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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

XI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 10 di Martedì 17 settembre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Damiano Cesare , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE MISURE PER FRONTEGGIARE L'EMERGENZA OCCUPAZIONALE, CON PARTICOLARE RIGUARDO ALLA DISOCCUPAZIONE GIOVANILE

Audizione di rappresentanti dell'ANCE.
Damiano Cesare , Presidente ... 3 
Buzzetti Paolo , Presidente dell'ANCE ... 3 
Damiano Cesare , Presidente ... 5 
Incerti Antonella (PD)  ... 5 
Baruffi Davide (PD)  ... 5 
Gnecchi Marialuisa (PD)  ... 6 
Damiano Cesare , Presidente ... 6 
Buzzetti Paolo , Presidente dell'ANCE ... 6 
Sassi Beatrice , Direttore della direzione relazioni industriali dell'ANCE ... 8 
Damiano Cesare , Presidente ... 9 

Audizione di rappresentanti di Cia, Confagricoltura e Copagri:
Damiano Cesare , Presidente ... 9 
Pasetto Marco , Componente della Giunta esecutiva di Confagricoltura ... 9 
Caponi Roberto , Direttore area sindacale di Confagricoltura ... 10 
Merlino Claudia , Responsabile ufficio lavoro e relazioni sindacali di Cia ... 11 
Cefisi Luca , Responsabile Settori Produttivi di Copagri ... 13 
Damiano Cesare , Presidente ... 14 

Audizione di rappresentanti di CISAL, CONFSAL e USB:
Rizzetto Walter , Presidente ... 14 
Carola Dino Antonio , Dirigente sindacale CISAL ... 14 
Ricciato Fedele , Vicesegretario generale CONFSAL ... 17 
Leonardi Pierpaolo , componente dell'esecutivo nazionale USB ... 18 
Rizzetto Walter , Presidente ... 19 

Audizione di rappresentanti di CGIL, CISL, UIL e UGL:
Damiano Cesare , Presidente ... 20 
Lani Ilaria , Responsabile politiche giovanili CGIL ... 20 
Sbarra Luigi , Segretario confederale CISL ... 22 
Damiano Cesare , Presidente ... 24 
Pirastu Antonella , Funzionario UIL ... 24 
Centrella Giovanni , Segretario generale UGL ... 26 
Damiano Cesare , Presidente ... 28 
Rizzetto Walter (M5S)  ... 28 
Incerti Antonella (PD)  ... 28 
Polverini Renata (PdL)  ... 29 
Di Salvo Titti (SEL)  ... 30 
Tripiedi Davide (M5S)  ... 31 
Cominardi Claudio (M5S)  ... 31 
Damiano Cesare , Presidente ... 31 
Cominardi Claudio (M5S)  ... 31 
Damiano Cesare , Presidente ... 31 
Cominardi Claudio (M5S)  ... 31 
Damiano Cesare , Presidente ... 31 
Sbarra Luigi , Segretario confederale CISL ... 31 
Pirastu Antonella , Funzionario UIL ... 32 
Lani Ilaria , Responsabile politiche giovanile CGIL ... 32 
Centrella Giovanni , Segretario generale UGL ... 33 
Damiano Cesare , Presidente ... 33 

ALLEGATI:

ALLEGATO 1: Documentazione consegnata dal Presidente dell'ANCE ... 47

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CESARE DAMIANO

  La seduta comincia alle 10.05.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla Web-Tv della Camera dei Deputati.

Audizione di rappresentanti dell'ANCE.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle misure per fronteggiare l'emergenza occupazionale, con particolare riguardo alla disoccupazione giovanile, l'audizione di rappresentanti dell'ANCE.
  Sono presenti il Presidente, l'ingegner Paolo Buzzetti, la dottoressa Beatrice Sassi, direttore della direzione relazioni industriali, e la dottoressa Stefania Di Vecchio, dirigente responsabile ufficio rapporti con il Parlamento.
  Avverto che i rappresentanti dell'associazione hanno messo a disposizione della Commissione una documentazione, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato 1).
  Nel ringraziare ancora una volta i nostri ospiti per la loro presenza, do la parola al Presidente Paolo Buzzetti.

  PAOLO BUZZETTI, Presidente dell'ANCE. Grazie, presidente, buongiorno a tutti, vi ringrazio per l'opportunità di esprimere il nostro parere su questo importante argomento.
  Devo fare i complimenti per l'impostazione che avete dato al tema dedicando spazio all'ascolto delle parti sociali, cercando di capire le cause anche remote per cui l'occupazione, in particolare quella giovanile, trova difficoltà nel nostro Paese.
  È evidente lo stato di crisi del settore del settore dell'edilizia, che è il settore industriale che fino ad oggi ha sofferto maggiormente della perdita dei posti di lavoro e della chiusura di aziende. Siamo arrivati a 690.000 posti di lavoro persi dall'inizio della crisi.
  Speriamo che questa tendenza sarà invertita anche grazie (mi preme dirlo) agli ottimi provvedimenti recentemente adottati dal Governo, ma per il momento la situazione è questa. Quando parlo di 690.000 posti di lavoro intendo l'80 per cento dei settori collegati, in quanto l'edilizia, dalla produzione di materiali fino ai mobili per le case, muove 80 settori industriali.
  I dati dell'ISTAT segnalano una gravissima caduta anche nei primi mesi dell'anno in corso – si parla di un ulteriore 12 per cento di posti di lavoro persi – mentre i dati delle Casse edili che gestiamo insieme al sindacato dicono che tra il 2009 e il 2012 abbiamo perso il 34 per cento delle ore lavorate, il 31 per cento dei posti di lavoro e abbiamo avuto una perdita intorno al 26 per cento in termini di Pag. 4chiusura di aziende (quindi si tratta di dati che testimoniano una gravissima crisi).
  Se veniamo all'occupazione giovanile al di sotto dei 35 anni di età, troviamo evidenziata dall'ISTAT una flessione del 26,5 per cento di posti persi, quantità assolutamente superiore a quella che si registra nelle altri fasce di età. La nostra Commissione nazionale delle Casse edili, sempre basandosi anche sui dati ISTAT, ha individuato che nella fascia di età tra i 17 e i 25 anni nel 2012 vi è stata una riduzione del 24 per cento di posti di lavoro; quindi, stiamo perdendo occupazione, in particolare quella giovanile.
  Il contratto di apprendistato che, come ben sappiamo, è stato introdotto con il Testo unico e ha apportato importanti elementi di decontribuzione, perché per i primi tre anni si arriva addirittura al 100 per cento di decontribuzione, non ha portato grandi risultati, perché tutti i nostri studi sia interni, sia legati all'ISTAT, evidenziano come nel 2012 ci si collochi intorno ai 26.000, cioè il 5,3 per cento del totale degli operai. Non c’è stato quindi il boom di assunzioni che ci si poteva aspettare da una contribuzione zero (sapete che questa decontribuzione prevede un tetto massimo fino a 9 dipendenti).
  Il problema è la sovrapposizione tra la normativa nazionale e le tante normative locali adottate su questo argomento. Manca infatti una normativa semplice e in questa stratificazione abbiamo individuato l'elemento fondamentale di complicazione, in quanto è complicato per l'impresa arrivare a capire semplicemente come agire. Dovreste quindi cercare di introdurre delle semplificazioni, cosa su cui siamo in grado di fornirvi ulteriori suggerimenti.
  Faccio una breve parentesi, presidente: per rilanciare l'occupazione e far cogliere tutte queste opportunità bisogna che il mercato interno riprenda e quindi che riprenda il lavoro; gli ultimi provvedimenti del Governo vanno fortemente in questa direzione (pensate al pacchetto casa e sui lavori pubblici).
  Riteniamo che, come è successo in tutti i Paesi industrializzati, serva (e non perché sono il presidente dell'associazione costruttori) un forte intervento anche nelle opere pubbliche (penso a enti locali, a scuole, al contrasto del dissesto idrogeologico, ad alcune opere fondamentali) e che bisognerebbe sforzarsi di investire in questo tutte le risorse. La barriera delle stratificazioni normative rende comunque difficile far sì che questo accada.
  Voglio anche sottolineare il ruolo degli Enti bilaterali, perché con il sindacato abbiamo la struttura più avanzata, e il presidente lo sa, perché ai tempi in cui era ministro ci esaminò con una radiografia attentissima e poi estese alcuni dei provvedimenti presenti nel settore edile anche ad altri settori industriali.
  Abbiamo 300 Enti, mettiamo ogni anno 300 milioni di euro delle imprese su importanti programmi di formazione, ma l'attuale situazione difficile sta portando a restringere anche questi programmi. Nell'esaminare rapidamente tutti questi programmi – quello sulla Banca di formazione costruzioni, il nostro Formedil, con i vari Enti paritetici, con il sindacato – desidero evidenziare che abbiamo attivato una Borsa lavoro all'interno di questi nostri enti paritetici.
  La quota dello 0,30 per cento che viene richiesta alle aziende e alle imprese va correttamente a Fondimpresa, che svolge una funzione molto importante, ma chiederemmo che la parte relativa all'edilizia venga mantenuta su questi programmi di formazione svolti dagli enti bilaterali, che stanno vivendo un momento di grande crisi dovuto alla situazione corrente.
  L'altro tema fondamentale è quello del costo del lavoro, tema di cui oggi si dibatte molto, ma che sin dagli anni ’90 consideriamo proibitivo in edilizia e complessivamente in tutte le attività industriali. Quello che sottolineiamo da venti anni e che adesso, se finalmente ci si metterà mano, sarebbe opportuno fare è almeno ridurre i dieci punti di costo del lavoro in più che l'edilizia ha rispetto agli altri settori, non più giustificati da elementi relativi a INPS e INAIL, che hanno da parte comunque risorse ingenti, perché il 5,20 per cento di questo 10 per cento è dato dalla Cassa Pag. 5integrazione, ma teniamo presente che l'INPS in dieci anni ha accumulato un tesoretto di 4 miliardi.
  Noi abbiamo fatto una proposta shock che vi prego di prendere in considerazione per la sua grande forza d'impatto: abbiamo proposto di ridare per un periodo buona parte di questo 10 per cento in busta paga agli operai. Siamo anche disposti a continuare a pagare di più e quindi a dare il 2 per cento alle imprese e l'8 in busta paga agli operai, perché questo permette di aiutare in questo momento di grandissima difficoltà.
  I soldi ci sono e non si capisce perché mantenere questa differenza rispetto agli altri settori industriali (potremmo addentrarci in spiegazioni ma non voglio far perdere tempo). Il nostro contributo che potrà anche essere più dettagliato è quindi imperniato su questi temi: apprendistato/semplificare, costo del lavoro/semplificare, tenere presente il grande contributo che gli Enti bilaterali possono dare sulla formazione, attuare la serie di provvedimenti sulle semplificazioni che abbiamo elencato nella documentazione.
  Occorre svolgere un buon lavoro di semplificazione e di facilitazione per i giovani e complessivamente per tutti sulle linee che abbiamo suggerito, sebbene sia impossibile dichiararsi ottimisti in questo momento; i provvedimenti che il Governo attuale sta prendendo nel campo dell'edilizia, se accompagnati anche da facilitazioni e flessibilità nelle assunzioni, potrebbero avviare una ripresa del mercato interno collegandoci alla ripresa internazionale; quindi potremmo cominciare a uscire dal tunnel della crisi.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola ai colleghi che desiderino intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  ANTONELLA INCERTI. Ringrazio l'ingegner Buzzetti per le preziose indicazioni. Provengo dall'Emilia-Romagna e proprio ieri ho visitato due aziende produttrici di serramenti che in passato avevano un volume di affari molto importanti ma hanno dimezzato i dipendenti nel giro di un anno e mezzo (da 450 a 180), perché soprattutto in alcune province dell'Emilia-Romagna gli ultimi dieci anni hanno visto un boom edilizio, ma oggi l'edilizia è uno dei settori in maggiore sofferenza. Rispetto ad altri in cui si vede già una ripresa, in questo si rilevano grosse difficoltà.
  Sarà molto importante cercare di rivedere il patto di stabilità per i Comuni, su cui credo (ci sono notizie anche questa mattina) si stia facendo un grosso lavoro. Oltre alla riduzione del cuneo fiscale, come avete accennato, per questo settore occorre un piano di aiuti consistente. Penso soprattutto a piani di recupero edilizio e di riqualificazione, perché molti degli invenduti (in questi anni ne abbiamo moltissimi) sono diventati obsoleti, per cui interventi come quelli sugli ecobonus non possono che aiutare.
  Se però non si attueranno dei piani di sostegno, difficilmente riusciremo ad aiutare un settore in cui si rilevano enormi difficoltà.

  DAVIDE BARUFFI. Ringrazio il Presidente Buzzetti e pongo tre brevi quesiti. Il primo è collegato a quanto già evidenziato dall'onorevole Incerti. Vorrei capire se le misure messe in campo dal Governo rispetto al tema della ristrutturazione e dell'ecobonus possano incrociarsi in un quadro di stabilità nel medio termine; quindi il primo tema è dare durata a questi elementi per risollevare il settore.
  Sento infatti giudizi contrastanti tra gli operatori del settore e vorrei capire se saremo in grado di risollevare l'edilizia nel corso di un anno o due attraverso queste leve e il Patto di stabilità. La seconda questione riguarda il tema dell'apprendistato, questione cruciale perché abbiamo anche raccomandazioni forti della sede comunitaria e registriamo problemi. Ci è stata fornita un'indicazione molto puntuale, ma entrare nel merito di cosa stia «inceppando» il meccanismo per noi è essenziale.
  Provengo anch'io dall'Emilia-Romagna, abbiamo una legislazione di riferimento su questa forma di contratto, non voglio che affrontiate il caso emiliano in particolare, Pag. 6ma mi interessa capire dove sia possibile incidere in una materia che è concorrente.
  La terza questione è una raccomandazione. Noi sentiamo troppo poco la voce degli operatori del settore (mi riferisco alla parte datoriale e sindacale) su questo tema del patto di stabilità. Voi obietterete che lo stia dicendo all'ANCE, ma lo dico anche a Confindustria, alla casa madre, ed è un problema; si gioca una partita significativa con la prossima legge di stabilità ed è necessario individuare le priorità.
  Sottoscrivo quelle che voi avete indicato: il tema del costo del lavoro, il tema del rilancio degli investimenti – quindi l'esigenza di sbloccare il patto di stabilità – rappresenta una leva per l'intero Paese, non per un solo settore. Abbiamo bisogno di un'operazione sindacale forte, che aiuti la politica a individuare le priorità più forti. Non so se sia opportuno fare una raccomandazione in una sede di questo genere, ma ho colto l'occasione per farla ugualmente.

