Sulla pubblicità dei lavori:
Lanièce Albert , Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SULLE FORME DI RACCORDO TRA LO STATO E LE AUTONOMIE TERRITORIALI, CON PARTICOLARE RIGUARDO AL «SISTEMA DELLE CONFERENZE»
Audizione del Sottosegretario di Stato per gli affari regionali e le autonomie, Gianclaudio Bressa.
Lanièce Albert , Presidente ... 3 ,
Bressa Gianclaudio (PD) , Sottosegretario di Stato per gli affari regionali e le autonomie ... 3 ,
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 6 ,
Kronbichler Florian (SI-SEL) ... 6 ,
Ribaudo Francesco (PD) ... 6 ,
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 7 ,
Bressa Gianclaudio (PD) , Sottosegretario di Stato per gli affari regionali e le autonomie ... 8 ,
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 12 ,
Bressa Gianclaudio (PD) , Sottosegretario di Stato per gli affari regionali e le autonomie ... 12 ,
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 12
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ALBERT LANIÈCE
La seduta comincia alle 8.10.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
(Così rimane stabilito).
Audizione del Sottosegretario di Stato per gli affari regionali e le autonomie, Gianclaudio Bressa.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle forme di raccordo tra lo Stato e le autonomie territoriali, con particolare riguardo al «sistema delle conferenze», l'audizione del Sottosegretario di Stato per gli Affari regionali e le autonomie, Gianclaudio Bressa, che ringrazio per essere qui e per la sua disponibilità.
Do la parola al Sottosegretario di Stato per gli Affari regionali e le autonomie, Gianclaudio Bressa.
GIANCLAUDIO BRESSA, Sottosegretario di Stato per gli affari regionali e le autonomie. Grazie, presidente. In tutti gli Stati federali esistono sistemi di conferenze, sia di livello orizzontale sia di livello verticale. Le prime sono composte da rappresentanti degli Stati membri e sono molto presenti ed efficaci soprattutto negli Stati federali classici. Le conferenze di livello verticale sono, invece, composte da rappresentanti della federazione e degli Stati membri. Pur essendo diffuse in tutti gli Stati federali o con ordinamento regionale, le conferenze hanno ricoperto ruoli diversi, in dipendenza di differenti variabili legate all'ordinamento nel suo contesto.
Una prima variabile è la forma di governo. Negli Stati federali a forte separazione dei poteri, come nel caso degli Stati Uniti, le conferenze di livello verticale, pur presenti, hanno svolto un ruolo minore rispetto alle «sorelle» presenti in altri Stati federali. È molto probabile che ciò sia dovuto alla diversa capacità implementativa dei capi di governo nei sistemi a forte separazione dei poteri. Negli Stati federali a governo parlamentare, invece, le Conferenze di livello verticale sono presenti e rappresentano uno snodo importante del sistema istituzionale.
Una seconda variabile è data dal modo in cui, negli Stati federali a governo parlamentare, è organizzato il circuito decisionale centrale. In presenza di una seconda Camera debole, come il caso del Canada, le conferenze hanno assunto un ruolo via via crescente, fino a connotare il tipo di federalismo. L’executive federalism allude appunto al ruolo che gli esecutivi hanno avuto nell'assunzione delle principali scelte politiche, attraverso la Conferenza dei primi ministri. Sostanzialmente, è in questa sede, non nel Senato, che vengono prese o comunque discusse decisioni politiche centrali, coinvolgenti la Federazione e gli Stati.
Ad un fenomeno simile si assiste in Spagna. Anche in questo ordinamento la scarsa efficacia del Senato ha fatto sì che l'articolazione delle relazioni intergovernative prendesse forma al di fuori del circuito Pag. 4parlamentare. L'esperienza spagnola non si caratterizza per la presenza di una conferenza di livello verticale dal forte peso politico, bensì da relazioni intergovernative di tipo bilaterale, in cui ciascuna comunità autonoma si rapporta individualmente con il potere centrale.
Anche il Belgio è approdato a un sistema federale attraverso un processo fortemente dissociativo. La contrapposizione linguistica tra fiamminghi e francofoni – a parte la piccola minoranza tedesca – ha segnato l'evoluzione della forma di Stato a partire dagli anni Settanta del secolo scorso.
Su un modello federale fortemente duale, in cui i criteri di distribuzione delle competenze poggia sull'esclusività, sono stati progressivamente inseriti elementi di cooperazione, in particolare organismi di cooperazione che danno vita a un sistema estremamente complesso. In sintesi, possiamo dire che tali organismi, più che svolgere una funzione di sintesi politica, come accade in Germania, svolgono una funzione paragiurisdizionale, in quanto sono orientati alla soluzione di conflitti tra comunità, Regioni e Stato.
