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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare per le questioni regionali

Resoconto stenografico



Seduta n. 16 di Giovedì 2 luglio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE PROBLEMATICHE CONCERNENTI L'ATTUAZIONE DEGLI STATUTI DELLE REGIONI AD AUTONOMIA SPECIALE, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AL RUOLO DELLE COMMISSIONI PARITETICHE PREVISTE DAGLI STATUTI MEDESIMI

Audizione del Presidente del Consiglio regionale della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Franco Iacop.
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 3 
Iacop Franco , Presidente del Consiglio regionale per la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia ... 3 
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 8 
Iacop Franco , Presidente del Consiglio regionale della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia ... 8 
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 8

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANPIERO D'ALIA

  La seduta comincia alle 8.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Presidente del Consiglio regionale della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Franco Iacop.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle problematiche concernenti l'attuazione degli statuti delle regioni ad autonomia speciale, con particolare riferimento al ruolo delle commissioni paritetiche previste dagli statuti medesimi, l'audizione del Presidente del Consiglio regionale della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Franco Iacop, che è accompagnato dal segretario generale del Consiglio regionale, dottor Augusto Viola.
  Do la parola al presidente Franco Iacop per lo svolgimento della relazione.

  FRANCO IACOP, Presidente del Consiglio regionale per la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. Ringrazio per l'invito all'audizione odierna. Riteniamo particolarmente importante questa opportunità di confronto con la Commissione parlamentare per le questioni regionali e quindi, presidente, rivolgo a lei e a tutti i membri il mio saluto cordiale.
  Ci sono stati posti alcuni quesiti relativamente al tema oggetto dell'indagine conoscitiva e stamattina abbiamo trasmesso la documentazione scritta, che sarà a disposizione della Commissione.
  La prima domanda era riferita all'utilità di insistere sulla necessità di norme di attuazione dello statuto speciale del Friuli Venezia Giulia. Ebbene, la particolare fonte normativa prevista dallo statuto speciale del Friuli Venezia Giulia, come pure dagli altri statuti speciali, è una peculiarità delle autonomie speciali che, a nostro avviso, deve essere mantenuta anche nel nuovo quadro costituzionale che va delineandosi. Tale fonte, inizialmente prevista per dare mera attuazione alle norme statutarie non direttamente applicabili, può essere utilizzata, come più volte riconosciuto dalla Corte costituzionale, anche per integrare e interpretare il contenuto dello statuto, rendendolo attuale e coerente con l'intero ordinamento giuridico. Questa considerazione, insieme a quella relativa alla natura sostanzialmente pattizia riconosciuta dalla Corte costituzionale al procedimento di formazione, inducono a ritenere che tale fonte normativa sia oggi, e possa esserlo ancor più in futuro, uno strumento essenziale per modulare dinamicamente gli spazi di autonomia genericamente configurati dagli statuti, adeguandoli alle reali esigenze di autonomia dei territori, e per conferire maggior certezza giuridica al riparto delle funzioni legislative e amministrative tra lo Stato e le singole autonomie speciali.
  Il secondo quesito, più specifico, riguarda l'articolo 65 del nostro statuto, che, pur nella diversità degli statuti di autonomia, Pag. 4assegna alla Commissione paritetica funzioni meramente consultive. Si chiedeva come la Commissione eserciti il suo ruolo nel procedimento di attuazione delle norme statutarie. Anche se lo statuto affida alla Commissione paritetica una funzione meramente consultiva nel procedimento di formazione dell'atto legislativo, la giurisprudenza della Corte costituzionale, come già accennato, ha rafforzato il ruolo della Commissione, inibendo l'introduzione unilaterale, da parte del Governo nazionale, di modifiche sostanziali al testo concordato in sede di Commissione. Nell'esperienza applicativa, pertanto, il procedimento di formazione degli atti legislativi recanti norme di attuazione statutaria ha assunto natura consensuale, con un ruolo determinante della Commissione paritetica, sede di elaborazione e condivisione delle scelte politico-normative. La mancanza di regole procedurali scritte ha fatto sì che il procedimento si basi essenzialmente su regole consuetudinarie e prassi che tengono conto solo degli ordinamenti giurisprudenziali sopra citati. Operativamente, l'agenda della Commissione paritetica è per lo più determinata da accordi politici tra i due esecutivi, che si concretizzano in articoli elaborati da uffici regionali e, più raramente, ministeriali, sottoposti all'esame della Commissione.
  La concreta efficacia dell'attività della Commissione è, quindi, sensibilmente influenzata dalla volontà politica delle due parti e, in particolare, da quella del Governo nazionale, nella cui disponibilità discrezionale rimane la responsabilità di adottare o meno l'atto finale del procedimento.