  MARIALUISA GNECCHI. Grazie per la relazione e per questa utile audizione. Farei una richiesta precisa perché, poiché questa Commissione soffre molto dei tesoretti dell'INPS ormai rubati per andare a coprire il debito pubblico (non le cito una serie di esperienze, in particolare nell'ambito del decreto «Salva Italia», di cui soffriamo molto), ci piacerebbe che voi formalizzaste questa proposta sul tesoretto dei 4 miliardi a tutto il Governo, alle Commissioni finanze, bilancio e attività produttive.
  Noi siamo purtroppo divenuti molto esperti dei tesoretti dell'INPS in questi ultimi anni; sarebbe utile ricordare che esistono contribuzioni obbligatorie che erano state finalizzate e che quindi andrebbero precisamente utilizzate per i temi veramente all'ordine del giorno (riduzione del costo del lavoro, aumento della possibilità di spesa degli operai, oltre al rilancio dell'economia e del lavoro).
  Vi chiedo quindi di formalizzare questa richiesta di utilizzare il tesoretto accumulato, affinché venga destinato alle finalità per cui era stato creato.

  PRESIDENTE. Vorrei solo fare un'osservazione. Sulla questione dei tesoretti su cui, come l'onorevole Gnecchi ricordava, abbiamo una lunga esperienza, bisognerebbe ricordare al Governo anche il tesoretto dell'INAIL, perché abbiamo un risparmio rilevante anno dopo anno in quanto i premi assicurativi sono superiori agli esborsi.
  Noi siamo sempre convinti che questo «di più» potrebbe tornare anche solo in quota, lunga battaglia che è difficile vincere con la Tesoreria, verso le imprese in cui non si verificano infortuni o per migliorare le tabelle delle malattie professionali per i lavoratori.
  Le nuove misure del Governo stanno aiutando il settore per quanto riguarda gli sconti sulle ristrutturazioni, l'ecobonus, per cui persino il settore immobiliare può trarre un piccolo vantaggio. Vorrei sapere se la situazione che avete registrato, per quanto riguarda l'apprendistato e la sovrapposizione di normative nazionali e locali, possa essere superata dalle iniziative intraprese dal Governo per facilitare le assunzioni dei giovani fino a 29 anni, come è avvenuto con il primo stanziamento di 500 milioni di euro e successivamente con le nuove misure per le assunzioni, con lo sconto sul costo del lavoro.
  Vorrei chiedervi se equipariate questa nuova misura sui giovani a quella sull'apprendistato, come elemento di difficoltà nell'incentivare l'occupazione dei giovani.
  Do quindi la parola al Presidente Buzzetti per la replica.

  PAOLO BUZZETTI, Presidente dell'ANCE. Per quanto riguarda il patto di stabilità, possiamo scherzosamente vantarci di essere stati i primi a segnalarne diversi anni fa la gravità dal punto di vista delle economie locali e di quanto avrebbe comportato.
  Tra l'altro, utilizzare una contabilità tutta nostra, che sarebbe giustamente perseguita se lo facesse un'impresa, di fare risultare il debito solo per cassa e considerare l'investimento in bilancio solo quando viene pagato il fornitore, è stata la Pag. 7causa del grande dramma dei pagamenti ritardati della pubblica amministrazione, altro fatto su cui ci siamo battuti per primi perché per primi ne abbiamo pagato le conseguenze come costruttori.
  Per noi è essenziale riuscire ad allentare intelligentemente il patto di stabilità, come chiedono tutti i comuni e i sindaci d'Italia, perché consentirebbe di far partire quelle opere ordinarie di manutenzione del territorio che creerebbero immediatamente occupazione. È quello che hanno fatto tutti i Paesi del mondo, dagli Stati Uniti al Giappone, dall'Inghilterra alla Francia e alla Germania, mentre la politica di estremo rigore che abbiamo applicato, a cui sono totalmente contrario, ha prodotto dissesti terribili nel sistema industriale e non diminuzione del debito pubblico, che è persino aumentato.
  Abbiamo questo parametro del 3 per cento, che a mio avviso non è una legge universale e intoccabile, perché tutti gli altri Paesi europei sconfinano. Non sono economista, però un allentamento intelligente del Patto di stabilità permetterebbe di far ripartire l'occupazione con programmi importanti nell'edilizia.
  In Francia e in Spagna hanno fatto programmi di questo tipo e stiamo spingendo affinché – anche con un controllo centrale dello Stato, – si possa per esempio far partire un programma realizzato dagli Enti locali di rimessa in sicurezza delle scuole, di rimessa in sicurezza del territorio dal punto di vista idrico, geologico, facendo cosa utile per il Paese, creando occupazione e dando un segnale di reazione del Paese.
  Per le scuole servirebbero 60 miliardi che non abbiamo, ma avviare questo percorso sarebbe comunque importante. Per noi questo è fondamentale quanto gli altri provvedimenti scelti dal Governo, come la Cassa depositi e prestiti che ha messo 2 più 2 miliardi di aiuto alle banche, che poi dovranno concedere mutui alle famiglie per ristrutturare appartamenti. Quindi, è necessario cogliere l'opportunità degli ecobonus che per la prima volta sono arrivati al 65 per cento e dovranno diventare più stabili nel tempo (e non durare solo pochi mesi), fino a riguardare anche l'edilizia sismica.
  Stiamo finalmente toccando argomenti estremamente importanti e, poiché mi chiedevate come si possa favorire la riqualificazione che ormai è l'obiettivo del futuro, risponderei con questi provvedimenti presi sulla casa e le semplificazioni fatte sui lavori pubblici. Oggi a un'impresa che vince una gara la banca rifiuta i denari per cominciare perché non si fida dell'Ente presso cui l'ha vinta e i fornitori di materiali giustamente con la crisi attuale vogliono un anticipo.
  Aver riportato al 10 per cento l'anticipazione che in Francia per la crisi è passata dal 5 al 30 per cento dà respiro soprattutto ai piccoli lavori e sarebbero auspicabili altri interventi come una semplificazione sulle assunzioni e un allentamento intelligente del patto di stabilità, andando anche a discutere in Europa lo sforamento del 3 per cento nonché la golden rule europea. Infatti, è necessario comprendere a livello europeo che la politica seguita sugli investimenti finora è stata sbagliata.
  Dobbiamo fare quanto abbiamo detto, compreso l'allentamento del patto di stabilità, semplificando finalmente questa ingessatura del mondo del lavoro, che purtroppo blocca l'occupazione e le assunzioni. Il dato infatti è semplice: ogni 1.000 euro date all'operaio equivalgono a 3.000 di costi per l'impresa, per cui il lavoro nero contro cui lottiamo quotidianamente è come il proibizionismo americano: il guadagno è tale da indurre a rischiare.
  Questo costo del lavoro va abbassato e credo che gioverebbe anche la nostra proposta shock di far defluire gran parte nelle tasche degli operai almeno per il limitato periodo di crisi, utilizzando i tesoretti ricordati, anche – come giustamente ricordato dal presidente – alla luce dei premi assicurativi, così da riavviare il motore dell'edilizia sul quale contiamo molto.
  Il Governo attuale sta mostrando di aver cambiato nettamente politica economica, di essere sensibile a questi ragionamenti Pag. 8e di aver chiuso la parentesi del rigore assoluto, in quanto nei contesti internazionali è stato sottolineato che la posizione della Comunità europea era sbagliata. Dobbiamo sistemare i conti pubblici e realizzare una serie di riforme infinite in anni difficili (nessuno vuole negarlo), però l'eccesso di rigore ci sta portando alla disoccupazione e al fermo totale, e questo non va bene: servono misure giuste.

  BEATRICE SASSI, Direttore della direzione relazioni industriali dell'ANCE. L'apprendistato, come il Presidente Buzzetti ha anticipato, purtroppo non ha avuto un esito felice, perché soltanto un 5 per cento di giovani sono stati occupati con questa tipologia di contratto.
  L'esistenza di una legislazione concorrente, la serie di stratificazioni e di norme e soprattutto le varie normative regionali spesso anche disomogenee tra loro hanno avuto un'incidenza particolare in un settore come il nostro, perché ricordo che il lavoro edile ha una sua specificità: l'impresa edile è un'impresa nomade.
  Questa apre infatti cantieri in varie regioni, con tutta una serie di adempimenti che riguardano gli operai in una regione piuttosto che in un'altra; ciò, soprattutto in un contratto delicato come quello dell'apprendistato che coinvolge dei giovani e ha importanti aspetti formativi, comporta difficoltà operative che induce le imprese a fare altre valutazioni, perché seguire normative così diverse a livello di adempimenti diventa problematico, a differenza di quanto accade ad esempio nel settore manifatturiero che prevede uno stabilimento fisso. I nostri operai lavorano infatti su un cantiere, chiuso il quale se ne apre un altro e si entra nell'ambito di una nuova normativa.
  Abbiamo apprezzato le nuove disposizioni per agevolare l'occupazione giovanile presenti nell'ultimo decreto-legge, ma dovremo valutarne l'operatività, perché purtroppo devo sempre ricordare questa problematica della specificità del settore.
  La continuità occupazionale che si può avere in un momento economico più fiorente è un conto, ma in questo momento di grandissima crisi, in cui il lavoro del settore edile è strettamente collegato alla continuità del cantiere, delle opere piccole, grandi o medie che siano, può comportare difficoltà, perché la continuità occupazionale può essere interrotta da periodi senza occupazione.
  Quando c'erano degli incentivi legati giustamente all'assunzione a tempo indeterminato, assumevamo i nostri operai per una determinata attività in un determinato cantiere, ma poi purtroppo finivano le opere e non c'era più possibilità di occuparli; pertanto, in automatico spesso poteva accadere che le imprese perdessero questi incentivi. Quindi, questo ha sempre frenato, perché purtroppo la nostra specificità è legata alla continua mobilità del settore operaio all'interno dei cantieri stessi.
  Con una maggiore semplificazione, con le modifiche intervenute anche contrattualmente, in occasione del rinnovo del contratto cercheremo di individuare disposizioni soprattutto per quanto concerne l'apprendistato, ma ci auguriamo di poter dare maggiore sprone allo strumento contrattuale.
  Per rispondere sui tesoretti, è indubbio quanto è stato detto. Tra l'altro la normativa della CIG edilizia è molto particolare. La norma di legge prevede che in caso di differenza tra entrate e uscite superiore al 10 per cento l'aliquota debba essere riequilibrata. Da anni abbiamo presentato documenti in questo senso, perché in un momento di grande incremento occupazionale e di lavoro, in cui le ore di cassa integrazione erano sicuramente molto più ridotte, c’è stato un continuo accumulare.
  Abbiamo effettuato stime che sono avallate dai bilanci dell'INPS, perché c’è un fondo specifico per l'edilizia, quindi parliamo di 4 miliardi di euro accumulati in dieci anni. Stesso discorso per i premi INAIL, laddove il nostro punto di forza è il sistema bilaterale. Abbiamo circa 300 enti, tra formazione sicurezza ne abbiamo quasi 200, tutto un sistema che grava ovviamente come costo sulle imprese, un costo fino ad oggi sopportato.Pag. 9
  Con il calo della massa salari, questa contribuzione ovviamente si è ridotta e si hanno le prime avvisaglie di pesantezza dal punto di vista economico. Anche in merito a questo discorso dei premi INAIL spesso sono state avanzate proposte a supporto degli enti paritetici, perché gli infortuni sono troppi anche finché ce n’è uno solo, però dobbiamo anche riconoscere che come indice di frequenza sono diminuiti.
  Per questo motivo c’è il famoso contributo dello 0,30 per la formazione continua. Quando le imprese non barrano la famosa casellina all'INPS e quindi non va al fondo interprofessionale (per noi Fondimpresa, un fondo confindustriale), questi contributi vanno all'INPS.
  Ci chiediamo quindi perché non farli tornare indietro, a un settore che già attraverso l'applicazione della contrattazione integrativa territoriale paga ad hoc un contributo contrattuale di circa l'1 per cento, mantenendo circa 100 scuole edili per la formazione, che fanno molta formazione. Ci chiediamo perché non far tornare queste risorse al settore, perché è uno 0,30 per la formazione continua che, se non va a Fondimpresa, rimane all'INPS.

  PRESIDENTE. Ringraziamo i rappresentanti dell'ANCE per questa audizione sicuramente preziosa per il nostro lavoro.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di Cia, Confagricoltura e Copagri.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle misure per fronteggiare l'emergenza occupazionale, con particolare riguardo alla disoccupazione giovanile, l'audizione di rappresentanti di Cia, Confagricoltura e Copagri.
  Prima di dare la parola ai nostri ospiti, vorrei segnalare che all'audizione odierna avrebbero dovuto prendere parte anche i rappresentanti di Coldiretti, ma, essendo impossibilitati a farlo, la Presidenza ne ha rinviato l'audizione alla giornata di domani.
  Sono presenti per la Cia la dottoressa Cinzia Pagni, vicepresidente nazionale, e la dottoressa Claudia Merlino, responsabile ufficio lavoro relazioni sindacali; per la Confagricoltura il dottor Marco Pasetto, componente della Giunta esecutiva, e il dottor Roberto Capone, direttore area sindacale; per la Copagri il dottor Luca Cefisi, responsabile settori produttivi, e il dottor Enrico Frasile, responsabile tecnico settori produttivi.
  Do la parola a Marco Pasetto, componente della giunta esecutiva di Confagricoltura.

  MARCO PASETTO, Componente della Giunta esecutiva di Confagricoltura. La presenza di Cia e di Confagricoltura a questo tavolo rispecchia l’agreement che tempo fa abbiamo raggiunto e pertanto sotto l'egida di Agrinsieme intendiamo rendere dichiarazioni e proposte. Vi faremo pervenire una documentazione scritta per agevolarvi nella stesura di eventuali vostri progetti in quella direzione.
  Parlo quindi a nome di Agrinsieme, avendo la delega al lavoro in quanto mi occupo di relazioni sindacali, di rinnovo dei contratti di lavoro e di tutte le tematiche oggi trattate, compresa quella dell'occupazione. Cercherò di fare un breve cappello politico perché questa è la mia funzione qui oggi, per poi passare la parola ai nostri tecnici di Cia e di Confagricoltura, che entreranno nel merito delle eventuali proposte.
  Il mondo agricolo è un mondo importante per l'occupazione, perché occupa 1 milione di persone, il 90 per cento delle quali (più di 900.000) occupate con contratti a tempo determinato. Si tratta di una caratteristica tipica del mondo agricolo, che ha momenti di alta tensione lavorativa e altri in cui l'imprenditore agricolo è costretto ad aspettare che maturino i frutti del proprio lavoro.
  L'elasticità operativa è quindi vitale per il mondo agricolo. Questa caratteristica, che ci permette di operare con una certa flessibilità nell'assunzione di manodopera, è però anche il nostro tallone di Achille, perché tutte le cautele adottate dai recenti Pag. 10Governi in termini di occupazione si sono rivolte prevalentemente ai contratti a tempo indeterminato, tralasciando completamente una branca fondamentale nel settore agricolo che invece vive di contratti a tempo determinato.
  Fino a pochi trimestri prima dello scoppio della crisi conclamata dal 2008 il mondo agricolo, in termini sia di PIL che di livelli occupazionali, aveva tenuto il passo, contribuendo seppur con decimali in termini positivi alla costruzione del PIL (parlavamo di uno 0,1-0,2) e anche a livelli occupazionali anche lì decimali. Fino al primo trimestre 2013, quindi, l'occupazione è sempre cresciuta, grazie anche all'ottimo lavoro realizzato in collaborazione con noi sindacali e con gli ispettori che hanno fatto anche emergere (bisogna essere onesti) una quantità di lavoro nero.
  Oggi c’è un pessimo segnale che evidenzio con tutta l'enfasi possibile, perché nel secondo trimestre del 2013 purtroppo anche il settore agricolo sta mostrando importanti segni di cedimento. L'analisi è presto fatta: basta girare per l'Italia per rendersi conto che l'agricoltura purtroppo viene da due annate disgraziate dal punto di vista meteorologico, in quanto siamo passati tra da una siccità enorme a un'alluvione primaverile che di fatto non ci consente di pensare di raccogliere dai campi le solite quantità di prodotto.
  In più, ci si è messo anche il Governo, e cito l'IMU, l'aumento dell'IVA, i redditi catastali che sono stati rivalutati, primi segnali che «il cavallo ormai non beve più» (perdonate la metafora che però rende l'idea), siamo ormai giunti a raschiare il fondo del barile e le prospettive, caro presidente, non sono affatto rosee perché, come lei saprà sicuramente, abbiamo all'orizzonte una PAC europea che tende a ridurre ulteriormente i pochi incentivi che ci dava e quindi dal 2015 saremo costretti a fare a meno anche di quelle provvidenze.
  Nei panni di un imprenditore che oggi debba fare impresa, quindi, le possibilità di fare reddito sono sempre più scarse. Vorrei dunque sottolinearvi che, se un'impresa non fa reddito, non è con i decreti che riusciremo a costruire occupazione. Il problema occupazione non è un problema solo dell'agricoltura, ma è condiviso anche dall'industria e dai servizi, ed è sufficiente accendere la televisione per rendersi conto che il problema del Paese oggi è quello.
  Si può quindi pensare di realizzare agevolazioni, sgravi contributivi, regimi de minimis, tutte cose che dobbiamo mettere immediatamente in pista, ma il problema va inquadrato in una cornice più complessa, in quanto nessuno possiede la bacchetta magica per trovare la soluzione. Bisogna che le imprese anche agricole tornino a fare reddito se vogliamo far crescere l'occupazione in questo Paese. Mi fermo qui, lasciando la parola al dottor Capponi.