La Germania mostra un articolato sistema di conferenze, pur in presenza di una seconda Camera (Bundesrat), che è per molti versi indicata come un modello di efficienza. In effetti, la conferenza più rilevante è appunto quella di livello orizzontale, cioè la Conferenza dei capi e degli esecutivi dei Länder, che si riunisce, senza alcun vincolo di forma, una volta all'anno. Le deliberazioni sono prese all'unanimità e vertono su tutte le questioni che hanno un peso rilevante per le politiche dei Länder.
Le forme di cooperazione verticale più rilevanti sono direttamente previste in Costituzione agli articoli 91a e 91b e riguardano singoli settori, quali il miglioramento della struttura economica regionale, della struttura agraria, della protezione delle coste e altri. Questo peculiare assetto può trovare una spiegazione nel modo in cui sono concretamente articolate la funzione legislativa e quella amministrativa nel federalismo tedesco. La Federazione ha concentrato sempre più presso di sé la funzione legislativa, mentre quell'amministrativa è stata lasciata ai Länder.
Le caratteristiche del regionalismo italiano aiutano a comprendere il perché del «sistema delle conferenze»: da un lato, l'assenza di una seconda Camera capace di dare voce al centro degli interessi territoriali, dall'altro, il forte rilievo assunto dai comuni, riconosciuto dalla Costituzione, in particolare dall'articolo 118, primo comma.
In estrema sintesi, vanno cercate le origini di un sistema imperniato sulla Conferenza Stato-Regioni, sulla Conferenza unificata e sulla Conferenza Stato-città. Va anche aggiunto che il sistema è nato e si è poi assestato grazie al decreto legislativo n. 281 nel 1997, sulla base di un assetto normativo diverso e comunque antecedente rispetto a quello venuto fuori con le riforme costituzionali del 1999 e del 2001.
Come impatta la riforma costituzionale in itinere su questo sistema? Il futuro Senato è chiamato a dare rappresentanza al centro alle istituzioni territoriali. La sua istituzione renderà superfluo il «sistema delle conferenze»?
Tutto ciò è difficile da credere per una serie di ragioni.
In primo luogo, il futuro Senato ha funzioni definite dal punto di vista legislativo. Certo, molto dipenderà dalla concretezza della prassi e da quello che sarà il suo primo Presidente, che ne determinerà la dinamica nel rapporto con la Camera nel procedimento legislativo. Tuttavia, il futuro Senato non pare destinato ad assumere il ruolo che ha, per esempio, svolto il Bundesrat tedesco per più di cinquant'anni. La riforma costituzionale limita a determinate materie il suo intervento collaborativo dal punto di vista legislativo. In particolare, il futuro Senato, più che chiamato a determinare le politiche nazionali, sembra chiamato a garantire il sistema delle autonomie, cosa in sé molto significativa.
Non va, inoltre, trascurato il dato comparatistico sopra richiamato: in tutti gli Stati federali o regionali, con forma di governo parlamentare, le conferenze hanno svolto un ruolo centrale, affiancandosi Pag. 5 alla seconda Camera rappresentativa degli enti territoriali.
In secondo luogo, il Senato sarà composto da esponenti dei Consigli regionali, non dagli esecutivi regionali. Gli stessi Presidenti della giunta potranno farne parte, solo in quanto consiglieri regionali.
Inoltre, la previsione dell'elezione con metodo proporzionale allenta ulteriormente il vincolo con il territorio, a favore di quello di appartenenza politica. Coerentemente con la scelta relativa al metodo di elezione dei componenti, i futuri senatori non saranno sottoposti a vincolo di mandato.
In terzo luogo, è da considerare il nuovo assetto delle competenze. La revisione costituzionale in corso riporta al centro molte materie. In molti casi, il compito dello Stato sarà, però, quello di definire disposizioni generali e comuni che chiamano in causa le funzioni legislative, regolamentari e amministrative delle Regioni.
Se l'intento della riforma costituzionale è anche quello di stemperare il conflitto costituzionale svoltosi dinanzi alla Corte costituzionale, l'unica strada da percorrere è la determinazione consensuale degli obiettivi attraverso processi politici, legislativi e amministrativi. Un organismo agile e snello che riunisca l'Esecutivo nazionale e quelli regionali chiamati insieme al Parlamento a scegliere e a definire le politiche nazionali si rivelerà ancora necessario. Queste caratteristiche del futuro assetto istituzionale spingono a pensare che continuerà a esserci il bisogno di sedi di raccordo tra l'Esecutivo statale e gli Esecutivi regionali.
