dar vita ad un'ATI (associazione temporanea d'imprese) verticale: è stata portata al 10 per cento l'incidenza di alcune categorie oltre cui scatta l'obbligo di associazione tra imprese. Allo stesso modo, è stato abolito il premio di coordinamento. Se ieri davo un lavoro in subappalto, della quota parte che davo in subappalto una piccola parte, il cosiddetto premio di coordinamento, me lo portavo lo stesso come iscrizione. Questo ha anche un senso.
  Nei confronti della stazione appaltante, comunque il responsabile della bontà dell'esecuzione del lavoro non è il subappaltatore ma l'impresa principale. Tutte queste cose messe insieme forse determinano un problema discreto dell'istituto del subappalto così come è disciplinato adesso.
  Siamo d'accordissimo che l'appalto integrato è stato utilizzato in questo Paese per aggiudicarsi un lavoro dove era prevista una galleria e poi è stato realizzato un viadotto. Ci mancherebbe, c'è stato un uso distorto del subappalto. Intanto, però, i casi nei quali l'appalto integrato continua a essere previsto sono abbastanza. In più c'è una deformazione nell'uso di questo strumento.
  Voi avete visto che ci sono diversi bandi di gara – faccio nomi e cognomi, abbiamo fatto due esposti all'ANAC – di due piccoli comuni in Molise, dove è stato utilizzato l'appalto integrato a general contractor – l'appalto integrato oggi a general contractor è ancora ammesso. Ebbene, per lavori di 2 milioni di euro questi comuni hanno invocato l'affidamento a general contractor, perché così potevano utilizzare l'istituto dell'appalto integrato, che è una mostruosità.
  L'altro ieri, SOGEI ha mandato un bando di gara alla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea, risalente al 18 aprile, per un ammontare di una ventina di milioni, che non era stato pubblicato, quindi l'ha dovuto ritirare – è stato pubblicato successivamente – lo ha ritirato e dopo due mesi lo ha ripubblicato con general contractor. Vi faremo avere i due esposti all'ANAC: questo divieto di appalto integrato in realtà per noi vale. Noi incontriamo questi problemi, ma alcune stazioni appaltanti lo aggirano.
  Qual è la nostra proposta? Quella di avere la possibilità di stabilire con data certa quelli che al 18 aprile (nel caso appena citato) erano veramente progetti definitivi, con qualcosa che lo testimoni (ci sono anche delle asseverazioni) laddove quei progetti siano supportati da finanziamenti. Sappiamo, soprattutto da ANCE Sardegna, di grandissimi problemi di finanziamenti che potrebbero andare in perenzione. La possibilità deve essere solo per quei casi, non per tutti. Si tratta di un caso individuato, ben determinabile, della possibilità che un lavoro sia appaltato sulla base di progetto definitivo.
  C'è il problema che qualsiasi deroga, proroga, in Italia diventa definitiva, ma non stiamo chiedendo una deroga o una proroga.

  STEFANO ESPOSITO. Scusi, ma perché quelle stazioni appaltanti non possono fare il progetto esecutivo? Anche noi abbiamo la casistica, che non ci sono i mezzi, né personale, che i tempi si allungherebbero: almeno sui tempi siamo d'accordo che non è così.

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  EDOARDO BIANCHI, vicepresidente Opere pubbliche, Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE). Ma neanche sui soldi...

  STEFANO ESPOSITO. Qui si tratta semplicemente di capire: stiamo parlando di 200, 250 progetti?

  EDOARDO BIANCHI, vicepresidente Opere pubbliche, Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE). Forse neanche, sì.

  STEFANO ESPOSITO. Forse neanche?

  EDOARDO BIANCHI, vicepresidente Opere pubbliche, Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE). Diciamo 200.

  STEFANO ESPOSITO. Io ne avevo stimati circa 200-220, poi lei mi dice che forse sono meno. Secondo me, se andiamo a vedere quali sono veramente i definitivi, scopriamo che sono 50. Comunque, tutto questo non giustifica la campagna sul blocco degli appalti e sulla reintroduzione, anche se temporanea, dell'appalto integrato.
  O fornite dei dati alla Commissione, che siano veri o, se ci sarà un problema in Sardegna, ci occuperemo nello specifico della Sardegna. Abbiamo ritenuto l'appalto integrato uno strumento da superare per gli effetti che ha generato: non è possibile una riapertura su questo terreno, a partire da non si capisce quale valore economico.
  Dottor Bianchi, io ho grande rispetto per l'ANCE ma o stiamo parlando di un fatto nazionale, e per essere tale deve avere veramente una rilevanza nazionale ed economicamente importante, oppure lei legittimamente pone qui questioni di natura sindacale legate a singole regioni. Ma allora affronteremo quelle singolarmente. La storia dell'appalto integrato è una giustificazione per le stazioni appaltanti che non vogliono applicare le nuove regole.
  Vi sono appalti da 100 milioni in Lombardia di piccoli comuni – è una cosa nota – nel bergamasco, e la regione Lombardia dovrebbe dare supporto ai quei comuni per trasformare il progetto definitivo in esecutivo. Per ragioni, che non posso che definire politiche, lei utilizza questo strumento per dire che non va bene il Codice degli appalti. Permettetemi – qui parlo personalmente – questo per un lavoro solo? Abbiate pazienza...
  Viene detto che i tempi si allungherebbero, ma non è vero. Fare il progetto esecutivo in casa richiede meno tempo che fare l'appalto integrato. Non è che chi vince l'appalto integrato non ha i tempi per trasformare il progetto definitivo in esecutivo, se vogliamo fare le cose fatte bene. Diversamente, qui si apre un altro scenario.
  Proviamo, quindi, a quantificare. Voi dite di avere i numeri. Benissimo, portate dei numeri che siano credibili e basati sulla realtà, anche noi faremo la stessa cosa, incrociando il vostro dato e chiedendo chiarimenti alle regioni e alle stazioni appaltanti pubbliche che voi ci segnalerete. Quello che stiamo andando a vedere si sta rivelando poca cosa.
  Della Sardegna non sapevo. Andiamo a vedere.

  PRESIDENTE. Non può integrare? Facciamo finire, poi facciamo il dibattito.

  EDOARDO BIANCHI, vicepresidente Opere pubbliche, Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE). Senatore Esposito, lei e io ne abbiamo già parlato un giorno a Torino. Siamo assolutissimamente d'accordo. Noi non siamo qui per chiedere la reintroduzione dell'appalto integrato, sia chiaro. Abbiamo una proposta sull'appalto integrato, abbiamo un'idea in questo senso, ma oggi non stiamo parlando di questo.
  Noi vorremmo che ci fosse una chiara stigmatizzazione da parte vostra. Domani vi faremo avere dei dati che abbiamo consegnato solo al presidente Cantone, ma che è giusto condividere. Noi siamo perplessi per il fatto che un istituto che è stato espulso, o che comunque si vuole espellere dal Codice, in realtà in cinque o sei diverse situazioni continua a esistere.
  Continua talmente a esistere che ci troviamo di fronte all'aberrazione che due stazioni appaltanti, solo per fare l'appalto l'integrato, si inventano che per gare da 2 milioni di euro serve il general contractor.
  In secondo luogo, vi citiamo un esempio che riguarda il Provveditorato alle opere Pag. 18pubbliche, diretta emanazione del Ministero dei lavori pubblici (non il comune di vattelapesca). Un bando SOGEI è stato ripubblicato con appalto per general contractor. Non è di oggi la discussione, perché il tema è quello che ha rappresentato lei, ma le qualifiche per general contractor sono di fatto bloccate finché non c'è un decreto.
  In realtà, se tutti ci potessimo iscrivere a general contractor, rimane la perplessità di fondo...