  ROBERTO CAPONI, Direttore area sindacale di Confagricoltura. Anch'io intervengo a nome di Agrinsieme ed evidenzio che, come ricordava il dottor Pasetto, si cominciano a notare i primi segni di flessione occupazionale anche in agricoltura. Dopo che negli anni precedenti, nonostante la crisi economica e occupazionale avesse toccato tutti gli altri settori, in agricoltura si era registrata una certa stabilità anzi una tendenziale crescita, a partire dal secondo trimestre di quest'anno si assiste a un'importante flessione, che sfiora quasi il 10 per cento dell'occupazione in agricoltura, fatto che non può non preoccuparci.
  Questi dati risultano confermati anche dalle risultanze INPS, perché il numero delle giornate denunciate quest'anno comincia a calare.
  Venendo al tema dell'occupazione giovanile, i nostri centri studi hanno effettuato verifiche per valutare l'incidenza dell'occupazione under 35 sul sistema occupazionale in agricoltura. Gli under 35 rappresentano il 33,7 per cento dell'occupazione in agricoltura, contro il 35,6 degli altri settori produttivi, quindi quasi un terzo dell'occupazione agricola dipendente è rappresentato da giovani. La percentuale scende intorno al 25 per cento quando si parla di operai agricoli a tempo indeterminato.Pag. 11
  I dati degli apprendisti sono sconfortanti: in agricoltura abbiamo solo 2.485 apprendisti contro oltre il mezzo milione che c’è negli altri settori produttivi. La percentuale di apprendisti sulla forza lavoro in agricoltura è dello 0,02 per cento, contro il 3,8 per cento degli altri settori produttivi. Questo sta a testimoniare che, a differenza di quanto si pensa, in agricoltura la forza lavoro dipendente è per un terzo composta da giovani sotto i 35 anni, e questa percentuale è leggermente cresciuta negli ultimi anni anche per la crisi occupazionale esistente in altri settori produttivi.
  Spesso, dal punto di vista occupazionale l'agricoltura è vista come un bene rifugio quando non si trova di meglio. I pochissimi contratti di apprendistato che invece potrebbero essere uno strumento utile sono attribuibili al regime de minimis, che in agricoltura impedisce a un'azienda di percepire aiuti di Stato per un importo superiore ai 7.500 euro nel triennio, il che significa 2.500 euro medi all'anno. L'INPS ha evidenziato nella sua circolare sull'apprendistato che non è possibile prenderne più di uno, perché con uno già si assorbe tutta l'agevolazione di cui si ha diritto. Questo spiega perché i contratti di apprendistato siano solo 2.400.
  Mi rendo conto che queste sono normative europee, ma già in passato è accaduto che in caso di emergenza la soglia minima (negli altri settori produttivi è 200.000 euro, da noi 7.500) sia stata innalzata. In un momento di crisi occupazionale ed economica questa soglia appare veramente irrisoria e impedisce l'accesso a qualunque agevolazione, così come impedisce l'agevolazione a quelle previste dal decreto legge n. 76 del 2013.
  Anche lì sono previste agevolazioni per l'assunzione di lavoratori a tempo indeterminato, ma questa incentivazione si scontra con quel limite di de minimis, quindi di fatto restano inapplicabili nel settore agricolo. Se non si sblocca la questione de minimis, qualunque incentivazione non potrà essere intercettata dalle aziende agricole.
  Il secondo elemento, già ricordato dal dottor Pasetto, è rappresentato dal fatto che l'occupazione agricola è prevalentemente composta da lavoratori a termine non solo stagionali, ma anche con contratti a termine di durata consistente (100-150 giornate), che vengono riassunti dalla stessa azienda reiteratamente negli anni.
  Si tratta quindi di un'occupazione para-stabile, non occasionale o stagionale, che negli anni viene confermata. Tutti gli incentivi previsti dai precedenti Governi ma anche da questo con il decreto legge n. 76 del 2013 si concentrano sui rapporti a tempo indeterminato, il che rende ogni agevolazione limitatamente applicabile a questa tipologia di rapporti.
  Nel 2000 venne previsto che l'incremento occupazionale desse diritto a incentivi anche se il rapporto era a termine, purché si superasse una certa soglia di giornate. Chiediamo quindi che questo venga esteso anche ai rapporti a termine stabili, con l'impegno del datore di lavoro a rioccupare per un triennio lo stesso lavoratore con un certo numero di giornate. Non sarà un rapporto a tempo indeterminato, ma nell'attuale momento di crisi garantire tre anni di occupazione ancorché per un certo numero di giornate l'anno potrebbe essere uno strumento utile.
  L'occupazione giovanile necessita anche di formazione, perché, se i giovani non vengono formati adeguatamente, risulta difficile inserirli nel mondo produttivo. Anche grazie al nostro fondo interprofessionale eravamo riusciti a fare qualcosa di buono negli anni scorsi, ma cominciamo a essere preoccupati per i tagli intervenuti sul finanziamento di questi fondi per la formazione.
  Il nostro fondo è piccolo, quindi sottrarre ulteriori risorse per noi significa rischiare la chiusura, non solo formare un numero minore di persone.

  CLAUDIA MERLINO, Responsabile ufficio lavoro e relazioni sindacali di Cia. Affronterò sinteticamente la seconda parte della vostra indagine, quella che riguarda i correttivi alla riforma Fornero, con una Pag. 12sintetica premessa sugli incentivi relativi ai giovani, che secondo noi dovrebbero essere necessariamente tarati sulle donne, altra fascia occupazionale particolarmente bisognosa di interventi di sostegno.
  La riforma Fornero in realtà ha avuto l'intelligenza di non toccare il settore agricolo, avendo compreso che questo si fonda su due pilastri fondamentali, la possibilità di autoregolamentarsi sui contratti a termine, quindi di essere escluso dalla disciplina sui contratti a termine e dalla legislazione ordinaria, e l'esigenza di non incidere sugli ammortizzatori sociali agricoli, che sono un sistema del tutto particolare. Questo è l'unico settore che in questi anni è stato in grado di garantire ammortizzatori sociali a lavoratori che effettuano prestazioni di tipo discontinuo.
  La riforma non ha toccato questi due pilastri e bene ha fatto perché ne sarebbe stata probabilmente compromessa la tenuta stessa del settore. Ciò detto, dei correttivi comunque servono.
  Mi sembra di capire che i primi risultati dell'indagine ISFOL su questi primi mesi di applicazione non sono positivi, ci dicono che l'occupazione a tempo indeterminato non è aumentata, ma anzi nel 73 per cento dei casi una flessibilità di un certo tipo si è trasformata in altra flessibilità, che soltanto poco più di 1 caso su 10 è stato trasformato in tempo indeterminato.
  Questo ci dovrebbe dare il segno di come questa ormai consolidata proliferazione di contratti non standard dovrebbe essere ormai strutturale nella gestione di un impresa e, più che osteggiarla, bisognerebbe cercare di governarla al meglio. La riforma Fornero, partendo da un'impostazione diversa, non ha raggiunto i risultati sperati e, benché abbia aumentato le aliquote sui contratti a tempo determinato, questi non sono diminuiti, a dimostrazione che la situazione di crisi è talmente grave che le imprese non se la sentono di assumere a tempo indeterminato.
  Relativamente ai correttivi, sicuramente era dovuta la questione di ripristinare gli intervalli ante legge Fornero tra un contratto a termine e l'altro, perché i 60 e 90 giorni erano veramente ingestibili, non si applicano agli operai agricoli, ma si applicano ad altre figure del nostro settore come gli impiegati e i dirigenti, quindi comportavano problemi per quelle figure.
  Voglio dire una parola sul lavoro accessorio, argomento che il presidente conosce bene. Nel corso della riforma è stato l'unico momento in cui si è parlato di agricoltura e forse l'agricoltura meriterebbe di essere citata per altro. Nei correttivi secondo noi si è operato bene, cioè si è ormai chiarito che il concetto di occasionalità è riferito esclusivamente al limite economico, quindi alla questione di non superare o superare i 5.000 euro.
  Questo è un elemento di chiarezza, perché in sede ispettiva era stato fonte di numerose contestazioni. Ciò non toglie che il nostro giudizio sulla riforma Fornero relativamente al lavoro accessorio non è positivo: si è trattato a nostro avviso di un irrigidimento arbitrario e vorremmo conoscere i dati che hanno portato a questa decisione e confrontarli con quelli attuali, per valutare quali alternative abbiano adesso le imprese che ricorrevano ai voucher e non possono più farlo.
  Il monitoraggio è allargato a tutti gli ambiti della riforma Fornero, per cui cerchiamo di capire per quale motivo questi voucher siano fonte di così accese lotte tra le parti. Lei conosce bene la materia e dei voucher può assumere una parte importante di paternità, forse dovremmo ritornare tutti a un tavolo più pacato tra le parti, come facemmo all'epoca, per valutare come utilizzare uno strumento residuale, che però si era rivelato utile per quelle situazioni marginali che non rappresentano la maggioranza dei rapporti di lavoro in agricoltura.
  Esprimo una valutazione sicuramente positiva, perché recepisce in pieno la richiesta fatta dal settore agricolo sulla possibilità delle assunzioni di gruppo che per il settore agricolo è una grande agevolazione, perché esistono situazioni in cui imprese facenti capo a uno stesso gruppo o nucleo familiare operano come se fossero un'unica impresa. Questo significava Pag. 13il moltiplicarsi di adempimenti relativi all'assunzione che oggi per fortuna sembrerebbe superato.
  Si aumentano ulteriormente le sanzioni in materia di sicurezza sul lavoro del 9 per cento, e in materia di sicurezza sul lavoro segnalo alla Commissione che l'agricoltura ha una specie di allarme rosso, perché nel tempo si è moltiplicata una serie di norme dovute più che altro a interventi delle regioni e dei ministeri, che hanno complicato la vita alle imprese.

  LUCA CEFISI, Responsabile Settori Produttivi di Copagri. I colleghi che mi hanno preceduto si sono coordinati nel quadro di Agrinsieme. Come Copagri, non occuperò il tempo di quattro interventi e sintetizzerò, ma nel ringraziare vivamente per l'invito il presidente e tutta la Commissione ricordo che Copagri rappresenta soprattutto i coltivatori dell'UCI, dell'AIC, legati alle strutture di UIL e CISL.
  Senza ripetere considerazioni già espresse e assolutamente corrette, conviene sottolineare come spesso le peculiarità del mondo dell'agricoltura nel discorso pubblico sulla riforma del lavoro e dell'occupazione tendano a scomparire. Per esempio è difficilmente percepito come nel mondo delle imprese agricole prevalga in maniera fisiologica, non patologica la forma di lavoro a tempo determinato per dimensioni assolutamente intuibili di stagionalità delle produzioni, anche perché la gran parte delle aziende agricole italiane è rappresentata da aziende piccole e piccolissime, familiari.
  La peculiarità di questo mondo va compresa. La preoccupazione centrata sull'esigenza di spingere al lavoro a tempo indeterminato, che tra le righe reca l'idea che i contratti a tempo determinato non possano succedersi troppo rapidamente perché altrimenti costituiscono una forma di precarizzazione, potrà funzionare per l'industria, ma non per l'agricoltura, dove certi rischi non si ravvisano e dove per comprimere la temuta precarizzazione si rischia al contrario di comprimere le opportunità.
  In agricoltura i voucher, più che mascherare forme di sfruttamento, hanno contribuito e contribuiscono a far emergere anche agli occhi del fisco le mille forme di piccolo lavoro temporaneo del pensionato, dello studente, del familiare che sarebbero avvenute lo stesso senza contrattualizzazione e che il voucher consente di normare.
  Ridurre i tempi di latenza obbligata fra un contratto e l'altro non significa aiutare la precarizzazione, perché in quest'ambito non si è costretti ad assumere a tempo indeterminato, ma si corre il rischio opposto, ovvero che il soggetto interessato si trovi fuori dal meccanismo e basta.
  La rigidità, quindi, invece di garantire un soggetto, lo punisce, e bisogna fare attenzione a questo. In generale, noi saremmo favorevoli ad apprendistati professionalizzanti, e occorre ricordare che la questione del carico fiscale sul lavoro è solo uno dei problemi, perché vi è il problema mai risolto del carico sui carburanti agricoli, che uccide certe produzioni, come ad esempio quelle vivaistiche che utilizzano i carburanti per le serre.
  Vi è tutto il problema del carico fiscale sulle imprese agricole, che ha visto il suo acme con alcuni provvedimenti del Governo Monti, in parte corretti successivamente, che schiacciano davvero le imprese.
  È vero che il sistema di previdenza agricola è molto peculiare, e giustamente non è stato toccato perché altrimenti si sarebbe entrati in un meccanismo con precise particolarità, come la Cassa integrazione per l'industria, che negli anni ’50 era legato a una visione antica in cui i lavoratori erano operai o braccianti (mentre adesso il mondo è diverso).
  Nell'ambito di un welfare futuro di flexsecurity si dovrà ragionare sul welfare universale e si dovrà mettere mano alla previdenza agricola. Non si può nascondere che ci sono delle difficoltà, elementi di elusione e zone grigie sull'impiego del caporalato extracomunitario, e queste cose vanno tenute presenti in quanto rappresentano innegabili rischi. Come organizzazioni Pag. 14responsabili li teniamo sempre presenti e li segnaliamo perché vanno considerati.