C'è ragione di credere che l'entrata in vigore della riforma costituzionale e la sua attuazione accentueranno il bisogno di una sede politica in cui Stato e Regioni possano confrontarsi sulle politiche pubbliche nazionali, sulle priorità e sulle scelte necessarie per attuarle. Questa funzione non può essere assegnata alla Conferenza Stato-Regioni nella sua configurazione attuale, ma è necessario provare a rilanciare lo spirito iniziale che portò all'istituzione della Conferenza Stato-Regioni in uno scenario completamente rinnovato sul piano istituzionale. Nel nuovo contesto, il modello cui tendere potrebbe essere quello di una Conferenza degli esecutivi, composta dal Presidente del Consiglio dei ministri e dai Presidenti delle Giunte regionali e delle due Province di Trento e Bolzano, sulla falsariga di quelle operanti in Stati federali, come l'Australia (Council of Australian Governments) e il Canada (First Ministers’ conference). A somiglianza di quanto accade in questi sistemi federali, gli incontri dovrebbero avere ad oggetto temi eminentemente politici e, quindi, si dovrebbe trattare di una sorta di conferenza intergovernativa in cui Stato e Regioni espongano le rispettive priorità. È inutile sottolineare che l'effettività di questo organismo sarà misurata dalla capacità di determinare o comunque influenzare l'agenda dell'attività di un Parlamento in cui le Regioni saranno pienamente rappresentate. Quanto alla composizione, va tenuta presente la composizione del nuovo Senato che vede al proprio interno la presenza prevalente di rappresentanti regionali, ma anche di rappresentanti dell'ente comunale. Si apre, quindi, la possibilità della presenza anche di un rappresentante del livello comunale, nella figura, ad esempio, del Presidente nazionale dell'ANCI.
Almeno inizialmente, non appare necessaria alcuna formalizzazione normativa dell'evento istituzionale, anzi pare di poter dire, sulla scorta delle più risalenti esperienze federali, che maggiore sarà l'effettività politica del nuovo organismo, se minore sarà l'opportunità di una sua disciplina normativa.
Per il tono eminentemente politico di queste riunioni, esse sono spesso caratterizzate da una tendenziale informalità. La menzionata Conferenza dei capi degli esecutivi in Germania, pur riguardando il solo livello orizzontale, è sorta spontaneamente, senza bisogno di previsioni normative che la chiamassero in vita.
Con riguardo alla cadenza degli incontri, è possibile immaginare, per ora, una o al più due riunioni per anno. Negli Stati federali la frequenza delle riunioni varia di Stato in Stato; per esempio, è annuale in Australia, più frequente in Canada. Pag. 6
In ogni caso, l'autorevolezza dell'istituzione è legata alla circostanza che le riunioni sono spesso precedute da consultazioni dei livelli di Governo statali, da richieste di integrazione dell'ordine del giorno da parte degli Stati, dalle aspettative e anche dal clima, più in generale, mediatico che si crea intorno a questi incontri.
Rimane il profilo più delicato relativo ai rapporti della Conferenza degli esecutivi con il «sistema delle conferenze» vigente. La natura prettamente politica della prima non porta a escludere il «sistema delle conferenze», anzi si potrebbe pensare a un'organizzazione reticolare con al centro la Conferenza degli esecutivi e intorno a essa l'attuale «sistema delle conferenze», che ha bisogno, tuttavia, di aggiustamenti.
A quest'ultimo proposito, si pensi agli effetti della legge Delrio: la dequotazione delle province e l'istituzione delle città metropolitane avranno sicuri effetti sulla rappresentatività e sulle modalità di voto e non solo. Inoltre, se c'è una Camera legislativa in cui le autonomie sono rappresentate e se dovesse esserci un luogo di confronto politico tra gli esecutivi, resta aperto e da riscrivere il ruolo dell'attuale «sistema delle conferenze», con l'obiettivo di rafforzarne l'attività di implementazione delle decisioni normative, anche nell'attuazione amministrativa. Soprattutto, va meglio definita la funzione dell'intesa, come strumento per rendere effettivo il rispetto del principio di leale collaborazione, in un quadro costituzionalmente mutato, ma che non può comunque essere declinato in chiave centralistica.
Ricordo sempre la grande lezione del professor Bartole, che ritiene che la rilevanza costituzionale della collaborazione si configuri come un problema di interpretazione del sistema complessivo e come l'espressione di un indirizzo più flessibile e adeguabile a una situazione politica, che comunque continuerà a richiedere un assetto delle competenze statali e regionali difforme da quello fondato su una rigida e garantita separazione. In tal senso, il problema non è e non è mai stato la costituzionalizzazione del «sistema delle conferenze», ma del ruolo, rilevante sul piano dei princìpi costituzionali, che vogliamo assegnare loro. Questo è anche il motivo per cui sarebbe un errore rinunciarvi.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIANPIERO D'ALIA
PRESIDENTE. Ringrazio il Sottosegretario Bressa per la sua relazione, che è molto interessante perché ci fa entrare nel vivo e nella concretezza delle questioni che sono oggetto della nostra indagine.
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.