  STEFANO ESPOSITO. Quello che sta dicendo è gravissimo.

  PRESIDENTE. Scusate, facciamo finire.

  EDOARDO BIANCHI, vicepresidente Opere pubbliche, Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE). Sulle opere di urbanizzazione a scomputo tenete conto che in questi ultimi anni, soprattutto nei grandi comuni, la quota principale degli investimenti, accanto a quelli pubblici, è rappresentata dagli investimenti privati, cioè di chi fa una lottizzazione ampia e che per gli oneri che deve corrispondere al comune ha la possibilità non di dare 100 lire ma di realizzare opere di urbanizzazione concordate con l'ente locale.
  Ci sono quattro o cinque modifiche relative al nuovo Codice sulle quali vi chiediamo di avviare una riflessione. Anzitutto, in questi casi il soggetto privato svolge il ruolo di stazione appaltante. Vi chiediamo se le stesse regole di qualificazione di una stazione appaltante possono essere le stesse sia per l'ANAS sia per un gruppo di privati.
  Penso che possa essere legittimo non chiedere a tutti e due le stesse cose, perché ANAS è forse il committente più importante che abbiamo in Italia, e nel singolo comune per una lottizzazione si fa quella e si muore. Vorrebbe dire appesantire o forse rendere quasi impossibile l'esecuzione di queste opere.
  Ancora, per il sotto soglia e le opere di urbanizzazione secondaria ci troviamo di fronte a una situazione che riteniamo forse incomprensibile. Se tu dai quelle 100 lire al comune, il comune fa una gara potendo ad esempio utilizzare la procedura negoziata – stiamo parlando di sotto soglia – se, invece la fa il privato, attualmente la...

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  EDOARDO BIANCHI, vicepresidente Opere pubbliche, Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE). Sul partenariato pubblico-privato...

  PRESIDENTE. C'è una nota puntuale. Deve illustrare gli elementi essenziali, altrimenti non c'è confronto.

  EDOARDO BIANCHI, vicepresidente Opere pubbliche, Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE). Quanto al partenariato pubblico-privato, vi chiediamo di riflettere su un arco temporale molto stretto di closing finanziario di 12 mesi, mentre prima erano 24, e sulla possibilità di prevedere un contributo pubblico non solo al 30, ma anche al 50 per cento.

  PRESIDENTE. Do la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  ALTERO MATTEOLI, presidente dell'8ª commissione del Senato. Desidero ringraziare il dottor Bianchi, perché si è presentato in Commissione in maniera collaborativa. Le interruzioni che ci sono state sono anche dovute al fatto che in quest'ultimo mese l'ANCE ha «sparato» contro il nuovo Codice degli appalti certamente in maniera non leggera. Oltretutto, sapendo che c'era quest'audizione, mi pareva opportuno aspettarla. Per carità, siamo in democrazia, le critiche sono più che giustificate, però le interruzioni che ci sono state sono dovute anche a questo fatto. Nel mese di agosto, leggendo i giornali, non è che abbiate risparmiato le critiche.
  Detto questo, i documenti ancora necessari non sono più 51, ma sono stati accorpati. Se non vado errato – il senatore Esposito mi aiuti – mi pare siano 37.
  Vorrei, invece, chiedere ai colleghi commissari una riflessione sull'esigenza di considerare un periodo di riferimento temporale per comprova dei requisiti SOA di tre Pag. 19e cinque anni. Stante la crisi di questi anni, mi pare che da questo punto di vista abbiate ragione. Sarebbe opportuno intervenire al riguardo.

  RAFFAELLA MARIANI. Anch'io ringrazio l'ANCE per il contributo fornito. È noto a tutti che in questi due mesi abbiamo avuto più volte modo di discutere di un'interpretazione della fase di applicazione iniziale del Codice, che noi reputavamo anche fisiologica e che l'ANCE ha molto drammatizzato, forse anche per condizioni economiche che non sottovaluto assolutamente.
  A volte questo può aiutare, in altri casi può deprimere ulteriormente o dare giustificazioni e alibi alle stazioni appaltanti. Laddove con un cambiamento molto deciso della normativa si deve ripartire velocemente, il fatto di alimentare dubbi e incertezze, dal mio punto di vista, non ha aiutato. Io ho sempre provato a chiedere a ANCE e a tutti gli interlocutori di affrontare le questioni concrete e di provare a sviscerarle, come è stato fatto anche oggi su talune questioni che poi affronterò.
  Ritengo anch'io che in alcune situazioni – l'abbiamo sempre detto – dobbiamo dare senza esitazioni un supporto alle stazioni appaltanti. In alcune regioni italiane, per alcune stazioni appaltanti, anche noi stiamo facendo un monitoraggio molto attento. Quest'indagine conoscitiva ne testimonia la volontà. Le cose stanno funzionando molto bene, senza alcuna interruzione. Io ritengo che in alcuni casi, anche laddove da parte di alcune stazioni appaltanti si sta facendo – a mio avviso – un ostruzionismo a prescindere, si possa chiedere una collaborazione e cercare di risolvere i problemi.
  Lo dico perché non siamo riusciti ad avere risposte concrete su molte delle questioni che sono state sollevate genericamente nella vulgata estiva. Alla nostra richiesta di avere indicazioni più precise su quello che non funzionava, per dare una mano, per avvicinare le risposte di ANAC o del ministero e della cabina di regia alla stazione appaltante o all'amministrazione competente, non siamo riusciti ad avere concrete risposte né chiarezza su quello che non funzionava, se non un generico: «qui sta cambiando tutto».
  Per quanto riguarda le questioni da voi sollevate, di cui abbiamo già parlato, riguardo al tema della valutazione degli ultimi cinque anni di attività (o degli ultimi dieci anni), non abbiamo dubbi. L'interpretazione che ha dato il Governo è stata di stabilire un termine di cinque anni. Nel parere l'avevamo detto e l'abbiamo più volte reiteratamente proposto anche nelle leggi di stabilità precedenti. Se vi ricordate, questa regola dei dieci anni nelle ultime leggi di proroga termini che vi hanno riguardato l'abbiamo più volte approvata in Parlamento. Siamo consapevoli che quello è un meccanismo che, soprattutto dopo una fase di crisi così forte, deve essere corretto e che si può prevedere un maggiore lasso di tempo per la valutazione.
  Sul tema delle attestazioni SOA e dei criteri reputazionali delle imprese, l'ANAC con la sua relazione riuscirà sicuramente a trovare il giusto equilibrio rispetto anche ad alcuni comportamenti non perfettamente consoni sui requisiti richiesti e sullo scambio di rami d'azienda, aspetti di cui abbiamo parlato mille volte.
  Io sono d'accordo sul tema del direttore tecnico. Ne avevamo ragionato e penso che si possano fare alcune modifiche. Sui temi della qualificazione per importi sopra i 20 milioni di euro penso si possano introdurre delle precisazioni. Abbiamo più volte insieme parlato del subappalto e l'intenzione della delega è anche nel parere che avevamo scritto, ma la traduzione finale è stata differente dall'intenzione del Parlamento.
  Penso che ci siano elementi riguardo al tema del subappalto che possano trovare qualche correzione nella direzione non di allentare le maglie, se così può essere percepito, ma in quella di valutare, per alcune tipologie, le fattispecie per cui non è importante indicare la terna al momento della gara. L'avevamo scritto così nella legge delega, a dir la verità, e chiedevamo al Governo di specificare solo i casi in cui era obbligatorio indicare la terna. Questo avrebbe comportato che il suddetto obbligo non era valido per tutti, ma solo in certe Pag. 20circostanze. Questo era un elemento che avevamo potuto verificare dalle osservazioni di moltissimi soggetti che abbiamo audito in Commissione.
  Riguardo al tema dell'appalto integrato, il senatore Esposito ha detto le cose che pensiamo in molti e non mi dilungo. Non ho capito in che cosa si sostanzino le motivazioni, sia di tempo sia di competenza, in base alle quali affermate che non poter più utilizzare l'appalto integrato allungherebbe i tempi. Alla fine, qualcuno il progetto esecutivo lo deve comunque fare. Sia che lo faccia la stazione appaltante che fa la gara, e che quindi consegna un progetto esecutivo alle imprese per concorrere all'appalto, sia che si affidi a un'impresa quel progetto definitivo e quindi l'obbligo di fare la gara e poi di eseguirlo, qualcuno quel progetto lo deve trasformare da definitivo a esecutivo.
  Non mi convince la motivazione per cui si perde tempo e non si fanno le cose speditamente come prima. Non hanno mai funzionato così, tanto che i costi si sono moltiplicati, e i tempi pure. Se almeno si fossero moltiplicati solo i costi ma i tempi fossero stati rispettati... Per non parlare poi di varianti e di riserve... Sulla considerazione che il progetto esecutivo ha allungato tempi e fatto salire i costi siamo abbastanza perplessi e vorremmo capire meglio.
  Tutte le altre questioni che ponete io credo che siano degne di attenzione. Penso che con la volontà di collaborare e di individuare insieme modalità per far lavorare meglio le stazioni appaltanti, ci saranno spazi anche per migliorare l'interpretazione del codice.
  Quello che mi sento di auspicare è che questa volontà ci sia da entrambe le parti. Noi non possiamo continuare ad affrontare una discussione anche strumentale sul numero degli articoli e sul numero dei criteri attuativi. Relativamente alle correzioni, è stata imbarazzante la discussione che abbiamo dovuto fare sul fatto che è stato predisposto un decreto per un’errata corrige che correggeva delle virgole, degli spazi e dei numeri, ma che nella sostanza aveva lasciato il Codice com'era. Questo è stato un altro elemento che ha comportato una difficoltà e, tutto sommato, ha gettato discredito sul lavoro che abbiamo cercato di svolgere molto seriamente.