  Con il terzo quesito mi si chiedeva se, nell'esperienza istituzionale da me maturata, ritenessi che i meccanismi di funzionamento della Commissione paritetica debbano essere rivisti. Inoltre, si faceva riferimento alle procedure per la nomina e sostituzione dei componenti.
  Il procedimento di formazione dei decreti legislativi di attuazione statutaria, di cui all'articolo 65 dello statuto, è disciplinato in modo succinto, in quanto ci si limita ad assegnare una funzione consultiva alla Commissione paritetica, come avevo già accennato. L'introduzione di regole procedurali più dettagliate potrebbe conferire maggior certezza ai tempi di svolgimento e facilitare il superamento di quegli ostacoli che talora gli schemi di norme di attuazione incontrano nell'acquisizione dei pareri dei ministeri competenti, che rallentano, o bloccano, l'avanzamento del provvedimento. Ciò è testimoniato anche dall'attuale presidente della Commissione paritetica Stato – regione Friuli Venezia Giulia, onorevole Ivano Strizzolo, che, nella sua relazione al Consiglio regionale del 20 febbraio scorso, ha precisato che «le procedure trovano molto spesso una difficoltà di percorso nella fase in cui vengono acquisiti i pareri dei ministeri di volta in volta competenti e obbligatoriamente coinvolti».
  Appare dunque opportuna l'introduzione di una regolamentazione del procedimento di formazione dei decreti legislativi di attuazione statutaria che disciplini l'iniziativa e i tempi della fase istruttoria, cui potrebbe aggiungersi anche una disciplina della nomina dei componenti, della presidenza della Commissione paritetica e del funzionamento della stessa.
  Dico questo soprattutto perché, nell'alternanza dei governi nazionali e nella non frequente, o non determinata, sintonia con le mutazioni delle maggioranze o dei governi regionali, si verifica spesso una «sfasatura» della nomina dei componenti e quindi nella impossibilità per la Commissione paritetica di funzionare, per la mancanza o per la dilazione dei tempi della nomina dei componenti della Commissione stessa. Tale disciplina, dovendo essere posta da una fonte idonea a vincolare i soggetti del procedimento, potrebbe essere individuata, a seguito di una modifica statutaria, in una legge ordinaria rinforzata.
  La quarta domanda riguarda i rapporti tra la Commissione paritetica e la Giunta regionale. So che la presidente Serracchiani sarà audita in una prossima seduta della Commissione, ma, per quanto siamo a conoscenza, in base alla prassi seguita, la Pag. 5Giunta regionale, anche secondo vari indirizzi del Consiglio regionale, esercita l'iniziativa o valuta le proposte del Governo, fornendo supporto istruttorio ai membri di nomina regionale, i quali si relazionano anche con i ministeri.
  Il quinto quesito riguarda proprio i rapporti tra la Commissione paritetica e il Consiglio regionale. Innanzitutto, il Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia formula le linee di indirizzo alla Commissione paritetica. Inoltre, la legge statutaria regionale, in materia di forme di governo e attuazione di autonomia, stabilisce che il Presidente della regione informi periodicamente il Consiglio sulle attività svolte dalla Commissione paritetica. In base al regolamento interno del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, il presidente del Consiglio, con cadenza almeno semestrale, invita i componenti della Commissione paritetica di nomina consiliare e il presidente della regione a riferire sulle attività svolte dalla Commissione paritetica e sullo stato di attuazione delle linee di indirizzo formulate dal Consiglio medesimo. Il presidente del Consiglio, inoltre, può chiedere periodicamente ai componenti di nomina consiliare informazioni e documenti sui programmi della loro attività. L'attuale presidente della Commissione paritetica trasmette periodicamente al presidente del Consiglio regionale gli ordini del giorno della Commissione, preventivamente allo svolgimento dei lavori della seduta della Commissione stessa.
  Nel sesto quesito si chiede in quale misura può aver influito sulla mancata attuazione la vaghezza di alcune disposizioni di statuti speciali e se ci sono, a mio avviso, ragioni politiche per la ritardata o mancata attuazione. Lo statuto della regione, ultimo in ordine di tempo tra gli statuti delle regioni speciali, sia nella sua versione originale del 1963, sia in quelle frutto delle due principali modifiche apportate nel 1992, in tema di autonomie locali e sanità, e nel 2001, in tema di forma di governo, ha avuto un soddisfacente grado di attuazione, attraverso un corpus di norme di attuazione contenute in più di quaranta decreti legislativi, e dalla successiva legislazione regionale di disciplina dell'esercizio delle funzioni trasferite.