FLORIAN KRONBICHLER. Grazie, presidente. Prima lei ha detto scherzosamente al Sottosegretario Bressa che sarebbe il caso di sopprimere questa Conferenza, visto che abbiamo introdotto il nuovo Senato, con queste funzioni: faccio però fatica a comprendere la sua spiegazione. Non le sembra che ci sia un assembramento di organismi? Glielo chiedo perché abbiamo già il Senato che è collegato alle Regioni, la Conferenza che pare debba sopravvivere e, almeno per le Regioni a statuto speciale, le Commissioni paritetiche. Certo, questi organismi e questi enti si possono anche coordinare, però si contenderanno le competenze. Tutti quanti si preoccupano di fare un coordinamento centrale, per cui di federalismo è rimasto ben poco in fondo.
Tuttavia, se questi organismi e questi enti devono sopravvivere, si trova sempre qualche funzione, con buona volontà. Mi sembra che la sua sia stata appunto una elencazione di buoni intenti che, volendo e se qualcuno lavora bene, può avere anche senso. Certo, in questo caso devo dire che stiamo esagerando perché siamo arrivati a un assembramento di enti intermedi.
FRANCESCO RIBAUDO. Qualche giorno fa si è svolta l'audizione del professore Bassanini: vorrei capire se il Sottosegretario Bressa condivide l'impostazione da lui esposta sul nuovo «sistema delle conferenze», cioè quella di dare, nella trasformazione Pag. 7 che sarà necessaria, solo una funzione amministrativa vera e propria e non più una partecipazione attiva, cioè nella fase di formazione della legge e, quindi, nella fase ascendente, come avviene per ora per molti provvedimenti. Certo, essendovi il Senato che rappresenta le autonomie, su quel fronte penso che non sia necessario l'intervento delle conferenze.
Ritengo, invece, che il coinvolgimento delle autonomie locali – Città metropolitane, Comuni e Regioni – sia ancora necessario e veramente utile nella fase di definizione degli atti amministrativi e legislativi, cioè atti di Governo vero e proprio; ciò comporterà chiaramente una modifica sostanziale anche nell'organizzazione.
PRESIDENTE. Rivolgo anch'io qualche domanda al Sottosegretario.
Dalla relazione sembra emergere con chiarezza la necessità che il «sistema delle conferenze» sia uno strumento necessario anche a seguito della riforma costituzionale e dell'introduzione del nuovo Senato e che debba essere uno strumento integrato o complementare con esso. Mi pare anche di capire dalla sua relazione che comunque, anche a Costituzione vigente e non ancora modificata, il «sistema delle conferenze» necessiti di una riforma che renda più agevole il funzionamento e il raccordo, nell'attuazione del principio di leale collaborazione che oggi sovrintende i rapporti fra lo Stato e le Regioni.
Per queste ragioni, le rivolgo qualche domanda, anche a seguito delle audizioni che abbiamo svolto.
Secondo lei sarebbe utile se la legge elettorale per il nuovo Senato prevedesse la necessità della partecipazione allo stesso dei Presidenti di Regione? Quale dovrebbe essere, alla luce della natura della Camera dei territori così come viene configurata nella riforma costituzionale, l'organizzazione del Senato che è speculare a quella delle conferenze? Secondo lei, poiché si tratta di una Camera che tutela o dà voce agli interessi cosiddetti territoriali, la sua organizzazione e il suo funzionamento dovrebbero essere più orientati, anche nella costituzione dei gruppi parlamentari del Senato e nel funzionamento delle strutture, per componenti politiche, come avviene oggi, o viceversa, essere organizzati sulla base della rappresentanza territoriale delle Regioni e dei Comuni? Un'ulteriore questione di nostro interesse, che peraltro è stata oggetto anche dell'audizione del Ministro dell'interno Alfano, riguarda il ruolo e il funzionamento della Conferenza Stato-città.
La composizione attuale della Conferenza Stato-città, quindi anche della Conferenza unificata, consente la partecipazione del sistema delle autonomie locali, cioè dei sindaci e dei presidenti degli enti di area vasta (ex province), attraverso associazioni di diritto privato, l'ANCI e l'UPI, che designano i rappresentanti all'interno della Conferenza. In merito a ciò, anche una parte della dottrina si è soffermata per evidenziare il rischio di una carenza obiettiva di rappresentatività.
Le chiedo, poiché il sistema elettivo del Senato comunque consente la partecipazione dei sindaci, ancorché eletti dai Consigli regionali, in un'ipotesi di riorganizzazione e di riforma del sistema delle Conferenze, se sia opportuno che la partecipazione degli amministratori degli enti locali sia legata alla designazione fatta dalle «associazioni» di categoria o attraverso un sistema che possa forse garantire una partecipazione anche più ampia degli enti locali.
Lo dico perché abbiamo 8.000 comuni, 100 ex province, anzi forse anche di più di 100 ma non tutti questi soggetti aderiscono o hanno aderito a queste associazioni: le domando, quindi, se non sia per caso utile studiare o introdurre un meccanismo che consenta una più larga investitura dei soggetti che nel «sistema delle conferenze» rappresentino gli amministratori degli enti locali.