  PRESIDENTE. Lei ha fatto più volte riferimento alla questione del massimo ribasso, che è stato uno dei passaggi chiave: una delle polemiche ha riguardato proprio il meccanismo del massimo ribasso. Dobbiamo capire quali sono i punti da modificare – personalmente, sono d'accordo con le cose che ha detto il presidente Matteoli – e dove invece non dobbiamo dare alibi a quelli che hanno lucrato su meccanismi arretrati perché non si vogliono aggiornare, perché non vogliono cambiare.
  Cito l'esempio del comune di Roma, ma non di questa gestione, bensì di quella precedente. Anche se probabilmente, non è cambiato nulla, non ho visto grandi movimenti in materia. Io ricordo una discussione avuta con un assessore del comune di Roma, che stimavo, il quale mi ha spiegato, a fronte del fatto che era evidente che un certo tipo di lavori veniva fatto male e che gli appalti erano sempre fatti al massimo ribasso, che il comune di Roma non aveva funzionari in grado di scrivere un bando con l'offerta economicamente più vantaggiosa. Onestamente, mi pare una situazione alla quale non possiamo fornire alibi.

  FEDERICO MASSA. Sono pienamente d'accordo con le affermazioni della collega Mariani. Io stesso sono stato testimone di simili situazioni nell'incontro avuto con alcuni comuni. Credo si sia generato un effetto boomerang sulle stazioni appaltanti, a partire dalla denuncia, postuma mi verrebbe da dire, di alcune insufficienze del Codice e, soprattutto, dalla paventata insussistenza o insufficienza della normativa transitoria, che invece è emersa soprattutto per merito delle Commissioni parlamentari. Le stazioni appaltanti, infatti, sono convinte di una situazione non vera, nel senso che la normativa transitoria copriva sostanzialmente la possibilità di utilizzare il regolamento fino all'entrata in vigore del complesso degli atti attuativi.
  La questione vera è quella del progetto esecutivo. Poi su molte delle osservazioni Pag. 21sono d'accordo. Sono d'accordo anche sulla media. Penso che si possa discutere di molte questioni, su altre meno, ma su alcune sicuramente sì. Provo a interpretare anche il problema dei progetti esecutivi, sulla scorta anche dell'intervento della collega Mariani.
  Quanto previsto in relazione al progetto esecutivo non ritarda l'esecuzione dei lavori, perché prima o poi questo progetto va realizzato. Questo meccanismo evita che si generino quelle situazioni insopportabili e ingovernabili che conosciamo. Questo problema si è verificato ad esempio nella regione Puglia, ed era quello che volevo dire prima.
  Il problema si pone rispetto alle tempistiche dei finanziamenti che guardano al vecchio schema. I finanziamenti sono, cioè, legati all'appalto dell'opera. Ad esempio, si incorre nel definanziamento se l'opera non viene appaltata entro una certa data. Se si ritarda l'appalto perché prima si deve realizzare il progetto esecutivo, e quindi non si contrattualizza l'opera, si corre il rischio che ciò incida sui finanziamenti.
  Mi pare sia possibile ragionare su questi problemi, come auspicava il senatore Esposito, cioè guardando alla concretezza delle situazioni. E anche per evitare di ingenerare confusione sul tema del progetto integrato e per fugare i dubbi sulla volontà di mantenere l'attuale impostazione del Codice. Forse potremmo più opportunamente ragionare a partire dal finanziamento. Si potrebbe intervenire ad esempio per far sì che la tempistica del finanziamento non sia legata alla contrattualizzazione dei lavori, ma per esempio alla contrattualizzazione dell'incarico per l'esecuzione del progetto esecutivo o allo stesso progetto esecutivo.
  In questo modo, facciamo salva l'impostazione del codice, che secondo me è fondamentalmente corretta, salvo perfezionamenti sempre possibili, ed evitiamo definanziamenti che nascono da situazioni come quelle registratesi in Sardegna e in Puglia. Si potrebbe quindi ragionare sui tempi dei finanziamenti e sulla gestione dei finanziamenti medesimi.