  Non può quindi parlarsi, per la regione Friuli Venezia Giulia, di una mancata attuazione dello Statuto. Piuttosto, è mancato quell'adeguamento dello statuto alla riforma del Titolo V del 2001, che ha determinato un elevato grado di incertezza dei criteri di riparto delle funzioni tra Stato e regione, che purtroppo la giurisprudenza della Corte costituzionale, spesso ondivaga e non sempre puntuale sulle peculiarità delle autonomie speciali, non ha contribuito a ridurre. Residuano, poi, alcune materie che la riforma del titolo V ha attribuito a tutte le regioni (e, per la clausola di maggior favore, anche alle autonomie speciali), per le quali l'attuazione è mancata, anche per le difficoltà di concordare il trasferimento delle necessarie risorse finanziarie e umane. Inoltre, per ostacoli di carattere politico non ha potuto trovare attuazione una disciplina attuativa in tema di rapporti internazionali, che la regione ritiene un tratto peculiare della propria specialità per la sua collocazione geo-politica.
  Si consideri che ciò che sembra decisivo è l'esistenza di una effettiva sintonia politica tra il Governo centrale e quello regionale, che ha facilitato l'azione delle Commissioni paritetiche, con la conclusione di accordi politici Stato-regione, siglati dai vertici dei due esecutivi, per definire percorsi condivisi di riassetto delle relazioni finanziarie, del riparto delle competenze e di concorso al risanamento e alla perequazione, da attuarsi poi attraverso interventi legislativi statali (con l'utilizzo delle fonti normative previste dagli statuti). Si citano, a tale fine, gli accordi Illy-Prodi del 2006, quello Tondo-Tremonti del 2010 e quello Padoan-Serracchiani del 2014. Ho citato i nomi dei protagonisti degli accordi, ma ribadisco che tali accordi sono intervenuti quando vi era di fatto sintonia tra le maggioranze di governo e l'Esecutivo regionale. Questo, di fatto, ha un effetto limitante, perché il confronto avviene, come abbiamo potuto dimostrare, soprattutto se c’è una intesa politica tra i Pag. 6due Esecutivi; dovrebbe trattarsi di un processo che si verifica per un rapporto di natura istituzionale, anche se la parte politica è, ovviamente, molto importante.
  Il settimo quesito recita: «La mancata attuazione delle disposizioni degli statuti speciali può essere ritenuta una delle cause principali del contenzioso Stato-regioni speciali ? In particolare, la mancata attuazione delle previsioni statutarie che regolano i rapporti finanziari tra lo Stato e le regioni speciali è, a suo avviso, all'origine dell'incremento della conflittualità tra questi enti, registratosi negli ultimi anni ?». Su questo tema, rispondiamo che in assenza di chiari parametri statutari, le materie cosiddette trasversali di competenza statale (si pensi all'ordinamento civile, ai livelli essenziali, alla tutela dell'ambiente, alla tutela della concorrenza) e la competenza concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica, introdotte dal nuovo Titolo V, hanno consentito allo Stato di legiferare in ambiti materiali di spettanza regionale in base allo Statuto e al Governo di intervenire in modo frequente sulle norme regionali, appunto richiamandosi a queste competenze, soprattutto quella ambientale, in termini assolutamente invasivi rispetto a qualsiasi provvedimento che il Consiglio regionale adottasse. In questo caso, evidentemente, si è determinato un aumento del tasso di conflittualità davanti alla Corte costituzionale, nell'ultimo periodo concentrato soprattutto sul tema del coordinamento della finanza pubblica. Recentissime sentenze non hanno riguardato nostri ricorsi, ma quelli di altre due regioni speciali, essendo la Corte nuovamente intervenuta sul tema delle relazioni finanziarie.
  L'ottavo quesito è piuttosto lungo: sinteticamente, esso è riferito all'articolo 39 del disegno di legge costituzionale C. 2613-A, in cui, tra le norme a salvaguardia dello statuto speciale, è previsto il tema dell'intesa. Si chiede quale sia l'atteggiamento che le regioni a statuto speciale hanno rispetto a questo tema. In merito, replichiamo che il Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, con la mozione n. 49 del 2 aprile 2014, aveva chiesto al Governo e al Parlamento un impegno «affinché, in occasione della revisione del Titolo V della parte II della Costituzione, si inserisca, tra le norme finali e transitorie, una clausola di salvaguardia della specialità, che faccia espressamente salve le competenze previste dagli statuti speciali, estendendo alle autonomie speciali solo le norme di maggior favore, e si integri l'articolo 116 con una disciplina costituzionale delle procedure di revisione degli statuti speciali da attuarsi con la clausola pattizia ispirata al principio di leale collaborazione, con particolare riferimento all'assetto delle relazioni finanziarie con lo Stato». È il termine «salvaguardia» che a nostro avviso deve essere chiarito. Esso non significa tutela, protezione, privilegio, conservazione, staticità, contrapposizione alle regioni ordinarie, come se ci fosse una diversità di natura istituzionale tra le regioni speciali e quelle ordinarie, che, a nostro avviso, non è configurabile nell'assetto ordinamentale del nostro Paese. Esso ci sollecita, invece, a riconoscere che ci troviamo in un assetto ordinamentale dinamicamente variabile e asimmetrico, caratterizzato da territori in competizione virtuosa tra loro, ma tutti proiettati verso un regionalismo moderno e un'espressione dei valori più autentici dell'autonomismo e del federalismo multipolare e multilivello, come recita il Trattato di Lisbona. Quindi, la specialità come forma avanzata di autonomia, se gestita positivamente, può diventare parametro di riferimento per le regioni ordinarie e modello progressivamente accessibile a tutti. In questo caso, l'articolo 116, terzo comma, della Costituzione – come modificato a seguito della riforma del Titolo V e che però non è mai stato, di fatto, applicato, nemmeno dalle regioni ordinarie – consente di aprire con lo Stato un confronto ad acquisire una specializzazione su alcune competenze e alcune funzioni, magari traguardando con l'esperienza di gestione da parte delle autonomie speciali di alcune competenze proprie; pensiamo alla nostra regione e alla gestione Pag. 7della sanità, in maniera autonoma, al di fuori, appunto, del sistema sanitario nazionale.