Le sottopongo un'ulteriore questione con riferimento a un aspetto che nell'audizione della Ministra Boschi è stato evidenziato, cioè la scarsa trasparenza – non vorrei essere equivocato nel termine – delle attività del «sistema delle conferenze».
Il «sistema delle conferenze», oggi, è un sistema che concentra in sé l'80 per cento, Pag. 8a volere essere generosi, del carico di lavoro delle attività che segnano i rapporti fra lo Stato, le Regioni e il sistema delle autonomie territoriali. Questo è evidente sia per le decisioni di carattere strategico e politico, come ci ha detto anche la Ministra della salute Lorenzin, sia per quelle attinenti maggiormente all'attività amministrativa, che diventa la parte più determinante del modo in cui, sui territori, si articolano le scelte in settori strategici, dalla sanità alla formazione e così via.
In questo sistema, la pubblicità e l'accessibilità da parte dei cittadini, con la riforma del nuovo Senato e quindi con la Camera dei territori, diventeranno oggettivamente più ampie: le chiedo, quindi, se ritiene opportuno, anche da questo punto di vista, introdurre sistemi che consentano forme di pubblicità più accessibili per i cittadini riguardo al lavoro, alle decisioni, alle metodologie, all'organizzazione e al funzionamento del «sistema delle conferenze». Sottosegretario, la ringrazio anche per l'analisi di diritto comparato che ha svolto nella relazione, che sarà uno degli aspetti che approfondiremo nella nostra indagine conoscitiva.
Un'ulteriore domanda riguarda il fatto che l'analisi comparata degli ordinamenti in cui sono presenti organi di coordinamento intergovernativo rileva che in molti casi si è fatto riferimento e si è fatto ricorso a una organizzazione del «sistema delle conferenze» che tenda ad assicurare una specializzazione per materie. La relazione intergovernativa tra lo Stato centrale o federale le Regioni avviene non in maniera «generalista» in un'unica sede, ma in sedi specializzate di raccordo che riguardano i vari settori di intervento in cui vi è una concorrenza delle competenze o una condivisione nelle scelte delle competenze statali e regionali. Le chiedo se ritenga che, anche da questo punto di vista, vi possa essere una soluzione che migliori la qualità del lavoro delle conferenze, quindi anche la funzione di raccordo che il nuovo Senato è chiamato a svolgere.
Da ultimo, nel corso dell'audizione del professor Bassanini, ma anche della discussione che abbiamo svolto con i colleghi in Commissione, è emerso che forse sarebbe necessario pensare a un collegamento molto più stretto, appunto perché si ritiene necessario mantenere il «sistema delle conferenze», ancorché riformato con l'introduzione del nuovo Senato. Tuttavia, si evidenzia la necessità di capire come si possa articolare in concreto una forma di collegamento funzionale del «sistema delle conferenze» rispetto al lavoro parlamentare del nuovo Senato, che è nuovo e complesso.
Inoltre, le domando se questo non possa, ad esempio, implicare anche la possibilità di immaginare una struttura amministrativa unica del «sistema delle conferenze» e del nuovo Senato che sono diversi ma che, inevitabilmente, devono svolgere un'attività insieme.
Lo dico perché altrimenti si rischia o la sovrapposizione o la possibilità di assumere decisioni politiche divergenti, il che non rientrerebbe nella logica della riforma costituzionale. Sto parlando di una struttura amministrativa unica che possa condividere e predisporre l'istruttoria per tutti gli atti che poi saranno di competenza o del nuovo Senato, rispetto a ciò che la riforma costituzionale prevede, o del «sistema delle conferenze», ovviamente riformate. La ringrazio.
GIANCLAUDIO BRESSA, Sottosegretario di Stato per gli affari regionali e le autonomie. Io vorrei che fosse chiara una cosa, altrimenti rischiamo di procedere per stereotipi.
Gli Stati federali o gli Stati a ordinamento regionale portano con sé, per definizione, la necessità di strumenti di collegamento e di coordinamento tra livello centrale e livello federale. Inoltre, ciò comporta modalità che, a seconda dei vari modelli con cui i federalismi si sono sviluppati, sono molto chiare: vi sono strumenti e istituzioni che possono essere diversi tra di loro, ma per i quali esistono comunque strumenti di raccordo, quindi la definizione della funzionalità di uno Stato federale non si fa sulla base della conta delle istituzioni che si occupano del coordinamento tra i vari livelli, ma sulla base dell'efficienza complessiva del sistema. Pag. 9
Noi dobbiamo fare i conti con il modello che risulta dalla riforma costituzionale, che prevede una Camera politica e una Camera di rappresentanza territoriale, le cui competenze sono legislative a pieno titolo, ma ruotano sostanzialmente attorno alla garanzia del sistema delle autonomie.
Questo è straordinariamente importante perché, laddove è necessario assumere decisioni legislative che tengano insieme il livello statale e quello regionale, questo è il luogo dove questo avviene, prima e non dopo. Stiamo quindi parlando di una dimensione propriamente legislativa.