  PRESIDENTE. Se non ci sono domande, faccio solo una breve osservazione. Quando ero ministro ho avuto un tavolo di concertazione con il comparto, in cui abbiamo cercato di apportare qualche innovazione condivisa e penso che abbia fatto del bene.
  Sicuramente siamo stati quelli che hanno introdotto i voucher, che hanno fatto emergere il lavoro nero, ma purtroppo c’è un utilizzo difforme dei voucher, per lo più concentrato nel centro-nord dell'Italia.
  All'epoca avevamo pensato alla vendemmia e agli studenti e ai pensionati che avrebbero altrimenti svolto un lavoro nero, con la possibilità di ampliarne l'utilizzo ad altri settori di raccolta di carattere agricolo, ma purtroppo mi è parso che la legislazione recente li utilizzasse per tutti. Un voucher che finisce con il sostituire il lavoro dipendente diventa controproducente, mentre un voucher mirato fa emergere lavoro nero.
  Credo che dall'audizione di oggi si evinca ancora una volta un dato di cui dovremo tenere conto come Commissione, ovvero che il settore agricolo che su un milione di occupati ne ha 900.000 a tempo determinato non è equiparabile al settore industriale, per caratteristiche diverse legate ai cicli della stagionalità. Un suggerimento sul quale potremmo riflettere in un secondo tempo, ammesso che ci siano i tempi e con riflessione, riguarda la possibilità di incentivi al lavoro determinato lungo in un settore come questo.
  Per principio l'ho sempre escluso (abbiamo sempre parlato chiaro su questo punto) e ho sempre guardato alla stabilizzazione come punto di riferimento essenziale, ma comprendo che alcune forme di lavoro determinato con caratteristiche di garanzia e di durata nel tempo potrebbero essere prese in considerazione, sempre che i tempi della legislatura e della politica consentano in questa fase di affrontare un argomento di questa natura.
  Vi ringrazio per l'audizione come sempre preziosa, che ci ha consentito di ampliare le nostre competenze.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE WALTER RIZZETTO

Audizione di rappresentanti di CISAL, CONFSAL e USB.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle misure per fronteggiare l'emergenza occupazionale, con particolare riguardo alla disoccupazione giovanile, l'audizione di rappresentanti CISAL, CONFSAL e USB. Sono presenti il dottor Dino Carola, dirigente sindacale della CISAL, il dottor Fedele Ricciato, vicesegretario generale della CONFSAL, il dottor Pierpaolo Leonardi e la dottoressa Paola Palmieri, esecutivo nazionale dell'USB.
  Nel ringraziare nuovamente i nostri ospiti per la disponibilità, do la parola a Dino Carola.

  DINO ANTONIO CAROLA, Dirigente sindacale CISAL. Buongiorno, ringrazio la Commissione per questa audizione anche se abbiamo ricevuto la convocazione in tempi abbastanza stretti.
  L'argomento è molto vasto e faremo pervenire un documento più analitico su tutti i punti citati, per cui vorrei limitarmi ad alcuni punti della discussione che reputo fondamentali. Poiché nella convocazione si parla di dati, inizierei proprio da qualche dato per chiarire in quale situazione stiamo operando. I dati ufficiali dell'ISTAT evidenziano un numero di occupati che è calato dell’ 1,9 per cento su base annua, un numero di disoccupati che è aumentato dell'11,8 per cento su base annua, un'occupazione giovanile peggiorata di 4,3 punti percentuali su base annua e di contratti a tempo determinato peggiorati del 9 per cento.
  Questo induce a considerare che gli strumenti adottati fino ad oggi non hanno comunque portato risultati apprezzabili, Pag. 15probabilmente perché si concentravano su aspetti meno importanti, addirittura con un'impostazione errata, secondo cui per incrementare l'occupazione ci si dovesse occupare della flessibilità in uscita dei lavoratori, cosa che peraltro non è avvenuta.
  Dalla mancata riforma che è stata attuata si evince come ormai da trent'anni non ci si sia voluti occupare di uno dei sistemi che negli altri Paesi europei è veramente funzionale come incentivo all'occupazione, cioè il sistema del welfare attivo, che in Italia è quasi inesistente. La CISAL già da anni ha presentato ai vari Governi e ai parlamentari un preciso progetto su questo punto, progetto che vede la ricostituzione in maniera molto più funzionale dei cosiddetti «centri per l'impiego», assolutamente non funzionali alla riattivazione dell'occupazione.
  Come CISAL abbiamo immaginato l'istituzione di centri polifunzionali a composizione tripartita (sindacale, datoriale e Stato), che prendano in carico il lavoratore in una situazione di disoccupazione, lo riqualifichino e compiano tutte le attività necessarie al fine di ricollocarlo.
  In particolare, questi centri su cui faremo una proposta precisa devono assolvere ai seguenti compiti: provvedere all'analisi delle tendenze e alla rilevazione dei bisogni del mercato del lavoro e conseguentemente alla progettazione e promozione di piani formativi quanto più possibile mirati, fungere da interfaccia primario per le aziende e per i lavoratori rispetto a tutti gli altri soggetti operanti nel sistema (enti previdenziali, enti locali, enti bilaterali), attuare politiche attive di welfare inserendo i lavoratori in percorsi formativi mirati e occupandosi attivamente del loro ricollocamento, provvedere alle procedure per l'erogazione delle prestazioni legate allo stato di inoccupazione o disoccupazione o interromperle qualora il datore di lavoro rifiuti la qualificazione o il posto di lavoro, attivare sinergie con le istituzioni scolastiche e universitarie.
  Si tratta quindi di un organismo che sta al centro del sistema ed è uno solo, in quanto il lavoratore in disoccupazione o inoccupato si rivolge a un solo soggetto il quale lo riqualifica in base a una valutazione di tendenze di mercato, perché è inutile fare una riqualificazione quando poi quel determinato territorio non si occupa più di quella tematica.
  È necessario quindi effettuare un'attività di previsione delle tendenze e in base a quelle riqualificare. In quanto interfaccia per le aziende, deve essere un organismo serio, a cui l'azienda possa far riferimento per trovare le persone qualificate che cerca, e deve essere comunque unico.
  Oggi, infatti, un lavoratore quando va in disoccupazione deve andare prima al Centro per l'impiego, poi all'INPS o al patronato ovviamente per chiedere la disoccupazione, e sono due funzioni completamente scollegate. Anche le norme dei Centri per l'impiego inserite nella riforma Fornero risultano inoperative, perché, a parte il fatto che la proposta non arriva mai, da quando sono nel sindacato e mi occupo anche di CAF non mi è mai capito di sentire che qualcuno abbia ritrovato lavoro grazie al Cento per l'impiego, mentre dovrebbe essere sempre il Centro per l'impiego a erogare o interrompere la prestazione.
  La postazione può essere anche dell'INPS, ma è importante che un unico centro si occupi di tutto il sistema. Oggi, invece, il mercato del lavoro è casuale, i ragazzi disoccupati trovano lavoro via internet, mandando i curricula, ma non c’è una presa in carico del lavoratore, e questo è uno dei difetti enormi del sistema.
  Sono state citate le riforme Arcs che a me non piacciono, ma almeno in quelle era previsto un consulente personalizzato che si occupava al massimo di 70 casi e cercava di ricollocarli. Questo è uno degli elementi centrali che in Italia è sempre mancato, ma che invece in altri Paesi funziona, rende più fluido il mercato del lavoro.
  Per quanto riguarda il contratto a tempo determinato, si chiede nella proposta se sia proponibile una modifica di termini ma, se tendiamo a creare un Pag. 16mercato del lavoro fluido, in cui ci sia facilità di ricollocamento, i termini non sono un problema, anche perché obiettivamente la questione del tempo determinato e delle caratteristiche è un'enorme finzione, perché nessuno può sostenere che le aziende abbiano esigenze tecnico-produttive quando assumono a tempo determinato, che sia un sistema per evitare il tempo indeterminato e la paura del tempo indeterminato, che è diventata una sorta di terrore psicologico (non è obiettivamente motivato).
  In generale non si assume perché esiste questa esigenza tecnico-organizzativa come prevista dalla legge. Più che queste modifiche di 10, 20 o 30 giorni per spezzare, dobbiamo operare sull'altro versante, non sulla disciplina dell'istituto contrattuale. Intanto iniziamo a costruire un sistema che consenta al mercato di muoversi.
  Alcune considerazioni per quanto riguarda il tema fiscale. Negli anni abbiamo assistito all'introduzione di vari vantaggi per l'assunzione a tempo indeterminato e ultimamente anche per i giovani, però i dati contraddicono l'efficacia di questa operazione. In un periodo di crisi il problema è ancora un altro: è l'incentivo non ad assumere persone, ma a mantenere quelle che si hanno, e il problema si pone proprio sulla massa di pressione fiscale che le aziende subiscono. Più che un problema di natura lavoristica, il nostro è un problema di sistema fiscale.
  Su questo noi abbiamo scritto tanto, e lascio agli atti della Commissione un documento frutto del nostro consiglio nazionale del 2010 in cui già parlavamo di questo. O noi affrontiamo la riforma del fisco oppure difficilmente troveremo soluzioni definitive o comunque di grande impatto. Troveremo palliativi che sono sicuramente utili, ma che sinora non hanno comportato alcun miglioramento, come i dati dimostrano.
  La disoccupazione aumenta e quella giovanile ancora di più, per cui auspico che il Governo (spero che la Commissione se ne faccia carico) per affrontare il problema occupazione affronti anche il problema fiscale. Anni fa abbiamo avanzato una proposta rivoluzionaria che era quella sul conflitto di interessi, molto complessa nella sua strutturazione, in cui si prevede la deduzione o la detrazione completa delle spese e l'applicazione solo sul reddito residuo di aliquote peraltro molto elevate a compensare.
  Il grande problema in Italia è che abbiamo delle entrate che sono elevate ma non elevatissime, sono quasi come quelle della Norvegia che però offre i servizi che invece noi non offriamo e – ancor peggio – a pagare è soltanto una parte. Un sistema fiscale che funzioni deve prima occuparsi di far pagare tutti, per questo noi prevediamo un sistema di deduzione, perché il sistema di deduzioni impedisce sul nascere l'evasione fiscale.
  Sarà un sistema difficile da studiare, ma non possiamo lavorare su altro, perché tutte le altre cose si sono rivelate inutili, tutta la fiscalità di rigore proposta dal Governo precedente alla fine ha portato comunque a un peggioramento del debito pubblico e ancor di più a un peggioramento del rapporto PIL/debito pubblico, perché il PIL è anche sceso e per la prima volta è andato in negativo.
  Su questo noi dobbiamo lavorare, perché non c’è soltanto lo spread, che del resto è stato influenzato più dalle politiche della Banca europea che dall'attività di rigore, anche perché quando sono state fatte le riforme continuava ad avere un andamento altalenante, mentre quando a luglio la Banca europea ha dichiarato che avrebbe comprato i nostri titoli lo spread è sceso.
  Dobbiamo lavorare sulla questione dell'evasione, perché è solo lì che possiamo recuperare e diminuire la pressione fiscale percepita dalle aziende. Temo invece che altre soluzioni, oltre ad essere estemporanee, si traducano nel prendere da una parte per darle all'altra perché, se sono sempre gli stessi a pagare, quei soldi sono tutti necessari e in definitiva devono uscire da qualche altra parte.
  Se si vuole incrementare la crescita e quindi l'occupazione, è necessario affrontare il discorso della riforma fiscale, cosa Pag. 17che noi aspettiamo dal 1970, da quando c’è stata la riforma Visentini, perché altre riforme non sono state fatte. Siamo ancora fermi a quella riforma e, benché molte si siano chiamate riforme, in realtà non ce ne sono state e attualmente la situazione è diventata insostenibile anche perché l'evasione fiscale si autoalimenta, in quanto più aumenta e più il contribuente onesto pagando di più rischia di diventare evasore.

  FEDELE RICCIATO, Vicesegretario generale CONFSAL. Ringraziamo la Commissione dell'invito e riteniamo che si debba analizzare la materia con molta attenzione. Per questo nelle prossime ore invieremo un documento organico, per cui ora mi limiterò a fare solo delle dichiarazioni di orientamento.
  Partiamo dal programma di Governo Letta che la maggioranza del Parlamento ha sostenuto e che prevedeva tre aspetti. Mi riferisco a tutto quello che riguarda la finanza pubblica, mentre dirò dopo delle riforme a invarianza di spesa.
  Bisogna ridurre l'imposizione fiscale sul lavoro, laddove riteniamo che il primo errore compiuto sia stato quello di non affrontare la questione complessiva IVA/IMU/imposizione fiscale sul lavoro perché adesso c’è un disequilibrio nella disponibilità delle risorse, fermo restando che non si fa un grande lavoro per recuperare realmente tutta l'elusione e l'evasione fiscale.
  Riteniamo fondamentale ridurre l'imposizione fiscale sul lavoro e sull'impresa virtuosa, che ha piani di sviluppo e tende a sviluppare l'occupazione di qualità, l'impresa sana che dovrebbe essere premiata in Italia, cosa che non abbiamo mai fatto con puntualità, perché talvolta abbiamo premiato l'impresa però senza le debite distinzioni.
  Sempre per ridurre il peso fiscale sul lavoro e sull'impresa, oltre che la seria lotta all'evasione – che non si può fare se non viene approvata subito la delega fiscale, non si fanno immediatamente i decreti attuativi e non si affronta il problema del catasto e del contrasto di interessi, ammesso che si voglia lavorare su quel punto seriamente – dobbiamo reperire le risorse necessarie.
  Un altro problema è razionalizzare la spesa, laddove non utilizziamo la definizione spending review anche perché le esperienze della spending review, che dovevano essere di altro tipo, hanno visto tagli lineari che hanno soltanto nuociuto ai lavoratori e non hanno risolto il problema della spesa della politica e della pubblica amministrazione.
  Si deve fare un lavoro serio nell'individuazione di tutti gli sprechi reali, delle ruberie (parola che non dovrei usare, ma che uso) e quindi di tutta la spesa inutile che pesa sul bilancio dello Stato senza tradursi in effettivi servizi, mentre magari si vanno a ridurre i servizi essenziali e quindi i lavoratori sono penalizzati dalla disoccupazione e dai salari che hanno perso nettamente potere di acquisto per l'80 per cento dei lavoratori che non ha più il reddito disponibile per pagare i servizi essenziali, come non ha spazi per un risparmio mirato.
  Manca quindi il risparmio per l'investimento, le stesse banche hanno problemi di raccolta di risparmio, mancano gli investimenti che dovrebbero essere mirati allo sviluppo e quindi il discorso della riduzione dell'imposizione fiscale sul lavoro non si poteva ridurre a fare prima l'IMU, poi il rinvio dell'aliquota IVA, vedendo poi quello che rimane e impegnando qualcosa su un provvedimento pluriennale per ridurre l'imposizione fiscale sul lavoro e sulle imprese.
  Noi non condividiamo tutto questo, perché è sbagliato nel metodo e nei contenuti, perché i lavoratori pagano in maniera incredibile il prezzo di questa crisi che dal 2008 è giunta sino ad oggi. Ci meravigliamo che non ci sia sviluppo, ma mi chiedo se abbiamo guardato gli andamenti della domanda interna. Noi non abbiamo la pretesa di venire qui a raccontare l'andamento di tutti gli indicatori purtroppo convergenti che ci vengono forniti da Banca d'Italia, ISTAT, Eurostat, OCSE e Fondo monetario internazionale.Pag. 18
  Il problema è politico e va risolto, quindi bisogna trovare le risorse per intervenire in favore dei lavoratori e anche di alcuni pensionati (mi riferisco non alle pensioni alte o medio-alte). Se questo Governo ha un senso, deve intervenire su questo punto, perché non si può limitare tutto a una riduzione dell'imposizione fiscale sul lavoro pluriennale. Quando Prodi intervenne sul cuneo fiscale ebbe effetti molto lievi, quasi impercettibili, e non vorrei trovarmi a breve davanti a un provvedimento che veda ripetersi un simile esito.
  Per quanto riguarda invece le certezze della precedente legislatura, quando si è intervenuti sul mercato del lavoro, su previdenza e pensioni, queste leggi andrebbero riconsiderate, bisogna studiare come modificarle dove non hanno funzionato e forse non funzioneranno mai. Ad esempio, la questione dell'apprendistato va affrontata, perché è inspiegabile che in Germania, in Austria e in altri Paesi evoluti europei funzioni e in Italia no. Dobbiamo capire perché non funziona.
  Dobbiamo riconsiderare il ruolo delle regioni in questo campo, perché la disoccupazione ha un altro aspetto negativo, che è quello di presentarsi a macchia di leopardo in alcune aree deboli del nord, ma prevalentemente al sud e nelle isole ha ormai raggiunto aspetti insostenibili. In alcune aree del sud siamo come la Spagna, per non dire peggio.
  La questione del contratto a termine va rivista, e noi avanzeremo delle proposte nel documento. Non c’è bisogno di fare il monitoraggio o un'ulteriore indagine, perché sappiamo cosa non sta funzionando, tanto che qualche ministro che qualche mese fa aveva certezze non parla più, perché non ha nulla da vantare.
  Per quanto riguarda la legge n.92 del 2012 e la questione previdenziale bisognerebbe individuare tutte le criticità e le difficoltà di applicazione. Bisognerebbe sentire anche i sindacati, tutti i sindacati, che abbiano la possibilità non di firmare accordi pubblicati sui giornali, ma di fare proposte serie e utili.
  Rinvio al documento che vi faremo pervenire nelle prossime ore, vi ringrazio e mi scuso per essermi dilungato.