  VINCENZO GIBIINO. Intervengo con poche parole per ringraziare i rappresentanti dell'ANCE per la loro presenza, ma soprattutto per la schiettezza e l'onestà con cui il dottor Bianchi ha parlato. Egli, oltre ad essere un rappresentante dell'ANCE, è anche un imprenditore, e quando si prende parola e dietro si ha un'impresa, con appalti da vincere e buste paga da pagare a fine mese, si avverte anche la responsabilità e il peso di ciò che si dice.
  E quello che lei ha detto non rappresenta semplicemente una valutazione aulica delle aspettative pre-riforma di questo Codice. Ricordo ad esempio il lavoro che è stato fatto in prima lettura, e mi riferisco a un convegno che ci ha visto a Napoli tutti partecipi e soddisfatti per il lavoro svolto. In realtà, poi è accaduto che la delega è stata consegnata al Governo, e successivamente è tornata e abbiamo avuto pochi giorni per poterla completare e approvare.
  Se, però, lanciate un grido di allarme, relativamente ad aspetti importanti del codice, citando anche casi specifici, mentre l'Italia e le imprese sono ferme, allora il nostro compito, dopo che ascoltiamo una relazione di questo tipo, che è un grido d'allarme, è forse di individuare soluzioni insieme: maggioranza, opposizione e Governo. L'Italia deve ripartire.
  Per quanto concerne il metodo per farla ripartire non dovete pensarci voi: mi riferisco a tutte le ipotesi suggerite, a quelle sulle stazioni appaltanti, sul progetto esecutivo e su quello definitivo, e all'idea di vincolare il finanziamento. Avete già detto e scritto tutto e avete partecipato ai nostri lavori. Ma se il risultato finale non è soddisfacente, perché alcune stazioni appaltanti non fanno quello che devono, queste a chi si dovrebbero rivolgere? Chi è che deve dire a queste stazioni appaltanti e alle amministrazioni pubbliche che devono applicare la legge o, se ci sono delle storture, come devono fare, in maniera che le imprese realizzino le opere?
  Non voglio entrare nello specifico, però vi ringrazio della schiettezza con la quale oggi siete intervenuti qui. Concordo infine con il presidente Matteoli su quanto accaduto nel mese di agosto e sui pesanti articoli apparsi sulla stampa, ma forse il clima caldo serve anche a risolvere i problemi... Pag. 22Se la discussione avviene solamente nelle Commissioni o è circoscritta ai rapporti con il Governo, evidentemente quei problemi non si risolvono. Forse quando le cose arrivano sulla stampa, prude a qualcuno trovare la soluzione, e ben venga la soluzione...

  PRESIDENTE. A patto che non si difenda il massimo ribasso, che tutti hanno detto che era il male. Anche questo ho sentito dire.

  ANDREA CIOFFI. Intervengo per poche osservazioni. Siccome parliamo sempre del fatto che per fare questi progetti esecutivi ci vuole molto tempo, forse è bene che tutti ricordiamo che quando si fa un appalto con un progetto definitivo bisogna aver acquisito tutti i pareri, e quando si hanno tutti i pareri, per fare l'esecutivo ci vuole poco tempo. Dobbiamo essere chiari su questo, altrimenti ci giriamo intorno.
  Il problema è acquisire i pareri. Purtroppo, avendolo fatto per tanti anni, so quanto sia complicato, ma una volta acquisiti i pareri, il progetto esecutivo si realizza piuttosto rapidamente. Non capisco, quindi, quale sia il problema. Oltretutto, spesso le amministrazioni una volta assegnavano gli appalti sulla base del progetto definitivo, perché facendo fare l'esecutivo all'impresa, si riducevano le riserve e le varianti. E questo si faceva proprio per ridurre le riserve e le varianti. Per voi dovrebbe essere più bello «giocare» sull'esecutivo, così vi potete sbizzarrire sulle riserve. Sto facendo una battuta, naturalmente, è evidente, ma tanto per mettere i puntini sulle «i».
  Mi permetterà una battuta sul comune di Roma: non vorrei sbagliarmi, ma mi sembra che la parte attuativa relativa ai bandi e ai capitolati spetti ai funzionari e non alla politica. Mi sembra che Bassanini fece una legge che separava le funzioni. Vorrei ribadirlo.
  Per ciò che riguarda il problema delle scadenze non rispettate, sollevato poc'anzi, bisogna dire che sono successe tante cose strane in fase di appalto. Nella mia regione, ad esempio, la Campania, si dovevano fare le gare e spendere i soldi e pertanto si sono inventati i «Grandi progetti», perché i soldi dovevano essere spesi entro la fine del 2015. Non li hanno spesi e, quindi, si sono verificati molti problemi. Bisogna intervenire per far sì che, quando ci sono le risorse, queste vengano realmente spese e capire quali sono i problemi, che spesso sono legati ai lunghi tempi necessari per le autorizzazioni.
  Per quello che riguarda il massimo ribasso, anche qui non ho capito: voi volete che si aumenti la soglia del massimo ribasso? Un milione non vi sta bene? Lo chiedo affinché sia chiara la vostra posizione, altrimenti non capisco. Poiché si è fatto riferimento alla cifra di 2,5 milioni, voglio capire se la vostra richiesta è che si alzi la soglia del massimo ribasso a 2,5 milioni.
  Io – l'ho sempre detto in questa Commissione – sono legato a cose antiche che mi insegnava papà, ed ero legato all'idea della media, ma questa è una mia cosa vecchia. Su questo rimango affezionato a quell'idea.
  Per quello che riguarda, invece, il limite ai subappalti stabilito al 30 per cento sull'intero importo, penso che sia stata una scelta giusta – abbiamo discusso più di una volta in merito – per evitare la finanziarizzazione dell'impresa. L'impresa deve fare l'impresa e non deve essere finanziarizzata. In occasione dei lavori per l'Expo 2015 sono state subappaltate tutte le categorie non prevalenti, ciò significava subappaltare il 70 per cento dell'importo complessivo. Quella è una pratica vergognosa, che bisogna combattere.
  Per quello che riguarda, invece, l'attestazione SOA, concessa sulla base della valutazione dell'attività delle imprese, prendendo in considerazione i migliori cinque anni degli ultimi dieci di attività, ritengo che aumentare la soglia sia una questione di buonsenso, perché effettivamente in questa valutazione incide la recente crisi economica. Bisogna quindi stare attenti. I migliori cinque anni degli ultimi dieci, potrebbero non essere l'anno 1, 2, 3, 4 e 5. Negli ultimi cinque anni sei «morto». Altrimenti salviamo qualcuno che è morto... Il nostro Pag. 23compito sarà cercare di trovare magari un doppio criterio che permetta effettivamente di valutare quelli che sono andati in sofferenza, ma senza resuscitare un morto. Bisogna stare attenti a queste cose.
  Segnalo infine un'ultima questione. Con riguardo al tetto del 30 per cento al contributo pubblico – prima era il 50 – anch'io credo che questa sia una scelta giusta. Quando vi è un forte contributo pubblico, non capisco perché determinate opere non le faccia direttamente il pubblico. Se il contributo del pubblico è limitato, va bene, ma, se il contributo del pubblico è forte, allora perché non le fa direttamente il pubblico? Certo, abbiamo il problema del Patto di stabilità interno. Questo bisognerebbe dirlo a quelli che ci sono stati prima che arrivasse il Movimento 5 Stelle, ma è una polemica che scarto. Una volta Fassino mi disse che non era contento.