  La necessità dell'intesa per «l'adeguamento» degli statuti speciali costituisce senza dubbio un'importante garanzia diretta ad evitare modifiche unilaterali da parte del Parlamento; necessità che appare ancora più evidente se si considera la recente vicenda del progetto di legge costituzionale recante modifiche allo statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia, all'esame della Commissione affari costituzionali del Senato – l'A.S. 1289, che a breve dovrebbe approdare in Aula – che riunisce il testo inviato dal Consiglio regionale e un altro di contenuto analogo, sul quale, comunque, si era espresso il Consiglio stesso. Su tale progetto, che riguarda in particolare l'abolizione delle province, è intervenuto un emendamento che prevede, a normativa vigente, che non vi sia alcun pronunciamento del Consiglio regionale. L'emendamento prevede, di fatto, un'iniziativa unilaterale senza, nel caso specifico, il confronto con il Consiglio regionale. La previsione della necessità dell'intesa per «l'adeguamento» degli statuti speciali, tuttavia, non chiarisce in quale fase del procedimento di revisione degli statuti debba collocarsi l'intesa, quali siano gli organi statali e regionali competenti ad esprimerla, quali effetti possano discendere dalla mancanza dell'intesa e, in particolare, se le intese raggiunte possano vincolare il Parlamento, tenuto conto del rango costituzionale delle leggi di revisione degli statuti speciali, non inferiore, quindi, alla stessa legge costituzionale che prevede l'intesa.
  Leggo il nono quesito: «A tale ultimo proposito, il sottosegretario di Stato agli affari regionali, onorevole Gianclaudio Bressa, nell'ambito della sua audizione presso la Commissione lo scorso 20 maggio, ha auspicato l'apertura di un tavolo di confronto unitario tra il Governo e le cinque regioni a statuto speciale rispetto al processo di aggiornamento costituzionale dei rispettivi statuti. In particolare, il confronto si potrebbe concludere con una convenzione tra lo Stato e le autonomie speciali che tracci le linee procedurali per la revisione degli statuti anche allo scopo di addivenire alla predisposizione di un disegno di legge costituzionale di revisione che, sul modello della legge costituzionale n. 2 del 2001, riguardi tutte le regioni a statuto speciale. Qual è la sua opinione al riguardo ?». Al riguardo, come già anticipato, si ritiene opportuna l'adozione di disposizioni che favoriscano l'adeguamento dell'ordinamento delle regioni speciali all'evoluzione di quello generale. Sul punto, si ritiene di richiamare gli intenti espressi dalle regioni e dalle province autonome con la dichiarazione di Cagliari. Ci siamo riuniti, a Cagliari, con i presidenti dei Consigli regionali delle regioni a statuto speciale e abbiamo adottato un documento, fatto proprio anche dalla Conferenza dei presidenti dei Consigli regionali, proprio all'ultimo incontro. In particolare, si sottolineano: la volontà che l'adeguamento dei rispettivi statuti avvenga, come previsto dalla riforma della Costituzione in discussione in Parlamento, secondo le forme di intesa previste, in modo da adeguare e svolgere compiutamente le ragioni della specialità secondo le diversità dei territori interessati e la loro evoluzione e attualità; l'esigenza di rafforzare il rapporto con lo Stato in materia finanziaria mediante il ricorso a strumenti pattizi; l'impegno per un pieno coinvolgimento in tali procedimenti delle assemblee legislative regionali e delle province autonome per dar forza al processo di riforma, esprimere con pienezza le istanze delle autonomie, rappresentare diritti e aspettative delle popolazioni; la determinazione ad operare al rilancio di tutte le autonomie regionali secondo i più avanzati modelli e principi costituzionali ed europei ed i valori del federalismo solidale e cooperativo e di condividere le richieste delle regioni ordinarie, in applicazione dei principi di differenziazione e adeguatezza.
  Si condivide, pertanto, la proposta formulata dall'onorevole Bressa relativa all'adozione di una norma costituzionale che preveda l'intesa sulle modifiche degli Statuti speciali. Si auspica, inoltre, che sia costituzionalmente previsto il principio Pag. 8pattizio in materia di coordinamento della finanza pubblica. Inoltre, si ritiene opportuna l'introduzione di una norma di attuazione che definisca, per ciascuno statuto, i confini e il perimetro delle rispettive competenze dello Stato e delle regioni, anche in virtù del fatto che, per la riforma costituzionale, le competenze concorrenti dovrebbero essere eliminate. Quindi, sostanzialmente, c’è la necessità di definire in termini più puntuali questo perimetro. Appare, infine, opportuno introdurre il referendum regionale confermativo sulle modifiche statutarie.