Inoltre, voi tutti sapete che le azioni di Governo consistono nel predisporre le leggi, ma sono fatte anche di politiche pubbliche e, quindi, se il Senato riformato assolve pienamente e in maniera compiuta alla necessità di raccordare le legislazioni, il primo Presidente del Senato avrà una responsabilità immensa, perché sarà colui il quale determinerà il rapporto tra Camera e Senato nel procedimento legislativo. Ci sarà molto più da scrivere con la prassi e con le convenzioni che non con il testo scritto della Costituzione.
Certo, se siamo d'accordo che il compito del nuovo Senato è questo, sappiamo che il resto appartiene ad altri livelli istituzionali, cioè ai livelli di governo e ai livelli cui competono le decisioni amministrative, quindi non possiamo sovraccaricare il Senato di funzioni e compiti che non ha.
D'altra parte, non possiamo immaginare, poiché noi siamo uno Stato regionale, che il Governo nazionale non abbia le occasioni per confrontare la propria politica pubblica, per esempio sui trasporti, sulla sanità e sulla ricerca, con i sistemi regionali che hanno competenze a riguardo. Ecco perché, quando parlo di una Conferenza degli esecutivi cui affidare un ruolo eminentemente politico, non ho in mente una sovrastruttura o di soggetti che necessitino di nuove elezioni o di nuovi meccanismi. Ho in mente semplicemente che il Presidente del Consiglio, insieme al soggetto eventualmente delegato, incontri i Presidenti delle Regioni e delle Province autonome una o due volte all'anno per definire le rispettive posizioni e confrontarsi su quelle che saranno le scelte politiche degli esecutivi.
Faccio un esempio: non è pensabile, come è accaduto recentemente con riferimento al Piano di smaltimento dei rifiuti e alla previsione, alla luce della normativa europea, di identificare gli inceneritori di interesse nazionale, che il rapporto tra Governo e Regioni si limiti a due sedute di discussione in Conferenza Stato-Regioni, anche se accompagnate da una serie di incontri bilaterali: politicamente non c'è mai stato il confronto tra le proposte politiche e le azioni politiche delle singole Regioni e l'idea politica del coordinamento e delle scelte politiche nazionali.
Ho riportato l'esempio dello smaltimento dei rifiuti, ma lo stesso dicasi per le grandi infrastrutture, la sanità, la ricerca e qualsiasi argomento che ha a che fare con la politica di governo sia nazionale o sia regionale.
Noi abbiamo smarrito la funzione costituzionalmente definita che è affidata alle Regioni. Certo, le Regioni hanno una competenza legislativa, ma non si risolve nella competenza legislativa la funzione politica istituzionale delle Regioni. Le Regioni sono nate perché dovevano essere attori di politiche pubbliche rispettose e a contatto con le esigenze dello sviluppo del proprio territorio.
Direi che, nel corso degli ultimi anni, questa funzione così forte si è in qualche modo stemperata.
Inoltre, le Regioni sono diventate delle gigantesche macchine burocratico-amministrative, capaci anche di decisioni politiche importanti, che hanno, comunque, l'obiettivo, costituzionalmente loro assegnato, di essere una parte fondamentale e decisiva delle politiche pubbliche di questo Paese, per cui il «sistema delle conferenze» deve rientrare in questo circuito, non come una proliferazione e un assembramento di istituzioni, ma come buon meccanismo di un sistema che ha una propria capacità di confronto, con la traduzione di tale confronto in azioni politiche efficaci per i cittadini che vengono governati. Pag. 10
Non si tratta di una dichiarazione di buone intenzioni, ma semplicemente di una visione istituzionale su cosa sia uno Stato regionale e su come uno Stato regionale possa funzionare. Tale Stato è un orologio che, se mancano dei meccanismi, segna l'ora esatta solo due volte al giorno perché è fermo. Tuttavia, non possiamo più permetterci questo lusso.
Rispondo quindi alle domande specifiche che mi sono state rivolte. Purtroppo non ho avuto modo di ascoltare l'audizione del professore Bassanini, che però credo abbia detto sostanzialmente quello che anch'io ho cercato di delineare: è chiaro che il «sistema delle conferenze» attuale, se esiste questa Conferenza di livello politico, deve essere concentrato sull'attuazione amministrativa di tutti i provvedimenti, ma anche sull'implementazione normativa, perché non è detto che tutto si risolva nel circuito Governo-Parlamento.
Noi sappiamo che l'attività delegata poi non avrà nel Senato un luogo di confronto vero o, meglio, pur avendolo, questo sarà limitato, quindi sarà necessario che, nell'attuazione dei decreti legislativi, il mondo degli esecutivi regionali possa avere un luogo di confronto.