  STEFANO ESPOSITO. Pongo telegraficamente una domanda e poi faccio una considerazione. Nella documentazione i nostri ospiti affermano che: «È necessario eliminare il divieto di ribasso sui costi della manodopera del subappaltatore o, in subordine, riferirlo al rispetto dei livelli minimi salariali».
  Qui si chiede di eliminare il divieto di ribasso. Noi riteniamo invece che non debbano esserci ribassi legati alla manodopera. Questo mi sembrava un dato acquisito. Mi spiegate da dove emerge questa richiesta?
  Passando alla seconda considerazione, condivido pienamente quanto detto dal collega Cioffi sulla questione delle concessioni e del partenariato pubblico-privato. A meno che non vogliamo di nuovo operazioni tipo quella della BreBeMi. C'è un problema di responsabilizzazione del privato. Se ci sono opere che accedono a un meccanismo di partenariato pubblico-privato o di project financing, significa che quelle opere vengono proposte dal privato al pubblico, che non le ha nel proprio programma. Naturalmente, il finanziamento del pubblico non può essere superiore alla soglia, che ritengo già alta, del 30 per cento, ma che comunque rende il significato dell'interesse pubblico. Altrimenti si ripete un gioco già visto.
  Vorrei che ci capissimo. Questo Codice non l'abbiamo scritto all'anno zero, ma siamo partiti da esperienze consolidate, che credo anche voi abbiate vissuto. Ma si continua a tornare indietro. Dico che questo è un punto molto delicato.
  Faccio un esempio banale: la regione Piemonte si sta agitando a causa di queste norme, sostenendo che nella realizzazione della nuova Città della Salute non riuscirebbe a conferire l'intero contributo pubblico all'interno del soggetto attuatore, in una logica di partenariato pubblico-privato, perché, in base al valore complessivo dell'opera, il contributo pubblico supera abbondantemente il 30 per cento.
  Ho quindi rivolto una semplice considerazione alla regione Piemonte. Ho chiesto se il contributo pubblico sia concesso per la realizzazione dell'edificio o anche per attrezzare la Città della Salute. La risposta è che si tratta di un contributo generico. Quindi, metteranno il 30 per cento di contributo per la realizzazione dell'infrastruttura e utilizzeranno quello che avanza per comprare le apparecchiature migliori possibili per coloro che andranno a usufruire della Città della Salute.
  È esattamente così. Perché devo dare il 50 per cento di contributo a un operatore privato che fa un investimento (credendoci giustamente) e magari aggiudicandosi, come nel caso della Città della Salute, un contratto di gestione per trent'anni che lo farà rientrare dai costi e gli produrrà utile? Francamente, non lo capisco. È proprio una filosofia diversa. Comunque, condivido quello che ha detto il collega Cioffi.
  Idem sul closing finanziario. Perché dobbiamo tornare al termine di ventiquattro mesi? Il closing finanziario a ventiquattro mesi, dottor Bianchi, ha forse garantito che project financing e partenariato pubblico-privato, come abbiamo visto, fossero conclusi nei termini previsti? Direi di no! La «bancabilità» di un'operazione è immediatamente evidente. Sono sufficienti dodici mesi per capire se esiste lo spazio. Laddove ci sono difficoltà è perché probabilmente il progetto è zoppicante, ma, se il progetto sta in piedi, non credo che ci sia un problema relativo al termine di dodici mesi. Pag. 24
  Naturalmente, poiché non sono un esperto di finanza, se mi portate elementi puntuali ed esempi concreti che dimostrano che dodici mesi sono troppo pochi a causa della burocrazia bancaria, al di là della qualità del progetto, allora cambierò idea. Posta così, però, la questione, e senza ulteriori elementi, personalmente non mi convince.

  TINO IANNUZZI. Voglio subito dire che approvo l'approccio mostrato oggi dall'ANCE, che ha ragionato nel merito delle questioni, rispetto all'approccio giornalistico sfoggiato sotto il solleone d'agosto – ma la mia è una battuta. È molto meglio, invece, considerare alcuni punti fermi, rispetto ai quali il Codice non deve discostarsi.
  Il Codice va posto in condizione di produrre tutti i suoi effetti, naturalmente con la consapevolezza che i 51 provvedimenti attuativi, diventati 37 dopo l'indicazione del Presidente Matteoli, necessitano di andare a regime insieme alle norme del Codice. Dobbiamo disporre di un congruo lasso di tempo per verificare l'efficacia delle norme.
  Ciò non toglie che l'occasione dell'esame di misure correttive e attuative del Codice vada utilizzata per intervenire rapidamente sugli aspetti sui quali è possibile giungere ad un accordo in tempi brevi, penso ad esempio ad alcune indicazioni motivate che ci provengono dal mondo delle imprese e dal mondo dell'ANCE. Debbo precisare però che introdurre sin da ora molte modifiche mi sembra un errore, perché gli effetti di riforme di sistema vanno valutati nell'arco di un orizzonte temporale di riferimento e di applicazione sufficientemente ampio, altrimenti si innesca un meccanismo a catena nel quale la fretta e la contingenza producono risultati non positivi.
  Devo anche dire che sarà molto importante verificare, alla luce dei dati che oggi ci avete fornito, e comparandoli con quelli trasmessi dall'Autorità anticorruzione, il meccanismo del calo dei bandi e del valore dei bandi delle nuove gare. Questo dato in fase iniziale non mi meraviglia. È ovvio che, di fronte a una riforma così ampia, complessiva e con tanti effetti, l'immediatezza della risposta e la capacità applicativa delle pubbliche amministrazioni può generare difficoltà. Quindi, il rallentamento, a mio avviso, è in re ipsa.
  Bisognerà ora capire, poiché c'è stato un rallentamento del suddetto calo nei mesi di luglio e agosto, come ci segnalate, che cosa accadrà nel quadrimestre che abbiamo innanzi, cioè se la progressiva stabilizzazione possa portare a risultati migliori, poiché, ovviamente, la novità inizia ad essere conosciuta e gestita.
  Nel merito, rapidissimamente, voglio dire che condivido la necessità – ai fini dell'attestazione SOA – di avere come riferimento non gli ultimi cinque anni, ma il decennio, perché è evidente che gli ultimi cinque anni sono quelli caratterizzati e costellati dalla più grave crisi congiunturale economica che ha colpito le imprese. Francamente, ritengo che intervenire sui meccanismi qualificatori sia una misura di assoluto buonsenso, in particolare sulla base di ciò che è accaduto negli ultimi anni.
  Sono sempre stato convinto che l'indicazione della terna per il subappalto sia una norma sicuramente giusta, ma che debba fare i conti con la realtà e con i tempi delle gare d'appalto in Italia. Poiché l'indicazione della terna viene fatta al momento della presentazione dell'offerta, e non al momento dell'aggiudicazione della gara, sappiamo tutti che, a seconda dei casi trascorre diverso tempo tra la presentazione dell'offerta e l'affidamento dei lavori. L'ho detto prima. Queste cose mi sono permesso di dirle con molta modestia già nel corso della discussione.
  L'ultimo punto è la questione della progettazione esecutiva. Sono convintissimo che sia una questione antica – l'ha detto lei, presidente –. Con la legge Merloni era prevista la necessità di porre a base della gara d'appalto un progetto il più possibile compiuto, preciso e dettagliato, per evitare che si generassero il meccanismo delle varianti, della revisione dei prezzi e tutte le altre degenerazioni e anomalie che ne sono derivate.
  La lettura del combinato disposto dell'articolo 23 e dell'articolo 59 del Codice pone alla base delle gare d'appalto il progetto Pag. 25 esecutivo. Penso che questa scelta di merito sia una scelta giusta. Il problema qual è, a mio avviso? Questo mi permetto di dirlo avendo un qualche contatto con tanti amministratori locali e tanti comuni. La progettazione esecutiva, soprattutto per i comuni, costa. Non so quale sia il margine d'incidenza. Esiste un'ampia letteratura al riguardo. Non so quali siano il margine di incidenza e la percentuale sul costo complessivo, ma la progettazione esecutiva rappresenta un costo. La difficoltà di reperire risorse inevitabilmente determina il rallentamento dei tempi, non perché per realizzare il progetto esecutivo sia necessario un tempo biblico, ma perché, senza risorse è ovvio che slitti tutto.
  Poiché i comuni hanno difficoltà a reperire i soldi, in relazione a un'ipotesi di finanziamento incerto nell’an e nel quantum – perché di questo si tratta –, penso che ci si debba porre il problema, in base a quanto previsto dall'articolo 59, che condivido, di identificare a livello statale o regionale (in Campania è stato previsto così, per esempio) un fondo di rotazione, un finanziamento specificamente rivolto alle amministrazioni appaltanti, e segnatamente ai comuni, per poter provvedere alle progettazioni esecutive.
  So che il Ministro Delrio sta studiando anche un'ipotesi di finanziamento, che lega le risorse presso la Cassa depositi e prestiti, per poter rispettare la regola sacrosanta e di antica aspirazione di porre alla base d'appalto il progetto esecutivo. Dobbiamo porci, però, il problema di dotare le amministrazioni appaltanti, innanzitutto i comuni, delle risorse per poter dar luogo ai progetti esecutivi, altrimenti penso che l'effetto ritardo sia legato non alla difficoltà di fare il progetto esecutivo, ma alla difficoltà di trovare i soldi per fare il progetto esecutivo.