  PIERPAOLO LEONARDI, componente dell'esecutivo nazionale USB. Noi abbiamo predisposto due brevi cartelle, che sarà più rapido leggere, visto il breve tempo a nostra disposizione.
  Desideriamo ringraziarvi dell'opportunità che ci viene concessa di illustrare la nostra posizione in ordine a uno dei problemi più gravi che attraversa il nostro Paese, quale l'emergenza occupazionale e in particolare la disoccupazione giovanile.
  Sarebbe per noi importante che la Commissione ci convocasse per essere auditi anche in occasione della definizione o della discussione di altri importanti provvedimenti in carico a codesta Commissione, quale ad esempio l'annosa e sempre più cogente questione dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori nei luoghi di lavoro e quindi della rappresentanza e rappresentatività sindacale, anche alla luce della recente sentenza della Corte costituzionale.
  Confidiamo pertanto che l'audizione odierna non sia un caso isolato, ma segni finalmente l'avvio di una costruttiva relazione tra la Commissione lavoro della Camera e la Confederazione USB.
  In ordine alle materie oggetto dell'odierna audizione l'USB esprime una posizione e delle richieste consistentemente distanti da quelle su cui si è chiesto il nostro parere. È convinzione della Confederazione USB che la gravissima situazione occupazionale del nostro Paese abbia più di una motivazione e che molte di esse abbiano origine non dalla crisi sistemica in cui siamo immersi da troppo tempo, ma da scelte di politica sociale in assoluta controtendenza rispetto alle necessità, scelte operate per lo più in ossequio alle politiche di smantellamento progressivo del welfare fortemente volute dall'Unione europea, dalla Banca centrale europea e dal Fondo monetario internazionale non solo nel nostro Paese.
  Immaginare di poter invertire la tendenza attuale alla crescita della disoccupazione Pag. 19mantenendo inalterate le scelte in materia pensionistica operate dai precedenti Governi e dal Governo Monti in particolare è a nostro avviso molto difficile. La permanenza al lavoro anche fino a 70 anni prima di poter godere della meritata pensione è un evidente, enorme impedimento all'ingresso al lavoro delle nuove generazioni, che sono quelle che oggi più di ogni altro soffrono la prospettiva della disoccupazione per il presente e dell'assenza di tutele previdenziali per il futuro.
  A una tale situazione non si pone rimedio attraverso improbabili staffette generazionali, allungando a dismisura le forme di accesso al lavoro, mantenendo nella precarietà un'intera generazione e favorendone lo sfruttamento.
  È peraltro evidente come misure quali quelle allo studio, che ricalcano i provvedimenti assunti dai precedenti Governi nell'erronea convinzione che più flessibilità favorisca più occupazione, siano oggi del tutto inservibili e producano un effetto esattamente opposto a quello voluto.
  L'USB ha messo al centro dello sciopero generale programmato per il 18 ottobre prossimo tra gli altri obiettivi proprio quello della lotta senza quartiere alla disoccupazione e ha indicato una propria piattaforma che sinteticamente esponiamo, riservandoci di inviare al più presto una più completa ed esaustiva documentazione al riguardo.
  La nostra piattaforma parte dall'assunto che in questo tempo di profonda crisi economica sia possibile invertire la tendenza che sembra inarrestabile alla perdita di posti di lavoro soprattutto fra i giovani solo restituendo allo Stato e alle sue articolazioni territoriali il ruolo di promotore di buona e utile occupazione. C’è la necessità di creare nuovi posti di lavoro e di stabilizzare quelli precari, se si vuole davvero provare a uscire dalla crisi.
  La USB ritiene necessario l'avvio di un piano che preveda grandi opere che abbiano caratteristiche sociali, attraverso cui dare buona e continua occupazione a centinaia di migliaia di giovani, disoccupati, precari. Ci permettiamo di proporre alcuni dei settori in cui sarebbe possibile creare per lo Stato e le sue articolazioni territoriali centinaia di migliaia di posti di lavoro: la messa in sicurezza del territorio, devastato da decenni di speculazione e di abusivismo, opere di rimboschimento, di protezione civile e prevenzione degli incendi, la tutela del mare e dell'ambiente, favorire lo sviluppo della filiera agroalimentare e dell'occupazione in agricoltura.
  La messa in sicurezza e la ristrutturazione di tutte le scuole e di tutto il patrimonio edilizio esistente, la requisizione e la riattivazione di tutto il patrimonio edilizio sfitto inutilizzato per garantire il diritto all'abitare invece delle annunciate privatizzazioni e svendite; la tutela e la valorizzazione del nostro inestimabile patrimonio artistico, l'apertura di nuovi spazi museali, la stabilizzazione, la qualificazione e l'incremento del personale addetto, una forte implementazione dell'accoglienza turistica non solo nel periodo estivo.
  Il rilancio della ricerca, la riqualificazione della scuola e delle università pubbliche, il reale rafforzamento delle risorse da impiegare nella lotta all'evasione fiscale e contributiva, lo sviluppo del sistema di trasporto pubblico non inquinante, il rilancio complessivo della pubblica amministrazione e la reinternalizzazione dei servizi e del personale, la garanzia della tempestività delle prestazioni soprattutto in campo sanitario e previdenziale.
  Un simile piano, accompagnato anche da un utilizzo dei fondi strutturali europei finalizzato alla realizzazione dei progetti succintamente esposti, potrebbe a nostro avviso favorire un'uscita dalla crisi e un'inversione di tendenza sulla continua emorragia di posti di lavoro, contribuendo a quella ripresa economica che può avvenire unicamente rilanciando occupazione, circolazione della moneta, redistribuzione della ricchezza prodotta nel Paese.

  PRESIDENTE. Desidero ringraziare i nostri ospiti per il completo excursus. Il dottor Carola parlava dell'8 per cento di disoccupazione giovanile in più, di un welfare attivo e di un tema che anche qui Pag. 20in Commissione rileviamo di settimana in settimana, ovvero la mancata centralità del Centro per l'impiego.
  Come ricordava il signor Leonardi parlando di restituzione allo Stato e alle Regioni della centralità per quanto riguarda lo sviluppo del lavoro, noi ci chiediamo quando non dovrebbe essere così, in quanto dovrebbe essere di default il percorso che ci porta a un certo obiettivo.
  Parlando di riduzione dell'imposizione fiscale sul lavoro e di qualche proposta da fare in itinere rispetto alle riduzioni del costo del lavoro, dottor Ricciato, da noi sfonda una porta aperta. Lei è stato deciso nel dire che è un problema politico, io mi permetto di aggiungere che è sicuramente un problema politico, ma è già in diventato anche economico, perché immagino che la politica senza l'economia almeno in questo frangente possa fare poco.
  Qualcosa comunque è stata fatta, c’è chi l'ha votato e chi non l'ha votato, abbiamo ricordato il decreto Giovannini sul lavoro che assegna incentivi ai giovani entro i 29 anni, non è certo sufficiente e penso che la Commissione lavoro anche con altre Commissioni trasversali rispetto al lavoro stesso sia sempre disponibile ad altre audizioni sulla rappresentanza, quindi possiamo già preannunciarvi il nostro «sì» a questo tipo di audizione.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CESARE DAMIANO

Audizione di rappresentanti di CGIL, CISL, UIL e UGL.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle misure per fronteggiare l'emergenza occupazionale con particolare riguardo alla disoccupazione giovanile, l'audizione di rappresentanti di CGIL, CISL, UIL e UGL. Sono presenti Ilaria Lani, responsabile politiche giovanili CGIL, Alberto Cassandra, ufficio stampa CGIL, Andrea Brunetti, politiche giovanili CGIL, Luigi Sbarra, segretario confederale della CISL, Livia Ricciardi, responsabile dipartimento del mercato del lavoro CISL, Antonella Pirastu, funzionario UIL, Giovanni Centrella, segretario generale UGL, Francesca Novelli e Cecilia Pocai, dirigenti confederali UGL.
  Avverto che i nostri ospiti hanno consegnato della documentazione di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato 2).
  Do quindi la parola a Ilaria Lani, Responsabile politiche giovanili della CGIL.

  ILARIA LANI, Responsabile politiche giovanili CGIL. Buongiorno a tutte e a tutti, ho lasciato agli atti una memoria scritta sull'argomento oggetto di questa audizione, in particolare sulle recenti disposizioni sul mercato del lavoro, in cui è espresso il nostro punto di vista sulle problematicità che aprono e sulle questioni di interesse di questo dibattito.
  Mi soffermerò in maniera sbrigativa sulle questioni riportate nella memoria scritta, integrandole con alcune riflessioni sulle priorità che devono interessare il lavoro del Governo ma anche del Parlamento.
  Nella memoria facciamo una serie di considerazioni sul mercato del lavoro, sulle recenti disposizioni legislative, e consideriamo come gli incentivi alle assunzioni fatti con l'ultima disposizione legislativa sul mercato del lavoro diano un importante contributo all'incentivazione delle assunzioni dei giovani, ma rappresentino una misura che in assenza di politiche di sviluppo e di strumenti per la crescita rischia di non creare occupazione aggiuntiva.
  È quindi necessario integrare queste misure con un piano per il lavoro che miri a creare nuova occupazione, a guardare alle competenze e allo sviluppo del lavoro giovanile. Rileviamo però una contraddizione, cioè il fatto positivo che nelle ultime misure ci sia un'attenzione a incentivare le assunzioni a tempo indeterminato, ma contemporaneamente ci sia una nuova normativa che tende ad aumentare la flessibilità e a fare alcuni passi indietro Pag. 21rispetto alle misure già non esaustive della precedente riforma Fornero.
  Ribadiamo che l'eccessiva flessibilità non ha aiutato l'occupazione giovanile in questi anni, tanto che molti giovani che hanno trovato occupazione si sono poi visti espulsi dal mercato del lavoro in virtù di contratti estremamente precari e spesso con basse tutele.
  Penso al fatto che ad esempio il sistema di ammortizzatori sociali non prevede ancora una copertura per molte fasce del lavoro atipico, quindi riteniamo che, se la direzione è quella di incentivare il lavoro stabile, occorre evitare di moltiplicare l'uso e spesso l'abuso di forme contrattuali flessibili, tant’è che la legge Fornero rispetto a questo ha lasciato qualche margine di confusione. Penso per esempio all'abuso delle partite IVA che continuiamo a registrare e al fatto che, come ci dicono i dati sulle assunzioni, l'apprendistato purtroppo non decolla, ma continua ad essere un contratto non molto utilizzato e spesso si preferiscono forme di lavoro ancora meno tutelanti (continua ad essere presente l'abuso di stages e tirocini).
  Come saprete, la maggior parte delle leggi ha attuato linee guida che il Governo e le regioni hanno concordato lo scorso gennaio, e solo tre Regioni mancano all'appello. Questo è un fatto positivo, perché ci auguriamo che possa finire l'abuso di questo strumento e possa diventare uno strumento realmente utile per la formazione dei giovani e l'ingresso nel mercato del lavoro.
  Ovviamente gli esiti andranno monitorati nel tempo, consideriamo importante il fatto che sia stata prevista un'indennità minima di 300, 400 o 500 euro a seconda della regione. Ovviamente riteniamo importante che questa sia a carico del datore di lavoro, perché riteniamo che sia anche un fatto di responsabilizzazione del datore di lavoro o dell'azienda ospitante, per far sì che il tirocinio sia effettivamente un momento formativo e di inserimento.
  L'ultima questione che vorrei sollevare riguarda un tema di stretta attualità, considerato che lo scorso Consiglio europeo ha stabilito importanti novità sui fondi stanziati per il programma Garanzia Giovani. Credo quindi che ci sia l'urgenza di stabilire entro i prossimi mesi come attuare in Italia questo programma e come utilizzare al meglio le risorse stanziate dall'Unione europea e integrarle con le altre risorse a disposizione, a partire da quelle dell’ FSE e da tutti gli altri fondi strutturali.
  Ritengo che la Garanzia Giovani possa essere uno strumento molto importante che ci aiuta a recuperare un gap esistente nel nostro Paese, perché c’è stato un disinvestimento negli ultimi 10-15 anni sulle politiche attive del lavoro e sui servizi all'impiego. Non è un caso che spendiamo 500 milioni per i servizi all'impiego a fronte dei 5 miliardi della Germania.
  Abbiamo pagato il fatto che siamo uno dei Paesi con un più alto numero di NEET, cioè di giovani che non studiano e non lavorano, cosa che ovviamente non è un caso, ma è frutto della scarsità delle politiche attive che noi abbiamo messo in campo in questi anni. Penso quindi che sia una straordinaria occasione che deve essere colta con decisione.
  Con l'ultima norma è stata istituita una struttura di missione presso il Ministero, un passo in avanti ma dobbiamo chiarire come si possa attuare la garanzia giovani anche in una cornice di riforma complessiva dei servizi pubblici all'impiego, cosa che secondo noi è quanto mai opportuna, considerato che in questi anni abbiamo registrato difficoltà in termini di risorse umane, ma anche di efficacia sul servizio espletato. Che siano i servizi pubblici o privati solo una quota molto bassa dei giovani viene avviata al lavoro, siamo intorno al 3-5 per cento mentre la maggior parte dei giovani entra nel mercato del lavoro attraverso contatti personali.
  Occorre istituire in tempi rapidi Garanzia Giovani con un'una ampia concertazione con le parti sociali e con le organizzazioni giovanili; penso che per istituire la Garanzia Giovani al meglio sia necessario fare una riflessione attenta sul target, perché noi abbiamo circa due milioni e 200 mila giovani NEET under 29 (dobbiamo capire se la Garanzia Giovani sia Pag. 22prevista a 24 o 29 anni (noi preferiremmo questa seconda ipotesi) e ovviamente 2.250.000 NET sono un target molto ampio anche con grandi differenziazioni.
  Quasi il 60 per cento di questi sono inattivi, cioè non cercano neanche lavoro oppure sono indisponibili al lavoro, magari sono giovani donne del Mezzogiorno con carichi familiari, mentre il 40 per cento è costituito da giovani disoccupati. Di questa fascia molto ampia una fetta di circa 1 milione ha un titolo di studio piuttosto basso, la licenza media oppure addirittura un titolo inferiore, mentre sono circa 200.000 coloro che hanno un diploma di laurea. La parte restante ha il diploma di maturità.
  È evidente che qui immaginare dei programmi di inserimento per una fascia così differenziata non è semplice. Occorre quindi differenziare il target e pensare anche a programmi specifici, magari privilegiare la fascia più disagiata, il milione di giovani con basso titolo di studio, di cui circa 600.000 sono anche inattivi, quindi sono proprio una fascia ad alto rischio di marginalità sociale.
  La Garanzia Giovani deve strutturarsi con una serie di step, guardando anche a come la misura sia stata attuata negli altri Paesi, quindi con una campagna di comunicazione che miri a richiamare i giovani in questa condizione, con un servizio dedicato presso i servizi pubblici all'impiego, con un patto di servizio siglato tra il giovane e il servizio pubblico, con un orientamento mirato che faccia il bilancio delle competenze e costruisca con il giovane un piano inserimento individuale.
  Occorre poi la possibilità di fruire di servizi per l'inserimento, quindi dopo l'orientamento una sorta di programma di attivazione individuale, che possa essere espletato con tirocinio piuttosto che con corsi di formazione dedicati o percorsi di alto impiego per coloro che desiderino intraprendere questa strada. Deve essere potenziato il servizio di assistenza da parte dei Centri per l'impiego per la ricerca attiva di lavoro, in particolare privilegiando per i giovani i percorsi di apprendistato.
  Immaginare questo programma vuol dire quindi intervenire in sinergia tra quello che fanno attualmente i Centri per l'impiego, tra le politiche di sviluppo e di formazione territoriale, tra le politiche di assistenza sociale, in particolare a quei giovani drop-out che sono fuoriusciti dai percorsi formativi.
  È evidente che serve un grosso lavoro di regia che non possono che avere le Regioni, e occorre anche, considerate le grosse differenziazioni presenti nel nostro Paese, una norma nazionale in grado di dare omogeneità, investire le risorse necessarie e consentire in particolare ai Centri pubblici per l'impiego di essere operativi su questo fronte.