Soprattutto, al di là di una dimensione amministrativa che deve essere perfezionata e razionalizzata, il senso del permanere delle conferenze, così come sono adesso, sta nell'istituto dell'intesa, che rappresenta lo strumento attraverso il quale si raggiunge un accordo su politiche fondamentali tra il Governo e le Regioni.
La settimana scorsa abbiamo concluso due importantissime intese con il sistema regionale. Un'intesa ha riguardato la ripartizione del taglio e la ripartizione del Fondo sanitario. Capite bene è che questo è un atto di Governo: dopo l'approvazione del Parlamento sono le Regioni che devono valutare il modo con cui il taglio ha effetti sui propri e sui rispettivi bilanci e, quindi, esercitano una funzione di controllo rispetto all'attività del Governo.
L'altra intesa che abbiamo raggiunto era l'accordo tra lo Stato e le Regioni per la distribuzione di 4 miliardi e mezzo di euro per investimenti nella banda ultralarga. A riguardo, dopo un confronto piuttosto serrato, si è deciso come queste risorse dovessero essere distribuite Regione per Regione.
Questi esempi rappresentano atti e dimensioni che sfuggono, ovviamente, alla mera definizione del contenuto legislativo di una norma, perché attengono all'attuazione delle leggi e dei contenuti delle previsioni normative. In tal senso, il Senato svolge una funzione e la Conferenza degli esecutivi resta a un livello di confronto eminentemente politico.
Sono tanto convinto di questo che sono perfino convinto che ciò non debba essere nemmeno regolato con una legge, cioè dovrebbe nascere spontaneamente, come accaduto in Germania perché è un'esigenza vitale per le Regioni avere un confronto col Governo centrale e viceversa. Certo, in questa dimensione della ridefinizione del «sistema delle conferenze» sicuramente i problemi sono abbastanza delicati.
Per quanto riguarda la legge elettorale per il Senato, si affronta un tema incandescente. L'onorevole Kronbichler mi sembra sia particolarmente contento della legge che abbiamo approvato. La presenza obbligatoria dei Presidenti non credo sia possibile perché avremmo dovuto probabilmente inserire tale previsione direttamente in Costituzione.
Il Presidente di una Regione ha la possibilità di essere eletto perché potrebbe essere il capolista della lista o, nel caso di rappresentanza di due soli senatori per Regione, potrebbe essere proposto direttamente dal Consiglio regionale.
Per quanto riguarda l'organizzazione del Senato, credo che la logica vorrebbe, in coerenza con lo spirito della riforma, che non ci siano gruppi politici. Ritengo che sia complicata, anche se auspicabile, l'organizzazione per gruppi territoriali, perché non abbiamo previsto, a differenza di altri sistemi, il voto bloccato per rappresentanze regionali.
Non ho condiviso – è un'opinione strettamente personale – la soluzione trovata del sistema elettorale diretto, perché, di fatto, come ho detto anche nella relazione, se si astrae quel tipo di rappresentanza, Pag. 11cioè la rappresentanza territoriale, in qualche modo, si attribuisce una rappresentanza politica, seppure diminuita, per le competenze del Senato nei confronti del Governo, non essendovi il voto di fiducia.
Credo che sarebbe un segno di grande intelligenza istituzionale se il prossimo Regolamento del Senato prevedesse un'articolazione dei gruppi per territori e non per formazioni politiche.
Il ruolo della Conferenza Stato-città pone una questione più generale che riguarda l'efficacia e la serietà del modello rappresentativo degli enti territoriali, perché la possibilità di immaginare modifiche della diversa composizione della Conferenza Stato-città, cui faceva riferimento il Presidente, è astrattamente possibile e praticamente molto complessa.
Per la Conferenza Stato-città, che ha una funzione in questo caso eminentemente consultiva, bisognerebbe prevedere per legge una rappresentanza estremamente complessa, perché vi sono 8.000 comuni, di cui 5.000 al di sotto dei 5.000 abitanti, e venti Regioni: non saprei, quindi, quale potrebbe essere il meccanismo in grado di individuare realmente una rappresentatività capace di essere tale e non, invece, frutto di altre forme e altri tipi di accordi.
Certo, se mi rendo conto che è complesso immaginare una forma di rappresentatività, mi rendo anche conto che attualmente il sistema è debole. Lo dico perché l'ANCI è un'organizzazione sostanzialmente privata, anche se composta da enti pubblici, che continua ad avere carichi di responsabilità decisionale sempre crescenti: per tale motivo io sposterei l'asse del problema dalle modalità di elezione o nomina dei rappresentanti nella Commissione – uso un termine inappropriato per brevità – alla definizione del ruolo delle associazioni rappresentative degli enti locali.
L'attività delle attuali Conferenza Stato-Regioni e Conferenza unificata non è poco trasparente, ma poco interessante, il che è diverso, nel senso che su trenta punti all'ordine del giorno, un paio possono avere un significato perché o preludono a un'intesa o pongono un tema rilevante, mentre gli altri concernono tutti atti di attuazione amministrativa di previsioni di legge o di pareri su adeguamenti normativi alla normativa europea. Con riferimento all'adeguamento alla normativa europea, una gran parte di questi atti potrà essere assolta dal Senato e quindi alleggerita.