  PRESIDENTE. Do la parola alla collega Mannino per l'ultimo intervento di questa audizione fiume, che è durata un tempo doppio rispetto a quanto previsto. E successivamente i nostri ospiti se vorranno, potranno fornirci le risposte.

  CLAUDIA MANNINO. Approfitto del mio intervento per riferire un'osservazione rivolta dal collega Cioffi al collega Iannuzzi. Ossia che il fondo di rotazione per la progettazione presso Cassa depositi e prestiti esisterebbe già dal 2003. Lo dico solo affinché rimanga agli atti.
  Il mio intervento è relativo a tre quesiti. Relativamente alle attestazioni SOA, che sappiamo bene essere una caratteristica solo italiana, volevo sapere se, laddove ci sono opere affidate con gara europea, avete i dati di partecipazione di aziende non italiane. Ovviamente, in Italia abbiamo introdotto quello che io chiamo un processo alle intenzioni, ossia questa regola delle SOA, con tutti i suoi limiti, che pure può essere migliorata secondo le vostre richieste. Sappiamo bene, però, che fuori dall'Italia queste regole non esistono. Quindi, un'impresa estera che viene qui come si comporta nel momento in cui sono richieste determinate qualifiche?
  La seconda richiesta di dati, se li avete, è relativa all'articolo 97 del nuovo testo. Come diceva la collega Mariani prima di me, abbiamo ricevuto tutti delle segnalazioni al riguardo. In particolare, ho ricevuto segnalazioni relative ad alcune modalità applicative dell'articolo 97 abbastanza discutibili. Mi chiedo se avete dei dati in merito o comunque se tramite i vostri associati state monitorando l'applicazione dell'articolo 97. Fermo restando che condivido la vostra proposta di intervento su tali aspetti, che peraltro credo faccia riferimento alla legge presentata in Sicilia e impugnata dal Governo. Noi comunque abbiamo presentato sia una proposta di legge di analogo contenuto sia una proposta di modifica recante l'inserimento di tali criteri nel testo unico, ma non sono state accolte.
  Un altro quesito che vi pongo è se avete dati relativamente alle procedure previste dall'articolo 20, che non ha alcun limite di applicazione. Basta che un'opera rientri nella programmazione triennale del comune e si avviano le suddette procedure. Ho visto che avete proposto delle modifiche all'articolo 20, che sarà nostra cura prendere in considerazione. Pag. 26
  Un ultimo quesito che volevo porre è proprio sul progetto esecutivo. Come il dottor Bianchi ha ricordato, sulla base anche della sua esperienza personale, laddove ci si impegna personalmente a realizzare un progetto o comunque una proposta di buona qualità, puntualmente si viene esclusi. Vi chiedo, quindi, se, invece, secondo voi, non si debba procedere a risolvere questa lacuna – so che non vi compete – investendo seriamente sugli uffici tecnici dei comuni, che magari hanno strutture carenti, e che invece dovrebbero anche saper leggere un progetto esecutivo. Che margini ipotizzate vi siano per l'ipotesi di un'attività maggiormente rivolta agli uffici tecnici?

  PRESIDENTE. Do la parola agli auditi per la replica.