  LUIGI SBARRA, Segretario confederale CISL. Ringrazio per l'invito gli onorevoli presenti ai lavori della Commissione. Anche noi come CISL abbiamo predisposto una scheda, che consegneremo agli atti della Commissione con un commento dettagliato dei temi contenuti nell'indagine sulla quale la Commissione sta lavorando.
  Il documento che abbiamo ricevuto e che illustra il programma dell'indagine conoscitiva mette giustamente al primo posto le questioni legate alla fiscalità. La CISL considerato su questo argomento imprescindibile l'utilizzo di questa leva per ridare fiato ai consumi, agli investimenti, per sostenere il reddito delle famiglie e aiutare in questo modo l'avvio della ripresa e della crescita economica.
  Anche tenendo conto che in Italia il cuneo fiscale è tra i più elevati dei Paesi industrializzati, è necessario un riordino complessivo del sistema fiscale, che vada direttamente a ridurre la tassazione soprattutto sui redditi da lavoro, da pensione per le famiglie e anche per le imprese che investono in ricerca e in innovazione, che non licenziano e che assumono persone.
  La seconda questione è legata proprio al tema che emerge dalla vostra indagine, agli incentivi per l'occupazione. Come organizzazione sindacale abbiamo più volte richiamato che è illusorio pensare che in una fase così prolungata di crisi economica e di recessione la modifica delle Pag. 23regole della legislazione lavoristica in particolare, ciò che sottintende all'utilizzo delle tipologie contrattuali, possa avere un peso decisivo nel creare occupazione.
  Per la difesa e la crescita del lavoro e dell'occupazione è necessario far ripartire l'economia, i consumi, gli investimenti, ridare slancio al settore industriale, in particolare al manifatturiero, e lì concentrare alcuni interventi per quanto riguarda per esempio la riduzione del costo dell'energia, gli interventi sull'agenda digitale sulla banda larga, una propensione a praticare investimenti sul versante della green economy.
  In ogni caso, per quanto riguarda gli incentivi all'occupazione il pacchetto lavoro che questo Governo ha varato e ha trasformato in legge proprio qualche settimana fa, nel mese di agosto, secondo noi fornisce alcune prime risposte, ancora timide, parziali, non adeguate, però dà un primo segnale di interesse e di sostegno alle assunzioni, in particolare introducendo questo nuovo incentivo per l'assunzione di giovani fino a 29 anni.
  È una misura che noi abbiamo apprezzato e che contiamo di sostenere. Chiediamo al Governo di rafforzarla e di potenziarla con ulteriori risorse. Rimangono tuttavia alcune questioni aperte. Innanzitutto il nuovo incentivo rischia uno spiazzamento nei riguardi dell'istituto dell'apprendistato, da questo incentivo rimane fuori la fascia di età che va dai 29 ai 35 anni, che come lei sa, presidente, è altamente a rischio e secondo noi non può restare esclusa da ogni incentivo.
  Vorrei sommessamente ricordare che sulla stessa fascia di età 18-29 anni insistono quasi tutte le normative di incentivazione e di sostegno all'occupazione: quella sui contratti a termine, l'apprendistato e il nuovo incentivo rivolto all'occupazione giovanile. C’è da capire come il Governo intenda prevedere misure, tipologie, normative in grado di aiutare anche l'incrocio con il lavoro di soggetti over 29, che rischiano di saltare completamente l'appuntamento con il lavoro.
  Altra proposta che sosteniamo con forza e che ci sentiamo di condividere e di sostenere è quella legata a queste prime sperimentazioni sulla cosiddetta «staffetta intergenerazionale», che può prevedere ricadute positive importanti nel senso di consentire una sorta di incentivo al passaggio volontario a part-time di lavoratori vicini alla pensione, con contribuzione figurativa a carico dello Stato e con la contestuale assunzione di giovani a tempo indeterminato, magari utilizzando lo strumento dell'apprendistato.
  Sull'apprendistato vorremmo ricordare che il basso utilizzo di questo istituto non è legato al fatto che le imprese lo considerano uno strumento inadatto quanto al fatto che la fase recessiva sta determinando una complicanza ulteriore per il sistema delle imprese a procedere alle assunzioni.
  Sull'apprendistato noi confermiamo l'importanza dello strumento come canale privilegiato di accesso dei giovani nel mercato del lavoro, chiediamo al Governo di verificare la praticabilità e la possibilità che gli sgravi contributivi totali vengano garantiti anche alle aziende che hanno più di 9 dipendenti, perché sappiamo che questo vale solo per le piccole e micro aziende e per le altre c’è una sorta di contribuzione agevolata al 10 per cento. Stiamo discutendo proprio in queste ore con le associazioni datoriali sulla vicenda Expo 2015, è un qualcosa che ci sentiamo di sostenere anche per esigenze di giustizia e di equità.
  Per quanto concerne la legge n. 92 del 2012, come CISL abbiamo manifestato la convinzione di non procedere a modifiche di impianto sia perché, a fronte dei dati di emergenza sociale, poco possono fare le modifiche alle normative lavoristiche, sia perché continue modifiche alla legislazione del lavoro determinano effetti destabilizzanti per l'intero sistema, creando incertezza, paura, improvvisazione.
  Ritengo invece che il tema più centrale da richiamare, che dovrebbe costituire anche valutazione dell'attuale Commissione, sia tutta la partita legata ai servizi per l'impiego e alle politiche attive per il lavoro. Mai come in questa fase le politiche attive possono assumere un'importanza Pag. 24cruciale, come giustamente sostenuto anche nella nota che abbiamo ricevuto dalla Commissione.
  Il sistema italiano è fortemente indietro, fortemente impreparato, presenta significativi elementi di debolezza, per cogliere i quali si deve risalire almeno al 1997, quando mettendo mano al tema del riordino dei servizi per l'impiego si scelse la strada di un decentramento forte, spinto, scelta che non si è rivelata vincente. Solo alcune aree tradizionalmente forti si sono incamminate sulla strada di sostituire forme più o meno strutturate di servizi all'utenza alle funzioni meramente amministrative dei vecchi uffici di collocamento.
  Risale a poche settimane l'approvazione di una legge (il pacchetto lavoro), con la quale si è deciso di istituire presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali una sorta di struttura di missione, che dovrà definire alcune linee guida, da adattarsi anche al livello locale, per la programmazione degli interventi di politica attiva. Quest'operazione è dettata dalla consapevolezza e dall'opportunità di prevedere uno strumento che agevoli l'utilizzo delle risorse in arrivo dall'Unione europea con questo fondo Garanzia Giovani.
  Sappiamo che all'Italia dovrebbe arrivare una somma pari a 1,5 miliardi, risorse che devono essere adeguatamente e opportunamente utilizzate e per questo bisogna rafforzare le strutture operative deputate proprio ai servizi per l'impiego. Per noi questa è una necessità.
  Sui centri per l'impiego tuttavia bisogna operare scelte precise. In primo luogo bisogna determinare uno stretto collegamento tra le politiche attive e le politiche passive del lavoro tramite l'istituzione di una sorta di patto di servizio, mettendo i servizi per l'impiego in grado di concretizzare offerte di politiche attive adeguate, ma è oggettivamente impensabile realizzare un vero riordino di una qualche efficacia puntando solo ed esclusivamente sui centri per l'impiego pubblici.
  Va infatti realizzata un'effettiva valorizzazione delle sinergie tra Centri pubblici per l'impiego e agenzie private, sfruttando esperienze e professionalità maturate negli anni da queste ultime. Il servizio pubblico deve restare centrale, ma deve svolgere i suoi compiti in parte direttamente, in parte mediante la possibilità di affidare alcune tematiche a privati, compresi gli enti bilaterali delle parti sociali, per fare incrociare quanto più possibile domanda e offerta, anche attraverso sistemi di premialità con incentivi a valle, per esempio collegati al numero dei soggetti effettivamente formati, riqualificati e collocati.
  Questo secondo noi è il vero tema che oggi il Paese ha davanti: come costruire strumenti e opportunità in grado di aiutare percorsi di formazione, riqualificazione e ricollocazione per tante persone che un lavoro l'avevano ma l'hanno perso per colpa della crisi e che oggi devono essere oggetto di una possibile prospettiva di ricollocazione nel mercato del lavoro.
  La nuova sfida dei Centri per l'impiego pubblici e privati è quella di consentire a migliaia di persone di sperare in una prospettiva di lavoro magari diversa da quella passata, perché alcune esperienze dimostrano che attraverso la formazione e la riqualificazione è possibile ricollocare decine di migliaia di persone in altri lavori, in altri mestieri (pensiamo al lavoro di cura delle persone, alla green economy, alle piccole e medie imprese).
  Questo è il contributo che ci sentivamo di portare ai lavori della Commissione, dichiarando la nostra disponibilità ad essere ulteriormente auditi nel comune interesse di costruire percorsi e soluzioni in grado di incoraggiare l'occupazione dei giovani e anche la possibile ricollocazione di over 50. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Siamo stati fin qui nei dieci minuti, quindi vi pregherei di attenervi a questo tempo, anche perché noi abbiamo delle scadenze obbligate e vorremmo porre anche le nostre domande. Do la parola a Antonella Pirastu, Funzionario UIL.