L'attività amministrativa finalizzata a definire il provvedimento attuativo delle previsioni normative, ad esempio per difendere gli olivi dalla xylella, è effettuata da personale tecnico e addetti ai lavori. Comunque, tutti gli atti della Conferenza sono pubblici e accessibili in via telematica, perché a distanza di due o tre giorni vengono pubblicati: l'accesso, come per tutte le altre attività amministrative, dà la possibilità di vedere la documentazione alla base delle decisioni assunte.
Per quanto riguarda la questione della specializzazione per materie, di fatto il «sistema delle conferenze» attuali già la prevede, nel senso che si arriva in sede plenaria dopo che le pratiche sono state istruite dalle varie Commissioni tecniche, composte dai rappresentanti delle Regioni e dai rappresentanti delle amministrazioni interessate. Io non avrei in mente come sbocco finale il modello del Belgio dove il sistema è stato formalizzato e vi è una Commissione che si occupa delle infrastrutture e delle ferrovie, una della scuola e così via. Questo avviene ma su un piano di confronto tecnico, che trova poi una sintesi nella riunione della Conferenza Stato-città o della Conferenza unificata. Tale meccanismo deve essere sicuramente modificato ma io non ne immaginerei uno diverso, altrimenti si corre il rischio che uno strumento di coordinamento diventi uno strumento di assembramento e che vi siano troppi luoghi in cui si cerca di trovare una sintesi, nessuno dei quali è in grado di farlo.
L'ultima domanda che il presidente mi ha rivolto è estremamente interessante: io non ho una risposta, nel senso che credo che solo l'attuazione della riforma sarà in grado di farci capire quali possano essere le relazioni più proficue tra il Parlamento, in modo particolare il Senato, e il «sistema Pag. 12delle conferenze». Attualmente, questo avviene in maniera del tutto improvvisata e informale, cioè non esiste nessuna relazione tra il «sistema delle conferenze» e l'attività legislativa.
Io immagino che, se dovesse esserci la Conferenza degli esecutivi, questa in qualche modo avrebbe anche il compito di indirizzare l'attività legislativa, sulla base delle priorità che vengono stabilite. Come poi praticamente questo lavoro possa dispiegare al meglio i propri effetti, credo che sia una scommessa tutta da costruire, per vincerla, e non escludo che quanto lei stia o abbia immaginato o prospettato possa attuarsi. Onestamente non sono ancora in grado di conoscere le modalità con cui ciò possa essere reso possibile, perché i primi due anni dell'attività del Senato saranno decisivi per capire l'efficacia del meccanismo che con la riforma abbiamo messo in atto.
PRESIDENTE. Ringrazio il Sottosegretario Bressa.
Vorrei solo precisare il senso della mia domanda, che per ragioni di brevità ho omesso di precisare: mi riferivo all'esercizio del potere di richiamo, nel procedimento legislativo monocamerale, che è assegnato, dalla nuova formulazione dell'articolo 70, al Senato. Naturalmente, poiché il termine per l'esercizio del potere di richiamo è ridotto e molto breve, è evidente che anche per la configurazione del Senato, per la sua composizione e per il modo in cui si dovrà organizzare il suo lavoro, una stretta connessione, quindi un'istruttoria preliminare congiunta, in via amministrativa, degli organi del Senato e di quelli della Conferenza, può consentire al Senato di svolgere quel lavoro in maniera più efficiente, anche a supporto dell'attività che il «sistema delle conferenze», nella fase successiva all'approvazione delle leggi, in fase di applicazione e di esecuzione delle stesse nel rapporto concreto fra Stato e Regioni, dovrà poi fare.
GIANCLAUDIO BRESSA, Sottosegretario di Stato per gli affari regionali e le autonomie. Lei ha sicuramente chiarito, ma la mia risposta non cambia, nel senso che è auspicabile che questo possa avvenire. Ne approfitto per chiarire un concetto sul quale non mi sono soffermato: quello dell'attività normativa implementativa da parte del «sistema delle conferenze». L'occhio cade laddove la competenza è di fatto monocamerale. È chiaro, infatti, che non si può escludere un confronto nell'attuazione di una legge, che può avere effetti estremamente importanti sulla vita delle autonomie. Lo dico per chiarezza e perché immagino che non si voglia duplicare una funzione.
PRESIDENTE. Ringrazio il Sottosegretario Bressa, che avremo modo di audire, alla luce della nostra collaborazione, anche in altre occasioni. La ringrazio sia per la relazione sia per la partecipazione e per il lavoro di collaborazione che il Governo, per il suo tramite, sta svolgendo con la Commissione. Dichiaro quindi conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 9.