  EDOARDO BIANCHI, vicepresidente Opere pubbliche, Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE). Faccio una premessa: noi siamo rappresentanti dell'ANCE, quindi delle imprese edili e non dei committenti e delle stazioni appaltanti. Molte delle osservazioni che ho sentito fare oggi, in realtà dovrebbero essere rivolte alle stazioni appaltanti.
  Chiarisco in premessa – e lo possiamo incidere sulla pietra – che quando l'ANCE cambia posizione, lo dice chiaramente. Noi crediamo ciecamente nel progetto esecutivo. Non vogliamo tornare indietro sul progetto esecutivo. Chiunque ci mette in bocca cose differenti interpreta la nostra posizione in maniera sbagliata rispetto alla chiarezza con la quale la stiamo esponendo oggi, che per noi è la stessa chiarezza che abbiamo adottato in questi ultimi anni. Comunque, se ci siamo spiegati male – non lo pensiamo, ma va bene – ribadiamo che l'ANCE è per i progetti esecutivi. Si mettano a base di gara progetti esecutivi.
  Perché? Perché ha perfettamente ragione il senatore Esposito e chiunque di voi l'ha ricordato. Quello che è successo in questi ultimi anni con i progetti non esecutivi non ha garantito tempi contingentati e costi certi. Alcuni istituti, creati dai Parlamenti precedenti, non erano stati fatti perché si volevano implementare. No, si pensava che fosse una scelta giusta, ma, se un istituto giusto poi trova un'applicazione malvagia, allora va eliminato. Quindi, l'ANCE è per il progetto esecutivo.
  Non vi stiamo chiedendo in questa fase – nessuno vi ha mai detto questo – di reintrodurre l'appalto integrato. Vi stiamo solo illustrando un'anomalia. Condividiamo perfettamente l'analisi che avete fatto voi oggi. Oggi la stazione appaltante toglie all'impresa aggiudicataria i soldi che investe per fare il progetto esecutivo, perché c'era anche un quid che copriva il progetto esecutivo. Quindi, nulla quaestio.
  Quanto ai tempi, molto probabilmente l'esperienza pregressa ci ha dimostrato che non c'è alcun risparmio di tempi. Se si impiega un mese in più, o due o tre o quello che occorre, ne guadagniamo dopo come collettività. Quindi, ben venga.
  L'unica osservazione che faccio – poi non vorrei più parlare di appalto integrato, perché penso che sia abbastanza chiara la nostra posizione – è basata su quanto avvenuto in passato. Se pressate le stazioni appaltanti, e con la moral suasion le costringete a pubblicare tutto domani mattina e, per quei progetti che sono a livello definitivo, le convincete a realizzare l'ultimo passaggio da definitivo a esecutivo, a noi va benissimo! Non vi abbiamo chiesto di reintrodurre l'appalto integrato, perché, finché non ci sarà il BIM a regime, è assurdo parlare di appalto integrato, che è stato applicato male.
  Quindi, come primo punto, vogliamo il progetto esecutivo. Non vi stiamo chiedendo l'appalto integrato.
  Passo ad un altro aspetto. L'ANCE, da anni, è assolutissimamente contraria al massimo ribasso. Non penso ci siamo spiegati male Ma se ciò è avvenuto ce ne scusiamo. Ebbene, l'ANCE è contraria al massimo ribasso, perché il massimo ribasso è riciclo di soldi e non si lavora. È chiaro? Nonostante lo stiamo dicendo da dieci anni, forse ci siamo spiegati male.
  Le nuove norme consentono alle amministrazioni di utilizzare, peraltro in via facoltativa, l'esclusione automatica delle offerte anomale con metodo antiturbativa – Pag. 27di cui all'articolo 97 del Codice – solo per lavori fino ad 1 milione di euro.
  Rispetto a questo, nel lasso di tempo necessario affinché giunga a regime la linea guida dell'ANAC sui commissari di gara, per i progetti complessi, che è ancora in fase di consultazione, chiediamo che il limite per gli appalti relativi a lavori fino a 2,5 milioni, sia innalzato a 5 milioni. La richiesta è dovuta al fatto che sotto i 5 milioni manca l'interesse transfrontaliero. Le imprese straniere non hanno interesse a venire a lavorare in Italia. Vi chiediamo, però, che il limite sia fissato a 2,5 milioni laddove non ci sia complessità progettuale.
  Può accadere che per un lavoro di 2,5 milioni il committente realizzi un'opera talmente complessa da necessitare di un apporto progettuale, ma fino a 2,5 milioni in caso di lavori di per manutenzione, lavori edili o stradali, di qualsiasi tipo, vi chiediamo di applicare l'esclusione automatica con il metodo anti-turbativa, che non è il massimo ribasso. È un terzo genere.
  Scusate, ma in questo Paese fondamentalmente ci sono tre tipi di gare.

  FEDERICO MASSA. Ma quando si applica il massimo ribasso...

  EDOARDO BIANCHI, vicepresidente Opere pubbliche, Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE). Non si deve applicare il massimo ribasso.

  FEDERICO MASSA. Nello schema attuale, se si applica il massimo ribasso fino al milione, si applica automaticamente quanto previsto dall'articolo 97.

  EDOARDO BIANCHI, vicepresidente Opere pubbliche, Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE). Quindi non è massimo ribasso. Ne abbiamo parlato venti volte con molti di voi. Ci sono tre possibilità di gara. C'è l'offerta economicamente più vantaggiosa, c'è il massimo ribasso (ognuno scrive un numeretto), oppure c'è un terzo genere. Il terzo genere è l'esclusione automatica, che era già prevista da novant'anni.
  L'unica differenza che oggi stiamo evidenziando è che c'è stato un salto di qualità nel Codice, un salto di qualità stupendo, con l'articolo 97, il metodo anti-turbativa. Applicando l'esclusione automatica come prima, ci poteva essere un accordo tra le imprese, un cartello e una turbativa d'asta. Con l'articolo 97 viene esclusa la possibilità di un accordo tra le imprese perché come calcoliamo quei cinque metodi lo si sa solo dopo che si sono aperte le buste. Questo è il sistema che auspica l'ANCE per gli appalti di minore rilevanza dei comuni, laddove ci sia manutenzione e non ci sia complessità progettuale.
  Brevemente, all'onorevole Mariani rispondo che, agosto è l'unico mese in cui siamo stati chiusi e quindi non possiamo aver fatto «casino»... Ad agosto siamo stati dormienti. In realtà, però, al di là del fatto che ad agosto siamo stati dormienti, riprendo due cose di quello che ha detto lei.
  Quando è apparso l'articolo sul giornale di Stella (non mi ricordo il numero degli articoli sulle bistecche bruciate...), l'ANCE non c'entrava niente. L'ANCE poteva cavalcare quella questione e non l'abbiamo mai cavalcata, perché non era seria. Era un’errata corrige in cui, leggendola, si notava che vi erano molti «e», «o» e «in». Non c'era niente di sostanziale, in primo luogo.
  Secondariamente, noi non abbiamo mai spinto alla depressione o esercitato ostruzionismo. È sufficiente che le stazioni appaltanti pubblichino i bandi. Ritorniamo al discorso di prima: obbligare le stazioni appaltanti a pubblicare i bandi. Il vero problema è questo, non quello che dice l'ANCE. Se ci sono i bandi posso non partecipare io, ma partecipa un altro, e in ogni caso le imprese partecipano, anzi, con la fame di lavoro che c'è adesso, tutti partecipano ai bandi di gara.
  Il vero problema è che la depressione si crea soprattutto per gli importi piccoli sotto il milione, dove tutto è semplificato. Non capisco, però, perché, se lo dice l'ANAC, ci credete, se lo diciamo noi, non ci credete. Noi non stiamo facendo ostruzionismo. Pag. 28 Vorremmo i bandi. Poi confrontiamoci sui bandi con le nuove regole. Questo è quello che diciamo noi.
  L'opinione sul massimo ribasso l'abbiamo chiarita; l'appalto integrato non ci interessa. E, ricordo, ad agosto siamo stati fermi. Quanto al subappalto ed al tetto del 30 per cento, abbiamo più di un'osservazione da fare, ingegnere. Ci sono tre o quattro osservazioni che abbiamo mosso e che, tutte insieme, declinano un quadro del subappalto preoccupante.
  Senatore Esposito, se il limite del 30 per cento è stato fissato per non favorire la finanziarizzazione di chi è presente, ci va bene. Vi chiediamo soltanto che non sia una facoltà stabilita di gara in gara, che poi è esattamente come era emerso in questa sede. Ho capito, però, che quando parliamo qui, attribuite determinate posizioni al Governo. Quando parliamo con il Governo, apprendiamo opinioni diverse. Ma noi perdiamo sempre. Non vinciamo mai qui. Vi diciamo questo.
  Riteniamo che tale situazione sia anacronistica rispetto ai tempi nei quali viviamo. Se, però, pensate che questo possa essere un problema per ciò che è stato rappresentato prima, vi diciamo di valutare il discorso dell'opzione. Il pagamento del subappaltatore, senatore, è rimasto solo perché all'articolo 105, comma 14, c'è una previsione in materia... Se ci sbagliamo, vediamo. Siamo a disposizione.
  Quando vi abbiamo ringraziato all'inizio, non era un ringraziamento formale. Vorremmo confrontarci con voi, un giorno sì e un giorno no, perché riteniamo che molti dei problemi che abbiamo sul tavolo si possano chiarire e si possa «svelenire» questa situazione. Forniamo delle indicazioni chiare.
  Sul partenariato pubblico-privato e sul project financing, senatore Esposito...