  ANTONELLA PIRASTU, Funzionario UIL. Intanto rivolgo un ringraziamento Pag. 25per averci invitato a questa audizione su un tema, quello dell'occupazione e soprattutto della disoccupazione essenzialmente giovanile, molto caldo sia a livello europeo che a livello nazionale.
  Non a caso l'audizione è incentrata su due blocchi fondamentali: la parte fiscale, incentra sulla riduzione del costo del lavoro, e la parte che riguarda le tipologie contrattuali e quindi le riforme in atto nel corso di questi ultimi due anni.
  Tutti condividiamo che la ricetta è quella di una ripresa del nostro tessuto economico produttivo. Il problema è che non c’è una piena condivisione sulla medicina da somministrare al paziente, quindi c’è chi propende per una soluzione e chi per un'altra.
  Ricordo che il 2 settembre scorso Confindustria con CGIL, CISL e UIL sui temi dell'occupazione e della crescita hanno concertato tre realistiche e fattibili soluzioni, il rilancio delle politiche industriali, la revisione di assetti istituzionali e l'efficienza della spesa pubblica. Un tema molto importante è quello del fisco, perché la continua e alta pressione fiscale non aiuta di certo né la domanda interna dei consumi, né la competitività delle imprese a livello internazionale. C’è bisogno di una riforma del fisco e di una sua semplificazione, e all'interno di questo di una riduzione del carico fiscale sul lavoro.
  Sul fronte delle imprese è altrettanto importante trovare strumenti incentivanti una buona e stabile occupazione. Come prima evidenziato dai colleghi, la legge n. 99 del 2013 ha introdotto un sistema di incentivazione volto a favorire l'assunzione a tempo indeterminato dei giovani tra i 18 e i 29 anni, con quel rischio di cannibalismo di questo strumento nei confronti dell'apprendistato.
  Lo abbiamo salutato positivamente, ma c’è forse un vulnus che invece esaltava il bonus occupazione del sud, cioè il fatto di non prevedere, all'interno di questo sistema premiante le nuove assunzioni a tempo indeterminato, una clausola di salvaguardia, cioè una revoca dell'incentivo nel caso in cui non ci sia un mantenimento della base occupazionale successiva all'incentivo stesso.
  Su questo fronte esprimiamo un parere positivo anche sulla riprogrammazione delle risorse europee sui temi del lavoro, soprattutto quelle mirate alle assunzioni a tempo indeterminato e a un aumento della base occupazionale, però queste risorse vanno rese immediatamente spendibili, perché altrimenti si rischia di aver creato uno strumento non operativo.
  Nello stesso tempo, vanno programmate anche delle azioni da intraprendere, quindi anche con una richiesta da parte nostra nei confronti del Governo di convocare le parti sociali per dare continuità agli strumenti inseriti all'interno del piano lavoro nei prossimi anni, pianificando le risorse attuali e anche quelle previste dalla Youth guarantee.
  Sul prossimo ciclo di programmazione, poiché poi i fondi strutturali diventano elementi fondamentali per un rilancio economico e occupazionale, bisognerebbe individuare come priorità di spesa il tema lavoro e impresa.
  Anche su questo argomento le parti sociali CGIL, CISL, UIL insieme con Confindustria hanno predisposto sempre nel mese di settembre un documento con la volontà di richiamare l'attenzione sia del Governo che delle Regioni sulla situazione difficile che il nostro Paese sta affrontando, al fine di favorire un utilizzo dei fondi strutturali più efficace, ricorrendo sia a quelli della programmazione ancora vigente, sia a quelli della programmazione futura (2014-2020).
  I fondi possano anche costituire un'occasione per rafforzare ed estendere la dotazione finanziaria del credito d'imposta per le assunzioni di giovani disoccupati prevista nella legge n.99 del 2013, ma anche per ottimizzare e risolvere alcune criticità quali l'inserimento e la ricollocazione nel mercato del lavoro degli over 29.
  Due giorni fa, infatti, l'Istat ha evidenziato il problema degli over 29, che hanno un alto tasso disoccupazione anche in controtendenza a quanto sta avvenendo nel secondo semestre 2013 rispetto al Pag. 26primo per le altre fasce di età in tema di tasso di disoccupazione: le altre scendono, mentre l'unica che sale è la partita degli over 30. Si tratta quindi di un problema che va affrontato.
  Per quanto riguarda le modifiche apportate dalla legge n.99 del 2013 rispetto alla riforma del lavoro in tema di tipologie contrattuali, farei una riflessione generale così come ha fatto il collega della CISL. L'incertezza del nostro mercato del lavoro è dovuta anche a una serie di sovrapposizioni anche nel breve termine di normative, per cui non si fa in tempo a capire come funzionano le precedenti che si rimettono in moto nuovi meccanismi che rendono incerto il tutto per i lavoratori e per le imprese.
  L'altra riflessione generale è che possiamo modificare quante volte vogliamo, anche con le migliori riforme il mercato del lavoro, ma, se non c’è crescita, se non si mettono in atto delle politiche a sostegno della crescita, finirà tutto in un vicolo cieco, in una situazione senza uscita.
  Sulle forme modificate, per noi sarebbe auspicabile avere tutte assunzioni standard, ma capiamo il momento e le esigenze delle imprese. Vorremmo avere almeno delle forme flessibili che siano buone e non creino un mondo di lavoratori precari. Le comunicazioni obbligatorie ci danno ragione del fatto che crescono esponenzialmente le forme flessibili, in quanto nel 2012 l'80 per cento di attivazioni di rapporti di lavoro è avvenuto con tipologie di lavoro flessibile, il 2,7 per cento con contratti di apprendistato che non decollano, più del 60 per cento con tempi determinati.
  Visto che questo contratto assorbe il maggior numero di attivazioni e di accensioni, c'era l'esigenza di modificarlo nuovamente attraverso anche un'acausalità generalizzata ? Sarebbe stato meglio e ci saremmo aspettati dalla conversione del decreto-legge n. 96 nella legge n. 99 del 2013 che la causalità fosse stata gestita solo dalla contrattazione collettiva anche aziendale.
  L'apprendistato è una tematica che ci è stata sempre a cuore, siamo tutti concordi nel dire che vogliamo valorizzarlo, però poi si rischia quel cannibalismo da parte di altre tipologie contrattuali. La Carta di Lipsia raccomanda una sua valorizzazione e lo stesso accordo siglato tra Confindustria, CGIL, CISL e UIL nel febbraio mira a valorizzare questo strumento.
  Come si diceva, forse bisognerebbe rivedere la Carta degli aiuti di Stato, in modo tale da estendere quella di contribuzione generale, così come hanno le aziende con meno di 9 dipendenti, anche alle aziende con più di 9 dipendenti.
  Sono importanti anche percorsi di vero tirocinio e progetti di alternanza scuola/lavoro, finanziare e rafforzare i finanziamenti agli Istituti tecnici superiori (ITS) e soprattutto realizzare una revisione del nostro sistema di domanda e offerta di lavoro proprio sulla base del piano europeo per la lotta alla disoccupazione giovanile, laddove la Youth guarantee parla del servizio per l'impiego come avente un ruolo centrale nella ricollocazione dei vari lavoratori.
  È necessario pensare logicamente agli over 30, ma anche fare del Servizio per l'impiego un centro a cui si rivolgono non solo le persone che cercano lavoro, ma anche i datori di lavoro, perché l'incontro deve essere tra i due soggetti che danno e offrono lavoro.
  Chiudo con la staffetta generazionale, misura che è stata creata anche per l'innalzamento dell'età pensionabile e la difficoltà dei giovani a trovare lavoro. Speriamo che non diventi una misura parentale, che faccia entrare i figli o i nipoti delle persone che sono al lavoro. Bisognerebbe risolvere il gap retributivo e contributivo per chi è prossimo alla pensione, considerato che, facendo questo accordo, purtroppo perde una parte della sua retribuzione. Grazie.

  GIOVANNI CENTRELLA, Segretario generale UGL. Ringrazio il presidente e gli onorevoli componenti della Commissione lavoro presenti. Noi riteniamo importante l'occupazione giovanile e i provvedimenti sull'occupazione giovanile nella nostra nazione. Vediamo provvedimenti che dovrebbero Pag. 27aiutare l'occupazione giovanile che partono ormai da molto lontano, dal Protocollo sulla politica dei redditi e dell'occupazione del 23 luglio 1993 e vari altri provvedimenti come il pacchetto Treu, la legge Biagi, il Protocollo sul welfare del 2007, il credito di imposta del 2011, la legge n. 92 del 2012 e per finire il decreto legge n. 76 del 2013.
  Purtroppo tutti questi provvedimenti alla fine hanno portato poco o nulla, perché oggi parliamo ancora di occupazione giovanile; i numeri sono sotto gli occhi di tutti e ci presentano un Paese che sicuramente non è per i giovani riguardo al mondo del lavoro.
  Crediamo che si debbano affrontare tre problematiche per portare a casa dei risultati. Il primo elemento critico risiede sicuramente nel quadro normativo e nella governance degli interventi in materia di occupazione. Spesso vengono fatti annunci spot che poi non portano risultati, altre volte vengono fatti provvedimenti e misure che necessitano di successivi decreti attuativi, che per una serie di ragioni sono presentati sovente in ritardo.
  Cito ad esempio quanto è accaduto per il credito d’ imposta per nuovo lavoro stabile nel Mezzogiorno nel 2011: i provvedimenti sono stati presentati in ritardo, le risorse sono arrivate in ritardo e quel provvedimento ha portato poco più di 9.000 posti di lavoro in più.
  Spesso, però, venendo meno i decreti attuativi del Governo, le regioni ci mettono mano, come avvenuto ad esempio al provvedimento sull'apprendistato della regione Lazio presieduta allora dall'onorevole Polverini, che ha portato e sta portando posti di lavoro.
  Il secondo elemento critico riguarda il sistema scolastico italiano che, nonostante le numerose riforme attuate, non riesce a fungere da trait d'union tra allievi e mondo del lavoro. Questo è invece fondamentale, perché la scuola dovrebbe fare formazione e preparare al futuro mondo del lavoro, cosa che spesso non avviene specialmente riguardo al mondo dell'artigianato. Oggi l'Italia ha bisogno di idraulici, ha bisogno di figure artigiane che però non ci sono; quindi ci sarebbe possibilità di offrire posti lavoro.
  Il terzo elemento critico richiama la sostanziale inefficienza dei servizi per l'impiego sia sul versante pubblico che su quello privato con le agenzie del lavoro. Le percentuali di persone che trovano occupazione attraverso questi due canali è irrilevante, stimabile intorno al 4 per cento, quindi è un altro elemento a cui bisogna mettere mano.
  Un altro elemento riguarda le relazioni industriali. Spesso tra sindacati si siglano accordi interconfederali anche nei contratti collettivi a favore dell'occupazione, ma poi chi dovrebbe metterci mano con le varie legislazioni si ferma ad accordi tra le parti.
  Il fisco in tutto questo è molto importante perché, se non si abbassa il costo del lavoro, difficilmente riusciremo a creare ulteriori posti. Se non c’è una vera riforma fiscale partendo dal quoziente familiare, se non si portano più soldi nelle tasche dei cittadini italiani, possiamo fare tutti i provvedimenti che vogliamo, ma nessuno acquista; se nessuno acquista non c’è produzione, se non c’è produzione non c’è crescita e non ci sono posti di lavoro.
  Potremmo fare la migliore riforma del lavoro ma, se non si parte da una riforma fiscale vera che parta dal quoziente familiare, credo che non riusciremo mai a creare occupazione in particolare giovanile, anche perché un'azienda che ha bisogno di assumere e ha bisogno di immediati interventi strutturali assume una persona formata, non un giovane, anche perché la disoccupazione sia giovanile che over 50 è sotto gli occhi di tutti.
  Siamo quindi disponibili a interloquire non solo con la Commissione lavoro, ma anche con il Governo; sarebbe opportuno che il Governo convocasse le parti sociali, per trovare soluzioni a quello che è il problema più importante della nostra nazione, perché quando la disoccupazione giovanile tocca percentuali alte come quelle italiane significa che non si riescono a trovare delle soluzioni. Faccio da ultimo notare che abbiamo messo a disposizione Pag. 28della Commissione un documento, che contiene le nostre considerazioni in maniera più approfondita.

  PRESIDENTE. Ringrazio tutti gli auditi. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  WALTER RIZZETTO. Devo ringraziare nuovamente i nostri ospiti, che ci hanno dipinto un quadro sicuramente formante per quanto ci riguarda, nel senso che quando ci sediamo qui in Commissione per capire i vari punti di vista questo è formante per entrambe le parti sicuramente.
  Abbiamo affrontato molte tematiche e ho preso alcuni appunti. Evidentemente quanto dichiarato da qualche ministro del nostro Governo non è vero, nel senso che non si riesce ancora a visualizzare la luce in fondo al tunnel. Ritengo che i sindacati abbiano un importanza fondamentale nel cercare di aiutare la politica a fronteggiare questa pesante crisi, che secondo noi andrà avanti ancora per qualche tempo.
  Sono state fatte delle cose. Un passaggio interessante ricordato dalla dottoressa Lani della CGIL è stata la firma ad amplissima maggioranza dello Youth guarantee proposto qui da una collega del Partito Democratico, quindi sulle buone idee mi pare che ci sia un'amplissima condivisione. Meno per quanto riguarda, invece, il succitato decreto n. 76 del 2013 (decreto Giovannini), considerato che nelle audizioni in corso ma anche nelle precedenti c’è stato riferito – anche dal Professor Boeri – che ad esempio per quanto riguarda i giovani i problemi emergono soprattutto per la fascia di persone laureate nei primi cinque anni dopo un percorso di scolarizzazione.
  In questo caso, quindi, con il decreto n. 76 del 2013 non siamo andati a coprire questa fascia, perché coloro che hanno un tasso di scolarizzazione bassa possono essere assunti a tempo indeterminato dalle aziende con degli incentivi fino a 650 euro, ma lasciamo fuori tutti gli over 29, tutta una fascia di lavoratori che devono invece godere del diritto al lavoro.
  Il Ministro Fornero in un'intervista di un anno e mezzo si lasciò sfuggire che il lavoro non era un diritto, ma noi non la pensiamo così: per noi il lavoro è un diritto e deve continuare ad essere un diritto. È illusorio tra l'altro pensare che, come evidenziato da Luigi Sbarra, in un momento di crisi gli incentivi possano riuscire a sbloccare la situazione.
  A monte il problema è che le aziende non hanno lavoro, quindi noi possiamo dare anche 4.000 euro alle aziende per ogni dipendente che poi ottenga un contratto a tempo indeterminato ma, se a monte non c’è lavoro, emerge quanto da voi sottolineato, ovvero che ci deve essere un tessuto iniziale ante e non post incentivi che cerchi di agevolare quello che è il problema del lavoro stesso.
  Chiudo sottolineando quanto affermato dalla UIL, ovvero che le due macro aree fondamentali su cui dovremmo lavorare e su cui ci impegneremo in Commissione lavoro e in altre sedi sono sicuramente il problema fiscale e la tipologia di contratti.

  ANTONELLA INCERTI. Sarò velocissima nell'esprimere qualche valutazione. Intanto ringrazio di questa audizione i sindacati che ci hanno fornito alcune valutazioni, anche perché rispetto ai provvedimenti assunti (mi riferisco al decreto n.76 del 2013 convertito nella legge n. 99 del 2013) vogliamo misurare anche con le parti sociali se siano stati accolti per alcune parti, perché ci rendiamo conto anche noi che sono parti di un problema molto grande che cerchiamo di affrontare.
  Mi pare che dopo questo passaggio siano importanti due aspetti che sono stati sottolineati, il fisco e il tema della riduzione del costo del lavoro. Mi pare che gli obiettivi della legge di stabilità siano proprio quelli di andare in questa direzione. Il tema delle risorse è prioritario e bisognerà quindi valutare se utilizzare questi miliardi per diminuire l'IRPEF, incrementando le busta paga e quindi aumentando i consumi, o intervenire sull'IRAP come chiedono le aziende e l'INAIL.
  Credo che sarebbe importante lavorare sull'IRPEF, però questo sarà tema di discussione. Pag. 29Per quanto concerne l'apprendistato, sicuramente abbiamo posto molta attenzione a questa tipologia di lavoro ma (questa è una mia preoccupazione) l'abbiamo sempre visto come forma contrattuale in quanto è più flessibile e si paga meno. Certo è che nelle esperienze, sentendo anche molte aziende, manca l'idea dell'apprendistato di mestiere, il fatto che si possa imparare e sia il primo passaggio di formazione di un lavoratore, e su questo forse bisognerebbe lavorare di più.
  C’è infatti un'idea diversa di quella che deve essere la formazione, anche la transizione tra gli studi e la formazione e poi il mercato del lavoro, perché la vera scommessa che noi abbiamo posto è quella dell'incontro tra domanda e offerta, dove il nostro Paese ha le maggiori difficoltà.
  Come voi ricordavate, i centri per l'impiego intercettano solo un 4 per cento delle domande, per cui bisognerà lavorare a una loro vera riforma con l'idea di far crescere i lavoratori nella loro formazione ma anche gli imprenditori, perché il nostro tema è fare incontrare domanda e offerta, elemento che manca a questo Paese.
  Rileviamo difficoltà anche nella transizione tra scuola, formazione e mercato del lavoro. Credo che alcuni passi debbano essere ancora fatti.