  PRESIDENTE. Presidente, la sua relazione è stata assolutamente completa, così come le risposte ai quesiti specifici che la Commissione le ha posto.
  Colgo l'occasione, prima di concludere l'audizione, se non ci sono domande dei colleghi, per chiederle se al tavolo istituito dal Governo, allo scopo di individuare un metodo condiviso dalle cinque regioni a statuto speciale in vista della riforma costituzionale, proprio nella logica di valorizzarne il ruolo e l'integrazione piena rispetto al sistema di governance nazionale – partecipino anche i presidenti delle assemblee elettive che, nella fase di adeguamento statutario, hanno un ruolo istituzionale importante. Le chiedo, quindi, se, in questa fase, sia previsto un vostro coinvolgimento al tavolo aperto dal Governo.

  FRANCO IACOP, Presidente del Consiglio regionale della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. Al tavolo, che ha una natura tecnica, almeno per quanto riguarda la nostra regione, partecipano i segretari generali della Giunta e del Consiglio e questa partecipazione è stata concordata con la presidente della regione, Serracchiani. Il segretario generale, però, era l'unico referente del Consiglio regionale a quel tavolo, al quale ritengo debbano essere presenti i Consigli regionali, perché sono questi i soggetti titolari dell'intervento sugli statuti e delle proposte di intervento legislativo. Ad ogni modo, questo argomento è stato sottoposto al segretario generale in occasione di quel tavolo.

  PRESIDENTE. La ringrazio, presidente. Se i colleghi sono d'accordo, ci faremo carico di segnalare al Governo e al dipartimento per gli affari regionali la necessità di coinvolgere tutti i presidenti delle assemblee elettive o, in questa fase, i vertici delle assemblee elettive delle regioni ad autonomia differenziata, proprio per consentire che l’iter sia compiuto, con il coinvolgimento delle assemblee regionali.
  Nel ringraziare i nostri ospiti per la disponibilità manifestata, dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.10.