  STEFANO ESPOSITO. Sull'articolo 105, comma 14?

  EDOARDO BIANCHI, vicepresidente Opere pubbliche, Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE). Glielo leggo? L'articolo 105, comma 14, dice: «L'affidatario deve praticare per le prestazioni affidate in subappalto gli stessi prezzi unitari risultanti dall'aggiudicazione, con un ribasso non superiore al 20 per cento». Fino a qui nulla quaestio. Si prosegue così: «L'affidatario corrisponde i costi della sicurezza e della manodopera relativi alle prestazioni affidate in subappalto senza alcun ribasso».
  Scritto così, l'articolo 105 comma 14, a nostro giudizio, stabilisce che, quando l'impresa principale aggiudicataria gira una parte del lavoro (il 30, l'1, il 2 per cento o quello che sarà) al subappaltatore, c'è l'incidenza sulla manodopera.
  Mettiamo che la manodopera incida per il 27 per cento. Su tale quota non si deve fare ribasso, così come non lo si deve fare in tema di sicurezza, perché questo riguarda gli oneri della sicurezza e manodopera.
  Gli oneri della sicurezza sono solo un passaggio. La stazione appaltante dà a me 100 per quella lavorazione e io do 100 al subappaltatore. Su questo aspetto, messo insieme agli oneri della sicurezza, sembra – così è scritto – che non si debba praticare un ribasso.
  Quindi, questa previsione a cosa espone le imprese a monte? Al fatto che il subappaltatore dica che la manodopera incide per il 27 per cento e che su quel 27 per cento il ribasso che tu hai fatto alla stazione appaltante non me lo fai. Se non è così, chiaritelo. Nulla quaestio. Ci mancherebbe.

  PRESIDENTE. Credo che la finalità di quel testo sia assolutamente un'altra. E cioè che, nel momento in cui si ricorre al subappalto, il costo del lavoro e la sicurezza non possano essere oggetto di negoziazione. Questo è il senso. Forse vi è un problema di interpretazione di qualche passaggio del testo, ma il senso mi sembra questo.

  EDOARDO BIANCHI, vicepresidente Opere pubbliche, Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE). Tenete conto che alcuni interventi normativi si accavallano e in una data fase questa norma valeva anche Pag. 29 per l'impresa a monte. Vi ricordate che, a un certo punto, vigeva una previsione normativa per cui gli oneri della manodopera, per la cosiddetta legge Damiano, non potevano essere soggetti a ribasso?
  Poiché l'impresa a monte è stata esclusa dall'ANAC, vi diciamo solo che, se diciamo la stessa cosa, nulla quaestio. Diciamolo chiaramente. Quello che è sopra è sotto e quello che è sotto è sopra.... È solo questo. Non ci sembra niente di che!
  Senatore Esposito, in questo Paese i project financing non hanno funzionato. In questo Paese, ogni volta che c'è stato un project financing, si è registrata una ruberia, perché nessun privato ha tirato fuori i soldi. Abbiamo fatto sempre project financing...

  PRESIDENTE. Questa non è una posizione che l'ANCE ha sempre espresso.

  EDOARDO BIANCHI, vicepresidente Opere pubbliche, Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE). Aspetti. Mi faccia finire. Questa è la posizione dell'ANCE perché l'ANCE per prima – stiamo parlando di più di vent'anni fa – ha impugnato i bandi dell'alta velocità della tratta Roma-Napoli, per i lavori del consorzio IRICAV UNO.
  Al di là di questo, ciò che vent'anni fa non era cognito oggi è cognito. In questo Paese mediamente – sicuramente sbaglio – non c'è un project financing in cui il privato abbia cacciato i soldi. Tutti abbiamo fatto project financing con i soldi dello Stato. Vi riconosciamo, e l'abbiamo sempre detto che, ad esempio sulle concessioni autostradali (lo apprezziamo tantissimo), il rischio operativo sia stato affrontato una volta per tutte. Lo avete chiarito, avete preso il toro per le corna. Mi rendo conto che quello che avete deciso al riguardo non rappresenta una scelta di poco conto, anche per gli interessi che sono in ballo. Come cittadini non possiamo sentirci dire: «Sì, ma passano meno macchine e, quindi, lo Stato tira fuori i soldi». Così anch'io faccio un'autostrada! La possiamo fare tutti.
  Tenuto conto che sul project financing esiste questo problema, vorrei esporre due nostre osservazioni in tema di partenariato pubblico-privato. Con il sistema del partenariato pubblico-privato sono pochissimi i progetti avviati nel nostro Paese, e ciò a causa delle lungaggini della macchina amministrativa. Non è per il closing finanziario a dodici o a ventiquattro mesi, che a dodici non funziona e a ventiquattro sì! Ci troviamo di fronte a situazioni rispetto alle quali le lungaggini amministrative pesano. Un soggetto fa un'opera in partenariato pubblico-privato, e in project financing ipotizza due anni e poi ne servono venti. È saltato tutto. Qual è il problema? Noi pensiamo che questi due aspetti possano semplificare il decollo di uno strumento di finanziamento privato. Se pensate il contrario, non c'è alcun problema.
  Quanto alle attestazioni SOA, un'impresa straniera della Comunità europea che viene a lavorare in Italia si qualifica con il suo sistema. Stiamo monitorando, come ANCE, questo interesse transfrontaliero, perché poi, in realtà, alcuni istituti possono essere derogati. Vi parlo di una sensazione. Voi siete tutti attenti al settore. Non esiste un grande interesse delle imprese straniere a venire a lavorare in Italia per opere di importi contenuti – e per contenuti intendo anche 50-100 milioni. Sicuramente le imprese italiane incontrano difficoltà per importi di 5 milioni; abbiamo difficoltà noi, come ANCE, a capire la normativa, immaginate i problemi per le imprese provenienti dall'estero.
  Sulle disposizioni transitorie recate dall'articolo 97 non abbiamo contezza. Avete perfettamente ragione quando affermate che serve un determinato arco temporale di verifica dei risultati prima di fare un correttivo. Così è troppo presto. Se è giusto aspettare il 18 aprile 2017 per apportare un correttivo più o meno strutturato, vi diciamo anche, però, che per quella data non ci saremo più. Se ipotizziamo nel collegato della finanziaria i due aspetti sui quali sembra che ci sia condivisione, ossia di ampliare l'arco temporale e prendere in considerazione dieci anni di attività delle imprese per stabilire Pag. 30la qualifica a fini dell'attestazione, e di poter valutare i migliori cinque degli ultimi dieci anni per le gare sopra i 20 milioni, allora non è necessario aspettare l'aprile del 2017. Molto probabilmente per quella data continueranno i fallimenti, le bad company e le cessioni di rami d'azienda.

  PRESIDENTE. Vorrei precisare che il correttivo non deve avvenire il 18 aprile. I correttivi si possono fare entro tale data.
  Ringrazio i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 17.15.

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