  RENATA POLVERINI. Ringrazio ovviamente tutti coloro che hanno accolto il nostro invito. Molte delle cose che oggi con grande determinazione anche le organizzazioni confederali ci hanno rappresentato coincidono con quanto abbiamo avuto modo di ascoltare nelle audizioni del mondo accademico e di esperti del settore ed erano anche il frutto della discussione svoltasi all'interno della Commissione stessa.
  Vorrei sottolineare come per me sia stata una sofferenza in termini del ruolo di parlamentare che ho l'onore di svolgere che questa Camera poco o nulla abbia potuto fare rispetto al decreto rivolto all'occupazione giovanile, perché per motivi di tempo rispetto ad impegni assunti dal Governo abbiamo preferito evitare di rimandarlo, in considerazione della pausa estiva, ad una seconda lettura in Senato, che avrebbe determinato il rischio di farlo decadere.
  A nostro avviso, però, si sarebbe dovuto fare molto di più. Forse avevamo caricato di eccessiva aspettativa lo stesso provvedimento e mi auguro di evitare (lo dico, più che a voi, al presidente) di caricare di eccessiva aspettativa anche la legge di stabilità, perché altrimenti rischiamo un effetto boomerang dal punto di vista dell'occupazione, perché sappiamo bene che nel momento in cui si lavora su un provvedimento c’è attesa da parte del mondo imprenditoriale rispetto agli strumenti messi a disposizione, attesa che in parte blocca lo stesso processo di nuova occupazione, come veniva sottolineato anche rispetto agli eccessivi processi legislativi con i quali è difficile confrontarsi, laddove le norme cambiano quando ancora non si è compreso bene le precedenti.
  Appare chiaro, quindi, che su alcune questioni c’è un grande consenso in particolare rivolto allo strumento dell'apprendistato, che deve diventare lo strumento principe, anche perché è l'unico strumento che consente un processo formativo che garantisce un futuro lavorativo alle persone.
  C’è la necessità di intervenire dal punto di vista fiscale per tutti i motivi che avete ricordato, e anch'io vorrei sapere in quale campo sarebbe meglio intervenire nell'immediato, se sull'IRAP o sull'IRPEF.
  Vorrei chiedervi se riteniate un tema importante quello degli incentivi e degli sgravi fiscali sulla sicurezza sul lavoro possa essere. L'intervento di sgravi fiscali sugli investimenti in sicurezza sul lavoro è un percorso che in questo Paese non viene ancora percepito come un fatto positivo, perché si valutano semplicemente i dati in calo dell'occupazione e non il dato intollerabile di infortuni e morti sul lavoro.
  La seconda questione riguarda gli incentivi all'occupazione giovanile; in questi giorni alcune associazioni di imprese mi spiegavano come prevedere un incentivo per una fascia di età rischi di creare un problema di «concorrenza sleale» tra categorie Pag. 30di lavoratori rispetto agli anni, in quanto le norme possono essere applicate in maniera diversa da quello che era l'intento del legislatore.
  In qualche Paese quando si interviene con un incentivo diretto a una fascia di età si interviene per settori, così da salvaguardare quel settore, perché altrimenti un'azienda giovane con lavoratori giovani che utilizza uno strumento incentivante può in termini di mercato creare problemi all'azienda strutturata con un personale più adulto e costi maggiori. In questi giorni ho percepito che questo potrebbe rappresentare un problema per alcuni settori del nostro Paese, in particolare nei servizi.

  TITTI DI SALVO. Una premessa alle tre brevi considerazioni che vorrei fare: ascoltando le vostre considerazioni (e ovviamente ringrazio molto le organizzazioni del sindacato confederale oggi presenti) al pari di altri colleghi intervenuti prima di me vorrei sottolineare la profonda sintonia tra le cose dette e le osservazioni e le elaborazioni che la Commissione lavoro della Camera ha espresso sugli argomenti.
  Considero molto importante che il sindacato e noi stessi manteniamo questa impostazione e quindi ci rivolgiamo al Governo per indicare una direzione di marcia che ci vede in sintonia; quindi ci si aiuti a esercitare quella pressione necessaria.
  La prima considerazione, che mi pare fosse presente in tutte le dichiarazioni che sono state fatte come anche nella nostra discussione, è che, se non si innesca un meccanismo virtuoso di crescita, gli incentivi all'occupazione – sia essa giovanile sia essa femminile (anche nelle considerazioni espresse dall'onorevole Polverini) – gli incentivi non determinano più occupazione di quanta ve ne sarebbe senza gli incentivi medesimi perché, se le imprese non hanno la prospettiva di una ripresa economica, difficilmente sono orientate ad assumere a tempo indeterminato o definito nuove persone.
  Da questo emerge una domanda che unisco a una mia considerazione, in quanto ritengo che sulle leggi di stabilità sarebbe bene che le risorse a disposizione venissero utilizzate per abbassare l'IRPEF. Ricordo come la politica di abbassamento del cuneo fiscale fatta dal Governo Prodi – quindi nella XV legislatura, che conosco perché l'ho vissuta in prima persona – così come ancora più di me il Presidente della Commissione lavoro – non determinò gli effetti che noi speravamo. Vorrei quindi conoscere la vostra opinione in merito.
  Ho sentito affermare da tutti voi una cosa che condivido moltissimo, e cioè che la scelta della precarietà è nociva per il sistema complessivo, non soltanto per le persone che sono sottoposte a un rapporto di lavoro precario e sulle loro condizioni di vita. Aggiungo che l'OCSE dice che la precarietà del lavoro abbassa la produttività delle imprese e del sistema economico, considerazione da tenere presente quando ad esempio si fanno valutazioni sull'ultimo decreto Giovannini dicendo che mentre da un lato tenta di contrastare il lavoro determinato dall'altro propone l'acausalità per i contratti a termine, tema che è stato già ricordato.
  La dottoressa Pirastu parlava di staffetta generazionale, e con l'auspicio di aiutarsi reciprocamente nei ruoli diversi che ciascuno di noi ricopre ritengo che il tema dell'occupazione giovanile dipenda anche dall'innalzamento dell'età pensionabile introdotto dalla riforma Fornero.
  La staffetta generazionale, che richiede molte risorse per essere realizzata, diventa un tema paradossale quando contemporaneamente si allunga l'età pensionabile, quindi forse il tema è come cambiare la riforma Fornero, non solo come si trovano correttivi a una riforma che ha prodotto quegli effetti. Si tratta quindi di un invito ad aiutarci reciprocamente ad affrontare questo tema.
  La staffetta generazionale è stata scelta in altri Paesi come via, ma è costosissima perché si devono riconoscere i contributi alla persona più matura che esce, quelli per sostenere il tutoraggio e quelli ai giovani che entrano.

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  DAVIDE TRIPIEDI. Sarò brevissimo, presidente. Ci sembra strano e paradossale sentire che la CISL parli di occupazione, avendo appoggiato in toto la riforma Fornero, dalla flessibilità del lavoro alla modifica del sistema pensionistico, soprattutto dopo che i recenti dati ISTAT confermano il fallimento della riforma. Ho sentito anche parlare di appoggio alle agevolazioni che ha fatto Giovannini con il suo decreto, che consideriamo vergognose.
  Riteniamo che la CISL abbia poca credibilità perché è lontana dal bisogno di stabilità dei lavoratori. Come i recenti dati ISTAT confermano, il loro piano «contro» l'occupazione ha veramente poca credibilità.

  CLAUDIO COMINARDI. Posso intervenire, presidente ?

  PRESIDENTE. Abbiamo pochi minuti a disposizione, quindi solo se è una battuta per porre domande.

  CLAUDIO COMINARDI. Grazie, presidente. Vorrei chiedere ai rappresentanti delle sigle sindacali quale accezione diano al termine «crescita». Questa parola mi ha letteralmente nauseato, perché la crescita non dà posti di lavoro perché aumenta la produttività e abbiamo visto che negli ultimi decenni, con l'utilizzo della nuove tecnologie e dell'automazione, si sono persi posti lavoro, non si sono guadagnati.
  Vorrei sapere la crescita verso cosa, perché vedo la crescita dei disvalori, la crescita dei tumori perché bisogna parlare di qualità del lavoro e non di cavare carbone nel 2013 in Italia, dove abbiamo un clima mite, sole, mare, vento e potremmo essere indipendenti dal punto di vista energetico e anche sfruttare il nostro patrimonio artistico e tutto il resto. Dobbiamo parlare di qualità del lavoro. Voglio brevemente leggere un articolo della Costituzione.

  PRESIDENTE. No, mi scusi, abbiamo fatto un accordo brevi manu per una domanda, ma, se lei legge un articolo, non abbiamo tempo e inoltre le faccio presente che, essendo stati chiamati in causa alcuni sindacati, hanno diritto di replica, quindi la prego di concludere.

  CLAUDIO COMINARDI. Presidente, per me è stato scorretto, perché avrei già terminato e lei ha occupato il mio tempo.

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  LUIGI SBARRA, Segretario confederale CISL. Mi limito a richiamare due o tre considerazioni degli onorevoli componenti della Commissione e lo faccio al netto di provocazioni, perché ci siamo predisposti a questo incontro non esternando giudizi di valore rispetto alle posizioni delle varie forze politiche che nel tempo si sono determinate su questi argomenti.
  Veniva giustamente richiamato il forte valore e significato che l'apprendistato può avere come canale privilegiato di accesso al mercato del lavoro. Sapete che noi abbiamo dato un contributo come forze sociali per arrivare al Testo unico di riforma dell'apprendistato, ma tuttavia riteniamo che quella norma possa essere ulteriormente migliorata e rafforzata anche al fine di puntare più direttamente all'apprendistato di mestiere o all'apprendistato di tipo stagionale proprio per dare un significato importante.
  Siamo assolutamente d'accordo, onorevole Polverini, che ci siano normative che consentano forme di decontribuzione e di sgravi fiscali alle aziende che investano su salute e sicurezza, perché mai come oggi abbiamo bisogno di mantenere forte questo legame tra ambiente, lavoro e sicurezza.
  La leggera contrazione degli incidenti sui luoghi di lavoro è legata più alla caduta e al contrarsi del tasso di occupazione che non invece a un serio investimento su questo tema, che molte aziende non fanno perché hanno un eccessivo costo del lavoro. Questo significa perdere vite umane, non ultima la tragedia di Lamezia Terme con i tre morti per l'esplosione di quel silos.Pag. 32
  Sulle pensioni riteniamo necessario riaprire una discussione per arrivare a una forma di graduale, progressiva flessibilità in uscita, per esempio utilizzando il meccanismo degli incentivi e dei disincentivi in relazione all'età e alla contribuzione, perché aver elevato l'età di uscita ha determinato lo sconvolgimento di assetti familiari e complicato la vita alle persone, e ha bloccato quel poco di turnover che poteva determinarsi. Daremo il nostro contributo anche in termini di proposte per riaprire questa discussione.
  Pacchetto lavoro: l'abbiamo considerato un primo segnale, non siamo alla soluzione. Affrettato, improvvisato, ma va recuperato per riempirlo di contenuti e soprattutto di risorse. Sul fisco penso che una prima risposta vada data essenzialmente alla riduzione della tassazione sui redditi da lavoro dipendente e da pensione e per le famiglie, se vogliamo rimettere immediatamente in circuito la ripresa, il rilancio e la dinamica dei consumi.

  ANTONELLA PIRASTU, Funzionario UIL. Solo per rispondere a un'osservazione che collegava la precarietà alla scarsa produttività. Questo è stato un problema legato anche alla temporaneità e spesso brevissima temporaneità dei contratti o di altre forme autonome di lavoro non solo subordinato, temporaneità che non permette nemmeno un percorso formativo al giovane.
  Non permettendo la formazione, la conoscenza, l'aumento della competenza, fa sì che l'azienda non investa nella formazione del giovane, per cui come un cane che si morde la coda la scarsa conoscenza e formazione non fa crescere nemmeno l'azienda, e non facendo crescere l'azienda non porta nemmeno a un aumento della sua produttività. Per questo diciamo sempre che la buona flessibilità si misura anche su contratti come l'apprendistato, contratti che abbiano alla base un percorso formativo per il giovane, perché questo porta non soltanto a un aumento delle capacità e della competitività dell'azienda, ma in un momento di crisi come questa anche la possibilità del giovane di ricollocarsi sul mercato.

  ILARIA LANI, Responsabile politiche giovanile CGIL. Ringrazio tutti gli onorevoli e il presidente per l'interessante discussione suscitata in questa occasione. Vorrei rapidamente rispondere all'onorevole Polverini rispetto alla questione degli incentivi, che effettivamente sono sempre un'arma complessa da gestire.
  È vero che la disoccupazione giovanile negli ultimi anni è aumentata in maniera esponenziale, passando dal 23 al 40 per cento, mentre il tasso generale è aumentato molto meno, quindi è evidente che c’è un problema legato all'ingresso nel mercato del lavoro e anche alla fase di ingresso che è molto lunga. La precarietà ha fatto sì che chi è entrato poi ne sia uscito. Occorrono quindi misure mirate che agevolino i giovani.
  È anche vero però che ovviamente le misure mirate sono sempre passibili di discriminazione e di problemi. Penso al fatto che l'ultima misura del pacchetto lavoro prevedeva anche le stabilizzazioni, e ovviamente questo comporta una criticità laddove nella stessa azienda ci siano più precari con età diverse e questo rischi di produrre una sorta di discriminazione fra i lavoratori.
  Ritengo quindi che debba essere usato con cautela e d'altronde siamo tutti convinti che il tema dell'alleggerimento del costo del lavoro, quindi la riduzione dell'IRPEF e dell'IRAP, sia un tema all'ordine del giorno che forse renderebbe strutturale l'accesso al mercato del lavoro.
  Sulle pensioni condivido l'esigenza di una rivisitazione della precedente legge e di guardare alle figure fragili del mercato del lavoro, perché i più fragili rischiano di avere un futuro pensionistico molto più debole e, qualora perdano il lavoro, non hanno tutele. Anche su questo fronte occorre aprire una riflessione.
  Per quanto riguarda la crescita, io non sono attaccata all'utilizzo delle parole, ma quando affermiamo che serve investire per riattivare lo sviluppo ovviamente immaginiamo Pag. 33uno sviluppo congruo ai bisogni dei cittadini, che investa sull'innovazione, sulla ricerca e sul benessere, che riteniamo importante per la vita nel nostro Paese.

  GIOVANNI CENTRELLA, Segretario generale UGL. Molto velocemente, va tenuto presente ciò che ha detto l'onorevole Polverini rispetto agli incentivi che vanno dati per settore e non per fasce di età, perché sono altamente discriminanti.
  Rispetto alle pensioni secondo noi la riforma Fornero andrebbe interamente cassata soprattutto per un aspetto che nessuno rileva, ovvero in quanto ha penalizzato più di tutti le donne, che hanno subìto un innalzamento maggiore dell'età. Condivido le considerazioni dei miei colleghi, ma questo dato della legge Fornero ha altamente penalizzato le donne, aspetto di cui ultimamente non si parla più, ma che noi vorremmo mettere in evidenza. Grazie.

  PRESIDENTE. Abbiamo come sempre consentito una breve replica ai nostri gentili ospiti, anche se ci rendiamo conto che il tempo purtroppo è tiranno. Sicuramente le vostre considerazioni come quelle degli altri interlocutori sociali saranno prese in considerazione nel nostro documento finale.
  Nel ringraziare tutti gli auditi, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.35.

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